ENERGEO MAGAZINE Anno VI Maggio - Giugno 2013
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Anno VI - maggio/giugno 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro
Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale
sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali,
Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino.
Etna, patrimonio UNESCOGiovanni Tomarchio racconta la montagna di fuoco che affascina e seduce
TrentoApre il MUSE, l’avvenistica struttura disegnata da Renzo Piano
Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia
Il Covenant parla abruzzese
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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013
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Per fortuna che c’è l’UNESCO che considera la montagna un patrimonio
da tutelare. A giugno l’Etna, per i siciliani “a’ muntagna”, è entrato a far
parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO, in una cerimonia che si e tenuta
a Phnom Penh, in Cambogia, in occasione della 37esima sessione del Comitato
del patrimonio mondiale, davanti ai rappresentanti di oltre 180 Paesi. Si tratta
del quarto tesoro ambientale entrato nel prestigioso scrigno del World Heritage
List dell’UNESCO, dopo isole Eolie, monte San Giorgio e Dolomiti.
L’Italia si conferma terra di risorse naturali di valore inestimabile, spesso purtroppo
trascurate o non adeguatamente tutelate. Alla vigilia delle celebrazioni del qua-
rantesimo anniversario della fondazione del Ministero per i Beni Culturali e
Ambientali, creato da Giovanni Spadolini, è un argomento su cui riflettere.
Lo conferma il Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare,
Andrea Orlando, esultante dopo che la IUCN (Unione internazionale per la con-
servazione della natura) ha esaminato e giudicato positivamente la candidatura
dell’Etna e dell’ecosistema che lo circonda per l’importanza geologica, scientifica
e culturale e per la sua millenaria storia eruttiva (senza dimenticare l’impatto che
la montagna ha avuto nella mitologia dei popoli di tutto il bacino del Mediterra-
neo). “È un’opportunità per il nostro Paese per coniugare la tutela dell’ambiente
con la valorizzazione del territorio, investendo così nello sviluppo sostenibile - ha
dichiarato il Ministro Orlando - questa è la strada che dobbiamo percorrere”.
Ci vengono in mente le parole del senatore Giovanni Spadolini che amava ripe-
tere: “una moderna politica dell’ambiente e del territorio richiede il concorso di
tutte le forze vive della cultura e della società”. Effettivamente siamo sulla buona
strada, nonostante la crisi che incombe e che rende, a volte, vani gli sforzi per
tutelare il territorio delle popolazioni locali. Il “Gigante buono“ questo encomio
solenne di “eccezionale valore universale” se l’è proprio meritato. Così recita la
dichiarazione . “Il patrimonio mondiale (19,237 ettari) comprende le aree a mag-
gior protezione e di maggior rilevanza scientifica del monte Etna, situato all’interno
del Parco regionale dell’Etna. Il monte Etna è rinomato per l’eccezionale livello
di attività vulcanica e per le testimonianze inerenti a tale attività che risalgono a
oltre 2700 anni fa. La notorietà, l’importanza scientifica e i valori culturali ed
educativi del sito possiedono un significato di rilevanza globale”.
Energeo ha voluto rendere omaggio al più grande vulcano attivo d’Europa dedi-
candogli la copertina e raccogliendo in una bella intervista le emozioni di un
autentico “cantore“ del vulcano e del suo territorio. Il suo nome è Giovanni
Tomarchio. Puccio Corona, volto notissimo della televisione, inviato del Tg1, in un colloquio confidenziale, ha messo
insieme “suggestioni, emozioni e tanta passione” che hanno caratterizzato il lavoro del tele cineoperatore catanese della
RAI, che, attraverso i suoi reportage, ha fatto conoscere in tutto il pianeta l’Etna, impressionando sempre per l’irraggiun-
gibile bellezza delle immagini, una sequenza di fiumi di magma luccicante, fontane spettacolari di fuoco, esplosioni
accompagnate dal tonante ruggito del vulcano. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, proprio perché esprimevano,
in modo perfetto, l’impressionante e irresistibile potenza della natura, l’esibizione delle viscere del pianeta. C’è anche
un’altra fetta dell’Italia che si muove in questo percorso, encomiabile, anche se in maniera diversa, per lo stesso coraggio
di “osare”, di far conoscere il linguaggio delle “terre calde”, quelle che fumano, ribollono, seducono, borbottano.
Fenomeni che si manifestano in tono minore, risorse naturali quasi sconosciute e riscoperte (le loro origini sono antiche)
grazie alla passione di una giovane geologa che ha raccolto questa nuova sfida nel sud (dove tutto è più complicato), come
Energeo racconta a pag. 40. All’interno del lavoro dell’UNESCO, si evidenzia il programma MaB, che riguarda l’Uomo e
la Biosfera, con il compito di identificare aree di particolare pregio ambientale e con caratteristiche antropiche peculiari
alle quali viene data la qualifica di riserva della biosfera. Il programma MaB non è formalmente parte della Convenzione
sul Patrimonio dell’Umanità. Non sono mancate le sorprese quest’anno nell’individuare le nuove MaB. Tra i paradisi natu-
rali inseriti dall’UNESCO nella lista delle Riserve della Biosfera troviamo il Monviso, il Re di Pietra che è stato riconosciuto,
soltanto qualche settimana fa, nona Riserva della Biosfera italiana, transfrontaliera, che riguarda anche il territorio francese.
Sono luoghi incontaminati e ricchi in biodiversità, protetti dalle comunità locali che si impegnano attivamente per la loro
conservazione (Man and the Biosphere è, non a caso, il titolo del programma). L’UNESCO comunque minaccia il cartellino
giallo alle Riserve della Biosfera (le prime inserite nei parchi nazionali) che non si metteranno in regola con il nuovo rego-
lamento. E’ possibile il riesame per alcuni siti, qualora non venissero individuate le nuove norme di idoneità indicate nello
schema di candidatura. Oggi l’UNESCO ritiene che debbano essere coinvolte le comunità locali e le parti interessate ad
una visione comune per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come una piattaforma per
il dialogo e la partecipazione, inseriti in un “mosaico di ecosistemi terrestri, costieri o marini”. C’è la sensazione diffusa
che il brand UNESCO, nonostante le difficoltà per arrivare fino in fondo con la candidatura, affascini molto.
Ne sa qualcosa l’Associazione Città dell’Olio Res Tipica ANCI, la quale prima di avviarsi nel tortuoso percorso della can-
didatura (tentative list) ha organizzato un censimento del patrimonio olivicolo italiano. Energeo sarà presente il 27 luglio
2013 a Trento, dove sta per nascere il MUSE, questo nuovo luogo d’incontro, vitale e pulsante, un laboratorio della crea-
tività, dove sarà possibile divertirsi imparando, disegnato da una delle più importanti firme dell’architettura internazionale
contemporanea come Renzo Piano. Sarà un centro innovativo di diffusione della cultura scientifica, basato su un concetto
di crescita intelligente e sostenibile, con un programma culturale al servizio della società, attento ai temi della natura (in
particolare dell’ambiente alpino comprese le Dolomiti, patrimonio UNESCO), della scienza e dell’innovazione.
Il MUSE vuole raccontare e rendere omaggio alla passione per la conoscenza, la scienza, la natura, la società. Futuro,
inaugurazione, innovazione, interazione, natura, partecipazione, creatività, evoluzione, responsabilità, ricerca, conoscenza,
collaborazione, sostenibilità, territorio. Il Paese che vuole rinascere troverà un punto di riferimento.
T.R.
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LA RINASCITA del Belpaese
La rinascita del Belpaese riparte dal Trentino, dove l’impossibile diventa possibile, un territorio predisposto ad accogliere le novità, integrando e diffondendo soluzioni innovative.
In alto: Renzo Piano, che ha progettato l’avveniristica struttura del MUSE. A Sinistra: Un’immagine del Monviso, riserva della Biosfera transnazionale UNESCO
Una fontana spettacolare di fuoco durante l’eruzione dell’Etna, il vulcano che è entrato a far parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO. A destra: Giovanni Tomarchio, il tele cineoperatore catanese della Rai che, attraverso i suoi reportage, ha fatto conoscere in tutto il pianeta “a muntagna“.
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Direttore responsabile: Taty [email protected]
Redazione:Pierpaolo [email protected]
Marketing: Luigi Letteriello 334.120.71.85
Progetti speciali e Pubblicità:Promedia [email protected]
Segreteria di Redazione:Lucrezia Locatelli
Realizzazione grafica: Stefania De Cristofaro
Comitato Scientifico:• Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini.• Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM.• Giuseppe Blasi, già responsabile delle sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo.• Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti.• Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI.• Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno.• Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino.
• Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza.• Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food.• Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. • Alessandro Vercelli, docente di Economia e Ambiente Università di Siena.
Consulente tematiche e sviluppo azioni:• Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio• Sistemi di Scienze locali, Tecniche e Conoscenze Tradizionali• Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) - TKWB• Pietro Laureano, Presidente dell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO
Consulente tematiche e sviluppo azioni:• ripristino centri storici• restauro conservativo• edilizia sostenibile• ricerca di materiali idonei• recupero dei centri abitati• utilizzo dei materialiMarcello Nebl - Tassullo Materiali Spa
Collaboratori:Andrea Accorigi, Maja Argenziano, Michaela Barilari, Gaia Bollini, Mario Bruga, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Maria D’Angelo, Filippo Delogu, Marco Devecchi, Pier Fedrizzi, Lello Gaudiosi, Luciano La Letta, Lisa Licitra, Gabriele Maniscalco, Viviana Martini, Alessandro Mortarino, Isidoro Parodi, Francesca Patton, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Angelo Porta, Loredana Renaudo, Paolo Rognini, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Carlo Sacchettoni, Alessandro Sbrana, Marzia Spera, Enzo Siviero, Simone Taddei, Giulio Trussoni, Francesca Vassallo, Valeria Zangrandi.
Le fotografie di questo numero Copertina• COPERTINA: Marco Neri• EDITORIALE: Relazioni Esterne MUSE, Massimo Zarucco (Ufficio stampa PAT), Alessandro Gadotti, archivio Trento Futura.• ISTANTANEE: Renzo Ribetto, responsabile della didattica Parco del Po, Mario De Casa.• PRIMO PIANO: Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.• UNA PREZIOSA ALLEANZA: Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari.• NUOVI SPAZI: Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari.• NUOVI SPAZI: Relazioni Esterne Trentino Network, Relazioni Esterne Lepida SpA.• SPAZI “SPECIALI”: Relazioni Esterne Stampa MUSE, Alessandro Gadotti, archivio Trento Futura, Stefano Goldberg. Archivio RPBW, archivio MUSE Museo delle Scienze, Massimo Zarucco, Ufficio stampa PAT.• RISERVA BIOSFERA: Renzo Ribetto, responsabile della didattica Parco del Po, Mario DeCasa:• RES TIPICA & DINTORNI: Associazione nazionale Città dell’Olio, Relazioni Esterne Comune di Pollica (Sa), Giuseppe Cucco, Antico Frantoio Sant’Omero (Te).• COVENANT OF MAYORS: Relazioni esterne Regione Abruzzo, servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA, Covenant of Majors Brussels.• PUNTO DI VISTA: Paolo Rognini, Luciano La Letta.• FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO: Marzia Spera, Maria d’Andrea.• I CANTORI DEI LUOGHI: Giovanni Tomarchio, Puccio Corona, Marco Neri.• INIZIATIVE: Relazioni esterne Co.Svi.G.• LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE: Città di Faenza, Tenuta Colombara.
Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine.
Tutela della Privacy:Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96.Prezzo di copertina: Euro 5,50Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00
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Direzione, Redazione, Abbonamenti:Edipress Communications Sas334.120.71.85 – 335 [email protected]
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Stampa:Società Tipografica Ianni SrlStrada Circonvallazione, 180 - SantenaTel. (+39)011.949.25.80 Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990Copyright Energeo MagazineEdipress Communications SasPeriodico bimestralePoste Italiane SpaSpedizione Postale Dl 353/2003(conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ TorinoAnno VI - N° 3 - Maggio/Giugno 2013Il periodico Energeo Magazine è iscrittonel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843
Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.
SOM
MARI
O
SOM
MARI
O
ISTANTANEE6 Le riserve della biosfera per la protezione della natura
PRIMO PIANO8 Un Premio per promuovere la ricostruzione9 Un’intensa storia umana e professionale10 Il combattente gentile10 L’Emilia ad un anno dal terremoto, un esempio virtuoso di best practice anche nella ricostruzione
UNA PREZIOSA ALLEANZA12 Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia Enzo Ferrari, il poeta dell’automobile
NUOVI SPAZI14 Le officine del fare per guardare all’Europa15 Perché la sfida
SPAZI INNOVATIVI16 Coordinamento e sussidiarietà nasce una rete di Comunità senza fili né barriere18 Esaltare il valore della solidarietà attraverso l’innovazione
SCHEGGE DI FUTURO20 Muse, porte aperte per il futuro Una giusta sinergia di talenti creativi Un modo innovativo per incontrarsi con il pubblico Un successo annunciato
RISERVA BIOSFERA24 L’ultima vittoria del Re di pietra Parigi val bene una festa Il valore di un impegno Aree MAB ai raggi X Una strategia che promuove lo sviluppo sostenibile Il fiume Po al centro del progetto
RES TIPICA & DINTORNI30 L’ulivo che colora il paesaggio L’ulivo dei vangeli e nella storia Una storia lunga 20 anni Un’attività di marketing ben “oliata” Un sodalizio che miete successi
COVENANT OF MAYORS34 Il Covenant parla abruzzese Un progetto in linea con gli obiettivi 20-20-2036 Il Patto dei sindaci in cifre Una nuova intesa per proseguire insieme
PUNTO DI VISTA38 Il Belpaese: cosa resta del passato Lo schema dell’indagine Un fenomeno in costante crescita
FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO42 Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare Alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole La ricerca di Energeo Mgazine La Dea dall’immagine bifronte L’Ultimo racconto del maresciallo Ma cosa centrano i terremoti
ROAD MAP48 Territori dal cuore caldo I CANTORI DEI LUOGHI50 Etna, la montagna di fuoco che ammalia Puccio Corona, un protagonista del giornalismo televisivo
INIZIATIVE54 Slow food, una filosofia vincente La comunità del cibo ad energie rinnovabili, un esempio virtuoso da esportare
LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE56 Territorio e ceramica, una sinergia vincente Il racconto del riso
La cerimonia della consegna del cantiere (foto Massimo Zarucco, Ufficio Stampa PAT)
Le riserve della biosfera per la protezione della naturaE
rnst Heinrich Haeckel, biologo, zoologo, filosofo e artista tedesco, vissuto
a cavallo dei due secoli passati (Potsdam, 16 febbraio 1834 - Iena, 9
agosto 1919), non avrebbe mai potuto immaginare che dalle sue scoperte,
descrizioni e denominazioni di nuove specie, si sarebbe sviluppato un sistema
di tutela di meraviglie naturali e paesaggi mozzafiato, che la natura talvolta ci
regala, successivamente definito dall’UNESCO Riserva della Biosfera. L’Orga-
nizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ha
introdotto in seguito alle raccomandazioni della Conferenza dell’UNESCO sull’uso
razionale e la conservazione delle risorse della biosfera e sullo sviluppo di relazioni
tra uomo e ambiente a livello globale (1968), la Riserva della Biosfera che viene
riconosciuta dall’UNESCO come componente chiave del “Man and Biosphere
Programme” (MAB, 1974), programma interdisciplinare di ricerca e formazione
nel campo delle scienze naturali e sociali.
Un aspetto centrale del programma MAB è la creazione e la gestione di una rete
mondiale di Riserve della Biosfera, che comprende un “mosaico di ecosistemi
terrestri, costieri o marini”, rappresentativi delle principali regioni biogeografiche
globali, gestiti attraverso politiche integrate di conservazione, uso sostenibile e
supporto logistico. Tale rete, a sua volta composta di sub-reti regionali, è finaliz-
zata a promuovere la cooperazione nella ricerca, il monitoraggio continuo e lo
scambio di informazioni.
Nel mondo si contano più di 621 Riserve, di cui 9 “portano” il tricolore italiano:
la Valle del Ticino in Lombardia, Miramare nel comune di Trieste, la Selva Pisana
e l’Arcipelago Toscano in Toscana, il Circeo nel Lazio, il Colle Meluccio-Monte
di mezzo nel Molise, Cilento, Vallo di Diano, Somma-Vesuvio e Miglio d’Oro in
Campania. L’ultimo riconoscimento, il più recente (una riserva di biosfera tran-
sfrontaliera) riguarda lo spartiacque delle Alpi Cozie, dominato dal Monviso, da
dove nasce il Po. In Italia, per alcune, è tempo di riesame.
Il comitato consultivo ha promosso un aggiornamento delle riserve della biosfera
esistenti, in modo che essi soddisfano i criteri del Collegio quadro, compresa
l’istituzione di chiara distinzione tra i parchi nazionali e le riserve della biosfera
e coinvolgendo le comunità locali e le parti interessate ad una visione comune
per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come
una piattaforma per il dialogo e la partecipazione. Energeo Magazine, in tempo
di riesami, andrà a scandagliare la situazione, consapevole che in qualche caso
ci possano essere “timori e tremori”. Insomma, per capire se si può guardare
lontano perché il paradiso esiste ed è a portata di mano. Basta tutelarlo.
T.R.
Il Monviso è Riserva della Biosfera, il primo riconoscimento nazionale di carattere transfrontaliero. Il programma ha portato al riconoscimento UNESCO di una vasta area alle pendici delle Alpi Cozie, oggi impegnata a gestire le risorse nell’ottica della conservazione e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali, in sinergia con il versante francese.
