Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano...

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SETTEMBRE 2018 Anno XXII Numero 232 www.avvenire.it Supplemento ad Avvenire del 30 settembre 2018 Poste Italiane Sped. in A.P. DL 353/2003 conv. L.46/2004, art.1,c., DCB Milano In collaborazione con il Movimento per la Vita “Amoris laetitia” solo in versione digitale € 2,99 www.avvenire.it E-book RILANCIARE IL "PROGETTO GEMMA" ADOTTARE LA VITA NASCENTE PER SCONFIGGERE LʼABORTO SEPARAZIONE COME SALVARE I BUONI LEGAMI CON I NONNI CYBERBULLISMO LE STRATEGIE PER DARE ASCOLTO AL DISAGIO Il messaggio che arriva dallʼIncontro mondiale di Dublino 2018 riflette il significato profondo di Amoris laetitia: la buona notizia rappresentata dalla realtà familiare è in grado di risanare sofferenze e fatiche dentro e fuori la porta di casa. E diventa valore sociale Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilità

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SETTEMBRE 2018Anno XXII

Numero 232

www.avvenire.it

Supplemento

ad Avvenire

del 30 settembre

2018

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In collaborazione con il Movimento per la Vita

“Amorislaetitia”solo in versione digitale

€ 2,99

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E-book

RILANCIARE IL "PROGETTO GEMMA"

ADOTTARE LA VITA NASCENTEPER SCONFIGGERE LʼABORTO

SEPARAZIONE

COME SALVAREI BUONI LEGAMICON I NONNI

CYBERBULLISMO

LE STRATEGIEPER DARE ASCOLTO

AL DISAGIO

Il messaggio che arriva dallʼIncontromondiale di Dublino 2018 riflette il significato profondo di Amoris laetitia:la buona notizia rappresentata dallarealtà familiare è in grado di risanaresofferenze e fatiche dentro e fuori la porta di casa. E diventa valore sociale

Gioia formato famigliaOltre sconfitte e fragilità

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a recente decisione dipapa Francesco che

ha dichiarato inaccetta-bile la pena di morte al-la luce del Vangelo, e-sortando tutti gli episco-pati nazionali a svolgereazioni per ottenerne l’a-bolizione anche giuridi-ca, merita di essere con-siderata anche in riferi-mento al diritto alla vitadel concepito. Nell’antichità la giustifi-

cazione del dare la mortesi trovava nell’arbitrio dichi aveva il potere. Bastipensare alla uccisione dibambini di Betlemme perordine di Erode e alla de-capitazione di san Gio-vanni Battista come pre-mio per il balletto di unaragazzina. La giustifica-zione della pena di morteistituzionalizzata nei pri-mi codici era la vendettae la sua applicazione, pre-

scritta anche per gli ille-citi di minima importan-za, era accompagnata dacrudeltà inumane. In e-poche più vicine al nostrotempo si è affermato ilconcetto di retribuzione,cioè di proporzionalità tral’illecito e la pena. At-tualmente il fondamentodella pena capitale è rav-visato nella prevenzione:i cittadini devono sapereche cosa capita a chicommette un reato gravee così possono essere dis-suasi dal commetterlo. Ilmoto per l’abolizionedella pena di morte hafatto leva soprattutto sul-l’argomento della irrepa-rabilità dell’errore giudi-ziario, talora indicandoanche il ravvedimento

come funzione del dirit-to penale, oppure soste-nendo che la privazionedella libertà del colpevo-le garantita dalle moder-ne strutture carcerarie an-nulla la pericolosità delcondannato.Papa Francesco ha col-legato il rifiuto della pe-na di morte esclusiva-mente alla dignità uma-na. La prova della re-sponsabilità di un crimi-nale può essere certissi-ma, il delitto può essereefferato (si pensi al ter-rorismo), in certe situa-zioni è immaginabile chesolo una pena estremapossa dissuadere dalcommettere delitti simi-li, ma neppure in tal ca-so è accettabile la pena

di morte, perché la di-gnità umana non si de-compone e non può es-sere distrutta nemmenodalle mani del peggiordelinquente. Essa è "i-nestirpabile" e si identi-fica con la vita. La coe-renza di papa Francescoprova l’incoerenza diquanti nel mondo chie-dono l’abolizione dellapena capitale e poi pre-tendono il diritto di uc-cidere i più innocenti,poveri e deboli di tutti gliesseri umani. È auspica-bile che un’approfondi-ta riflessione sulla di-gnità umana liberi tutti ipoveri e deboli a comin-ciare dai bambini nonancora nati.

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EDITORIALE

LETTEREAL

POPOLODELLAVITA

Pena di morteEcco perchéva detto no

Marina Casini Bandini

a battaglia che si è scatenata sulla proposta di legge 735 presentata dalsenatore leghista Pillon presenta risvolti che vanno ben al di là del

confronto giuridico sui vari passaggi del provvedimento. Ma la questionecentrale su cui nessuno ha ancora posto l’obiettivo e che invece dovremmoriconoscere in via preliminare, riguarda l’impossibilità oggettiva di porrerimedio con la forza della legge alla debolezza di una relazione che si èfrantumata fino al punto da trasformare i protagonisti di quel progettod’amore in contendenti, talvolta in nemici inconciliabili. Frattura tanto piùgrave quando sono i figli ad essere vittime delle incomprensioni e degliegoismi dei genitori. Nessuna legge, neppure la più saggia e prudente, potràmai risarcire i figli privati dell’amore di due genitori che testimoniano conaffetto e dedizione reciproci quanto la vita di coppia sia scelta che costruiscefuturo nella gioia attraverso responsabilità e continuità. Il problemaautentico, su cui purtroppo nessuna legge si propone di intervenire condecisione, è proprio questo. È proprio impossibile pensare che l’istituzionepubblica possa offrire la possibilità di un percorso di preparazione serio earticolato a chi si propone di iniziare una vita in comune? Non si tratta diclericalizzare la vita civile, ma di assumere il buono che la Chiesa fa dadecenni con successo, se è vero che nelle statistiche delle separazioni imatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto piùelevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché non si avviano anchepercorsi "laici" per spiegare il significato della vita matrimoniale e familiare,considerando anche il fatto che si tratta di informazioni oggi quasi del tuttoignote a quella trasmissione generazionale che soltanto fino a pochi decennifa veniva assorbita nella normalità dei rapporti tra genitori e figli? Quandoparliamo di educazione all’affettività e alla sessualità, non possiamo nonintendere anche questi aspetti. Ma questo tipo di educazione, che pochefamiglie oggi riescono ad offrire, e che le comunità non possono trasmetterea chi decide di seguire altre strade – purtroppo quasi la metà delle coppie –dovrebbe essere assicurata dell’istituzione pubblica attraverso normespecifiche. Inutile? Ci preoccupiamo che si mette al volante di un’autoconosca alla perfezione norme e disposizioni del codice della strada, mentrecontinuiamo ad ignorare i pericoli che derivano dal fatto di "pilotare" unafamiglia senza conoscere i rudimenti della vita di relazione. Eppure, comepurtroppo dimostrano le cronache di ogni giorno, le tragedie che derivano daquesta imperizia non sono meno frequenti di quelle provocate da una guidaspericolata. E l’affido condiviso? Come più volte sottolineato sulle pagine diAvvenire, i limiti del disegno di legge sono palesi. Porvi rimedio, anche conil contributo delle proposte che arriveranno dall’associazionismo e dallasocietà civile, è un dovere innanzi tutto nei confronti dei minori. Serve unalegge buona, anzi ottima. Ma non illudiamoci che basterà a cancellare lesofferenze della separazione. Che rimane una ferita per tutti.

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LE RUBRICHE

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famiglia vita

4 DUBLINO 2018La famiglia risanale ferite dellʼumanità

Luciano Moia

14 I NONNISalvare i legamidopo la separazione

Benedetta Verrini

16 RISCHIO WEBDire no alla reteper stare nella realtà

Cecilia Pirrone

18 RISCHIO WEBCyberbullismoIl fattore ascolto

Sofia Tavella

20 RISCHIO WEBCyberbullismoPerché denunciareAnnalisa Guglielmino

26 PREGHIERAParola di Dioe vita di coppia

Barbara Garavaglia

5 DUBLINO 2018Famiglia, profeziadi fraternità per tutti

Paolo Gentili

11 DUBLINO 2018Famiglia, amoreoltre le fragilità

Francesco Belletti

12 I NONNIAnna e GioacchinoUna storia di preghiera

Umberto Folena

32 SCUOLADifficoltà in crescitacome intervenire

Paola Molteni

34 VITAGiro dʼItaliasul camper dei valori

Andrea Tosini

31 MICROCOSMI 2.0 Diego Motta

37 LA SALUTE NEL PIATTO Caterina e Giorgio Calabrese

39 LETTO PER VOI Paolo Ferrario

39 QUELLO CHE I VOSTRI FIGLI NON DICONO Roberta Vinerba

7 DUBLINO 2018E fra tre annisi riparte da Roma

Andrea Manto

LucianoMoia

Affido condivisoUna buona leggeforse non basterà

9 DUBLINO 2018PellegrinaggioTracce di famigliaE. Ciccarelli e P.M. Trulli

24 VITA DI COPPIACome vivere«felici e contenti»

G.Sciacchitano

28 VITA Progetto gemmaLʼidea da rilanciare

Aa.Vv.

Il Congressopastoraleall’Incontromondiale e,sotto, il Papacon l’iconasimbolo delWMOF 2018

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Famiglia, gioiache risana le feritedell̓ umanità

Amore, perdono, misericordia. Sono le tre parole chepapa Francesco ha indicato alle famiglie del mondo,riunite nella sera di Dublino, al Croke Park Stadiumdurante il tradizionale "festival", come terapia per ri-sanare gli inevitabili dissapori. «guarire le nostre in-fermità, aprire la mente e il cuore, ascoltarci, capirci,perdonarci gli uni e gli altri». Amore, misericordia eperdono, grandi valori familiari che diventano, allostesso tempo, riferimenti preziosi per la vita sociale.A dimostrazione che la più grande scuola di socialità,la palestra più efficace e più decisiva per prepararsialla vita, per apprendere la condivisione, lo spirito disacrificio, la tolleranza, la capacità di accogliere e dicomprendere, la fraternità, la solidarietà, la compar-tecipazione e tanto altro ancora, rimane la famiglia.E dalla famiglia, ha detto ancora il Papa, occorre ri-

partire quando si tratta di sanare una ferita che at-traversa in profondità il corpo sociale. Nessun riferi-mento diretto, ma il pensiero di tutti è andato alloscandalo degli abusi che in questi anni ha devastato ilcorpo dell’Irlanda, ha provocato una spaccatura trala Chiesa e le famiglie, ha indotto le istituzioni a in-tervenire pesantemente nella vita quotidiana delle co-munità con misure invasive, pur comprensibili allaluce di quanto capitato. Ma solo dalle famiglie può ri-partire quella scintilla di amore, cioè di buone rela-zioni che costruiscono ponti, capace di riannodare ifili della storia e aprire la strada alla riconciliazione.È la «gioia della famiglia» che cambia il mondo e che,come si spiega in Amoris laetitia – cuore dell’Incon-tro di Dublino – deve tornare a scrivere pagine di fe-licità per tutti, dentro e fuori la porta di casa.

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famiglia vita WMOF Dublino 2018

Sopra l’arrivo del Papa alCroke Park Stadium diDublino sabato 24 agosto

Istantanee da Dublino dovedal 21 al 26 agostoè stato celebrato il IX IncontromondialeIl Papa: nellerelazioni familiarila forza del riscattoper tutti

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BBASSETTIIl cardinale presidente della Cei era l’unico ve-scovo italiano (oltre al suo ausiliare Paolo Giu-lietti) inserito nell’elenco dei relatori ufficia-li di Dublino 2018. Bassetti ha condensato inmodo efficacissimo la densa riflessione pro-posta dalla Chiesa italiana su Amoris laetitiain questi due anni e ha offerto alle centinaiadi persone che hanno seguito la sua riflessio-ne alcuni punti fermi per comprendere i tre ver-bi chiave dell’Esortazione postsinodale: ac-compagnare, discernere, integrare. Oggi è fon-damentale valorizzare l’amore tra gli sposicome "formidabile testimonianza di fede che

la famiglia è in grado di dare al mondo con-temporaneo evidenziando tutti i talenti cheessa possiede - ha messo in luce il presiden-te della Cei - ma senza nascondere le feriteche l’affliggono". Sbagliato continuare a in-seguire un ideale di famiglia lontano dallarealtà, obbligatorio confrontarsi con quelloche essa è realmente. Da qui l’esigenza di ac-compagnare "nello stile di Emmaus, senza lapresunzione di avere la ricetta pronta da of-frire". Di discernere invocando "la luce delloSpirito su chi accompagna e su chi è accom-pagnato". Di integrare, che "vuol dire ripor-tare dal centro alla periferia".

AMORIS LAETITIAIl cuore stesso dell’incontro mon-diale 2018. Era stato direttamentePapa Francesco a indicare l’Esor-tazione postsinodale sulla famigliacome piattaforma per riflettere sul-la svolta indispensabile da impri-mere al rapporto tra Chiesa e fa-miglie del mondo. E questa svol-ta, nei tre giorni del Congresso pa-storale, si è colta in tutta la suacomplessità e in tutta la sua di-mensione globalizzante. Anzi, variconosciuto l’impegno degli or-ganizzatori nella costruzione di tregiorni di dibattiti fitti fitti, model-lati proprio secondo l’impianto diAmoris laetitia. E quindi ricco didecine e decine di argomenti fino-ra ai margini di un incontro eccle-siale sulla famiglia, dalla politicaall’economia, dell’ecologia ai con-flitti, dalla gastronomia al buonu-more, dal carcere al web. Forse, seun appunto è lecito muovere al-l’organizzazione di Dublino 2018riguarda proprio la ricchezza delprogramma, strutturato in manie-ra tale da rendere impossibile se-guire tutto quanto proposto, vistoche sia nelle due sessioni del mat-tino, sia in quella pomeridiana, chein quella serale la pretesa di infi-lare una media di otto "panel" incontemporanea ha forse dispersoun po’ attenzione e pubblico. Mad’altra parte questo imponeva ilmodello di Amoris laetitia.

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aria appariva più fresca del solito a Du-blino, nell’ultima settimana di agosto.

Un ciclone di famiglie hanno beneficamen-te invaso le vie e i parchi della città per il IXIncontro Mondiale. Tre giorni di Congressocon testimonianze, relazioni, tavoli di con-fronto per dire che "il Vangelo della famigliaè gioia per il mondo". Ma non si è trattato diuna serie di parole; piuttosto, volti con gli oc-chi a mandorla, ritmi africani, sorrisi statu-nitensi (erano il gruppo più numeroso), e an-che molti italiani e europei hanno fatto del-l’Irlanda una vera famiglia. È stato bello os-servare bambini e ragazzi che con i loro ge-nitori giocavano piacevolmente insieme coni tanti sacerdoti e vescovi, in questa terra fe-rita dagli scandali. D’altra parte qui l’inver-no della secolarizzazione è arrivato prima,trasformando alcune chiese del centro in pubo ristoranti di lusso, altre in musei. Eppure,in questi giorni, le nostalgie dei cattolici ir-landesi si sono trasformate in un sogno a oc-chi aperti. Papa Francesco ha svegliato l’Ir-landa! Sabato 25 agosto lo stadio del CrokePark in poche ore è stato invaso da oltre40.000 irlandesi (i numeri questa volta sonoreali e nascono da posti numerati) riempiendogli spalti di colori, di luci e di festa. Si sonoaggiunti alle oltre 20.000 persone provenientida tutto il mondo. Ogni settore era animatoda centinaia di giovani irlandesi vestiti di az-

’L ghi della nave Diciotti non dovranno più va-gare senza meta. Circa 20 sono stati accoltiin Albania (poveri che aiutano i poveri), al-trettanti l’Irlanda (qui il Papa ha toccato icuori), e un centinaio le comunità della Chie-sa cattolica italiana, che da sempre nelle par-rocchie e tra i fedeli fa accoglienza. Una buo-na parte di loro nei giorni successivi ha poicontinuato il viaggio della speranza verso ilNord dell’Europa, proprio a testimoniare chela questione è più grande dei nostri confini.A questo proposito, la famiglia oggi ha ungrande compito di profezia: svelare che ilfuturo del mondo passa dal percepirsi comefratelli. In famiglia si discute, ci si allontanadall’altro, i legami durante le giornate si in-terrompono. Eppure, in molti casi ci si ac-corge che le relazioni originarie, quelle disangue, non si possono cancellare: sono persempre. La durata delle relazioni fonda-mentali non significa che non si interrom-pono mai: significa che si può ripartire nelperdono scambievole. «A partire da questaprima esperienza di fraternità, nutrita dagliaffetti e dall’educazione familiare, lo stiledella fraternità si irradia come una promes-sa sull’intera società» (Al 194).

Paolo Gentilidirettore Ufficio nazionale Cei

pastorale della famiglia© RIPRODUZIONE RISERVATA

zurro che vivacizzavano l’atmosfera con dan-ze e canti, mentre sacerdoti, vescovi e car-dinali, sotto un vento sferzante, si sedevanotra le famiglie e i bambini.Testimonianze di sposi provenienti da tuttoil mondo hanno detto con la loro vita che èpossibile ritrovare l’unità fra marito e moglie,superare crisi economiche e affettive, aprir-si all’accoglienza di chi ha più bisogno. LaChiesa irlandese oggi sta rinascendo attra-verso il pane della fraternità universale, chequi si è potuto assaggiare in abbondanza.Proprio durante il Festival delle Famiglie ab-biamo avuto una buona notizia: i 150 profu-

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Dobbiamo essere profezia di fraternità per tutti

CCONFLITTIA Dublino si è parlato anche di guer-re e di pace, scelta coraggiosa e ine-dita, fuori dagli steccati ordinari del-la pastorale, per sottolineare come lafamiglia sia davvero crocevia globa-le e che nulla, anche sul piano poli-tico e sociale, possa essere conside-rato estraneo alle dinamiche dome-stiche. Anche quelle più intime, chetoccano i sentimenti e le speranze per-sonali. E poi improvvisamente di-ventano pagine di storia. Ne sa qual-cosa Monica McWilliams, ora do-cente universitaria ma in passato lea-der di quella Commissione delle don-ne che nell’Irlanda del Nord dilania-ta dal conflitto religioso ebbe un ruo-lo decisivo per avviare i primi dialo-ghi di pace. Durante uno dei paneldell’incontro mondiale ha racconta-to di aver visto il fidanzato cadere sot-to il fuoco dell’Ira ma di aver poi e-laborato il perdono come unica stra-da capace di mettere da parte i pre-giudizi. Con lei Carl Anderson, re-sponsabile internazionale dei Cava-lieri di Colombo che ha moderato ildibattito e David Livingstone, che a15 anni, nell’Uganda insanguinatodalle azioni dei ribelli, finì per esse-re arruolato a forza come bambino-soldato e riuscì a liberarsi solo grazieall’aiuto di una famiglia. Oggi man-da avanti un’associazione che si oc-cupa proprio dello stesso dramma.

Don PaoloGentili: la famigliaoggi ha un grandecompito,svelare che il futuro delmondo passadal percepirsicome fratelli

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Alcuni momentidel Festival dellefamiglie al Croke

Park Stadium di Dublino

sabato 24 agosto

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DOTTRINALa questione dottrinale è rispuntato in mol-te occasioni durante i dibattiti. Soprattuttocome spunto di riflessione a proposito delcambiamento sollecitato da Amoris laeti-tia: cambia la dottrina o la prassi pastora-le? Ne ha parlato tra gli altri, il cardinalearcivescovo di Vienna, Cristoph Schoen-born. "Coloro che hanno criticato Amorislaetitia - ha spiegato - temo non siano sta-ti in grado o non abbiano voluto leggerlanella chiave del Vangelo. Nella Parola diDio appaiono con chiarezza le ferite dellerelazioni ma si mostra molto bene anche co-me la grazia del Padre sia fonte di rinasci-

ta. Nella storia recente della mia famigliaabbiamo conosciuto molte ferite ma ab-biamo anche fatto l’esperienza di come lafede in Gesù guarisca", ha affermato l’ar-civescovo di Vienna. Sbagliato anche, asuo parere, continuare a confondere dot-trina e accoglienza pastorale. "Dobbiamoimparare a discernere il senso della paroladi Dio nella vita quotidiana. Mai, in nes-sun momento, il Papa mette in dubbio ladottrina. La dottrina deve però passarenella vita delle persone, con sguardo at-tento ma amorevole, che deve tenere pre-sente il punto in cui le persone si trova-no nel loro cammino concreto".

GENOMA DELLA FAMIGLIAL’espressione è uscita dalla fantasia di due stu-diosi italiani, ben noti alle nostre pagine, Ve-ra e Stefano Zamagni, che a Dublino hannointrecciato alle loro competenze economicheanche temi sociologici, educativi e spiritualinel tentativo di spiegare che la famiglia è scel-ta anche politica. Questo perché il genomadella famiglia può essere interpretato da po-sizioni diametralmente differenti, quello del-

la logica individualista ma anche quello chericonosce come ogni persona abbia bisognodi buone relazioni. Secondo i coniugi Zama-gni la funzione della famiglia deve conser-vare un fondamento irrinunciabile, la gene-ratività, intesa in senso biologico ma anchespirituale. In questo modo la famiglia è pri-mo capitale sociale e come tale ha il diritto apolitiche specifiche. I due esperti hanno ri-cordato Antonio Rosmini che già due secoli

fa sostenere la necessità da parte dello Statodi ricompensare le famiglie "per il beneficioindiretto alle virtù domestiche". Una posi-zione che ha trovato larghi echi durante il di-battito a cui hanno preso parte anche Luigi-no Bruni e l’economista irlandese Ray Kin-sella. Per tutti la stessa domanda: ma quellevirtù così essenziali alla società, alla politicae all’economia dove si imparano se la fami-glia non riesce più a insegnarle?

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settembre 2018 7NOI famiglia vitaWMOF Dublino 2018

E nel 2021 tutti a RomaIl Meeting mondialeper la quarta volta in Italia

scoprire da adulti i contenuti della fede, l’of-ferta di percorsi formativi e di maturazione ec-clesiale e spirituale per i coniugi e la valoriz-zazione delle tante risorse di accoglienza, con-divisione e generosità presenti nelle famiglie,che diventano preziosa testimonianza carità.Senza dimenticare altre importanti attenzioni.Quella dell’educazione dei figli, diventata nel-l’era digitale materia ancor più complessa e ag-gravata da enormi vuoti e solitudini terribili chepapa Francesco ha definito come "orfananza".Quella delle famiglie ferite o che attraversanomomenti di crisi e che necessitano di un ac-compagnamento più strutturato e articolato.Quella della terza età, dei nonni che sono risorsapreziosa per la trasmissione della fede e per ilfuturo della società, come il Papa ha ricordatoancora una volta anche nel discorso al CrokePark: «Una società che non valorizza i nonni èuna società senza futuro». Il contesto urbanocon i ritmi sempre più frenetici e le sue dina-miche usuranti rendono senz’altro la vita dellefamiglie più faticosa e spesso in affanno. Tut-tavia, con la consapevolezza che Dio vive nel-la città degli uomini e scrive con il suo popolouna storia di misericordia e di salvezza, sono cer-to che la preparazione del prossimo incontromondiale delle famiglie rappresenterà per laChiesa di Roma una straordinaria opportunitàdi far crescere lo spirito missionario e la capa-cità di leggere e discernere "in chiave famiglia"i segni dei tempi. Da Dublino a Roma continual’impegno a costruire un tessuto ecclesiale di fa-miglie sempre più attive e corresponsabili nel-la vita della comunità cristiana e a promuoverenelle famiglie la "santità della porta accanto".

Andrea MantoDirettore del Centro per la Pastorale della

Famiglia della Diocesi di Roma© RIPRODUZIONE RISERVATA

el pomeriggio uggioso di Dublino, laMessa presieduta da papa Francesco è

stata uno squarcio di luce che ha coronato leintense giornate di riflessione, preghiera e con-divisione del IX Incontro mondiale. L’espe-rienza vissuta in questo appuntamento aveva giàriempito il nostro bagaglio di suggestioni e i-dee da riportare e approfondire a Roma, ma aconclusione della Messa, si è aggiunta la noti-zia che sarà la nostra diocesi ad ospitare il pros-simo Incontro mondiale. Una gioia grande e ungrande onore, ma anche una significativa re-sponsabilità della quale viene investita l’interadiocesi, "famiglia di famiglie", impegnata nelcammino di ricezione e attuazione diAmorisLaetitia. La famiglia è, oggi più che mai, unaquestione cruciale per la vita della Chiesa e del-

l’intera società. La sfida che ciè posta dinanzi è quella di rac-contare agli uomini e alle don-ne del nostro tempo che è pos-sibile vivere la gioia del Van-gelo nella famiglia e nella co-munità cristiana, specialmentequando esse si sostengono e siarricchiscono a vicenda. In al-tre parole, la pastorale della fa-miglia nella parrocchia è chia-mata a realizzare concretamen-te la saldatura tra Evangeli Gau-dium e Amoris Laetitia, affin-

ché la buona notizia del Vangelo, partendo dal-la famiglia e attraverso la famiglia, possa rag-giungere tutti e trasfigurare il volto della co-munità cristiana e del territorio in cui essa vi-ve. È questo l’obiettivo del progetto per il rin-novamento della pastorale familiare che è incorso a Roma. Vanno in questa direzione la rea-lizzazione di un percorso di "catecumenato"verso il matrimonio, come opportunità per ri-

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La Capitale ha giàospitato le edizionidel 1994 e del 2000con papa WojtylaOra si tornaallʼombra del Vaticano per rilanciare la manifestazione

IITALIANIA Dublino vivono oltre 30mila nostri conna-zionali che, su una popolazione che non su-pera i cinque milioni d’abitanti - in tutta l’Ir-landa - rappresenta comunque una percen-tuale rilevante. La comunità che, negli ultimivent’anni, si è straordinariamente dilatata, èben integrata, tanti italiani hanno incarichiqualificati, una quarantina le imprese nellacapitale, soprattutto nei servizi e nella risto-razione. E proprio i ristoratori italiani hannosostenuto le spese per la Festa tricolore chesi è svolta venerdì 24 agosto al Communitycentre Sean O’Casey, un grande centro par-rocchiale con saloni, teatro, palestra, spazigioco, bar. A fare gli onori di casa, con l’am-basciatore in Irlanda Paolo Sapri, il presidentedella Cei, cardinale Gualtiero Bassetti e ilpresidente dei vescovi europei, cardinale An-gelo Bagnasco. Dopo la Messa e il buffet, fa-miglie italiane d’Irlanda e italiani arrivati nelPaese di San Patrizio per l’incontro mondia-le hanno potuto scambiare esperienze e sug-gestioni. Clima festoso ma con un velo di a-marezza perché la piaga degli abusi ha la-sciato cicatrici profonde che hanno segnatole comunità cattoliche e ha finito per cambiaresguardi, abitudini, rapporti umani.

