essere gestiti, ma le persone -Ross Perot- LA LEADERSHIP

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LA LEADERSHIP A cura di: Gagliardini Alessia Angeletti Letizia Virgili Valentina Malvestuto Grilli Benedetta Agueci Martina “Le persone non possono essere gestite. Gli inventari possono essere gestiti, ma le persone devono essere guidate.” -Ross Perot-

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Presentazione standard di PowerPointA cura di: Gagliardini Alessia Angeletti Letizia Virgili Valentina Malvestuto Grilli
Benedetta Agueci Martina
“Le persone non possono essere gestite. Gli inventari possono essere gestiti, ma le persone devono essere guidate.”
-Ross Perot-
"The action of leading a group of people"
to lead = guidare, condurre Condurre deriva dal Latino cum-ducere = guidare insieme →
permette già di comprendere l’importanza della relazione con gli altri
Group of people = «un insieme di due o più individui che interagiscono e dipendono gli uni dagli altri per il raggiungimento di un obiettivo comune; il gruppo esiste quando questi individui defniscono sé stessi come membri e quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno un altro individuo»
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Pluralità di defnizioni → risorsa ed occasione di approfondire
Etzioni (1961): “La leadership è l'attività volta a infuenzare le persone che si impegnano volontariamente su obiettivi di gruppo”.
Hersey e Blanchard (1969): "la leadership è il processo volto ad infuenzare le attività di un individuo o di un gruppo che si impegna per il conseguimento di obiettivi comuni in una determinata situazione".
Hogan (1994): “la leadership è una modalità di persuadere delle persone a mettere da parte, per un periodo, i loro obiettivi individuali, con lo scopo di raggiungere un fne comune, importante per la responsabilità e il benessere del gruppo”.
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“Come per tutti i costrutti nelle scienze sociali, la defnizione di leadership è arbitraria e molto soggettiva. Alcune defnizioni
sono più utili di altre, ma non c’è una corretta.” (Yukl, 1994)
LEADERSHIP E POTERE
“due facce della stessa medaglia all’interno dei metodi di governo dell’organizzazione” (Bennis, 1999)
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"la possibilità oggettiva, la capacità concreta di fare qualcosa” (Dizionario on-line Sabatini – Colletti)
Potenzialità Capacità di infuire sulla realtà e sui
cambiamenti
POTERE DI POSIZIONE
qualità personali (come, ad esempio, capacità di suscitare sentimenti positivi di vicinanza emozionale o di identifcazione, carisma, capacità di infuenzare, …)
POTERE PERSONALE
Daniel Goleman, 2014 LEADERSHIP = concetto di natura emozionale coinvolgente indagine sull'intelligenza umana Egli prende in considerazione le seguenti competenze di
intelligenza emotiva: •Consapevolezza di sé •Gestione di sé •Comunicazione interpersonale •Consapevolezza sociale
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A seconda del diverso mix che si può ottenere a partire dalle seguenti competenze, distinguiamo 6 diversi stili di leadership :
•LEADER VISIONARIO
“Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo afrontare le difcoltà di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno. È un sogno che ha radici profonde nel sogno americano. Ho il sogno che un giorno questa nazione sorgerà e vivrà il signifcato vero del suo credo: noi riteniamo queste verità evidenti di per sé, che tutti gli uomini sono creati uguali … Un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l'essenza della loro personalità … Con questa fede potremmo cavare dalla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede potremmo trasformare le stridenti discordanze della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fraternità.”
Martin Luther King
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•COACH LEADER
“Mai dire alle persone come fare le cose. Dite loro cosa fare e vi sorprenderanno con il loro ingegno.”
General George Patton
•LEADER DEMOCRATICO
“Come leader, mi sono sempre attenuto ad ascoltare quello che ognuno aveva da dire in una discussione prima di portare la mia propria opinione. Molto spesso la mia opinione ha rappresentato semplicemente il consenso di ciò che ho udito nella discussione.”
N. Mandela
•LEADER AFFILIATIVO
“Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l'intelligenza che si vincono i campionati.”
Michael Jordan
•LEADER TRASCINANTE
“Non ho nulla da ofrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalie. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e soferenza. Voi chiedete qual è la nostra linea politica? Io rispondo: fare la guerra per terra, mare, aria. Guerra con tutta la nostra potenza e tutta la forza che Dio ci ha dato, e fare la guerra contro una mostruosa tirannia insuperata nell'oscuro e doloroso catalogo del crimine umano. Questa è la nostra linea politica. Voi chiederete qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una parola. È la vittoria. Vittoria a tutti i costi, vittoria malgrado qualunque terrore, vittoria per quanto lunga e dura possa essere la strada, perché senza vittoria non c'è sopravvivenza … Assumo il mio incarico con slancio e speranza. Sono sicuro che i popoli non permetteranno che la nostra causa sia sconftta. In questo frangente, in questo momento, mi sento in diritto di chiedere l'aiuto di tutti e di dire: "Venite dunque, andiamo avanti assieme con le nostre forze unite".”
Winston Churchill LA LEADERSHIP 11
•LEADER AUTORITARIO
"Se voi signorine fnirete questo corso e se sopravvivrete all’addestra-mento, sarete un’arma, sarete dispensatori di morte, pregherete per combattere, ma fno a quel giorno siete uno sputo la più bassa forma di vita che ci sia nel globo, non siete neanche esseri umani, sarete solo pezzi informi di materia organica-anfbia comunemente detta merda! Dato che sono un duro non mi aspetto di piacervi, ma più mi odierete, più imparerete: io sono un duro ma sono giusto, qui non si fanno distinzioni raziali, qui vige l’eguaglianza”.
Sergente Hartman in Full Metal Jacket
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•Dei 6 stili che abbiamo appena visto dobbiamo rilevare che gli ultimi due possono essere generatori di emozioni stressanti e in certi casi spiacevoli, perciò devono essere usati in modo focalizzato e con parsimonia.
•Il modo migliore per esercitare in maniera efcace il ruolo di leader è cercare di trarre ispirazione da tutti gli stili elencati sopra, adattandoli di volta in volta alla situazione.
•È fondamentale essere fessibili.
LEADERSHIP
•PLATONE
•ARISTOTELE
PLATON E
• Platone nella Repubblica aferma il principio della leadership, sostenendo che vi è chi, «essendo nato e formato per ciò, deve comandare, governare e guidare gli altri con un criterio di utile comunitario, collettivo, verso il quale è responsabile direttamente»
• Distanza dal suo maestro Socrate → aferma che il potere di gestire la città può essere afdato ai flosof persone sapienti che possiedono:
Le competenze per potersi porre alla guida della massa
E in particolare la conoscenza di che cosa è il bene, cioè la capacità di agire secondo giustizia
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• Analisi della situazione politica del suo tempo
• Denuncia dell'assenza di virtù tra coloro che mostravano interesse per il ruolo di leader
• Etica • Aristotele pone l'accento sul «giusto mezzo» come
via maestra per diventare persone felici e armoniche, tale concezione in parte deriva dalla scienza medica greca, basata similmente sull'equilibrio e la moderazione.