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Queste terre, sovrastate dal Re di Pietra, vennero percorse da Mario Soldati e dalla sua troupe, negli anni cinquanta, come si ricorda in un filmato che resta negli archivi della televisione e torna oggi attuale per raccontare la storia e le tradizioni di questa terra, nota come Valle del Po.
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PRI
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Il Premio Eco and the City è ripartito
da un luogo entrato nella storia
dell’automobilismo sportivo, tra
fiammanti monoposto del Campionato
di Formula 1, vere e proprie leggende
che hanno entusiasmato migliaia di
appassionati tra il 1950 e il 1994, ammi-
rate dai turisti e tifosi del Cavallino
Rampante, provenienti da tutto il
mondo. Il bando dell’ambito riconosci-
mento è stato riaperto il 20 maggio
scorso, in occasione della ricorrenza
del primo anniversario del sisma che
ha colpito l’Emilia e la confinante bassa
mantovana, dando il via alla terza edi-
zione del Premio dedicato a Giovanni
Spadolini, nel ricordo del suo impegno
culturale, politico, civile, autentico
volano per far dialogare i territori rico-
nosciuti come “officine del fare”.
Questo l’inedito percorso seguito dalla
Fondazione Spadolini Nuova Antologia,
in sinergia con la CNI UNESCO e con
la collaborazione del periodico Energeo
Magazine, per promuovere, attraverso
il Premio, la ricostruzione nelle zone
colpite dal devastante terremoto (www.
ecoandthecity.it). E’ stata avviata una
preziosa alleanza tra due Fondazioni
che hanno il compito di valorizzare la
storia e il messaggio culturale lasciato,
rispettivamente, da Giovanni Spadolini
ed Enzo Ferrari. L’intento è di unire due
grandi protagonisti del secolo scorso
in un’unica, grande manifestazione
sempre più proiettata oltre i confini
nazionali, andando oltre al significato
del Premio che va alla ricerca di esempi
virtuosi, come quelli che sono stati
proposti dai territori che hanno avuto
la capacità di realizzare idee e progetti
di efficientamento energetico, ma
anche di affrontare i temi della biodi-
versità, sistema dei parchi, sviluppo
sostenibile, conoscenze tradizionali,
per ritrovare le identità territoriali nel
nostro Paese, mettendo in primo piano
il sapere delle genti. Il Museo Casa
Enzo Ferrari di Modena (tra i vincitori
del RIBA AWARDS 2013), diventato
un simbolo dell’identità modenese e
polo di attrazione culturale di livello
internazionale, dopo aver determinato
la griglia di partenza del Premio con un
vasto programma e nuove idee, azioni
concrete e supporti per la valorizzazione
dell’identità dei territori, ospiterà la
cerimonia conclusiva di conferimento
della Medaglia Spadolini, prevista il 9
novembre 2013, nel corso della quale
sarà monitorata la sfida di promuovere
la ricostruzione nelle zone colpite dal
terremoto. Allo stesso modo, in tale
occasione, il Premio commemorerà
Enzo Ferrari, al quale è dedicato il focus
del Premio (Identità culturale, ricostru-
zione solidale, innovazione) per pro-
La Fondazione Spadolini Nuova Antologia, insieme alla Fondazione Casa
Natale Enzo Ferrari, vogliono conferire ai giornalisti della Testata Giorna-
listica Regionale che sapranno meglio interpretare le tematiche del Premio
Eco and the City la Medaglia Spadolini, in memoria di Ezio Trussoni, responsa-
bile della redazione Rai di Milano, recentemente scomparso, esempio di attac-
camento alla vita e alla professione, svolta con impegno e senso etico non
comuni. Al giornalista, che a Milano aveva raggiunto i vertici della carriera, è
stata dedicata una Sezione Speciale (www.ecoandthecity.it), per la particolare
attenzione verso i giovani, in particolare i precari, per i quali vedeva un’azienda
nuova dove tutti avrebbero dovuto avere la possibilità di farcela. A due di loro,
Lorenzo Maria Grighi e Lucina Paternesi Meloni, studenti alla Scuola di Giorna-
lismo Radiotelevisivo di Perugia, sono state assegnate altrettante borse di studio
promosse dalla Rai. L’assegnazione dell’ambito riconoscimento ha l’obiettivo di
far emergere il grande lavoro che si svolge nelle redazioni Rai delle sedi regionali,
attraverso i reportage che raccontano il territorio, facendolo assurgere a prota-
gonista, con la dignità del bene culturale, cioè come memoria collettiva formatasi
attraverso il tempo: il paesaggio e le tradizioni immateriali, le vicende, anche
negative, come il dissesto ambientale, che caratterizzano i luoghi, le denunce
di mancata tutela dell’ambiente, le storie di vita e di genti, che rappresentando
uno dei più importanti momenti di riflessione e dibattito sul giornalismo d’inchie-
sta televisivo. In questo spazio di Energeo la moglie di Trussoni, Lisa Licitra,
insieme al figlio Giulio lo ricordano con tanta tenerezza.
muovere la storia e l’evoluzione di
questo territorio che ha dato vita a
intuizioni tecniche di grande portata e
difficilmente riproducibili: una realtà
speciale riconosciuta universalmente.
Enzo Ferrari rappresenta l’uomo che,
con una straordinaria intuizione, è
entrato nella storia dei grandi del nostro
tempo, creando il mito delle “rosse”.
Il geniale costruttore di automobili,
fulgido esempio della creatività italiana,
è stato un precursore dell’innovazione,
pur essendo un uomo profondamente
legato agli antichi valori, alle buone
abitudini, alla cucina tradizionale e ai
vini tipici, al dialetto modenese.
La scelta di legare il focus del Premio
al suo nome sarebbe stata apprezzata
da Enzo Ferrari che era appassionata-
mente legato alla propria terra, oggi
che i suoi luoghi d’origine, così grave-
mente colpiti dal terremoto, dovranno
reinventarsi la ricostruzione dopo il
sisma che si è abbattuto poco più di
un anno fa, non solo sugli edifici ma
anche sulla vita economica, sociale e
culturale del territorio.
Ferrari aveva capito che per realizzare
idee e progetti, occorre sapere che la
geografia e la storia hanno fatto del
paese Italia un luogo privilegiato per
realizzare iniziative e modelli di sviluppo
legati all’innovazione. L.L.
Tra fiammanti monoposto del Campionato di Formula 1 è stato presentato un vasto programma e nuove idee,
azioni concrete e supporti per la valorizzazione dell’identità dei territori alla ricerca di un rapporto in equilibrio
tra natura, società e innovazione
Il Prof. Cosimo Ceccuti, Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, consegna ad Adriana Zini, segretario generale della Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, la Medaglia Spadolini, nel segno dell’alleanza tra le due prestigiose istituzioni.
Il Senatore Stefano Vaccari. In alto: Ezio Trussoni
Nella gremita aula didattica del Museo Casa natale Enzo Ferrari, gli organizzatori del Premio Eco and the City Giovanni Spadolini hanno illustrato ai numerosi giornalisti presenti e ad una folta rappresentanza di sindaci delle zone colpite dal sisma il programma della manifestazione del 2013, ricca di nuove idee, azioni concrete ed adesioni di nuovi partners. Tra questi RES TIPICA ANCI.
Un Premio per promuovere la ricostruzioneL’iniziativa è stata presentata, a Modena nel Museo Casa Natale Enzo Ferrari, in occasione del primo anniversario
del sisma che ha sconvolto l’Emilia e la confinante bassa mantovana. La manifestazione, che si preannuncia di
grande spessore, vuole andare oltre il significato del Premio legato alla figura di Giovanni Spadolini, fondatore del
Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, per commemorare Enzo Ferrari, uomo tenacemente legato alla sua
terra, al quale è stato dedicato il focus del Premio.
Un’intensa storia umana e professionaleNeppure la grave malattia ha impedito ogni giorno che si compisse questo
miracolo. Ezio conosceva e voleva trasmettere l’amore per la vita e lo faceva
ogni giorno in ogni circostanza con la determinazione di chi ne conosce il
valore più profondo.
Un riconoscimento per ricordare Ezio Trussoni
“un appassionato di vita”
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Anno VI - maggio/giugno 2013PRI
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IL COMBATTENTE GENTILEEzio ha voluto iniziare la Sua lettera/
testamento scrivendo: io sono un uomo
fortunato. Spiega poi perché si sentiva
tale. In sostanza spiega come la vita
gli abbia offerto delle opportunità stra-
ordinarie. La più straordinaria: un lavoro
per la RAI. Quando parlava di queste
circostanze fortunate le paragonava ad
un cavallo bianco in corsa sulla spiag-
gia, aggiungeva che naturalmente
aveva visto molta televisione e che la
pubblicità lo aveva sempre molto
impressionato, incluso quella molto
nota in quegli anni che reclamizzava
un bagnoschiuma. Per la verità lui
sosteneva che su quel cavallo biso-
gnasse saltarci sopra senza lasciarlo
galoppare via come invece accadeva
in quel vecchio filmato. Non ci riferisce
cosa lo avesse spinto a saltare senza
paura sul cavallo bianco. Io provo a
farlo aggiungendo che questo accadde
per il suo modo di essere: era attento,
curioso, intraprendente, il suo tempe-
ramento sempre pacato. L’ironia attra-
verso cui filtrava molte vicende e la
sicurezza sono invece forse comparse
in età più matura ma hanno contribuito
a cogliere anche le opportunità più
tardive e lo hanno aiutato a vedere i
casi della vita in modo sereno quindi
solido. Mi pare di poter definire Ezio
una persona risolta. Così Ezio ha colto
le opportunità trasformandole tutte in
pezzi di vita intensissime. Immagino
stupendosene egli stesso, come in
effetti la lettera sembra suggerire.
Alcuni pezzi li abbiamo vissuti insieme.
In molti abbiamo avuto il privilegio di
essere travolti della passione e dall’e-
nergia con cui conduceva la sua vita.
Ezio era un “appassionato di vita”.
Neppure la malattia ha impedito che
ogni giorno si compisse lo stesso mira-
colo. La sua ultima battaglia l’ha ingaggiata dicendo al momento della comuni-
cazione della diagnosi: io ho vissuto tanto, voglio combattere. Dicendo questo
è risalito in macchina perché la redazione lo aspettava. Più le sue capacità
relazionali e motorie si riducevano e maggiore era l’energia che con il suo com-
portamento immediatamente restituiva in un bilancio positivo a nostro favore.
Per questo anche noi siamo persone fortunate. La sua energia ci ha dato la forza
di amarlo e di sostenerlo sempre. Nostro figlio ha saputo cogliere tutto questo
in due parole definendolo un “combattente gentile”. Ezio conosceva e voleva
trasmettere l’amore per la vita e lo faceva ogni giorno in ogni circostanza con la
determinazione di chi ne conosce il valore più profondo. Questo ci ha lasciato
cambiando profondamente il nostro modo di stare al mondo. Lisa Licitra e Giulio Trussoni
Un’intensa storia umana e professionale
Era visibilmente emozionato il neo senatore Stefano Vaccari, eletto a
febbraio nelle file del PD, il quale, un anno fa, come assessore alla
Protezione Civile della Provincia di Modena, ha coadiuvato con una
concreta e tempestiva azione e una composta capacità di reazione e di orga-
nizzazione, i sindaci del cratere, protagonisti assoluti dell’emergenza.
Questo fatto ha motivato il conferimento della Medaglia Spadolini 2012 (fuori
concorso) ai paesi dell’Emilia e dell’Oltrepò mantovano, colpiti dal sisma nella
Cerimonia ufficiale svoltasi a Trento, lo scorso anno. L’ex Assessore spiega
come la Provincia, tra le prime in Italia, sviluppò, oltre trent’anni fa, importanti
programmi di lavoro, in parte pionieristici, sull’ educazione ambientale, la difesa
del territorio dai rischi idrogeologici, sulla lotta di contrasto all’inquinamento,
fino all’ istituzione delle prime aree protette naturali.
Queste esperienze caratterizzate da forte originalità ed efficacia, hanno per-
messo di raggiungere rilevanti obiettivi nel governo del territorio, nell’ottica
dello sviluppo sostenibile. “Il terremoto - dice il senatore Vaccari - ci ha fatto
maturare altre esperienze su come si può affrontare l’emergenza. Il nostro
territorio è pronto per proporre scelte che saranno un esempio virtuoso di
best practice anche nella ricostruzione”.
L’Emilia ad un anno dal terremoto, un esempio virtuoso di best practice anche nella ricostruzione
Il Presidente della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia Innocenzo Cruciani, la Presidente della Rai Anna Maria Tarantola, la signora Lisa Licitra, il figlio Giulio e la nipote Elisabetta Trussoni (da destra a sinistra) in un momento della cerimonia di assegnazione delle borse di studio promosse dalla RAI.
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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013
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Due Fondazioni che si richia-
mano ad altrettanti protagoni-
sti del nostro tempo, Giovanni
Spadolini ed Enzo Ferrari. Con lo scopo
di tenerne viva la memoria e trasmet-
tere ai giovani la loro lezione di civiltà,
un patrimonio di valori che resiste ad
ogni sbandamento di certe mode e al
trascorrere del tempo.
La mazziniana religione del dovere, il
culto del lavoro, lo spirito di sacrificio,
il rispetto degli altri nella costante
ricerca del dialogo, l’interesse generale
al di sopra degli egoismi particolaristici.
E soprattutto uno sconfinato amore
per l’Italia, espresso idealmente nel
culto del tricolore. Sia pure due perso-
nalità così diverse fra loro, Giovanni
Spadolini ed Enzo Ferrari hanno con-
diviso quegli irrinunciabili valori.
Il tricolore, appunto, il simbolo espres-
sivo più alto. Chi si sofferma affascinato
dal modello di un’auto firmata Ferrari
di qualsiasi epoca, esposto al Museo
di Modena o a Maranello, o presso i
collezionisti privati diffusi nel mondo,
vede impresso inconfondibile il caval-
lino rampante (che fu di Francesco
Baracca e del suo aereo) coronato dai
tre colori della nostra bandiera, mani-
festazione convinta e orgogliosa di
italianità. Nella “casa dei libri” a Pian
dei Giullari, sulle colline fiorentine care
a Giovanni Spadolini, si prova profonda
emozione a percorrere con lo sguardo
le prime bandiere tricolori, quelle del
battaglione italiano di Napoleone,
datate 1796, con l’ inconfondibile banda
stretta e lunga, puntuale richiamo ai
drapeaux della presa della Bastiglia di
sette anni prima, in occasione della
grande Rivoluzione.
Affezionati entrambi alle loro rispettive
città di origine, la “patria dell’anima”,
Firenze e Modena, senza che mai
l’attaccamento alla propria terra si tra-
sformasse in un limitativo spirito di
campanile, tale da appannare in qualche
modo la più ampia visione nazionale e
internazionale.
Due case museo affascinanti per la
loro sobrietà e semplicità, e insieme
per la magica atmosfera che si respira
fra quelle pareti, sia fra le auto di Ferrari
che fra i libri di Spadolini.
“L’Italia civile”, avrebbe detto Norberto
Bobbio. Allergici, l’uno e l’altro, ad ogni
forma di retorica. La concretezza, lucida
ed essenziale, autentica espressione
della“gente del fare”, di quella parte
operosa del paese cui guarda il Premio
Eco and the City Giovanni Spadolini
nella prossima edizione datata 2014.
Un’ edizione particolare, che ha luogo
a venti anni dalla scomparsa di Spado-
lini e a quaranta dalla nascita del Mini-
stero da lui fondato, su incarico
dell’allora presidente del Consiglio Aldo
Moro. Il “Ministero per i beni culturali
e ambientali”: con competenza su
entrambi i settori, cultura ed ambiente,
quasi una inscindibile unità, ricchezza
straordinaria del nostro territorio.
Un patrimonio inestimabile che va al
di là dei magnifici monumenti e dei
capolavori che portano in Italia ogni
anno, nelle grandi città d’arte, milioni
di turisti provenienti da tutto il mondo.
Non solo Roma, Firenze Venezia, l’Ita-
lia può offrire l’ irripetibile bellezza dei
piccoli luoghi, delle piccole comunità,
figlie di una grande storia, patrimonio
per le sfide che le attendono nel diffi-
cile futuro. “Che cos’è l’Italia?”.
Si chiedeva a metà Ottocento lo storico
Cesare Cantù. E rispondeva “un
Comune e un Santo”.
Un Comune, ovvero il palazzo comunale
simbolo delle più antiche libertà; un
Santo, ovvero il Santo patrono, protet-
tore di ogni specifica comunità.
Questa è l’identità di base, il dna del
territorio, o meglio dell’ambiente, unito
pur nella sua molteplice diversità.
La riscoperta della bellezza delle origini,
dei borghi dimenticati come aveva
auspicato Spadolini quarant’anni fa,
impegno non secondario del nascente
ministero, un’esigenza viva e pressante
oggi più di ieri. L’impegno di Res tipica,
nell’ambito dell’ANCI, nella rivaluta-
zione del patrimonio locale e dei borghi
dimenticati, può rappresentare il modo
più valido per celebrare il quarantesimo
anniversario delle origini del Ministero.