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famiglia vita WMOF Dublino 2018

La celebrazionedella Messa

quotidiana, sempreaffollatissima, alla

Family Arena dellaRoyal Dublin Society

dove si è svolto ilCongresso pastorale

PPOLEMICHEcome polemiche. Tante, inevitabili. Hanno preceduto, ac-compagnato e seguito l’Incontro mondiale delle famiglie.Le più accese hanno riguardato la presenza di padre JamesMartin, il gesuita americano colpevole di adeguare in mo-do radicale il suo apostolato alla logica dell’accoglienza edella misericordia verso tutte le persone, indipendentementedal loro orientamento sessuale, secondo quanto indicato daAmoris laetitia n.250. Padre Martin ha scritto un libro incui spiega i suoi obiettivi (in Italia la prefazione è l’arcive-scovo di Bologna, Matteo Zuppi) e in cui non c’è neppureuna riga che pretenda di cambiare la dottrina secondo la co-siddetta cultura lgbt. E a Dublino il suo intervento, al di làdi qualche iperbole pastorale, è stato tutto giocato sullo stes-so tenore, cioè il dovere di un’accoglienza ecclesiale senzase e senza ma verso le persone omosessuali e transessuali.Eppure era stata addirittura annunciata una raccolta di fir-me per chiedere di escludere il gesuita dall’incontro. E al-cuni siti tra i più riottosi e intransigenti hanno per giorni sot-tolineato l’inopportunità di dare spazio alla pericolose idee- ma per chi? - di padre Martin. Poi, curiosamente, al con-gresso pastorale neppure una contestazione. Tutto svanitonella fantasia di qualche zelante difensore di una Chiesa pre-conciliare e, quindi, ormai inesistente.

MMATRIMONIMeglio se collaudati a lungo, rodati dal-la routine della quotidianità dove le a-sperità delle relazioni si temprano conl’olio della pazienza, dell’ascolto reci-proco, della tolleranza, della benevolen-za, dell’accoglienza che giorno dopogiorno sa offrire e ricevere il perdono.Che è poi la traduzione in chiave coniu-gale nell’anno alla carità di San Paolosecondo la lettura che ne offre il Papa nelcapitolo V di Amoris laetitia. Oggi che imatrimoni sono sempre più fragili e chele disgregazioni familiari sono talmentefrequenti da essere considerate inciden-ti di percorso, può destare un certo stu-pore ascoltare i racconti di tre coppie se-gnate dagli anni ma intatte nella volontàdi amarsi e di proteggersi vicendevol-mente. A Dublino Maris e Ron Pirola,australiani, Veronica e José Luis Villa-senor, messicani, Rosa e Lauro Custo,filippini, hanno spiegato come in ognicoppia sia possibile mettere a puntostrategie efficaci per invecchiare feli-cemente insieme. Se il "Vangelo dellafamiglia è gioia per il mondo", comerecitava il titolo dell’incontro mondia-le, lo deve essere innanzitutto per chidecide di impegnarsi nel cammino delmatrimonio e, da tanti anni, testimoniafelicemente la bontà della scelta.

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ver partecipato alle giornate del Meetingmondiale delle famiglie, compreso Fe-

stival e Messa finale, è stata per noi un’espe-rienza forte, di quelle che restituiscono vigo-re spirituale e rafforzano le motivazioni al ser-vizio: in sintesi, una vera grazia. Dublino è sta-to il primo incontro mondiale dopo la pub-blicazione di Amoris Laetitia, il primo veroconfronto tra le famiglie e i consacrati di tut-to il mondo. Era la prima occasione per testarequanto l’esortazione apostolica stesse pene-trando nelle diocesi e nelle attività pastoraliordinarie. Non era scontato l’esito: le pole-miche che hanno preceduto le giornate ave-vano un po’ avvelenato il confronto e teme-vamo che fiaccassero la presenza agli incon-tri. Ma per fortuna ci sbagliavamo. Il climaCome sappiamo, l’Irlanda ha vissuto negliultimi trent’anni una forte crisi della presen-za religiosa e della partecipazione ai sacra-menti. Il cattolicesimo irlandese è stato scos-so sin nelle fondamenta, anche per la diffi-coltà della Chiesa ad affrontare alcune situa-zioni, come i vari casi di abusi.E in effetti, almeno inizialmen-te, non abbiamo percepito ungrande trasporto verso l’evento,ma ci ha colpito subito di piùl’assenza di qualsiasi contesta-zione (veramente marginali emodeste) e la partecipazione po-polare ai servizi, con tantissimivolontari che ci hanno seguitocon attenzione e disponibilità. Gli ultimi due giorni, poi, hannoevidenziato una vera e forte pre-senza di famiglia agli eventi conil Papa: il popolo irlandese ha risposto congrande compostezza e rispetto, e il clima chesi respirava era quello di attesa, con la speran-za di riprendere un cammino. Un pellegrinaggioSi parte pensando che forse è uno dei tantiMeeting a cui partecipi, dove credi che nonci sarà niente di particolare da apprendere chenon sai già, che non hai già letto e assimila-to. E poi invece scopri che quello che stai vi-vendo è un po’ un pellegrinaggio, un camminofatto di incontri, di riflessioni, di abbracci, ditempi di relazione e di gioia condivisa con al-tre famiglie, un vero e proprio momento dicomunione. Un pellegrinaggio fisico, perchénei giorni del Meeting gli spazi da percorre-re da una sala all’altra delle conferenze nonerano certo brevi, e nei giorni della festa conil Papa i chilometri percorsi sono stati certa-mente tanti. Un pellegrinaggio spirituale, per-ché le riflessioni e i temi trattati erano quelliche toccano la vita vera delle coppie e dellefamiglie. Infine, un pellegrinaggio del cuore,quando percepisci la tensione e la gioia ditante altre famiglie che hanno partecipato contanta intensità e passione.La presenza italianaLa nostra presenza al WMOF è stata partico-

A larmente feconda, perché gran parte delle fa-miglie italiane erano dislocate in abitazioni vi-cine e questo ha consentito di rafforzare la co-noscenza tra gli operatori delle diverse dioce-si e di confrontarsi e riflettere insieme la serasu quanto avevamo vissuto durante la giorna-ta. Molte le realtà Italiane rappresentate, tan-te le famiglie arrivate con bambini piccoli o inpasseggino, attrezzati per sfidare clima e e-sbalzi di temperatura: una gran bella testimo-nianza. Gli eventiStimolanti i convegni ai quali abbiamo par-tecipato. I temi attingevano a piene mani adAmoris Laetitia, e questo ci dava il senso diquanti ambiti sociali, religiosi e politici ci in-terpellano, quanto c’è da lavorare in ognisettore della vita privata e pubblica perchéla famiglia continui ad essere buona notiziaper il mondo di oggi. Non è stato scontato ripartire dalle fonda-menta, con la declinazione dell’amore intutte le sue sfaccettature e dimensioni: ab-biamo ancora bisogno di penetrare nel si-gnificato più bello e luminoso del vero A-

more e di "viverlo nella con-cretezza della carne", abban-donando ideologie e falsi miti. Il messaggio che abbiamo per-cepito dai vari dibattiti e confe-renze cui abbiamo partecipato èstata la forte richiesta alla fami-glia di essere sempre più prota-gonista e testimone della gioiadell’amore.Tanti gli interventi degli italiani,che coralmente hanno dato uncontributo importante alla riu-scita del Meeting: dall’incontro

sulla carità (1 Cor 13) guidato da Linda Ghi-soni con Tommaso e Giulia Cioncolini, AndreaAlessi e Lidia Borzì, Alberto e Anna Friso, aquello sul discernimento vocazionale in fami-glia, guidato dal vescovo Giulietti, a quelli conMartinez, Zamagni, Bruni, Buttiglione, Gam-bino, i coniugi Russo, per chiudere con l’in-contro sulla forza dell’associazionismo fami-liare, con Francesco Belletti. Per concludere…Siamo partiti con la convinzione che la fa-miglia è un dono che Dio non farà mai man-care all’umanità, anche se non sarà tuttocome vogliamo noi. La gioia del Vangelo della Famiglia ha u-na marcia in più e noi, che lo abbiamo spe-rimentato, abbiamo avuto modo di viver-lo anche a Dublino. Siamo convinti che in Irlanda potrà esserci u-na nuova primavera della Chiesa, e che per noiin Italia è ora di lavorare seriamente, lascian-do le polemiche sterili a chi non ha a cuore ve-ramente la Chiesa quanto piuttosto le proprienicchie di potere. In Italia la famiglia attenderisposte a cui non possiamo più sottrarci.

Emma Ciccarelli e Pier Marco TrulliForum Associazioni familiari Lazio

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settembre 2018 9NOI famiglia vita WMOF Dublino 2018

Padre JamesMartin haspiegatoall’Incontromondiale ilsuo apostolatoverso lepersone lgbt

Dalladiffidenza

allo stupore:lʼesperienza

di una coppiache havissuto

con intensità le giornate di Dublino

Pellegrinaggio del cuoreper ritrovare insiemeil significato di famiglia

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settembre 2018

NOI10

famiglia vita WMOF Dublino 2018

Qui sopra ea destra unoscorcio degli

spazi dedicatiai bambini

Sotto il Papaascolta la

testimonianzadi una

famiglia alCroke Park

Stadiumdurante il

"Festival" del24 agosto

S

T

SCANDALISulla Chiesa irlandese se ne sono abbattutitanti. È una realtà complessa che, a causa del-le violenze sui minori, vive oggi una sorta diperenne messa in stato d’accusa che rende tut-to più complicato e trasforma ciò che era a-bituale nello strettissimo rapporto Chiesa-so-cietà in una questione che va continuamenterinegoziata e verificata. Un esempio? La Chie-sa irlandese, tra tante strutture radicate, ha an-che un’agenzia che si occupa di pastorale fa-miliare. Si chiama Accord e organizza per-corsi di preparazione al matrimonio, sostieneiniziative per le giovani coppie, proposte e-ducative e tanto altro. Lo Stato sostiene eco-nomicamente Accord per i suoi servizi di con-sulenza per le relazioni di coppia. E per loStato, dopo l’approvazione della legge sulleunioni gay, il concetto di coppia si è allarga-to anche a quelle omosessuali. "Noi offriamoaccompagnamento a tutti coloro che si rivol-gono a noi e lo facciamo con rispetto, com-passione e sensibilità. È un’indicazione chia-ra che si trova anche in Amoris laetitia", hadichiarato il vescovo Denis Nulty, responsa-bile di Accord. Inevitabili le polemiche. "Ac-cord accoglie le coppie gay pur di non perde-re i finanziamenti statali", hanno titolato i gior-nali più schierati contro la Chiesa. E anche inquesto caso l’accostamento - sbagliato - o-mosessualità-pedofilia è stato inevitabile.

TOLLERANZA ZEROQuella auspicata da più parti dopo i tantiepisodi di abusi sui minori che hanno se-gnato in profondità la Chiesa irlandese. Sen’è parlato anche all’incontro mondialedelle famiglie durante un panel che si è a-perto con un appello: "Papa Francesco lefamiglie delle vittime di abusi fanno il tifoper te. Aiutaci a risolvere questa piaga.Mai più nella Chiesa qualcuno faccia del

male a un bambino. Ora, dopo le bellissi-me parole della tua lettera, attendiamo i fat-ti". Indicazioni precise e accorate sono ar-rivate da Marie Collins, che dopo essersidimessa nel marzo scorso dalla Commis-sione pontificia lamentando "una scarsacollaborazione da parte dei Dicasteri del-la Curia vaticana", ha continuato a porta-re avanti un’intensa azione di sensibiliz-zazione sul problema grazie alla fonda-

zione che porta il suo nome. "Tutti gli in-terventi anti-pedofilia - ha detto - devonoessere fondati sul diritto canonico e, perquesto, devono essere eliminate le inter-pretazioni normative che ostacolano la tra-sparenza. Occorre inoltre stabilire che tut-te le persone colpevoli vanno allontanatedal loro incarico in attesa del giudizio de-finitivo e poi dalle stesse strutture eccle-siastiche, una volta accertata i fatti".

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pochi giorni di distanza dal-l’Incontro di Dublino, è già tem-

po di domandarsi che cosa sia rima-sto negli occhi e nel cuore delle fa-miglie e della Chiesa tutta. La do-manda riguarda in primo luogo chi hapartecipato all’evento, chi si è mos-so dalle proprie case, magari da con-tinenti lontani, con fatiche, costi e im-pegno personale, ma interpella laChiesa tutta, chi ha solo seguito pertelevisione gli incontri di Papa Fran-cesco, e anche chi ha invece conti-nuato il proprio tran tran, a casa pro-pria, senza neanche rendersi contoche a Dublino «stava succedendoqualcosa». Certamente due parole so-no rimaste nel cuore di chi era a Du-blino, come compito da realizzare,ma prima di tutto come un preziosotesoro incontrato nelle giornate ir-landesi, un’esperienza viva, da cu-stodire con cura nel proprio cuore,per poterla poi condividere con tutti,laddove si vive. Un’esperienza che èstata prima di tutto di gioia e di spe-ranza. Le famiglie hanno testimonia-to e sperimentato che possono fidar-si della gioia del loro amore. Unagioia serena, carica di quella quoti-diana allegria della vita comune, nonil frenetico entusiasmo, spesso finto,delle feste consumistiche della nostrasocietà. Una gioia che ha fatto canta-re, ballare, gridare insieme, ma anchepregare, meditare in silenzio, ascol-tare e ascoltarsi. Una gioia, peraltro,che non cancella dolori, ferite e sof-ferenze, di cui si è molto parlato aDublino, ma che aiuta ad attraver-sarli, magari con il sostegno della co-munità tutta. La "gioia dell’amoredelle famiglie" (è l’inizio dell’Amo-ris laetitia, punto di partenza e temadi tutte le giornate di Dublino) è dav-vero una festa, che si può sperimen-tare e testimoniare, e questa "letizia"non cancella i dolori, ma riesce a su-perarli, per far sì che anche le lacri-me, le perdite, i peccati, non sianol’ultima parola che definisce la vitadelle persone e delle famiglie. Il po-polo delle famiglie che si è incon-trato a Dublino è stato un chiaro e-sempio di questa gioia, nell’incon-tro tra persone con storie diverse,che magari non parlavano la stessalingua, ma condividevano la stessaserena letizia della famiglia. Que-sta è un’eredità preziosa, da ripor-tare nel vivo delle relazioni socia-li, delle comunità parrocchiali, nel-l’esperienza del lavoro, nelle nor-mali fatiche del vivere.Questa esperienza di gioia è quindi ilprimo "carburante" della speranza,

A altra parola annunciata con forza an-che da papa Francesco, e che le gior-nate di Dublino hanno sicuramente a-limentato. Una speranza che si fon-da non sulle proprie forze, ma sul-l’appartenenza ad un popolo, checammina insieme a te, e soprattutto,che ti aiuta ad alzare lo sguardo, a su-perare la misura umana, affidandosiad un Amore più grande. La speran-za diventa quindi più vera, proprioperché non dipende da te e dalle tuecapacità, ma dall’abbraccio degli al-tri e di un Altro. In questo la "teolo-gia dei gesti" di papa Francesco è sta-ta anche a Dublino particolarmenteefficace: è stato bello vedere - nuo-vamente - con quanta pazienza e conquanto interesse egli si intrattiene conle persone, le abbraccia, le guarda ne-gli occhi, le ascolta e parla con tutti.Perché è l’altro che conta, e ci si edi-fica reciprocamente, proprio nell’a-scolto, ben al di là dei ruoli. E questaapertura fiduciosa all’altro, che è pos-sibile "naturalmente", per tutti gli uo-mini e le donne di buona volontà, sen-za dover necessariamente credere inun orizzonte trascendente, all’internodella comunità ecclesiale trova ulte-riori "buone ragioni" per diventarepiù profonda, più affidabile, più ve-ra. Diventa quindi un compito per o-gni credente: aprire il cuore all’altro,per diventare generatori di speranza.Insieme alla gioia e alla speranza, tut-tavia, da Dublino (e soprattutto dallegiornate successive) non si può nonriportare anche una sensazione di do-lore e di pentimento, per le tante fe-rite, fragilità, abusi e peccati che uo-mini di Chiesa per primi hanno in-ferto ai piccoli, ai più fragili, ai piùindifesi. Un tema su cui Francescoper primo ha offerto la propria do-manda di perdono, e insieme unaferma decisione di intervenire per-ché abusi, violenze e tradimentinon debbano accadere mai più, eperché le vittime trovino pace nel-l’accoglienza, nell’ascolto, nellagiustizia. Una strada difficile, irtaanche di polemiche, e che ha biso-gno di una Chiesa unita, raccoltaintorno al proprio pastore. Anche a Dublino quindi gioia e do-lore, speranza e peccato si sono mi-schiati, a segnare il cammino di unaChiesa chiamata con sempre mag-giore urgenza ad una conversione deicuori e delle azioni: una chiamata al-la conversione che, in quanto Chie-sa, riguarda anche ciascuno di noi.

Francesco BellettiDirettore Cisf

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settembre 2018 11NOI famiglia vita WMOF Dublino 2018

Un momentodel grandespettacolo

iniziale del Festival

delle famiglie al Croke Park

Stadium

Lʼanalisi

Valore-famigliaoltre fragilità e dolori

VVANGELOI media ne hanno parlato poco, mapreghiera e devozione alla luce delVangelo hanno avuto un ruolo centra-le nell’incontro mondiale. E non po-teva essere altrimenti. Non solo perl’adorazione eucaristica perpetua, nonsolo per la celebrazione quotidianadelle Messa nella "Family Arena", ol-tretutto con rito solenne, non solo peri tanti spazi di preghiera organizzatinella grande area della Royal DublinSociety, ma anche per i tanti panel chehanno avuto come argomento propriola spiritualità, la celebrazione, la pre-ghiera in famiglia, l’educazione alla fe-de, le strategie più opportune per pro-porre una lectio divina in casa. Uno de-gli incontri più seguiti ha visto, tra glialtri protagonisti, anche il presidentedi Rinnovamento nello Spirito, Sal-vatore Martinez che ha proposto unariflessione sul senso del "celebrare infamiglia il giorno del Signore". Mar-tinez ha spiegato le ragioni per cui ènecessario che nelle nostre case "tor-ni a vivere un progetto spirituale, co-niugale e familiare insieme. Ma sen-za l’apertura allo Spirito Santo, che èil vero assente, dalla vita familiare,questo non sarà possibile. Se la fami-glia è viva, se torna a vivere dentro di-namiche d’amore, è destinata a darevita al mondo. Se si rigenera spiri-tualmente senza arrendersi al male, al-lora la rinascita è possibile".

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NOI12

famiglia vita Il racconto: i nonni di Gesù

l telo della tenda giaceva inerte.Nessun alito di vento compas-

sionevole a farlo dondolare pigro, nessu-na nuvola cortese a dare tregua al soleche bruciava le pietre. Gioacchino avevapiantato la sua tenda – due pali, un len-zuolo e nient’altro – e il deserto di Giu-da manteneva la sua fama feroce. Giace-va all’ombra rovente da quaranta giornie quaranta notti. Aspettava. Pregava. Erauna preghiera ora intensa ora lieve, oragridata ora mormorata con un filo di vo-ce, ora sillabata solo nella sua mente. Pre-gava con le parole che gli affioravano sul-le labbra da sole, apprese in anni e annidi visite al Tempio e di letture: «Mio Dio,ti invoco di giorno e tu non rispondi, gri-do di notte e non trovo riposo». Dio ta-ceva. Ma Gioacchino restava in attesa…Quaranta giorni prima, Gioacchino si e-ra recato come sempre al Tempio. Era co-nosciuto in tutta Gerusalemme, il pioGioacchino. Era benestante. Possedevabestiame e terreni. Poteva permettersi u-na bella casa e alcuni domestici. Avevaduramente lavorato e, ne era convinto,Dio lo aveva benedetto. Sapeva che ciòche era suo non gli appar-teneva davvero. Gli erastato concesso per la sere-nità di molti. Così al Tem-pio portava offerte doppie:«Una parte è per tutto ilpopolo – spiegava a chi glidomandava ragione diquel suo comportamentoanomalo –, l’altra parte èper Dio, affinché abbiamisericordia dei miei pec-cati e mi sia benevolo».Ma quella volta, quaranta giorni prima,gli si era parato dinanzi il gran sacerdo-te Ruben. No, non aveva uno sguardo be-nevolo. Gioacchino non capiva. Rubensembrava non volerlo lasciar passare. «Tu– gli aveva sibilato con voce severa – nonhai diritto di presentare per primo le tueofferte. Non più. Tu, Gioacchino, non haidato figli a Israele».Era vero. Gioacchino e sua moglie, An-na, si amavano. Si erano sempre amatiintensamente. Ma non erano nati figli.Ormai erano in là con gli anni. E più iltempo passava, meno speranza restava inloro. Gioacchino quel giorno aveva vo-luto controllare nei registri. «Possibile –aveva pensato – che tra tutti i giusti di I-sraele, tra gli uomini pii, osservanti del-la Legge, io solo non abbia generato fi-gli?». I testi parlavano chiaro: tutti, as-solutamente tutti i giusti avevano avutoil dono di una ricca discendenza; ancheAbramo, il patriarca, aveva dovuto at-tendere il crepuscolo della vita ma alla fi-ne Dio gli aveva donato Isacco.Gioacchino aveva sentito una stretta ge-lida al cuore. Dunque non era benedetto

dal Signore come credeva; dunque il suoDio non lo guardava così benignamente.E Ruben era lì, davanti a lui, a ricordar-glielo. A rimproverarglielo. Quel giorno,lasciando il tempio, Gioacchino non eranemmeno passato da casa. Si era procu-rato due pali e un telo, e si era incammi-nato verso Sud, a capo chino, salendo neldeserto di rocce e sassi, caverne e cre-pacci che infine dirada verso il mare sa-turo di sale. E lì aveva piantata la sua ten-da, ripetendo in cuor suo: «Non mi muo-verò di qui. Non tornerò in città per pro-curarmi acqua e cibo. La preghiera, lei so-la sarà il mio nutrimento finché…». Quile parole si interrompevano per qualcheattimo. Che cosa stava facendo? “Ricat-tava” Dio? No, però lo metteva alle stret-te. Sfidava il suo silenzio. «Finché Dionon mi risponderà e mi dirà perché, fin-ché non stenderà su di me il suo sguardobenigno, finché non mi userà misericor-dia. Finché non saprò». E da lì non si e-ra mosso per quaranta giorni e quarantanotti: stesso sole che arroventa le pietre,spessa aria immobile, stesse preghiereche affioravano dal tesoro delle Scrittu-re, dal canto di Davide, dal lamento diprofeti ignoti: «A te grido, Signore; nonrestare in silenzio, mio Dio, perché, se tu

non mi parli, io sono comechi scende nella fossa».Ma il silenzio diventava,se possibile, ancora piùassordante. Gioacchinosentiva l’angoscia salirglidal cuore ma tenacemen-te la ricacciava giù, im-pedendole di soffocare lafede. E pregava, pregava,pregava, mettendo allestrette Dio: «Perché, Si-gnore, mi respingi? Per-

ché mi nascondi il tuo volto?».Poi, all’alba rovente del quarantunesimogiorno, una lieve brezza aveva increspa-to il telo della sua tenda. Gioacchino a-veva sentito il cuore sobbalzare. Ricor-dava bene le Scritture: Dio non era nelcielo che tuona e lampeggia, Dio non e-ra nella terra che romba e trema; Dio e-ra in un soffio leggero di vento… Un’om-bra si era profilata davanti alla tenda.Gioacchino si era alzato, con le ultimeforze rimaste nella sue membra provatedal digiuno. Era un ragazzo. Gli avevasorriso: «Gioacchino, la tua preghiera ègiunta al Signore che l’ha gradita. Gioac-chino, misteriose sono le vie del Signo-re e le prove a cui sottopone i suoi giu-sti. La tua fede è grande! Ora va’, tornaa casa, bacia tua moglie Anna, e anche tuavrai la tua discendenza che sarà ricor-data e onorate nei secoli a venire». Gioac-chino aveva sbattuto gli occhi velati dilacrime, se li era asciugati con la manicadella tunica ed ecco, il ragazzo dal voltogentile non c’era più, svanito nel deser-to di sassi aguzzi. Aveva rivolto lo sguar-do verso l’alto, per ringraziare quel Dio

che gli aveva mandato un messaggero. Euna nuova preghiera era affiorata sullesue labbra: «Ho sperato, ho sperato nelSignore ed egli su di me si è chinato, hadato ascolto al mio grido».Le nuvole erano comparse sul desertodi Giuda, facendo scendere un tenuepioggerella, poche gocce misericordio-se. Un altro dono di Dio. Gioacchino e-ra tornato verso casa al fresco, bagnatoe felice, sentendosi addosso le energiedi un ragazzino, quasi danzando. Vede-va: vedeva Anna cullare il loro bimbo,o sarebbe stata una bimba? Sì, una bim-ba, una bimba misericordiosa che a-vrebbero affidata al Tempio, affinchécrescesse nell’abbraccio di Dio. E, qua-si con prepotenza, un’altra immaginegli balenava dinanzi: quella di un altrobimbo, così splendente da abbacinarelo sguardo. Sarebbe stato padre e poinonno, e il suo nipote sarebbe stato il piùgrande di tutti i figli di Israele. AdessoGioacchino correva, correva…

2. Storia di AnnaLa sua signora, Anna, era chiusa nellasua camera da giorni e giorni. Quanti?

Anna e Gioacchino, storia diI

UmbertoFolena

«A chi sonosimile, io?» Annanon sperava più:«Non sono come

gli uccelli nécome le bestie

la terra e le acque ricche

di vita»"I santi Anna eGiaocchino", Giotto,Cappella degliScrovegniSecondo gli espertidovrebbe essere il primo bacio nella storia dell’arte