• In ambito politico l’esaltazione del giusto mezzo porta Aristotele ad esaltare la forma politica della politeia (giusto mezzo fra monarchia ed aristocrazia).
• La politeia fa leva sul ceto medio benestante ed è la più incline alla misura e alla stabilità.
• Essa deriva dalla commistione delle altre due forme politiche → le cariche pubbliche sono:
• elettive, come nell'oligarchia. • indipendenti dal censo, come nella democrazia. • Aristotele immagina come fgure di vertice
all’interno della forma politica della politeia gli anziani, non i flosof, perché considera quest’ultimi:
• Privi di saggezza pratica. • In grado di assumere il ruolo di consiglieri.
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Primo importante autore che tratta il tema della leadership “Il principe” (1513) Obiettivo = analisi del ruolo del leader o per meglio dire del
principe, cioè “colui che si sarebbe assunto il grande impegno di fare l'Italia”.
Sottolinea il rischio e le difcoltà di esercitare il ruolo di guida. Il leader deve raggiungere l'obiettivo di esercitare il potere e
mantenere l'autorità per ben governare e se non è in grado di raggiungere tali obiettivi, dimostrandosi quindi debole e non all'altezza del compito, la conseguenza sarà il caos morale, con «inganni trufe e tradimenti».
NICCOLÒ MACHIAVELLI
intellettive contagio emotivo
messaggi ripetuti in maniera ridondante
aumento dell’emotività pensiero semplifcato
Psychologie des foules = Psicologia delle folle (1895) Capacità di controllare e manipolare le masse → «Le
persone che fanno parte di una folla provano un senso immediato di intimità che deriva dalla proiezione del loro ideale dell’Io sul leader e dalla identifcazione con esso»,
Egli non parla mai esplicitamente di “leadership”, ma della contrapposizione tra le “folle” e i “capi”
“suggestione” unidirezionale
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MAX WEBER Il sociologo tedesco è il primo ad aver introdotto il concetto di
leadership Egli efettuò tale analisi a partire dall’interesse che gli aveva
suscitato l’aspetto carismatico di alcuni leader Il carisma
La politica attività che infuisce sulla direzione di un'associazione politica, quindi di uno Stato, cioè “quella comunità umana, che nei limiti di un determinato territorio, esige per sé il monopolio della forza fsica legittima”.
Lo Stato consiste in un rapporto di dominazione di alcuni su altri uomini
Possono essere tre i tipi di dominazione: 1. Tradizionale 2. Legale-razionale 3. Carismatica
«una qualità della personalità di un individuo, in virtù della quale egli si eleva dagli uomini comuni ed è trattato come uno dotato di poteri o qualità. Questi requisiti sono tali in quanto non sono accessibili alle persone normali, ma sono considerati di origine divina o esemplari, e sulla loro base l'individuo in questione è trattato come un leader e destinato a realizzare una missione collettiva di grande importanza.»
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1. Il dominio tradizionale Es. PATRIARCA:
la sua stabilità è proclamata da una validità antica e fondata sulla consuetudine
detiene il potere senza regole, e il suo unico limite è costituito dall'inviolabilità della tradizione
deve essere sempre pronto a rinforzare le basi su cui poggia la legittimità del suo dominio, attraverso il consenso e la benevolenza dei sudditi cui dona benefci in cambio dell'obbedienza.
2. Il dominio legale-razionale si fonda su un complesso di regole che sono state razionalmente formulate e sanciscono un'obbedienza a doveri stabiliti dalle norme
Caratteristiche peculiari di questa forma di dominazione è l'impersonalità, l’imparzialità, l’universalismo e la formalizzazione
Es. BUROCRAZIA LA LEADERSHIP 20
3. Il dominio carismatico costituito dalla fducia personale che gli individui
nutrono nei confronti del leader dotato di uno straordinario carisma, defnito come, una forza che crea storia e il suo fascino abbaglia le coscienze e le rinnova;
ignora qualsiasi forma di organizzazione e di regole procedurali, infatti si fonda sulla legittimità percepita e riconosciutagli dalle masse.
Es. condottiero eletto in guerra, sovrano plebiscitario, grande demagogo o capo di un partito politico.
La fgura eroica del capo carismatico: ha il dono di grazia e questo titolo di straordinarietà, di
cui anch'egli è interiormente convinto, gli viene riconosciuto dall'esterno;
fonda la sua autorità sulla fducia e sulla dedizione delle masse;
è capace di creare il processo d'identifcazione con la sua persona da parte del suo seguito.
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SIGMUND FREUD •Il tema della psicologia delle masse viene ripreso ed ampliato in direzione psicoanalitica
•“Psicologia delle masse e analisi dell’io” (1921)
•Freud riprende la visione emotiva ed irrazionale del gruppo di Le Bon e la concezione carismatica del leader di Weber, ma al tempo stesso va a ricercarne l’origine intima nell’Io
•Le persone che formano una folla provano un senso immediato di intimità che deriva dalla proiezione del loro ideale dell'Io sul leader e dalla identifcazione con esso. Tale identifcazione deriva dal concetto, introdotto da Freud, di investimento libidico nei confronti di fgure amate e temute e che costituiscono un surrogato del grande padre.
•“La disciplina imposta dall'esterno alla fne resta sconftta quando non è accompagnata da un desiderio interno”
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•Questa proiezione si accompagna a una riduzione del funzionamento dell'Io e all’emersione dei bisogni primitivi
•I gruppi non organizzativamente strutturati tendono a provocare nell'individuo un'immediata regressione che consiste nell'attivazione di operazioni difensive e processi interpersonali che rifettono relazioni oggettuali primitive in cui i ruoli vengono sospesi in una situazione non strutturata, inevitabilmente si riattivano livelli primitivi di funzionamento psicologico
•In questo aspetto riguardante la regressione e la perdita della coscienza individuale Freud si avvicina molto al concetto di suggestione analizzato da Le Bon, infatti in entrambi i casi il risultato che si ottiene è quello di una massa totalmente inconsapevole e suggestionata
•La visione freudiana è rimasta ancora valida → Otto Kernberg (1998) aferma che i fenomeni di gruppo rappresentano una minaccia all'identità personale, che portano ad attivare una serie di operazioni difensive e aggressività primitive.
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TEORIE SULLA LEADERSHIP
Le teorie sulla leadership sviluppate a partire dagli anni ’40 possono essere organizzate in quattro approcci:
1. APPROCCIO CARATTERIALE/INDIVIDUALISTICO 2. APPROCCIO COMPORTAMENTALE 3. APPROCCIO SITUAZIONALE 4. APPROCCIO INFLUENZALE
Queste hanno portato gli studiosi a defnire la leadership come un processo che implica l’interazione tra leader, membri del gruppo e situazione.
