Game over

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Mario Gamba - Simone Fornara Game Over ROSSA dai 7 anni SERIE Un bambino, i videogiochi e i classici per ragazzi

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Il libro è dotato di approfondimentionline su www.raffaellodigitale.it

ROSSA

dai 7 anni

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Questo volum

e sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAG

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-CAMPIO

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ercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).

Ernesto è un bambino troppo appassionato di videogiochi. Un giorno, dopo aver passato ore e ore a pigiare i pulsanti del joystick della sua console, si ammala di bianchite acuta: il mondo attorno a lui perde i colori e diventa bianco; il suo cervello perde i pensieri; la sua bocca perde le parole. Però Ernesto non è solo: incontra la voce di uno scienziatosenza corpo che racconta storie in rima e può contare sull’aiuto a distanza dei suoi amici Viola e Thomas. Riusciranno a salvarlo e a farlo tornare in un mondo a colori?

Mario Gamba vive a Borgomanero. Insegna storia e filosofia nei licei del Piemonte e da anni si dedica, tra le altre cose, alla composizione di favole e storie per ragazzi.Simone Fornara, nato a Omegna, paese di Gianni Rodari, è professore in didattica dell’italiano presso la Scuola Universi-taria Professionale della Svizzera Italiana. È autore di libri per ragazzi e di manuali scolastici e universitari.

Per semplificare la lettura del testo, si è usato un carattere di facile leggibilità.

LEGGOFACILE

Un bambino, i videogiochi e i classici per ragazzi

IL MULINOA VENTO

IL MULINOA VENTO

IL MULINOA VENTO

IL MULINOA VENTO

Per volare con la fantasia

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Collana di narrativa per ragazzi

È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.

Editor: Paola ValenteRedazione: Emanuele RaminiApprofondimenti e schede didattiche: Mario Gamba e Simone FornaraUfficio stampa: Salvatore PassarettaTeam grafico: AtosCrea

1a Edizione 2015

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Tutti i diritti sono riservati

© 2015

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e-mail: [email protected]://www.ilmulinoavento.itPrinted in Italy

www.facebook.com/RaffaelloEditrice

Mario Gamba – Simone Fornara

Illustrazioni diGiovanni Lombardi

GAME OVER

In ricordo di Roberto Denti e Mario Lodi,esploratori dell’isola che non c’è,

amici dei libri e dei bambini.

A Claudio Gamba,che ha offerto lo spunto.

A Viola e Thomas,che sono bambini.

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Ernesto cade nel bianco

La strana vicenda di Ernesto iniziò un bel sabato di primavera, con il mondo là fuori che sembrava pitturato di fresco.

Sotto il cielo azzurrissimo, cosparso di soffici bianchissime nuvole, i colori vivaci della natu-ra erano quasi abbaglianti: il verde dei giardini pubblici e degli alberi, il rosso e il giallo dei fiori nelle aiuole, l’arancione delle pance allegre degli uccellini.

Persino il grigio dell’asfalto brillava più grigio del solito, ed era quasi invitante.

Tutto, insomma, sembrava richiamare chiun-que a uscire di casa e a tuffarsi in quel mondo, in quella specie di quadro appena finito, pitturato di fresco.

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E infatti il papà e la mamma di Ernesto ne ap-profittarono subito per programmare una gita dai nonni, che abitavano in una casa di campa-gna distante circa due ore d’auto da lì, immersa nel verde.

– Ernesto, vuoi venire anche tu a trovare i nonni? – chiese la mamma.

– Ma sì, dai! Ci fermiamo da loro anche a dormire... – incalzò il papà.

Ma Ernesto aveva altri programmi e rispose: – Veramente sono già d’accordo con Viola e

Thomas: stamattina ci dobbiamo trovare ai giar-dini per una grande caccia al tesoro. Saremo un equipaggio di pirati esploratori alla conquista di un’isola in mezzo all’oceano. Bellissimo! Vi ri-cordate che ve l’avevo detto ieri che saremmo andati ai giardini pubblici a giocare?