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settembre 2018 13NOI famiglia vita Il racconto: i nonni di Gesù

rile; oggi sono anche vedova». E si erarinchiusa nella sua stanza, sola con il suodolore. L’aveva sentita pregare con parolesommesse, talvolta tra i singhiozzi: «Per-ché, Signore, mi respingi? Perché mi na-scondi il tuo volto? Signore, Dio dellamia salvezza, davanti a te grido giorno enotte. Giunga fino a te la mia preghiera,tendi l’orecchio al mio lamento».A volte il bisbiglio saliva e diventava ungrido soffocato. Parole terribili e dispe-rate: «A chi sono simile, io? Non sono si-mile agli uccelli del cielo, perché anchegli uccelli del cielo sono fecondi, o Si-gnore. Non sono simile neanche allebestie della terra, anch’esse sono fe-conde davanti a Te. Neppure sono si-mile alle acque, perché anch’esse so-no ricche di vita. E la terra… Men chemeno sono simile alle terra, che allasua stagione si copre di frutti. Chi so-no io, Signore? Io sono niente».No, non poteva continuare così. Giudit-ta conosceva bene i suoi padroni. Duepersone buone, ricche ma generose. A-veva visto, con il passare degli anni, la ca-meretta da sempre in attesa del primo fi-glio essere visitata di meno, infine quasiabbandonata. Quella stanza, arredata contanta cura, ricordava la loro incapacità, illoro fallimento. Non parla-va più di speranza ma di do-lore. No, non si meritavanotanta infelicità. Ma che co-sa poteva fare lei, la serva?Tempo addietro aveva rice-vuto in dono, per un suo ser-vizio, una fascia per i ca-pelli. Non l’aveva mai in-dossata perché troppo lus-suosa per lei. Ma adesso sa-peva che cosa farne. Si fe-ce coraggio e bussò alla por-ta della stanza di Anna: «Mia signora –le disse con la voce più carica d’amoredi cui fosse capace – sono sicura che Dionon vuole che lei stia ancora nella tri-stezza. Oggi è festa e bisogna festeggia-re! Indossi questa fascia, degna di una re-gina. Si faccia bella e sorrida». Anna a-veva reagito come peggio non avrebbepotuto: «Giuditta! Il signore mi ha umi-liata, non sono degna di nulla, tanto me-no di questo tuo dono… Già, come haiavuto questa fascia? È il regalo di un tuoamante? Vattene!».Giuditta se n’era andata a capo chino, la-

sciando però la fascia. E Anna si erasubito pentita di quello sfogo. Giudit-ta non se lo meritava, nessuno se lo sa-rebbe meritato ma il suo cuore traboc-cava di dolore e risentimento, che ave-va riversato sulla prima che capitava.Giuditta aveva ragione, le avrebbe chie-sto scusa. Si sarebbe lavata e profuma-ta, avrebbe avvolto i suoi capelli nella fa-scia, avrebbe indossato i suoi abiti da spo-sa e così sarebbe uscita in giardino. Làc’era un lauro, il suo albero preferito; el’aria era ormai quella fresca della sera,

Giuditta aveva perso il conto. Un mese,forse di più. Ricordava bene quando tut-to era cominciato. Gioacchino era an-dato al Tempio, come sempre, per pre-sentare le sue offerte, a Dio e al popo-lo. Ma non aveva fatto ritorno. Scom-parso. Le voci si rincorrevano. Il gransacerdote Ruben, pare, aveva affronta-to Gioacchino a muso duro. Una seccoscambio di battute, da cui Gioacchinoera uscito a capo chino. Bisbigli: Ru-ben pare gli avesse rimproverato di nonavere figli; e un figlio di Israele, perquanto apparentemente pio, se non hadiscendenza non può essere benvolutodal Signore. Si mettesse quindi in co-da con i suoi doni abbondanti, sì, ma po-co graditi. In coda, in fondo a tutti, ul-timo tra gli ultimi.Anna, la povera Anna aveva saputo del-l’umiliazione subita da suo marito. A-veva guardato Giuditta con gli occhigonfi di lacrime: «Dov’è finito Gioac-chino, il mio povero sposo? L’hannovisto avviarsi da solo verso il desertodi Giuda. Ha lasciato la sua casa sen-za dirmi una parola. È andato a la-sciarsi morire? Ecco, ieri ero soltanto ste

l’ora che Anna più amava e più la facevasentire vicina al Signore.Così fece. Si sedette sotto il lauro. Al-lontanò da sé ogni tristezza che inaridi-sce il cuore, ogni risentimento, ogni ran-core, ogni rabbia verso se stessa e il mon-do intero. In pace, finalmente pregò il Si-gnore con le parole care al suo popolo,parole che tante volte in passato avevaripetuto meccanicamente ma che soloadesso, finalmente, rivelavano il lorovero, profondo significato: «Dal profon-do a te grido, o Signore; Signore, ascoltala mia voce. Siano i tuoi orecchi atten-ti alla voce della mia preghiera». A quelpunto aggiunse ciò che le dettava il cuo-re: «O Dio dei miei padri, tu che hai be-nedetto il ventre di Sara e le hai dona-to un figlio, Isacco, ascolta la mia pre-ghiera e benedici anche me».E mentre scendeva il tramonto, Anna alzòlo sguardo e davanti a lei stava una ra-gazza dagli occhi miti, luminosi e genti-li, che le sorrideva: «Anna, non piange-re più – la sua voce era più di cento ca-rezze –. Il Signore ha ascoltato la tua pre-ghiera. Misteriosi sono i suoi scopi e in-sondabili le vie predisposte per i suoi fi-gli. Ma tu sei benedetta! Concepirai epartorirai, e della tua discendenza si par-

lerà in tutto il mondo». An-na volse gli occhi al cielo:«Signore, se davvero met-terò al mondo una creatu-ra, maschio o femmina chesia, sarà un’offerta a Te estarà al tuo servizio».Quando li abbassò, la ra-gazza non c’era più.Ma, dall’ingresso, giunge-va intanto la voce di Giu-ditta: «Signora, signora,tuo marito sta tornando. E

ha con sé un gregge intero, e sembra dan-zare, i suoi piedi sfiorano appena il suo-lo, e corre da te». Proprio così. Tornan-do dal deserto, Gioacchino aveva incon-trato i suoi pastori e aveva impartito or-dini precisi: «Portatemi dieci agnelli, trai più belli del gregge, e anche dodici a-gnellini, senza difetto alcuno: saranno undono per il Tempio. E infine cento ca-pretti… sì, avete capito bene, cento! Cen-to capretti, il mio dono per il popolo. Og-gi è un giorno di festa!».Quello che accadde dopo non è narratoin nessun libro, cronaca o leggenda. Giu-ditta vide e conservò tutto nel suo cuore.Bellissima era la sua signora con l’abitoda sposa e la fascia tra i capelli; nobile ilsuo signore, anche se con una veste la-cera e sudata dopo quaranta giorni pas-sati nel deserto. Li vide abbracciarsi. Lasignora ordinò acqua calda e olio e pro-fumi per il suo sposo, e ancora pane eformaggi e frutta in abbondanza; quindisparirono, per tutta la notte e il giornosuccessivo, nella beatitudine che Dio a-veva loro donato, più grande che mai.

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Si asciugò gli occhi con

la manica dellatunica: vedeva

la sua sposacullare il lorobimbo, anzi:una bimba

misericordiosa

preghiera fiduciosa e feconda

«Anche Gesùaveva i nonni»

(EditriceAncora)Dal libro

di UmbertoFolena alcuni

stralci deiprimi due

capitoli suisanti genitori

di Maria

Page 14: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché

’è chi proprio non se l’aspettava,e ha vissuto la notizia della sepa-

razione del proprio figlio (o figlia) come unfulmine a ciel sereno. C’è chi invece già«sentiva» che era nell’aria («Litigavano incontinuazione!») e chi addirittura ha finitoper vedere avverarsi una sorta di profezia(«Te l’avevo detto che non era la personagiusta per te!»). Sono le tante voci e testi-monianze di nonni e nonne coinvolti, loromalgrado, nelle vicende di separazione del-la seconda generazione e che guardano conpreoccupazione, a volte con angoscia, ailoro nipotini e al loro benessere. A racco-gliere queste testimonianze, attraverso unintenso lavoro di interviste vis-à-vis e diapprofondimento delle ricerche interna-zionali sul tema, la psicologa CostanzaMarzotto, autrice del libro Separazione.Sempre al tuo fianco, una guida pratica amisura di nonni, in uscita per San Paolo,che affronta tutte le problematiche con-

nesse alla separazione dei figli e al «porta-re in salvo la relazione» con i nipoti.Questo perché nelle separazioni di oggi –sempre più numerose e, sottolinea l’autrice,sempre più «normalizzate», quasi non la-sciassero conseguenze – è invece evidente «ilbisogno dei bambini di sapere che posto oc-cuperanno nella geografia familiare. La po-sta in gioco, per loro, è la continuità dei le-gami, la speranza di essere ancora oggettodell’amore dei due genitori e dei quattro non-ni», spiega la Marzotto, che nella sua espe-rienza di mediatrice familiare e conduttricedi Gruppi di parola per figli di genitori se-parati ha raccolto centinaia di casi. Molti fi-gli del divorzio, infatti, non solo si trovanoa fronteggiare condizioni di vita differenti(cambiamenti di abitazione, di scuola, a vol-te trasferimenti in altre città), ma spesso sisentono rifiutati, isolati e impotenti, a gesti-re un desiderio di riconciliazione impossi-bile tra i loro genitori, a vedere interrotte a-bitudini e tradizioni familiari (i pomeriggidalla nonna, il Natale a casa degli zii). In questo senso, la domanda principale che

si pongono i nonni è: come possiamo aiu-tarli a superare questa sofferenza?Negli ultimi anni, a fronte di una progressi-va diminuzione dei matrimoni (ormai sottola soglia dei 200mila l’anno) si è registratoun consistente aumento del numero di di-vorzi: nel 2016 sono stati 82.469, insieme a91.706 separazioni. Anche se la propensio-ne a separarsi è più bassa nei matrimoni ce-

«Vedere i nipoti (e proteggerli) è un diritto»onni negli studi degli avvocati? Siincontrano molto più frequentemente di

quanto si crede.«Spesso sono i primi ad essere esclusi dalla vitadei minori coinvolti nelle separazioni, e i primi areagire con decisione a tali privazioni», spiegaRaffaella Pini, avvocato familiarista di Milano esocia Aiaf. Quindi a voi avvocati capita di interagiredirettamente con loro?Molte volte accade che, prima della separazione,i nonni si occupavano anche quotidianamente deinipoti, e tutto d’un tratto di trovano privati dellapossibilità di vederli con continuità. Questoprovoca in loro un’immediata reazione, che avolte è più decisa e lucida di quella dei coniugiche si stanno separando (questi ultimi coinvoltianche da vari altri aspetti emotivi e pratici),avendo ben chiaro l’obiettivo di mantenere unarelazione stabile con i nipoti. Mi è capitato, avolte, anche di incontrare prima i nonni deigenitori dei minori, perché vogliono avere lapiena consapevolezza dei diritti e doveri dei figliper decidere se spingerli o meno a separarsi.Certo a volte conta anche l’aspetto economico,soprattutto quando – come spesso capita – sono inonni a pagare le parcelle degli avvocati, ma aprevalere è sempre comunque l’istinto diprotezione nei confronti dei figli e dei nipoti. Quanto i nonni possono fare da ago dellabilancia nel complicare o semplificare laconflittualità di una coppia?Dipende dall’intensità del legame che hanno con

i figli. Più stretto è tale rapporto, maggiore èl’ingerenza che potranno avere nella separazione.Moltissimi clienti mi hanno confidato adesempio che, se avessero avuto suoceri diversi,forse non si sarebbero neppure separati. E questodipende dal legame di dipendenza (emotiva epratica) che alcuni adulti, pur avendo unafamiglia propria, mantengono con i proprigenitori, senza riuscire a distinguere e a separarela famiglia di origine da quella nuova creata invia autonoma.Capita che i nonni chiedano al giudice undiritto di visita dei nipoti? Sono poi relazioniche sopravvivono o nascono sotto una cattivastella?Capita spessissimo. E ancor di più nei casi in cuia uno dei due genitori viene tolta laresponsabilità genitoriale. In questi casi i nonninon accettano di perdere il rapporto con i nipotiper errori commessi dai figli e si muovono in viautonoma per la tutela dei loro diritti. Proprio inquesto momento sto difendendo due coppie dinonni che stanno lottando in situazioni simili,accettando che i figli non vedano più i nipoti, manon rinunciando al proprio diritto di far partedella vita di questi ultimi. Ultimamente il dirittodei nonni è stato giuridicamente rinforzato anchea livello europeo, con una sentenza della Corte digiustizia Ue dello scorso maggio nella quale èstata ribadita l’importanza del legame affettivononni-nipoti, paragonabile per molti aspetti aquello genitori-figli, così come il diritto dei nonnistessi di agire in via autonoma per la tutela dei

propri diritti. Tali relazioni, se sane e stabili,sopravvivono e arricchiscono la vita del minore.Certo, molto dipenderà dall’intelligenza (ancheemotiva) del genitore che ha l’affidamento (o ilcollocamento) del nipote. Poiché una cosa è ilprovvedimento emesso dal Tribunale sulla carta,altra è l’esecuzione dello stesso da parte deidestinatari.Quando la famiglia esplode, succede che inonni diventino un po’ un porto sicuro per inipoti, figure familiari quasi più significativedei genitori?Assolutamente sì. Più conflitto vi è tra i genitori,più i minori tendono a rifugiarsi nei nonni.Purtroppo però non sempre i nonni sono capacidi estraniarsi dal conflitto dei figli, rischiando diriflettere le proprie opinioni e il proprio rancore(che a volte è inevitabile) anche sui nipoti. Inquesto caso, magari anche in buona fede,peggiorano la situazione. Ma nella maggior partedei casi riescono ad essere di conforto edivengono addirittura i confidenti dei nipoti chetrovano in loro il modello di adulto che nel pienodella separazione perdono nei genitori. Quali consigli date, come avvocati, perdistricarsi in questa complessità tragenerazioni?Il consiglio è sempre lo stesso, anche per i nonni.Quello di mettere al centro, e primo di ogni altracosa, il benessere dei minori. Qualunqueconseguenza esso porti.

Benedetta Verrini© RIPRODUZIONE RISERVATA

N

Quando unafamiglia

si spaccaspesso sono

loro a soffrireper la

diminuzione etalvolta per

il venir menodegli incontricon i bambiniEppure il loro

ruolo di «rifugio»

è decisivo per aiutare

i piccoli

CBenedetta

Verrini

Separazioni, salvarei legami con i nonni

settembre 2018

NOI14

famiglia vita Manuale per le relazioni

Page 15: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché

forse gli altri nonni hanno fatto. Il rispettoreciproco è il valore più importante da por-tare avanti e le cose che vedo le tengo nelmio cuore e le medito». «Una separazione mette allo scoperto lacomplessità delle relazioni familiari», spie-ga Marzotto. «Se in genere l’intesa tra non-ni e nipoti è semplice, non così automaticaè l’intesa coi figli, che a questo punto nonsono solo figli, ma anche coniugi di qualcunaltro, e genitori di una terza generazione, percui è necessario tener conto di nuore, gene-ri e delle loro famiglie, e non solo». «Certamente ti viene il malanimo vedendotuo figlio soffrire», dice un’altra testimone,nonna Maria. «Ma questo non dovrebbe in-ficiare il rapporto con i nipoti. Provo una to-tale apertura e accoglienza nei loro confronti,anche se l’apprezzamento per la loro madrenon c’è mai stato».Al centro del contendere, spesso, c’è il di-ritto di continuare a vedere i propri amati ni-potini. «A volte il conflitto tra gli ex coniu-gi si allarga tra le generazioni e alcuni ge-nitori molto offesi e arrabbiati si oppongo-

no alla continuità relazionale», spiega l’au-trice. Un esempio? La mamma che allog-gia in una casa di proprietà del suocero, de-ciso a farla traslocare perché la considera «i-niziatrice» della separazione, quando eccoche lei diventa contraria agli incontri non-ni-nipoti. Oggi la legge 54 del 2006 (la fa-mosa norma che ha istituito l’affidamentocondiviso dei figli), dice espressamente che:«In caso di separazione dei genitori, i figlihanno diritto di conservare rapporti signifi-cativi con gli ascendenti e con i parenti diciascun ramo genitoriale». «È la confermadell’importanza dei nonni nei legami fami-liari, sia dal punto di vista affettivo sia daquello etico, in quanto rappresentano gli al-beri maestri e le radici del corpo famiglia-re», scrive la Marzotto, aggiungendo peròuna domanda cruciale: incontrare un nipo-te dietro ordinanza del magistrato, come tra-sformerebbe il legame? «Nella mia indagi-ne, però, non ho incontrato nessuno che siaricorso al giudice per far valere i propri di-ritti. Nonna Elvira e nonno Gianni, ad e-sempio, soffrono in silenzio per l’ostruzio-nismo della nuora a far incontrare loro i ni-poti, ma non si rivolgerebbero mai al tribu-nale per far valere questo diritto». C’è chi, travolto dalla sofferenza, incontraproblemi di salute: in Canada, Australia, Ir-landa e Portogallo sono stati condotti studiper «misurare» l’impatto sulla salute deinonni rispetto alla diminuzione degli in-contri con i nipoti: ne sono emersi proble-mi depressivi, insonnia e altri sintomi fisi-ci. Che fare? Il libro propone alcune dire-zioni, che vanno da esperienze specifiche co-me la mediazione intergenerazionale, for-temente praticata in Francia (dove è attivauna Ecole des grands parents, una "Scuoladei Nonni"), fino all’associazionismo, «unprezioso aiuto solidale fondamentale per ilpassaggio di valori da una generazione al-l’altra», scrive Giovanna Rossi nella prefa-zione al libro. Come nell’esperienza del-l’associazione italiana Nonni 2.0 (www.non-niduepuntozero.eu), che nel 2017 ha in-contrato l’arcivescovo emerito di Milano,cardinale Angelo Scola, e ricevuto alcune pi-ste di lavoro fondamentali: educare i nipo-ti al bell’amore, accompagnarli nella libertàe nell’assunzione di responsabilità verso lavita, imparare la serietà del lavoro. La capacità dei nonni di farsi «mediatori» trale generazioni richiede di evitare le invasio-ni di campo e nutrire la speranza anche difronte alla complessità di famiglie allargate.Come scritto nel «proclama dei nonni di cop-pie separate» che chiude il libro di Costan-za Marzotto, i nonni vorrebbero essere tenutifuori dal conflitto, ma soprattutto «conti-nuare a essere presenti nella vita dei nipoti,andare al parco, preparare la merenda».

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lebrati con il rito religioso, la (relativamen-te) giovane età dei separati (tra i 40 e i 49 an-ni), mette in luce la costante presenza di fi-gli ancora piccoli e il forte coinvolgimentodei nonni. «Quello che puoi offrire è l’e-sempio, e il nostro matrimonio era felice»,dice nonna Luisa. «Ora qualcosa tra mia fi-glia e mio genero non va, e io non l’ho cer-to sostenuta nella scelta separativa, cosa che

La guida pratica della psicologaCostanza Marzotto: «Ho incontratocoppie anziane che soffrono insilenzio per lʼostruzionismo dellanuora a far incontrare loro i nipoti,ma che per il bene dei bambini nonsi rivolgerebbero mai al tribunale»

Una generazione che sa essere protagonistaCosì gli anziani genitori ritrovano antichi ruoli

settembre 2018 15NOI famiglia vita Manuale per le relazioni

i cosa hanno bisogno i nipoti? Delsentimento di continuità e dell’affidabilità

di un rapporto. Nella separazione dei genitori,i nonni possono tenere aperto questoorizzonte. Il legame familiare, non a caso, è unqualcosa che sfida l’eterno». Vittorio Cigoli,professore emerito di Psicologia clinicaall’Università Cattolica, offre una lettura inchiave generazionale di un fenomeno semprepiù frequente. In questa epoca che stariscrivendo il volto della famiglia (e dellasocietà stessa), i nonni vivono, spesso loromalgrado, una stagione di protagonismo:hanno tempo e disponibilità economiche chela generazione dei loro figli probabilmentenon avrà; hanno ancora buona salute edenergie fisiche, oltre a interessi sociali(volontariato) e culturali; secondo lestatistiche, almeno 4 milioni di loro occupa unruolo strategico di welfare, accudendo nipotida 0 a 13 anni. Nell’evento di una separazionecapita che un figlio rientri nella casa paterna,cercando di riorganizzare la propria vita.Quanto è forte, per questi nonni, la tentazionedi “riprendere le redini” nella vita di figli enipoti? Come fanno a mantenere la giustadistanza? «Il rischio c’è», riflette il professorCigoli. «Ma non esistono situazionirelazionali prive di rischi: è chiaro che unfiglio che rientra nella casa paterna, esule dauna situazione logorante, può far tornare glianziani genitori indietro nel tempo, con tempoe risorse per proteggerlo. Ma non sempre

questa condizione viene per nuocere:soprattutto nelle prima fasi di una separazione,aiuta a combattere l’isolamento che i separativivono in questi frangenti». Bisognerebbechiedersi cosa c’è alle spalle dei divorzi, cheoggi sono davvero troppo frequenti, alimentatida questioni spesso risolvibili, da ragionisuperabili, sottolinea l’esperto. «Le personenon sanno a cosa vanno incontro, quandodecidono di separarsi. Certamente, la funzioneprotettiva e di conservazione dei legami con inipoti si esprime al meglio quando c’è unabassa conflittualità ed è possibile continuare adialogare tra famiglie. Quando invece c’è unalto tasso di conflittualità, cosa che avviene inalmeno 4 su 10 separazioni, la negatività cheaccompagna la coppia si comunica eattraversa tutte le generazioni, con cause legaliche vanno avanti per anni, avvelenando lerelazioni». Come farsi aiutare, allora, inquesta dolorosa fase? «Non sempre ènecessaria l’assistenza di un esperto: trovo chele persone abbiano spesso straordinarie risorsedi sensibilità umana e capacità di risolvere lacomplessità. Certamente il ritrovarsi in gruppopuò essere di grande aiuto: penso ai gruppi pernonni di famiglie separate, che però sonoancora poco diffusi in Italia, ma ancheassociazioni e gruppi parrocchiali, i luoghi difede sono i più adatti ad accompagnare lepersone in questi momenti di difficoltà ».(B.V.)

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D

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hilà … che stai facendo? do-manda la mamma da una stanza

all’altra perché si accorge che c’è trop-po silenzio. «Sto guardando un video …sto facendo un gioco … sto chattando suwhats app …», insomma chi più ne ha piùne metta! Ogni scusa è buona per averein mano lo smartphone, spesso oggettodi discordia tra genitori e figli. La tecnologia ha un grande potere che senon rimane nelle mani del suo utilizza-tore può portare ad enormi rischi. I ge-nitori si lamentano che i fi-gli usano troppo la tecno-logia, ma loro che fanno?Chi tra noi potrebbe fare ameno del suo cellulare?Tutto il mondo lavorativo eprivato è contenuto in quel-l’oggetto o più precisa-mente per molti nel Web.Dove sono le nostre foto-grafie? Nel Web. I nostridati? Nel Web. La rubricatelefonica, i referti medici, gli appunta-menti, gli appunti … nel Web!E se un giorno ci fosse per assurdo unblack out generale? Se un domani la Re-te non funzionasse più? Noi perderemola memoria collettiva! Chi di voi si preoc-cupa di stampare le fotografie? Di fare al-bum ricordo da custodire? Fra qualcheanno non ci saranno nemmeno più glispazi fisici nelle case per conservarli. Im-maginatevi una libreria, grande, bella,proprio quella che vi piace, sulla pareteampia della sala, con appoggiato sem-plicemente uno smartphone.L’uso di questo strumento incomincia a11 anni, a volte anche prima, ma a quel-l’età inizia la capacità cognitiva di sa-perlo gestire. Può essere che i ragazzi, na-tivi digitali, siano più capaci degli adul-ti e questo crea non poche difficoltà, trale quali per esempio quella per cui l’a-dulto deve impadronirsi il prima possi-

bile del linguaggio del ragazzo per ac-cedere ai segreti del comunicare "digi-talmente".Spesso quando gli adulti danno il cellu-lare ai figli lo usano per esercitare con-trollo su di loro: «Almeno so dov’è, loposso rintracciare in un attimo (am-messo che lui/lei risponda) …». Sonopassati 40 anni dalla prima e-mail. In-ternet nasce per scopi militari, proprioper il controllo. In effetti la tecnologiaè un ottimo ansiolitico, poiché il con-trollo è il meccanismo dell’ansia: il cel-lulare rassicura.Lo smartphone tuttavia è uno strumentoche ci sta cambiando il modo di pensa-re: fino ad oggi avevamo costruito appa-recchi che si adattano a noi, al nostro ser-vizio, ora invece noi ci adattiamo a loro.Più noi rendiamo indispensabile il cellu-lare, più lo diventa! Dovremmo stare sen-za il cellulare un giorno ogni tanto, do-vrebbe essere una sana abitudine fami-liare dove i grandi danno il buon esem-pio ai più piccoli. In fondo la tecnologiaè uno strumento, l’utilizzo che ne fac-ciamo è nostro, essa dev’essere utile, nonpuò essere indispensabile. Ci siamo crea-ti uno strumento che ci obbliga a ragio-nare come dice lui stesso.Gli smartphone di ultima generazionepermettono una navigazione rapida econtinua tramite una connessione co-stante e veloce, e sono divenuti negli ul-timi anni indispensabili per le nostre vi-te. Da uno studio condotto negli Stati U-niti su un campione di proprietari dismartphone, emerge che il 60% non fatrascorrere un’ora senza controllare al-meno una volta il proprio telefono e, ri-spetto a ciò, i giovani sono i più coin-volti, con il 63% delle donne e il 73% de-gli uomini tra i 18 e i 34 anni. Un altrodato significativo indica che il telefonofa parte della vita quotidiana e intima del-le persone, in quanto un’alta percentua-le lo tiene con sé e lo controlla anche inorari notturni o in ambienti dove abi-tualmente si rispetta la privacy del sin-

golo. Il 70% delle persone guarda ilcellulare prima di andare a letto. Es-so non dovrebbe mai essere appog-giato sul comodino. Si basti pensarealle istruzioni del primo i-phone: te-nere a 40 cm di distanza, perché puòessere pericoloso per il cervello, i-noltre lo schermo retro illuminato

Sul web rischia di finirela memoria collettiva e lʼidea dellʼincontro

Il cellulare si tiene in mano e si controlla

anche durante le conversazioni, mentresi fa sport e in vacanza...

I ragazzi sono stanchi perchè non stanno fuori e quindimanca la vitamina D!La dipendenza da cellulare si chiama nomofobia, questo è unnuovo tipo di disturbo caratterizzato dalla paura patologicadi rimanere fuori dalla connessione mobile. Essa hacaratteristiche ben precise: - Il cellulare viene usato molto di frequente, spesso sipossiedono più dispositivi e si porta sempre con sé ilcaricatore.- Al solo pensiero di perdere il cellulare si va in ansia, cosìpure se è andato perso, o non può essere usato per mancanzadi copertura di rete, o perché la batteria è scarica, o se non cisono giga di navigazione a disposizione o un Wi-Fi. - Vengono evitati posti e situazioni in cui l’uso deldispositivo è vietato, come teatri e voli aerei.- Guardare in modo frenetico se ci sono messaggi o chiamate

sullo schermo del telefono.- Tenere il telefono cellulare sempre acceso 24 ore su 24 evicino a sé quando si dorme;- Intrattenere poche interazioni sociali off line, poiché fontedi ansia e stress, quindi scegliere di comunicare utilizzandoquasi esclusivamente le nuove tecnologie;- Incorrere in debiti o grandi spese per l’acquisto e l’utilizzodello smartphone.L’ansia associata a tale disturbo può evidenziarsi incomportamenti clinici particolari, come la sensazione diudire toni di avviso fantasma o falsi squilli di cellulare, oscambiare un suono qualsiasi per il suono del propriotelefono che squilla, presentando la reazione impulsiva dicercare il proprio smartphone dopo aver sentito dopo aversentito tale suono.