Dal canto suo il Trentino, prezioso
alleato del Premio Eco and the City
Giovanni Spadolini, attraverso Trentino
Network, invita a “fare da sé, insieme
agli altri”, portando una ventata di
novità per far nascere una rete di Comu-
nità “senza fili né barriere”, con una
strategia che prevede di realizzare il
maggior numero possibile di sinergie
con gli operatori che agiscono sul ter-
ritorio, anche mettendo a disposizione
infrastrutture tecnologiche.
E la Toscana ha voglia di mettersi in
gioco con un territorio atipico, il com-
prensorio geotermico, dove le singole
Due case museo affascinanti per la magica atmosfera che si respira
fra quelle pareti, sia fra le auto di Ferrari che fra i libri di Spadolini
Un ricongiungimento che ci permette di conoscere lo spazio espositivo principale del Museo Casa Enzo Ferrari, ospitato nel doppio volume dell’officina, e concepito come un libro a grande scala , che permette al visitatore la lettura biografica di Enzo Ferrari attraverso capitoli espositivi e vari sistemi narrativi.
In alto: Adriana Zini, direttrice del Mef, il Museo Casa Enzo Ferrari di Modena. A destra: Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia.
C’ è stato un ideale ricongiungimento tra la Casa dei Libri o Tondo dei Cipressi di Giovanni Spadolini, che raccoglie nella Villa di Pian de’ Giullari lo straordinario patrimonio culturale dello statista fiorentino (la preziosissima biblioteca è composta da 100 mila volumi) e la struttura polivalente Museo Casa natale di Enzo Ferrari.
In alto il Tricolore del 1796, quelle del battaglione italiano di Napoleone e il logo Ferrari coronato dai tre colori della nostra bandiera.
iniziative ed i programmi di sviluppo
vengono valutati secondo i criteri della
sostenibilità e dove le espressioni e le
conoscenze della tradizione si coniu-
gano con la ricerca, l’innovazione e il
trasferimento tecnologico. Insieme per
procedere nella stessa direzione.
ENZO FERRARI, IL POETA DELL’AUTOMOBILE Ferrari e Spadolini avevano in comune
anche l’amore per l’Emilia e Romagna.
Ferrari vi era nato; Spadolini vi aveva
trascorso gli anni forse più belli, tredici
per l’esattezza, quelli della direzione
del Resto del Carlino nella “sua” Bolo-
gna, dal 1955 al 1968.
Sarebbe lungo ricordare le numerose
occasioni di incontro in quegli anni
fondamentali nella vita di entrambi.
Basta ricordare un articolo del Direttore
del Carlino, apparso sulle colonne del
quotidiano bolognese il 22 dicembre
1967. Occasione, il conferimento per
volontà di Enzo Ferrari del premio inte-
stato alla memoria del figlio, Dino, a
Mario Zanasi, da poco scomparso e
profondamente legato all’uomo di
Maranello. Plaudendo alla scelta del
“grande e geniale costruttore che onora
e diffonde il nome dell’Italia nel
mondo”, Spadolini ricordava con com-
mozione il proprio indimenticabile gior-
nalista, inviato dietro i più gloriosi
“raids” degli ultimi decenni per un’au-
tentica scelta professionale, dettata
dalla genuina passione per l’automo-
bilismo. “Zanasi - sono parole di Spa-
dolini - ha legato alcune delle sue
pagine più belle al mondo del motore,
collaborando fino all’ultimo, con
costanza mai stroncata neppure dagli
assalti del male, alla pagina speciale
che il nostro giornale fu fra i primi a
introdurre e a potenziare, sotto la
sagace regia di Severo Boschi”.
Quel riconoscimento rappresentava
un omaggio che tutti gli ambienti
dell’automobilismo “impersonati e
riassunti nel nome e nel prestigio di
Enzo Ferrari, hanno voluto conferire
alla memoria di chi visse, come pochi,
e come pochi seppe tradurre in pagine
ispirate e felici la poesia dell’automo-
bile”. Quella poesia che ha vibrato in
Enzo Ferrari, poeta dell’automobile,
con accenti indimenticabili, fino all’ul-
timo minuto di respiro.
Cosimo Ceccuti Presidente Fondazione Spadolini
Nuova Antologia
Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia Due grandi protagonisti del nostro tempo, personalità diverse che hanno condiviso uno sconfinato amore per l’Italia,
espresso idealmente nel culto del tricolore, il simbolo espressivo più alto. Chi si sofferma affascinato dal modello
di un’auto firmata Ferrari di qualsiasi epoca vede impresso il cavallino rampante (che fu di Francesco Baracca e del
suo aereo) coronato dai tre colori della nostra bandiera, manifestazione convinta e orgogliosa di italianità.
UNA P
REZI
OSA A
LLEA
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NUOV
I SPA
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NUOV
I SPA
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Doveva per forza partire da
Modena, “terra di motori” per
antonomasia, ma anche di
carrozzerie e di opifici, il progetto “offi-
cine del fare”. L’iniziativa si ispira alle
piccole, medie, officine specializzate,
create e dirette da persone che si sono
formate presso di loro e che hanno
realizzato un efficace trasferimento e
diffusione di know-how nel territorio,
proponendo soluzioni innovative. Tanti
territori “virtuosi”, da qui in poi, saranno
rappresentati “virtualmente” nel
Museo Casa Natale Enzo Ferrari di
Modena, un luogo entrato nella storia
dell’automobilismo sportivo, tra fiam-
manti monoposto del Campionato di
Formula 1, vere e proprie leggende
che hanno entusiasmato migliaia di
appassionati tra il 1950 e il 1994, ammi-
rate dai turisti e tifosi del Cavallino
Rampante, provenienti da tutto il
mondo. Il progetto “officine del fare”,
è legato alla figure di Giovanni Spado-
lini, fondatore del Ministero per i Beni
Culturali e Ambientali, ed Enzo Ferrari.
Dal Museo Casa natale del Drake,
destinato a diventare baricentro delle
attività di progetti locali e di attività
propedeutiche e di sostegno alle ini-
ziative che affrontano problemi di carat-
tere e interesse collettivo, come
l’ambiente, la salvaguardia dei beni
culturali e del paesaggio e la tutela
del territorio, è partita questa nuova
sfida di aggregare, attraverso il Premio
Eco and the City Giovanni Spadolini, i
territori considerati, appunto, “officine
del fare”, perché rappresentano i luoghi
in cui si coniugano gli aspetti ambien-
tali e di sostenibilità, elementi cruciali
di identificazione e di valorizzazione dei
territori. In pool position si trova a pieno
titolo il Distretto delle Energie rinnova-
bili della Toscana, progettato e realiz-
zato nel comprensorio delle aree
geotermiche, territorio in cui le singole
iniziative ed i programmi di sviluppo
vengono valutati secondo i criteri della
sostenibilità e dove le espressioni e le
conoscenze della tradizione si coniu-
gano con la ricerca, l’innovazione e il
trasferimento tecnologico.
Sulla griglia di partenza troviamo il
Cilento, un modello che unisce l’Italia:
barriere fisiche, storiche ed economi-
che sono state superate nel tempo,
proprio perché il territorio è stato
chiamato a dare il meglio della sua
specificità, sotto il segno di Angelo
Vassallo, il sindaco ucciso per difendere
la sua terra dalle speculazioni. Il Cilento,
intorno alla Dieta Mediterranea, ha
saputo costruire un sistema di valo-
rizzazione e di salvaguardia, dove i
vincoli del Parco omonimo, che com-
prende buona parte della Provincia di
Salerno, si sono già dimostrati uno
strumento formidabile di crescita. I
prodotti di questa terra, che raccontano
un rapporto secolare dell’Uomo con
l’ambiente, terrestre e marino, hanno
riscattato quella che veniva considerata
da sempre una cucina “povera” attra-
verso il contenuto di sapienza e di
cultura che ne costituisce la base e il
valore aggiunto, estendendolo all’intero
territorio, dalla costa alle montagne
dell’interno. La Regione Abruzzo, che
ha costruito un modello esclusivo di
cooperazione attraverso il servizio di
Politica Energetica, Qualità dell’Aria,
SINA, assumendo un ruolo guida in
Italia nell’applicazione delle azioni
necessarie per il raggiungimento degli
obiettivi futuri del Covenant of Mayors,
guarda, invece, all’Europa. Si tratta di
un modello esemplare di gestione e
Il progetto è diretto a quanti hanno realizzato un efficace trasferimento e diffusione di know-how nel territorio,
proponendo soluzioni innovative
La voglia di “fare” come quella manifestata dal giovanissimo Drake (nella foto), in tempo di crisi è importantissima, le “officine” nascono dalla consapevolezza che l’operosità italiana ha grandi potenzialità, oltre che sul mercato interno, anche su quello europeo e internazionale.
Da quello stesso entusiasmo, dalla stessa vocazione alla laboriosità di Enzo Ferrari nasce la sfida delle “officine del fare”, in collaborazione con Res Tipica ANCI e la Covenant of Majors, i cui temi centrali sono formazione, lavoro, cultura, innovazione, salvaguardia delle identità culturali e valorizzazione del territorio. Enzo Ferrari con il Cavallino Rampante, un simbolo immortale.
In alto: Il Presidente del Consorzio dei Comuni Trentini Marino Simoni consegna il testimone del Premio alla città di Modena, rappresentata dall’Assessore all’Ambiente e alla Protezione Civile dell’amministrazione modenese, Simona Arlecchi.
cooperazione che ha prodotto effi-
cienza, efficacia e concretezza e che
potrebbe essere esportato in tutto il
Paese. E poi il Trentino, la piccola terra
dai grandi numeri, una terra di confine
da sempre “ponte” fra l’Italia e l’Eu-
ropa, caratterizzata da un’ “autonomia
speciale” fra le più ampie nel vecchio
continente, modello di risoluzione paci-
fica dei conflitti e di convivenza operosa
e attiva. Orgoglioso delle sue radici ma
anche aperto a tutto ciò che è “altro
da sé”, il Trentino di oggi è sinonimo
di qualità della vita, cura del territorio
e dell’ambiente (pensiamo già solo alle
Dolomiti Patrimonio dell’Umanità
UNESCO), ma anche di ricerca, inno-
vazione, sviluppo sostenibile, solida-
rietà. In questa terra generosa il
Consorzio dei Comuni Trentini raccoglie
tutti i 217 comuni della Provincia Auto-
noma di Trento, che possono prenderlo
a riferimento per la Consulenza in
ambito amministrativo, appalti, urba-
nistica, tributi e informatizzazione, per
citarne solo alcuni.
Si occupa inoltre di Formazione e Inno-
vazione per dipendenti e amministratori
degli Enti soci, su tutte le materie di
competenza dell’Ente locale. E natu-
ralmente la città di Modena che ospita
il Museo Casa natale Enzo Ferrari e
che può raccontare l’epopea di auto-
mobili esclusive e del valore di tanti
meccanici, carrozzieri, tecnici, passati
dall’una all’altra officina, trasferendo
esperienza e conoscenza, come acca-
deva ai tempi di Enzo Ferrari.
PERCHÉ LA SFIDACosa può unire due grandi del secolo
scorso e le due Fondazioni che hanno
il compito di valorizzare la storia e il
messaggio culturale lasciato da Gio-
vanni Spadolini ed Enzo Ferrari, in
un’unica, grande iniziativa, proiettata
oltre i confini nazionali? Enzo Ferrari e
Giovanni Spadolini condividevano un
autentico amore per l’Italia, che si
traduceva nel culto del tricolore.
Il grande costruttore di automobili lo
aveva inserito quale cornice al cavallino
rampante “ereditato” dall’aereo di
Francesco Baracca, impresso nella
carrozzeria delle auto, le “rosse” fiam-
meggianti. Per Spadolini era il simbolo
più alto del suo sentimento nazionale.
L’albo speciale sarà gelosamente con-
servato nella casa-officina, situata nei
pressi della linea ferroviaria, a pochi
passi dal centro storico di Modena,
nella zona della prima espansione della
città fuori le mura (primi del ‘900), dove
Enzo Ferrari, nel 1903, bambino di
appena 5 anni, vide nel garage per la
prima volta una autovettura nuova di
zecca. Era la macchina di papà Alfredo,
una monocilindrica De Dion-Bouton.
Il piccolo Enzo ebbe come una folgo-
razione. Si innamorò di quella meravi-
glia a quattro ruote, la preferiva ai
giocattoli e agli amici del cortile.
La coccolava, la lucidava ogni giorno,
ne ascoltava incantato il motore.
Parti così la sfida che fece diventare
Enzo Ferrari con il Cavallino Rampante
un simbolo immortale. Da quello stesso
entusiasmo, dalla stessa vocazione alla
laboriosità nasce la sfida delle “officine
del fare”, in collaborazione con Res
Tipica ANCI e la Covenant of Majors,
i cui temi centrali sono formazione,
lavoro, cultura, innovazione, salvaguar-
dia delle identità culturali e valorizza-
zione del territorio, argomenti
imprescindibili per il rilancio delle poli-
tiche economiche del Paese. La voglia
di “fare” in tempo di crisi è importan-
tissima, le “officine” nascono dalla
consapevolezza profonda che l’opero-
sità italiana ha grandi potenzialità, oltre
che sul mercato interno, anche su
quello europeo e internazionale. L.L.
Le officine del fare per guardare all’EuropaIl Premio ha lanciato un’importante iniziativa che riconosce i territori
“officine del fare”, favorendo azioni concrete e supporti per la valorizzazione dell’identità dei luoghi.
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AZI
INNOV
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I Quando si parla di futuro l’anello
di congiunzione rimane il ter-
ritorio, come ha ricordato
Berners-Lee, l’inventore di internet,
intervenendo a Trento per la presenta-
zione dei progetti ”smart city” del
territorio curata da Trentino Network.
Ed ancora. “La città - piattaforma e il
territorio presentano una visione che
interpreta il nuovo contesto dello svi-
luppo e si incarna in una progettazione
le cui conseguenze sono destinate a
influire sulla vita degli abitanti per lungo
tempo”. Fare da sé, insieme agli altri.
Nello spirito di cos’è l’autonomia.
E’ l’obiettivo di Trentino Network, che
ha preso in adozione la Sezione Inno-
vazione del Premio Eco and the City
Giovanni Spadolini, stimolato dalla for-
mula insolita per questo tipo di mani-
festazioni: “Adotta una Sezione del
Premio Eco and the City Giovanni Spa-
dolini”. Il progetto, in sostanza, si pro-
pone di far gestire le singole sezioni e
le iniziative collaterali dalle stesse
Comunità sostenibili e strutture terri-
toriali che vi hanno già preso parte, per
vivere insieme l’esperienza di un pro-
getto destinato a crescere anno dopo
anno. Lo scopo è di mettere le basi
per la costituzione di una Community
Network, una rete di Comunità senza
fili nè barriere, per costruire contatti
con la “gente di impresa”, in sinergia
con le altre strutture del Trentino che
hanno nel DNA la ricerca e l’innova-
zione. In questa prima fase è stata
coinvolta Lepida Spa, che presiede in
Emilia lo sviluppo di servizi innovativi
e la relativa integrazione nella rete
Lepida, la Fondazione Guglielmo Mar-
coni e la struttura del Co.Svi.G. (Con-
sorzio per lo Sviluppo per le Aree
Geotermiche) che dovrà occuparsi della
ricerca e delle tecnologie emergenti
legate allo sviluppo della geotermia.
“Consideriamo questa iniziativa di
grande interesse - dice Gianluca Maz-
zini, direttore generale Lepida - perché
fornisce un valore aggiunto alle nostre
strutture che potranno in tal modo,
interagire sull’intero territorio nazionale,
con la possibilità di aggregare, cataliz-
zare, dialogare, informare e fare rete”.
Ed aggiunge: “Vogliamo essere dei
facilitatori per realizzare il futuro,
facendo uno sforzo comune per trovare
nuove modalità di collaborazione, nel
rispetto dei propri ambiti di compe-
tenza”. La futura Community Network
ha, infatti, l’obiettivo di estendere il
proprio raggio d’azione anche in altre
regioni su cui fondare i futuri progetti
in materia di infrastrutture e piatta-
forme, puntando sullo sviluppo di ser-
vizi innovativi e di scambio con altre
strutture nel sistema pubblico e privato.
Si sta lavorando in una logica di coor-
dinamento e sussidiarietà al fine di
promuovere la banda larga e nuove
tecnologie laddove queste non siano
presenti. La strategia prevede di rea-
lizzare il maggior numero possibile di
sinergie con gli operatori che agiscono
sul territorio, anche mettendo a dispo-
sizione infrastrutture tecnologiche per
facilitare gli operatori stessi. In tal modo
si vogliono mettere insieme partners
promotori (si darà spazio anche ai part-
ners sostenitori) che ricoprono un ruolo
sul territorio, pronti a sviluppare colla-
borazioni. Emerge in tutta la sua dimen-
sione il ruolo della Fondazione
Spadolini Nuova Antologia che ha pro-
Trentino Network affianca il Premio per realizzare un progetto innovativo
Lo scienziato Berners-Lee, l’inventore di internet insieme ad Alessandro Zorer, amministratore delegato di Trentino Network.
Coordinamento e sussidiarietà, nasce una rete di Comunità senza fili né barriere La futura Community Network ha l’obiettivo di favorire
progetti in materia di infrastrutture e piattaforme,
sviluppo di servizi innovativi e sinergie con altre strutture
nel sistema pubblico e privato. La strategia prevede di
realizzare il maggior numero possibile di sinergie con gli
operatori che agiscono sul territorio, anche mettendo a
disposizione infrastrutture tecnologiche.