APPROCCIO CARATTERIALE: LA TEORIA DEI TRATTI (O DEL GRANDE UOMO)
‘’Leader si nasce, non si diventa’’
La teoria dei tratti si basa sul presupposto che un leader per essere tale deve avere delle qualità personali innate (chiamate tratti) che lo portano in modo naturale al comando.
I tratti vennero individuati da Ralph Stodgill negli anni ‘40 e pubblicati in due rassegne:
Nella prima rassegna i tratti individuati erano: intelligenza, vigilanza, intuizione, responsabilità, iniziativa, fducia in sé;
Nella seconda rassegna: forza e tenacia nel perseguimento degli obiettivi, sentimento di identità personale, prontezza nella gestione dello stress, ecc.
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PUNTI DI FORZA
PUNTI DI DEBOLEZZA
Presenza di soli tratti positivi;
Tratti eterogenei; Si ‘’decontestualizza’’ la
persona; Non si spiega perché
esistono alcune persone con questi tratti che però non esercitano la loro naturale propensione alla leadership.
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APPROCCIO COMPORTAMENTALE: LA TEORIA DEGLI STILI DI LEADERSHIP
Lo studio più importante è quello di Lewin, Lippit e White (1943).
Ipotizzarono che la funzione del leader fosse di creare un particolare ‘’clima sociale’’ nel gruppo e che tale clima infuisse sullo stato d’animo di ciascun membro e sulla sua efcienza.
Condussero un esperimento su un gruppo di ragazzi, da cui defnirono tre stili di leadership:
Stile autocratico
Stile democrtico
Stile permissivo (o laissez faire) LA LEADERSHIP 27
STILE AUTOCRATICO: il leader esercita il potere dispoticamente;
STILE DEMOCRATICO: il leader cerca di diventare un membro del gruppo, stimola la partecipazione dei membri;
STILE PERMISSIVO (O LAISSEZ-FAIRE): il leader è disinteressato, non stimola né controlla, lascia il gruppo libero di agire.
I risultati di tale esperimento vennero osservati sotto due variabili: la produttività e il clima sociale.
Secondo gli studiosi lo stile di leadership migliore era sicuramente quello democratico, sia per la produzione (maggiore capacità di autogestione) che per l’efcienza del gruppo (alta motivazione, buon rapporto tra il leader e il gruppo).
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LEADERSHIP GRID DI BLAKE E MOUTON (1964)
Usata per valutare lo stile di comando del leader in base a due dimensioni:
L’interesse del leader per le persone;
L’interesse del leader per la produzione.
Incrociando le due dimensioni e misurandole su una scala da 1 a 9 (1=alto interesse; 9=basso interesse) si determinarono cinque livelli di leadership.
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• Stile povero o laissez faire: entrambi gli interessi sono bassi. Il leader che adotta questo stile interviene pochissimo nella conduzione del gruppo;
• Stile orientato al compito: il leader presenta un alto interesse per la produzione e un basso interesse per le persone. Egli cerca di raggiungere gli obiettivi nel modo più efciente ed efcace possibile, senza considerare il fattore umano;
• Stile ricreativo: il leader ha un alto interesse per le persone e un basso interesse per la produzione. Si mette quindi in primo piano la creazione di buoni rapporti con il gruppo, poi il raggiungimento degli obiettivi;
• Stile team o squadra: il leader presenta un alto interesse sia per la produzione che per le persone;
• Stile a “metà strada’’: il leader presenta un interesse per la produzione e le persone entrambi nella media. Non trascura quindi nessuna delle due cose.
Stile a ‘’metà strada’’
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Lo stile più efcace era quello di team, perché permetteva il raggiungimento di buoni risultati in un clima di soddisfazione e fducia.
PUNTI DI FORZA
Si pone l’attenzione su un altro elemento importante nella leadership: il gruppo;
Si superano i limiti della teoria dei tratti.
PUNTI DI DEBOLEZZA
I dati individuati dai due studiosi non vennero confermati né da ricerche né da esperimenti successivi;
Si ‘’decontestualizza’’ nuova-mente la persona.
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APPROCCIO SITUAZIONALE: TEORIA DELLA SITUAZIONE DI HEMPHILL (1949)
L’ipotesi di fondo è che il leader per essere tale deve saper ricoprire funzioni diverse in situazioni che prevedono compiti diversi.
Si sposta l’attenzione sulle circostanze ambientali, sulle situazioni in cui si svolge il processo di leadership.
Una leadership è efcace quando il leader riesce a fronteggiare le esigenze che il tipo di gruppo da condurre richiede.
PUNTI DI FORZA: si sposta l’attenzione sulla situazione.
PUNTI DI DEBOLEZZA: non si considera la relazione leader- membri del gruppo.
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APPROCCIO SITUAZIONALE: TEORIA DELLA CONTINGENZA
Non esiste un unico tipo di leadership efciente, ma piuttosto il modello da preferire dipende da una serie di fattori contingenti, sia interni che esterni alle organizzazioni stesse.
È composta da modelli diferenti:
Modello di Fiedler (1965);
Modello di Vroom e Yetton (1973);
Path-goal theory di House e Mitchell (1974).
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MODELLO DI FIEDLER
Fiedler è stato il primo a sostenere che l’efcacia di una leadership dipende dall’interazione di due elementi: la situazione e lo stile adottato dal leader.
La situazione è defnita sulla base di tre variabili:
Relazione tra leader e membri del gruppo (clima afettivo);
Grado di strutturazione del compito (scopo chiaro, indicazioni precise, risultato defnito);
Potere legato alla posizione del leader.
La combinazione delle tre variabili determina un continuum defnito da otto gradi, che va da una situazione di massimo favore, dove le variabili sono positive, a una situazione di massimo sfavore, dove invece sono negative.
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I diferenti stili adottati dal leader sono defniti attraverso una scala LCP (Last Preferred Coworker), che valuta il collaboratore meno preferito:
Un alto punteggio LCP indica uno stile di leadership centrato sulle relazioni;
Un basso punteggio LCP indice uno stile di leadership centrato sul compito.
Conclusione
Dall’interazione di situazione e stile di leadership:
Un leader centrato sul compito (basso LCP) sarà efcace in situazioni all’estremo del continuum, ovvero molto favorevoli (quanto tutte le variabili sono positive) o sfavorevoli (quanto sono negative);
Un leader centrato sulle relazioni (alto LCP) sarà efcace in situazioni intermedie del continuum.LA LEADERSHIP 35
PUNTI DI FORZA
PUNTI DI DEBOLEZZA
Gli elementi che defniscono la situazione sono difcilmente utilizzabili nella realtà lavorativa.
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SITUATIONAL LEADERSHIP THEORY DI HERSEY E BLANCHARD
Lo stile di leadership è scelto a seconda del livello di maturità dei membri del gruppo.
Maturità:
Lavorativa, cioè competenze e capacità tecniche;
Psicologica, cioè la motivazione, la fducia in se stessi e la disponibilità a fare qualcosa.