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ECecilia

Pirrone

settembre 2018

NOI16

famiglia vita Tecnologia e famiglia

Rischio dipendenza, i sintomi ci sono e si riconoscono

Disconnettersi dalla Rete per

Page 17: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché

provoca insonnia. In definitiva, l’ultimacosa che si dovrebbe fare è usare il cel-lulare prima di andare a dormire.L’essere costantemente on line ci lega atal punto al nostro smartphone che nem-meno ci si accorge di normalizzare com-portamenti scorretti quali per esempiocontrollare il telefono anche quando siè a tavola con gli altri o si sta parlandocon qualcuno; guardare messaggi o mailmentre si sta guidando; meno frequen-temente controllare lo smartphone du-rante i riti religiosi nei luoghi di culto.Se è vero che lo smartphone è ormai unprolungamento del nostro corpo, alzi lamano chi, pensando di averlo perso, nonva in panico.L’uso del telefono per collegarsi alla re-te è tutt’oggi in forte aumento, così co-me l’utilizzo costante dello smartphonenel corso della giornata, per cui la mag-gior parte delle azioni quotidiane vienesvolta con il cellulare in mano, sia quan-do ci si trova da soli in bagno, a letto, sianelle situazioni sociali, sui mezzi pub-blici, nei bar e nei ristoranti, mentre sicammina per strada, quando si ha unaconversazione con gli altri, sia al lavoroche nel tempo libero, nella pausa caffè,

quando si fa sport, in viaggio, in vacan-za. Sempre. Pensiamo ai ragazzini pre adolescenti,adolescenti, ai giovani. Dove sono fini-ti i luoghi di incontro? Il cortile, l’ora-torio … Giocano «insieme» on line, o-gnuno solo nella sua stanza. Come usa-no lo smartphone? Gli adulti sono chia-mati ad indagare sulla qualità del tem-po: «Figlio mio, ti do un tempo per uti-lizzarlo, oltre il quale stop, fai altro». Ese i ragazzi non fossero dipendenti dal-la tecnologia, ma carenti di rapporti neiconfronti degli adulti, dei genitori, deinonni e degli amici?Non è la Rete che fa male, ma è come equanto viene usata che fa la differenza.Di per sé virtuale deriva da virtus, cioèvirtù. Dunque il compito degli adulti difronte ai ragazzi che usano la tecnologia,è quello di indagare sul qui ed ora al pco allo smartphone: «Che cosa stai guar-dando? Quale sito stai visitando? Questaapp a cosa ti serve? Hai letto bene primadi iscriverti?». Forse bisogna pensare me-no alla loro pensione e occuparsi di piùdel loro presente. È necessario che gli a-dulti stiano con i ragazzi nel presente.

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«Quale sito staiguardando?

A che cosa servequestʼapp? Hai

letto bene primadi iscriverti?»

Gli adulti sonochiamati a

indagare sullaqualità del

tempo trascorsoon line

settembre 2018 17NOI famiglia vita Tecnologia e famiglia

78,9% ragazzi tra i 10 e 15 che dispongono di

smartphone in Europa

3,5%l'aumento annuale

tra 2015 e 2018

91%ragazzi tra 15 e 16 anni

che dispongono dismartphone in Europa

52%I genitori che

dichiarano che i proprifigli sono sempreconnessi in rete

80%Gli insegnanti che

danno la possibilità di ragazzi di connettersi

durante le lezioni

44%I ragazzi

che comunicano con messaggi

di posta elettronica

63%Quelli che preferiscono

Whatsapp

89%Chi integra mail,

Whatsapp e social

55%Genitori preoccupati

quando i figli navigano

83%Genitori consapevoli

dei rischi sul web

57%Genitori preoccupati

del rischio pedofilia in rete

49%Quelli che temono

"brutti incontri" per i figli

40%Quelli preoccupati cheai figli possano essere

sottratti i dati personali

stare con i ragazzi nella realtà

I NU

MER

I

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iflettere sulla fragilità del nostrotempo – giovani tra educazione,

c ibo, bullismo e fede – significa occu-parsi di una età, l’adolescenza, che ogginon viene accolta, tradotta e declinata neitermini giusti. Una età nella quale spes-so, come scrivono molti specialisti, siconfonde il loro atteggiamento oppositi-vo o provocatorio, di sfida e di bullismo,con il terrorismo e con la violenza cri-minale. Interessante l’interrogativo chedà il titolo a un intervento di don Anto-nio Mazzi e cioè «nessun ragazzo è unbullo per sempre». La generazione dei bulli è una genera-zione senza futuro, persa nella rete deilegami fragili, a rischio doppia vita nelWeb. Una generazione di nativi digitalibasata su un individualismo assoluto, suuna ipertrofia del consumo che crea pas-sività e nuove forme di dipendenza. U-na generazione che si muove senza smar-rirsi e che si espone senza avventurarsi.Una generazione che viene guardata conpreoccupazione dagli stessi adulti cherisultano interconnessi e teledipendenticome i loro figli e che si interrogano: sipuò essere nativi digitali senza interio-rità? Il nativo digitale può vivere di e-mozioni? Può essere in relazione senzatu reali? Può ragionare senza verità ecamminare senza senso? Lo psicoanali-sta Zola li definisce «lattanti psichici» in-seriti in una società libera, eccitata e al-la fine drogata. Il filosofo tedesco Turkle specifica chegli adolescenti cyberbulli sono come idrogati perché desiderano sempre qual-cos’altro rispetto a ciò che ricevono. Gliadolescenti cyberbulli tengono animatiluoghi anche virtuali ma reali dove sta-re insieme, trovarsi con altri, sapere co-sa succede agli amici e agli amici degliamici, facendosi un po’ gli affari deglialtri. Sono tutti modi che McLuan defi-nirebbe neo-tribali per recuperare unasocialità che si è perduta e di cui si sen-te il bisogno. I cyberbulli con le loro pratiche sul Webrivelano un rigetto della modalità delprendere preferendo quella del condivi-dere. Nell’era di Facebook emergononuove insicurezze, nuove fragilità. Per e-sempio, l’ansia per l’inadeguatezza delproprio profilo che sembra non abba-

stanza interessante, spingendo all’esage-razione e alla ricerca dell’effetto; l’inca-pacità di tollerare il silenzio altrui e lanon immediata risposta ai propri mes-saggi. E la tendenza a misurare la propriapopolarità in termini di velocità di mes-saggi e di risposte e, in generale, di cali-brare il proprio sé sulla base di ciò che latecnologia rende disponibile. O ancora quella che Bauman definisce u-na tendenza allo «streep tease emotivo, al-la esteriorizzazione ed esibizione totaledella propria intimità».Il rischio è quello di una nuova condi-zione esistenziale in cui si è contempo-raneamente insieme e da soli: un blur-ring of intimacy and solitude, come lachiama Bauman, con il rischio di non es-sere più capace né dell’una e né dell’al-tra cosa e di scambiare le connessioni fa-cili per «intimità». La cyberintimità e lacybersolitudine corrispondono ad una re-lazione on line off line. E gli adolescentisi trasformano tutti in cyborg. Logica del-la rete, citando la lettera Enciclica Mi-randa Prosus di Pio XII del 1957, suimezzi di comunicazione sociale, ci ri-corda che la nostra vita è una vita con al-tri; che l’altro è un mistero che va avvi-

cinato, interpellato einvitato con rispettodella sua libertà. LaChiesa riconosce ne-gli strumenti virtua-li dei doni di Dio de-stinati a unire gli uo-mini in vincoli fra-terni. Strumenti cheintercettano alcuneattese come la ricer-ca di emozioni, la

necessità di rimanere anonimi e il biso-gno di narcisismo. Ripercorrendo il pen-siero di Freud, Blos, Erickson, gli adole-scenti si impegnano in una ricerca di i-dentità cosiddetta digitale, anche defini-ta identity in the cloud. In guerra diven-ta un luogo di sperimentazione del sé. Lospazio privato del blog, per esempio, afronte del bisogno dell’adolescente dicontrassegnare, rivendicare ed occupareuno spazio sicuro proprio. Il Web, secondo Steiner, simboleggia l’i-sola dei fragili, con una personalità flui-da e terminale perché sempre connessa epoco in relazione, favorisce meccanismipsicologici disfunzionali come derealiz-zazione e depersonalizzazione, meccani-

RSofia

Tavella

smi di disimpegno morale; rinforza il sen-so di potenza e di idealità per cui tutto èpossibile; il principio di piacere in cuinon c’è spazio per la frustrazione dei de-sideri. I cyberbulli sono sovraesposti.Fanno mostra di sé e di grandi impreseattraverso agiti virtuali come sexting ephubbing, ecc. Si tratta di adolescenti ri-tirati che convivono con molte inadegua-tezze, vergogna e bisogno di auto-segre-garsi uscendo di scena dalle relazioni so-ciali e rifugiandosi nell’anonimato perproteggersi dal vuoto e dal rischio di es-sere svergognati nella realtà. Il Web 2.0 e il cyberspazio non sono so-lo uno spazio digitale ma anche psicolo-gico. Una sorta di spazio transizionale

settembre 2018

NOI18

famiglia vita Adolescenti

Per i filosofi i bulli «virtuali»sono come i drogati perchévogliono semprequalcosʼaltro rispetto a ciò che ricevonoVige il principio di piacerein cui non cʼè spazio perla frustrazione dei desideri

Cyberbulli «fragili»La rieducazione parte dall̓ ascolto

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che si sviluppa tra sé e l’altro. Altro in-teso come la moltitudine di individui chepopolano una rete con i quali comunica-re in tempo reale senza perdere tempoper farsi conoscere e conoscere l’altro di-cendo in poche righe, senza aspettare diincontrare l’altro per dire, ma dire tuttoattraverso una chat che non è un sms. L’importante è soddisfare quel bisogno esoddisfarlo subito. Un nuovo modo di co-municare senza corporeità, colmando ladistanza senza rispettare i tempi di atte-sa. Questo nuovo modo di comunicare hainteressato la Chiesa su come Internetpossa essere mezzo o ambiente. In un in-tervento, in occasione del convegno suvolti e linguaggi nell’era cross mediale,

l’allora cardinale Ratzinger (2002) hachiaramente individuato la domanda del-la Chiesa: «Come il Vangelo può supe-rare la soglia tra me e l’altro? Come si puògiungere ad una comunione con il Van-gelo, così che esso non solo mi unisca al-l’altro ma unisca entrambi con la paroladi Dio e ne nasca una unità che vada ve-ramente in profondità?».Internet non è affatto semplice strumen-to di comunicazione che si può usare omeno, ma un ambiente culturale, che de-termina uno stile di pensiero e crea nuo-vi territori e nuove forme di educazione,contribuendo a definire anche un modonuovo di stimolare le intelligenze e distringere le relazioni, addirittura un mo-

do di abitare il mondo e di organizzarlo.La Chiesa dunque è chiamata a viverenella rete e a incarnare in essa il messag-gio del Vangelo. La pastorale deve con-frontarsi con la rete in quanto ambientedi vita, spazio antropologico e di do-manda religiosa. La rete è potenzialmente molto confi-denziale perché permette di dire cose chealtrimenti una persona direbbe nei suoipanni quotidiani. Si può avere un’aper-tura completa e un grande livello di au-tenticità; il cyberspazio è un luogo emo-tivamente caldo e non tecnologicamentealgido, come qualcuno sarebbe tentato diimmaginare. Un luogo dove non si attivasolo una connessione ma anche una co-munione. La fede è uno strumento utiledi co-educazione. Educare alla inaccet-tabilità di alcuni comportamenti che pos-sono nutrire esperienze di flaming (inviodi messaggi insultanti per suscitare di-spute online), denigrazione (pubblica-zione di pettegolezzi o immagini imba-razzanti sulla vittima che la riguardano,con lo scopo di danneggiare la reputa-zione e i rapporti sociali), sostituzionedell’identità (violare la password di unapersona, fingendosi lei, inviare messag-gi malevoli ai contatti della vittima), ou-ting (rivelare informazioni personali e ri-servate riguardanti una persona), trickery(spingere una persona, attraverso l’in-ganno, a rivelare informazioni imbaraz-zanti riservate per renderle pubbliche inrete), esclusione (escludere una vittima daun gruppo online). In termini educativi e di emergenze edu-cativa è importante un’alleanza tra scuo-la, famiglia e Chiesa. Tutti gli operatorinon dovranno mai dimenticare che perriabilitare i giovani da fenomeni di que-sto tipo serve investire sulla relazione sen-za dimenticare che alla base di ogni re-lazione c’è la comunicazione, quella piùumana che si realizza in un incontro e cheè affidata alla responsabilità di ciascuneducatore a cui si chiede di accogliere evalorizzare l’altro.Dal punto di vista educativo è molto uti-le e importante che gli adulti imparino adessere spettatori, ascoltatori e lettori con-sapevoli, agendo da modello di uso pru-dente dei media in casa al fine di evan-gelizzare i più piccoli attraverso i mediaper affrontare in maniera creativa le sfi-de che pone e le opportunità che offre.

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settembre 2018 19NOI famiglia vitaAdolescenti

La fede è unostrumento utile di co-educazione allainaccettabilità di alcunicomportamenti. Perriabilitare i giovani serveinvestire sulla relazionesenza dimenticare chealla base cʼè lacomunicazione, quellapiù umana che sirealizza nellʼincontro

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il 2008, Flavia ha 8 anni ed è unabambina serena, con un padre e una

madre affettuosi, due fratelli con cui giocare,bei voti a scuola. In terza elementare un com-pagno la punta. «Cicciona». «Secchiona». O-gni giorno trova il modo di prenderla in giro.E gli altri giù a sghignazzare. Che ci sarà poida ridere? Ma vallo a spiegare a bambini diquell’età, che vogliono far parte del gruppo. Onascondere le proprie debolezze. Come quelcompagno che dà il via agli sberleffi: a scuolava male, ha difficoltà di lettura e apprendi-mento. E s’inventa un modo per sentirsi mi-gliore: mettere in ridicolo altri compagni, e inmodo particolare Flavia. Finiscono le elemen-tari e i due si ritrovano compagni alle medie.Al bulletto non par vero: ora ha lo smartpho-ne e può scattare una foto di spalle a Flavia,farla girare sui telefonini degli altri, creare ungruppo dove lei è l’unica esclusa ,per derider-la a sua insaputa. Crea perfino un falso profi-lo su Facebook, «rubandole» l’identità e attri-buendole una brutta fama. «Ora lo so: la suaera una richiesta di aiuto. È probabile che a suavolta in famiglia venisse deriso o maltrattato.È quello che gli hanno insegnato a fare»: set-tembre 2018, Flavia Rizza oggi è una studen-tessa universitaria brillante, usa tutti i social, esoprattutto, archiviata al meglio la sua storia divittima di cyberbullismo, ha ricevuto una mis-sione importante: educare i più giovani alla cy-ber security. A luglio scorso ha portato la suaesperienza al Giffoni Film Festival, nella se-zione Next generation. Come membro delDream Team, un gruppo di under 30, sta svi-luppando una piattaforma web sulla naviga-zione sicura, il bullismo e cyberbullismo de-dicata ai bambini delle scuole primarie. Secondo l’indagine di Kaspersky Lab, azien-da di sicurezza informatica che al Giffoni hapresentato lo spettacolo Kasper, Sky e l’orsoverde, il 37% dei bambini fra gli 8 e i 10 anni«non riesce a immaginare cosa significhi vi-vere senza pc o senza smartphone. L’allarmeriguarda il tempo trascorso in Rete: il 58% deibambini tra gli 8 e i 16 anni è «costantementeonline» e il 9% dei genitori ritiene che ormaiquella dei figli sia una dipendenza. Da qui la campagna «Una vita da social», pro-mossa dalla Polizia postale, con Flavia Rizzache testimonia sui potenziali rischi della Rete.La sfida di Kaspersky Lab. La vicenda di Flavia è paradigmatica. «All’i-nizio mi vergognavo di parlare di quello chesuccedeva a scuola. Da piccoli non si ha laforza di reagire, né l’esperienza per sapere cheun peso, se condiviso, è più leggero. Perciò di-co ai ragazzi e ai bambini: parlate con i geni-tori, con gli insegnanti, con gli adulti di rife-rimento. Chi si deve vergognare non siete voima è il bullo, e ancora di più chi partecipa al-

l’umiliazione di qualcuno o sta a guardare enon interviene». Se oggi Flavia è una ragazza equilibrata lo de-ve ai suoi genitori. L’hanno difesa e protetta.«Sono stati formidabili – racconta –. Io il pri-mo telefonino l’ho avuto a 14 anni, il collega-mento alla Rete a 16. Internet oggi anche perme è indispensabile, uso i social per l’univer-sità, ascolto musica, il telefono è diventatoun’appendice di me stessa. Ma ci sono arriva-ta nei tempi “giusti”. Alle medie andavo a scuo-la a mezz’oretta da casa. Non c’era il proble-ma di avere il telefono, c’era sempre un geni-tore ad aspettarmi. A 14 anni, quando mio fra-tello gemello e io abbiamo iniziato le superio-ri in due scuole diverse e in un’altra città il te-lefono è diventato un bisogno. E solo allora,con il cellulare, abbiamo avuto anche il per-messo di avere un profilo su Facebook». Al-cuni dei suoi compagni, invece, avevano il te-lefonino e un account già a 7/8 anni. «Tornan-do indietro, non lo vorrei. Io e i miei fratelli alpomeriggio non stavamo su Internet ma in giar-dino a giocare». Il compagno bullo lei in fon-do lo ha sempre ignorato. E tutt’oggi non le in-teressa sapere che fine abbia fatto. «Non mi hamai chiesto scusa nessuno. Mi prendevo purele sgridate dei suoi genitori, perché lui a lorodiceva che ero io a dargli fastidio. Gli inse-gnanti mi dicevano che aveva problemi in fa-miglia, per giustificarlo. Ma giustificare non èla mossa giusta. Il messaggio che porto nellescuole è: rispettare gli altri».Negli ultimi dieci anni l’abitudine di accorda-re ai figli il possesso e l’uso di un telefoninoconnesso alla rete si è diffusa sregolatamente.Flavia ne è consapevole, perciò suggerisce aigenitori di tenere gli occhi ben aperti. Quali so-no le sono spie che possono avvertire se, daspettatore, vittima autore, un figlio conosce e-pisodi di bullismo? Che cosa rispondere a unbambino di 8 o 9 anni che chiede un telefoni-no in regalo perché nella sua classe ce l’hannotutti? Forse perché all’altro capo del telefonoc’è una mamma con un figlio in prima ele-mentare le domande a Flavia sono pressanti...Ma la studentessa è rassicurante: «Non dovetecedere. I figli fanno la voce grossa con voi ge-nitori, dicono: il telefono ce l’hanno tutti e iono. Anche io e mio fratello lo chiedevamo, maci rispondevano: non ne avete bisogno, a casaci sono mamma e mamma e papà. Ed era ve-ro: per ogni esigenza loro si facevano trovare.Voi genitori avete un ruolo importante: l’edu-cazione è la base di tutto. Oggi che tutti vannosempre di fretta, le mamme e i papà lavoranoper tutto il giorno, lo svago dopo le ore di scuo-la spesso diventano i giochi on line, o le chatsul telefonino, in cui si condividono foto e vi-deo. La possibilità di condividere contenuti congli altri è una cosa bella, ma è giusto sapere chenon tutto va condiviso e che c’è molto altro dafare, se si spegne il telefonino»

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ÈAnnalisa

Guglielmino

Il primo telefonino?«Nei tempi giusti»

Flavia Rizza, oggi 18enne,dalleelementarialle medie èstata vittimadi schernoanche tramiteun falsoprofilo socialOggi insegnaa denunciare

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Page 21: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché

uattro bambini su 10 hannoaffrontato almeno una mi-

naccia online. Uno su tre ha pauradi diventare vittima di cyberbulli-smo. E il fenomeno del bullismovia Rete – in costante aumento, simanifesta, complice l’uso precocedi pc e telefonini, già nella scuolaprimaria, dove nascono i primigruppi whatsapp tra coetanei. Ecco perché alle campagne rivol-te ai ragazzi di medie e superiori,si è unito quest’anno il progettoKasper, Sky e l’orso verde, pensa-to per i navigatori più piccoli. E an-che la Polizia Postale che da anniinterviene nelle scuole – con cam-pagne gratuite grazie alla colla-borazione pubblico-privato – perla sensibilizzazione di studenti, in-segnanti e genitori, organizza gliincontri per le elementari. «Nellescuole dei vari ordini e gradi, un’é-quipe di giovani poliziotti specia-lizzati ha incontrato un milione emezzo di studenti. Dagli incontriemergono gli episodi di vessazio-ne e violenza, perché in tanti tro-vano il coraggio di rivelare il pro-prio dramma»: Marco Valerio Cer-vellini, commissario e responsa-bile delle Relazioni esterne dellaPolizia di Stato racconta l’attivitàdegli ultimi 5 anni della campagna«Una vita da social», in cui è na-ta anche una pagina Facebook.«Usiamo il linguaggio dei ragaz-zi. Senza prediche. E senza giudi-carli: spesso il bullo è a sua voltauna vittima perché subisce vio-lenze in famiglia». Ecco perché èanche sui genitori che l’esperto ri-tiene importante intervenire: «I ge-nitori sono distratti. O ritengonoche i figli siano angioletti. E mes-si davanti al fatto compiuto nega-no la realtà o minimizzano». Spes-so proprio i genitori, con la loro i-peresposizione sui social sono peri figli un modello sbagliato. «Nel-l’età in cui i bambini comincianoa scoprire proprio corpo, vedonoi genitori mettersi in vetrina sui

Q social. Condividere foto con i coe-tanei diventa normale e il passoper la diffusione di materiale pe-dopornografico è breve». Le segnalazioni di casi a rischio ar-rivano il più delle volte dagli inse-gnanti (la legge sulla prevenzionee il contrasto del cyberbullismo del2017 prevede la nomina di un re-ferente scolastico, normalmente undocente) mentre non è infrequen-te che i dirigenti scolastici faccia-no finta di niente per non compro-mettere il buon nome della scuola,spiega Cervellini. Individuato ilbullo, gli agenti sanno mettere in at-to precise strategie per «stanarlo»e fargli prendere coscienza del dan-no arrecato ad altri. Si cerca, se pos-sibile, di non arrivare alla denun-cia. «Una condanna, a quell’età, èuna sconfitta. Così come la deci-sione di cambiare scuola se il pro-prio figlio è la vittima». Bullismo e cyberbullismo sono fe-nomeni trasversali: li si ritrova nel-le scuole chic dei centri cittadinicosì come in quelle di periferia.Così come i casi di adescamentoonline da parte di adulti esterni al-la cerchia quotidiana, altro guastoportato dalla facilità con cui i mi-nori accedono a Internet. «I genitori hanno un ruolo chiave– rimarca Cervellini –. Devonoparlare con i figli, dare loro fidu-cia fin da piccoli, senza dare giu-dizi trancianti perché man manoche crescono non si vergognino diraccontare situazioni di pericolo oimbarazzanti. La stragrande mag-gioranza dei ragazzi non raccontaquello che accade con i compagniperché pensano che i genitori noncapirebbero, o toglierebbero loroil telefono». Anche interessarsi divicende che toccano figli di altri,proteggerli e fare rete con gli altrigenitori e con la scuola è un’armacontro un fenomeno che è «tutt’al-tro che lontano dai figli di ciascu-no di noi». (A.Gugl.)