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mosso il Premio, orgogliosa della pro-
pria autonomia, che sa dispensare
sempre nuovi stimoli al Paese, in par-
ticolare alla vigilia delle celebrazioni del
40°Anniversario di fondazione del Mini-
stero per i Beni Culturali e Ambientali
e in occasione della ricorrenza del 20°
anniversario della morte del professore
fiorentino. In sostanza saranno gli stessi
territori a promuovere altri territori,
diventando al tempo stesso protago-
nisti e sostenitori della manifestazione
che si ravviva con una partecipazione
collettiva. Una sponsorship inconsueta
che sarà applicata per dare valore
aggiunto anche dal punto di vista etico
al progetto, distante da speculazioni o
profitti non giustificati. Sono stati gli
stessi sostenitori del Premio Eco and
the City Giovanni Spadolini a suggerire
con convinzione questa formula, arric-
chendo con nuove idee i percorsi futuri.
“L’obiettivo immediato - spiega Ales-
sandro Zorer, amministratore delegato
di Trentino Network - riguarda l’orga-
nizzazione della manifestazione a
Modena assieme a Lepida Spa, della
parte tecnologica per mostrare il premio
in maxischermo e connettere la webTV,
in linea con il progetto “officine del
fare”. Con loro possiamo lavorare,
coinvolgendo la Protezione Civile della
Provincia di Trento e della Regione
Emilia Romagna e la stessa città di
Modena, per mostrare uno scenario di
intervento dei volontari, tramite le reti
tlc messe a disposizione dalla nostra
struttura”. L’iniziativa è piaciuta molto
all’assessore all’ambiente e alla prote-
zione civile della Città di Modena,
Simona Arlecchi: “Coinvolgeremo le
nostre organizzazioni locali al fine di
garantire una buona riuscita della mani-
festazione. Siamo pronti a collaborare.”
Coordinamento e sussidiarietà, nasce una rete di Comunità senza fili nè barriere
Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, che
è riuscito a far dialogare i territori riconosciuti
come autentici officine delle buone pratiche
sostenibili, raccogliendo l’eredità dell’esperienza
fatta in Trentino, ha saputo esprimere, ancora una
volta, il concetto di continuità e di legame con i luoghi
dove ha messo le radici. La provincia di Trento ha
dimostrato di essere in grado di leggere e anticipare
i tempi, essendo riuscita a valorizzare l’integrazione tra tutti i suoi punti di forza,
dall’importante funzione turistica che tutela l’identità locale fino all’innovazione,
senza mai dimenticare il valore della solidarietà, predisponendo in maniera con-
creta iniziative a supporto della ricostruzione nei territori colpiti da calamità
naturali. A tali principi e valori di laboriosità ed etica si ispira il nuovo focus del
Premio che pone in prima linea la ricostruzione solidale, senza dimenticare l’i-
dentità culturale e l’innovazione. A poco più di un anno dal sisma che ha visto il
Corpo Permanente dei Vigili del Fuoco della Provincia Autonoma di Trento inter-
venire in aiuto delle popolazioni dell’Emilia colpite dal sisma (come aveva già
fatto in Abruzzo e in occasione di altri disastri), non si è esaurito l’impegno del
Trentino nell’Emilia colpita dal terremoto. Com’è costume di questa terra, l’ami-
cizia con chi è stato duramente colpito dalla sorte, prosegue, anche se i riflettori
della cronaca sono oggi puntati altrove. In questo impegno rientra l’accordo
firmato, a meta giugno, a Concordia, paese in provincia di Modena che è stato
uno dei simboli del terremoto (la sua chiesa è stata una delle più fotografate,
per i danni che ha subito). In base ad esso, la Protezione civile trentina realizzerà
alcune opere in collaborazione con la Parrocchia
locale, con le risorse raccolte nel Fondo sisma
2012. Al fine di testimoniare l’importanza di
queste azioni Trentino Network, Lepida SpA,
entrambi strumenti operativi promossi per la
pianificazione, lo sviluppo e la gestione delle
infrastrutture di Telecomunicazione e per l’e-
rogazione dei servizi informatici inclusi nell’ar-
chitettura di rete, e l’Assessorato alla Protezione
Civile della città di Modena stanno valutando
come organizzare, in occasione della Cerimonia
conclusiva del Premio che si terrà il 9 novembre
2013 nel Museo Casa natale Enzo Ferrari, la
simulazione di un intervento dei volontari, uti-
lizzando le tecnologie più innovative messe a
disposizione dalle due strutture.
Esaltare il valore della solidarietà attraverso l’innovazione
Un’esercitazione della Protezione Civile del Trentino con l’intervento dell’elicottero. In alto: Il Professor Gianluca Mazzini, direttore generale di Lepida S.p.A.
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EGGE
DI F
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Soltanto in Trentino, dove l’im-
possibile diventa possibile,
poteva nascere il MUSE, un
avveniristico spazio polivalente che è
contemporaneamente un Centro di
ricerca internazionale, un network di
saperi, un laboratorio dove si può toc-
care con mano la scienza, un luogo
che rappresenta un infinito patrimonio
di novità proposto in uno spazio stra-
ordinario, un’intera zona (galleria) dedi-
cata alla sostenibilità. Subito accanto
esiste un’area attrezzata, destinata al
confronto ed alla discussione, per pre-
sentazioni informali e dibattiti. Pro-
grammi regolari si alterneranno a
mostre estemporanee. Due tavoli
interattivi favoriranno lo scambio di
idee tra i visitatori, per incentivare e
incoraggiare la partecipazione alle
scelte politiche su questioni di carattere
scientifico. In pratica un luogo dove
contemporaneamente si potranno
vivere una serie di esperienze da “toc-
care con mano” e vivere “con tutti i
sensi”, pensando di essere lungo un
sentiero di alta montagna con roccia e
ghiaccio vero da toccare, oppure tuf-
fandosi nelle innumerevoli sorprese
che coinvolgeranno il visitatore il quale
si ritroverà, suo malgrado, ad interpre-
tare, conoscere e capire l’ambiente.
Appena inizia il percorso sembra di
essere catapultati nel passato, un passo
indietro di duecentomila anni nella
storia del pianeta, dall’evolversi con-
giunto della capacità tecnologica dell’u-
manità e del suo rapporto con la natura,
con il suo paesaggio, all’immergersi
attraverso una narrazione dinamica e
mutevole in un percorso storico, uti-
lizzando nuovi linguaggi. Questo è uno
dei nuclei concettuali più forti e inno-
vativi della nuova struttura. Il piano
espositivo della preistoria, con un acco-
stamento di temi e di esperienze del
tutto nuove nello scenario museale
internazionale, propone una riflessione,
a ben vedere, semplice e diretta. Bam-
bini e adulti potranno immergersi nei
suoni, colorare gli spazi con la loro
presenza per scoprire, incuriosirsi, sen-
tire con le orecchie ma anche con il
corpo, disegnare con la voce oltre che
con le mani: un’oasi dove rilassarsi e
sperimentare un nuovo modo di stare
al museo. E’ questa la novità che
attende il grande pubblico degli appas-
sionati della natura e della montagna,
ma anche delle tematiche sulla soste-
Il nuovo Museo delle Scienze rappresenterà una vetrina permanente della creatività e dell’imprenditorialità
del Trentino nel settore dello sviluppo di innovazione nel senso del futuro sostenibile, duraturo e desiderabile.
Le finalità del nuovo museo sono quelle di realizzare un centro di interpretazione culturale al servizio
della società dedicato alla natura e, nella prospettiva della sostenibilità, alla scienza e all’innovazione
nibilità e l’innovazione il prossimo 27
luglio, giorno della apertura ufficiale
del MUSE, nato all’interno di un con-
testo urbanistico e paesaggistico frutto
di un’unica visione progettuale che ha
l’ambizione di identificarsi come una
rilevante riqualificazione urbana di
questa parte della città, verso il suo
fiume Adige. La concezione urbanistica
dell’intero intervento si propone, infatti,
di ricreare un vero e proprio frammento
di città, con le sue articolazioni, le sue
gerarchie e la sua complessità funzio-
nale. Un progetto concepito per ridare
all’area ex Michelin un’anima. In queste
ore il direttore Michele Lanzinger e gli
addetti alle relazioni esterne sono in
fibrillazione, vanno su e giù nel cantiere
ancora allestito, dove saranno collocati
spazi con funzioni commerciali, resi-
denziali e di terziario, nonché una
successione di spazi e di volumi, di
pieni e di vuoti, adagiati su un grande
specchio d’acqua sul quale sembrano
galleggiare, moltiplicando gli effetti e
le vibrazioni della luce e delle ombre.
Il tutto è tenuto insieme, in alto, dalle
grandi falde della copertura che ne
assecondano le forme, diventando
elemento di forte riconoscibilità.
Le tecniche costruttive perseguono la
sostenibilità ambientale e il risparmio
energetico con un ampio e diversificato
ricorso alle fonti rinnovabili e ai sistemi
ad alta efficienza. C’è voluta la genialità
di Renzo Piano per intuire che in quell’a-
rea dismessa poteva starci una strut-
tura architettonica che avrebbe dato
uno straordinario valore aggiunto al
territorio. Il profilo dell’edificio gioca
con dei rimandi alle montagne circo-
stanti, creando un tutt’uno, un equili-
brio tra vuoti e pieni che aggiunge
fascino e valore a tutto l’apparato espo-
sitivo. Realizzato secondi criteri di eco-
compatibilità, è un modello che traccia
una via da seguire per l’economia verde
e il risparmio energetico per costruire
Muse, porte aperte sul futuroIl prossimo 27 luglio aprirà i battenti il MUSE, una prestigiosa dimensione architettonica ideata da Renzo Piano, che
si candida a divenire una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un sistema culturale costituito da
eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali, i numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca
e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione.
Il direttore Michele Lanzinger (nella foto in alto), una vita passata a svolgere attività di ricerca multidisciplinare nel settore delle scienze naturali, aveva pensato ad un progetto che rompesse gli schemi di organizzazione delle strutture museali tradizionali, realizzato grazie ad una giusta sinergia di talenti creativi.
Il MUSE, una prestigiosissima struttura architettonica ideata da Renzo Piano (foto piccola), che si candida a divenire una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un sistema culturale costituito da numerose eccellenze (musei provinciali, parchi naturali, numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione).
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un gioco strabiliante di luci, forme e colore: un caleidoscopio che riassume il
mistero della storia e delle scienze della terra, in quell’atmosfera indefinibile ma
tangibile di una sorpresa dopo l’altra.
UNA GIUSTA SINERGIA DI TALENTI CREATIVIIl risultato sorprendente è stato ottenuto attraverso una giusta osmosi di talenti
creativi a partire dall’architetto genovese - tra i maggiori esponenti del panorama
internazionale, che considera il suo, un “mestiere di frontiera, in bilico tra arte
e scienza, al confine tra invenzione e memoria, sospeso tra il coraggio della
modernità e la prudenza della tradizione” - , al direttore Michele Lanzinger che
aveva pensato ad un progetto che rompesse gli schemi di organizzazione delle
strutture museali tradizionali, della stessa sostanza dei sogni. Il territorio ha fatto
la sua parte perché predisposto ad accogliere le novità, integrando e diffondendo
soluzioni innovative, con i risultati che sono agli occhi del mondo, esprimendo
un processo che ha sempre accompagnato il Trentino sia nelle sfide ecologiche
che in quelle educative. Tutto questo è il MUSE, una prestigiosissima dimensione
architettonica ideata da Renzo Piano, che si candida a divenire una delle icone
più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un ampio sistema culturale costituito
da eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali, i numerosi festival,
l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private
dello sviluppo e dell’innovazione. Il Museo delle Scienze di Trento (MUSE) è un
ente strumentale della Provincia autonoma di Trento che ha il compito di inter-
pretare la natura, a partire dal paesaggio montano, attraverso gli strumenti e le
domande della ricerca scientifica, cogliendo le sfide della contemporaneità,
invitando alla curiosità scientifica e al piacere della conoscenza per dare valore
alla scienza, all’innovazione, alla sostenibilità. “Il Museo delle Scienze - spiega
il direttore Michele Lanzinger - conduce attività di ricerca multidisciplinare, di
Muse, porte aperte sul futuro base e applicata, nel settore delle
scienze naturali, con lo scopo di inda-
gare, interpretare, educare, dialogare
e ispirare sui temi della natura, della
scienza, dell’innovazione e del futuro
sostenibile”. Allo stesso modo il
MUSE, per la sua consolidata capacità
di produrre e divulgare contenuti scien-
tifici di alta qualità, è l’unico museo ad
essere stato riconosciuto dalla Provin-
cia autonoma di Trento come “ente di
ricerca”, al pari dell’Università e delle
due fondazioni Mach e Kessler, ed
essere entrato a far parte del “Sistema
Trentino della Ricerca e dell’Alta For-
mazione”. Il MUSE è riconosciuto
come centro di eccellenza perché saprà
coniugare diverse discipline scientifi-
che, attraverso il dialogo e il confronto,
offrendo una fruizione e un coinvolgi-
mento attivo del pubblico e studiosi.
Fiduciosi a Trento aspettano il gran
giorno, allargando la partecipazione ai
più giovani, vivendo la vigilia con un
occhio attento al count down che scan-
disce il tempo che manca alla cerimo-
nia ufficiale. Questa attesa ci coinvolge.
Insistiamo ancora con Michele Lanzin-
ger che beve un sorso d’acqua, poi
quasi sussurra con un filo di voce:
“Siamo soltanto al punto di partenza…”
UN MODO INNOVATIVO PER INCONTRARSI CON IL PUBBLICOEnergeo avrà tempo, durante l’anno,
per spiegare come sarà il nuovo Museo
delle Scienze che si prepara a lanciare
un innovativo modo di confrontarsi con
il pubblico: exhibit multimediali, giochi
interattivi, sperimentazione in prima
persona e intreccio pratico della cultura
col “fare” sono gli strumenti di appren-
dimento informale con cui intervenire
nel dibattito scientifico sui grandi temi
locali e planetari. Ancora una curiosità.
Cosa significa Muse? Con un sorriso
e tanta pazienza il direttore Lanzinger
risponde: “L’acronimo MUSE, ricavato
con qualche licenza dal nome “Museo
delle Scienze”, è stato adottato durante
i lavori di elaborazione del piano cultu-
rale come termine operativo per indi-
care in breve la nuova struttura”.
E sottolinea:“Pur riferendosi intenzio-
nalmente alle origini etimologiche della
parola museo, quale segno di ricono-
scimento del valore di tali istituzioni
preposte alla conservazione, il MUSE
non rientra propriamente nelle tradi-
zionali categorie museologiche, perché
combina caratteristiche tipiche di un
museo di scienze naturali con elementi
provenienti dall’ambito dei Centri della
Scienza”. “Abbiamo inteso - conclude
- che nel MUSE, questa nuova impo-
stazione potesse arricchirsi di una forte
dimensione sociale proponendosi quale
luogo d’incontro e dialogo per e con i
visitatori e dell’importante compito di
valorizzazione del territorio locale, con
ruolo di agorà in cui discutere di pro-
blematiche a rilevanza globale.
Ci saranno nuovi programmi per il
pubblico, adottando nuovi linguaggi di
comunicazione destinati a tutte le fasce
di età e a tutti i livelli di preparazione
Trento elaborò uno studio di fattibilità
per ridefinire la propria missione cul-
turale, giungendo a scegliere una pro-
spettiva tutta incentrata sulla crescita
intelligente, sostenibile e inclusiva.
Il MUSE, che appoggia le sue radici
nel Museo Tridentino di Scienze Natu-
rali - un museo istituito verso la metà
del 1800 in forma di museo civico che
lungo il suo percorso storico ha assunto
una sempre più consistente connota-
zione di museo naturalistico di conser-
vazione - si candida a diventare una
vetrina permanente della creatività e
dell’imprenditorialità del Trentino nel
settore dello sviluppo di innovazione
nel senso del futuro sostenibile, dura-
turo e desiderabile.
Le finalità del nuovo museo sono quelle
di realizzare un centro di interpretazione
culturale al servizio della società dedi-
cato alla natura e, nella prospettiva
della sostenibilità, alla scienza e all’in-
novazione. In sintesi, una rappresen-
tazione in forma di museo di un
progetto di sviluppo di un territorio,
pensata per ispirare i propri cittadini e
- al contempo - una straordinaria desti-
nazione per il turismo culturale di livello
internazionale. Per questo la complessa
rete di istituti di ricerca trova all’interno
del MUSE professionalità qualificate
capaci non solo di produrre contenuti
scientifici ma anche di trasferirli,
insieme a quelli prodotti da altre realtà,
dal ricercatore al pubblico cittadino nei
settori di ricerca di punta e di maggior
interesse sul territorio.
Lungo un percorso di tecniche e di rete
di territori che caratterizzano la società
attuale, nella consapevolezza che sol-
tanto il passato può insegnare al futuro.
Pierpaolo Bo
del pubblico”. Questa ricerca di un
nuovo ruolo si tradurrà nell’ideazione
e produzione di numerose mostre
temporanee di successo. Ai temi natu-
ralistici si affiancherà una programma-
zione che si amplia ai temi dell’energia
e dello sviluppo sostenibile, ai giochi
scientifici interattivi, all’astronomia e
alla matematica. Viene messo a punto
un ricchissimo programma di attività
educative che si estendono oltre l’am-
bito delle discipline naturalistiche.