Al variare del livello di maturità il leader deve adeguare:
Il comportamento direttivo (orientamento al compito), adottato per organizzare e defnire il ruolo dei membri del loro gruppo;
Il comportamento di relazione (orientamento alle relazioni), adottato per mantenere dei rapporti personali con i membri del gruppo comunicando, ofrendo sostegno e gratifcazioni.
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Al variare del livello di maturità dei membri del gruppo si possono avere quattro diferenti stili di leadership:
1. TELLING (alta direzione, bassa relazione): adottato in condizioni di bassa maturità, per cui prevale una forte direttività del leader e la comunicazione è unidirezionale;
2. SELLING (alta direzione, alta relazione): adottato con gruppi ad alta maturità psicologica ma con scarsa maturità lavorativa (es: gruppi composti da neoassunti). La comunicazione è bidirezionale;
3. PARTECIPATING (bassa direzione, alta relazione): adottato in gruppi con notevole maturità lavorativa, ma con bassa maturità psicologica. Il leader si focalizza sul rapporto emotivo, coinvolgendo i membri e spronandoli.
4. DELEGATING (bassa direzione, bassa relazione): adottato in gruppi composti da professionisti con forti competenze e un’alta maturità psicologica (es: gruppi di manager a livelli aziendali alti).
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MODELLO DI VROOM E YETTON
Lo stile di leadership è scelto in base al grado di partecipazione dei membri del gruppo nella presa di decisione, a seconda della situazione:
1. Stile autocratico: il leader prende le decisioni da solo senza consultare il gruppo, utilizzando le informazioni di cui dispone;
2. Stile autocratico con richiesta di informazioni ai collaboratori: il leader decide da solo, ma servendosi delle informazioni provenienti dal gruppo;
3. Stile consultivo individuale: il leader consulta individualmente i membri del gruppo, ma continua a prendere decisioni da solo;
4. Stile consultivo di gruppo: il leader consulta il gruppo collettivamente, ma continua a prendere decisioni da solo;
5. Stile partecipativo: il leader condivide il problema con il gruppo, valuta insieme ad esso la situazione per arrivare ad una soluzione consensuale.
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dalla qualità della decisione;
dal tempo impiegato per prenderla (a volte è necessario prendere decisioni di grande impatto in tempi brevi);
dall’accettazione della decisione presa da parte dei membri del gruppo.
PUNTI DI FORZA: possono esserci diversi stili di leadership, nessuno valido in assoluto, ma efcaci a seconda delle richieste della situazione.
PUNTI DI DEBOLEZZA: la defnizione di qualità della decisione, in quanto l’impatto di quest’ultima non è rilevabile nell’immediato, ma può emergere dopo molto tempo.
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PATH-GOAL THEORY DI HOUSE E MITCHELL
Leader visto come responsabile della motivazione e del conseguimento degli scopi del gruppo.
Si basa su due assunti:
Il leader è tanto più accettato dai membri del gruppo quanto più questi lo considerano idoneo a soddisfare i loro bisogni nell’immediato o nel futuro;
Il leader è motivante quando riesce a convincere i collaboratori che la loro soddisfazione dipende dal raggiungimento di risultati brillanti e che di questo cammino (da qui il termine path-goal) egli si farà carico.
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Per svolgere la sua funzione, il leader potrà adottare quattro stili di leadership a seconda della situazione, defnita sia dalla natura del compito che dalle caratteristiche dei membri del gruppo (competenze):
1. Leadership DIRETTIVA: adatta dove il compito è complesso e i membri del gruppo accettano il potere in forma autoritaria poiché vi sono basse competenze;
2. Leadership SUPPORTIVA: efcace in condizioni in cui il compito è strutturato e con subordinati che esprimono un bisogno di riconoscimento sociale;
3. Leadership ORIENTATA ALLA RIUSCITA: è efcace con gruppi di persone a forte motivazione verso l’autorealizzazione;
4. Leadership PARTECIPATIVA: si diferenzia dalla leadership supportiva per le caratteristiche dei membri del gruppo: in questo caso essi riconducono i successi alle proprie decisioni e per questo motivo, oltre che a sentirsi responsabili per il raggiungimento degli obiettivi, credono molto nella partecipazione.
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DI HOLLANDER Il termine ‘’transazionale’’ defnisce lo scambio sociale
che avviene tra il leader e il gruppo sulla base del quale il leader può apportarvi innovazioni.
Un leader avrà successo quando il suo comportamento corrisponderà alle aspettative del gruppo.
Per raggiungere questo risultato il leader deve guadagnare la credibilità, la fducia e la stima del gruppo attraverso un processo basato sulla relazione e il mutuo scambio con i membri del gruppo.
Ruolo attivo dei membri del gruppo.
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Il processo è defnito da quattro variabili:
1. Conformismo iniziale: il leader si adegua alle regole del gruppo per acquistare l’infuenza necessaria per poi modifcarle;
2. Competenza: il leader deve dare prova di contribuire al principale compito del gruppo con le competenze di cui dispone;
3. Legittimità del potere: può derivare dall’esterno (il leader viene assegnato a un gruppo) oppure dai membri del gruppo (il leader è eletto).
4. Identifcazione con il gruppo: il leader deve dimostrare di identifcarsi con gli obiettivi e la natura del gruppo.
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BURNS Il trasformational leader è quella persona che lavora per
arrivare a ‘’trasformare’’ i suoi collaboratori, guidandoli verso l’autorealizzazione.
Fattori caratterizzanti lo stile di leadership trasformazionale:
1. Infuenza idealizzata: capacità del leader di essere un modello di comportamento da imitare per il gruppo;
2.Motivazione ispirazionale: capacità del leader di ispirare, trasmettere entusiasmo e ottimismo;
3.Stimolazione intellettuale: la capacità del leader di spingere il gruppo a essere innovativo e ad adottare prospettive sempre nuove per riconsiderare problemi vecchi;
4.Considerazione individuale: capacità del leader di agire come un coach, promuovendo occasioni di apprendimento e un clima di reciproco sostegno.
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LA PSICOLOGIA DEL LAVORO
Studia i comportamenti delle persone nel contesto lavorativo e nello svolgimento della loro attività professionale in rapporto alle relazioni interpersonali, ai compiti da svolgere, alle regole e al funzionamento dell'organizzazione.
Ricava i modelli e le teorie della psicologia e li applica all'ambiente di lavoro, cercando di:
favorire sia il massimo benessere per le persone che lavorano, sia il massimo vantaggio per l'organizzazione per cui lavorano;
migliorare le condizioni psicologiche, la motivazione e i rapporti con gli interlocutori di ruolo, con l'azienda e con l'ambiente di lavoro in genere.
LO PSICOLOGO IN AZIENDA Lo psicologo all’interno di una azienda valuta la situazione attuale
e il potenziale dei soggetti lavorativi che la costituiscono.