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Cervellini: baby bulli già alle primarie«Genitori distratti»

«Anche io lo chiedevo, mami rispondevano: a casa cisono mamma e papàTornando indietro, nonvorrei il cellulare. Io e i mieifratelli al pomeriggio nonstavamo su Internet ma ingiardino a giocare»

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famiglia vita Famiglia alla prova del carcere

pesso viviamo dietro delle sbar-re, ma non sono quelle della pri-

gione: non sono così reali, evidenti, di-speranti come quelle di una prigione,specie quelle di un condannato all’er-gastolo ostativo.Il libro "La speranza oltre le sbarre" af-fronta, in situazioni in cui il male com-messo è grandissimo ed irreversibile nonsolo verso le vittime ma anche nei con-fronti di tutta la società, i temi del rav-vedimento, del reinserimento, del per-dono, della speranza, che riguardano, siapure in termini meno drammatici e vio-lenti, anche la vita e le colpe di ciascu-no di noi e interpellano non solo la no-stra responsabilità di cittadini di uno Sta-to democratico, ma anche, direttamente,la nostra coscienza, le nostre relazioni eil nostro agire.Gli autori affrontano queste problemati-che in modo sperimentale, laico, attra-verso l’analisi delle esperienze dei car-nefici e delle vittime, cercando di esseresoprattutto fedeli all’uomo, ma nella con-vinzione che un cristiano non può pen-sare le profondità dell’uomo senza pen-sare Dio, e viceversa. Leggendo, si av-verte un senso di completezza ed esau-stività nell’argomentare logico, asciutto,essenziale, intenso ma anche appassio-nato ed empatico, così che viene da pen-sare che possa essere merito degli auto-ri l’aver voluto fondere non solo culturee competenze diverse, ma anche intelli-genze e sensibilità maschili e femminili.Gli interrogativi sono posti lucidamentee chiaramente. Non tutti sono risolti: inqualche modo si sollecita una rispostadel lettore. C’è una certezza che dal ti-tolo percorre tutto il libro: non può es-sere tolto all’uomo il diritto alla Spe-ranza. E se questo diritto viene ricono-sciuto ad un uomo (e può essergli rico-nosciuto solo se si ripone una qualchesperanza in quell’uomo!), allora colti-vare la speranza diventa anche un dove-re per quell’uomo, un dovere che pos-siamo pretendere che assolva.Una speranza che, cristianamente, ètanto più virtuosa, quanto più è fidu-ciosa. Speranza vera, però, non illu-sione; speranza provata, non ipotizza-ta. Perché se qui si parla di una Spe-ranza con la lettera maiuscola, una Spe-ranza negli altri, nella vita, in Dio, èpur vero che nella realtà spesso disu-manizzante delle nostre carceri, nonpuò esserci questa Speranza se non siha la speranza grande, anche se parti-colare, con la lettera minuscola, di po-ter "uscire", di poter essere riaccettati,reinseriti nel contesto sociale.In qualche modo risuona: "Ma perchésappiate che il Figlio dell’uomo ha il po-tere sulla terra di perdonare i peccati: Al-zati - disse al paralitico - prendi il tuo let-

to e va’ a casa tua" (Mt 9,1-8).Nell’ergastolo ostativo i condannati perreati gravi, come ad esempio terrorismo,associazione mafiosa, sequestro a scopodi estorsione o associazione per trafficodi stupefacenti, non possono usufruiredei benefici previsti dalla legge per l’er-gastolo "normale" (ad esempio: asse-gnazione lavoro all’esterno; permessipremio; misure alternative alla detenzio-ne; affidamento in prova, detenzione do-miciliare, ecc.) nel caso in cui rifiutinodi collaborare con la giu-stizia o qualora la loro col-laborazione sia giudicata ir-rilevante. In pratica, conquesto, si richiede al dete-nuto la delazione.Perché un detenuto qual-siasi, anche non ergastola-no, possa usufruire dei be-nefici di legge deve dimo-strare non tanto il suo pen-timento (il pentimento, aldi là dell’errato e mistifi-cante termine "pentiti", èun sentire del tutto perso-nale, senza diretto valoregiuridico, che riguarda ciòche è già accaduto), ma ilsuo ravvedimento, ovverodeve dare buoni motivi sul-la base dei quali si possapresumere che il detenutonon compirà in futuro atticontro le persone, le cose,le istituzioni. Nel caso del-l’ergastolo ostativo si chie-de che fra questi motivi cidebba essere obbligatoria-mente la delazione, perchéin tal modo il detenuto (1)dimostra di essersi disso-ciato dal suo gruppo cri-minale; (2) dimostra di ma-turare una coscienza di cit-tadino contribuendo a neu-tralizzare ed eliminare l’or-ganizzazione criminale; (3)si preclude la strada per unsuo futuro rientro nel grup-po, dato che diviene un "in-fame", nemico del gruppo;(4) paga, con il mettere arischio la vita sua e dei suoifamiliari, il prezzo dellacolpa commessa.L’ultimo punto non vieneespressamente esplicitato,perché contrario a quantoauspicato dalla civiltà u-mana nelle sue dichiara-zioni ufficiali e solenni (la nostra Costi-tuzione mira sempre al recupero socialedel detenuto), ma indubbiamente servea giustificare, di fronte ad una societàche spesso pretende di soddisfare il suodesiderio di vendetta, la concessione dibenefici ad un detenuto per gravissimireati. L’avere esplicitato nella legge co-

me conditio sine qua non la rilevante col-laborazione con la giustizia fa sì che ilgruppo criminale, nel momento in cuiun detenuto in regime di ergastolo osta-tivo ottiene dei benefici di reinserimen-to sociale, sappia con certezza che il de-tenuto ha "tradito" il gruppo. Il gruppo,allora, si sente in qualche modo "giusti-ficato" nel decretare la morte del dete-nuto e/o dei suoi familiari. Paradossal-mente, sfuggire all’ergastolo inflitto dal-lo Stato quasi sempre comporta per il de-tenuto la condanna a morte (e non soloper sé) da parte dell’associazione crimi-nale che si pone in antitesi allo Stato. LoStato si adopera, ma non è detto che ciriesca sempre, affinché questa condan-

Maurizio Gronchi, teologo, docenteall’Urbaniana, e Angela Trentini, giornalistaRai, presidente Ucsi Abruzzo, sono gli autori diLa speranza oltre le sbarre. Viaggio in un carceredi massima sicurezza (San Paolo). Il libro è fruttodi un viaggio-inchiesta nel super carcere diSulmona dove scontano l’ergastolo in regime di41 bis alcuni noti criminali. Angela Trentini haincontrato e raccolto le testimonianze di alcunidetenuti condannati per episodi clamorosi chehanno cambiato la storia dell’Italia. Fra di loro,i due killer di Rosario Livatino, il "giudice

Quale speranza, qualemisericordia per undetenuto condannatoallʼergastolo ostativo?Quale atteggiamentoda parte dei familiari?

SFabio

Fineschi

«Mio padre dietro le sbarre

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settembre 2018 23NOI famiglia vita Famiglia alla prova del carcere

cazione, ovvero tentare continuamentedi dimostrare errato ciò che si è ipotiz-zato come vero, che ci garantisce che stia-mo realmente progredendo nella ricercadella verità. Imparare l’umiltà dall’erro-re è la condizione per avvicinarsi allacomprensione. Così nella scienza e nel-la tecnologia, così nella vita. Non c’èSanto senza peccato! Solo Colui che findall’inizio dei tempi, prima del peccato,"spogliò se stesso …", "umiliò se stesso…" può essere proclamato "il Signore"(Filippesi 2,5-11).Il perdono cos’è? È l’assolutamente gra-tuito, il per-dono. È ciò che non abbia-mo nessun interesse a donare ed è ciò chedoniamo a colui di cui non vorremmomai fare l’interesse. Solo la Speranza nel-l’altro ci spinge a perdonare.È ciò che abbiamo il massimo interessea chiedere ed è ciò che chiediamo a co-lui che meno motivi ha per amarci. Solola Speranza nell’altro ci spinge a chie-derlo. Le vie del perdono, la via percor-sa dal carnefice che chiede e quella per-corsa dalla vittima che dona, non è det-to che si incontrino, che permettano unarelazione fra i due.Solo Dio è sempre disponibile al perdo-no e solo il Suo perdono è davvero effi-cace, solo in Lui possiamo definitiva-mente e assolutamente sperare, ma que-sto non esime noi uomini dall’avere gran-di responsabilità in tema di perdono: "Ri-metti a noi i nostri debiti come noi li ri-mettiamo ai nostri debitori" (Matteo6,12), "Voi infatti se perdonerete agli uo-mini le loro colpe, allora il Padre vostroceleste perdonerà anche a voi. Ma se voinon le perdonerete, neanche il Padre vo-stro celeste le perdonerà a voi" (Matteo6,14-15).E ancora, ancora più enorme: "tutto quel-lo che legherete sopra la terra sarà lega-to anche in cielo e tutto quello che scio-glierete sopra la terra sarà sciolto anchein cielo." (Matteo 18,18).Chi, allora, si potrà arrogare il diritto dilegare? Chi potrà rifiutarsi di sciogliere?Il perdono al detenuto, inchiodato col-pevole dalla giustizia, può non aver nien-te a che fare con la sua "speranza di u-scire", ma sicuramente è un dono alla suaSperanza, un segno di misericordia. As-sicurare condizioni di vita umane (il la-voro, lo studio, il teatro, la vita comuni-taria, ecc.) all’interno di un carcere sonosegno di un certo "perdono sociale", uninvito ad una Speranza da vivere anchedietro alle sbarre.Molte volte per la vittima il perdono è in-comprensibile, incommensurabile difronte al proprio dolore. Un atto di per-dono sociale al detenuto può essere an-che un atto di misericordia verso la vit-tima: l’aderire della vittima ad una co-munità che offre al detenuto il suo "per-dono sociale" la può sollevare da una re-sponsabilità troppo grande per lei.

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na a morte non possa essere eseguita dalgruppo criminale, ma per riuscirci devecomunque stravolgere e comprometterela vita delle persone coinvolte, anche seinnocenti. È proprio la violenza implici-ta nell’obbligo esplicito di rilevante col-laborazione che frena spesso il detenu-to a collaborare con la giustizia. Il dete-nuto può venir messo così nella condi-zione di rinunciare alla speranza di "u-scire" pur di salvaguardare la vita sua edei suoi cari. E sentirsi obbligato a ri-nunciare a questa speranza vuol dire peralcuni perdere la Speranza, quella con lalettera maiuscola. Questi alcuni sonospesso proprio coloro che hanno cerca-to tra le mura di un carcere di ripensare

la vita e gli affetti in termini meno di-speranti di quelli che li hanno trascinatinell’appartenenza ad un gruppo crimi-nale: coloro per i quali il ravvedimentopotrebbe essere più sincero.Non sarebbe meglio se la società, attra-verso il Parlamento che la rappresenta,non desse risposte troppo precise alladomanda: a quali condizioni si possonodare i benefici di libertà a chi ha com-messo gravissimi delitti verso le perso-ne e verso la società? Non sarebbe me-

glio rinunciare alla super-bia di regolare con esplici-te condizioni il giudizio delgiudice (delegato dalla so-cietà a rappresentare il po-polo)? Non è più opportu-no fermarsi, prima di en-trare nel profondo delle co-scienze di chi giudica e dichi è giudicato, lasciandoalla loro umiltà consape-vole la responsabilità disciogliere nodi così dram-matici e così profonda-mente personali che rego-le dettate per tutti non so-no in grado di risolvere?Si è parlato del quadro giu-ridico; però di esso non fan-no parte, se non citati pererrore o mistificazione, néil pentimento né il perdo-no, che fanno invece partedella vita di tutti, indipen-dentemente dal tipo di sbar-re che si interpongono tranoi e gli altri. Termini chesono sicuramente sentiti inmodo più profondo e dram-matico in un carcere, quan-do si deve rinunciare ai be-ni più preziosi della vita, odi fronte alla morte, quan-do della vita possiamo/dob-biamo compiere il definiti-vo bilancio.Tutti abbiamo provato pen-timento: il dolore, il sensodi colpa per ciò che abbia-mo fatto o non fatto, maquesto può essere un senti-mento sterile, addiritturadannoso se annebbia il pen-siero e impedisce l’azione.Il passo decisivo è quellodel ravvedimento, ovveroriuscire a discernere consufficiente chiarezza ciòche chiamiamo male e ciòche chiamiamo bene, attin-

gendo all’esperienza passata per guarda-re con maggiore libertà, serenità e mise-ricordia il futuro, sapendo che nella vitabene e male sono spesso intimamentecollegati e mescolati tra loro, due faccedella stessa moneta. È la consapevolez-za dell’errore commesso che ci permet-te di correggerlo, è il processo di falsifi-

Il passo decisivo?Quello del

ravvedimento, ovveroriuscire a discernere

con sufficientechiarezza male e bene

ragazzino", Gaetano Puzzangaro e DomenicoPace, il quale, in una lettera olografa al SantoPadre, pubblicata qui per la prima volta,racconta se stesso e soprattutto chiede di potertestimoniare al processo di beatificazione diLivatino. Sconvolgente anche la testimonianzadi Domenico Ganci, figlio del boss Raffaele,fedelissimo di Totò Riina e corresponsabile degliomicidi dei giudici Falcone e Borsellino. Spazioviene dato anche ai familiari delle vittime, inmodo particolare a Manfredi Borsellino, MariaFalcone e Nando dalla Chiesa.

E non riesco a perdonarlo»

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uella della coppia è un’avventurameravigliosa, un viaggio entusia-

smante che regala emozioni impagabili. Mo-menti unici, gesti e complicità che fannoscoppiare il cuore di gioia e dimenticare letante difficoltà che bisogna affrontare ognigiorno. Che non tutto fili liscio è cosa nota.Sappiamo che mantenereviva e vitale una relazionenon è semplice come bereun bicchier d’acqua, anchese si è innamorati e ci sivuole bene. Perché trappo-le e trabocchetti di ogni ge-nere ostacolano il cammi-no. Esserne consapevoli econoscere queste insidie èun buon punto di partenzaper proteggere il rapporto.Proprio per questo Luciano Grigoletto, psi-cologo e psicoterapeuta, ha scritto un libroche vuole aiutare lei e lui. "Piccolo manua-le di sopravvivenza per coppie" fornisce glistrumenti di base per capire le dinamichedella vita a due, per scongiurare gli erroripiù clamorosi e più frequenti che mettonoa rischio la tenuta di un fidanzamento o diun matrimonio. Attraverso esempi e dialo-ghi reali e immaginari l’autore passa ai rag-gi X la routine della coppia e dà preziosisuggerimenti.Alla base di litigi e incomprensioni moltospesso c’è un tragico equivoco. Anche sesappiamo benissimo che ognuno ha la pro-pria personalità, cadiamo spesso, soprattut-to nei primi tempi, nel tranello del "Non seiquello che io pensavo tu fossi". Questo per-

ché, nella fase dell’innamoramento, si at-tribuiscono al partner pregi e qualità che cipiacerebbe avesse. In sostanza, partendo dalui, costruiamo intorno un’immagine fruttodelle nostre aspettative e fantasie. Spesso imaschi cercano caratteristiche materne e ledonne si portano appresso il ricordo del pa-dre e il desiderio di un principe azzurro. Seci si trova in questa situazione occorre fareun’operazione di smantellamento dell’ i-

dealizzazione e comincia-re a conoscere l’altro perquello che è veramente. Perscoprire magari che ci so-no particolari insospettatiche si riveleranno splendi-di ai nostri occhi. Un’altraminaccia per la coppia èrappresentata dal fatto chenon si parla la stessa lin-gua. Capita che le donne,durante una conversazione,

chiedano in maniera indiretta di essere a-scoltate, sperando di ricevere sostegno ecomprensione dal partner. Mentre gli uo-mini, portati a ragionare in maniera pratica,offrono unicamente la risposta alla doman-da loro sottoposta. Quasi sempre un sem-plice pretesto. Questo approccio differenteprovoca non pochi malintesi e sfuriate. Dun-que, meglio prenderne atto.Vediamo cosa occorre sapere ancora. Cer-care di capire i bisogni dell’altro, farlo sen-tire importante, ascoltarlo e apprezzarne ledoti. Senza mai dare nulla per scontato. So-no tutti ingredienti da utilizzare in quan-tità. C’è, poi, una variabile subdola chepuò mettere a rischio un’unione. Ed è lapaura del conflitto. Se in un rapporto man-ca la sincerità e si evita il confronto per

«Non sei quello chepensavo». Comesuperare insiemelʼequivoco delle

incomprensioni? Nellibro dello psicologoLuciano Grigolettoun aiuto per capirsi

Urlare non serve. Troviamo le parole giusteil bersaglio perfetto. Quando qualcosa non

va il partner catalizza le nostre ansie epreoccupazioni e allora si alzano i toni. E se nonci si capisce si ha l’illusione che cominciare agridare ci restituisca uno spazio vitale e sistemi lecose. "Io cerco di avere pazienza e di sopportarema lei continua a parlare e non ascolta mai!Allora mi metto a urlare e a qualcosa serve, misembra". Questa la testimonianza di Carlo,definito dalla sua compagna come collerico etendenzialmente violento. Il rituale era sempre lostesso, lui riusciva a mettere a tacere la fidanzata,dopo qualche giorno le chiedeva scusa per il suocomportamento e poi tutto ricominciava daccapofino alla puntata successiva. Eppure non ci metteremmo a gridare se cirendessimo conto che è sovranamente inutile.Quando urliamo l’altro capisce soltanto chesiamo molto in collera. Anche se abbiamo dettouna cosa oggettivamente opportuna per ilrapporto di coppia o per risolvere un problema,questo elemento si annullerà nel polveronesollevato dalla nostra rabbia. Cosa succederà aquesto punto? Due le possibilità. Il nostro partner

si trincera dietro a un ostinato mutismo oppure ciaffronta con le stesse modalità aggressive,scatenando la nostra furia e alimentando sempredi più la rabbia nella coppia, che può arrivare finoalla violenza fisica. Sembrerebbe non esserci viad’uscita. Invece, l’alternativa c’è. Quasi sempre,infatti, prima che l’atmosfera si surriscaldi c’èuna fase "di accumulo". Insomma, uno dei due sicomporta un po’ come una pentola a pressione.Incassa, incassa… fino a scoppiare. Il trucco èriuscire a verbalizzare il proprio disagio primache diventi ingestibile. Se riusciamo a parlare concalma con lei o lui, al momento giusto, non conl’obiettivo di farci dare ragione per forza, ma peressere ascoltati, probabilmente riusciremmo aportare a casa un buon risultato.

Le stesse conseguenze si verificano anche quandosi agisce lasciandosi guidare dall’impulsività. Inquesto caso gli esiti della sortita sonoimprevedibili. È illuminante la vicenda diViviana, che, stanca di avere un partner troppocondiscendente, dà libero sfogo al suo statod’animo e gli molla un ceffone. Lei si è sentitameglio, ma lui si è messo a piangere e non le haparlato per giorni. Anche in questo caso una comunicazioneautentica da parte della donna, di come si siasentita sminuita dal partner, avrebbe contribuito afar evolvere il rapporto e alla sua maturazione.Dunque, è necessario riuscire a trovare le paroleper raccontare la propria stanchezza. Perchéparadossalmente Viviana si è comportata inmaniera infantile. Allora, tocca ascoltare proprioquella parte bambina, che non ne vuole saperne dicostrizioni, responsabilità e conseguenze. Inpoche parole crescere e affrontare i problemi conil proprio partner. La rabbia e l’emotività fannoparte dell’essere umano, comprenderlo ènecessario. (G.Sc.)

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È «Se tu alzi la voce, io grido piùdi te». Sbagliato. In questomodo si alimenta soltanto

la rabbia. Parlare con calmaaiuta a verbalizzare il disagio

QGiovanna

Sciacchitano

E vissero felici e contenti...settembre 2018

NOI24

famiglia vita «Istruzioni» per la vita di coppia

Page 25: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché

ner non sono un buon presupposto per an-dare lontano. Bisogna, infine, essere dispo-sti a perdonare e a lasciarsi alle spalle erro-ri e bugie. Tutti possiamo sbagliare, certo leferite anno male, ma se si vuole guardare a-vanti occorre voler dimenticare.Succede di tutto. Nella vita di coppia puòcapitare di calarsi nella parte del "poverino".Per le cause più diverse, chi indossa questipanni si percepisce inadeguato ad affronta-re le difficoltà della vita, reclama dall’altroun’attenzione esagerata e che si faccia cari-co dei suoi problemi. Alla lunga questa con-dizione non può che portare all’isolamentoperché nella realtà ognuno è artefice dellapropria salvezza. L’altra faccia della meda-glia è rappresentata dalla "sindrome dellacrocerossina", in cui uno dei due vive il rap-porto esclusivamente come accudimentodell’altro. Trascurando se stesso e le pro-prie esigenze. Anche in questo caso siamodi fronte a una relazione destinata al logo-ramento. C’è, poi, la persona perennemen-te "vittima delle circostanze", che invece dirisolvere i propri problemi, li condivide conil partner che se li accolla. Con la conse-guenza che non verranno mai risolti, ma sol-tanto "tamponati". Altri due ruoli da evita-re sono quello del partner autoritario (il suomantra è: "le regole le decido io!") e quel-lo del partner sottomesso, che pur di non es-sere abbandonato cerca in tutti i modi di ren-dersi indispensabile e di soddisfare ogni de-siderio. Equilibri che non reggono nel tem-po: rabbia e frustrazione prima o poi esplo-deranno. La ricetta per un matrimonio feli-ce non esiste, ma si possono evitare accu-ratamente alcune abitudini, mentali e non,che quasi certamente portano al fallimento.

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mantenere il cosiddetto "quieto vivere" siva verso un disastro annunciato. Insieme siè, infatti, compagni d’armi, ma si può e sideve anche combattere per se stessi. Per af-fermare le proprie convinzioni e manife-stare desideri. Fare finta di niente non è lasoluzione dei problemi.L’affidabilità è un altro pilastro su cui co-struire un rapporto solido. Poter contare l’u-no sull’altro è fondamentale se non ci si vuo-le sentire isolati, soli o addirittura traditi.Attenzione: questo non vuol dire diventaresimbiotici o dipendenti. Ognuno deve man-tenere i propri interessi, i propri spazi per-sonali e anche i propri segreti (vi piacereb-be se vostro marito o vostra moglie vi rior-dinasse la scrivania, mettendo a posto i cas-setti e frugando fra le vostre cose?).Ma i pericoli non sono finiti. Anche aspet-tarsi che dall’altro ed esclusivamente da leio lui, dipenda la nostra felicità è sbaglia-to. Ognuno deve cercare la propria felicitàin autonomia. Naturalmente sapendo di a-vere al proprio fianco un insostituibile al-leato. Più frequente di quanto non si pos-sa pensare è, inoltre, il convincimento chela nostra dolce metà sia dotata di telepatia.Viene da sorridere, eppure in molti casi lacausa di grandi frustrazioni sta nel fattoche non si è comunicato un bisogno o unanecessità, ritenendo che l’altro sia dovero-samente tenuto a leggere negli occhi quel-lo che proviamo. Allo stesso modo, cerca-re di interpretare il partner invece di por-gli una domanda diretta può portare a so-lenni cantonate.Da ricordare: la base su cui costruire è sem-pre la fiducia. Se manca questo mattone nonsi può parlare di una vera relazione. Esseretormentati dal dubbio e controllare il part-

Abitudine, quella tranquillità ad alto rischiohe noia, che barba, che barba, che noia!». Ricordate iltormentone della mitica Sandra Mondaini? È piaciuto tanto

perché le abitudini consolidate sono una delle componenti che, più diogni altra, contribuisce a spegnere la coppia. E che spesso porta a cercarenovità al di fuori di essa. Certo, conoscersi a fondo, condividere le piccolecose di ogni giorno è rassicurante, ma non ci si deve appiattire su questo.Dopo un po’ la stanchezza bussa alle porte anche nella coppia piùaffiatata. "Ormai so tutto di lui e le confessoche ogni tanto mi annoio!". Sono le paroledi un paziente allo psicoterapeuta. Ecco,arrivare a questa conclusione significa nonaver capito granché del funzionamentodell’individuo. Come non possiamo pensaredi conoscere tutto di noi, a maggior ragioneè impossibile conoscere a fondo il nostropartner. Quindi, bando alla rassegnazione. Ognuno, nel corso della vita,può riservarci sorprese e aspetti inediti. Basta pensare all’effetto deltempo sulle persone, sul mondo nel suo insieme e possiamo constatareche davvero tutto è mutevole, anche se le cose ci sembrano sempreuguali. Serve allora cambiare prospettiva: invece di accusare l’altro diessere insopportabile, mettiamoci in discussione e proviamo a cambiarenoi per primi. Cosa possiamo fare per rendere la nostra vita più gradevolee meno prevedibile? Guardiamo l’agenda e riflettiamo un attimo: forse gliimpegni sono un po’ monotoni. Introduciamo qualche novità

cominciando dal tempo libero. È proprio necessario andare a trovare isuoceri a pranzo tutte le domeniche? E andare in vacanza sempre nellostesso posto o nello stesso periodo? Ma chiediamoci anche se è utileindossare ogni sera lo stesso pigiama, se alla mattina, qualche volta, non èil caso di fare colazione insieme al bar prima di affrontare i propriimpegni. L’elenco potrebbe essere infinito. Non è certo facileabbandonare le consuetudini, il partner sulle prime potrebbe rimanere

spiazzato, ma certamente l’unione trarràgiovamento dall’introduzione di varianti sultema. Questo naturalmente non vuol direche dobbiamo cambiare gusti o preferenze,semplicemente allenarci a guardare nuoviorizzonti e immaginarci in situazionidiverse. Albert Einstein spiegava: "gli esseriumani sono strani: vedono che una risposta

non funziona, allora riprovano allo stesso modo, però di più!". Roba damatti, vero? Eppure facciamo proprio così. Ragionare in questo modonell’ottica di coppia è particolarmente devastante perché ci dà l’illusionedi sapere com’è fatto l’altro. Dunque, non abbassiamo mai la guardia.Come consiglia l’esperto, bisogna cercare di prestare attenzione, di averecura di noi per quello che siamo realmente, in ogni momento. Cercandodi badare all’altro, senza avere la presunzione di conoscere già le suequalità e i suoi difetti. Ci costerà un po’ di fatica in principio, maseguendo questa traccia certamente non ci annoieremo. (G.Sc.)

Conoscersi a fondo, condividere le piccole cose di ogni giorno è rassicurante, ma prima o poi la stanchezza bussa alla porta

anche nella coppia più affiatata

settembre 2018 25NOI famiglia vita «Istruzioni» per la vita di coppia

Non succede solo nelle favole

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romossa dal Forum delleassociazioni familiari del

Lazio e dal Centro per laPastorale della Famiglia del

Vicariato di Roma, è in programma laSettimana della famiglia, dal 6 al 14ottobre. «Nove giorni di eventi perascoltare la vita delle famiglie, con legioie e le fatiche di ogni giorno –spiegano i promotori –. Spazi e luoghiche diventano laboratori per riflettereinsieme e costruire il futuro».Il tema di questa edizione è“Famigli@giovani”. Quattro imomenti: stare insieme per impararel’affetto, fare insieme, istruzioni perl’uso del sistema famiglia; riflettereinsieme per irrobustire la speranza delsistema; celebrare insieme, intornoall’altare come mensa familiare.Per iscrizioni e ulteriori informazioni:373.878.5284 - mail:[email protected].

P

innovare costantemente l’annunciodel Vangelo e vivere il sacramento

del matrimonio come un dono per speri-mentare l’amore autentico, permettendo al-le famiglie di andare in profondità alla pro-pria vocazione. Si inserisce in questa pro-spettiva il libro di don Francesco Scanzia-ni, I colori dell’amore che contiene ottoschede per coppie e per gruppi di spiri-tualità familiare.Sacerdote della diocesi di Milano, docente diantropologia teologica al seminario arcive-scovile di Venegono e alla Facoltà teologicadell’Italia settentrionale, da anni si occupa dispiritualità familiare. In questo volume – lecui schede hanno costituito un efficace stru-mento di riflessione per i gruppi di spiritua-lità dell’unità pastorale Belledo- Caleotto-Germanedo di Lecco, diocesi di Milano – ilVangelo è fatto entrare nelle mura domesti-che e le caratteristiche dell’amore che sanPaolo elenca nell’Inno alla carità della primalettera ai Corinzi, sono approfondite attra-verso otto parabole evangeliche.Don Scanziani parte dalla constatazione del-la «sorprendente sintonia tra il messaggiodella parola di Dio e l’esperienza quotidianadegli sposi». In seno a una famiglia si incon-trano sia lo sguardo femminile che quellomaschile, e il messaggio evangelico si calanella concretezza delle aspirazioni, delle fa-tiche, delle domande concrete.Crescere alla scuola del vangelo come fami-glia, però, abbisogna di un metodo che con-senta alle famiglie stesse di non isolarsi. Perquesto motivo sono nati spontaneamente igruppi di spiritualità familiare che hanno do-

nato questo strumento di lavoro ad altre cop-pie: «Si tratta di famiglie – si legge nel volu-me – che, insieme e in preghiera, si mettonoin ascolto del vangelo per imparare a collo-quiare con Dio, per crescere nel dialogo trasposi e con altre famiglie». È un metodo cheaiuta le famiglie a imparare ad amare, che èpensato dalle famiglie stesse e che non è a-vulso perciò dal loro vissuto.Le lectio contenute nel libro permettono diapprofondire otto passaggi dell’inno paolino,spiegati attraverso altrettante parabole evan-geliche. Otto passaggi legati strettamente al-la vita familiare. Ricchezza, rispetto dell’al-tro, perdono, scoperta dell’importanza dellastoria in cui si è inseriti, sono alcuni dei pun-ti trattati nel libretto.

