I N F E RO RU M G E M M A E S AG A I L I B RO DIAMANTE...

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INFERORUM GEMMAE SAGA I LIBRO DIAMANTE NERO F. VANESSA ARCADIPANE

Transcript of I N F E RO RU M G E M M A E S AG A I L I B RO DIAMANTE...

I N F E R O R U M G E M M A E S A G A

I L I B R O

D I A M A N T E N E R O

F. V A N E S S A A R C A D I P A N E

Copyright © 2016by F. Vanessa Arcadipane

Art Direction & Cover Design a cura diIgnazio Z. Arcadipane | www.xino.info

ISBN 979-12-200-0868-6

Foto @ 123rf.com# 33095633 © Alexsandr Buts | # 8409100 © Sergii Telesh# 6566673 © Vladimir Liverts | # 7924781 © Sergii Popov

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Questo libro è un’opera di fantasia.Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto

dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in maniera fittizia.Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone, reali, viventi o

defunte è del tutto casuale.

Anno di pubblicazione: 2016Autopubblicazione

Stampato in Italia dalla Mediagraf S.p.A

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S ono le 08:20 e le lezioni stanno quasi per iniziare, corro in corridoio a prendere i libri.

Il mio nome è Lilith, ho diciassette anni e frequento il collegio Rovoscuro dove inoltre abito. La struttura infatti offre vitto e alloggio a tutti gli studenti che non hanno voglia ogni mattina di partire dalla città per arrivare in un posto sperduto come questo.

Per quanto riguarda me, beh... questa è stata da sempre la mia unica casa; avevo poche ore di vita quando mi hanno abbandonata ai piedi del grande e freddo cancello e il direttore Rovoscuro mi prese con sé crescendomi come una figlia. Nonostante la posizione isolata il collegio vanta di un’ottima reputazione e ospita i figli più brillanti delle famiglie altolocate del territorio. Vi sono dormitori maschili e femminili in due edifici posti alle spalle della struttura centrale più grande, dove si trovano le aule, la mensa e, nei piani superiori, l’ufficio e la residenza del direttore. Passeggio lungo gli ampi corridoi con la mia migliore amica nonché compagna di stanza Azura, quando sentiamo una grande confusione.

La protagonista è sempre lei: Eva, la classica reginetta oca, bellissima, popolare ed estremamente egocentrica. Scuote i suoi lunghi e voluminosi capelli color dell’oro

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spostandone qualche ciocca dall’ovale perfetto del suo viso. “Di bella è bella” penso all’istante, “ma è tanto bella quanto stronza” affermo riflettendoci.

Parla di un misterioso nuovo arrivato; eccola là, ci risiamo! Questa notizia è melodia per le sue orecchie, un altro suddito per il regno Eva. Quante povere vittime erano riuscite a mietere quegl’occhi color del mare, quanti morti annegati in quei pozzi senza fondo. Non conta il sesso, gli ideali, la religione o lo stile di vita; ogni nuovo arrivato, fin da quando era una bambina, cade nelle sue grinfie, intrappolato nei suoi fili che crudele muove a suo vantaggio e piacimento, sempre.

Si parla di un ragazzo di diciannove anni... eh, ma così è troppo facile! Se con le ragazze il fascino di Eva poteva rarissime volte trovare qualche difficoltà, con i ragazzi la strada era spianata; chi poteva dire di no ad una come lei?

Suona la campanella e tutti ci dirigiamo verso le nostre aule dove stanno per iniziare le lezioni. Mi siedo allo stesso posto di sempre: terza fila tra Azura e Daniel. La cattedra, sulla quale vi è già poggiato il professore, è al centro dell’aula; i banchi sono disposti a scala così da poter tenere sotto controllo anche quelli dell’ultima fila.

«Forza ragazzi prendete posto e fate silenzio!» urla il professore. «Il nuovo anno scolastico è iniziato da qualche giorno, ma c’è una novità per tutti voi. Prego, entra pure...» afferma, facendo un gesto verso la porta socchiusa.

Tutti gli occhi della classe allora si concentrano su di essa, colmi di curiosità per la figura che la sta varcando. Il passo è sicuro e fluido, quasi felino, la figura alta e snella, ma allo stesso tempo possente; porta dei jeans chiari stretti

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in punti da fare arrossire, una felpa nera con cappuccio che delinea il petto di roccia e uno zaino sulla spalla. Si avvia verso la cattedra sicuro di sé non degnandoci di uno sguardo e fermandosi proprio accanto al professore.

«Ragazzi questo è Lucio, sarà il vostro nuovo compagno da oggi. È un po’ più grande di voi perché ha vissuto all’estero». In quel momento il ragazzo alza finalmente il viso verso di noi non badando più al professore. «Mi raccomando dategli una buona accoglienza».

Il nulla. Di colpo la classe viene avvolta da un insolito silenzio tombale; non una parola, non un cenno, non un sospiro; tutti immobili a contemplare ciò che abbiamo di fronte agli occhi. Il suo viso: marmo di Carrara scolpito dalle mani del più abile degli artisti; gli occhi glaciali, pericolosi, cristallini e limpidi come il ghiaccio, avrebbero paralizzato chiunque all’istante come il più dolce dei veleni, messi ancora più in risalto dalla sua carnagione leggermente più scura del solito, come costantemente baciata dal sole. L’espressione fiera, orgogliosa, sicura di sé e quasi maligna è contornata da arruffati e morbidi capelli ebano.

Improvvisamente, durante l’imbarazzante silenzio, le sue rosee e carnose labbra si aprono in un affascinante sorriso lasciandoci tutti senza fiato, illuminandoci. Lui non è umano, gli umani non possiedono quei sorrisi; credo sia questo il pensiero che attanaglia tutti adesso.

«Piacere di conoscervi, spero di trovarmi bene con tutti voi» la voce è melodiosa e graffiante e le parole appena scandite, uscite dalle sue labbra, sembrano quasi morbido velluto.

«Oh... il piacere è tutto nostro».

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Eva! Eccola, già pronta sulla preda, vedo le sue bave scendere dal banco.

«Molto bene Lucio, trovati un posto così iniziamo la lezione».

Così si avvia con calma verso i gradini con un sorrisetto stampato in faccia. Più vicino a noi la sua espressione cambia, si fa seria, alza lentamente il viso nella mia direzione e mi inchioda con lo sguardo.

Rabbrividisco. Perché sta guardando proprio me? O almeno io credo che stia guardando me. Andiamo Lilith non essere sciocca! Non farti strane idee, perché dovrebbe guardare te? Insomma... non ti conosce nemmeno, perché tra ventisei persone della tua classe dovrebbe fissare così insistentemente proprio te? Eppure provo una strana sensazione di fronte a quello sguardo così tagliente, lo sento quasi entrarmi nell’anima, così abbasso subito gli occhi interrompendo il contatto, sentendomi quasi soffocare.

Lui continua ad avanzare fino ad arrivare alla mia fila, la supera e infine si siede proprio alle mie spalle. Di nuovo... provo una sensazione di profondo fastidio, che dico... non è fastidio. Non poterlo tenere sott’occhio sapendo che si trova dietro di me mi innervosisce. Già, non è fastidio; stranamente quello che provo è paura.

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L e lezioni sono appena finite e con i miei libri mi dirigo verso gli armadietti. Penso ancora alle

strane sensazioni provate con l’arrivo del nuovo compagno, di Lucio. Lo vedo in lontananza sembra già aver fatto numerose amicizie, probabilmente molte più di quelle che abbia mai fatto io in tutti questi anni.

«Lucio è veramente carino non credi? Non si parla d’altro ormai in tutto il collegio, anche nelle altri classi».

«Ti prego Azura, non ti ci mettere pure tu adesso». «Andiamo Lilith, so che lo pensi anche tu, ho visto come vi

siete guardati oggi in classe». «Cosa? L’hai notato anche tu? Credevo fosse stato solo

frutto della mia fantasia». «Frutto della tua fantasia? Ma non farmi ridere. Insomma,

perché sei sempre così insicura di te Lilith? L’abbiamo notato tutti in classe».

Già, la mia insicurezza; ci convivo da quando sono nata credo o almeno da quanto riesco a ricordare. Tutto ciò che mi riguarda, tutto ciò che mi rappresenta, ho sempre l’impressione che non sia abbastanza, che non sia al livello degli altri. Non che io sia una brutta ragazza, non mi sono mai considerata tale, mi considero, beh... mediocre, normale, nulla di speciale. Nonostante ciò ho sempre riscontrato un

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notevole successo con l’altro sesso anche se personalmente non mi sono mai interessata a nessuno in particolare; tranne David, certo. Era un ragazzo più grande che andava nella classe accanto alla mia, davvero di bell’aspetto ma conosciuto per il suo spirito libero e per la sua grande passione nel sedurre numerose belle ragazze; ho creduto di poterlo cambiare, così non è stato e ne sono rimasta bruciata. Ho dato a lui il mio primo bacio e la sera stessa è nato il litigio che ci portò quasi ad odiarci a vicenda: quando mi disse chiaro in faccia che per lui quel bacio non contava assolutamente niente. Da ragazzina innamorata reagii male. Fortunatamente per me questa è ormai una vecchia storia.

Apro l’armadietto ancora immersa nei miei pensieri e mi trovo di fronte lo specchio che ho sistemato all’inizio della scuola. I miei occhi color cioccolato sono contornati da una linea nera irregolare, ho la matita sbavata come al solito; la sistemo con le dita sfumandola un po’ e sistemo alcune ciocche ribelli dei miei scuri e lunghi capelli lisci naturali, così scontati, così ovvi, li odio. Le mie labbra sono carnose al punto giusto e dotate in natura di un colore piuttosto acceso, probabilmente poiché in contrasto con la mia carnagione chiarissima come il latte, quasi come se non avessi mai visto un giorno di sole in vita mia. Poso i libri sbuffando e infine chiudo l’armadietto.

«Lilith, mi stai ascoltando? Secondo me tu gli piaci dovresti presentarti, in fondo è lui il nuovo arrivato».

«Ma sei impazzita Azura? Non mi sembra affatto un tipo timido, se avessi ragione sarebbe già venuto a presentarsi da solo proprio come ha fatto con gli altri».

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Durante il dialogo, vengo stranamente colpita da una lieve fitta al petto, così, seguendo il mio istinto, mi giro per controllare alle mie spalle restando subito di sasso. Eccolo là, proprio lui, in fondo al corridoio poggiato sugli armadietti, con le braccia incrociate sul solido petto e il viso rivolto dalla mia direzione, e io non riesco più a muovermi. Non sorride, non fa un cenno ma rimane immobile come se mi stesse studiando con attenzione.

«Lilith, ti sta fissando di nuovo» sussurra Azura «vai da lui».

Non riesco nemmeno a risponderle, solo una frase rimbomba nella mia testa: ‘’Scappa! Stai lontano da lui!’’. Perché? Perché dovrei scappare?

«Lilith, sta venendo lui» dice Azura emozionata. Ogni passo nella mia direzione è un tonfo allo stomaco, più si avvicina più la brutta sensazione cresce e non posso far altro che rimanere immobile. Lui è ormai di fronte me, ma decide di fermarsi ad una certa distanza.

«Ciao ragazze» saluta con disinvoltura. «Ciao» rispondiamo in coro. «Voi siete mie compagne di classe, vero?» domanda pacato

guardando Azura al mio fianco. «Esatto, siamo sedute proprio davanti a te» ribatte la mia

amica sorridendo.Lui si volta lentamente nella mia direzione e mi

falcia con il suo sguardo glaciale, senza dire una parola, così da trovarci in un silenzio a dir poco imbarazzante.

«Io mi chiamo Azura e lei è Lilith» riprende la mia amica dandomi una gomitata per esortarmi a spiccicare qualche parola. Niente da fare.

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«Silenziosa la tua amica» esclama di punto in bianco.«Ti assicuro che solitamente è una gran chiacchierona ma

oggi sta poco bene» giustifica Azura sorridendo nervosamente.«Lilith eh? Proprio un bel nome. Mi auguro che tu conosca

le sue origini» afferma sicuro, per poi distogliere lo sguardo dal mio facendomi sentire subito libera.

«Ci vediamo presto, è stato un vero piacere conoscervi» termina dandoci le spalle allontanandosi con un cenno, lasciandoci lì ad osservarlo in silenzio per una buona manciata di secondi.

«Ma si può sapere che ti prende?» strilla nervosa Azura guardandomi. «Hai fatto la figura della stupida, te ne rendi conto?»

«Certo che me ne rendo conto accidenti, ma non posso farci niente. Non appena lui mi sta vicino io... ecco... non so come spiegartelo, mi sento strana; inoltre ho notato che in un qualche modo è come se riuscissi a percepire la sua presenza. Azura, dobbiamo stare lontane da lui è pericoloso, lo so!»

«Ma cosa stai farneticando? Se non lo conosci nemmeno».«Si ma... ti assicuro che lui non è un ragazzo come tutti gli

altri, lui è diverso; credimi».«Che vuoi dire? E soprattutto come faresti tu a saperlo?»

chiede la mia amica scettica.«Lo so e basta. Ascoltami ti prego, stagli il più lontano

possibile!» continuo scuotendola per le spalle.«Lilith, mi metti paura quando fai così, sembra che ti

manchi qualche rotella» afferma lei liberandosi dalla mia stretta «io credo dovresti riposare un po’ non mi sembri in gran forma oggi. Ti rendi conto di quello che stai dicendo, vero?»

E se avesse ragione? Forse il mio è solo nervosismo, forse

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non riesco davvero a stare di fronte ad un ragazzo così carino, probabilmente sono io il vero problema e non lui.

«Magari hai ragione» affermo calmandomi abbassando il viso «torno in stanza, vado un po’ a riposare» avviso infine facendole un cenno prima di allontanarmi.