UN SUCCESSO ANNUNCIATONel 2003 la Provincia autonoma di
Il MUSE presenta ambienti che potremmo definire “immersivi”. Vale a dire degli spazi all’interno dei quali il visitatore perde il rapporto con l’esterno per essere totalmente inserito in un mondo virtuale, come in un sogno.
Il MUSE dedica uno spazio appositamente progettato per i piccoli visitatori (4-8 anni) da fruire da soli, con i genitori o con la presenza di un facilitatore. Lo spazio e gli oggetti a disposizione intendono offrire ai bambini la possibilità di esplorare il mondo naturale che li circonda mediante l’uso dei sensi.
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Per avere una scheda essenziale
basta consultare wikipedia. Il
Monviso (Vísol in occitano, Viso
in piemontese- 3.841 m s.l.m) - detto
anche Re di Pietra - è la montagna più
alta delle Alpi Cozie. Il massiccio è ben
visibile dalla pianura per via della sua
forma piramidale e l’altezza che supera
di oltre 500 metri i picchi circostanti.
Con 2.062 metri di quota, la sua pro-
minenza è la decima dell’intero arco
alpino e la ventitreesima in tutta Europa.
È anche conosciuto perché ai suoi piedi
si trova la sorgente del fiume Po, il
corso d’acqua più lungo d’Italia. Dal 28
Maggio 2013 è diventato patrimonio
dell’UNESCO come riserva di biosfera
transfrontaliera. Per scoprirlo e perce-
pire il fascino delle terre alte della Valle
Po occorre frequentare i sentieri che
si affacciano sui grandi paesaggi e sugli
spazi e laghetti alpini che hanno costi-
tuito il teatro della vita delle genti di
questo territorio che si protende verso
la grande piramide rocciosa del Mon-
viso. Seguendo le antiche strade che
si snodano ai piedi della montagna e
lungo l’alto corso del Grande Fiume
che ha plasmato la Pianura Padana,
facciamo un passo indietro per riallac-
ciarci allo scrittore-regista Mario Soldati
che, nel 1957, immagina e realizza per
la televisione in bianco e nero, una
serie in dodici puntate il cui intento è
quello di far scoprire e conoscere le
valli del Po con un viaggio nella sua
tradizione culinaria. Le campagne
padane, sovrastate dal Monviso, ven-
gono percorse da Soldati e dalla sua
troupe e ci restituiscono un’Italia post-
bellica dove nel tratto linguistico prevale
ancora il dialetto (piemontese, Occi-
tano, valdese) e dove i cibi sono legati
a una tradizione povera che limita i lussi
alimentari ai giorni di festa.
Un’Italia genuina, quella della valle del
Po, raccontata nei suoi colori e sapori,
in un filmato cult che resta negli archivi
della televisione e torna oggi attuale
per raccontare la storia e le tradizioni
di questa terra, il cui valore è stato
La grande piramide rocciosa è anche conosciuta perché ai suoi piedi si trova la sorgente del fiume Po,
il corso d’acqua più lungo d’Italia
riconosciuto dall’UNESCO.
Il viaggio dello scrittore torinese parte
da Crissolo, alle pendici del Monviso,
là dove il Po nasce e per lunghi tratti
mantiene ancora la dimensione del
torrente. Le tappe piemontesi del
“Viaggio” saranno diciotto, suddivise
in cinque puntate televisive, sufficienti
per raccontare il vasto territorio che si
estende per 716 chilometri quadrati.
Il Po non è paragonato a un dio pagano,
ma è semplicemente lo spunto per
poter osservare da vicino la vita della
gente più umile, per conversare di
letteratura, per documentare tradizioni
che, nella fase di passaggio dalla civiltà
contadina all’economia industriale,
rischiano di scomparire.
La buona tavola “è semplicemente un
mezzo per sviluppare la fantasia e darle
sfogo”, scrisse Soldati nel febbraio ’64
nella rubrica che aveva pubblicato sul
quotidiano “Il Giorno”. Un pretesto,
insomma. E allora che cos’è questo
“Viaggio” che vogliamo ripercorrere
alla luce di cosa è successo in questi
giorni? È uno spaccato storico-antro-
pologico, come l’ha definito Carlo
Petrini, fondatore di “Slow Food”?
Soldati fa questo preambolo: “In questo
viaggio non sarò né sistematico, né
esauriente”. Non potrà essere certa-
mente più esauriente Energeo che ha
potuto soltanto immaginare ciò che è
accaduto in questi giorni a Parigi, dove
è stato celebrato il territorio alle pendici
della piramide di pietra.
PARIGI VAL BENE UNA FESTAPer consacrarlo è stata necessaria una
scelta epocale, nel quartiere generale
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite
per l’Educazione, la Scienza e la Cultura,
in Place di Fontenoy, a Parigi. Il Re di
pietra, la montagna più alta delle Alpi
Cozie, è stata formalmente riconosciuta
nuova Riserva della Biosfera nazionale
e transfrontaliera nel programma
UNESCO “Man and Biosphere”.
Il conferimento dell’ambìto diploma
avverrà a novembre, il mese scorso,
comunque, si è fatto un notevole passo
in avanti, al termine della 25a Sessione
L’ultima vittoria del Re di pietraIl Monviso, la montagna più alta delle Alpi Cozie, è stata formalmente riconosciuta nuova Riserva della Biosfera
nazionale e transfrontaliera nel programma UNESCO “Man and Biosphere”.
L’idea del riconoscimento si è concretizzata nel dicembre 2011, quando l’Ente Parco del Po ha iniziato il lavoro per
presentare il dossier di candidatura a Riserva Mab, per l’ampia area del Monviso, riassumendo sul questionario
dell’UNESCO tutta l’attività di collaborazione e attività transfrontaliera svolta con il Parco del Queyras ed altri
partner, italiani e francesi, iniziata nel 2002.
Il fiume Po, dopo il Ponte di Riondino, si arricchisce dell’apporto di altre innumerevoli sorgenti; dopo l’abitato di Crissolo prende a scorrere impetuoso nell’omonima valle. Lo scrittore Mario Soldati (nel riquadro).
Mario Soldati è l’unico che abbia amato esprimere, costantemente e sempre, la gioia di vivere. Non il piacere di vivere, ma la gioia; il piacere di vivere è quello del turista che visita i luoghi del mondo assa-porandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli; la gioia di vivere non rifugge nulla e nessuno: contempla l’universo e lo esplora in ogni sua miseria e lo assolve.
Il luogo comunemente identificato come Sorgente del Po si trova a 2.020 m.s.l.m. in un pianoro denominato Pian del Re, nell’Alta Valle Po in provincia di Cuneo, ai piedi del Monviso. La località si raggiunge da Crissolo in auto percorrendo una strada interamente asfaltata ma tortuosa e stretta negli ultimi chilometri, della lunghezza complessiva di km 7,6.
A sinistra: Silvano Dovetta, Presidente del Parco del Po, che ha guidato la delegazione piemontese a Parigi.
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del Consiglio Internazionale di Coordinamento (ICC) del Programma MaB dell’U-
NESCO, composto da 12 membri, tra cui illustri esponenti accademici ed esperti
in materia, in carica per 4 anni, svoltasi a porte chiuse. Chairperson dell’ICC del
MaB è la professoressa Boshra Salem, dell’Università di Alessandria d’Egitto.
Attesa al piano terra dai componenti della Rappresentanza Permanente d’Italia
presso l’UNESCO, la ristretta delegazione del Parco del Po, guidata dal Presidente
dell’Ente Parco Silvano Dovetta, era giunta con un discreto anticipo, come vuole
la rigorosa consuetudine piemontese. La presidente egiziana, con un copricapo
verde che la fasciava come una morbida sciarpa e addosso un elegante vestito
antico, a nome dell’UNESCO, ha salutato con un sorriso i rappresentati piemon-
tesi del Parco del Po, unitamente ai colleghi francesi in rappresentanza della
Riserva “gemella Mont Visò” che interessa il Parco del Queyras dal Parc naturel
regional du Queyras, e la delegazione del Ministero dell’Ambiente, della Tutela
del Territorio e del Mare . Nella grande sala conferenze del Palazzo dell’UNESCO,
dove erano convogliate anche le delegazioni straniere, tutto era pronto per il
grande evento. Dopo una breve attesa si è dato avvio alla procedura del ricono-
L’ultima vittoria del Re di pietra scimento MAB. Un rito che per l’Italia
non si celebrava da dieci anni, dopo
l’ultima iscrizione, nel 2003, che ha
riguardato la Selva Pisana, compren-
dente il Parco Regionale di Migliarino,
San Rossore, Massiciuccioli. L’attesa
è stata febbrile, l’emozione era visibile
tra i presenti, la tensione si tagliava
con il coltello. Il rito si consumava
lentamente come dal rigoroso cerimo-
niale UNESCO, nel silenzio assoluto,
rotto soltanto dall’intercalare della voce
della presidente egiziana del Consiglio
Internazionale, la quale ha pronunciato
il fatidico “approvato” e battuto ener-
gicamente, con un gesto simbolico, il
martelletto sul tavolo della presidenza.
A quel punto nella sala sono esplose
grida di gioia e saliti applausi senza
fine. Qualcuno, raggiante, ha telefonato
alla sede del Parco di Saluzzo per dare
la notizia ai colleghi rimasti in Piemonte,
subito diramata dalle agenzie e dalla
tv. “Parigi val bene una festa - ha
commentato Silvano Dovetta - una
festa importante per l’ambiente e tutto
il territorio del Monviso, la popolazione
e le attività avranno ora uno strumento
in più per puntare ad uno sviluppo
compatibile dell’intera area. Ciò signi-
fica la stretta relazione esistente tra le
iniziative e le attività del Parco stesso
e il nuovo ruolo, ad esso riconosciuto,
di motore di uno sviluppo “sostenibile”
per un territorio ben più vasto, in quanto
l’”Area della Biosfera” comprende 88
Comuni su circa 300.000 ettari”.
La “strategia” ha individuato quattro
obiettivi principali: usare le Riserve di
Biosfera per conservare la diversità
naturale e culturale; utilizzare le Riserve
della Biosfera come modelli di gestione
del territorio e di sviluppo sostenibile;
usare le Riserve di Biosfera per la
ricerca, il monitoraggio, l’educazione
e la formazione; implementare il con-
cetto di Riserva di Biosfera.
Grazie al risultato ottenuto, il parco
entra, dopo undici anni di attesa, nella
rete mondiale delle riserve delle bio-
sfera, insieme ai cugini francesi.
L’idea del riconoscimento si è concre-
tizzata nel dicembre 2011, quando il
Parco ha iniziato il lavoro per presentare
il dossier di candidatura a Riserva Mab,
per l’ampia area del Monviso, riassu-
mendo sul questionario dell’UNESCO
tutta l’attività di collaborazione e tran-
sfrontaliera svolta con il Parco del
fondi necessari per sviluppare tutta la
parte di progettazione. In corso d’opera,
da parte del Mab Francia e del Mab
Italia è giunta ai due parchi la proposta
di presentare un’integrazione per giun-
gere subito all’auspicata Riserva Tran-
sfrontaliera del Monviso. I due parchi,
sostenuti dai comitati nazionali, hanno
accettato la sfida e presentato questo
ulteriore tassello“.
IL VALORE DI UN IMPEGNOQuella del Monviso rappresenta la
prima candidatura nazionale di carattere
transfrontaliero.
Il Programma MAB (Man and the Bio-
sphere) è stato avviato dall’UNESCO
negli anni ’70 allo scopo di migliorare
il rapporto tra uomo e ambiente e
ridurre la perdita di biodiversità attra-
verso programmi di ricerca e capacity-
building. Il programma ha portato al
riconoscimento, da parte dell’UNESCO,
delle Riserve della Biosfera, aree
marine e/o terrestri che gli Stati membri
s’impegnano a gestire nell’ottica della
conservazione delle risorse e dello
sviluppo sostenibile, nel pieno coinvol-
gimento delle comunità locali. Scopo
della proclamazione delle Riserve è
promuovere e dimostrare una relazione
equilibrata fra la comunità umana e gli
ecosistemi, creare siti privilegiati per
la ricerca, la formazione e l’educazione
ambientale, oltre che poli di sperimen-
tazione di politiche mirate di sviluppo
e pianificazione territoriale. In tutto il
mondo vi sono attualmente 621
Riserve, di cui 9 in Italia, 12 transfron-
taliere. La designazione a Riserva Tran-
sfrontaliera è condizionata alla
sottoscrizione dell’accordo di coope-
razione tra lo stato italiano e quello
francese, che dovrà essere presentato
dai Ministeri di competenza, entro il
Queyras e altri partner, italiani e fran-
cesi, iniziata nel 2002.
“I vari programmi comunitari Interreg
Alcotra - spiegano i tecnici del Parco
- e la vicinanza dei due territori avevano
portato ad una notevole maturazione
delle attività e soprattutto dell’inter-
scambio di progetti ed idee comuni.
Grazie al Programma Integrato Tran-
sfrontaliero, il “Pit Monviso, l’uomo e
le territoire”, sono stati inseriti progetti
quali il contratto di fiume per l’alto Po
e la candidatura delle due riserve, una
per il versante italiano ed una per quello
francese, che hanno così ottenuto i
Il Monviso è una grande montagna appartenente al massiccio geologico delle pietre verdi, lava solidificata sul fondo del mare e venuta alla luce, successivamente, nel corso del grandioso processo dell’orogenesi alpina. Alle pendici, in un catino nella roccia, è adagiato il Lago Superiore.
Il Monviso si fa sempre più vicino e severo, un gigante magico. Nella foto di Mario De Casa l’apertura dei lavori della 25a Sessione del Consiglio Internazionale di Coordinamento (ICC) del Programma MaB dell’UNESC0.
Al centro: Boshra Salem, dell’Università di Alessandria d’Egitto, Chairperson MaB.
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novembre 2013. Attualmente le aree
Mab in Italia svolgono un lavoro esem-
plare. Energeo, nei prossimi numeri,
andrà a conoscere le Riserve della
Biosfera riconosciute nel nostro Paese.
AREE MAB AI RAGGI XLa Road Map partirà dal Parco nazionale
del Vesuvio per proseguire con il Cilento
e Vallo di Diano, la Selva di Colleme-
luccio in Molise, il Circeo, Miramare a
Trieste, la Valle del Ticino, il Parco
dell’arcipelago toscano e la Selva
Pisana. Per il 2013-2014 sono attese
le nuove candidature (tentative list) -
Siracusa, il Delta del Po, la Costiera
amalfitana, la Sila, Trento - che, se
approvate, andranno ad ampliare la
rete italiana dei territori riconosciuti
dall’UNESCO. La certificazione
UNESCO viene rilasciata agli Stati che
si impegnano a gestire aree territoriali
con regole ben precise e con una
visione comune di gestione attraverso
L’ultima vittoria del Re di pietra politiche integrate di conservazione, uso sostenibile delle risorse e supporto
logistico. L’ICC è l’organo decisionale del programma MAB chiamato ad esprimere
la decisione finale sulle nuove candidature a Riserva della Biosfera presentate
dai singoli Stati, sulla base delle valutazioni tecniche formulate dal relativo organo
consultivo, l’International Advisory Commitee for Biosphere Reserves (IACBR).
L’area interessata dall’iniziativa è costituita da una “core area” formata dal parco
regionale del Po cuneese e dalle relative aree contigue - promotori della candi-
datura-, dal sito SIC/ZPS “Gruppo del Monviso e bosco dell’Alevè” e da una
buffer zone composta da altri 88 Comuni coinvolti nel Piano Integrato Transfron-
taliero “PIT Monviso”. Analogo processo è stato avviato, sul versante francese,
dal Parc naturel regional du Queyras. La candidatura è stata sostenuta dalla
Regione Piemonte, con la sottoscrizione del relativo Dossier, ed è stata ufficial-
mente presentata lo scorso settembre 2012.
UNA STRATEGIA CHE PROMUOVE IL TURISMO SOSTENIBILEGli assi prioritari della strategia proposta sono riconducibili a tre tematiche legate
alla sostenibilità ambientale: energie rinnovabili, turismo e produzioni.
La prima è stata condotta in stretta collaborazione con gli operatori locali, quella
del turismo sostenibile sarà condotta in riferimento alla “Carta europea del
turismo sostenibile” che definisce una strategia di sviluppo turistico condivisa
a livello locale tra tour operator e soggetti rappresentativi del territorio, ed infine
sarà condivisa la questione relativa alle produzioni tipiche in campo agro-forestale
e dell’artigianato. “Ora ci tocca lavorare con un maggiore impegno - dice il Pre-
sidente dell’Ente Parco Silvano Dovetta - Grazie al prestigioso riconoscimento
internazionale ottenuto, il Monviso, una delle montagne simbolo del Piemonte,
è entrato a fare parte di un importante circuito internazionale di eccellenze, che
porterà grandi occasioni di sviluppo e di promozione delle risorse turistiche,
energetiche, produttive e naturalistiche locali e regionali. L’augurio è che ora il
Governo Francese e quello Italiano sottoscrivano l’accordo di cooperazione
richiesto dall’UNESCO per completare il riconoscimento del Monviso a Riserva
transfrontaliera, oltre che nazionale, della Biosfera”.
La sinergia tra il Parco del Po Cuneese, il Ministero dell’Ambiente e il Comitato
MaB Italia in corso dal 2012, è stata fondamentale. “Ci aspetta un intenso lavoro
per definire i progetti concreti, la fase due del MaB Monviso. - Con questa nuova
identità possiamo avere un ruolo di primo piano nel rilancio dello sviluppo locale.