Ecco spuntare nelle riflessio-ni alcuni elementi che posso-no erodere la stabilità di un le-game d’amore. Perché puòaccadere nella coppia si insi-nui la fatica della condivisio-ne «fino a ritrovarsi a parlaresolo con se stessi», oppure chela conoscenza del coniuge di-venti un’arma a doppio taglio.«Il coniuge – si legge – è lapersona che meglio ci cono-

sce e più conosciamo in profondità. Tale in-timità è un dono, ma può divenire anche unpericolo. Ne abusiamo, ad esempio, quandoabbiamo la pretesa di giudicare l’altro. Pro-prio la trasparenza dell’altro può rendercipresuntuosi, sino al disprezzo». La Parola diDio diventa una scuola: nella quale il Mae-stro insegna che domandare scusa, metten-dosi nell’atteggiamento del pubblicano del-la parabola e non del fariseo che sale al tem-pio. «Anche nella coppia abbiamo bisogno

di verificare quanto abbiamo il coraggio diammettere i nostri errori e l’umiltà di chie-dere scusa».Lo sguardo sull’altro è fondamentale: impa-rare a chiedere scusa, imparare a sorprendersidi chi si ha accanto, sono tratti dell’amoreconiugale. Così come Gesù ci mostra comeesempio di fede l’atteggiamento della donna

o» al tagliodi 10 mi-

lioni in due anni delFondo per l’assi-stenza alle personecon disabilità graveprive del sostegnofamiliare. È l’appel-lo al governo dellaLedha, Lega per i di-ritti delle personecon disabilità. «Que-sto segnale ci preoc-cupa – dice Alessan-dro Manfredi, presi-dente di Ledha –.Perciò chiediamo alGoverno il reintegrototale del Fondo».

N« roseguono gliincontri di spi-

ritualità per coppiee famiglie, promos-si al SantuarioSant’Antonio di Bo-ves (Cuneo). Ilprossimo appunta-mento, sul tema“Venire al mondo.Consapevoli di na-scere e altrettantonel rinascere”, è inprogramma dal 12al 14 ottobre. Perinformazioni e i-scrizioni: [email protected].

P

a gravissima denatalità e le sue con-seguenze sul piano della ripresa eco-

nomica e della sostenibilità del sistemadi welfare. Di questo si è discusso allaConferenza della famiglia, promossa aBari dalla Regione Puglia, con l’obietti-vo di costruzione dal basso, in collabo-razione con gli enti locali, le associazio-ni familiari, i sindacati e le associazionidatoriali, un Piano di Politiche familiari.

L

Il nuovo libro di donFrancesco Scanzianiparte dallʼesperienzadei gruppi familiari per spiegare come il Vangelo alimenta il dialogo tra coniugi

RBarbara

Garavaglia

Lazio, una Settimanasu giovani e famiglia

Disabili,appellodella Ledha:«No al tagliodel Fondo»

(Ri)nascereA Bovesincontriper coppiee famiglieIN BREVE

Puglia, un Pianocontro la denatalità

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NOI26

famiglia vita La preghiera e la vita

Scoprire che la Parola di Dio

Page 27: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché

cananea, così ciascuno può prendere lezionida chi è accanto quotidianamente. «La fami-glia è una palestra che allena, a volte doloro-samente, a questa imprevedibilità: a volte so-no i figli a regalarci splendide lezioni di vita.Persino di fede, se stiamo ad ascoltarli. […]Sarebbe una sosta preziosa fermarsi a osser-vare quanto abbiamo imparato gli uni dagli

mettendosi in gioco. Don Francesco svela al-cuni meccanismi che nelle relazioni diventa-no deleteri: mettere l’accento sui difetti, cer-care di correggerli per "il loro bene", invecedi valorizzare l’altro. Dio, come il padronedella parabola, insegna come fare: il Padre co-nosce i propri servi, dona a ciascuno secon-do le proprie capacità e lascia il tempo per traf-ficare i talenti ricevuti. Così come ciascunodovrebbe fare con il coniuge e con i figli.Un tema non facile da affrontare è quello delperdono. Pietro domanda a Gesù quante vol-te occorre perdonare, ma nella pagina evan-gelica la risposta che si trova è sorprenden-te: il perdono parte dal cuore di Dio. Propriodalla consapevolezza di essere perdonati, na-sce la possibilità di perdonare. Ed esercitareil perdono in famiglia è fondamentale. DonFrancesco suggerisce di partire dal fatto checiascuno è perdonato da Dio e anche dal pro-prio coniuge. Attingere entrambi, ad esem-pio, nello stesso giorno al sacramento del per-dono può essere un’occasione di crescita.Gesù insegna che proprio la quotidianità,se la si sa guardare, parla di Dio. Ciascu-no deve esercitare la propria libertà pertrovare la perla nascosta nel campo, cioèil Regno. E il tesoro è lì, nella vita nellaquale si è immersi.Quindi don Scanziani suggerisce come stiaproprio nella realtà che ciascuno abita, la chia-ve per vivere il vero amore. Un amore che ètensione verso la felicità e che guarda allameta senza cancellare la fatica del percorso,che, partendo dalla consapevolezza della cu-ra di Dio per ciascuno, pone la domanda suquale cura ognuno ha dell’altro e che si preoc-cupa di custodire il bene che c’è, piuttosto chedi estirpare il male.

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altri vivendo insieme: dal coniuge, dai figli.La famiglia è la prima scuola di vita. Osia-mo condividere con l’altro le sorprese che ciha regalato il tempo, anche su Dio».Interessante la meditazione sulla famosissi-ma parabola dei talenti: una lettura che evi-denzia l’importanza di incominciare una "ca-tena buona", anche rischiando i propri beni,

ono aperte fino al 2 dicembre,le iscrizioni al primo Master u-

niversitario in Pedagogia della fa-miglia, promosso dalla Facoltà diScienze della formazione, dell’U-niversità Cattolica di Brescia, inprogramma dagennaio 2019 adaprile 2020. «In un contestosociale semprepiù articolato ecomplesso – spie-ga il professorLuigi Pati, diret-tore del Master –la famiglia è chiamata ad affron-tare nuove sfide educative. È unafamiglia sollecitata come mai inaltre epoche storiche a misurarsi inmodo permanente con l’imprevi-sto, l’indefinibile, l’inedito. La ri-flessione pedagogica ha il compi-

to di aiutare la famiglia a qualifi-carsi come luogo di educazione edi cura, che interagisce con le al-tre istituzioni educative del terri-torio in cui è situata».In questo scenario, prosegue Pati,

«il Master intendeoffrire agli opera-tori e ai ricercato-ri, che a diverso ti-tolo lavorano, ointendano lavora-re con la famigliae per la famiglia,le conoscenze e lecompetenze spe-

cialistiche per promuovere, pro-gettare, realizzare interventi for-mativi a sostegno delle funzioni e-ducative della famiglia al fine difavorirne l’empowerment».Per informazioni: [email protected]

Siprendono i gruppi di parolaper figli di genitori separati,

promossi dal Servizio diPsicologia clinica per la coppia ela famiglia dell’UniversitàCattolica di Milano. Gli incontrisi terranno in via Nirone il 3, 10,17 e 24 ottobre, dalle 17 alle 19. Igenitori sono invitati a un incontroprima dell’avvio del gruppo, inprogramma il 26 settembre alle18,30 e possono chiedere uncolloquio successivo agli incontricon le conduttrici del gruppo. «Un gruppo di parola – spieganole mediatrici familiari CostanzaMarzotto, Paola Farinacci, MartaBonadonna, responsabili delprogetto – è un luogo per lo

scambio e il sostegno tra bambinidai 6 ai 12 anni e ragazzi dai 12 ai17 anni, i cui genitori sonoseparati o divorziati. I figli, infatti,sono coinvolti nella crisi deigenitori e non sanno bene comeesprimere la rabbia, la tristezza, idubbi, le difficoltà che incontrano.A volte, non sanno nemmeno conchi parlarne».Nel gruppo, allora, i ragazzipossono così «esprimere ciò chevivono attraverso il disegno, igiochi di ruolo e la scrittura».La partecipazione ai gruppi ègratuita. Per le iscrizioniscrivere [email protected].

R

Un Master in Pedagogia della famigliaper affrontare le nuove sfide educative

AllʼUniversità Cattolicai gruppi di parolaper i figli di separati«In questo modo i ragazzidicono ciò che provano»

settembre 2018 27NOI famiglia vita La preghiera e la vita

cʼentra con la vita della coppia

Otto lectiosullʼinno di Paolo

Francesco Scanziani, sacer-dote ambrosiano, proponeun cammino per coppie eper gruppi di spiritualità fa-miliare. Nel libro I colori del-lʼamore (Edb, 9 euro), com-menta la seconda parte del-lʼinno di san Paolo (1Corinti13,18). I commenti sono sud-divisi in otto lectio che per-mettono di approfondire al-trettanti passaggi dellʼinnopaolino attraverso paraboleevangeliche. Lʼinno alla ca-rità di san Paolo è già servi-to a Francesco per costruireil quarto capitolo di Amorislaetitia (Lʼamore non si gon-fia, non si vanta, non mancadi rispetto, non cerca il suointeresse, non tiene contodel male ricevuto, si com-piace della verità. E infine lʼa-more tutto copre e tuttosopporta) (B.G.)

IL L

IBRO

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Lʼadozione “vicina”allontana l̓ aborto

n’adozione a distanza... ravvici-nata. Il Progetto Gemma, ideato nel 1994da tre personalità del Movimento per laVita, è divenuto subito un servizio na-zionale, contro l’aborto e in difesa dellavita. Esso è stato suggerito dalle molte«adozioni a distanza» mediante le qualiil versamento di una piccola somma men-sile ad una organizzazione operante neiPaesi più poveri della terra, è destinata auna singola persona bisognosa, per lo piùun bambino abbandonato o comunquepovero, consentendone l’alimentazione,l’istruzione scolastica, l’educazione. L’a-dozione è un antico istituto giuridico. Nelnostro tempo è stata configurata la spe-cifica adozione dei minori come stru-mento per attuare il loro proclamato di-ritto alla famiglia. Nel caso in cui unbambino sia rimasto privo di genitori,perché morti o perché da essi abbando-nato fisicamente o moralmente, è auspi-cabile la sua adozione da parte di unacoppia idonea. L’abbandono è il neces-sario presupposto per l’adozione, anchese è doveroso fare tutto il possibile per-ché l’abbandono non ci sia, ma se essoè irrimediabile l’adozione inserisce il mi-nore in una famiglia equiparandolo a unfiglio sotto ogni profilo.L’adozione a distanza è cosa diversa. Es-sa non crea alcun legame giuridico conl’adottante. Il rapporto con il minore èsoltanto spirituale: l’adottante sa che inun paese lontano c’è un bambino che cre-sce e che è educato anche con il suo aiu-to mensile. Il minore lontano viene cosìinserito solo spiritualmente nella famigliadell’adottante. In Italia sono sessanta le organizzazioniche si occupano di adozione a distanza.Anche dal Mpv è stata generata una strut-tura che si chiama «Progetto Agata Sme-ralda» che realizza l’adozione a distan-za in Brasile e in altri Paesi del mondo.Agata Smeralda è il nome assegnato al-la bambina lasciata il 5 febbraio 1445nell’ospedale degli Innocenti a Firenze.«Agata» perché quel giorno era la festadi Sant’Agata e «Smeralda» per indicar-ne la preziosità.Ma il più grave abbandono di un bambi-no non è quello in cui i genitori sonomorti, oppure se ne sono andati ovverosono incapaci di mantenerlo ed educar-lo. Il più grave abbandono è quello del-l’aborto: una madre per liberarsi del fi-glio, lo distrugge. In molti casi questoavviene perché la donna avverte comeinsuperabili le difficoltà in cui si trova,

rese più pesanti dal dovere di mantene-re un figlio. Questo abbandono non av-viene in Paesi lontani, ma vicino a noi,nella nostra Italia e spesso nella nostracittà. Come evitarlo? La condizione delfiglio prima della nascita è particolaris-sima e irripetibile. La sua vita non è sol-tanto nel seno della madre, ma anche nel-la mente e nel cuore di lei. Bisogna dun-que aiutare la madre ad avere coraggionon solo a parole, ma anche con un so-stegno concreto; ecco perché lo slogandi Progetto Gemma è: «Adotta una mam-ma, salva il suo bambino». Naturalmen-te il compito di difendere la vita nascentegrava primariamente sullo stato e sullepubbliche istituzioni. Ma il volontariatoprima che offrire un esempio, esplica u-na efficacia particolare nel risvegliare ilcoraggio della donna in difficoltà.

Una garanzia di durataIl contatto tra la gestante e il Centro diAiuto alla Vita è indispensabile perchépossa svolgersi il servizio di sostegno al-la donna per superare le difficoltà dellagravidanza, tra le quali il disagio econo-mico (mancanza di lavoro o di abitazio-ne, debiti da pagare, etc…) è molto fre-quente. Il centro locale interviene auto-nomamente come può. L’attenzione del«Progetto Gemma» non può servire da

L’11 aprile 2014, papa Francescoaccolse i rappresentanti dei Cav edel progetto Gemma. Riportiamoampi stralci di quell’interventoaluto i Presidenti dei Centri diAiuto alla Vita e i responsabili dei

vari servizi, in particolare del "ProgettoGemma", che in questi 20 anni hapermesso, attraverso una particolareforma di solidarietà concreta, la nascitadi tanti bambini che altrimenti nonavrebbero visto la luce. Grazie per latestimonianza che date promuovendo edifendendo la vita umana fin dal suoconcepimento! Noi lo sappiamo, la vitaumana è sacra e inviolabile. Ognidiritto civile poggia sul riconoscimentodel primo e fondamentale diritto,quello alla vita, che non è subordinatoad alcuna condizione, né qualitativa néeconomica né tantomeno ideologica."Così come il comandamento "nonuccidere" pone un limite chiaro perassicurare il valore della vita umana,oggi dobbiamo dire "no a un’economia

dell’esclusione e della inequità".Questa economia uccide … Siconsidera l’essere umano in se stessocome un bene di consumo, che si puòusare e poi gettare. Abbiamo datoinizio alla cultura dello "scarto" che,addirittura, viene promossa" (Esort.ap.Evangelii gaudium, 53). E cosìviene scartata anche la vita (...).Occorre pertanto ribadire la più fermaopposizione ad ogni diretto attentatoalla vita, specialmente innocente eindifesa, e il nascituro nel senomaterno è l’innocente per antonomasia.Ricordiamo le parole delConcilioVaticano II: "La vita, una voltaconcepita, deve essere protetta con lamassima cura; l’aborto e l’infanticidiosono delitti abominevoli"(Cost.Gaudium et spes, 51). Io ricordouna volta, tanto tempo fa, che avevouna conferenza con i medici. Dopo laconferenza ho salutato i medici -questo è accaduto tanto tempo fa.Salutavo i medici, parlavo con loro, e

S

solo a superare tutte le difficoltà, perchéesso prevede la corresponsione di 160euro al mese per 18 mesi. Nell’adozio-ne a distanza vengono corrisposte men-silmente somme molto inferiori, ma bi-sogna riflettere che nel terzo mondo il co-sto della vita è di gran lunga inferiore aquello dei Paesi sviluppati. Se 160 euromensili in Italia non possono superare lapovertà, il Progetto Gemma va inseritonel contesto della condivisione offerta

UMarina Casini*

Antonella Mugnolo**Gianni Vezzani***

Il Papa: «Bambini salvati da

settembre 2018

NOI28

famiglia vita Solidarietà

Con il ProgettoGemma, gestito dai

Centri di aiuto alla vita,si sostengono le

maternità difficili,corrispondendo alle

mamme e al neonato160 euro per 18 mesi

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uno mi ha chiamato in disparte. Avevaun pacchetto e mi ha detto: "Padre, iovoglio lasciare questo a lei. Questi sonogli strumenti che io ho usato per fareabortire. Ho incontrato il Signore, misono pentito, e adesso lotto per la vita".Mi ha consegnato tutti questi strumenti.Pregate per quest’uomo bravo!A chi è cristiano compete semprequesta testimonianza evangelica:proteggere la vita con coraggio eamore in tutte le sue fasi. Vi incoraggioa farlo sempre con lo stile dellavicinanza, della prossimità: che ognidonna si senta considerata comepersona, ascoltata, accolta,accompagnata.Abbiamo parlato dei bambini: ce nesono tanti! Ma io vorrei anche parlaredei nonni, l’altra parte della vita!Perché noi dobbiamo aver cura anchedei nonni, perché i bambini e i nonnisono la speranza di un popolo. Ibambini, i giovani perché lo porterannoavanti, porteranno avanti questopopolo; e i nonni perché hanno la

saggezza della storia, sono la memoriadi un popolo. Custodire la vita in untempo dove i bambini e i nonni entranoin questa cultura dello scarto e vengonopensati come materialescartabile. No! Ibambini e i nonni sonola speranza di unpopolo!Cari fratelli e sorelle, ilSignore sostengal’azione che svolgetecome Centri di Aiutoalla Vita e comeMovimento per la Vita,in particolare ilprogetto "Uno di noi".Vi affido alla celesteintercessione dellaVergine Madre Maria edi cuore benedico voi e le vostrefamiglie, i vostri bambini, i vostrinonni, e pregate per me che ne hobisogno!

Papa Francesco© RIPRODUZIONE RISERVATA

vizio. I Cav segnalano le richieste, do-cumentando le difficoltà della donna e ilgrave rischio di aborto. Se le domandedi adozione sono numerose, una specia-le commissione sceglie quella da acco-gliere. Chi eroga l’aiuto economico èsempre il Cav, non la Fondazione VitaNova la quale tiene un costante rappor-to con il Cav al fine di conoscere l’an-damento della gravidanza e il risultatodel Progetto, comunicandoli tempesti-vamente alla persona o al gruppo adot-tante. È indispensabile che sia il Cav lo-cale a corrispondere mensilmente la som-ma in denaro o in servizi di uguale va-lore, sia perché il Cav può integrare ilProgetto Gemma, sia perché la continuitàdell’amicizia dei volontari è un elemen-to risolutivo per superare le difficoltà del-la gravidanza. Alla nascita del bambi-no la madre può inviare una fotogra-fia del bambino o della bambina all’a-dottante tramite la Fondazione: l’im-magine del bimbo o della bimba è u-na consolazione che spesso suggeriscedi offrire altre adozioni.Il contatto tra l’adottante e la Fondazio-ne (che ha sede a Milano, via Via Bes-sarione 25, cap 20139) può essere in-staurato sia telefonicamente(02/48702890 oppure 02/56805515), siavia mail ([email protected]), sia tramite il servizio postale. Lasomma di 160 euro per 18 mesi (in tota-le 2.880) può essere versata in un’unicasoluzione o in più volte alla Fondazioneche provvede a inviarla al Cav che segueil caso. In questo modo è garantita la si-curezza dell’esecuzione del Progetto. Na-turalmente occorre anche la collabora-zione diligente dei Cav per evitare pos-sibili frodi. Può capitare, infatti, che u-na donna senza essere incinta cerchi diottenere del denaro; oppure può capita-re che una gestante si rivolga a più Cavcon la speranza di raggiungere una mag-giore somma di danaro. Il Cav dunquedeve corredare la domanda del ProgettoGemma con la prova della gravidanza econ una dettagliata relazione mediantela quale sia provato il grave rischio di a-borto. Bisogna anche indicare con cer-tezza la identità della donna in modo daevitare che richieste plurime siano fattecon nomi diversi a più Cav. È ovvio cheil dotare di sostegno la maternità, gravain primo luogo sullo Stato per una pre-cisa prescrizione costituzionale. È ne-cessario, perciò, chiedere allo Stato e al-le Istituzioni pubbliche di intervenire asostegno anche economico delle mater-nità difficili.

dal centro locale. Il vantaggio del Pro-getto Gemma è che esso assicura la cor-responsione del denaro per un periodoprolungato di tempo e dunque è in gra-do psicologicamente di contribuire inmodo efficace alla prosecuzione dellagravidanza. Chi può essere adottante?Tutti possono offrire aiuto. L’esperienza,però, dimostra che spesso sono gruppiad assumersi impegni. In passato, persi-no in un carcere sono stati raccolti denari

per effettuare un Progetto Gemma. Piùfrequentemente gli adottanti sono statiuffici, scuole o parrocchie. Ci sono alcunieventi che hanno suggerito l’adozione adistanza ravvicinata ai partecipanti a ce-rimonie religiose, particolarmente signi-ficative nell’indicare il valore della vita:battesimi, matrimoni funerali. Nel bat-tesimo un neonato viene introdotto nel-la Chiesa ed è bello pensare al salva-taggio di un altro bambino che rischiadi non essere introdotto neanche nelmondo dei neonati. Il matrimonio è il sa-cramento dell’amore che genera la vi-ta: due sposi possono pensare di co-minciare subito a dare la vita ad un bam-bino minacciato di morte e possonocoinvolgere in questo loro proposito tut-ti i parenti e gli amici che partecipanoalla festa. Nella visione cristiana la mor-te è il passaggio alla Vita vera. QualcheSanto ha parlato di una seconda nasci-ta. Così, il Progetto Gemma, realizzatonel dolore della dipartita di qualcuno, èanche un modo per rendere più viva lapreghiera di suffragio e per affermareche la vita continua.

Il bisogno di sostegno alle maternitàLa gestione del Progetto è stata affidatadal Mpv Italiano alla Fondazione VitaNova che garantisce la puntualità del ser-

unʼeconomia che uccide»

settembre 2018 29NOI famiglia vitaSolidarietà

Tutti possono offrire aiutoSpesso ad assumersi lʼimpegno sono gruppi (uffici, scuole,parrocchie). Persino i detenuti di uncarcere sono stati protagonisti diunʼadozione. Le donazioni possonorappresentare anche il regalo di nozze

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Page 30: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché

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NOI30

famiglia vita Solidarietà

re lettere testimonianza scritte datre mamme ai loro «adottanti» in

conclusione del Progetto Gemma che le hasostenute e seguite per 18 mesi. Eccole diseguito.«Aurora il nostro frutto più bello»«Cari amici di Progetto Gemma, siamo arri-vati alla conclusione del nostro percorso in-sieme. Con questa lettera, vogliamo ringra-ziavi per il forte sostegno che ci avete dato inquest’anno! L’amore gratuito che ci avete ri-servato, è una virtù rara da trovare e difficileda comprendere con la mentalità di un mon-do totalmente immerso nel suo egoismo. Gra-zie anche a voi, abbiamo avuto il coraggio discegliere la Vita, ed oggi abbiamo la possibi-lità di godere il frutto più bello: Aurora! Orala nostra piccola ha 12 mesi, è solare, pienadi vitalità, simpatica, intelligentissima! Ognigiorno scopriamo qualcosa di nuovo: si alzain piedi, sposta i primi passi, impara nuove pa-role, è sempre una scoperta. Dio è stato fede-le con noi, non ci ha mai fatto mancare nien-te, e ci ha resi orgogliosi e felici della nostra

scelta. Spero e auguro a tutti voi di speri-mentare questo amore grande e questa fedeltàche non lascia spazio a delusioni quando timetti nelle Sue mani! Un saluto di cuore, congrande affetto e riconoscenza. La famiglia chestate aiutando».«Abbiamo avuto un Angelo custode»Caro signor Gianni, ci decidiamo finalmentea scriverle. Probabilmente questa è l’ultimalettera, e con la presente vogliamo ringraziar-la per tutto quello che ha fatto per noi. A noipiace immaginarla come un nostro «Angelo cu-stode» con il quale abbiamo fatto un pezzo distrada e che anche se le nostre strade si divi-deranno rimarranno sempre parallele. Certomolti problemi rimangono, ma piano piano so-no sicura che si risolveranno. Quando poi guar-do i miei figli, mi sento una forza indescrivi-bile, e non finisco mai di ringraziare il Signo-re. Federica cresce paffutella e vivace ora hadodici mesi e si fa voler bene da tutti e ne com-bina di tutti i colori, stimolata soprattutto daisuoi fratelli più grandi che la adorano. Uniconeo è il lavoro di mio marito che è sempre pre-cario, e questo porta un po’ di insicurezza so-prattutto a lui che parla solo di bollette e debi-ti vari e dice che quest’anno sarà molto auste-

ro per noi. Ma io gli dico che va bene così chenon è necessario fare grandi cose, ma le pic-cole cose che ci porteranno gioia. Ora la salu-to, se veramente lei è un angelo custode avràaltre persone da custodire, forse meno fortu-nate di noi, ma anche loro riceveranno un mi-racolo ad incontrarla sulla loro strada, e comenoi, capiranno che la Misericordia di Dio cisempre vicina e ci avvolge tutt’intorno. Un au-

Le mamme aiutate:«Miracolo. Grazie»

Tuttavia, per raggiungere il fine dievitare l’aborto l’azione delvolontariato ha una efficaciaaggiuntiva perché libera daingranaggi burocratici e perchédimostra un affetto per il bambinoche deve nascere e per la suamamma che, i funzionari delleistituzioni pubbliche riescono menobene a dimostrare nel compiere attidovuti. Perciò il Progetto Gemma,nonostante la modestia dellasomma erogata mensilmente è statotalvolta qualificato come una«carezza» economica che siaggiunge alla operosa amicizia econdivisione del Cav locale.Uno strumento educativoÈ dimostrato che l’innato coraggiofemminile diventa privo dimotivazioni quando la donna vieneconvinta che nel suo seno non vi èun figlio, un essere umano, uno di

noi, ma soltanto un grumo dicellule, un tessuto insignificantecome un capello o un pezzetto dipelle. L’impegno del Mpv ègiustamente diretto a testimoniarel’identità umana del concepito, maspesso la discussione teorica ècontrastata con polemicheinfondate il cui effetto è che lamaggior parte dei cittadini, nonvuole esserne coinvolta e distoglielo sguardo dal concepito. IlProgetto Gemma, invece,testimonia la verità con amore chenon può essere contestato e che,perciò, ha una grande efficaciapersuasiva. Ciò vale non solo per lagestante in difficoltà, ma –soprattutto – per gli adottantispecialmente quando essi sono unacomunità. Se in una parrocchiaviene promosso un ProgettoGemma, con i fatti si parla del

bambino concepito e le parole nonpossono essere contestate, ma,anzi, penetrano nella mente e nelcuore. La differente scelta politicadel singolo non può bloccare losguardo sul concepito. Così ilProgetto Gemma diviene ancheuno strumento culturale diprevenzione dell’aborto perchéquanto più numerose sono lepersone che intorno alle gestanti indifficoltà parlano del figlio comefiglio e non come grumo di cellule,tanto più viene risvegliato l’innatocoraggio materno.Una storia da moltiplicareI bambini salvati fino ad oggi sono,con una media di 950 all’anno per24 anni, ben 22.800. Se calcoliamoper anno, sono stati stanziati e poiutilizzati annualmente 2.736.000,00moltiplicati per 24 anni dal maggiodel 1994 a oggi sono 65.664.000

euro tutti frutto di erogazioni libereda parte dei nostri cari adottanti chesono realmente «carissimepersone» molte delle quali hannoscelto, consapevolmente, che il loroimpegno nella vita, fosse quello disalvare altre vite tramite il ProgettoGemma. Sono davvero i nostripilastri. A quaranta anni dall’approvazionedella Legge 22 maggio 1978 cheha legalizzato l’aborto in Italia nonè realisticamente immaginabile unasua abrogazione perché l’attualecomposizione del Parlamentoitaliano non sembra consentirlo. Èpossibile, però, un suosuperamento, come la Chiesaitaliana ha chiesto di fare findall’entrata in vigore della norma.Superare significa agire in modo daridurre il più possibile le uccisionidei bambini non ancora nati fino a

Dal 1994 lʼadozione prenatale adistanza ha permesso a tantedonne di dare alla luce le loro«gemme». Ecco le testimonianze

«Abbiamoavuto il coraggio di scegliere la vita e ora lanostra Auroraha 12 mesi»«Guardare unfiglio è sentireuna forzaindescrivibile»

segue da pagina 29

Ta cura

di Antonella Mugnolo

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settembre 2018 31NOI famiglia vitaSolidarietà

gurio a lei e a tutti quelli che ha nel suo cuore.La mamma che sta aiutando».«Grazie a voi è nato Francesco»«Carissimi sono passati quasi due anni, daquando ci siamo trovati di fronte alla deci-sione di tenere il nostro terzo bambino. Io sen-za lavoro, mio marito con lavoro precario, e-ra già difficile andare avanti con due bambi-ni. Ma poi mi è stata tesa una mano era la vo-

stra, e da li la decisione di portare avanti la gra-vidanza. Grazie a voi è nato Francesco, e sìFrancesco come il nostro attuale e caro Papa.Io e la mia famiglia vi ringraziamo di cuoreper quello che avete fatto ed anch’io cercheròdi ricambiare aiutando con umanità cristianaaltre ragazze che come me sono in difficoltà.Vi saluto. La mamma che state aiutando».