Così inizio a dirigermi verso i dormitori femminili; c’è un po’ di strada da fare prima di arrivare, ma non mi è mai dispiaciuto farla, in fondo è solo una breve passeggiata.Inoltre adoro questo sentiero contornato da splendidi alberi di mandorlo, pesco e ciliegio che riempiono l’aria con i loro dolci profumi.

Arrivata a destinazione entro nell’edificio e inizio a dirigermi verso la mia stanza; davanti la porta però trovo ad aspettarmi lei: Eva. Che ci fa qui? Non ci parliamo da anni ormai. Anche lei era solo una bambina quando fu portata in questo posto; non è orfana, non è una trovatella come me, ma i suoi genitori viaggiano così tanto a causa del loro lavoro da non potersi dedicare a lei. Ho sempre pensato che la sua situazione fosse ancora più triste della mia. Eravamo molto legate un tempo, quasi come sorelle. Poi... non so di preciso cosa sia scattato in lei, ma tutto cambiò drasticamente e non andammo più d’accordo, anzi, ormai ho la netta sensazione che lei mi odi profondamente chissà per quale strano motivo.

«Ti stavo aspettando Lilith» sbotta velenosa.«Cosa vuoi?» rispondo a tono.«Oggi ti ho vista in corridoio e anche stamattina in classe».«Frequento questa scuola proprio come te, credo sia

normale incontrarmi».«Sai benissimo a cosa mi riferisco!»

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«No... ti assicuro che non so di cosa tu stia parlando, Eva».«Parlo di Lucio! Ho visto come lo guardi. Mi dispiace

Lilith, ma lui non è una persona adatta a te».«Beh... questo non puoi essere tu a dirlo» e non so

nemmeno io perché ho risposto così, in fondo non nutro alcun interesse nei confronti di quel ragazzo, anzi, ho appena detto ad Azura di volergli stare il più lontano possibile.

Eva si fa una risatella maligna. «Davvero credi che uno come lui possa avere interessi per una come te? Lui è un vincente e si sa che i vincenti scelgono i loro simili; a meno che non abbiano secondi fini».

Eccola la verità, spietata verità.«Pensala come vuoi» provo ad entrare nella mia

stanza, ma lei mi blocca subito con un braccio.«Carina, non sto scherzando; Lucio è roba mia quindi se

non vuoi finire nei guai stagli alla larga, non me ne frega niente che sei la figlia del direttore».

«Se pensi davvero che uno come lui non possa mai interessarsi ad una come me, perché perdi il tuo tempo con le minacce?» ribatto sicura di me.

Risponde solo con una smorfia lasciandomi andare. «Io ti ho avvisata» termina così, voltandomi le spalle

andandosene e lasciandomi lì ad osservarla.Entro in stanza sbuffando e mi butto subito sul letto

ad osservare il soffitto; è semplicemente assurdo, una singola persona può davvero provocare tutto questo? All’improvviso mi ritornano in mente le sue parole: “Lilith eh? Proprio un bel nome. Mi auguro che tu conosca le sue origini”. Certo che conosco le origini del mio nome, ma per dettagli più approfonditi mi alzo e prendo il pc. Ritorno sul letto

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incrociando le gambe e apro Google digitando “Lilith”; ciò che compare era quello che già sapevo:

“Per gli antichi ebrei Lilith era la prima moglie di Adamo (quindi precedente ad Eva), che fu ripudiata e cacciata via perché si rifiutò di obbedire al marito. Nell’immaginario popolare ebraico è temuta come demone notturno, ma alla fine dell’Ottocento, in parallelo alla crescente emancipazione femminile nel mondo occidentale, la figura di Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile e, rivalutata nelle religioni neopagane, viene posta a fianco di simboli come quello della Grande Madre”.

Il mio nome è stato l’unico indizio che, probabilmente mia madre, ha lasciato insieme a me quella fredda notte di diciassette anni fa. Chissà perché Lucio si è impuntato proprio su questo e chissà lui come fa a conoscerlo. Ah... buffo: Lilith ed Eva, le prime donne che furono create. Non mi reputo una tipa religiosa, anzi direi che non lo sono affatto, mi viene difficile infatti credere a queste storie, le vedo più come favolette raccontate ai bambini per spiegare qualcosa di incomprensibile attraverso metafore o similitudini. La porta della mia stanza si spalanca, è Azura. Nei suoi occhi felini color ambra, quasi gialli, leggo una strana espressione.

«Cosa è successo?» chiedo incuriosita. «Sai Eva con chi esce stasera? Con Lucio». «E allora? Scommetto che è stata lei stessa ad invitarlo».«Già... lo avrei pensato anch’io se non lo avessi appena

visto con i miei occhi. È stato lui ad invitarla fuori. Dovresti vederla, è in corridoio a vantarsi con tutti. Dio quanto odio quella sgualdrina!»

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«Io me la sono trovata davanti la stanza».«Cosa? E non dici nulla? Che voleva da te?»«Niente di che, che stessi lontano da Lucio».«Cosa? Lo sapevo, ho sempre saputo che lei in realtà ti

teme e questa ne è la prova. Ah, vedrai che quel povero ragazzo quando capirà di che pasta è fatta farà subito dietro front».

«Credimi a me sembra tutto tranne che un povero ragazzo».«Non ti sta molto simpatico, vero?»Non so rispondere così rimango in silenzio. Azura

capisce e non chiede più nulla. La adoro anche per questo, ormai mi conosce così bene da sapere alla perfezione quando è il momento di non fare più domande. Anche per questo le vorrò sempre bene, anche per questo la terrò sempre al mio fianco a qualsiasi costo, per il resto della vita.

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È già notte. In fondo alla stanza sento Azura ronfare beatamente sotto le sue calde lenzuola,

mentre io non riesco a chiudere occhio come ogni notte da un po’ di tempo. Mi giro e mi rigiro nel letto, tengo gli occhi chiusi ma non c’è niente da fare; sbuffo. Allungo la mano verso il comodino e prendo il mio cellulare per rendermi conto dell’ora, sono le 02:47 del mattino, un po’ tardino considerando che domani dovrò andare a lezione. Penso subito alla possibilità di alzarmi, se mi facessi un giro sicuramente mi verrebbe sonno, lo faccio quasi ogni notte ormai. Prendo un respiro profondo e decido di scendere dal letto. Cercando di fare il meno rumore possibile indosso il cappotto, le scarpe ed infine mi dirigo verso la porta.

«Lilith? Dove vai?» chiede la mia amica con voce rauca. «Azura, tranquilla, dormi almeno tu che ne sei in grado». «Non riesci ancora a chiudere occhio?» «No».«Stai attenta e non farti beccare, sai che non potremmo

uscire la notte da sole» sussurra appena per poi tornare ad avvolgersi nelle sue coperte girandosi dall’altra parte.

«Va bene» sorrido osservandola per poi chiudere la porta alle mie spalle.

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Certo, so che non si potrebbe uscire dai dormitori la notte senza un compagno, ma cosa potrebbe mai accadere in un posto tranquillo come questo? Non mi sono mai posta grandi problemi, inoltre chi mai mi accompagnerebbe per una passeggiata notturna? Avanzo tra i corridoi del collegio bui e silenziosi e in un lampo sono già fuori. Mi godo la freschezza dell’aria prendendo un respiro profondo e mi avvio lungo il sentiero che porta all’entrata di un bosco che si estende per chilometri e chilometri. È sempre stato il mio posto preferito quello: un piccolo angolo di paradiso selvaggio con la sicurezza degli edifici abitati vicino.

Una volta arrivata a destinazione mi siedo ai piedi di un grosso pino e poggio la testa alzandola al cielo per osservare le stelle. È davvero una nottata stupenda, tanto da rimanerne incantata. D’improvviso vengo colpita da una strana iridescenza alla mia destra che mi invita a voltarmi dalla sua direzione; stringo gli occhi provando a capire di cosa si tratti e la riconosco: una lucciola! Sorrido e quasi come una bambina mi avvicino a questa per osservarla meglio.

La luminosa creaturina inizia però ad addentrarsi nel bosco, così mi blocco. Non è consigliabile entrare da sola di notte in un posto come questo. In fondo però... cosa potrebbe mai accadermi? Alla fine è lo stesso luogo in cui passo metà delle mie giornate con Azura, non mi allontanerò troppo. Decido di inseguire la lucciola ancora per un po’, fino a quando di fronte agli occhi mi si para uno scenario fiabesco.

Rimango incantata: le lucciole sono così tante da illuminare tutto ciò che mi circonda, un fiumiciattolo scorre

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tranquillo accarezzando delicatamente ma con costanza i bianchi e lucidi sassi perlacei, l’odore di pino e resina è così intenso da invadere subito le mie narici spingendomi a chiudere gli occhi per assaporare meglio le sensazioni.

Ad un tratto però sento qualcosa, un fruscìo lontano; apro gli occhi e guardo in quella direzione, ma è inutile, c’è troppo buio. Il rumore si fa sempre più intenso, lo sento proprio di fronte a me dopo pochissimi secondi. Da quell’ombra scura avverto un ringhio minaccioso, così mi abbasso lentamente e raccolgo un grosso pezzo di legno che mi ritrovo ai piedi. Capisco all’istante: un lupo! Accidenti, mio padre non scherzava quando diceva di avvistarne qualcuno ogni tanto. “Non sono pericolosi” diceva

“non escono mai dal loro territorio”, ecco... ma sono io ad essere entrata nel loro adesso. Indietreggio lentamente non staccando gli occhi dal cespuglio di fronte a me.

Lo sento avanzare, esce allo scoperto e finalmente lo vedo. È ancora più minaccioso di quanto immaginassi: le orecchie sono abbassate, i muscoli tesi e mostra le zanne con grande ferocia. Ecco, sapevo che sarei morta per un motivo stupido: per una lucciola... no, ancora peggio, per una camomilla. Se invece di uscire avessi pensato semplice-mente ad un infuso che mi tranquillizzasse come la maggior parte delle persone sane di mente, adesso non sarei qui. Sembra buffo eppure una camomilla mi avrebbe salvato la vita. Il lupo è pronto all’attacco, stringo bene il pezzo di legno e chiudo gli occhi d’istinto parandomi il viso vedendolo sempre più vicino. È finita, penso, avrò una morte atroce e dolorosa.

Passano i secondi, ne passano altri ma non succede

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nulla, non sento più niente. Riapro gli occhi e l’animale di fronte a me non è più in posizione di attacco ma quasi di sottomissione. Abbassa la testa, guaisce, indietreggia ed infine, con la coda tra le zampe, se ne va rientrando nel fitto bosco. Rimango immobile per qualche secondo con il cuore ancora in gola, sorpresa dalla scena appena vista.

«Che diamine stai facendo?»Mi volto di scatto spaventata a morte cercando di capire

a chi appartiene la voce, provando a distinguere i lineamenti del viso nascosti però dall’oscurità. L’ombra si sposta e si espone ai raggi lunari quasi come se avesse capito.

«Lucio... sei tu... cavolo mi hai spaventata» affermo vedendomelo di fronte.

«Allora parli!» esclama subito. Non posso fare a meno di lanciargli un’occhiataccia e lui sembra quasi accorgersene anche se non si vede niente.

«Che ci fai nel bosco da sola? Dovresti sapere meglio di tutti che non è permesso».

«Potrei chiedere la stessa cosa a te». «Io so difendermi da solo, tu no». «E tu che ne sai?» rispondo stizzita. «Giusto... ho visto come ti sei difesa bene con quel lupo». Già... il lupo. Rimango in silenzio per qualche secondo

riflettendo. Che sia stata una coincidenza?«Non aveva intenzione di attaccarmi, infatti è fuggito»

rispondo infine acida. «Cosa, fuggito?» comincia a ridacchiare. «Credi davvero

che quell’animale non ti stesse attaccando? Magari pensi pure che sia stato merito tuo se si è bloccato, perché ha avuto paura di te».

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«Allora magari è di te che ha avuto paura» ribatto. Lui sussulta bloccandosi, perdendo di colpo il sorriso.

«Non dire sciocchezze» sussurra infine. «A me non sembrano sciocchezze, deve pur esserci una

spiegazione» continuo. È normale che sapessi che quel lupo mi avrebbe attaccata all’istante, ma perché è fuggito proprio quando è arrivato lui? Cosa lo ha spaventato?

Lucio abbassa il viso aprendosi in un sorriso silenzioso, quasi in sintonia con quello della notte, e mi chiedo chi è mai riuscito a creare una creatura così bella.

«Sei più furba di quello che vuoi far credere. Ammetto che sei una tipa interessante» afferma infine con voce calda. Avverto il viso avvamparsi «Perché il lupo è scappato alla tua vista?» domando avvicinandomi come se non avessi sentito.

«Stammi lontana» risponde però lui deciso. «Che c’è? Ti faccio forse paura?» Ritorna a sorridere. «Pensaci bene, vuoi davvero avvicinarti a me?» E in quel preciso istante mi blocco. È a qualche metro

di distanza, la luce della luna illumina solo una parte del suo viso colorandolo d’argento, l’unico occhio visibile brilla come un faro bianco nell’oscurità della notte e io vengo colpita ancora una volta da quel lieve dolore al petto... paura. Indietreggio. Lucio mi guarda per un millesimo di secondo senza dire una parola per poi darmi le spalle facendosi inghiottire dall’oscurità che ci circonda.

«Chi sei?» urlo. «In realtà, Lilith, la vera domanda non è chi sono io, ma

chi sei tu» sono le ultime parole che sento, prima di non percepire nemmeno i suoi passi.