Con la regia del Parco e del territorio ci prepariamo per un futuro di progetti
concreti, che porteranno per l’area MaB i risultati attesi” - conclude Dovetta.
IL FIUME PO AL CENTRO DEL PROGETTOCosa accadrà ora? La prima sfida per ottenere definitivamente il riconoscimento
parte subito con la fase del cosiddetto “Mab Monviso 2.0”, la più delicata.
E’ un ostacolo non facile da superare. Gli 88 Comuni coinvolti dovranno dar prova
di credere in questo progetto che va ben oltre la valle del Po e l’area Parco.
“Si è voluto ragionare sul territorio interessato dal Pit Monviso e quindi, in qual-
che misura, già abituato a collaborare e progettare insieme. - chiariscono i tecnici
dell’Ente Parco - Abbiamo la zona delle valli, dalla valle Maira alla Valle Varaita e
la Valle Po, con l’aggiunta di Bobbio Pellice, un’area di fondovalle che ben si
fonde con l’ampia pianura coinvolta e che arriva a toccare i primi comuni delle
Langhe”. E poi c’è il Grande Fiume che riafferma la centralità dell’acqua nell’ot-
tica di uno sviluppo eco-sostenibile. Al Po si dedica oggi particolare attenzione
con il Contratto di Fiume Alto Po, iniziativa finanziata grazie al Pit Monviso e
realizzata direttamente con la collaborazione della Regione Piemonte e la con-
sulenza di un’ATI di studi piemontesi
altamente specializzati nel settore.
Il progetto individua una serie di ambi-
ziosi obiettivi che consentono la
gestione e la valorizzazione di un’area
idrografica che si estende per 716 km
quadrati e in cui risiedono più di 90 mila
persone. Punto nodale è la sensibiliz-
zazione di amministrazioni, Comuni e
Unioni di Comuni, associazioni agricole
e di categoria, privati e popolazione
sulla “risorsa acqua”. Il progetto ha
coinvolto sindaci, tecnici, operatori e
bambini e ragazzi di valle e di pianura
in un percorso di conoscenza dei corsi
d’acqua, del suolo, della flora e della
fauna delle zone umide, promuovendo
il fiume come ecosistema da tutelare
e valorizzare. Il “contratto” è ormai
entrato nella fase attuativa, sarà uno
strumento fondamentale di program-
mazione negoziata che permetterà di
avviare la gestione partecipata e inte-
grata di tutte le figure istituzionali nella
“governance” del territorio.
Loredana Renaudo
La montagna è quasi una catena di montaggio dove i laghi si alimentano a vicenda: il Lago Superiore (in primo piano) attraverso un ruscelletto si immette nel Lago Lausetto.
Sulle Alpi Cozie sono innumerevoli gli specchi d’acqua adagiati su un fondo di pietre sciolte grossolane. Il Lago Fiorenza supera i quindici metri di profondità. Sullo sfondo si intravede il Monviso da una particolare angolatura.
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Salvaguardare il patrimonio olivi-
colo dei paesi del Mediterraneo,
attraverso la cura dell’ambiente
circostante. E’ questo l’obiettivo di un
importante progetto di candidatura
UNESCO, come patrimonio intangibile,
che vede in prima linea l’Associazione
Città dell’Olio, aderente a Res Tipica
ANCI, incoraggiata dal Ministero delle
Politiche Agricole, attraverso la propria
rete dei coordinamenti regionali, i quali
dovranno mettere a sistema le espe-
rienze locali di salvaguardia del patri-
monio olivicolo, culturale, archeologico
(molti frantoi ipogei sono di origine
romana, risistemati in epoca medievale;
in gran parte hanno continuato a lavo-
rare fino a metà ’800, quando si comin-
ciò a realizzare frantoi epigei più
funzionali e produttivi), paesaggistico
ed ambientale. Come in pochissimi
altri casi, i temi della tutela dell’am-
biente, della difesa degli equilibri natu-
rali e dello sviluppo sostenibile del
territorio convivono ad intreccio con la
storia dei popoli che affondano le radici
nella saggezza contadina.
Agricoltori insediati in masserie che
spuntano tra i rami degli olivi ricchi di
foglie coriacee e frutti a drupa (Olea
europaea) che si perdono a vista d’oc-
chio. Imponenti fabbricati, sorti a partire
dal XVI secolo come torri a difesa dei
sottostanti frantoi dove si produceva
la vera ricchezza di questo territorio:
l’olio. Il tipo di candidatura rientra nella
particolare categoria “paesaggi cultu-
rali”, introdotta dall’UNESCO con le
Linee guida Operative per l’implemen-
tazione della Convenzione sul patrimo-
nio mondiale del 2005 che considera
il paesaggio quale “lavoro combinato
di uomo e natura” la cui protezione
può contribuire ad uno sviluppo soste-
nibile ed a supportare il mantenimento
della diversità biologica. Tale accezione
considera che Paesaggio e Ambiente
rappresentano un’unità inscindibile,
tant’ e vero che nelle nuove richieste,
in linea con la recente Dichiarazione
UNESCO di Firenze, devono essere
ben evidenziati i presupposti per soste-
nere le differenze tra paesaggio “este-
tico” (da guardare) e paesaggio “etico”
(da vivere), “perché difendere il pae-
saggio e l’ambiente rappresenta un
gesto etico”. Gli olivi sono il nostro
paesaggio storico, quello stesso che
ha accompagnato i Normanni e gli
Aragonesi, gli Angioini e gli Spagnoli,
i Borboni e i Piemontesi.
L’UNESCO considera il concetto di
“bellezza naturale” per offrire una
visione in cui la natura è integrata
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Patrimonio da scoprire, tutelare e valorizzare
Le olive maturano solitamente in ottobre, se di varietà precoce, o in dicembre e gennaio, se più tardive. Oltre che in base al tipo di olivo, il momento ideale per la raccolta varia in ragione delle condizioni climatiche stagionali e della tecnica colturale utilizzata. La raccolta avviene principalmente con due metodi entrambi consigliati, attraverso la raccattatura che tiene conto del momento opportuno della maturazione dell’oliva, in quanto è sufficiente aspettare che la natura faccia il suo corso e le olive cadano spontaneamente nelle reti stese sul terreno e la brucatura a mano che impegna i raccoglitori in un paziente lavoro.
Il paesaggio olivicolo è un patrimonio inestimabile da scoprire e tutelare sia per l’importante contributo che conferisce all’agricoltura italiana con i suoi frutti, che per la cultura millenaria che racconta. L’Associazione Città dell’Olio ha avviato un progetto di candidatura del patrimonio olivicolo dei luoghi che si affacciano sul Mediterraneo, nella particolare categoria “paesaggi culturali” introdotta dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’Umanità.
In alto: Il presidente dell’Associazione Enrico Lupi.
dall’opera e dalla presenza dell’uomo
a definire i valori ambientali, culturali
e sociali. Tema che sarà ribadito,
quest’anno, nel programma della Set-
timana DESS UNESCO promossa
dall’ONU. L’incontro con questi olivi
millenari ha un che di magico: rivestono
dolci colline e le loro pendici fino a
raggiungere il mare, formano boschi
che ancora oggi regalano la sensazione
di poter andare indietro nel tempo, di
potersi calare nella storia, di immergersi
in un paesaggio eterno, rimasto intatto
nei secoli.
L’ULIVO DEI VANGELI E NELLA STORIANell’immaginario collettivo il paesaggio
olivicolo più conosciuto è rappresentato
dal podere di Getsemani, un giardino
collocato sul limitare della Valle di
Cedron, situata tra la Città Vecchia di
Gerusalemme e il Monte degli Ulivi.
Questo luogo, oggi meta di pellegri-
naggio da parte dei cristiani, viene
ricordato per l’episodio del Vangelo
che vide Gesù lasciare il gruppo degli
Apostoli per pregare in disparte, prima
di essere tradito da Giuda e arrestato,
un luogo noto come Orto degli Ulivi.
L’episodio viene ricordato, ogni anno,
la domenica delle Palme, con la distri-
buzione ai fedeli di rami di ulivo bene-
detti a dimostrazione di propositi di
pace. Ampia appare l’iconografia o
raffigurazioni pittoriche che ritraggono
l’episodio del Vangelo che hanno per
sfondo paesaggi in cui compare l’ulivo,
una pianta longeva e forte che si adatta
a tutte le condizioni climatiche, la cui
traccia di coltura è stata ritrovata già
negli scavi di Micene dall’archeologo
Schiemann, che ha scoperto e recu-
perato reperti risalenti al XIV sec. A.C.
Dell’ulivo parla anche Omero nell’Iliade
e l’Odissea. La pianta di ulivo è da
sempre associata all’immagine del
nostro Paese, della sua storia e della
sua economia. Una pianta salvaguar-
data da generazione di agricoltori che
hanno contribuito a tutelare, secondo
regole ed usi non scritti, questo patri-
monio storico, naturale, culturale, antro-
pologico e paesaggistico. Molti furono
gli Artisti che interpretarono l’episodio
del Vangelo, avvenuto nell’Orto degli
Ulivi, attraverso rappresentazioni che
richiamano risvolti magico-simbolici,
misteriosi legami tra uomo e natura,
tra umano e divino, a partire dai capo-
lavori di Andrea Mantegna, Pedro
Berruguete, Giotto e altri noti artisti.
L’ulivo che colora il paesaggioL’Associazione Città dell’Olio, aderente a Res Tipica ANCI, incoraggiata dal Ministero delle Politiche Agricole,
attraverso la propria rete dei coordinamenti regionali, ha avviato la ricognizione sull’intero territorio nazionale per
mettere a sistema le esperienze locali di salvaguardia del patrimonio olivicolo, culturale, archeologico. L’obiettivo è
ambizioso: avviare un progetto di candidatura del patrimonio olivicolo dei luoghi che si affacciano sul Mediterraneo,
nella particolare categoria “paesaggi culturali” introdotta dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’Umanità.
La pianta di ulivo è da sempre salvaguardata da generazioni di agricoltori che hanno contribuito a tutelare secondo
regole ed usi non scritti questo patrimonio storico, naturale, culturale, antropologico e paesaggistico.
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Gli olivi secolari, tra storia, natura e agricoltura, costituiscono il paesaggio agra-
rio arboreo più antico esistente. “Una civiltà che ora chiede di essere tutelata
dall’UNESCO - dice Enrico Lupi presidente dell’Associazione Città dell’Olio -
Dobbiamo affrontare un lungo e impegnativo percorso che conduce, nei casi più
fortunati, considerate le sempre più stringenti limitazioni poste per le nuove
inscrizioni (tentative liste), a far parte della Lista del Patrimonio Mondiale dell’U-
NESCO”. “Il pericoloso abbandono della coltura olivicola, degli alberi e dei ter-
ritori, - avverte il presidente Enrico Lupi - dimostra quanto sia davvero importante
impegnarsi in azioni di tutela e salvaguardia dei territori olivicoli.
Una politica territoriale, ambientale e agraria che guardi di più e meglio al pae-
saggio degli oliveti e che salvaguardi il paesaggio agrario tradizionale come bene
e risorsa, impedendo la cancellazione di paesaggi storici, è un obiettivo che come
Città dell’Olio abbiamo il dovere di raggiungere”.
Nello specifico, agli associati alla RETE Città dell’Olio, viene chiesto di segnalare
all’Associazione i siti olivicoli al massimo grado di tutela normativa nazionale,
regionale, provinciale o comunale e anche quei siti olivicoli che al momento non
godono di nessuna tutela normativa, ma che potrebbero essere di interesse per
un inserimento futuro nella Lista UNESCO in relazione alle particolari caratteri-
stiche storico, culturali, scientifiche e ambientali. L’obiettivo è avere una mappa
dei siti di maggiore interesse, su cui fare ulteriori e più approfondite valutazioni,
portando a termine, in tempi ragionevolmente brevi, il primo step del lungo
percorso verso la presentazione della candidatura.
L’ulivo che colora il paesaggio UNA STORIA LUNGA 20 ANNIL’Associazione Nazionale Città dell’O-
lio ha sede a Villa Parigini nel Comune
di Monteriggioni (Siena).
Fondata a Larino (Campobasso) nel
dicembre 1994, riunisce Comunità
Montane, Camere di Commercio, Pro-
vince e Comuni a chiara vocazione
olivicola e si impegna a promuovere
l’olio extravergine di oliva quale pro-
dotto fondamentale nella tradizione
agricola, alimentare e culturale del
nostro Paese e a valorizzare i suoi
territori di produzione.
Nello specifico l’Associazione ha tra i
suoi compiti principali quello di divul-
gare la cultura dell’olivo e dell’olio di
oliva di qualità; tutelare e promuovere
l’ambiente ed il paesaggio olivicolo;
diffondere la storia dell’olivicoltura;
garantire il consumatore attraverso la
valorizzazione delle denominazioni di
origine, l’organizzare eventi, l’attua-
zione di strategie di comunicazione e
di marketing mirate alla conoscenza
del grande patrimonio olivicolo italiano.
“Sono 342 i soci delle Città dell’Olio,-
spiega il Direttore Antonio Balenzano
- Enti pubblici italiani uniti nella salva-
guardia dell’Olio Extravergine d’Oliva.
Cresce infatti, di anno in anno, il numero
delle Regioni italiane che aderiscono
alla rete delle Città dell’Olio, potendo
vantare una produzione di Olio Extra-
vergine d’Oliva di qualità o di Olio
d’Oliva Extravergine Dop ed Igp, diven-
tata ormai un vero e proprio motore
economico per i territori a forte voca-
zione olivicola”. L’Associazione da
sempre è impegnata a sostenere e
valorizzare le produzioni e i territori che
espongono il marchio Città dell’Olio.
Dalla Lombardia alla Sicilia così come
nelle Regioni del Centro Italia sono
tantissime le amministrazioni pubbliche
che attraverso la rete Città dell’Olio
investono nella cura e nella conserva-
zione dei frantoi antichi e tipici, nella
costruzione di percorsi ad hoc dedicati
alla scoperta dell’oro giallo, con visite
guidate al paesaggio ricco di oliveti
secolari e degustazioni di Olio Extra-
vergine nei ristoranti e nelle piazze.
UN’ATTIVITÀ DI MARKETING BEN “OLIATA”L’Associazione Nazionale Città dell’O-
lio, che applica in pieno il Manifesto
dei Valori di Res Tipica ANCI, è da
sempre impegnata nella valorizzazione
dei territori olivetati d’Italia, attraverso
la definizione di strategie di marketing
territoriale, la creazione di occasioni
qualificate di incontro diretto tra
domanda e offerta, attraverso la par-
tecipazione a fiere o saloni di settore
specifici, la realizzazione di progetti
dedicati che hanno l’obiettivo di favo-
rire la comprensione e l’apprezzamento
dell’olio extravergine d’oliva presso il
grande pubblico.
Sono stati inoltre avviati progetti di
educazione alimentare dei bambini,
che mirano a promuovere la cono-
scenza e la valorizzazione dell’olio
extravergine d’oliva DOP attraverso un
programma formativo ad hoc e la Carta
dell’Olio, e sulle iniziative Andar per
Frantoi, Mercatini e Pane e Olio in
Frantoio, la giornata nazionale dei pani
e degli oli tipici.
E infine Girolio d’Italia dedicato al Pae-
saggio Olivicolo: un itinerario per le 18
Tappe regionali alla scoperta delle pecu-
liarità paesaggistiche e produttive d’I-
talia attraverso la valorizzazione
dell’ambiente olivicolo”.
Infine l’Associazione nazionale Città
dell’Olio, che ha intrapreso un’attività
di supporto tecnico per i soci in mate-
ria di Piani di Sviluppo Rurale e di pro-
getti Europei, è presente con il proprio
stand e il materiale informativo sulle
attività che svolge, nelle principali fiere
internazionali dedicate al food e al
turismo.
Eventi che rappresentano un’occasione
di visibilità per i suoi soci e una vetrina
utile alla valorizzazione e alla promo-
zione del paesaggio olivicolo nazionale
e dei territori di produzione dell’olio.
L’Associazione partecipa inoltre a con-
gressi e convegni sui temi dell’alimen-
tazione, nelle quali porta il proprio
contributo di riflessione e progettualità.
L’olio di oliva extra vergine, che rap-
presenta uno dei prodotti consigliati
nella dieta mediterranea, è oggi prota-
gonista di una campagna orientata
verso una maggiore consapevolezza
sull’importanza delle abitudini alimen-
tari e sui vantaggi derivanti da una
corretta alimentazione, soprattutto per
quanto riguarda i bambini e i giovani,
ma anche i consumatori in generale in
un’ottica di prevenzione di malattie e
salvaguardia della salute.
T.R.
degli Oli DOP, un innovativo strumento
volto a qualificare l’offerta di oli extra-
vergine nei ristoranti per la valorizza-
zione dell’eccellenza della produzione
olivicola italiana.
UN SODALIZIO CHE MIETE SUCCESSI“Vogliamo coinvolgere il grande pub-
blico - insiste il Presidente Enrico Lupi
- nella riscoperta delle mille, affascinanti
tradizioni culturali che scaturiscono,
con differenti tratti e coloriture, da ogni
paese e da ogni campagna olivetata.
I nostri progetti puntano sul Turismo
Le olive ammaccate del Cilento (Presidio Slow Food) in una foto di Giuseppe Cucco. Antonio Balenzano, Direttore dell’Associazione nazionale Città dell’Olio.