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rendere la legge inoperante perchénon applicata. La strada direttaverso questo obiettivo si apre con ilriconoscimento nella coscienzacollettiva della piena umanità delconcepito. Nemmeno la Legge 194esplicitamente lo nega, ma il suolinguaggio equivoco econtraddittorio induce lemoltitudini a non pensare al figlioprima della nascita. Nella preghierache chiude l’Enciclica Evangeliumvitae, San Giovanni Paolo II chiedea Maria Aurora del mondo nuovoche i cristiani «sappiano annunciarecon franchezza ed amore il Vangelodella Vita». Questo è ovviamenteun compito di tutta la Chiesa conogni sua struttura e di ogni singolocredente, ma ci sono strumenti chepossono aiutare l’annuncio. Glistessi Cav non pretendono di avereil monopolio dell’aiuto alla

maternità, ma il loro ideale è diessere l’espressione di una interacomunità che accoglie. Ma i Cavnon sono presenti ovunque e nontutte le persone hanno il tempo e lecompetenze per operare dentro unCav. Progetto Gemma è, invece,uno strumento semplice che puòessere utilizzato ovunque e da tuttiper annunciare il Vangelo della Vitacon franchezza e amore. Perciònon è una fantasia irrealisticapensare che se in ogni comunitàcristiana (parrocchie, scuole,circoli, associazioni) ogni annoviene offerto un Progetto Gemma,il traguardo di un superamentodella legge iniqua divieneraggiungibile.

Presidente MpV Italiano*Responsabile Progetto Gemma**

Presidente Fondazione Vita Nova***© RIPRODUZIONE RISERVATA

giunto il tempo del«rammendo» per le

periferie d’Italia odobbiamo prepararci a unastagione di nuove rotture,etniche e sociali?L’interrogativo con cui siaprirà l’autunno è tutt’altroche peregrino, vista l’estateche abbiamo vissuto:tensioni, oblio, paura, maanche voglia di riemergereda un passato difficile,entusiasmo civile, necessitàdi fare rete. Tutto questo, emolto altro, è andato inscena nelle nostre banlieuesenza che si riuscisse atrovare un filo conduttore:negli angoli sperduti dellenostre città convivonoancora violenza e speranza,tentativi di rinascita socialee gesti di frustrazione. Ilbivio a cui ci stiamoavvicinando è ormaievidente: a sindaci,governatori e parlamentaritoccherà decidere sedividere con la spada ousare l’arte del rammendo,se polarizzare ulteriormenteterritori frammentati dasempre oppure prendere agoe filo per cominciare aricucire. Finora, chi hasaputo semplificare iproblemi dell’Italiadimenticata, facendoseneportavoce, ha avuto ragione,mietendo consensi eapplausi. Chi si è fattocarico della complessità delcaso, distinguendo elavorando a soluzionicomplesse, ha portato a casafischi in quantità industriale.Eppure dividere buoni ecattivi, meritevoli da nonmeritevoli, italiani dastranieri, rischia di darerisultati nel breve,brevissimo termine, ma puòoscurare la prospettiva dimedio e lungo periodo. Èstato emblematico, in questosenso, il caso estivo deltaglio ai fondi per leperiferie approvatonell’ultimo Milleproroghe.In gioco ci sono 96 progettiper un totale di 3,8 miliardiapprovati nella scorsalegislatura: l’80% dei piani

di rilancio di quartierisimbolo del degrado, daScampia a Napoli alquartiere Adriano di Milano.I finanziamenti si sonobloccati e solo un interventonella prossima Legge diStabilità potrebbe garantireche il lavoro già fatto daprogettisti, architetti eingegneri per ridisegnare,concretamente, il volto diintere aree urbane verràprima retribuito e,successivamente, realizzato.La ratio dello stop, lapossibilità cioè di distribuirefondi (peraltro più limitati,si parla di un solo miliardo)a tutti i Comuni, conun’attenzione particolare peri più piccoli, è certamentenobile ma non fa i conti conil fatto che una distribuzionea pioggia delle risorsetendenzialmente finisce perpenalizzare tutti. A pocoservirebbe anche lagiustificata richiesta didanni che molti sindacihanno annunciato di voleravanzare se il bando venissedel tutto azzerato. Verrebbemeno, complessivamente,un’idea di Paese che saripartire dalle propriedifficoltà, senza dividersi trarecriminazioni e sterilipolemiche. Il tema delleperiferie resta uno di quelliin cui la società civile si èmossa assai prima, e meglio,della politica, individuandoper tempo problemi esoluzioni al degrado,all’emarginazione giovanile,all’indebolimento dellacoesione sociale. Da TorBella Monaca alGiambellino, infatti, nonsono mancate e nonmancano esperienze positivedi partecipazione dal basso,di impegno costruttivo econtagioso, di cittadinanzaattiva. Per questo, sarebbeun peccato adesso se tuttodovesse naufragarenell’ennesimo autunno delnostro scontento.

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È

Le periferie, «rammendarle»o perdere tutto

MICROCOSMI

2.0

DiegoMotta

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er alcuni un evento desideratoe per altri un fastidio, per la

maggior parte una normale ripresa del-la realtà. Ma per qualcuno in particola-re il rientro a scuola può rappresentareuna vera e propria fonte di ansia e preoc-cupazione. Stiamo parlando dei tantigiovanissimi che a causa di difficoltà in-tellettive più o meno importanti vivonol’esperienza scolastica con fatica, fru-strazione e malesseri emotivi. All’ori-gine di questo disagio si rintraccianospesso disturbi specifici dell’apprendi-mento, i cosiddetti Dsa, cioè le capacitàdi leggere, scrivere e calcolare. Un fe-nomeno che secondo le rilevazioni sta-tistiche sarebbe in continua escalation.In base all’ultima indagine del Miur,Ministero Università e ricerca, relativaall’anno scolastico 2016-2017, nel no-stro Paese tre alunni su cento sono af-fetti da Dsa. Si tratta complessivamen-te di 254.614 studenti delle scuole ita-liane di ogni ordine e grado, un nume-ro sempre crescente, tanto che nel cor-so di un anno la loro presenza è au-mentata passando dal 2,5 al 2,9%. Il di-sturbo mediamente più diffuso è la di-slessia, difficoltà della lettura (42,5%),seguita dalla disortografia cioè il di-sturbo specifico della scrittura (20,8%),

dalla discalculia, compromissione delleabilità di calcolo (19,3%) e infine dalladisgrafia che riguarda la componente e-secutivo-grafica della scrittura (17,4%).I problemi esplodono nella scuola se-condaria di primo grado dove si registrail picco dell’incidenza: 5,4%, contro il4,03% della secondaria di secondo gra-do e l’1,95% della primaria. Dati checolpiscono e meritano chiarezza: comemai un divario così accentuato tra i bim-bi delle elementari e gli adolescenti chefrequentano già la scuola media? «La ragione sta nel fatto che durante lescuola primaria i segnali dei disturbi diapprendimento raramente vengono rico-nosciuti e tantomeno presi in carico»,spiega Gianni Lanfaloni, psicologo cli-nico dell’Istituto Serafico di Assisi, cen-tro di eccellenza per la riabilitazione e in-novazione scientifica per diverse disabi-lità. Che precisa: «A volte il disturbo puòessere transitorio ed è quindi giusto sta-re attenti a non creare allarmismo. Ma sea fine anno scolastico la difficoltà persi-ste è opportuno verificare che non si trat-ti di semplice ritardo nello sviluppo madi vero e proprio limite che ha una baseneurologica. In questi casi una mancatadiagnosi potrebbe compromettere seria-mente le possibilità di miglioramento co-gnitivo». E poi si arriva alla scuola me-dia, con l’inevitabile aumento delle dif-ficoltà scolastiche e del carico di impe-

gni. «A quel punto assistiamo all’effet-to contrario e cioè a un eccesso di dia-gnosi», fa notare l’esperto. «Davanti al-le situazioni fragili, che devono fare iconti con programmi e valutazioni, gliinsegnanti corrono al riparo suggerendol’approfondimento diagnostico». A que-sto proposito l’esperto tiene a richiama-re l’attenzione sulla correttezza delle dia-gnosi. «I test sono standardizzati ma ilrisultato clinico deve tenere conto delle

Difficoltà a scuola: disturbo

I neurologi: decalogo per valutare il ritardo

ei disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) si parla ormaicosì spesso da correre il rischio di confondere un ritardo fi-

siologico della crescita con un deficit neurologico. Per contribuirea una corretta informazione che eviti gli allarmismi ingiustifica-ti ma permetta di affrontare gli indicatori di possibili disturbi, l’I-stituto Serafico di Assisi con il supporto degli specialisti del Cen-tro di ricerca "InVita" ha redatto un decalogo. Si indica come esistano segnali specifici per riconoscere i rea-li disturbi. Si parla di dislessia se si riscontra difficoltà nella

conversione da segni a suoni vocalici al-l’inizio della prima elementare, che si tra-sforma successivamente in una lettura len-ta e frammentaria, scarsa comprensionedel significato delle singole parole e poidell’intero testo scritto. Per le abilità discrittura, ai primi segnali di una scarsa au-

tonomia nella trascrizione delle parole segue lo scarso con-trollo delle regole ortografiche, la separazione inadeguata del-le parole, l’uso scorretto dell’apostrofo oppure delle regole fo-netiche (errori nell’uso delle doppie o degli accenti). Per lagrafia si riscontrano gravi difficoltà nel passare dallo stampatomaiuscolo al corsivo, nell’incapacità a restare nel rigo, nel-l’imprecisione del tratto, nella postura scorretta, nell’affati-camento e nella lentezza. Le abilità aritmetiche si considera-no compromesse se si manifestano difficoltà iniziali nel con-teggio da 1 a 20 seguite da quelle nel conteggio all’indietro,

D nell’apprendimento mnemonico delle tabelline, nel calcolo amente entro la prima e la seconda decina, nella comprensio-ne del valore posizionale delle cifre.C’è un momento preciso poi per fare una diagnosi che secondol’Istituto è importante richiedere perché una valutazione spe-cialistica permette innanzitutto di capire se effettivamente si trat-ti di un disturbo specifico dell’apprendimento o di verificare lapresenza di eventuali fattori che permettano di svilupparlo. Ladiagnosi può essere fatta solo alla fine della seconda elementa-re per lettura e scrittura e alla fine della terza elementare per leabilità aritmetiche.In presenza dei segnali indicati gli esperti del centro consiglia-no di consultare una struttura sanitaria specializzata nei disturbidel neuro-sviluppo e richiedere una valutazione specialistica cheverrà fatta mediante specifici test. Ci si può rivolgere ai centriper l’età evolutiva dell’Asl o a centri privati accreditati dal Si-stema sanitario nazionale per questo tipo di attività e abilitati al-la diagnosi e alla sua eventuale certificazione. Dopo aver effet-tuato la valutazione e aver validato la diagnosi di un eventualeDsa, sarà compito dell’esperto individuare il percorso opportu-no che dovrà tenere conto di tutte le peculiarità e le manifesta-zioni del disturbo, oltre che di tutte le caratteristiche del bambi-no o del ragazzo. Ogni trattamento dovrà essere personalizzatoe trovare supporto nella scuola attraverso la predisposizione diun Piano didattico personalizzato. (P.Mo.)

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PPaola

Molteni

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famiglia vita Le sfide dell’istruzione

In aumento i casi di DsaGli esperti: problemi a voltetransitori «Si confondeimmaturitàcon patologia»

Redatto dal Centrodi ricerca InVita diAssisi. «Il test allʼAslsolo dopo»

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rancesco, 10 anni, ha imparato a giocare a baseball. Corre, sidiverte ma ciò che lo riempie di gioia è sapere che la squadra

non solo l’ha accolto ma ha bisogno anche di lui. «E non è cosìscontato per un bambino con disturbi del comportamento»,sottolinea la mamma, Claudia, che ancora non si capacità delbenessere raggiunto dal suo bambino dopo gli anni di solitudine edisagio, dalla scuola materna alla prima elementare, fatti di rigidità eincomprensione, di allontanamento dalla classe e perfino diun’espulsione perché «dava fastidio». «Ma il vero problema –riflette Claudia – non era il disturbo del mio bambino. Il limite stavanel contesto che non sapeva accoglierlo veramente e che,isolandolo, accentuava il suo disagio e l’inquietudine».E se oggi Francesco può sentirsi un bambino integrato econsapevole delle sue capacità, è merito soprattutto dell’esperienzafatta a Giocampus Insieme, un progetto attivo da qualche anno nellacittà di Parma che ha per obiettivo l’inclusione di giovanissimi condiverse abilità o problematiche in ambito sportivo, motorio ointellettivo e si inserisce nel più ampio Giocampus, un modelloformativo unico in Italia, nato 17 anni fa da un accordo tra pubblicoe privato. Il programma di attività di Giocampus Insieme,individuato con il Cip, Comitato italiano paraolimpico, durerà pertutto l’anno scolastico, un’ora alla settimana, in tutte le 114 scuoleprimarie del Comune emiliano. «Mettiamo a disposizione deiragazzi con disagio il gruppo, come fondamentale fattore diapprendimento» spiega Andrea Farnese, maestro del movimento,così viene definito l’educatore sportivo all’interno del progetto. «La

F scuola continua a lavorare per percorsi paralleli, tra cosiddettinormodotati e chi ha difficoltà, creando separazioni che enfatizzanola disabilità. Noi cerchiamo di dimostrare quanto sia prezioso lostrumento didattico del confronto e dello scambio. E non miriferisco solo ai benefici rappresentati per i giovani con problemi maanche al valore che questa esperienza trasmette ai loro compagni»,insiste l’educatore. «Aiutare l’amico con fragilità permette di capireil suo sforzo e l’importanza del sostegno che viene dato, attiva imeccanismi di comprensione, sviluppa la capacità di empatia».Farnese traduce in schemi di attività gliobiettivi pedagogici. «Se in classe c’è unbambino in carrozzella, giochiamo a calcio inquattro appoggi strutturando il gioco inautonomia, secondo le performanceindividuali. Con un compagno ipovedente lapalla viene inserita in una busta di plastica e ilgioco viene condotto secondo gli stimoli sonori. Si lavora insommasviluppando risorse e competenze diverse. E si impara sul campoche il limite del compagno può trasformarsi in una risorsa per tutti.È questa la rivoluzione culturale che vogliamo lanciare nel mondodell’educazione». Conclude il maestro: «Ogni giovane con deficit odisabilità non deve essere più considerato diverso ma parteintegrante di un gruppo, che sia una squadra, la classe scolastica o lasocietà intera».

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caratteristiche del soggetto e delle com-ponenti sociali ed emotive. Il rischio è ot-tenere esiti fuorvianti e controproducen-ti». Detto questo, Lanfaloni sottolineaperò che anche un falso positivo è da pre-ferire alla mancanza dell’aiuto compe-tente perché la prevenzione e l’interven-to precoce possono garantire un granderecupero. «Senza contare l’impatto e-motivo che la diagnosi e un percorso disostegno possono avere su questi ragaz-

zi», assicura lo psicologo. «I bambini chearrivano nel nostro centro per i test sonoinizialmente preoccupati e ansiosi ma pa-radossalmente, quando capiscono di nonavere un problema generale di capacitàintellettive ma un disturbo specifico chepuò essere corretto con le opportune i-niziative, si sentono sollevati e ottimistiriguardo al loro futuro di studenti». Di parere completamente diverso il pe-dagogista Daniele Novara. Che non so-lo butta acqua sul fuoco in merito alla dif-fusione dei disturbi dell’apprendimentoma punta addirittura l’indice contro quel-lo che lui definisce «un sistema» che ruo-ta attorno alle diagnosi di Dsa, fatto daaziende sanitarie locali, centri privati etroppo spesso dalle scuole e dalle stessefamiglie, che si alimenta di reali interes-si economici. «Nella realtà non esistenessuna emergenza – assicura il peda-gogista – ma solo la tendenza scelleratae incondizionata a sostituire il concettodi immaturità del bambino, spesso fisio-logica, con la patologia. L’etichetta a quelpunto serve per affrancare gli insegnan-ti, che delegano la questione agli spe-cialisti e a dare una risposta ai genitori.Ma sta qui il problema – insiste l’esper-to –: nel voler sostituire la psichiatria al-l’educazione senza realizzare che con ladiagnosi di Dsa si rischia di disattivarele risorse proprie del bambino». Come sipuò vigilare quindi sul corretto sviluppo

cognitivo dei nostri figli? L’esperto neparla diffusamente nel libro Non è colpadei bambini: «Cominciamo a restituireloro i fondamentali educativi. I genitorisi preoccupino che i piccoli dormano al-meno undici ore a notte, che non stianoincollati davanti a tv e tablet tutto il po-meriggio. La scuola, da parte sua, smet-ta di inibire i giovani per i loro presuntideficit valutando solo i risultati ma pro-muova i loro progressi, la loro potenzia-le unicità». Sul fronte della scuola peròc’è ancora molto da lavorare secondo ilpedagogista che ha appena dato allestampe il suo ultimo libro, Come cam-biare la scuola (edizioni Bur Rizzoli), inuscita a fine ottobre. «Il sistema scola-stico italiano è arretrato, inadeguato, an-cora incentrato sul modello della lezio-ne frontale anziché sulla condivisionetra bambini, sull’integrazione e il lavo-ro di gruppo. Un’impostazione che ini-bisce l’apprendimento anziché favorir-lo. Quando invece sono ampiamente ri-conosciuti i vantaggi che porta una di-dattica cooperativa, grazie alla quale ilcompagno più veloce intercetta quellopiù bisognoso e lo aiuta, imparando adosare a sua volta ascolto e partecipa-zione. Una scuola, come la definisco io,maieutica cioè in grado di far emergerespontaneamente le risorse personali diciascun allievo».

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«Piena integrazionese la classe fa squadra»

settembre 2018 33NOI famiglia vita Le sfide dell’istruzione

o allarme ingiustificato?

Parma: Francesco,10 anni, accolto daicompagni grazie a

«Giocampus»

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l viaggio del camper del Movi-mento per la Vita, annunciato e rac-

contato nei precedenti numeri di Noi Fami-glia&Vita, è proseguito senza sosta per tut-ta l’estate. Dopo le tappe in Veneto e Friuli-Venezia Giulia, che ai primi di luglio hannoconcluso la prima parte del tour nell’Italia set-tentrionale, il camper ha viaggiato in dire-zione Sud, dapprima con la sosta, per quasiuna settimana, dal 29 luglio al 4 agosto in oc-casione del 35° Life Happening “VittoriaQuarenghi”, seminario di formazione pergiovani organizzato dal Mpv che si è tenutoad Acquafredda di Maratea (Potenza), poisempre in Basilicata con una lunga sosta diben nove giorni a Melfi e dintorni, nei cen-tri di Rionero, Rapolla, Lavello e Venosa. Come ha spiegato Katia Zullo, fondatricedel Centro di aiuto alla Vita “Joshua” diMelfi, «la permanenza del camper dal 4 al15 agosto ci ha permesso, attraverso la di-stribuzione di materiale informativo, di spie-gare il nostro servizio alla vi-ta e di illustrare l’attività delMpv e dei Cav, che molti nonavevano mai conosciuto pri-ma. A queste attività si ag-giunge anche la presenza diuno sportello per le maternitàdifficili curato dalla Fonda-zione Il cuore in una goccia.Questa esperienza mi ha dav-vero riempito il cuore di una gioia infinita,anche perché ha offerto la possibilità di in-contrare persone interessate a collaborarecome volontari». Quella di Katia è una storia particolare, pro-prio perché è diventata volontaria al serviziodella vita dopo essere stata a sua volta aiu-tata, in occasione dell’ottava gravidanza, daLucia Barbanera, volontaria del Cav di Po-tenza. «È stato un momento di prova per me– spiega Katia –, erano presenti mio maritoi miei figli, ma avere anche l’aiuto di unapersona estranea ti dà comunque più forza.Con pazienza e amore incondizionato, Lu-cia mi è stata vicina ascoltandomi e dando-mi tanta forza psicologica e spirituale». Co-sì è nato Joshua Lucio, un doppio nome noncasuale: «Joshua è un nome pieno di signi-ficato per me – ha detto Katia –, perché si-gnifica “il Signore è la mia salvezza”. Lucioè stato invece scelto in segno di gratitudinealla volontaria che mi ha aiutato».Nella seconda metà di agosto, il camper hapoi proseguito il suo viaggio verso la Cala-bria, a cominciare dal litorale ionico, nel ter-ritorio dell’arcidiocesi di Rossano-Cariati,toccando i centri di Rossano, Terranova daSibari, Spezzano Albanese, Tarsia, Cori-gliano Calabro, Mirto Crosia e il lungoma-

re di Cariati. A esprimere soddisfazione perla grande attenzione e partecipazione, in par-ticolar modo dei più giovani, è stato MarioSmurra, del Mpv di Corigliano-Rossano, cheha voluto sottolineare «la necessità di arri-vare al riconoscimento della personalità giu-ridica del concepito così come oggi avvieneper il nascituro». Successivamente, sono arrivate due tappe si-gnificative a Petronà e a Montepaone Lido,in provincia di Catanzaro, rispettivamente il22 e il 23 agosto. Nella prima di queste duetappe, l’arrivo del camper ha coinciso con l’i-naugurazione del nuovo Mpv locale, men-tre la seconda è stata l’occasione per un in-contro pubblico presso l’Anfiteatro, sul lun-

gomare, alla presenza del sin-daco di Montepaone, MarioMigliarese, dell’assessore al-le Politiche sociali e giovani-li, Maria Assunta Fiorentino,del vicario episcopale del-l’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, don Pino Silvestree del segretario generale delMpv nazionale, Giuseppe

Grande. Ed è stato proprio Giuseppe Gran-de a ricordare come il camper «da un lato vol-ge lo sguardo verso il passato, con la partenzada Firenze, città del primo centro di aiuto al-la vita in Italia, e la memoria di 43 anni diattività al servizio della vita; dall’altro lato,però, è un’iniziativa che ci proietta verso ilfuturo, con l’azione che ciascuno di noi puòfare nell’aiuto alla gravidanza difficile, at-traverso i Cav o il servizio Sos Vita».Dopodiché, il 24 e il 25 agosto, il camper siè spostato sul versante tirrenico della Cala-bria, in provincia di Cosenza, con le tappedi Diamante, Belvedere Marittimo, Cetraroe Paola (quest’ultima nella cornice del San-tuario di San Francesco), prima di fermarsi,il 26 agosto, sul lungomare di Reggio Cala-bria. Poi, varcato lo Stretto, il mezzo è sbar-cato in Sicilia, affidato al Cav “Vittoria Qua-renghi” di Messina. Sull’isola il camper haintrapreso un lungo tour che lo ha portato avisitare i centri di Mistretta, Brolo e Baghe-ria, prima di raggiungere Palermo il 15 set-tembre, in occasione della visita di papaFrancesco. Da qui è ripartito alla volta di A-grigento, Canicattì, Campobello di Mazarae Mazara del Vallo per completare il girodella Sicilia.