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S ono arrivata in stanza minimo alle 04:30 e come se non bastasse non ho chiuso occhio pensando a

ciò che è successo nel bosco. Ho deciso, afferrerò il toro per le corna, oggi prenderò Lucio e lo costringerò a spiegarmi tutto, soprattutto la frase: “In realtà, Lilith, la vera doman-da non è chi sono io, ma chi sei tu”, cosa può mai sapere lui di me che io non conosco?

Passo un po’ di correttore sulle occhiaie che mi coprono il viso e corro in classe. Azura è già andata via da un pezzo ed è tardissimo. Corro a più non posso verso la mia classe ma noto che nei corridoi c’è ancora un gran baccano così rallento. Arrivo a pochi metri dall’aula e mi accorgo che la porta è ancora aperta, Azura è fuori poggiata ad un muro così la raggiungo.

«Cosa succede?» le chiedo incuriosita.«Il professore non è ancora arrivato e io non riesco a stare in

classe con quella lì, ho già il mal di testa».«Di chi parli?»«Di chi parlo? Ma di Eva naturalmente. Ricordi? Ieri è

uscita con Lucio». Lucio... sentire il suo nome mi riporta subito al nostro incontro nel bosco. Ecco... probabilmente era appena tornato dal suo appuntamento. Istintivamente controllo in classe ma non lo vedo.

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«Sì lo so... e quindi?» rispondo concentrandomi di nuovo su di lei. «E quindi a quanto pare l’ha baciata».

«Cosa??» strillo quasi, guardando dritto negli occhi di falco della mia amica. «Ti lascio solo immaginare, è da quando sono arrivata che continua a vantarsi con tutti».

Accidenti, certo che non perde tempo il ragazzo. Non so davvero cosa dire. All’improvviso vengo colpita dalla solita strana sensazione, sta arrivando, lo sento. Guardo in fondo al corridoio e lo vedo. Avanza con la fluidità di una pantera; ancora oggi indossa jeans ma più scuri di ieri ed una camicia nera un po’ sgualcita e leggermente aperta sul petto che mette in risalto il candido collo. Gli occhi sono fissi su di me, non fa un cenno ma continua a guardarmi avanzando fino a quando non arriva di fronte la porta, solo allora distoglie lo sguardo ed entra in classe.

«Io non capisco proprio perché continua a fissarti in quel modo» sussurra Azura osservandolo per poi decidere entrambe di entrare in classe.

Eva accoglie Lucio come una moglie che attende a casa il marito da un giorno intero, ma lui stranamente passa avanti, non la guarda, non la saluta, non le fa neanche un sorriso ma la supera e si siede al suo banco alle mie spalle. Cosa da non fare! Essere ignorata per Eva è la più crudele della condanne. Anche lei si siede senza dire una parola ma sappiamo tutti che manca poco al finimondo.

«Lilith... vedo che sei riuscita a tornare a casa poi ieri notte» e la canaglia formula la frase con un tono di voce abbastanza alto da farlo sentire a tutti. Mi sento gli occhi dell’intera classe puntati addosso, compresa Azura che adesso mi guarda in cagnesco.

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«Cos’è questa storia? Eri con lui ieri notte?» sussurra.«No!... cioè sì. Ci siamo incontrati per caso» rispondo

confusa e impreparata. Non sembra molto convinta dal modo in cui mi sta guardando, ma fortunatamente arriva il professore ed iniziano le lezioni facendomi tirare un sospiro di sollievo.

Durante la seconda ora sentiamo bussare alla porta e una bella ragazza dai capelli rossi entra in classe, credo sia più grande di noi.

«Scusi professore, può far uscire Lucio per qualche minuto? La mia professoressa vuole parlare con lui» chiede per poi indirizzare uno sguardo malizioso proprio verso l’interessato.

Lucio le sorride e lei ricambia, è ovvio che si conoscono piuttosto bene.

«Sì... sì ragazzo, va’ pure» risponde il professore distratto rimanendo concentrato sulla lavagna. Lucio allora si alza ed esce seguito dalla rossa e tutti non possiamo fare a meno di guardarci sorpresi; a quanto pare si è dato subito da fare il ragazzo. Non oso nemmeno guardare l’espressione di Eva. Casanova rientra in classe solo qualche minuto prima della fine dell’ora. I capelli sono arruffati come se una mano vi si fosse immersa ripetute volte, la camicia più sgualcita di prima e abbottonata male e le labbra perfette di un color rosso sangue, come se protagoniste di chissà quali passioni. Arriva e si siede tranquillamente al suo banco, non c’è nessuno in classe a controllarci il professore è appena andato via per il cambio dell’ora, occasione perfetta per Eva. Gli si avvicina decisa.

«Dove sei stato?» chiede nervosa.Ma lui non le risponde nemmeno continuando invece

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a segnare sul suo quaderno gli appunti che si è appena fatto prestare dalla ragazza seduta al suo fianco.

«Sto parlando con te!» strilla a quel punto facendo ricadere il silenzio in classe mentre tutti gli occhi si concentrano su di loro. È in quel momento che lui si volta e la falcia con lo sguardo, per poi alzarsi e porsi di fronte a lei. Eva è una ragazza piuttosto alta e con muscoli robusti eppure accanto a lui sembra così indifesa, così piccola.

«Solo una stupida non capirebbe dove sono stato. Quindi dimmi... sei una stupida?» chiede tranquillamente.

«Certo che no!»«Allora sai benissimo dov’ero».«Volevo sentirmelo dire da te».Lui in quel momento schiude le labbra in un

crudele sorriso e si siede incrociando braccia e gambe con un’ eleganza che non si era mai vista in un essere umano.

«Senti... Eva, giusto? Non so cosa tu ti sia messa in testa ma io non sono il tuo ragazzo né tanto meno voglio esserlo. Quella di ieri è stata una serata mediocre, niente di che. Non credi anche tu?» E sento subito il fuoco ribollirmi dentro.«Sarai anche carina ma non sei l’unica e il tuo atteggiamento da principessa viziata mi dà sui nervi, quindi ti prego di starmi lontano da oggi in poi, odio le ragazze ossessive» termina tranquillo e sicuro si sé.

Nessuno fiata; non era mai successo che qualcuno rifiutasse Eva, mai. Molti sembrano quasi gioirne, magari con questa botta abbasserà un po’ la cresta pensano, ma io... io inizio solo a provare un profondo odio verso quel ragazzo. Anch’io sono passata in una situazione del genere e non è per niente piacevole trovarcisi, non si scherza con

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i sentimenti di una persona per quando la sua anima possa essere nera. La discussione continua. «Tu ieri mi hai baciata, perché allora?»

«Oh dannazione... perché devi proprio dimostrare quanto tu sia infantile? E comunque sei davvero sicura che sia stato io a farlo?» risponde lui con calma glaciale.

Lei non sa più cosa dire e io sono stufa di ascoltare altro, così mi alzo ed esco dalla classe sentendomi subito punte di ghiaccio addosso. Arrivo davanti la porta, sospiro. Non posso fare a meno di pensare a quando mi sono trovata nella stessa situazione con David, è stato bruttissimo, è come se ancora oggi le ferite non si fossero rimarginate del tutto, le ferite del mio orgoglio.

«Come mai sei uscita in quel modo?»Riconosco subito la sua voce profonda così mi volto

a guardarlo senza però rispondere. «Non sarai mica gelosa?» e non riesco a trattenere una risata.

«Io gelosa di te? Perché mai? Senti bello, non proverei interesse nei tuoi confronti nemmeno se fossi l’ultimo uomo sul pianeta, soprattutto dopo quello che ti ho sentito dire ad Eva» e anche lui si apre in un sorriso.

«Non credevo che tu e lei foste così amiche».«Non lo siamo infatti, ma non è giusto scherzare così

con i suoi sentimenti» affermo abbassando lo sguardo quasi vergognandomi.

«Sei davvero così ingenua? Credi che i suoi sentimenti verso me siano reali? Il suo è solo un capriccio, in quanto nuovo arrivato devo appartenerle, preferiresti la mia sottomissione a lei?» chiede poggiandosi al muro di fronte al mio incrociando le braccia al petto. «Io le ho detto solo la verità,

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avrei potuto giocare un po’ di più con lei invece di fermarmi ad un semplice bacio, non credi?»

«Il bacio però gliel’hai dato».«Ti dà fastidio?» chiede allora malizioso.«Non nel modo che pensi tu» rispondo innervosita.«È stata lei a baciarmi che tu ci creda o no».«Anche la rossa che è venuta in classe, è stata lei a baciarti?»

chiedo inacidita e lui si fa una risata che mi illumina il volto.«No, lei... lei ha fatto ben altro» dice intensificando il

suo sguardo glaciale divertito e io non posso fare a meno di arrossire imbarazzata, rimanendo senza parole. Adesso lui abbassa il suo sguardo fissandomi le guance e io non riesco proprio a capire cosa stia pensando. La sua espressione diventa stranamente seria, il suo sguardo è così intenso che quasi fa male e inizia lentamente ad avanzare nella mia direzione, staccandosi dal muro.

«Stai lontano!» questa volta sono io a dirlo. Lui si blocca, quasi come se le mie parole lo avessero risvegliato da un sonno profondo. «Fino a quando non scopro o non mi dirai chi sei veramente non voglio che ti avvicini a me» dico guardandolo fisso negli occhi. «Mi sembra giusto» indietreggia lui «ma tu lo vuoi sapere adesso, vero?».

«Abbiamo un discorso in sospeso noi due» e in quel momento fa un sospiro profondo, quasi malinconico, mentre abbassa il viso. «Lilith... goditi questi giorni, ascoltami. Arriverà il momento in cui scoprirai tutto e in cuor tuo spererai ogni maledetto giorno che si tratti solo di un brutto incubo» e la sua risposta mi paralizza all’istante.

«Riprenderemo questo discorso prima o poi» dice infine voltandomi le spalle ed incamminandosi lungo il corridoio.

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È passata quasi una settimana dall’arrivo di Lucio, è strano ma una singola persona è

riuscita a sconvolgere un intero collegio. Nell’arco di questo tempo l’affascinante nuovo arrivato è riuscito a spezzare i cuori di così tante ragazze che ho perso il conto. La sua tattica è sempre la stessa: farsi desiderare a tal punto di farle buttare spontaneamente tra le sue braccia, il giorno dopo poi si comporta come se non le avesse mai conosciute. Il bello è che le ragazze invece di prendersela con lui in prima persona, fanno la guerra sempre alla ragazza successiva, accusandola dell’allontanamento di lui e creando così un circolo vizioso carico di odio che va avanti all’infinito. Che razza strana le donne.

Da quando è arrivato Lucio comunque i litigi regnano sovrani, sembra quasi come se fosse il dio della discordia in persona. Per quanto riguarda me, non sono ancora riuscita a fargli le domande che vorrei e comunque sia non ci siamo parlati molto in questi giorni, infatti sembra quasi evitarmi.

Sono l’unica ragazza con cui non parla e con la quale tiene sempre una certa distanza. Ha chiesto persino ad Azura di uscire qualche volta con lui ed è ovvio che lei gli abbia risposto di no, anche se non mi è sembrata molto convinta.

Capito lo 5

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«Hai finito di prepararti? Oggi dobbiamo arrivare prima in classe».

«Cosa... perché?».«Lilith, ma dove hai la testa, hai dimenticato che oggi

c’è la caccia al tesoro?». Già... la caccia al tesoro! La facciamo sempre almeno

una volta al mese, serve per farci uscire ogni tanto da questo posto. Ci portano sempre in zone diverse e ci lasciano tutto il giorno liberi a cercare indizi su indizi fino a trovare il vero e proprio tesoro. Eccitata dall’idea indosso velocemente qualcosa di comodo e corro in classe insieme ad Azura, arrivando col fiatone appena qualche secondo prima del professore.

«Sedetevi ragazzi così vi spiego come si svolgerà la giornata oggi» inizia questo aspettando che ci sia silenzio assoluto. «Oggi non ci allontaneremo molto, resteremo pressapoco nei dintorni. Come al solito troverete stand sparsi un po’ ovunque nel caso vi perdiate, oppure vogliate abbandonare la partita. Ogni coppia sarà fornita di mappa e bussola fondamentali per il vostro scopo; il tesoro di oggi è uno scrigno e per vincere dovrete portare quello che si trova al suo interno. Per qualsiasi emergenza avete i nostri numeri di telefono, non esitate un attimo a chiamarci se il vostro compagno si trova in difficoltà o per qualsiasi altra cosa. Entro le 21:00, con o senza scrigno, voglio che torniate alla base altrimenti sarete puniti» afferma guardandoci tutti minaccioso. «Bene... le coppie saranno formate come sempre da un ragazzo e una ragazza, con la differenza che quest’anno non sarete voi a decidere con chi andare ma verrà fatto un sorteggio».

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E a quel punto in classe scoppia il putiferio.«No, no, no... è inutile che vi lamentate questa non è

una gitarella romantica, sappiamo benissimo ogni volta come va a finire. Onde evitare sarà il caso a decidere... magari sarete fortunati».

Tutto sommato io sono tranquilla, non cambia assolutamente niente per me stare in coppia con uno o con un altro, il mio unico scopo è recuperare quello scrigno.

«Spero di non uscire con Lucio» mi sussurra all’ orecchio Azura.

Cavolo... è vero! Vengo invasa immediatamente dall’ansia, e se dovessi capitare proprio con lui? Che ci diremo durante tutto il giorno? Inoltre stargli vicino mi ha sempre innervosito, non oso immaginare stare sola con lui un’intera giornata. No... è impossibile, ci sono bassissime probabilità che io esca proprio con lui.

Dieci minuti dopo il mio nome non è ancora uscito e nemmeno il suo. Le mie compagne hanno il broncio, speravano che il caso le avesse aiutate a stare con lui e io invece mi innervosisco sempre più.