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Lo psicologo consulente dei processi organizzativi, può lavorare in vari contesti organizzativi, occupandosi di:
comunicazione interna e comunicazione rivolta all’esterno;
gestione della sicurezza;
gestire il personale (afancare l’organizzazione nella ricerca e nella selezione del personale o nella ricollocazione di lavoratori presso altri ruoli; sostegno e consulenza per l’orientamento lavorativo e lo sviluppo delle carriere);
problem solving;
Gli strumenti principalmente usati dallo psicologo per intervenire nelle organizzazioni sono:
La consulenza
La formazione
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Processo interattivo tra cliente (azienda) e consulente nel quale si defnisce qual è il problema o l’aspetto nel quale si vuole intervenire;
Strumento che permette di aumentare le competenze di gestione dei ruoli lavorativi o aumentare le conoscenze relative a qualche tematica di particolare interesse.
LO PSICOLOGO IN AZIENDA
“Il lavoro deve essere un piacere!”
“Siate protagonisti!”
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Si defnisce comunicazione paradossale perché obbligano ad avere un comportamento che ha come caratteristica la spontaneità, come la voglia o il piacere. Oppure, prescrivono un comportamento, essere motivato o sentirsi protagonista, non fornendo le istruzioni o gli strumenti per realizzare tali comportamenti.
IL LINGUAGGIO DEL CORPO NELLA VENDITA
In psicologia la comunicazione riveste un ruolo importante, cosicché gli studiosi hanno classifcato i fenomeni comunicativi secondo tre livelli o modi di organizzazione:
La sintassi
La semantica
La pragmatica
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studia l’ordinamento degli elementi della comunicazione quali i segni, i simboli, i codici e la lingua, le loro correlazioni interne e relativi modi di combinazione;
che si occupa del rapporto fra comunicazione (intendendo come tale sintattica, semantica, vocalità e linguaggio corporeo), interlocutori e ambiente nella quale la comunicazione avviene.
studia il signifcato delle parole e si occupa, in pratica, del rapporto fra sintassi e i suoi oggetti concettuali (il signifcato e le relative nozioni di riferimento);
1° principio La pragmatica della comunicazione si
distingue in:
Comunicazione digitale
Comunicazione analogica
Signifcato letterale delle parole. Es.: “Ti va di bere insieme un drink?”
Mediante l’immagine esplicativa, il gesto o l’analogia verbale. Es.: mimare l’atto di bere un bicchiere di vino; dire “ Ti va un goccio? ”
Nasce dal linguaggio dei segni e dai cosiddetti segni di intenzione, manifestazioni straordinariamente comuni ed utilizzate da popoli di lingue e culture diametralmente diverse.
2° principio
S’intende il signifcato delle parole
S’intendono la voce (tono, volume, velocità, ritmo, pause) ed il linguaggio del corpo
verbale; 7,00%
Infuenza
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Si dà maggior importanza al linguaggio del corpo piut-tosto che alle parole, perché si ritiene che abbia la parte preponderante in un messaggio.
In seguito a ricerche condotte dallo psicologo statunitense Meherabian, le componenti costitutive di un messaggio efcace vengono così suddivise
L’imprinting
L'impatto iniziale con il cliente è un momento molto importante perché è il momento in cui si gettano le basi per la relazione futura.
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In ogni relazione esiste un periodo iniziale di tempo, molto breve, che in psicologia è chiamato "imprinting", durante il quale le sensazioni che proviamo rimangono bene impresse infuenzando l'opinione che ci facciamo dell'interlocutore e determinando in tal modo l'andamento futuro della relazione.
L'imprinting quindi, in una relazione determina la disponibilità o la non disponibilità del cliente.
Segnali di gradimento
• Bacio dato a se stessi L’atto esprime gradimento verso la tematica tratta o il soggetto con cui dialoga
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• Accarezzamento delle labbra con le dita o il dorso della mano
Indica un grosso gradimento emotivo nei confronti della tematica tratta o del suo interlocutore
• Linguino Rappresenta il massimo segnale di gradimento nei confronti dell’argomento o del soggetto con cui interagisce. Generalmente, dopo questo segnale, è possibile avanzare la richiesta per ottenere il consenso
• Mordicchiarsi le labbra
Il soggetto riconosce nell’interlocutore un grosso potenziale di coinvolgimento emotivo e inconsciamente lo invita ad approfondire l’argomento trattato
• Accarezzarsi i capelli Indica una estrema gratifcazione nei confronti dell’interlocutore o dell’argomento espresso con connotazione afettiva.
• Spostare il busto o il corpo in avanti
Indica un interesse rispetto all’argomento trattato dal soggetto con cui interagisce.
Segnali di rifuto
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• Sfregare con le dita il naso
Il soggetto rifuta l’argomento o frase espressa (è anche un indizio di falso nella menzogna)
• Spostare il corpo indietro
• Spostare occasionalmente oggetti lontano dalla propria persona
Indica un allontanare gli argomenti trattati
• Spolverare o spazzare via dagli abiti o dal tavolo polvere o briciole
Rappresenta il volersi liberare dai problemi attinenti all’argomento espresso
• Gambe accavallate e braccia conserte Rappresentano una chiusura nei confronti dell’argomento trattato o dell’interlocutore. Generalmente segnalano che l’individuo desidera inconsciamente che l’argomento non deve essere toccato (oppure non è ancora pronto ad afrontarlo), possono anche segnalare una chiusura nei confronti dell’interlocutore (per esempio non si fda dell’interlocutore)
LEADERSHIP DELL’AMORE
Alla base di una leadership di successo, deve esserci l'amore, inteso come impulso che spinge verso una determinata entità. Nel rapporto del leader con l'azienda si possono riscontrare i tratti tipici del sentimento amoroso:
LA LEADERSHIP 57
la compiacenza
la concupiscenza
la benevolenza
il leader percepisce l'organizzazione come un bene e si impegna a promuoverne lo sviluppo ed il corretto funzionamento
il leader che desidera che i suoi obiettivi, progetti, idee siano raggiunti e si rivelino vincenti
un leader vuole veder crescere e migliorare la sua azienda.
Amare l’azienda
Amare l'azienda signifca innanzitutto riconoscerne il ruolo economico e sociale e sviluppare la consapevolezza che l’organizzazione è una comunità di persone che deve costituire un bene per tutti gli stakeholder.
LA LEADERSHIP 58
Gestire l’amore
È di fondamentale importanza che sia usato alla stregua di una strategia per aumentare il fatturato dell'azienda. Il leader non sarà mai l'azienda; l'azienda è fatta di tutte le persone che lavorano per essa ed è il risultato del loro lavoro, che il cliente apprezzerà o meno.
LA LEADERSHIP 59
I dipendenti non potranno mai trasmettere al cliente la sensazione di star loro veramente a cuore se, a loro volta, non si sentono amati ed apprezzati dal proprio leader; solo allora saranno in grado di dare ai loro clienti e fornitori quell'attenzione che meritano di avere.