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Pubblichiamo le riflessioni dei gio-vani del Movimento per la Vita i-taliano partecipanti al seminarioestivo di maratea (29 luglio-5 a-gosto) in riferimento al Sinodo deivescovi (3-23 ottobre) sul tema: «Igiovani, la fede e il discernimentovocazionale»

onostante la tardività di que-sto documento, abbiamo rite-

nuto opportuno redigerlo, discu-terlo, approvarlo ed inviarlo alla

Segreteria del Sino-do. Esso è stato unostrumento di medi-tazione personaleper i giovani parte-cipanti al SeminarioQuarenghi e ci au-spichiamo che lo siaanche per altri gio-vani. Di seguito le

nostre riflessioni.1) Non c’è dubbio che il servizioalla vita nascente costituisce unarisposta ad una vocazione specifi-ca. Essa riguarda in primo luogo lacarità, perché salvare la vita di unessere umano è una manifestazio-ne di amore per il prossimo. È a-more per il prossimo sottrarre allamorte i profughi naufragati in ma-re dopo essere sfuggiti a guerre,violenze e fame ed avere attraver-sato un deserto prima di giungeread imbarcarsi; così è segno di a-more per l’uomo l’impegno per

N

I volontari:necessario il

riconoscimentodella personalità

giuridica del concepito

Il documento: la vocazionecome Madre Teresaa salvare «i piùpoveri tra i poveri»

IAndrea

Tosini

settembre 2018

NOI34

famiglia vita In difesa delle nascite

Il viaggio per la Vitadal Friuli a Palermo

«Noi, i giovani

Le tappe estive del camper,attraversando tutta lʼItalia Unʼiniziativa che lega il passato alfuturo del Movimento per la vita

Il viaggio del "camper

della vita" lungole strade d’Italia

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aiutare a nascere un bambino chedal nulla compare all’esistenza eviaggia per giungere al traguardodella nascita.Santa Madre Teresa di Calcutta,proclamata presidente onoraria ditutti i Movimenti per la Vita delmondo ripeteva (lo scrisse ancheal Mpv Italiano) che i bambini nonancora nati, minacciati di essereuccisi, sono «i più poveri dei po-veri». Questo esige un dovere dicarità verso di loro particolarmen-te intenso. Ma sarebbe incoerenteprivare di attenzione e sostegno o-gni altro povero. Oltretutto incoe-rente è ignorare i più poveri tra i po-veri da parte di coloro che si sen-tono chiamati a manifestare soli-darietà verso ogni povertà. 2) La vocazione al servizio deibambini non nati si estende anchealle madri, non solo perché non èpossibile difendere la vita dei con-cepiti senza la collaborazione del-le loro madri, ma anche perché l’a-borto lascia tracce di sofferenza in-delebili nella donna e ne distruggein sintesi la giovinezza, se giovi-nezza significa coraggio e fiducianell’avvenire. Perciò le difficoltà(psicologiche, economiche, sanitarie e sociali) della madre, de-vono essere condivise da chi sentela vocazione a servire la vita na-scente.3) Tale vocazione è anche una vo-cazione civile perché il pensiero

dominante impone di non rivolge-re lo sguardo verso il figlio non an-cora nato e tale congiura contro lavita è molto potente anche a livel-lo internazionale, cosicché con-trastarla implica talora aspetti dimartirio. Ma resistere a tale con-giura costituisce un impegno distraordinaria importanza storicaperché significa restituire alla cul-tura dei diritti umani la sua veritàfondata sulla sempre uguale di-gnità umana e quindi su una veradefinizione della libertà, della giu-stizia e della pace. 4) La contemplazione della vita na-scente conduce facilmente all’in-contro con Dio. Il concepito, in-fatti, in quanto passaggio dal nul-la all’esserci è una creazione in at-to constatabile da tutti. Gli astro-nomi collocano l’inizio dell’uni-verso ad una distanza dall’oggi dimiliardi di anni, ma il figlio è unacreazione che avviene nell’attua-lità del nostro tempo, sotto gli oc-chi di tutti. L’universo è una mera-viglia, ma l’uomo anche per il mo-do in cui ha inizio e si sviluppa, èla meraviglia delle meraviglie, è unmiracolo che avviene nelle nostrecase. Vi è un’analogia tra l’iniziodell’universo, spiegato dai moder-ni scienziati come l’esplodere (bigbang) di un punto in continua e-spansione nel corso del tempo e l’i-nizio della vita umana che inizianelle dimensioni di un punto: il ve-

ro big bang. Se la creazione ha unsenso sembra logico pensare cheesso va individuato nel compariredell’uomo. La domanda sul sensodella vita contrassegna il passaggiodalla fanciullezza all’età giovanilee la contemplazione dell’inizio diogni essere umano fa intuire ne-cessariamente la presenza di unCreatore. Accanto alla meditazio-ne sul valore dell’uomo, quella sul-la gravidanza fa intuire che il se-gno posto sulla vita umana è quel-lo dell’amore. Sono milioni le don-ne che abortiscono, ma molto piùnumerose sono le madri che han-no accettato la trasformazione delloro corpo con i connessi disagi ei dolori del parto, che hanno ab-bracciato il figlio per molti mesi inuna intimità irripetibile.3) Così la domanda sul senso si il-lumina di speranza. Naturalmentela via normale che conduce all’in-contro con Dio è il Vangelo, cioèla parola di Gesù trasmessa dagliapostoli e dalla Chiesa. Non man-cano, però, le esperienze di con-versione e di una fede trovata con-templando le meraviglie dell’uni-verso e più specificamente la me-raviglia dell’uomo e del suo com-parire nel mondo dell’esistenza.Comunque la vocazione al servi-zio della vita nascente conduce an-che alla scoperta della famiglia co-me vocazione, il cui presuppostoè una visione alta, serena e splen-

dida della sessualità umana. Lacongiura contro la vita agisce an-che rendendo banale la dimensio-ne sessuale dell’uomo e della don-na usando strumenti potenti checolpiscono particolarmente i gio-vani. Vi è dunque una vocazioneimportante per il recupero dellamisteriosa grandezza della ses-sualità in quanto collegata con lacreazione e - secondo il libro del-la Genesi - immagine dello stessomistero di Dio. «Maschio e fem-mina li creò, a sua immagine e so-miglianza li creò». La domanda di senso che sboccianel cuore del giovane, se da un la-to implica il terrore della solitariainsignificanza, dall’altro riscaldaa speranza di una presenza signi-ficativa che lascia traccia nel mon-do. La famiglia è pertanto la vo-cazione normale di ogni giovane.La vocazione al servizio della vi-ta nascente implica anche un im-pegno per il recupero della fami-glia oltre che dal punto di vista per-sonale anche da un punto di vistaculturale. In un tempo in cui le ag-gressioni contro la famiglia sonopotenti, è gratificante sentirsi chia-mai a difendere e promuovere lafamiglia e a penetrare, così, nelcuore dei giovani

Marco A. Alimenti, Irene Pivetta responsabili Équipe giovani Mpv

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settembre 2018 35NOI famiglia vita In difesa delle nascite

al servizio delle donne e di chi deve ancora nascere»

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NOI36

famiglia vita La fatica di educare

’adolescenza è tempo di cambia-mento, di grandi movimenti. Ma

anche di "scosse", "tsunami" e "terremoti".Come racconta molto bene questo libro, cisono molte sfide evolutive in gioco, che pergli adulti – genitori e docenti – che sosten-gono la crescita dei giovanissimi, rappre-sentano sfide educative di non poco rilievo. Il terzo millennio è un tempo di accelera-zioni incredibili. Anch’io in uno dei miei li-bri – non a caso intitolato "Tutto troppo pre-sto" – ho mostrato come una delle "cifre"che ha connotato la crescita dei nostri figlinegli ultimi due decenni è stata quella del-la "precocizzazione". C’è un’incredibile ten-denza a velocizzare tutto: le tappe evoluti-ve, le esperienze di crescita, i passaggi di ma-turità, i comportamenti che fanno sentire chefinalmente sei entrato nel mondo dei gran-di. Ma fare cose da grandi non vuol dire es-sere diventati grandi; anzi spesso significarimanere in balia di un’ansia potente, di u-na fatica e di un disagio di crescita che è dif-ficile da risolvere, da elaborare e da gestire. Questo bellissimo libro di Bianca Bertetti di-venterà un alleato prezioso di tutti coloroche hanno a cuore la crescita, che la so-stengono e la proteggono. È un libro attua-le e contemporaneo. Racconta l’adolescen-za in continuità con ciò che essa è semprestata, ma anche alla luce di ciò che essa èoggi: un’età sospesa tra il bisogno mai mu-tato di "individuarsi" e la necessità che ra-gazzi e ragazze oggi hanno di stare "al pas-so" con le infinite sollecitazioni che li rag-giungono da mille e più fronti. Non ultimo,il fronte della virtualità e dell’iperconnes-sione che ha comportato, come molto beneracconta al stessa Autrice, a trovarsi in zo-ne di sempre maggiore distanziamento dalcentro di sé, dal proprio corpo, dall’essen-za della propria interiorità.Se c’è una cosa che oggi affatica tanto gli a-dolescenti è il loro costante tentativo di gal-

leggiare in più mondi possibili – quello rea-le e quello virtuale – generando moltepliciidentità che corrispondono alla costruzionedi molteplici sé, difficili da integrare in un"vero sé" capace di rispondere al bisogno diverità e autenticità che connota, nel profon-do, il nostro percorso esistenziale. Chi oggi si dedica alla psicoterapia, riser-vando un’attenzione particolare al mondodell’età evolutiva, sa che ciò che rischia dimettere a serio rischio la crescita è un’ansiainfinita che pervade il percorso di crescita efa rimanere il giovanissimo senza fiato,sprovvisto di quel senso di sicurezza e au-toefficacia che, quando manca, amplifica lapercezione di fragilità e vulnerabilità. Masentirsi fragili e vulnerabili in un mondo chesi aspetta invece che tu sia sempre "al topdei top", un vero vincente, uno che sa sali-re sul podio senza scenderci più, rappresentadi per sé un paradosso, una sorta di missio-ne impossibile che spaventa e affatica ulte-riormente lo sguardo con cui gli adolescen-ti si affacciano sul mondo che sta fuori dal-la loro porta di casa.Vivere in costante balia delle aspettative al-trui. Rinunciare al proprio voler essere, pertrovarsi costantemente in uno stato di "do-ver essere". Dover essere performanti. Do-ver essere vincenti. Dover essere estetica-mente ineccepibili (belli, magri, forti, sorri-denti e chi più ne ha più ne metta).Insomma, l’adolescenza oggi soffre non so-lo della fisiologica "fatica di crescere" maanche di uno stress che ne mette a dura pro-va la capacità di stare a galla. Le neuro-scienze negli ultimi 20 anni ci hanno de-scritto bene quali e quanti cambiamenti de-ve affrontare il cervello nel passaggio da in-fanzia ad adultità e noi sappiamo che la ma-turazione dei circuiti integrativi neuronalidei lobi pre-frontali connota in modo fon-damentale la salute mentale del giovanissi-mo ed è predittivo del suo benessere psico-logico negli anni a venire. Sappiamo anche,quanto lo stress – insieme ai traumi e al-l’incapacità dell’adulto di fornire un mo-

dello di attaccamento sicuro – rappresenti u-no dei fattori di rischio maggiormente ingrado di affaticare e danneggiare lo svilup-po cerebrale e il funzionamento mentale inetà evolutiva. Questo libro è perciò una guida affidabile,completa, di grande maneggevolezza maanche di altissimo valore scientifico, capa-ce di guidare il lettore verso un percorso dicostruzione e protezione del proprio benes-sere emotivo e psicologico, fondato sul me-todo della mindfulness, oggi da molti rite-nuta una delle strategie di "manutenzione"del funzionamento mentale in tutte le fasi delciclo di vita e anche in specifiche situazio-ne patologiche. Non è intorno alle situazioni patologicheche si concentra il libro di Bianca Bertetti,ma intorno al quotidiano e alla normalità.Non è un libro per curare un problema, mal’esatto contrario. Si tratta di una guida perallearsi con la parte sana che c’è in ognunodi noi, quella parte che è capace di far fron-te ad ogni sfida inaspettata, ad ogni acca-

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Supplemento di del 30 settembre 2018

Direttore ResponsabileMarco Tarquinio

Coordinamento redazionale:Luciano Moia (caporedattore)

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Registrazione Tribunale di Milano n. 563 del 29/9/1997

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“Noi Famiglia & Vita” più “Avvenire” euro 2,30

Comitato redazionale MpV: Marco Augusto Alimenti, Giuseppe Anzani, Marina Casini Bandini, Luca Finocchiaro, Gian Luigi Gigli, Giuseppe Grande, Antonietta Oriolo, Andrea Tosini, Pino Morandini

Avvenire Nuova Editoriale Italiana SpaPiazza Carbonari 3, 20125 Milano

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Fotografie: R. Siciliani, Contrasto, PhotoAlto,Icp, Sintesi, Ansa, LaPresse, Boato

AlbertoPellai*

Comeaiutare i nostri figliadolescenti a stare bene,a diventarepersoneconsapevolie mature,superando le logiche diuna societàchepretende daigiovaniuna serie di "missioniimpossibili",di impresesuper chefinisconosolo perspaventare

Fanno già cose da grandi?Non vuol dire essere grandi

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settembre 2018 37NOI famiglia vita La fatica di educare

n questi strani tempi dove unterzo della popolazione

mondiale risultasottoalimentato, si prova amangiare di tutto (anche inItalia) perfino larve o insetti,ritenuti da sempre repellenticome alimenti. Anzi, fino apoco tempo fa venivanoconsiderati infestanti alimentarie le derrate infestate venivanobuttate. Ora, può sembrareparadossale, la notizia chetantissimo cibo vegetale buonocome frutta e verdura, il cuiaspetto risulta diverso rispettoal normale anzi, brutto, vengaletteralmente buttato, èparadossale. Una recenteindagine inglese,dell’Università di Edimburgofornisce numeri enormi, indicainfatti in cinquanta milioni ditonnellate i prodotti agricoliscartati in Europa,semplicemente perché nonrispondono ai cosiddetti"cosmetic standard" cioè icanoni estetici. Per risponderecorrettamente agli standard,ogni tipo di vegetale deverientrare nei parametri come:diametro, calibro, categoria eovviamente, a seconda dellatipologia, anche il peso. Matutto questo non viene neppurecalcolato se l’aspetto non èstandard. Un alimentobitorzoluto, asimmetrico,puntinato, con escrescenzedeturpanti il suo aspetto, vadirettamente al macero. Sic!Nel solo Regno Unito di questocibo non standardizzato chenon arriva neppure alla catenadistributiva, andandodirettamente al macero, se necontano 4,5 tonnellate. Ma peril cibo buttato, questa volta nonsi può attribuire al popolo lacolpa maggiore, anche se,purtroppo, questo spreco vieneperpetrato per compiacere leaspettative del consumatore.Da un punto di vistanutrizionale, una carota doppiavale esattamente quanto unanormale carota dello stessopeso. Il contenuto in fibre,vitamine e minerali èsovrapponibile. Stesso valorenutrizionale per mele, limoni,arance, fragole, kiwi, ecc.Semmai potremmo suggerire

un diverso impiego, peresempio, le pezzature troppopiccole di frutta, potrebberoessere trasformate dalleindustrie in marmellate, estrattie quant’altro possibile. Leverdure poi tritate, cubettatepossono essere impiegate inminestroni, farciture. Certo, perimpiegare questi vegetalioccorre più lavoro a partiredalla pulitura e ciò sicontraddice con l’andazzoodierno: insalate lavate pronteal consumo, macedonie giàcondite e fornite anche diposata per il loro consumo.Primi e secondi piatti a cuibasta un forno a microonde e ilpasto è "prêt à manger" anchesul luogo di lavoro. In unaparola: tutto veloce, per nonperdere tempo. Stando così lecose sembra proprio nonabbiano spazi questi "brutti"vegetali! Per noi cristiani tuttoè grazia di Dio e abbiamo undovere etico a cui ottemperare:non sprecare. Si potrebbeprovare a mettere questialimenti sul mercato a prezzistracciati, ovvero l’equivalentedel solo costo di trasporto, eciò ne impedirebbe ladistruzione, appagherebbe ilbisogno primario di cibarsi econsentirebbe una second-life.Chi ha più tempo adisposizione potrebbe usufruiredi questa opportunità dirisparmio. Una volta tanto,trattandosi di alimenti buoni,per questo cibo la suddivisionenon è tra abbienti e menoabbienti, ma tra chi ha piùtempo e chi ne ha meno.Ancora un’idea potrebbe esserequella di cambiare i parametridella normativa che stabiliscele misure standard minime,oggi le pezzature piccoline obaby sono molto apprezzate egrandi quantità di cibo nonandrebbero sprecate. Un Kiwi,per esempio ha tre categorieextra con minimo 90 gr, Icategoria 70 gr, II categoria 65gr e gli altri più piccoli fuorimercato senza pietà.Reclamiamo questi alimenti.

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I

Standard esteticiper la frutta?Noi diciamo no

LASALUTE

NELPIATTO

Caterina e GiorgioCalabrese

dimento avverso, ad ogni "zona di stallo"in cui ci siamo trovati senza volerlo, im-pantanati e impauriti, quasi timorosi di nonriuscire a riprendere la marcia in avanti, ilcammino verso la prossima tappa. È pro-prio questo che capita spesso agli adole-scenti. Pur non essendo in situazioni pato-logiche, si trovano – momentaneamente ea volte – in una zona di "stand-by" che ri-schia di metterne a rischio il successo evo-lutivo. E proprio per questo, serve un me-todo in grado di rinforzare la percezione dipotercela fare, una strategia centrata sulleproprie competenze naturali e innate, capacedi incrementare il senso di autoefficacia chein adolescenza è la vera chiave di volta perguardare avanti con un’attitudine di positi-vità e speranza. È questa la resilienza che va promossa nel-l’adolescenza e la mindfulness ne rappre-senta una delle strategie cardine, un modonaturale, fortemente centrato sulla capacitàdel soggetto di "sentirsi", "consapevoliz-zarsi" e "attenzionarsi" nel "qui ed ora" del-

la propria vita così da a-vere un approccio ottimi-sta e gentile alla propria e-sistenza, alla relazionecon se stessi e gli altri. In questo manuale, tro-verete molti consigli,molte buone idee, moltisuggerimenti di buonsenso, molte tecniche,suggestioni e riflessioniche miglioreranno la vi-ta non solo degli adole-scenti che vi vivono ac-canto o di cui vi state oc-cupando, ma della vostrastessa esistenza. E proba-bilmente – se attraverse-rete queste pagine con lagiusta dose di apertura alnuovo e di desiderio dirinnovarvi – sentiretedentro di voce la voce delvostro bambino/adole-

scente interiore che riemergerà e "prenderàfiato, forza ed energia" da questo nutrienteprogramma di mindfulness, qui declinatoper l’adolescenza, ma che non ha età e nonè limitabile ad una specifica fase del pro-prio ciclo di vita. Perché "volersi bene", es-sere in sintonia con sé stessi, prendere ilgiusto passo e il giusto ritmo non sono in-gredienti che servono solo a chi sta cre-scendo, ma rappresentano elementi capacidi illuminare il nostro "qui ed ora" in ognitempo e in ogni età e sono, al tempo stes-so, un diritto e un dovere. Verso noi stessie verso chi ci vive a fianco.

*Dipartimento di scienze biomedicheUniversità degli studi di Milano

Oggi lʼadolescenza è unʼetàsegnata dalla tendenza avelocizzare tutto. Ma per i ragazziquesto è fonte di ansia e fatica

Allenarlialla

resilienzaper

aiutarlia crescereIL

LIB

RO

Ora sono pienidi entusiasmo,ora scontrosi.Ora vivono so-pra le righe, o-ra sono predadi una tristezzaindicibile. Èsempre succes-so così? Non èaffatto vero.Mai come inquesta nostraepoca segnata,anzi modellatadalla realtà vir-tuale, gli ado-lescenti sonovittime dellenecessità di"girare sempreal massimo", direalizzare le ri-chieste dellavita reale e del-la realtà paral-lela, quella delsocial. Come u-scirne? BiancaBertetti, psico-loga e psicote-rapeuta, nel li-bro "Adole-scenti consa-pevoli" di cuipubblichiamola prefazione diAlberto Pellai(Franco Angeli,pagg.200, euro26) propone ilcriterio dellamindfulness, lavia della chiaraconsapevolez-za che indicaquanto il por-tare attenzio-ne, con bene-volenza e sen-za giudicare,possa regalareconsapevolez-za e resilienza.

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ono intervenuti ad Amatrice e a Rigopiano e prestanola loro attività ovunque sia necessario l’impiego di per-

sonale specializzato per soccorrere le vittime di crolli dovutia sismi, esplosioni o dissesti idrogeologici: sono gli Usar, un’u-nità speciale dei Vigili del Fuoco, dotati di attrezzature dallatecnologia particolarmente avanzata, grazie alle quali localiz-zano persone intrappolate sotto le macerie e forniscono i primisoccorsi. “Ricominciare dalle macerie” (edizioni Paoline, 149 pagine, 14 euro), disuor Roberta Vinerba racconta l’esperienza di quattro di loro, per i quali salvare vi-te umane è lavoro quotidiano. Il loro impegno presuppone coraggio, laboriosità, so-lidarietà, generosità, qualità che trasformano una vita ordinaria in qualcosa di gran-de. Giancarlo, Stefano, Marco e Stefano, su invito dell’autrice, parlano di sé e delloro lavoro con semplicità e immediatezza, lasciandosi coinvolgere dal profondo. «Da loro – scrive suor Vinerba – abbiamo compreso che il coraggio è anchepaura, che la prudenza non è la virtù dei pusillanimi ma dei coraggiosi, che igrandi gesti si realizzano nell’abitudine quotidiana alla generosità, che doloree fatica sono materiali preziosi per la costruzione di un uomo e, soprattutto, chec’è più gioia nel dare che nel ricevere. Il servizio è la chiave della felicità!».Il libro, con prefazione di Luca Cari, responsabile della comunicazione in e-mergenza dei Vigili del fuoco, è dunque un inno e un invito ad un eroismo co-struito nell’abitudine quotidiana alla generosità, nell’io che cede il passo al noi.

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Salvare le vite:lavoro ordinariodi uomini speciali

LETTIPER VOI

el generale analfabetismoemotivo si diffonde il dan-

no provocato dalle emozioni con-trastate: quando l’emotività trovaun ostacolo, infatti, si intestardisce,divampa, travolge. Parte da qui, U-go Borghello nel suo “L’amore ro-mantico contrastato” (Edizioni A-res, 96 pagine, 8 euro). «L’amoreromantico contrastato – scrive – tra-volge tutto e porta in tanti casi allarottura di vincoli familiari consoli-dati. E la crisi di una famiglia è ildanno sociale più rilevante».

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settembre 2018 39NOI famiglia vitaLe rubriche

Relazioni stabilinel mondo liquido

n “Restare umani” (Città Nuova, 144pagine, 15 euro), Marco Scicchitano e

Giuliano Guzzo, affrontano uno dei temicentrali della nostra epoca chiedendosi, afronte dell’avanzare della tecnica e dei mu-tamenti sociali connessi, cosa vogliamoche resti dell’umano. Attraverso l’analisidi questioni come la differenza tra maschilee femminile, la sessualità, l’aborto e la se-lezione genetica, il consumismo, Guzzo eScicchitano cercano di individuare queimomenti del nascere, del vivere e del mo-rire che, oggi, rischiano di trascinare l’es-sere umano verso ciò che umano non è.

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i è chiusa un’estate che per meha il volto di tanti volti che in

questi mesi hanno affollato la miavita. I volti dei bambini del grest:luminosi ogni giorno di più. I voltidelle "sentinelle", il gruppo dellesuperiori del mio oratorio chedurante il servizio al grest erano,pur sonnacchiosi al mattinopresenti, tenerissimi da subito coibambini che li hanno eletti loroeroi. I volti dei pompieri UsarLazio che ci sono venuti a trovare,volti di chi ne ha viste di tutti icolori eppure conserva intatta lacapacità di commuoversi e che,per questa umanità capaci diilluminare gli occhi dei bambiniche li ascoltavano rapiti: fare ilbene fa star bene. La mia estate èpiena dei volti gioiosi dellepersone malate dell’Unitalsi aLourdes. Questa "inspiegabile"gioia ha toccato nel profondo le"sentinelle", sempre loro, che persette giorni hanno vissuto ilpellegrinaggio insieme aimeravigliosi volontari Unitalsi. Iragazzi sono tornati "stravolti"dalla scoperta che nella malattia,che nella disabilità si possa esserefelici, si possa lodare un Diobuono, si possa considerare la vitaun bene prezioso. Hanno scopertoche la vita è degna di esserevissuta sempre, perché è la vita diuna persona, qualcuno creato adimmagine e somiglianza di Diodestinato all’eternità, con unadignità inalienabile, qualunquesiano le sue condizioni. La miaestate sono i volti degli educatoridelle "sentinelle" che, sempre conil sorriso, hanno attraversato lafatica dell’organizzazione e delservizio con la convinzione divivere un’esperienza unica. Sono ivolti delle due famiglie che sonopartite con bambini piccolissimi eche si sono sobbarcati in tutto piùdi cinquanta ore di treno tral’andata e il ritorno, i volti diquesti piccolini che erano un po’ ifigli di tutti. La mia estate ha ilvolto dei ragazzi dell’Alveare,dell’Alfaomega, dell’Arca, chesono i gruppi delle medie. I lorovolti hanno raccontato la bellezzadi stare insieme a giocare escoprire la meraviglia che è l’altro.Ho impressi nella memoria i voltidi alcuni arrivati "selvatici", giàinduriti e, via via che il campoprocedeva intenerirsi, riprendere

vita. Sono i volti che ascoltavanorapiti il racconto di Samuele, loroeducatore che entra in seminario,di don Peppe, il vecchio parrocoche raccontava di come, aottantun’anni non ha paura delfuturo perché il Signore camminadavanti a lui, di Federico e Robertache raccontavano di come la lorofamiglia non sarebbe neppureesistita senza Gesù e la Chiesa,degli adulti della cucina che, purlavorando in condizioni difficili,non hanno mai perso il sorriso el’allegria. Per me questa estatesono i volti degli educatori deiragazzi delle medie, sgualciti viavia che ci si inoltrava nella faticadel campo, proporzionalmenteradiosi nello sperimentare che c’èpiù gioia nel dare che nel ricevere.Giovani, adulti, famiglie, chehanno pagato di tasca propria laquota del campo per venire a"faticare". Pazzi, direbbe il mondo:felici, direbbero loro. La mia estatesono i volti bruciati dal sole dellefamiglie dell’Oratorio che hannoscelto di fare vacanza insieme e ilvolto, ancora, di don Peppe checon il carico dei suoi anni, èripartito con loro, nonno "sacro"per tutti. Ecco: questa è la miaestate, fatta di volti che micostruiscono, mi ammaestrano, miinterpellano e mi indicano la via.Di questo voglio raccontare, direche con Gesù anche le fatichesono belle e che lui resta, ancheper i nostri figli, l’unica via. Lamia estate è anche, però, unatrasmissione in una televisionelocale nella quale mi sonoimbattuta facendo zapping.L’argomento i giovani, le lorodifficoltà ma anche le possibiliproposte educative. Sei esperti, manoto subito che, tra loro mancaqualcuno del mondo degli Oratoriche intercettano migliaia emigliaia di giovani. Come sequesto lavoro, quello del mio e ditutti gli altri Oratori della miadiocesi e d’Italia tutta, non fosseda considerarsi una risorsa sociale,oltre che ecclesiale. Magari solouna svista e non l’espressione diuna cultura laicista che considera,noi educatori cattolici, avulsi dalgigantesco processo educativodelle nuove generazioni.

S

E cʼè chi ignorache gli oratorisono risorsa sociale

Lʼumanoalla provadelle sfidedellatecnologia:resisterà?

l mio obiettivo è permetterti di aiutare tuo figlio a impa-rare a addormentarsi da solo, e per “solo” intendo con

poco aiuto da parte tua, e che tu riesca a uscire dalla stanza la-ciandolo addormentato».

Basandosi sulle proprie competenze in campo neuroscientifico esulla propria esperienza di psicologo e di padre, in Tutti a letto!” (Salani edi-tore, 271 pagine, 14,90 euro) Alvaro Bilbao propone un percorso da seguirepasso per passo, fondato sull’amore, la fiducia e l’importanza delle abitudini.Le strategie sono varie, perché ogni bambino è diverso da un altro, e sono sud-divise per età (dalla nascita / da 1 anno ai 2 anni/ dai 2 ai 6 anni circa), ma nes-suna prevede di lasciarlo piangere senza consolarlo finché non si addormenta.

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Bimbi che dormono felici,un manuale per genitori

RobertaVinerba

QUELLO CHE

I VOSTRI FIGLI NON

DICONO

Page 40: Gioia formato famiglia Oltre sconfitte e fragilitàmatrimoni religiosi sono quelli che mostrano percentuali di tenuta molto più elevati rispetto a quelli civili. Bene, allora perché