I colori di un’antico albero di ulivo risalente a circa seicento anni fa nel variare delle stagioni nella tenuta di Antonio Di Emidio a Sant’Omero, piccolo paese dell’entroterra abruzzese, dove si trova anche un Antico Frantoio.
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Una piccola regione, l’Abruzzo,
ha immaginato un grande pro-
getto, destinato a portare lon-
tano, per costruire un modello esclusivo
di cooperazione, prima localmente tra
le 4 province, 305 Comuni e ANCI per
attuare le politiche del Patto dei Sindaci,
in seguito maturando il convincimento
di poter esportare nel resto d’ Italia il
modello di gestione che nella regione
ha prodotto efficienza, efficacia e con-
cretezza, per condividerlo tra gli attori
del Patto (settore pubblico, privato,
comunità scientifica e cittadini), affin-
ché essi partecipino attivamente all’i-
niziativa dell’UE. Dovranno farlo,
ciascuno nelle proprie funzioni, per
corroborare i punti di forza ed affrontare
insieme in modo efficace le sfide pre-
sentate dall’implementazione delle
politiche del Patto del Sindaci di oltre
duemila Comuni italiani impegnati a
ridurre le proprie emissioni di CO2 di
almeno 20% entro il 2020, e preferi-
bilmente aumentando nel contempo
del 20% il livello di efficienza energetica
e del 20% la quota di utilizzo delle fonti
di Energia rinnovabile sul totale del mix
energetico. Nel capoluogo abruzzese
si sono messe le basi per la condivi-
sione delle differenti azioni di gover-
nance - in una successiva fase questo
dovrà essere fatto attraverso un net-
work nazionale per la cooperazione e
divulgazione dell’attività concreta- rea-
lizzate per l’attuazione del Patto dei
Sindaci nei propri territori, ma anche
nell’ottica di capire in che modo con il
Patto dei Sindaci, divenuto un’iniziativa
importante in Europa e soprattutto in
Italia, si può creare una filiera dei livelli
di governance, che rappresentano le
azioni di intrapresa nelle scelte e nelle
politiche territoriali locali, legate alle
tematiche della sostenibilità ambien-
tale. Azioni che dovranno essere pro-
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Ai fini del corroboramento
dell’iniziativa del Patto dei Sindaci
(in inglese Covenant of Mayors),
le Regioni rappresentano il
fulcro centrale della multi-level
governance. Attraverso il servizio
di Politica Energetica, Qualità
dell’Aria, SINA, la Regione Abruzzo
ha assunto un ruolo guida in
Italia nell’applicazione delle azioni
necessarie per il raggiungimento
degli obiettivi futuri del Covenant
of Mayors. Si tratta di un
modello esemplare di gestione
e cooperazione che ha prodotto
efficienza, efficacia e concretezza
e che potrebbe essere
ripetuto in tutto il Paese.
L’azione avviata dalla Regione mira ad individuare forme di cooperazione tra i vari
livelli di governo e tra settore pubblico, privato e comunità scientifica sviluppate da
coordinatori italiani ed esteri, evidenziando il ruolo che gli enti locali e regionali stanno
svolgendo nel panorama delle politiche climatiche ed energetiche dell’UE
Il Patto dei Sindaci ha voluto riprendere la sua corsa dall’Abruzzo, regione che ha interpretato al meglio l’iniziativa della Commissione Europea, mirata ad implementare un piano per ridurre di almeno il 20% le emissioni ad effetto serra nel territorio dell’ente, proprio per focalizzare le problematiche che hanno rallentato la consegna del PAES nei termini previsti. Il metodo innovativo di applicazione, illustrato nel corso di un recente incontro nel capoluogo abruzzese potrà essere esteso a tutti i sostenitori del Patto dei Sindaci, nei propri territori, ed apre le porte ad una serie di azioni di replicabilità a livello nazionale ed anche europeo.
I Sindaci Italiani erano i più numerosi nell’emiciclo del Parlamento Europeo, in occasione di un incontro storico (Covenant of Mayors Ceremony), orgogliosi di trovarsi , con tanto di fascia tricolore, faccia a faccia con le Istituzioni Europee. Foltissima la delegazione abruzzese ad ascoltare il discorso di inaugurazione di José Manuel Barroso. Tante le donne sindaco per testimoniare con la firma simbolica del Patto dei Sindaci che i valori delle Comunità locali, si sposano perfettamente con le scelte europee in materia di ambiente, produzione energetica e risparmio energetico.
pedeutiche per individuare forme di
collaborazione tra i vari livelli di governo
e tra settore pubblico, settore privato
e comunità scientifica, sviluppate da
coordinatori italiani ed esteri, eviden-
ziando il ruolo che gli enti locali e regio-
nali stanno svolgendo nel panorama
delle politiche climatiche ed energeti-
che dell’UE. Interventi che dovranno
essere formalizzati e programmati
attraverso lo sviluppo di un Piano di
Azione per l’Energia Sostenibile (PAES)
e sostenuti nelle sedi decisionali, come
per esempio la Conferenza delle
Regioni, per dare forza e pregnanza
istituzionale ad un modello particolar-
mente efficace di sviluppo.
UN PROGETTO IN LINEA CON GLI OBIETTIVI 20-20-20Il Patto dei Sindaci ha voluto riprendere
la sua corsa dall’Abruzzo, regione che
ha interpretato al meglio l’iniziativa della
Commissione Europea, mirata ad
implementare un piano per ridurre di
almeno il 20% le emissioni ad effetto
serra nel territorio dell’ente, proprio
per focalizzare le problematiche che
hanno rallentato la consegna del PAES
nei termini previsti.
Anche se il pacchetto clima ed energia
dell’UE si rivolge direttamente agli Stati
Membri, il ruolo degli enti locali e regio-
nali è fondamentale per raggiungere
gli obiettivi della politica climatica ed
energetica europea. Da qui l’importanza
dell’iniziativa del Patto dei Sindaci che
coinvolge tali enti nel fornire un fonda-
mentale contributo a livello territoriale
in linea con gli obiettivi 20-20-20, per
lo sviluppo sostenibile e la creazione
di posti di lavoro, che significa innan-
zitutto pianificare una crescita soste-
nibile sul territorio, valorizzarne le
risorse economiche, ambientali ed
umane, aumentare la qualità della vita
e creare lavoro e sviluppo. E’ apparsa
determinante l’azione avviata lo scorso
maggio a Pescara, da replicare in Italia
attraverso la condivisione delle diffe-
renti azioni di governance realizzate
per l’attuazione del Patto dei Sindaci,
nonostante le difficoltà incontrate
durante l’attuazione dello stesso, nei
propri territori. E’ il percorso intrapreso
dal servizio di Politica Energetica, Qua-
lità dell’Aria, SINA della Regione
Abruzzo, attraverso il quale l’istituzione
ha assunto un ruolo guida in Italia
nell’applicazione delle azioni necessa-
rie per il raggiungimento degli obiettivi
futuri del Patto dei Sindaci. Un progetto
che potrà evolvere ulteriormente nel
nostro Paese, grazie al prezioso sup-
porto dell’agguerrito staff abruzzese
che ha fatto da apripista pensando,
costruendo e applicando un modello
di efficienza concretizzato dalla Regione
che continua a mietere consensi e
riconoscimenti anche in Europa.
Oggi il metodo innovativo di applica-
zione, illustrato nel corso di un recente
incontro nel capoluogo abruzzese - che
si è avvalso della partecipazione della
Commissione Europea DG Energia e
DG JRC (Joint Research Centre), del
Ministero dello Sviluppo Economico,
dell’Ufficio Patto dei Sindaci, Regioni,
Province, Comuni d’Europa, e di ANCI,
Il Covenant parla abruzzese
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- potrà essere esteso a tutti i sostenitori del Patto dei Sindaci, nei propri territori,
ed apre le porte ad una serie di azioni di replicabilità a livello nazionale ed anche
europeo. “Visti i risultati, - è emerso dalla riunione - si continuerà ad investire
sul Patto dei sindaci e a finanziare i Piani di azione già ampiamente programmati”.
Ai fini della prosecuzione del Patto dei Sindaci, avvalorato più volte nella giornata
di lavoro, le Regioni rappresentano il fulcro centrale della multi-level governance.
Attività molto efficace ed importante è quella svolta dalle Agenzie per L’Energia
perché rappresentano uno strumento tecnicamente qualificato e permanente
che migliora la cooperazione Regioni-Province-Comuni. “Insieme alla Commis-
sione Europea - spiega Iris Flacco, Dirigente Servizio Politica Energetica - abbiamo
voluto assumere un ruolo guida in questa fase delicata dell’iniziativa europea.
La Regione ha adottato fin dal primo momento un modello innovativo del Cove-
nant of Mayors, attuato in Abruzzo in collaborazione con tutte le Amministrazioni
Provinciali, come strutture di supporto, ANCI e tutti i 305 Comuni della Regione,
firmatari del Patto dei Sindaci. Il nostro modello di gestione allo stato attuale
appare unico in Italia e presenta la caratteristica di integrare la gestione dei fondi
POR fesr con le attività del Patto dei Sindaci”. Nella sua analisi Mauro Di Dal-
mazio, assessore all’ambiente e alle politiche per lo Sviluppo sostenibile è ancora
più chiaro. “La Regione, già premiata per questa attività con la Medaglia Spa-
dolini, e con il recente riconoscimento come “officine del fare”, ha destinato
300 mila euro alle Province per assistere i Comuni nella redazione dei Piani
Operativi e 35 milioni di euro dei fondi strutturali per supportare l’implementa-
zione del Patto dei Sindaci, nell’ambito delle attività di promozione della produ-
zione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale”. “Inoltre - precisa
l’Assessore Dalmazio - il Covenant è entrato in sinergia con il Concorso regionale
per le Scuole “Energiochi” con lo scopo di promuovere la conoscenza dei criteri
di risparmio energetico e delle energie rinnovabili, e per favorire la consapevo-
lezza dell’incidenza dei propri gesti quotidiani sull’ambiente e sulle risorse
disponibili”.
Il Covenant parla abruzzese
Tutto prende inizio da un’iniziativa avviata dalla Commissione Europea il 29
gennaio 2008, denominata Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) nell’am-
bito della seconda edizione della Settimana europea dell’energia sosteni-
bile (EUSEW 2008), un progetto destinato a coinvolgere attivamente le città
europee nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale. In Europa
il Patto è stato sottoscritto da oltre 4500 Comuni, in rappresentanza di circa 166
milioni di cittadini. L’Italia detiene il record di adesioni, quasi la metà del totale.
Le adesioni sono oltre 2.000, in rappresentanza di quasi un italiano su due: circa
28 milioni. 124 sono i coordinatori in Europa, 84 i sostenitori, 21 i partner asso-
ciati, 2704 i PAES consegnati, 1195 accettati.
In Italia mettendo insieme, uno a fianco all’altro, Comuni (anche piccoli) e Città
che hanno aderito al Patto dei Sindaci (le adesioni sono 2.195), si può creare un
territorio per superficie e per numero di abitanti (27. 739.852) pari a quasi la metà
della popolazione del nostro Paese, uno stato poco più piccolo dell’Ungheria,
Svizzera e Belgio messi insieme. In pratica un Paese nel Paese che rappresenta
un’unica, grande “officina del fare” per lo sviluppo delle buone pratiche della
sostenibilità che trasformeranno le città e i loro territori in un modello di econo-
mia a bassa emissione di carbonio, elevando la qualità della vita dei cittadini.
Rimane il fatto che la consegna dei PAES va un po’ a rilento: è inferiore alla
percentuale di firmatari in altri Paesi con alta adesione come la Spagna (1285
firmatari di cui il 66% ha consegnato il proprio Piano). Da qui appare evidente il
ruolo fondamentale dei Coordinatori territoriali e dei Sostenitori del Patto nel
supportare i firmatari nella stesura e
sviluppo dei loro PAES.
Il numero dei sindaci firmatari, che si
sono ritrovati sospesi dal prestigioso
elenco con relativa notifica per iscritto
dal segretariato del Patto dei Sindaci,
almeno in Italia, è di 358, oltre il 50%
del totale. Le attuali sospensioni sono
dovute alla mancata consegna del PAES
entro i limiti di tempo fissati dall’ac-
cordo. Non tutto però viene compro-
messo. Un firmatario che non rispetta
i tempi è sospeso, non cancellato dalla
lista. Questo perché una volta conse-
gnato il PAES vedrà il suo status di
firmatario ristabilito. Colpa della crisi
che ha costretto i Comuni a rivedere i
bilanci? Le risposte a questa provviso-
ria débâcle, dipenderanno dalle politi-
che che saranno determinate da qui in
poi, fortissimamente volute dopo l’in-
contro dei coordinatori a Pescara, i quali
dovranno fornire, d’ora in poi, indica-
zioni precise sulle situazioni considerate
critiche nei loro territori. L’evento di
Pescara potrà aiutare in effetti a capire,
ma occorrono sinergie e intese per
proseguire insieme.
UNA NUOVA INTESA PER PROSEGUIRE INSIEMEUn primo passo è stato fatto in Abruzzo.
Energeo potrebbe fare da cinghia di
trasmissione, come ha fatto in passato,
di queste problematiche, anche con
l’edizione on line ed attraverso il Premio
Eco and the City Giovanni Spadolini.
Servirà anche un’analisi scrupolosa
dello sviluppo delle politiche del Patto
in Italia ed in Europa: in questo conte-
sto, un contributo fondamentale può
venire dalla comunità scientifica. Sulla
base di questi presupposti si potrà
meglio individuare quali azioni si met-
teranno in campo. Alcuni suggerimenti
preziosi sono venuti dall’Abruzzo. Un
modo come tanti per guardare avanti.
Il Patto dei Sindaci in cifreIn Europa il Patto è stato
sottoscritto da oltre 4500 Comuni,
in rappresentanza di circa 166
milioni di cittadini.
L’Italia detiene il record di adesione,
quasi la metà del totale. Le adesioni
sono oltre 2.200, in rappresentanza
di quasi un italiano su due: circa
28 milioni. 124 sono i coordinatori
in Europa, 84 i sostenitori, 21 i
partner associati, 2704 i PAES
consegnati, 1195 accettati. Rimane
il fatto che la consegna dei PAES
va un po’ a rilento: è inferiore alla
percentuale di firmatari in altri
Paesi con alta adesione come la
Spagna (1285 firmatari di cui il 66%
ha consegnato il proprio Piano).
Da qui appare evidente il ruolo
fondamentale dei Coordinatori
territoriali e dei Sostenitori del
Patto nel supportare i firmatari
nella stesura e sviluppo dei loro
PAES.
Il progetto avviato dalla
Commissione Europea
il 29 gennaio 2008, è destinato
a coinvolgere attivamente
le città europee nel percorso
verso la sostenibilità energetica
ed ambientale.
All’incontro di Pescara si è registrata la partecipazione della Commissione Europea DG Energia e DG JRC (Joint Research Centre), del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Ufficio Patto dei Sindaci, Regioni, Province, Comuni d’Europa, e di ANCI. A sinistra Iris Flacco, dirigente del servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA della Regione Abruzzo, attraverso il quale l’istituzione ha assunto un ruolo guida in Italia nell’applicazione delle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi futuri del Patto dei Sindaci. In primo piano l’Assessore all’Ambiente e allo Sviluppo sostenibile della Regione Mauro Di Dalmazio.
In Europa il Patto è stato sottoscritto da oltre 4500 Comuni, in rappresentanza di circa 166 milioni di cittadini. L’Italia detiene il record di adesione, quasi la metà del totale. Le adesioni sono oltre 2.200, in rappresentanza di quasi un italiano su due: circa 28 milioni. 124 sono i coordinatori in Europa, 84 i sostenitori, 21 i partner associati, 2704 i PAES consegnati, 1195 accettati.
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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013
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Ce ne sono per tutti i gusti di
foto d’epoca che risalgono
anche a fine ottocento ed arri-
vano fino ai giorni nostri, immagini che
ritraggono le marine ed i panorami, ma
anche luoghi, palazzi e monumenti
storici. Ogni località ha la sua storia.
Oggi queste immagini ingiallite appar-
tengono a tanti appassionati collezio-
nisti. Vedendo questi pezzi rari la mente
va lontano nel tempo anche perché si
vedono luoghi oggi irriconoscibili.
L’argomento è oggetto di studio. Ener-
geo Magazine, in collaborazione con
autorevoli docenti dell’Università di
Pisa, ha avviato un’indagine della cono-
scenza dei territori per stabilire una
chiave di lettura appropriata, in parti-
colare dell’inquinamento visivo,
avviando una serie di “lezioni” ad ampio
raggio per il lettori del nostro giornale
che presto sarà diffuso anche on line.