Mamma e papà si guardarono un po’ perples-si, ma l’entusiasmo del ragazzino era inarresta-bile. Prima che potessero ribattere qualcosa, lui proseguì tutto d’un fiato:

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– Pranziamo insieme, poi stasera dormiamo da loro, da Viola e Thomas, in quella specie di tenda indiana che hanno montato in camera, facciamo le sentinelle a turno e ci divertiamo un sacco.

– Sei ancora piccolo, per stare fuori casa da solo un intero giorno! – obiettò il papà.

– Ma non sarò da solo... ci sono anche i geni-tori di Viola! E poi... “piccolo” io?! Ma io non sono piccolo! – fece Ernesto, cercando di alzarsi sulla punta dei piedi, di gonfiare il petto e di darsi arie da grande. – È vero o no che mi preparo già le focaccine al microonde per colazione, la mattina, prima di andare a scuola, quando voi due siete già usciti al lavoro? Faccio tutto da solo!

– Vero... – ammise il papà. – Ma...– E poi, papino, scusa, eh... ma è vero o no

che vado a scuola senza essere accompagnato, come invece fanno i miei compagni?

– Giusto... – riconobbe il papà. – Ma...

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– E poi, papi, ascolta... Scusa, eh! Ma è vero o no che sei tu che dici che è una vera fortuna che noi viviamo in un quartiere così tranquillo, che non succede mai niente di pericoloso e che i bambini possono giocare a pallone addirittura per strada senza paura di venire investiti dalle auto?

– Certo – fece il papà, che questa volta rimase zitto. Sentiva di non aver più niente da ribattere al suo caro figliolo.

E subito Ernesto pensò un pensiero non proprio gentile:

“Bene! E uno l’ho sistemato!” Papà si era arreso. Ma non si era ancora arresa

del tutto la mamma.– Veramente... – cominciò la mamma, – ma ci

hai pensato, Ernesto?! Chissà che disturbo reche-rai ai genitori di Viola e Thomas. Si ritroveranno tre pesti per casa, come se già non ne bastassero due! Lo sai che non mi piace disturbare gli altri...

Con la mamma era perfettamente inutile

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mettersi a discutere, e questo Ernesto lo sape-va. Quando lei si metteva in testa una cosa che a Ernesto non piaceva, c’era solo un modo per farle cambiare idea: saltarle in braccio (anche se lui era ormai grande) e spararle qualche raffica di baci (anche se erano cose da femminucce!) e farle gli occhi e le vocine dolci (altre cose da femmine, ma tanto non c’era nessuno che lo vedeva). E fu così che fece Ernesto: le balzò ad-dosso spiaccicandole un po’ di baci sul viso e miagolò con fare piagnucoloso:

– Mammina, mammuccia, mammetta... posso, vero? Sì che posso!

La mamma fece sì con la testa e chiese:– Ma i loro genitori saranno d’accordo?– Certo! E ci portano la cena nelle scodelle, da-

vanti alla tenda, proprio come nei film! – rispose sicuro Ernesto.

Ed era vero, come appurò la mamma con una telefonata di controllo: i genitori di Viola e Thomas erano d’accordo e pronti ad accogliere

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il terzo piccolo esploratore in casa loro, per il pranzo, per la cena e per la notte.

“In effetti” pensò il papà, “magari è la volta buona che si stacca dai videogiochi e prende un po’ d’aria”.

Ernesto aveva vinto! Eh sì, Ernesto era proprio un tipo furbo (o almeno così credeva di essere!).

– Grazie mamma, grazie papà! – concluse Er-nestino furbettino, dopo aver assicurato ai ge-nitori che di lì a poco sarebbe uscito di casa chiudendo ben bene la porta d’ingresso (come del resto faceva tutti i giorni quando andava a scuola), e sarebbe volato di filata a casa dei suoi amici, che distava solo poche decine di metri. Non dovevano proprio preoccuparsi!

Fu così che Ernesto rimase da solo in casa, dopo che mamma e papà ebbero preparato le poche cose da portare in campagna e furono partiti.

Ernesto dalla finestra li guardò andarsene, ma già tremava di agitazione.

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“Sì, belli quei colori” pensava, osservando il cie-lo e i giardini pubblici, animati dalle corse e dai giochi e dagli strilli di qualche decina di bambi-ni, “belli davvero, ma in fondo, ma in fondo, ma in fondo... CHISSENEIMPORTAAA!”