«Azura... e Daniel!»Azura sorride di gioia, va molto d’accordo con lui sono

quasi come fratello e sorella da sempre.«Bene sono rimasti gli ultimi. Carlotta... e Lucio!»E subito mi abbandono ad un sospiro di sollievo.«Professore, Carlotta non viene, ha un po’ di febbre e non

se la sente».«Davvero? Ok allora accoppiamo Lucio con l’ultima

rimasta che è... Lilith!»Non ci posso credere... è a dir poco assurdo! Può la

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mia sfiga essere davvero così immensa? Le altre mi guardano cariche di invidia.

«Un attimo ragazzi è rimasto un foglietto, è Marco... vediamo... potremmo unirlo all’ultima coppia» propone il professore dubbioso. La speranza mi invade, sempre meglio di stare sola con lui.

«No professore, ricorda? Marco si è rotto la gamba qualche tempo fa non può partecipare alla competizione».

Sì... la mia sfiga è davvero così immensa! Mi giro verso la sua direzione e neanche lui sembra entusiasta. Bene... sentirmi indesiderata è l’ultima cosa che avrei voluto.

«Così saremo una coppia» mi dice serio.«Già».«Non so fino a che punto sia una buona idea» sussurra

appena tra sé e sé.«Oh... perdonami se non sono ciò che avresti voluto, ma

neanche tu lo sei!» dico subito stizzita sorprendendolo. «E adesso cammina, altrimenti resteremo indietro» termino alzandomi dalla sedia senza neanche degnarlo di uno sguardo.

«Agli ordini capitano» risponde subito seccato. «Ma guarda un po’ questa» sussurra infine seguendomi, facendomi alzare gli occhi al cielo.

Una volta arrivati sul posto ci assegnano bussola e mappa. «Bene ragazzi possiamo iniziare. Mi raccomando non allontanatevi troppo e state attenti. Per qualsiasi bisogno sulla mappa sono segnati tutti gli stand che troverete un po’ ovunque. Buona caccia!» termina il professore dandoci il via.

Iniziamo subito a camminare dividendoci dagli altri e dopo pochi minuti inizio già a grondare sudore sotto il sole cocente.

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«C’è un caldo assurdo oggi» mi lamento asciugandomi la fronte.

«Non sembri abituata alle alte temperature» Mi giro a guardarlo e noto che si mantiene sempre ad una certa distanza. Dal suo corpo scolpito nella roccia non scende una goccia di sudore, non c’è il minimo affanno, è perfetto come appena uscito.

«Sei assurdo! Come fai a non sentire caldo?» chiedo subito facendolo sorridere. «Cosa c’è di divertente?» insisto allora confusa.

«Nel posto dal quale provengo io c’è molto caldo» confessa. Ha un’espressione quasi malinconica così non posso fare a meno di fargli una domanda.

«Ti manca molto quel posto?» azzardo.«Mhm... sinceramente non molto, mi trovo piuttosto

bene qui». È la prima volta che parliamo così apertamente l’uno con l’altra. «Ho saputo invece che tu sei sempre vissuta al collegio» continua lui.

«Sì, mia madre mi ha abbandonata davanti al cancello lo stesso giorno che sono nata» e lui non sembra particolarmente sorpreso.

«Sai, anch’io non conosco mia madre» dice abbassando il viso, stupendomi.

«Davvero?»«Sì, è stato mio padre a badare a me. Nonostante i suoi

numerosi impegni è sempre stato un padre presente, anche se duro. Si sa come sono i genitori, inoltre sono il suo unico figlio quindi si aspetta grandi cose da me».

Non posso fare a meno di osservarlo mentre racconta tutto, continuando ad avanzare tenendo gli occhi puntati

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di fronte a sé, fino a quando anche lui si gira dalla mia direzione. Dopo aver sentito quel discorso d’istinto mi apro in un sorriso e lui si blocca ad osservarmi.

«È la prima volta che mi fai un sorriso» afferma serio guardandomi dritta negli occhi. Divento subito rigida, imbarazzandomi.

«Questo non è ver... » e un piede perde attrito durante la discesa, ma fortunatamente lui velocissimo mi afferra per lo zaino evitandomi di rotolare a valle.

«Sta’ attenta o ti romperai l’osso del collo» afferma infastidito e io mi ricompongo subito prendendo un respiro profondo.

«Ti ringrazio» dico infine. Lui non risponde ma continua a camminare come se niente fosse successo. Passiamo ancora qualche ora sotto il sole cocente. I momenti di silenzio sono molti ma non sono imbarazzanti, ci godiamo i suoni della natura. Lucio oltre ad essere spaventosamente bello, cosa che alla fine ho sempre ammesso, è anche piuttosto sveglio ed intuitivo, molto più di me. Soprattutto grazie a lui, lo ammetto, troviamo a fine giornata tutti gli indizi. Ci manca solo lo scrigno adesso.

«Ti prego possiamo fare una pausa? Non ce la faccio più a camminare» dico esausta.

«Certo» risponde. Così mi siedo su una roccia e mi sento subito meglio, sono davvero esausta. Lucio si poggia proprio all’albero di fronte a me lasciandosi scivolare sulla ruvida corteccia e sedendosi ai piedi di questo, il vento gli scompiglia lievemente i capelli e lui chiude gli occhi per assaporarne meglio il tepore. Non posso fare a meno di fissarlo, è una calamita per gli occhi.

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Scuoto la testa come per svegliarmi da un sogno e mi alzo per prendere la mia borraccia accorgendomi che è vuota. Ormai siamo quasi al tramonto.

«Secondo te dove posso trovare una fontanella?» chiedo avvicinandomi. In quell’istante qualcosa attira il mio sguardo sulle sue braccia scoperte. Noto subito nella parte interna del suo avambraccio sinistro, quasi all’altezza del polso, uno strano simbolo, come un marchio fatto a fuoco. Strano, sono quasi sicura che poco fa non ci fosse. All’istante vengo colpita da un fortissimo dolore al petto. Cado in ginocchio non riuscendo a respirare, il dolore è acutissimo. Lui rimane impassibile, si copre il braccio e mi offre la sua borraccia senza neanche alzarsi. L’accetto subito e sto meglio.

«Quando compirai diciotto anni?» chiede all’improvviso. Lo guardo sbalordita.

«Sono inginocchiata dal dolore senza un motivo preciso e tu pensi a quando farò il compleanno?» E lui non risponde con-tinuando a guardarmi serio. «Precisamente tra cinque giorni» decido di confidargli stranita adesso che riesco a respirare normalmente.

«Capisco» sussurra lui.«Capisci cosa?» chiedo stizzita.«Presto lo capirai anche tu» si limita a rispondere.«E no... adesso sono stanca, o mi dici tutto oppure non ci

muoviamo da qui!» sbotto facendolo ridere.«E questa tu me la chiami una minaccia?»«Certo! Resteremo fino a domani mattina se sarà necessario

o anche oltre e stai tranquillo che non ti permetterò di andartene da solo».

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«Non è un problema per me, potrei stare qui anche per l’eternità» sussurra guardando di fronte a sé.

Il freddo e l’umidità della sera inizia solo dopo pochi minuti ad invaderci.

«Accendo un fuoco altrimenti congeleremo».Così si alza cominciando a raccogliere la legna che si

trova nei dintorni. Io osservo ogni suo movimento accorgendomi che non fa il minimo rumore, ogni suo gesto è armonico, si muove più come una bestia rara che come un uomo. In men che non si dica ci troviamo di fronte ad un robusto fuocherello che illumina la sera che ormai è calata, riscaldandoci per bene.

«Consiglio di lasciar perdere lo scrigno ormai, ci riposiamo un po’ e ritorniamo alla base, non mi sembri in forma».

«Non se prima non mi avrai raccontato tutto quello che sai» e subito sbuffa.

«Sei più cocciuta di un mulo!» sbotta dando vita, ancora una volta, a pochi minuti di silenzio.

«Stai qua, vado a cercare dell’acqua mi sembra di aver visto un ruscello nel bosco» dice iniziando ad avviarsi, ma qualcosa lo blocca: è la mia mano che gli stringe l’orlo dei jeans.

«Te la vuoi svignare eh?»«Secondo te ti lascerei qui in mezzo al nulla? Cosa racconto

agli altri?» risponde seccato.«Anche se fosse vero... non lasciarmi» sussurro abbassando

il viso imbarazzata. «Dopo quella notte nel bosco ho paura a restare sola in posti come questi» confesso non ricevendo alcuna risposta. Dopo pochi secondi di silenzio decido di alzare di nuovo lo sguardo verso lui pensando di trovare

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un’ espressione infastidita o divertita, come quel suo solito sorrisetto maligno; invece no, i muscoli del viso sono rilassati, le labbra aperte in un grande sorriso e i suoi occhi, i suoi iceberg, non sembrano più così freddi, così vuoti, ma trasmettono quasi dolcezza, quasi calore.

«Allora vieni con me così raccogliamo anche un po’ di legna per il fuoco» dice pacatamente facendomi sorridere.

Così ci inoltriamo nel bosco; la notte è calata velocemente e non si vede un palmo dal naso. Come fa Lucio a muoversi così agilmente, così sicuro di sé? Cerco di stargli dietro con sforzo. Improvvisamente lui si ferma di scatto e io sbatto sulla sua schiena non accorgendomene. «Ahi!» dico massaggiandomi il naso «sei peggio di un muro, accidenti».

Lui si gira verso di me velocemente. «Diamine... fai attenzione!» afferma infastidito. Ad un tratto una folata di vento mi investe facendo alzare i miei lunghi capelli che adesso gli sfiorano delicatamente il viso. Lo intravedo appena, non siamo mai stati così vicini prima d’ora. Scatta verso di me, mi afferra circondandomi con un braccio e mi stringe a sé lasciandomi di stucco. Il suo palmo preme adesso aperto sulla mia schiena e io sono poggiata sul suo duro petto confusa. Il suo corpo è fuoco, talmente caldo da ustionarmi quasi. Non trovo la forza per ribellarmi e anche se volessi so che non ci riuscirei stretta come sono nella sua morsa. Sento il suo respiro farsi violento. Abbassa il viso sul mio collo afferrandomi i capelli con il braccio libero, inclinandomi la testa da una parte. Cosa sta facendo? Sento il suo respiro di fiamma sulla mia pelle, gemo. Un brivido percorre tutto il mio corpo e le pulsazioni aumentano

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ogni secondo di più. Mi odora quasi come fossi una droga sfiorando con le sue labbra vellutate la pelle del mio collo. Vorrei fuggire il più lontano possibile ma il mio corpo non risponde, come paralizzato. All’improvviso però si allontana di scatto spingendomi via e coprendosi il viso con una mano, ma io lo vedo, vedo i suoi occhi che nell’oscurità sono fiamme, sono fuoco, sono brace. La pupilla è verticale, come quella dei gatti e le iridi di un rosso-arancio acceso, brillanti come due stelle nella notte. Vengo invasa subito dal terrore e di nuovo da quel fortissimo dolore al petto, ma adesso non mi posso accasciare, devo fuggire. Zoppico verso la luce, verso il fuoco che lui stesso ha acceso e sono sicura che mi stia seguendo così afferro subito un pezzo di legno infuocato, voltandomi.

«Lilith... aspetta. Non voglio farti del male».«Stai lontano da me!» urlo agitando il bastone in fiamme.«Se avessi voluto farti del male avrei potuto farlo molto

prima, non credi?» Ma io non rispondo, non mi fido. Adesso i suoi occhi sono di nuovo ghiaccio ma la mia paura non cessa e calde lacrime iniziano a rigarmi il viso.

«Non hai motivo di piangere, credimi. Ti prometto che non succederà più. Dopo il tramonto i miei sensi diventano più sensibili e sentendo il tuo odore ho perso il controllo per un attimo, ma sono perfettamente in grado di controllarmi, te lo assicuro» spiega tranquillamente cercando di avanzare, mentre io agito ancora l’unico mio strumento di difesa. «Sposta quel bastone tanto è inutile» continua. Non ho la minima intenzione di farlo, ma lui continua ad avvicinarsi incurante delle mie minacce, per poi afferrare il legno con

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una mano proprio nel punto in cui le fiamme sono più alte. Rimango di sasso di fronte alla scena: il fuoco non gli causa alcun danno anzi sembra piegarsi al suo volere, quasi come se lo rispettasse; non lo annienta, non lo brucia ma lo sfiora, lo accarezza dolcemente ed allora cado subito in ginocchio sconvolta.

«Non puoi ferirmi con il fuoco» sussurra lui buttando il bastone.

«Cosa sei?» chiedo con voce tremante osservandolo. «Volevi... volevi il mio sangue, ho sentito che lo desideravi» continuo poggiando una mano sul collo. «Sei un vampiro, vero?»

Lui si siede cautamente, quasi per non spaventarmi ancora di più. «Non era mia intenzione spaventarti Lilith. Hai ragione avrei bevuto il tuo sangue in quel momento ma... ma io non sono un vampiro».

«Non sei un vampiro? E allora cosa sei?» chiedo confusa.«Qualcosa di molto più pericoloso...» sospira, fa una breve

pausa «sono un demone».

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S ono ancora inginocchiata a terra accanto al fuoco, Lucio è di fronte a me e mi fissa negli

occhi con attenzione.«Tu... tu sei un demone?!» balbetto sconvolta.«Sì Lilith».«Ma tu... tu non sembri uno di loro».«Perché ne hai mai visto uno prima d’ora?» chiede confuso.«No, ma i demoni dovrebbero essere dei mostri con la pelle

rossa, le corna e le zampe di capra» e subito si apre in una rumorosa risata.

«Quelle sono solo leggende» dice infine. Rimango di sasso.«Il mio compito è quello di attrarre, sedurre, indurre al

male come faccio ad essere “la Tentazione” se non affascino? Per quanto riguarda le corna, però, quelle ci sono veramente ma solo la stirpe reale le possiede».