Orientamento all’amore
Il leader come tutti è in costante crescita, e come tale soggetto a debolezze e ad errori. Essendo umano, non può avere sempre e subito tutte le risposte che il caso necessita.
LA LEADERSHIP 60
L’amore è una pura astrazione, tuttavia ciò non toglie che una azienda non possa ispirarvisi.
Difcoltà di amare Essere leader è difcile e pochi possono veramente
esserlo. Tutti vorrebbero avere un'azienda efciente dove regni armonia e serenità, ma ben pochi sono disposti a mettersi in discussione e a rivedere i loro atteggiamenti, preferendo dare la colpa agli altri per i propri insuccessi.
LA LEADERSHIP 61
I principi nelle persone sono innati, ma per poterli utilizzare si ha bisogno di qualcuno che aiuti a riscoprirli: il leader. Troppo spesso i datori di lavoro sono assorbiti dalla smania di far quadrare le questioni economiche della propria azienda, e per questo trascurano i propri collaboratori; ecco perché essere il manager non signifca essere il leader.
Un leader aziendale è colui che fa la diferenza, colui senza il quale non ci sarebbero cambiamenti e dunque non avverrebbe progresso.
Responsabilità e reciprocità
LA LEADERSHIP 62
Fingere l'amore porta, a lungo andare, all'autodistruzione o per lo meno al peggioramento delle condizioni di vita del gruppo e dell'azienda.
Non esiste nulla di dovuto e fulcro di tutto deve essere la reciprocità. Reciprocità: nel riconoscimento, nella valorizzazione, nella protezione, nella produzione.
IL MOBBING Per mobbing si intende una forma di terrore psicologico sul
posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori.
LA LEADERSHIP 63
La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si vede emarginata, calunniata, criticata: gli vengono afdati compiti dequalifcanti, o viene spostata da un ufcio all’altro, o viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Nei casi più gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali.
Con il termine ‘’bossing’’ si intende il mobbing compiuto dai superiori o dai dirigenti dell’azienda, quasi sempre con lo scopo preciso di indurre il dipendente alle dimissioni, confgurandosi in questi casi proprio come una precisa strategia aziendale.
Gli attori nel mobbing
L’aggressore, o mobber; La vittima, o mobbizzato; Gli spettatori , sono tutte quelle persone, colleghi, superiori,
addetti alla gestione del personale, che non sono coinvolti direttamente nel mobbing, ma che in qualche modo vi partecipano, lo percepiscono, lo vivono di rifesso.
LA LEADERSHIP 64
Lo spettatore ricopre un’importanza cruciale:
Se è un neo-assunto in contratto di formazione allora potrà fare ben poco di fronte al mobbing;
Se invece è il capo-reparto, egli ha l’autorità di porre fne o far proseguire il processo.
Se uno spettatore non agisce, molto spesso si può tramutare in un altro temibile aggressore.
Efetti sul mobbizzato La vittima è sempre in una posizione inferiore rispetto ai suoi
avversari. Inferiorità non riferita al potere, all’intelligenza o alla cultura, ma come status.
LA LEADERSHIP 65
Durante un lungo periodo di tempo in cui subisce mobbing, la vittima perde gradatamente la sua posizione iniziale, cioè perde:
La persona colpita viene danneggiata psicologicamente e fsicamente e risente spesso di sintomi psicosomatici, stati depressivi o ansiosi, tensione continua e incontrollata. L’esito ultimo - e non raro - è il suicidio.
la sua infuenza il rispetto degli altri verso di lui il suo potere decisionale la salute la fducia in se stesso
gli amici l’entusiasmo nel lavoro se stesso la sua dignità
Cosa dice la legge Secondo l’art. 2043 c.c., che sancisce il principio del neminem
laedere, la produzione di un danno ingiusto è fonte di responsabilità extra-contrattuale ed obbliga il responsabile anche indiretto, e quindi anche il datore di lavoro, al risarcimento del relativo danno.
Secondo la sentenza della Corte Cost. n° 184/86 l’art. 2043 c.c. “va necessariamente esteso fno a comprendere il risarcimento di tutti i danni che, almeno potenzialmente, ostacolano le attività realizzatrici della persona umana”.
L’art. 2087 c.c. statuisce: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fsica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Secondo l’art. 41, 2° co., Cost., l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
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Cosa dice la legge
vessazioni sul luogo di lavoro; contrasti, le mortifcazioni o quant'altro devono durare
per un congruo periodo di tempo; la reiterazione e la molteplicità degli atti; attacchi alla possibilità di comunicare, isolamento
sistematico, cambiamenti delle mansioni lavorative, attacchi alla reputazione, violenze o minacce;
dislivello tra gli antagonisti, con l'inferiorità manifesta del ricorrente;
conseguenze sulla salute in modo da determinare esclusione dal mondo del lavoro, in modo da determinare sintomi psicosomatici, errori e abusi, aggravamento della salute, esclusione dal mondo del lavoro;
intento persecutorio ovvero premeditazione. LA LEADERSHIP 67
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione 15 maggio 2015 n. 10037 ha inoltre individuato delle "linee guida", secondo cui è necessaria la presenza di sette elementi - che devono però ricorrere all'unisono - in presenza dei quali si possa parlare di mobbing, ovvero:
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LEADER e MANAGER DUE POLI OPPOSTI
Spesso nel gergo comune si tende a confondere i due termini, pensando che manager e leader siano due fgure con le
medesime caratteristiche; ma in realtà hanno delle caratteristiche diverse che li contraddistinguono.
INNOVAZIONE: il manager è colui che gestisce, quindi colui che
organizza, pianifca, amministra e controlla. Per poterlo fare ovviamente deve conoscere alla perfezione le varie regole e procedure.
il leader non conosce necessariamente tutte le varie regole, ma sfrutta la sua grande creatività per trovare soluzioni originali e alternative . La sua dote principale è quella di avere una visione e di essere in grado di comunicarla efcacemente ai suoi collaboratori, per trovare insieme il modo migliore per realizzarla
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ISPIRAZIONE: il manager è amante del comando e del controllo e
tende a mettersi sempre al primo posto. il leader non è colui che comanda, bensì colui che
infuenza e rappresenta un modello, colui che motiva ed incoraggia. Il leader non teme la crescita dei suoi collaboratori, anzi, la promuove, stimolandoli a divenire leader a loro volta.
COLLABORAZIONE (deriva dall’ispirazione): il manager dirige e controlla i suoi sottoposti
assicurandosi che eseguano i loro compiti. il leader, invece, promuove la collaborazione con e tra i
suoi collaboratori; perché sa che traguardi Più innovativi e originali possono essere raggiunti solo se si ha alle spalle una vera e proprio squadra. Per poter formare una squadra però occorre FIDUCIA tra tutti i componenti.