E schizzò di corsa verso la sua camera, desti-nazione console, monitor e joystick. Aspettava da tempo un’occasione come quella: da solo in casa a menare colpi di spada contro quei male-detti mostri di fine livello! Senza nessuno che gli dicesse cose del tipo: “Adesso, basta, Ernesto!”, “Vieni a tavola e spegni quel coso!”, “Ma guarda che diventi tu un mostro, a forza di giocare!” e così via e così via. Sì! Una bella esplorazione vir-tuale senza pause di mezzo!

“I colori delle nuvole e del cielo e delle pance degli uccellini sono belli, sì, ma vuoi mettere i colori elettronici dei videogiochi? Non c’è pro-prio paragone!” così pensava Ernesto.

E poi, dove mai si poteva trovare lì fuori l’in-comparabile eccitazione di sterminare zombie

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e scheletri viventi e mostri vari con mitragliette UZI e cose del genere? Gli uccellini mica avevano artigli e zanne e code forcute... Erano così noiosi! Ma chi se ne importa degli uccellini e dei com-piti di scuola e del libro che la maestra aveva detto di leggere e che lui ovviamente non aveva neanche aperto: La Penisola del Castoro (o forse era L’Isola del Pomodoro? Non ricordava bene).

Comunque, erano tutte cose troppo noiose per Ernesto. Lui, invece, avrebbe terminato pri-ma di chiunque altro il videogioco acquistato due giorni prima con la paghetta di due mesi; lo avrebbe finito anche a costo di starsene lì at-taccato al computer tutto il giorno. Ormai gli mancavano solo un dungeon (cioè un labirinto, nel linguaggio dei videogiocatori) e poi il boss finale (vale a dire il mostro più mostruosamente difficile da abbattere).

Viola e Thomas? Be’, avrebbero aspettato, no? E poi Viola era una bambina fin troppo portata a comandare: faceva filare a bacchetta il povero

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Thomas, di qualche anno più piccolo, e voleva di-rigere anche lui come una maestra. Che noiosa!

“No! Gioco troppo poco!” si disse Ernesto scuotendo la testa e guardando avidamente la console. “Devo rimediare! È ora!”

Ernesto si rimboccò le maniche della felpa, telefonò a Viola dicendole che sarebbe arriva-to verso mezzogiorno, non prima, perché si era ricordato che doveva finire un compito, accese il led della console e inserì il dischetto nel car-rello. Si tuffò, non nei colori veri del mondo là fuori, ma in quelli sgargianti e un po’ freddi fatti di pixel, e cominciò a pestare su tasti, tastini e levette.

Erano le nove del mattino.

Alle quattro del pomeriggio, cioè sette ore più tardi, Ernesto era ancora lì. Chiuso nella sua cameretta, pestava tutto sudato sui tasti del joystick ma non riusciva a sconfiggere quel ma-ledetto mostro di fine livello.

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Il bambino sedeva rigido e ingobbito a un me-tro dalla console, con gli occhi strabuzzati sul vi-deo e la lingua penzoloni tra i denti, con le mani-ne sudate che avevano reso il joystick scivoloso e sfuggente come un’anguilla. Ogni tanto staccava una mano e la portava al viso, grattandosi frene-ticamente ora la punta del naso, ora il mento, ora le guance o le orecchie.

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Si era dimenticato di tutto: degli amici e dell’appuntamento che aveva con loro, di dar da mangiare ai pesciolini rossi, perfino di mangiare un boccone per pranzo.

E intanto continuava a gridare fuori di sé dal-la rabbia cose del tipo “Maledetto mostro del cavolo” e “Ora ti distruggo!”, e parolacce e ver-sacci.

Al settimo minuto della settima ora, Ernesto, stremato, fece “click” sul tasto del joystick, sicuro che ormai quell’ultimo colpo di spada magica avrebbe definitivamente stroncato il suo avver-sario elettronico e...

... e il mondo attorno a lui scomparve.D’un tratto.

Di botto. Proprio così! BUM, anzi... PUFF!

Intorno a lui tutto sparì, tutto divenne bianco.