«Stirpe reale?» ripeto confusa.«Sì, il re degli Inferi e i suoi diretti discendenti. Le corna

sono il simbolo del loro comando».Resto qualche secondo in silenzio ancora stupita, per

poi concentrarmi sul fuoco di fronte a me.«Quindi... vi nutrite di sangue umano? Credevo fossero i

vampiri a farlo e non i demoni».

Capito lo 6

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Lui inizialmente non risponde abbassando invece il viso.«Beh... Sì, per voi umani è più logico pensare questo e non

avete torto». Che vuole dire adesso?Improvvisamente mi tornano in mente tutte quelle

ragazze, così mi alzo in uno scatto sorprendendolo.«Tutte le mie compagne con cui sei uscito! Hai fatto loro

del male? Hai provato a succhiare anche il loro sangue?» grido furiosa.

«No» risponde con un filo di voce.«Non ti credo! Se solo scopro che hai fatto qualcosa a

qualcuna di loro, giuro che io...»«Non ci nutriamo di sangue umano!» grida anche lui

zittendomi e facendomi rabbrividire. Preoccupata ritrovo subito il controllo e mi calmo.

«Allora perché hai provato a mordermi?» domando confusa.

«Questo non posso ancora dirtelo».Questa risposta riesce solo a farmi innervosire.«Portami a casa, ora!» dico con voce ferma. Lui mi

lincia con lo sguardo e incrocia le braccia al petto.«Non sono il tuo servo, se proprio vuoi andartene lì c’è la

mappa» risponde severo.«Bene!»Prendo il pezzo di carta che fuoriesce dal suo zaino

poggiato a terra e mi incammino subito verso il bosco.«Dove pensi di andare?» chiede a quel punto rimanendo

immobile.«A casa!» Continuo a camminare furiosa.«È pericoloso per te inoltrarsi a quest’ora nel bosco, come

pensi di muoverti? Non hai nemmeno una torcia».

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Mi blocco proprio davanti all’ingresso di quel mondo oscuro e tenebroso. Ripenso al lupo e vengo assalita dalla paura, in fondo ha ragione cavolo. Mi volto ad osservarlo e lui è ancora davanti al fuoco, non mi guarda neanche. Controllo la mappa, forse non è necessario passare per forza per il bosco.

«È inutile che controlli la mappa, non c’è altro modo per tornare al collegio».

Mi volto di nuovo per guardarlo ed è ancora girato di spalle. «Come hai fatto a capire...»

«Ti ricordo che tutti i miei sensi sono più sviluppati dei tuoi» mi interrompe rispondendo alla mia domanda ancora prima di formularla. Non so che fare. Da una parte non voglio restare sola con lui ma dall’altra non voglio nemmeno entrare nel bosco. Ho un’idea. Prendo il cellulare e compongo velocemente il numero del direttore, mio padre, ringraziando l’epoca in cui sono nata. Il telefono squilla.

«Lilith... che succede? Tutto bene?» risponde preoccupato.«Papà, ho bisogno che mi veniate a prendere, subito!»«Cosa è successo? Lucio non è con te?»Come fa a sapere che sono con lui? Non era con noi

durante il sorteggio. Mi volto verso la direzione di Lucio e lui mi guarda tranquillo.

«Sì ma non vuole accompagnarmi a casa».«Passamelo».Sorrido soddisfatta, dovrà accompagnarmi per forza

altrimenti finirà nei guai. «Il direttore ti vuole parlare» dico falciandolo con lo

sguardo mentre lui prende il telefono con serenità.

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«Buonasera direttore. Sì, esatto! Guardi credo che la cosa migliore sia rimanere qui fino a domani mattina. Non correrà rischi con me vicino lo sa benissimo. Perfetto allora... le ripasso sua figlia. A presto» conclude porgendomi di nuovo il cellulare mentre io lo prendo stupita.

«Lilith... » sento e subito intuisco. No, non può essere d’accordo a tutto ciò.

«Papà, io non voglio rimanere qui» affermo con voce rotta dalle lacrime che iniziano a bagnarmi il volto.

«Lilith, non ti succederà niente ti puoi fidare di Lucio non ti farà del male».

«Ma... ma non ha alcun senso, tu non capisci lui è...»«Ci vediamo domani, buonanotte piccola» riaggancia

bruscamente lasciandomi senza parole. Resto qualche secondo con il cellulare in mano ad osservarlo delusa per poi infine ritornare accanto al fuoco sconfitta stringendomi, con le lacrime agli occhi, le ginocchia al petto. Perché papà è d’accordo con tutto questo, perché è disposto a farmi passare la notte fuori quando non l’ha mai permesso prima d’ora?

«Hai fame?» sento dopo un po’. Non rispondo, allora Lucio apre il suo zaino e mi porge un panino.

«Non ho fame!» dico con rabbia girandomi dall’altra parte.

«Non hai mangiato tutto il giorno non costringermi ad imboccarti».

«Non ci riusciresti».«Scommetti?» e nello stesso istante vedo la pupilla dei

suoi occhi diventare verticale e il ghiaccio trasformarsi in fuoco. Vengo subito invasa dalla paura così afferro il panino

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e gli do un morso svogliata facendolo sorridere. Lui afferra di nuovo il suo zaino e prende questa volta un pacchetto di plastica. Osservo con attenzione, sembrerebbero cioccolati. Ne scarta uno e se lo infila in bocca con aria soddisfatta.

«Non credevo che i demoni mangiassero cioccolato».«La gola è uno dei peccati più gratificanti» risponde

ancora con la bocca piena per poi entrambi rimanere in silenzio.

Finisco il panino velocemente, era veramente buono e in fondo avevo davvero una gran fame.

«Perché restare qui solo con me? Cosa hai intenzione di farmi?» domando alquanto timorosa. Inizialmente mi guarda confuso, poi intuisce.

«Non pensare male non voglio farti assolutamente niente, non sono quel genere di persona. È solo che devi iniziare a capire a piccoli passi chi sei e chi ti circonda».

«Va bene allora, dimmi chi sono».«Perché per ora invece non ci concentriamo maggiormente

su chi ti circonda? Su di me per esempio, avrai molte domande da farmi».

«Beh, qualcuna».«Puoi farmi tutte le domande che vuoi» afferma

mettendosi comodo e io mi concentro sul fuoco facendo un po’ di mente locale.

«Cos’è quel segno sul tuo braccio?» Ormai è coperto dalla manica ma lui adesso lo stringe ugualmente con una mano.

«È il nostro marchio, quello che ci identifica» eppure la sua risposta non mi sembra sincera.

«Ma oggi non mi sembra di averlo notato» continuo.«Diventa evidente solo dopo il tramonto».

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«E perché quando l’ho visto... ho sentito quel dolore al petto?»

«A questo ancora non posso rispondere».«Ma hai detto che avrei potuto farti qualsiasi domanda».«Qualsiasi domanda che riguardi me in persona».Niente da fare, dovrò aspettare ancora per le spiegazioni

che voglio avere.«Posso avvicinarmi un po’ di più?» chiede con cautela

stupendomi.«Solo un po’» rispondo osservandolo bene. Lui si avvicina leggermente e stranamente non ho

più paura.«Quella sera il lupo ti ha riconosciuto subito vero? Ha

avuto paura di te».«Gli animali sono i primi a riconoscerci».«Quindi saresti in grado di ucciderne uno senza problemi».Mi guarda per qualche secondo.«Ovvio, Lilith» risponde appena.«Nessuno è in grado di battervi?» e lui sospira come se

infastidito.«Solo i nostri opposti. Posseggono la nostra stessa forza

ed esattamente come noi possiamo uccidere loro, loro possono uccidere noi»

«Stai parlando di...»«Angeli, sì».«Quindi esistono anche loro? Incredibile» affermo sorpresa.«Certo, non può esistere il Male senza il Bene e viceversa».«E come sono gli angeli? Sono come te?»«Beh... no. Intendi fisicamente vero?» ed annuisco

immediatamente, sempre più interessata a questa storia.

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«Hanno una carnagione molto chiara, occhi blu mare e capelli biondi. La maggior parte non sono molto alti e sembrano quasi dei bambini in viso... hanno espressioni così innocenti» dice quasi con sdegno «però sono forti. Sicuramente da non sottovalutare».

«Hai mai ucciso un angelo?» dico quasi con voce tremante.«Purtroppo no è vietato ucciderci ormai, da entrambi le

parti, bisogna seguire delle regole ben precise per poterlo fare, niente di semplice. Ma ho avuto i miei battibecchi con alcuni di loro, quelli ci sono sempre» sorride ripensandoci, come se stesse parlando di semplici scorribande adolescenziali.

«E voi rispettate questo divieto?» chiedo sorpresa.«Certo è un accordo che vige ormai da secoli e secoli».«Ma... pensavo che i demoni non rispettassero le regole»

affermo confusa.«Hai mai sentito parlare di Apocalisse? Se non le

rispettassimo è così che finirebbe. Non conviene a nessuno».«Se potete uccidervi a vicenda allora non siete immortali».«No, non lo siamo è solo molto più difficile ucciderci.

Inoltre non invecchiamo, smettiamo di farlo intorno ai quarant’anni circa, le donne anche prima».

«Quindi... tu hai realmente diciannove anni».«Esatto» risponde subito.Guardo le sue punte di ghiaccio e non posso fare a meno

di formulare la domanda.«Tutti... tutti i demoni hanno occhi come i tuoi?»Subito lui aggrotta la fronte rimanendone sorpreso.«Ti piacciono i miei occhi?» chiede aprendosi in sorriso

malizioso. «Cosa? Io... io non ho detto questo» affermo probabilmente

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arrossendo.«È stato il modo in cui l’hai detto infatti a farmelo

intuire» mi sfida, ma io non rispondo semplicemente perché mi sono già persa di nuovo in quei labirinti di cristallo «comunque no... hanno occhi scuri solitamente, io sono solo un’eccezione insieme a mio padre».

Il mio interrogatorio continua ancora per qualche ora quando improvvisamente sento ululare, così mi alzo in uno scatto impaurita.

«Tranquilla fino a quando starai accanto a me non si avvicineranno nemmeno».

«Ma sono più di uno, sarà un branco» e lui subito mi guarda innervosito spingendo un sopracciglio.

«Ma per chi mi hai preso?» sussurra irritato. Cosí si sdraia sull’erba morbida e mi passa la sua giacca.

«Adesso dormi, è tardi».«Ma se nessuno fa la guardia ci attaccheranno!» strillo.Vedo le loro ombre muoversi vicino i perimetri del

bosco, sono in molti avranno visto il fuoco.«Eccoli là» urlo ancora.«Già... sembrano piuttosto affamati e tu che volevi

tornare al collegio da sola. Tsk» afferma tranquillamente osservandoli, per poi ridacchiare.

«Non c’è niente da ridere, mi mangeranno mentre tu dormi».

«Magari lo facessero» sbuffa. «Cosa??» urlo ancora guardandolo innervosita. «Se non la smetti subito di strillare giuro che ti ci porto

io da loro» dice davvero innervosito. «Ora dormi!» conclude porgendomi di nuovo la giacca. Io lo falcio con gli occhi

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e gliela strappo dalle mani, mi avvolgo ad essa e mi giro dall’altra parte.

«Vai all’Inferno!» sussurro appena.«Conto di tornarci entro la prossima settimana»

risponde sorridendo e pensandoci anche le mie labbra si aprono subito in un sorriso.

Senza neanche rendermene conto è già l’alba; fa piuttosto freddo ma tutto sommato la sua giacca mi ha tenuta calda per tutta la notte. Mi ci strofino il viso, ha un buon odore. Mi volto verso il cielo e sbadiglio. I lupi sono scomparsi e il fuoco è spento. Infine vedo lui. Sta dormendo. Giuro, non ha per niente l’aspetto di un demone: i suoi muscoli sono rilassati, le labbra socchiuse e i primi raggi del sole sembrano accarezzare il suo viso e il suo collo. Mi siedo per osservarlo meglio. Il vento trascina il suo odore fino a me, lo riconosco è come quello che mi ha tenuto compagnia l’intera notte. L’odore si fa sempre più inteso intorno a me e mi sembra quasi di vedere scie che partono dal suo corpo; è acqua di rose, dolcissimo, quasi nauseante, ma è un aroma dal quale non riesco a staccarmi. Mi riempio i polmoni più volte e questo diventa sempre più intenso, brucia come fosse fuoco. Mi sento quasi in trance. Inizio a gattonare verso lui lentamente senza fare rumore quasi senza rendermene conto. Non riesco a farne a meno, devo avvicinarmi.

Sono vicinissima adesso, posso toccarlo, voglio toccarlo ma non solo, voglio il suo odore, voglio inebriarmi, voglio il fuoco nei miei polmoni, voglio bruciarmi, voglio farmi male.

Avvicino il viso al suo, la punta del mio naso quasi lo sfiora, chiudo gli occhi e prendo una boccata profonda e subito braci entrano nel mio corpo. Riapro gli occhi ed è

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allora che mi accorgo che è sveglio. I suoi iceberg mi fissano e adesso illuminati dal sole sembrano quasi fatti d’argento. È immobile, impassibile, solo ora mi rendo conto quanto siamo vicini. Mi allontano di scatto sorpresa. Cosa diamine è successo? Lui si siede.

«Cosa volevi fare?» chiede guardandomi. Metto una mano in testa sconvolta, in realtà era come

se stessi sognando.«Non lo so... io... non ero in me. Scusami» rispondo

imbarazzata.«No, non devi scusarti. Puoi avvicinarti se vuoi, i miei

sensi di giorno sono un po’ atrofizzati. Non corri rischi se è questo che ti spaventa».

In realtà non stavo proprio pensando a questo così non rispondo.