LA LEADERSHIP 70
COSTRUTTIVITÀ: il manager tende a concentrarsi sugli errori dei collaboratori
togliendo la parte marcia e assegnando il suo posto ad un altro soggetto.
il leader non ha come obiettivo incolpare e punire, bensì ottimizzare e valorizzare. Se si trova di fronte una persona che sembra “non funzionare” afronta la situazione con il diretto interessato dandogli nuovi stimoli e soprattutto tende a stimolare anche i restanti collaboratori a fare sempre meglio.
PASSIONE: Quest’ultima caratteristica accomuna sia il manager che il
leader, perché ovviamente senza passione non è possibile “trascinare” una squadra verso uno stesso obiettivo.
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Altre diferenza tra capo e leader
IMPERSONALE O EMPATICO? Il leader collabora con i suoi collaboratori ed è pronto a dare una mano concretamente se un membro del team è in difcoltà
“IO” O “NOI”? USARE O AIUTARE A CRESCERE? PAURA O RISPETTO? CREDITO O DEBITO? Per il capo ogni progresso è
merito suo; per il leader è sempre merito del suo team CONTROLLO O DELEGA? Entrambi delegano ma il
capo con più difcoltà (per assenza di fducia) ed è portato pertanto a controllare ogni passaggio
“VAI” O “ANDIAMO”? CAPO O COLLEGA? OBIETTIVI O PERSONE?
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Julio Velasco grande allenatore di pallavolo ha scritto alcuni punti fondamentali su tale tema:
L’ALLENATORE NON FA, CONVINCE A FARE
NELL’ERRORE BISOGNA CERCARE IL MOTIVO, NON IL COLPEVOLE
LA SQUADRA SI SCOSTRUISCE COMINCIANDO A STABILIRE I RUOLI
FESTGGIARE ANCHE GLI ERRORI NEI TENTATIVI, COME CON I BAMBINI
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La fgura del leader è importante in ogni ambito in cui si parla di squadra e tutte le teorie nate con il tempo valgono in ognuna di esse.
DITE PIU’ SPESSO “BRAVO”. DITELO ANCHE AI BRAVI. GLI UOMINI HANNO BISOGNO DI RICONOSCIMENTO. ALLE DONNE MOLTIPLICATE PER QUATTRO.
OGNI TANTO CI VUOLE CHE QUALCUNO CI SPINGE IN PISCINA. E CI COSTRINGE A NUOTARE.
CHIEDETE PIU’ VOLTE “PERCHE’ “ AI VOSTRI COLLABORATORI. SPESSO ABBIAMO DEI CONFLITTI E NON ABBIAMO CHIESTO IL PERCHE’.
NON SI PUO’ AVERE IL POSTO FISSO E FARE UNA VIT SPERICOLATA ALLA VASCO ROSSI.
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CASO AZIENDALE OLIVETTI Quando avere un leader è fondamentale
Concretizziamo la fgura del leader con un solo nome: ADRIANO OLIVETTI.
Adriano Olivetti, fglio di Camillo (fondatore della Olivetti), è stato uno tra i più importanti “leader aziendali” del ‘900 in Italia.
La sua visione del ruolo dell’impresa e la sua poliedrica personalità lo portarono ad occuparsi in modo fortemente innovativo anche di problemi sociali e politici, di urbanistica, architettura, cultura e editoria.
Ivrea non è altro che la “città Olivetti” per eccellenza, perché proprio qui avviò la progettazione e costruzione di nuovi edifci (case per dipendenti, mense, asili, ecc.)
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Adriano con la sua flosofa defnì alcune linee guida:
INDUSTRIA COMPLESSA DI MASSA: per “complessa” intendeva un’impresa che non può esaurirsi nella produzione e nel proftto, perché ha degli obblighi che si estendono verso l’ambiente circostante e la società.
“Può l’impresa darsi dei fni? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei proftti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più afascinante, una
destinazione, una vocazione, anche nella vita di fabbrica?”
Adriano Olivetti
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LA BELLEZZA: per Adriano Olivetti il luogo di lavoro, non è un luogo esclusivamente orientato alla produzione ovvero, chiuso, disadorno e sovrafollato, ma una fonte di ispirazione, in quanto è fermamente convinto che la bellezza sia un mezzo per l’elevazione dell’uomo.
“Bello il luogo in cui si lavora, bella la cosa per cui si lavora”
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COMUNITÀ CONCRETA: parola cardine della corrente Olivettiana. Secondo Adriano la comunità era per prima cosa uno spazio. E’ il quantum di territorio in cui gli uomini possono abitare. La comunità deve essere a “misura d’uomo”; è lo spazio che può essere personalmente percorso per esplicitare i rapporti con l’altro e con gli altri in modo relativamente diretto.
Adriano vede la su fabbrica COME IL CENTRO DI UNA COMUNITÀ
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"…oggi, l’intuizione Olivettiana ha forse più valore di quando fu, per la prima volta, forse oscuramente, espressa. Ad oggi, nessuno ha il coraggio di parlare del fenomeno di aterritorialità che stiamo vivendo, grazie alle indicazioni espresse dalle grandi multinazionali che governano l'attività economica del pianeta: l'aver dimenticato completamente la dimensione comunitaria, cioè l'uomo, facendo cadere qualsiasi istanza e qualsiasi esigenza etica, di responsabilità, verso il proftto. Noi, non negavamo afatto il proftto ma, il proftto doveva essere concepito non solo in termini ragionieristici-contabili, ma doveva includere le condizioni indispensabili per preservare l'equilibrio e ecosistemico della fabbrica e della comunità. Mentre oggi c'è un'assoluta cancellazione delle peculiarità e delle defnizioni di tempo e di luogo, in nome di una globalità puramente commerciale che sta appiattendo e sofocando la vita di questo pianeta."
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OPEN LEADERSHIP Open Leadership è un’importante evoluzione dell’organizzazione
aziendale che ha iniziato a prendere corpo fra il 2008 e 2009. Utilizzando tale forma organizzativa, ai nuovi leader non viene
più solo richiesto di comandare e controllare, ma di mettere in discussione la propria idea verticale di potere a favore di una leadership più ORIZZONTALE, CONDIVISA, DISTRIBUITA e APERTA.
Per poter fare ciò, anche in questo caso, occorre essere armati di fducia e complicità.
L’impresa 4.0 deve seguire solo la regola dei tre codici: 1. Codice paterno: indica obiettivi sfdanti e regole del gioco
chiare 2. Codice materno: per curare le persone, farle crescere e
generare benessere 3. Codice dei fratelli: quando gli altri due codici si fanno da
parte i fratelli cooperano, competono e sia alleano per raggiungere degli obiettivi.
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Il promotore di tale concetto è Bruttini, studioso ed evangelist grazie al quale il mondo sta iniziando a capire cosa si intendere per “open leadership”.
Lo stesso Bruttini ha scritto “open leadership manifesto”, riportando in 48 punti l’essenza di questo nuovo tipo di organizzazione.