«Avevi voglia di toccarmi e hai perso il controllo? Cosa? Puoi parlarne tranquillamente voglio solo capire»..

Lo guardo incuriosita, lui sa.«Ecco... inizialmente volevo solo toccarti, non so perché,

curiosità credo. Poi però... ho sentito il tuo odore...» e subito la sua espressione si fa dubbiosa «è imbarazzante ma ho perso il controllo pensando al tuo profumo. È un effetto che fate voi demoni?»

«Non devi sentirti imbarazzata, se ci pensi bene ieri sono stato io a perdere il controllo sentendo il tuo di odore» dice tranquillamente anche se sovrappensiero. Il mio cervello in quel momento connette qualcosa.

«Mi hai sempre fatto intuire che c’è qualcosa che devo scoprire su di me. Oggi ho avuto il tuo stesso atteggiamento di ieri» affermo intimorita.

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«Non sei un demone se è questo che mi stai chiedendo. Ricordi? Ti ho appena detto che di giorno perdiamo parte dei nostri poteri. Inoltre io ieri ti avrei morso tu non hai le zanne per farlo».

Allora osservo le sue labbra dubbiosa e lui capisce immediatamente.

«Questo non è il mio vero aspetto da demone o almeno non lo è completamente» spiega incrociando le braccia e abbassando il viso per poi infine sospirare.

«Sembra che tu sia già attratta dal mio odore».«Già?» ripeto confusa.«Forza, sarà meglio tornare a casa ora. Ne parleremo con

calma lì» dice però lui senza darmi alcuna risposta. Perché deve sempre essere così misterioso?

«Va bene» rispondo così rassegnata.

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Ormai svegli ci incamminiamo verso il collegio con il sole già alto nel cielo. Non riesco a spiccicare

parola, ripenso alla scena di stamattina, a quello che è successo ieri sera, a tutto. Mi sento confusa forse il mio cervello non è davvero pronto ad assimilare così tante informazioni in una sola volta. Lucio cammina più avanti di me finché ad un tratto si volta a guardarmi.

«Se non ci diamo una mossa arriveremo tra un mese al collegio» sbuffa.

«Sì» rispondo appena tenendo lo sguardo fisso a terra.«Tranquilla» dice dandomi di nuovo le spalle

continuando a camminare «non saresti di certo la prima a perdere il controllo a causa del mio odore». Lo guardo lanciandogli un’occhiataccia che lui però non vede.

«Questo dovrebbe consolarmi?»«Beh, in teoria sì» ridacchia invitandomi a riflettere.«Evidentemente il tuo sangue dev’essere buono» e

pensandoci sento stranamente la gola farsi secca. Lui si ferma di scatto e si gira dalla mia direzione inchiodandomi con lo sguardo.

«Parli come se lo desiderassi» afferma serio.Mi fermo anch’io stupita dalla sua reazione. «Cosa?

Che ti viene in mente? Non berrei mai del sangue soprattutto

Capito lo 7

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il tuo» dico stizzita, ma la sua espressione non migliora, continuando invece ad osservarmi in totale silenzio e quel suo sguardo adesso mi fa paura.

«Meglio così allora» dice però alla fine serenamente ricominciando a camminare.

Ci vogliono un paio di ore prima di arrivare finalmente davanti il cancello. Avanziamo ancora insieme lungo il vialetto che conduce presso l’istituto principale e ci fermiamo proprio di fronte al grande portone aperto.

«Dovresti andare a riposare adesso, vado io a comunicare al direttore che siamo tornati» e io non ho la forza di obiettare.

«Va bene» rispondo allora «ci vediamo più tardi» e lui non mi degna di una risposta ma continua a guardarmi serio.

«Ti devo chiedere una cosa» dice improvvisamente.«Dimmi» rispondo incuriosita.«Non raccontare a nessuno... quello che sono».«Nemmeno ad Azura?»«Meglio di no».«E cosa le spiego allora? Chiederà perché non siamo

tornati».«Inventati qualcosa» risponde ovvio «Non dirmi che non

sei nemmeno in grado di raccontare un’innocente bugia» mi sfida.

Quanto mi fa innervosire! Ci penso e so già che non cambierà idea cocciuto com’è. «Va bene» rispondo allora sconfitta, sono troppo stanca per fare storie. Così senza neanche salutarci mi incammino verso il dormitorio femminile che è completamente vuoto, evidentemente sono ancora tutti a lezione. Entro nella stanza e mi concentro subito sul letto di Azura, la coperta è rialzata probabilmente

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non sarà andata a lezione così mi avvicino a lei.«Azura...» sussurro delicatamente e vedo il castano

chiarissimo dei suoi capelli uscire dalle coperte. «Azura...» mi avvicino ancora di più e stranamente vedo accanto a lei un ammasso biondo. La coperta si alza, la mia amica scopre il suo viso ancora confusa ma io mi concentro sull’altra figura al suo fianco. «Daniel!» esclamo con sorpresa coprendomi la bocca sorridendo.

«Ciao Lilith» risponde lui tranquillo. Azura si copre completamente la faccia imbarazzata.

«Forse... è meglio se vi lasci un po’ soli» dico divertita. Daniel sorride mentre Azura scopre gli occhi guardandomi.

«Io e te dobbiamo parlare!» afferma prima che io esca dalla stanza.

«Direi» rispondo chiudendo la porta alle mie spalle.Azura e Daniel, chi l’avrebbe mai detto e io che mi

aspettavo una sfuriata colossale. Sorrido, meglio così. Guardo l’ora, le lezioni stanno ormai per finire così mi dirigo verso la scuola. Andrò a parlare con papà e mi farò spiegare perché mi ha permesso di dormire fuori, tutta questa storia mi convince ben poco.

Cammino tranquillamente per i corridoi e le lezioni si sono appena concluse, sento gli occhi di tutti addosso; sguardi carichi di odio e invidia, ma decido di non badarci troppo così continuo a camminare a testa alta andando verso le scale, cominciando a salirle dirigendomi verso lo studio del direttore.

«Ehi, sgualdrinella!» sento improvvisamente alle mie spalle, ma non ci faccio caso e continuo ad avanzare.

«Dico a te... Lilith» urlano.

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Riconosco subito la voce così mi volto... Eva, accompagnata da altre quattro amiche che le stanno alle spalle come fossero le sue guardie del corpo.

«Dici a me sgualdrinella? Hai davvero un gran coraggio» non ho paura di loro.

«Ti avevo avvisato di stare lontana da Lucio adesso non puoi certo prendertela con me se ti faremo un po’ male» afferma malvagia avanzando.

«Avvicinati e giuro che io...» indietreggio.«Che tu... cosa? Non sei proprio nella condizione di

minacciare carina».«Ma non hai pensato che forse a Lucio non importa

niente di te?»Si fa una risata. «La notte prima della caccia al tesoro io

e lui siamo andati a letto, ed è rimasto con me tutta la notte».Rimango pietrificata.«Quindi non credi io abbia il diritto di sapere cosa è

successo ieri?» avanza sempre più innervosita.«Eva, ascolta... lui non è quello che sembra, potrebbe farti

del male devi stargli alla larga. È pericoloso ascoltami, ti prego!» inizio subito a farfugliare.

Lei mi afferra violentemente per un braccio. «Ti piace già così tanto eh? Mi dispiace carina ma nessuno può permettersi di mettermi i bastoni tra le ruote e passarla liscia».

Nello stesso istante si avvicinano anche le sue amiche così mi libero dalla sua stretta e provo a correre su per le scale, fuggire mi sembra l’unica soluzione sensata piuttosto che fronteggiare sola cinque pazze, ma subito mi afferrano per i capelli e mi buttano giù. Io mi giro e do una pedata alla ragazza che mi si para di fronte, cercando di difendermi

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come meglio posso; un pugno mi colpisce in pieno labbro e sento il sangue scorrere mentre cado a terra. Vedo Eva proprio di fronte me che si prepara a scagliarmi contro un altro pugno, paro la faccia con le braccia e non sento più niente. Apro la difesa e vedo Lucio tenere con una mano il braccio di Eva, linciandola con gli occhi.

«Lucio» dice la bionda «non è come sembra, ti posso spiegare tutto è stata lei ad iniziare».

Lui non risponde ma continua a tenerle il braccio e a guardarla in malo modo. Io mi alzo appoggiandomi al muro indolenzita asciugando con una mano il sangue dal labbro che pulsa.

«Lucio, mi stai facendo male» si lamenta Eva.«Sparisci dalla mia vista» ringhia lui con aria minacciosa.«Ma...» e lo vedo stringere di più la presa sul braccio

della ragazza che urla di dolore. «Va bene, va bene» dice svelta.Lucio allora lascia la presa, lei mi lancia un’occhiataccia

che ricambio e se ne va, mentre lui si avvicina a me.«Stai bene?» chiede guardandomi, ma io raccolgo tutta

la forza e l’odio che ho in corpo e gli scarico un ceffone sulla sua guancia sinistra, il suo viso si volta automaticamente dall’altra parte mentre lo guardo con occhi carichi di rabbia. Lui si ricompone subito massaggiandosi la mascella.

«Potrei sapere adesso questo a cosa è dovuto?» chiede piuttosto innervosito.

«Tu... sei andato a letto con Eva!»«Oh... quello. Non pensavo la prendessi così male»

afferma quasi sprezzante. Sto per dargli un altro ceffone ma lui velocemente mi blocca la mano senza problemi

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diventando spaventosamente serio.«Non prenderti confidenze che non ti ho dato. Ricordati

sempre chi hai di fronte» ringhia quasi. Il suo tocco brucia sulla mia pelle come fuoco, così ritiro il braccio in uno scatto.

«Appunto, tu sei un demone. Dovresti vergognarti per quello che hai fatto!»

«Perché mai? È la mia natura e comunque è stata più lei ad approfittarsi di me che il contrario».

Scuoto la testa. «Sei spregevole, stammi lontano tu porti solo guai» sbotto rivolgendogli un ultimo sguardo di fuoco prima di andarmene.

Decido subito di tornare in stanza ancora piuttosto innervosita. Busso per sicurezza. «Avanti» sento. Entro ed Azura è sola.

«Lilith» afferma correndomi incontro «ma che hai combinato?» chiede preoccupata fissando il mio labbro pulsante. Io mi butto sul letto e le racconto tutto quello che è successo sulle scale con Eva e Lucio.

«Lilith, dimmi la verità, è successo qualcosa tra te e Lucio?»«Azura, ti assicuro che non è successo assolutamente niente.

Siamo stati costretti a restare fuori perché ormai non potevamo più attraversare il bosco in piena notte, ci siamo allontanati troppo», come vorrei poterle raccontare tutto, la paura che ho avuto, la verità su di lui; come vorrei dirle che le mie cattive sensazioni su di lui erano sensate, vorrei ma non posso.

«Comunque c’è qualcosa in te che lo attrae, qualcosa che le altre non hanno».

«Che vuoi dire?»«Sai, quando lui ti dice che sono le altre a saltargli addosso

non credo stia mentendo. È strano ammetterlo ma ho notato che

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è un effetto che provoca lui; no so spiegartelo confonde le idee, quando non ho accettato di uscirci insieme ricordo benissimo che non è stato facile rifiutare, inoltre ho sempre visto le altre avvicinarsi a lui come se non potessero farne a meno. Con te invece si comporta in modo diverso, è premuroso, interessato, gentile, sei tu quella che fugge».

Se solo sapesse che è il mio sangue ad interessarlo, sono sicura che capirebbe il mio atteggiamento.

«Ti si sta gonfiando il labbro, forse è meglio se vado a prendere un po’ di ghiaccio».

Sospiro, abbasso gli occhi e vedo il suo polso fasciato. «Che ti è successo alla mano?» come diamine ho fatto a non accorgermene prima?

«Oh... questo. È stata la scusa che ha spinto me e Daniel ad avvicinarci» spiega sorridente.

«Sembri felice» affermo guardando i suoi occhi carichi di una luce diversa dal solito.

«Lo sono. È stato tutto stupendo Lilith».«Non pensavo ti piacesse Daniel al punto di... cioè è stata

la tua prima volta».«Non so come ma ho capito di essere pronta e che doveva

accadere con lui e non me ne sono pentita assolutamente» afferma radiosa e felice. Che sia questo l’amore?

«Lo conosco da una vita, gli ho sempre voluto un bene dell’anima lui sa tutto di me e io so tutto di lui... eppure non eravamo mai riusciti a capire veramente il sentimento che ci legava. Fino a ieri».

«Io non mi sentirò mai pronta con nessuno» dico quasi con amarezza.

«Vedrai che ti sbagli, queste felicità arrivano quando

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meno te lo aspetti Lilith, l’importante è non avere mai fretta» sussurra dandomi un bacio sulla fronte come fosse una mamma premurosa, per poi uscire dalla stanza per prendermi il ghiaccio canticchiando allegramente.

Sono già passati tre giorni dall’ultima volta che ho visto Lucio. Nessuno l’ha più visto dal giorno in cui gli diedi quello schiaffo. Mi sento in colpa, forse ho esagerato, in fondo era intervenuto solo per aiutarmi. Domani è il mio diciottesimo compleanno. È tradizione in collegio che la sera prima della maggiore età venga organizzato un ballo, come ricchi aristocratici che festeggiano l’entrata in società. Con il passare degli anni naturalmente le cose si sono un po’ ammodernate, anche se la tradizione di una festa nella sala più bella dell’istituto è sempre rimasta.

La festeggiata può scegliere il tema della serata e io ho scelto un ballo in maschera, mi sono sempre piaciuti ma sono ancora talmente indietro con i preparativi che non so dove mettere le mani. La festa inizierà intorno alle 20:00, sono già le 17:00 e ancora devo sistemare le ultime cose. Fortunatamente finisco tutto un’ora dopo anche grazie all’aiuto di Daniel mentre Azura è praticamente scomparsa. Accidenti non sono riuscita nemmeno a comprare un vestito adatto alla serata così dovrò cercare una soluzione tra i vecchi abiti che riempiono il mio armadio. Non ho niente in testa.

Inizio a buttare vestiti sul letto cercando di trovare i migliori abbinamenti provandone qualcuno; cavolo sono la festeggiata non posso sembrare vestita con quattro stracci proprio stasera, mi do la colpa per avere il dannato vizio di pensare sempre tutto all’ultimo minuto.

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Sento aprire la porta e Azura è proprio di fronte a me con un grosso pacco riccamente adornato tra le mani.

«Azura... Aiuto; non ho niente da mettere ed già tardissimo» piagnucolo.

«Sei sempre la solita» dice porgendomi il pacco «una persona mi ha detto di darti questo» afferma sorridendo. Lo prendo e leggo subito il biglietto incuriosita: “Spero sia di tuo gradimento. Auguri. Lucio”. Sento immediatamente il cuore fermarsi. «È... è tornato?» balbetto. Azura sorride.

«Sì, ha detto che è un impegno per lui non perdersi il tuo compleanno. Ma adesso apri, sono curiosa di vedere cosa ti ha comprato» dice euforica strofinando le mani tra loro.

Inizio a scartare e sollevo il coperchio. Rimango incantata. Lo prendo facendolo uscire dalla scatola osservandolo, è un vestito. È un abito riccamente ricamato corto e stretto color panna, il corpetto è a cuore e in vita vi è una stretta fascia dalla quale partono leggeri, sottili e trasparenti veli leggermente più chiari che arrivano fino ai piedi, coprendo la parte posteriore delle gambe creando giochi di trasparenze, ma lasciandole scoperte davanti. Lo adoro.

Lo provo immediatamente sperando che la misura sia quella giusta ed è così. Prendo la maschera di piume bianche che trovo insieme al vestito e la indosso.

«Mio Dio Lilith... sei bellissima. Ti ha comprato un vestito da angelo». Sorrido all’idea, sono entusiasta non potrò fare a meno di ringraziarlo a vita.

«Beh, visto che siamo in vena, ecco...» dice porgendomi un pacchetto più piccolo «questo è da parte mia e di Daniel».

«Oh Azura, non dovevi».«Sì invece, forza apri» dice euforica.

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Scarto il pacchetto e mi ritrovo tra le mani una collana bellissima. La indosso subito e valorizza ancora di più il vestito, iniziamo davvero bene la serata. Abbraccio la mia amica con gratitudine e infine corro a truccarmi.

La festa è appena cominciata e già sembra che non manchi nessuno, è d’obbligo infatti invitare tutto il collegio durante questi eventi. Azura indossa un delizioso abito azzurro da fata turchina, Daniel è elegantemente vestito ma indossa un lungo e buffo naso di plastica: pinocchio, proprio da lui. Non riesco a distinguere molte persone ma sono sicura che la strega sexy che mi sta linciando con lo sguardo sia Eva. Il mio nuovo vestito svolazza seguendo i miei passi quasi come se i veli fossero vere ali, lasciandomi le gambe scoperte mentre vado avanti e indietro salutando i miei ospiti o almeno quelli che riesco a riconoscere.

«Azura andiamo a bere qualcosa dai, oggi è la mia festa» dico entusiasta e felice. Mi avvicino al bancone e mi faccio riempire un gin-lemon iniziando subito a sorseggiarlo parlando tranquillamente con i miei amici, quando ad un tratto vengo colpita dalla figura che è appena entrata dal portone. È in vestito nero elegantissimo, anche la cravatta è nera mentre la camicia di un bordeaux molto scuro simile al sangue, all’occhiello una rosa rossa. Il fisico è perfetto, statuario; cammina sicuro di sé facendosi notare da tutti, è praticamente impossibile non farlo. Il viso è coperto da una maschera di pelle nera riccamente ornata da simboli anch’essi bordeaux e con piccole corna che si ergono ai lati che gli lascia scoperte solo le labbra rosse e perfette, gli occhi di ghiaccio sono gli unici punti luminosi dietro quella maschera scura. Viene verso la mia direzione

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fermandosi proprio davanti a me e con i tacchi raggiungo quasi la sua altezza permettendomi così di vedere meglio quei pozzi di argento liquido. Mi dedica uno dei suoi soliti sguardi per poi aprirsi in un sorriso e messe così in evidenza le sue labbra sono ancora più dannatamente irresistibili.

Inaspettatamente mi afferra la mano portandosela alla bocca baciandola sotto gli occhi di tutti come il più elegante dei cavalieri ed è come se la mia pelle venisse toccata da braci ardenti mentre sento il mio viso avvampare.

«Sinceramente pensavo che non avresti mai messo il vestito» afferma tranquillamente lasciandomi il braccio.

«Beh... in realtà l’ho messo solo perché non avevo nient’altro da indossare» rispondo con aria di superiorità sorridendo «e appunto per questo mi hai salvato la vita, ti ringrazio è davvero molto bello» termino tornando seria.

«Ne è valsa la pena, ti sta bene» dice con voce suadente bloccando il mio respiro. In imbarazzo finisco il mio gin-lemon in pochi secondi mentre lui si concentra a guardarsi intorno per poi tornare su di me.

«Il tuo bicchiere è vuoto» afferma osservandolo «che dici di andarlo a riempire?»

«Oh... va bene» rispondo entusiasta sorridendo.Ci sono proprio due posti liberi davanti al bancone

così mi siedo in uno di questi accavallando le gambe e i veli immediatamente scivolano sulla mia pelle scoprendole completamente. Lui prende posto al mio fianco.

«Cosa beviamo?» chiedo girandomi dalla sua direzione. Allora lo vedo mentre mi squadra dalla testa ai piedi facendo un sorriso malizioso.

«Sì, ti sta proprio bene questo vestito, sei molto provocante»

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sorride appoggiando una mano sul mio ginocchio. «Se non togli immediatamente quella mano giuro che ti

ficco il mio tacco 12 in un occhio» e lui ride subito alzando le mani in segno di arresa.

«Con te ho perso le speranze ormai».«Ecco, bravo».«Facciamo qualche giro di tequila?»«Tequila?» ripeto io che solitamente non amo bere

alcolici.«Certo, ho trascorso le mie migliori serate con la tequila»

spiega lui mentre ne ordina due.«Non oso immaginare».«Sì, meglio non farlo» sorride accattivante girandosi

di nuovo dalla mia direzione.«Sei proprio un demonio» non posso fare a meno

di commentare scuotendo la testa.«Perspicace non c’è che dire» afferma serio prendendomi

in giro facendomi sbuffare.«Sarà davvero una lunga serata» commento osservando

i nostri bicchieri appena arrivati.«Oh... non immagini quanto angioletto».

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M ancano pochi minuti alla mezzanotte così inizio a preparare lo spumante. Ho il

sorriso stampato sul viso, sono felice. Mi sto divertendo come probabilmente non ho mai fatto. Io e Azura non smettiamo di ridere, siamo ubriache fradice ma va bene così. Lucio mi è rimasto a fianco per quasi tutta la serata insieme ad Azura e Daniel contribuendo notevolmente nella riuscita della serata, non lo facevo così simpatico. Ormai non lo vedo da un po’, come al solito si è dileguato senza lasciare tracce e stranamente me ne rattristo.

Mezzanotte e stappo la bottiglia per dare subito dopo inizio alla fase successiva: auguri, auguri e ancora auguri. Mi guardo intorno e lui non c’è... oh, insomma che mi succede? Devo smetterla di pensare a lui e di cercarlo ovunque. Si ricomincia con i festeggiamenti e tutti ci buttiamo sulla pista da ballo. Ad un tratto lo vedo in lontananza e non posso fare a meno di sorridergli, lui ricambia avvicinandosi per poi, una volta di fronte a me, staccare la rosa rossa dal suo occhiello e porgermela gentilmente.

«Auguri per i tuoi diciotto anni Lilith, adesso una nuova vita ti attende» ed è più serio del solito mentre pronuncia queste parole.

Capito lo 8

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«Grazie» rispondo io accettandola volentieri. «Stasera ti stai comportando da vero gentiluomo». «Stasera? Io sono sempre un gentiluomo» afferma

pavoneggiandosi rubandomi un sorriso. Mi sento chiamare così mi volto dando le spalle a Lucio; sono le amiche di Eva le riconosco subito. Mi fanno dei sorrisetti che anche a chilometri di distanza ci si può accorgere di quanto siano falsi.

«Auguri Lilith, è stata davvero una bella festa» io non rispondo nemmeno, mi limito esclusivamente a ricambiare con un sorrisetto acido. Mi rigiro e lui è di nuovo scomparso così noto Azura avvicinarsi.

«Mentre tu parlavi con quelle, Eva ha preso Lucio per un braccio e si sono allontanati. Sono venute apposta per distrarti mi sa» sussurra al mio orecchio.

«Cosa? Ma questo è assurdo, come se a me importasse qualcosa di lui». Azura mi guarda in uno strano modo.

«Vuoi dirmi che non ti dà fastidio?» chiede. «Certo che no, perché dovrebbe?»«Beh meglio così allora perché sono proprio lì, di fronte a

te» conclude la mia amica facendo un cenno. Seguo il suo sguardo e li vedo. Stanno parlando o meglio è lei a parlare, lui ascolta serio. Eva sembra quasi accorgersi del mio sguardo su di loro e si gira immediatamente dalla mia parte facendo un sorriso maligno guardandomi dritto negli occhi.

Si volta di nuovo a guardare Lucio finché gli si avvicina ancora afferrandogli il viso tra le mani facendolo abbassare leggermente verso lei, per poi baciarlo sulle labbra davanti a tutti. Lui rimane immobile senza obiettare lasciandola fare. Mi paralizzo all’istante.

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«Non ci posso credere!» ringhia Azura al mio fianco. «Quella strega baldracca, sarebbe capace di qualsiasi cosa pur di farti un torto» afferma ancora con rabbia.

«Non mi sembra però che a lui dispiaccia». «Stai bene?»«Certo perché non dovrei?» dico sforzandomi però a fare

un sorriso. «Mhmm non mi convinci tanto» continua la mia amica. «Te lo assicuro è solo che mi gira un po’ la testa, forse è

meglio se prendo una boccata d’aria».«Vengo con te».«No, no non serve, tu sta’ con Daniel e goditi la serata

anche con lui» le sorrido.«Sicura?»«Certo».«Va bene allora, sta attenta e non te la prendere, in fondo

è stata lei a baciarlo».«Azura, ti assicuro che non mi importa assolutamente

niente» e adesso non so nemmeno io se è vero quello che dico visto la sensazione di fastidio che provo in questo momento.

Mi avvio verso l’uscita non degnando nessuno di uno sguardo. Sento le amichette di Eva guardarmi e ridacchiare così alzo anch’io il mio sguardo verso loro e mi apro in un sorriso. Queste rimangono confuse, non capiscono la mia reazione ed è proprio questo quello che voglio.

Finalmente sono fuori e assaporo l’aria, è fresca. Ho la scena di quel bacio impressa nella mente. Decido di allontanarmi, voglio silenzio e tranquillità così tolgo le scarpe ed è già un gran sollievo. I veli del vestito adesso strisciano a terra mentre continuo a camminare

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dirigendomi verso il mio posto preferito: l’ingresso del bosco. Arrivo quasi subito e mi siedo sull’erbetta fresca

prendendo un respiro profondo per poi togliere la maschera lasciandomi accarezzare dalla brezza notturna; è davvero piacevole. Ascolto i rumori della natura rilassandomi.

«Sapevo saresti venuta qui». Non serve girarmi per capire di chi si tratta.

«Perché sei venuto? Avevo voglia di restare un po’ sola».Lucio si siede accanto a me e toglie anche lui la maschera.«Davvero?» Non rispondo non degnandolo nemmeno

di uno sguardo. «Sembri innervosita, c’è qualcosa che non va?» domanda.

So dove vuole arrivare, ma io continuo a non rispondere con l’intenzione di non calcolarlo affatto.

«Hai visto che è stata lei a baciarmi» dice all’improvviso.«Sì, ho visto anche come tu ti sei opposto».«Ah... allora è davvero questo che ti ha dato fastidio»

sorride soddisfatto facendomi sbuffare.«In realtà non è il bacio in sé a darmi fastidio, ma il fatto

di aver compiuto quel gesto soprattutto per fare un torto a me davanti a tutti, quasi come per far capire chi comanda, e questo mi innervosisce parecchio» spiego guardando l’entrata del bosco che ho di fronte.

«Se è solo quello il problema potresti baciarmi anche tu» propone tranquillo e allora mi giro a guardarlo sbuffando rendendomi subito conto di aver quasi dimenticato la bellezza e la perfezione del suo viso nascosto da quella maschera.

«Neanche morta!» rispondo facendolo ridere. «Hai proprio una passione nel farti baciare, mi chiedo se tu

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abbia mai baciato qualcuno di tua spontanea volontà» è l’alcol a farmi parlare. Lui mi guarda, stupito dalla domanda.