I punti più importanti:
1. Un leader non può più controllare 2. I collaboratori controllano, i clienti controllano 3. Un leader crea le condizioni perché altri controllino 7. La leadership è reciprocità. Se un leader vuole infuenzare
deve accettare di essere infuenzato 8. La leadership è servizio: ai clienti, ai collaboratori, alla
comunità. Per tale motivo i suoi valori guida sono: l’onestà, la condivisione del potere, la trasparenza
9. La fducia è il motore delle relazioni nei sistemi aperti. Sia dentro alle aziende che sui mercati attraverso il consumo collaborativo
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26. Le innovazioni si sviluppano mettendo in connessione mondi con conoscenze diverse
31. La leadership favorisce l’intelligenza collettiva
34.La cooperazione nel lungo periodo aumenta le probabilità di sopravvivenza di un sistema
36. I diversi approcci alla realizzazione di compiti e alla risoluzione di problemi possono coesistere, imparando gli uni dagli altri. La diversità aumenta la probabilità di successo nel raggiungimento degli obiettivi e la scoperta di nuovi metodi di lavoro
45. La leadership lavora all’incremento del benessere perché le organizzazioni in cui si sta bene hanno performance superiori.
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LA LEADERSHIP 84
• Qualche passo indietro….
• In passato la fgura femminile era vista come colei che doveva badare alla prole e alla casa.
approvata la legge Sacchi abolita l’AUTORITÀ MARITALE.
• La prima guerra mondiale si trasformò in un ottimo contesto per dimostrare le capacità femminili anche in campo lavorativo.
191 9
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Con il fascismo le donne tornano ad essere considerate unicamente nel ruolo di mogli e madri.
Lo Stato cerca di ostacolarle in tutte le attività
Viene loro vietato di insegnare Le bambine per poter andare a scuola devono
pagare una tassa superiore a quella maschile I salari femminili vengono dimezzati per decreto.
LA LEADERSHIP 86
Con la seconda guerra mondiale (1940/1945) il lavoro femminile viene di nuovo preso in considerazione.
Le donne vengono chiamate a ricoprire i ruoli lasciati vuoti dagli uomini partiti per il fronte.
Esse cominciano ad essere assunto come postine, impiegate, poi nella Fiat e via via in tutte le fabbriche.
Ma l’Italia una volta uscita dalla guerra torna ad essere bigotta.
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(Art. 29 piena uguaglianza giuridica e morale dei coniugi)
(Art. 37 stabilisce per le donne lavoratrici gli stessi diritti e la stessa retribuzione che spettano agli uomini).
1947
LA LEADERSHIP 88
Nonostante ciò i primi cambiamenti si hanno negli anni ‘70 del 900.
Noteremo sempre più frequenze femminili nel mondo dell’istruzione, nelle banche, negli ospedali, nei servizi sociali, nelle università e in tutti gli ambiti tradizionalmente maschili.
LA LEADERSHIP 89
e una leadership femminile?
LA LEADERSHIP 90
Da studi efettuati a partire dal 1980 in poi, è stato evidenziato come non vi siano diferenze sostanziali nella leadership tra maschi e femmine. Esistono, ovviamente, delle piccole diferenze che sono delle diferenze stereotipate di genere. Questa tematica viene afrontata da diversi studiosi tra cui: JAN GRANT JUDY ROSENER SALLY HELGESEN ALICE EAGLY
LA LEADERSHIP 91
Disse che la donna possiede delle qualità psicologiche che a suo avviso rendono l’apporto delle donne irrinunciabile per le organizzazioni.
Secondo Grant vi sono delle “aree” in cui le qualità psicologiche delle donne possono fornire un contributo rilevante per l’organizzazione o rappresentare una risorsa per il cambiamento organizzativo. comunicazione e
cooperazione afliazione e
attaccamento emotività cura
informazione Dare energia agli altri
Secondo l’autrice gli uomini vedono la prestazione lavorativa come un insieme di compromessi con i subordinati e sono maggiormente portati a utilizzare il potere che deriva loro dalla posizione organizzativa e dall’autorità formale. Le donne invece si caratterizzano per una leadership trasformazionale.
Judy Rosener
LA LEADERSHIP 93
In uno studio, ha individuato come le organizzazioni, i reparti e i gruppi condotti da donne tendevano a essere organizzati come web of inclusion, “reti di inclusione”.
Le comunità gestite da donne leader venivano modellate più sulla forma di una rete, che di una gerarchia, come quelle gestite da uomini. Inoltre, l’autrice ha rilevato come la chiave dell’efcacia di queste donne fosse la condivisione delle informazioni.
Secondo l’autrice la “rete di inclusione” è caratterizzata da: apertura alla comunicazione reti durevoli che redistribuiscono il potere riorganizzazione costante apertura ed espansione all’esterno accettazione di prove ed errori
Sally Helgesen
LA LEADERSHIP 94
Alice Eagly e i suoi collaboratori studiano donne e uomini nell’esercizio della leadership per verifcare l’esistenza e l’entità delle diferenze.
I risultati di tali ricerche confermano che nei contesti organizzativi le diferenze sono minime, pressoché irrilevanti e difcilmente rilevabili, pur tuttavia esistenti.
Queste piccole diferenze nello stile di leadership sono orientate al compito e interpersonali: gli uomini emergono maggiormente come leader orientati al compito, mentre le donne emergono più spesso come leader legate agli aspetti sociali e orientate alla relazione;
Alice Eagly
LA LEADERSHIP 95
Le donne sono, in modo poco signifcativo, più propense degli uomini a mantenere relazioni interpersonali e a realizzare i compiti.
Gli uomini sono meno portati ad assumere il ruolo di leader quando il compito prevede molta interazione sociale.
La donna adotta uno stile di leadership più democratico rispetto agli uomini e tenta di risolvere i problemi nel momento in cui si presentano anche se piccoli.
Gli uomini adottano uno stile di leadership più autocratico e attendono che il problema diventi tale prima di afrontarlo.
Le donne motivano di più i propri collaboratori rispetto a quanto fanno gli uomini.
Le donne mostrano, in generale, più ottimismo, e un approccio più dinamico e creativo ai problemi.
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indipendenza
Entrambi i sessi, maschile e femminile, possano portare in modo considerevole, ma diferente, importanti punti di forza al ruolo della leadership, uomini e donne scelgono infatti di condurre e di seguire gli altri in diferenti modi.
In conclusione
Entrambi possono apprendere i comportamenti, gli attributi e le competenze dell’altro, e questo, secondo gli autori, porta benefci nel luogo di lavoro e nella vita personale sia dei leader sia dei seguaci.
Capire come gli uomini e le donne cercano di farlo è un importante passo per il miglioramento del processo stesso. La diferenza tra uomini e donne, non deve suonare come discriminatoria, ma al contrario come la base che conduce a formulare un modello di leadership che sappia riunire i punti di forza dell’uno e dell’altro sesso.
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