«In realtà no, non ne ho mai avuto voglia».«Quindi non ti sei mai innamorato di nessuno».«Innamorarmi? Dimentichi che sono un demone e ai

demoni non è concesso amare». Lo guardo confusa.«Non vi è concesso amare? È una cosa tristissima questa».«Triste? A me non sembra affatto» risponde lui.«E tu? Ti sei mai innamorata?» chiede infine guardandomi.«Beh... in verità c’era un ragazzo che mi piaceva ma non

credo si trattasse di vero amore, penso fosse più un’infatuazione».«E qual è la differenza?» chiede curioso. Rifletto. «Ecco... in realtà sono l’ultima persona a cui puoi

chiederlo. Personalmente penso che l’infatuazione corrisponda più alla prima fase, cioè quando vi è solo attrazione fisica e chissà per quale motivo voglia di conoscere e approfondire il rapporto con l’altra persona, probabilmente per capire se la cosa possa diventare seria. Mentre l’amore... beh penso che innamorarsi di una persona sia completamente diverso. È donarsi totalmente e incondizionatamente anche senza ricevere nulla in cambio, mettere al primo posto il bene di colui o colei che ami piuttosto che il tuo, aspirare alla sua felicità anche se significa far qualcosa che ti rende infelice, essere ognuno la spalla dell’altro sempre e comunque, voler conoscere ogni aspetto del suo carattere, del suo essere; avere lo stomaco sottosopra, gioire delle sue vittorie senza invidia e piangere per le sue disgrazie come fossero le tue, essere un’unica cosa insomma. Penso sia questo il vero amore o almeno lo spero» concludo guardando di fronte a me non ricevendo alcuna risposta.

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Mi volto a guardarlo e mi accorgo che si è avvicinato parecchio senza che me ne rendessi conto. Allunga la mano sulla mia spalla avvicinandosi ancora, spiazzandomi, per poi spingermi a sdraiarmi delicatamente continuando a tenere il suo viso a pochi centimetri dal mio e io non ho la forza di obiettare. Sento il suo profumo e me ne inebrio. Il suo respiro diventa pesante, il suo fiato caldissimo. Che sta facendo? Chiude gli occhi e con la punta del naso sfiora la mia guancia scendendo lentamente verso il collo e allora intuisco.

«Lucio, no... togliti» mi dimeno cercando di allontanarlo con le braccia e la sua pelle scotta. Lui alza il viso per fissarmi e mi paralizzo. I suoi occhi dalla pupilla verticale sono fiamme ardenti e mi incutono una gran paura affascinandomi allo stesso tempo.

«Ferma!» sussurra fissandomi e in quel preciso istante le mie braccia cadono. Per quanto continui a sforzarmi non riesco più a controllare il mio corpo, è paralizzato, vittima del suo comando.

«Cosa mi hai fatto? Non riesco più a muovermi! Non ti azzardare a...» ma le mie parole vengono bloccate dalla sua mano che adesso copre la mia bocca. Affonda di nuovo il suo viso nel mio collo prendendo boccate profonde, sento qualcosa di freddo sfiorarmi e capisco subito che sono i suoi denti, mentre io sono costretta a guardare il cielo senza potermi ribellare. Mi prende un braccio e annusa anche il polso salendo lentamente verso la spalla e il mio cuore inizia subito a battere all’impazzata. Ora si avvicina al mio orecchio.

«Se non ti calmi non sarò più in grado di controllarmi,

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sento le vene pulsare sotto la tua pelle» sussurra facendomi rabbrividire. Infine poggia la testa sul mio petto non muovendosi più, mentre le sue labbra sfiorano ancora il mio collo. Prende ancora qualche boccata profonda e finalmente mi libera la bocca.

«Stai... stai cercando di mordermi?» chiedo piuttosto intimorita.

«No» risponde appena lui e da una parte riesco a tranquillizzarmi, anche se non so fino a che punto sia sincero.

«Lilith... devi venire con me» afferma improvvisamente.«Che vuoi dire?»«Stanotte andremo via da qui».«Che cosa? Sei impazzito? Io non vengo da nessuna parte».«Non è una decisione che spetta a te prendere» e allora

il terrore si impossessa di nuovo di me.«Che cosa vuol dire? Certo che è una mia decisione.

Perché mai dovrei venire con te?» e lui sbuffa subito, quasi annoiato.

«Perché è il tuo destino. In realtà mi hanno mandato in questo collegio solo per prendere te. Aspettare il tuo diciottesimo compleanno e portarti via» spiega con spaventosa calma.

Si alza e finalmente sono libera di muovermi accorgendomi che adesso i suoi occhi sono ritornati chiari e cristallini come il ghiaccio.

«Ma che stai dicendo? Non puoi costringermi» ringhio alzandomi.

«È inutile ribellarsi o scappare, verrò a riprenderti ovunque tu vada» afferma guardandomi fisso negli occhi con sguardo tagliente aumentando ancora di più il mio terrore.

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«Tu sei pazzo, mio padre non ti permetterà di portarmi via!»

«Stiamo andando proprio da lui» comunica alzandosi «è ora che tu scopra chi sei veramente».

Mi sembra di vivere un incubo, sono così confusa che sento quasi la testa esplodere eppure decido lo stesso di andare subito da papà, molto meglio che stare sola con lui in un posto isolato come questo.

Arriviamo quasi subito davanti alla porta del suo studio mentre io continuo a ripetermi che probabilmente si tratta solo di uno scherzo. Stranamente papà è ancora sveglio, Lucio apre la porta senza neanche bussare e lo vedo subito seduto dietro la scrivania con il viso segnato da un’espressione serissima.

«Papà, spiegami immediatamente cosa sta succedendo perché non ho proprio capito cosa vuole questo qua da me» affermo agitata indicando Lucio.

«Calmati Lilith... sedetevi tutti e due» dice con voce tremante passandomi un bicchiere d’acqua che bevo all’istante. Così io e Lucio ci sediamo sul divanetto e mio padre prende un respiro profondo.

«Lilith... non so da dove iniziare, sono anni che mi preparo questo discorso eppure adesso non so che dirti» inizia tenendo il viso basso.

«Papà, mi stai spaventando» confesso.«Ti racconterò una storia» continua alzandosi prendendo

un libro che non avevo mai visto prima, sembra molto antico. Lo apre.

«Tempo fa vi fu una guerra feroce e sanguinosa in cui demoni e angeli combatterono tra loro senza esclusione di colpi.

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I demoni uccidevano gli angeli spinti dalla sete del loro sangue, quasi irresistibile per essi; mentre gli angeli, a volte per difesa altre per vendetta, uccidevano i demoni, dando così vita a gravissime perdite in entrambi i lati.

Questa guerra durò moltissimo tempo, fino a quando si decise di arrivare ad un accordo. Uno degli angeli più importanti del cielo, il messaggero di Dio Gabriel e il più fidato consigliere di Lucifero, Giuda, decisero di stipulare un patto. I demoni non si sarebbero mai fermati spinti dalla loro maledetta sete, a meno che, non avessero trovato un modo per accontentarli.

Così nacque l’idea di sacrificare una singola persona, un singolo angelo, per il bene di tutti. Ogni cento anni, da quel giorno, il caso decide quale famiglia colpire, quale famiglia di angeli darà alla luce il cosiddetto “Diamante nero”, riconoscibile dagli altri grazie ai suoi occhi e i suoi capelli scuri; un bambino senza poteri ma con il sangue di angelo con il quale i demoni possono sfamarsi.

Il compito della famiglia colpita è sempre stato quello di portare il bambino in questo collegio per tenerlo allo scuro di tutto fino a quando non avesse compiuto 18 anni, giorno in cui inizia la metamorfosi vera e propria e giorno in cui sarebbe giunto il tempo di affrontare il proprio destino. Purtroppo Lilith, bambina mia, sei proprio tu il nuovo Diamante nero» conclude guardandomi con occhi lucidi.

Che storia è mai questa? Inizio subito a ridere. «È uno scherzo vero? Non è affatto divertente sapete,

quando vi siete messi d’accordo voi due?» chiedo sorridendo guardando entrambi che però rimangono seri.

«Cioè... insomma non può essere vero, è solo uno scherzo

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giusto?» ripeto guardando mio padre che però abbassa il viso demoralizzato.

«Ma... ma tu mi hai cresciuta come una figlia, mi hai sempre dato tutto! Se questa assurda storia fosse vera tu... tu non puoi permettere che mi portino al macello così, senza obiettare» urlo seriamente preoccupata, ma mio padre continua a tenere lo sguardo basso senza rispondere.

«Il sacrificio di un’unica persona per il bene di tutti» commenta Lucio tranquillo.

«Il mio sacrificio! Io non sono il tuo cibo!» strillo guardandolo. «Papà, ti prego non puoi permettere che mi porti via» scoppio adesso in lacrime.

«Purtroppo non posso fare niente Lilith, è un compito che è sempre spettato alla mia famiglia quello di far crescere in salute il Diamante nero e anche se mi ribellassi non avrei nessuna possibilità contro Lucio» sussurra appena.

«Appunto, quindi credo sia ora di andare adesso» dice il demone alzandosi.

«Non osare avvicinarti, preferisco di gran lunga morire piuttosto che venire con te» dico alzandomi mentre di colpo la mia vista si appanna e tutto intorno a me inizia a girare. Metto una mano in testa perdendo l’equilibrio appoggiandomi sul tavolo.

«Che cosa mi succede?» e in quell’istante noto nei bordi del bicchiere d’acqua che mi ha offerto mio padre una strana polverina bianca. Mi ha drogata! Lo guardo carica d’odio. «Come hai potuto farmi questo?» riesco appena a sussurrare mentre riesco a vedere sempre meno dettagli prima di cadere nel buio totale.

Riesco ad aprire gli occhi non so quanto tempo dopo.

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«Ti sei svegliata finalmente» sento. Mi manca quasi l’aria fa un caldo assurdo, mi guardo attorno confusa. Sono distesa su un grande letto di una stanza priva di finestre, vi è solo un’enorme porta in fondo. Lucio è seduto di fronte a me con le gambe accavallate ed espressione seria. Mi siedo anch’io con sforzo.

«Vigliacco, dove mi hai portata?» chiedo con un filo di voce.

«Sei a casa mia adesso, agli Inferi» afferma senza cambiare espressione. Prendo un respiro profondo e mi alzo in uno scatto correndo subito verso la porta mentre lui rimane immobile. Cerco di aprirla con forza ma è chiusa a chiave così inizio a darle delle pedate, dei pugni, cerco di sfondarla con una spallata ma niente da fare. Mi guardo intorno, non ci sono altre possibili uscite.

«Se esci da quella porta sarai automaticamente morta, ti attaccheranno tutti a vista con il profumo che fai».

«Meglio morire che essere il vostro pasto!»«Anche se stiamo parlando di una morte atroce?» mi zittisce.Non lo riconosco. Dov’è finito il gentiluomo della

scorsa notte? Quello che mi faceva ridere, che mi difendeva.«Fammi uscire».Lui si limita ad alzarsi avvicinandosi ad un tavolo della

stanza. «Ti ho portato qualcosa da mangiare. Avrai fame» afferma.

«Ti ho detto di farmi uscire!» strillo. Mi guarda impassibile.«Anche se volessi non potrei quindi è inutile che fai storie».«Ti prego, ti scongiuro...» e iniziano subito a scendere

calde lacrime dai miei occhi «fammi uscire».«Spero imparerai molto presto che pregare, con me, è del

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tutto inutile» afferma duramente. «Ti ho portato anche un ricambio e delle scarpe, sarai più comoda» continua.

I miei occhi si posano sulla tavola apparecchiata per me e noto subito un coltello affilato, allora corro, lo afferro velocemente e mi lancio contro di lui. Lucio alza il braccio mentre io gli affondo la lama nella carne aiutandomi con entrambe le braccia prima di essere colpita subito da una violenta spinta che mi scaraventa sul letto. Lui afferra il coltello ancora conficcato nel suo braccio e lo estrae come se nulla fosse e quasi contemporaneamente, sotto il mio sguardo stupito, vedo la sua ferita richiudersi in pochi attimi. Rimango pietrificata. I suoi occhi si infiammano, procede velocemente verso me afferrandomi il viso con una mano stringendolo con forza, e mi fa male.

«Prova a ferirmi un’altra volta e giuro che te la faccio pagare» afferma con voce dura aumentando il mio terrore. Ad un tratto però, sento qualcosa: un odore fortissimo, irresistibile e non penso più nemmeno a cosa stia succedendo. Chiudo gli occhi inebriandomi con esso facendo respiri profondi. Lui sembra accorgersene e decide di lasciare la presa guardandomi incuriosito. Avvicina il suo braccio insanguinato al mio viso e cado in estasi. Il suo sangue ha l’odore più dolce che abbia mai sentito. Lo afferro con ingordigia; lo voglio, voglio assaggiarlo. Avvicino le mie labbra e ne lecco una goccia. Lui me lo strappa subito dalle mani e mi rendo conto solo adesso di quello che ho fatto, così mi allontano con rapiditá.

«Non sai in quanti sono morti per molto meno. Te lo dico bello chiaro e tondo, non ti azzardare mai più a provare a bere il mio sangue».

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«Perché mi succede questo?» chiedo confusa e sconvolta. «A quanto pare la metamorfosi sta avvenendo molto più

velocemente di quanto pensassi» sussurra riflettendo, per poi indirizzare ancora una volta il suo sguardo su di me. «Ci vediamo tra qualche giorno, qualcuno verrà a prendersi cura di te» conclude con freddezza dirigendosi verso la porta.

Io cerco di alzarmi il più velocemente possibile iniziando a correre dalla sua direzione, ma quando arrivo a toccare l’uscio questo è ormai di nuovo chiuso a chiave, così mi accascio a terra disperata accorgendomi di indossare ancora l’abito che proprio lui mi ha regalato e che sono stata felice di ricevere.

Ma l’unico conforto che adesso riesco a trovare mi è dato esclusivamente dal ridurlo in brandelli con le mie stesse mani, tra le urla e il pianto.

L A I N F E R O R U M

G E M M A ES A G A

è composta da:

I LIBRO

D I A M A N T E N E R O

II LIBRO

R U B I N O R O S S O

III LIBRO

Z A F F I R O B L U

Rubino Rosso e Zaffiro Blu prossimamente

disponibili anche in formato

cartaceo.

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