L’ecologia urbana e sociale è stata
fondata da Paolo Rognini (nella foto) e
Paolo Fuligni (rispettivamente geoan-
tropologo e psicologo) con l’intento di
creare una disciplina che potesse com-
prendere finalmente, in modo “olistico”
l’uomo e l’ambiente in un’unica acce-
zione, senza vederne necessariamente
separate le parti. Infatti, la distinzione,
necessaria rispetto ad altre già più o
meno consolidate discipline quali geo-
grafia urbana e umana, psicologia
sociale, antropologia culturale, socio-
logia urbana, ecologia urbana, ecologia
sociale, si esprime in primo luogo per
la specificità dell’oggetto: lo studio dei
luoghi e degli stimoli fisici che danno
adito a comportamenti. Per comporta-
menti si intendono attività, abitudini e
costumi che cambiano tali luoghi, gene-
rando nuovi stimoli, all’interno di una
continua reciproca variazione. In tale
studio gli ambienti urbani e i gruppi
sociali che li abitano, le tecniche di
produzione, gli strumenti materiali ed
ideali, le tecnologie, le mode, la diffu-
sione di modelli di comportamento,
hanno tutti pari dignità e sono concepiti
come componenti di un sistema, di
fatto, inscindibile. Questa vuole essere
una ripartizione particolarmente spe-
cializzata di cui si sente l’esigenza, non
certo per carenze nelle precitate disci-
pline, quanto per la velocità di muta-
zione dell’enorme complesso di
fenomeni osservabili in questo settore
PUNTO
DI V
ISTA
PUNTO
DI V
ISTA
Fotografiamo i casi di inquinamento visivo più clamorosi
Piazza Grande - Il titolo della foto ai tempi nostri appare ad oggi un eufemismo poiché di “grande” ha solo il palazzo centrale. Quindi più che di piazza si dovrebbe parlare di un insieme articolato di spazi e strade che a questo punto hanno finito per perdere i connotati propri sia di strada che di piazza. L’impostazione errata dell’ubicazione del palazzo fa si che questo viene svalorizzato in una sua potenziale qualità architettonica. Così ci viene in mente la ricetta per dequalificare uno spazio urbano: si prenda una bella e grande piazza di stile palladiano, con statue, fontane e aiuole al centro, contornata agli angoli da eleganti edicole; ad un estremo la cattedrale col suo sagrato, a quello opposto il Municipio. È stata concepita per accogliere la gente, per esser luogo di passeggio, di incontro e palcoscenico di pubbliche cerimonie, civili e religiose. Adesso costruiamo al centro di essa un grosso parallelepipedo, un edificio che contiene negozi, uffici, un fast-food e un cinema. Davanti al medesimo facciamo il terminal cittadino degli autobus con alternanza parallela di pensiline e banchine, grossi veicoli arancione, pali, cartelloni pubblicitari, semafori, tabelloni luminosi, insegne. Risultato: ogni prospettiva è scomparsa, anzi, la piazza - visivamente - non esiste più. È l’alterazione gravissima dell’identità storica e culturale di quel centro, lo stravolgimento di quella preziosa fisionomia architettonica. Nessun impiego sociale e socializzante è più possibile; lo spazio residuo ospita piccioni e rari passanti che attraversano di corsa la strada per evitare i veicoli in transito.
Cisternone prima e dopo - Cisternone, opera del Poccianti, pregevole esempio di architettura neoclassica con richiami all’arte greca con la sezione della cupola che riprende il Pantheon a Roma. L’idea aveva previsto la possibilità di accedere alla terrazza che poggia sulle colonne all’esterno dell’edificio per poter godere della vista del viale e dei giardini vicini. Poccianti era ossessionato dalle proporzioni così che prima di inserire il “suo” Cisternone nella piazza fece un attento studio affinché il tutto risultasse armonico nel contesto urbanistico. I gradini dovevano apparire più alti rispetto alla sede stradale per riprendere il concetto di tempio greco. L’immagine che deriva dalla fotografia d’epoca ci dà un senso di ordine, di serenità, di senso dello spazio sia per l’assenza del traffico veicolare, sia per l’equilibrio formale che c’è tra gli edifici opposti che addirittura oltre ad essere di altezza inferiore al Cisternone stesso, sono arretrati rispetto al filo stradale. Invece, nella nuova immagine l’impatto è immediatamente sconvolgente, in quanto vengono ribaltati tutti i canoni che il grande architetto aveva prefissato: il “famoso” ex palazzo di vetro, totalmente invasivo, fuori scala per dimensioni e per scelta di materiali, la cui presenza da sola sarebbe sufficiente ad annullare la presenza degli alberi che erano in perfetto equilibrio con le strade e le case; il traffico, sempre congestionato, il parcheggio selvaggio e la delimitazione della carreggiata stradale con cordolo in cemento quasi a creare una barriera tra il vecchio e il nuovo da rendere visivamente inaccessibile il luogo consacrato a contenere questo monumento dimenticato.
che appare in espansione continua.
Questo ci induce a cercare di isolarlo
e a predisporre appositi strumenti per
sottoporlo ad indagine. Il tentativo è
quello di esprimere uno studio attuale
dell’interazione ambiente urbano/com-
portamenti, una metodologia che con-
senta l’approccio alla suddetta
rapidissima variazione in tempo reale
e non a posteriori. L’epoca presente
ed il contesto urbano industrializzato
di cui si tratta, rappresentano probabil-
mente il complesso di trasformazioni
più veloce che mai si sia registrato sino
ai giorni nostri e manifestano evidenti
segni di ulteriore accelerazione.
“Occorre dunque realizzare un metodo
che tenga conto della velocità, - sug-
gerisce il Professor Paolo Rognini - ma
anche del disordine in cui tali muta-
menti ambientali/sociali/culturali/com-
portamentali si manifestano. Il classico
presupposto di ordinare i fenomeni per
classificarli e inserirli in precisi e univoci
schemi causali, che è caratteristica
delle discipline scientifiche, non è appli-
cabile a quello che ben si può definire
come studio del disordine socio-
ambientale”.
LO SCHEMA DELL’INDAGINEQualsiasi elemento architettonico, sia
esso un edificio, un ponte o una strada,
può costituire un fattore di inquina-
mento visivo. Pensiamo, come citato
in precedenza, all’inserimento del
“nuovo” sul “vecchio” che si è verifi-
cato in Italia nell’immediato dopo-
guerra. La devastazione bellica e la
frenesia di ricostruzione da un lato
assieme alla mancanza di una vera e
propria “cultura della salvaguardia”
dall’altro, hanno sovente dato vita alla
sovrapposizione di architetture cosid-
dette “moderne” su un territorio che
conservava ancora in larga parte antichi
assetti urbanistici e ambienti paesag-
gistici di elevato valore storico-naturale.
Negli ultimi anni, poi, si sono aggiunte
le speculazioni edilizie, gli abusivismi
e le cementificazioni.
Alcuni esempi possono essere elo-
quenti per mostrare la parte “malata”
di un’architettura poco rispettosa e
lungimirante che ha contribuito a com-
promettere le bellezze del “Belpaese”:
Il Belpaese: cosa resta del passatoEnergeo, insieme agli esperti dell’Università di Pisa, va alla ricerca della parte “malata” di un’architettura poco
rispettosa e lungimirante che ha contribuito a compromettere le bellezze italiane. La mancanza di una vera e
propria “cultura della salvaguardia”, le speculazioni edilizie, gli abusivismi, le cementificazioni hanno dato vita alla
sovrapposizione di architetture cosiddette “moderne” su un territorio che conservava antichi assetti urbanistici e
ambienti paesaggistici di elevato valore storico-naturale.
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PUNTO
DI V
ISTA
PUNTO
DI V
ISTA
1. Pastiches architettonici, ovvero l’introduzione e la giustapposizione
di elementi gravemente incongrui per provenienza, epoca e stile;
2. I capannoni industriali-commerciali in cemento armato
nel paesaggio agricolo;
3. L’omologazione e la ripetizione ossessiva di modelli architettonici
(ad es. l’assemblaggio di elementi prefabbricati per le civili abitazioni
o il recente fenomeno delle “villette a schiera”);
4. L’inserimento di edifici pubblici avulsi dal contesto e/o
architettonicamente sgradevoli;
5. Le cementificazioni costiere;
6. I “quartieri dormitorio” ovvero le periferie sub-urbane delle medie
e grandi città con il loro traumatico impatto sulla campagna;
7. Il fenomeno degli “ambulanti”, delle “baracchine” con annessa vendita
di gadgets e di oggetti kitsch inseriti in luoghi ad altissimo valore
artistico-culturale;
8. Le macrostrutture destinate a ristoranti ed hotel sui punti panoramici
d’Italia come vette, coste, fiumi…;
9. I ponti o cavalcavia in aree di pregio architettonico;
10. I parcheggi a raso;
11. Le strade e le autostrade.
UN FENOMENO IN COSTANTE CRESCITA Questi sono solo alcuni esempi che
danno il senso e la dimensione di un
fenomeno in costante crescita.
Ma chiunque di noi può quotidiana-
mente esercitarsi ad osservare “casi”
di inquinamento visivo, sia che risieda
in città o in campagna, in periferia o in
un piccolo centro abitato.
Per definire l’inquinamento visivo di
tipo architettonico è necessario consi-
derare due aspetti di base:
a) il dato quantitativo: siamo una
società voluminosa, ingombrante e gli
oggetti architettonici creati divorano
inesorabilmente lo spazio.
Vi è una visione distorta dello spazio,
sia esso campagna o area industriale
dismessa, quasi sempre percepito dai
pianificatori come spazio vuoto da riem-
pire[1].
b) il dato qualitativo: esistono molti
modi di costruire, di modificare lo
spazio. E’ innegabile che la trasforma-
zione dell’ambiente sia un processo
inarrestabile ma il punto è come.
Ci sono moltissimi esempi di valoriz-
zazione, di “riqualificazione”che dimo-
strano come le “buone pratiche” anche
nell’ambito della pianificazione, pos-
sano restituire ai cittadini aree o zone
degradate.
Paolo RogniniProf. a c. Psicologia Socio-Ambientale
Università di PisaHa collaborato l’Architetto Luciano La Letta
Il Belpaese: cosa resta del passato
Cavalcavia della stazione - Eccoci finalmente di fronte ad uno degli scempi visivi più eclatanti nella città di Livorno. Perché uno scempio? Vediamo. Sullo sfondo vi è una preesistenza storica importante, le Fonti del Corallo, inaugurate nel 1910 alla presenza del Re Vittorio Emanuele chiamate anche “Acque della Salute”: cinque sorgenti di acque minerali dalle notevoli doti terapeutiche, dal trattamento di disturbi dello stomaco, del fegato, dell’intestino alla cura dell’obesità, dell’uricemia e della gotta. Una zona a giardini con le belle strutture delle Fonti e della stazione ferroviaria, edifici equilibrati e assonanti per dimensione e per stile Questo “centro benessere” del passato era frequentato principalmente dalla nobiltà, dalla borghesia e da famosi artisti italiani. Esso, oltre che luogo di distensione e relax, era concepito per offrirsi agli occhi di chi arrivava in città.Adesso vediamo in primo piano il cavalcavia, una struttura moderna in acciaio e cemento armato che risponde appieno alla tipologia costruttiva delle strade extraur-bane ad elevata percorrenza. Lo scempio deriva non tanto dal cavalcavia in sé ma dall’accostamento di questa megastruttura ad una realtà storica caratterizzante e dall’assoluto disinteresse a valorizzare un luogo di tale importanza. Così, oltre alla bruttura di tutta l’area che risulta ulteriormente peggiorata dalle retrostanti alte strutture della Cigna e della Porta a Terra, questo spazio risulta assolutamente non fruibile e socialmente abbastanza insicuro, esposto com’è a traffici e commerci di natura assai discutibile.
Largo bellavista - “Bellavista” perché evidentemente questo angolo livornese era stato concepito per offrire - appunto - qualcosa di bello di cui godere. La foto d’epoca infatti ci mostra come appariva Livorno nei primi del ‘900 e quanta ricercatezza c’era nel curare i particolari degli edifici anche se di modesta entità, con un
forte senso del decoro e del rispetto di una ricerca armonica dell’insieme. La ricostruzione dell’edificio, nella foto di oggi, ci fa notare la scarsa attenzione nella cura dell’aspetto decorativo, il semplice riempimento di un vuoto senza alcun riferimento al passato. A peggiorare ulteriormente la situazione vi è stato l’inserimento di un arredo urbano poco rispettoso come spartitraf-fico, rotatorie, illuminazione stradale, alberi, tutti ele-menti che generano una sensazione di caos visivo. In definitiva, oggi il bello è stato cancellato in un’ot-tica ipoteticamente “funzionalista”; evidentemente il valore concreto del bello non è più avvertito né dagli amministratori né dai cittadini.
Dal 1866 sempre
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L a tutela del patrimonio geologico
è necessaria per riconoscere le
tappe evolutive della storia del
nostro pianeta “scritte nelle sue pro-
fondità e sulla sua superficie, nelle
rocce e nel paesaggio” (Dichiarazione
Internazionale della Memoria della
Terra, 1991). Fenomenologia del terri-
torio come campo di ricerca, indagine
e conoscenza. Il realismo fenomeno
logico si applica anche ai temi del
mondo attuale, dove spesso si osserva,
senza farci caso, senza comprendere,
senza porsi una domanda, senza chie-
dersi cosa sono quegli aspetti così
inconsueti del territorio? Hai idea delle
caratteristiche del tuo territorio, dei
punti di forza da promuovere, dei biso-
gni e dei vuoti da colmare, delle zone
che credi di conoscere a menadito,
degli aspetti che ti sembrano familiari?
In questa sezione di Energeo impare-
remo a leggere il territorio, dagli aspetti
geografici e paesistici, agli aspetti geo-
logici e ambientali, e i cosiddetti effetti
speciali creati dalla terra attraverso
l’acqua, l’aria e il fuoco. I nostri esperti
ci aiuteranno ad imparare a conoscere
ciò che ci circonda, per avvicinarci alle
esigenze del territorio, inteso come
bene culturale e ambientale da tutelare.
L’analisi del linguaggio di parole sco-
nosciute ci aiuterà a semplificare la
lettura di queste pagine. La rubrica non
è diretta a esperti, ma alla gente
comune che quello strano fenomeno
che avviene sotto casa lo ha notato da
sempre, sul quale sono fiorite storie e
leggende locali, mischiandolo ad una
miriade di miti, riti e narrazioni. Si tratta
comunque di patrimonio locale, storie
che proviamo a raccontare anche con
l’aiuto di cantori e scrittori locali, auten-
tici appassionati e testimoni di storia
antica, personaggi che cercheremo in
ogni località. Iniziamo questo viaggio
con il percorso tra le mofete che hanno
avuto una grande attrazione in antichità.
ALLA SCOPERTA DELLE MOFETE E DEI SINKHOLEIl geologo Marzia Spera ci ha accom-
pagnato lungo il percorso geoarcheo-
logico alla scoperta delle Mofete e dei
Sinkhole della Media ed Alta Valle del
Sele, guidata da un anziano cantore
del territorio, lo storico locale Damiano
Pipino, 80 anni, che ci ha lasciati, all’im-
provviso, proprio nei giorni in cui sta-
vamo realizzando questa inchiesta (fine
maggio). Un uomo generoso che non
aveva mai smesso di incoraggiare la
ricerca della studiosa ebolitana. Aveva
lavorato fino all’ultimo, appassionato
di storia locale e il suo sviluppo, un
autentico autodidatta, fornito di un
intuito straordinario e una passione
coltivata fin da giovane, prima di entrare
a far parte dell’Arma dei Carabinieri
con il grado di maresciallo, e negli anni
sviluppata in una lunga raccolta di scritti
e di pubblicazioni locali con testimo-
nianze esclusive e ricerche accurate,
manoscritti che oggi rappresentano la
memoria storica di un vasto territorio
( partendo dalla Lucania, alla Val Sele,
dagli Alburni, al Cilento, dalle grotte di
Pertosa e Castelcivita, all’itinerario fra
natura e archeologia, fino all’ultima
scoperta (1992) della grotta del Rosa-
rio, in località Isca Perrigno, vicina alla
foce del Tanagro) ancora inesplorato,
di origini antiche (Neolitico, Eneolitico
o Età del Rame), luoghi (Alta Val Sele)
dove si arrestò la civiltà Hallstattiana
(Età del Ferro). Un modo raffinato per
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Energeo propone una lettura del territorio che parte dagli aspetti geografici, geologici ed ambientali, per finire agli
effetti speciali creati dalla terra attraverso l’acqua, l’aria e il fuoco. Un percorso geoarcheologico alla scoperta delle
Mofete e dei Sinkhole della Media ed Alta Valle del Sele. Un prezioso patrimonio troppo spesso percepito come
semplice monumento della natura, singolarità geologica, mentre la condivisione della sua conoscenza e la sua
fruizione possono trasformarlo in risorsa scientifica ed economica.
Alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole della Media ed Alta Valle del Sele
Un formidabile laboratorio di educazione ambientale, un inedito e straordinario circuito turistico
La geologa Marzia Spera effettua una campionatura di una venuta di gas delle Mofete della zona di San Sisto. Miti e leggende si mescolano alla storia; in località San Sisto, nei pressi di Oliveto Citra, si osservano paesaggi surreali, in una natura incontaminata e aspra dove le mofete caratterizzano il luogo con fuoruscite di vapori e odori di H2S dal terreno.
In alto: Gli ori scoperti in una tomba ritrovata nel sito archeologico di Santo Stefano.
far ricordare, preservare, condividere
e far conoscere la storia locale così
ricca di interesse in una terra già di per
se particolare che ha conosciuto storie
di brigantaggio e di culti antichi, di lupi
mannari e divinità italiche come quelle
delle acque presso il Fonte di Plinio,
consentendo alla popolazione locale di
visualizzare quei luoghi che hanno
migliaia di anni (ci sono tracce che
riportano agli uomini dell’età della
pietra, graffiti paleocristiani e insedia-
menti rupestri, totem neolitico, come
testimoniano recenti scoperte stimo-
late dal maresciallo che guardava con
la lente di ingrandimento il territorio) e
storie ancora avvolte nel mistero come
il mito delle sirene.
Il particolare metodo di “indagare”
sulla “storia del tempo che fu”, oggi
viene testimoniato nei numerosi “rac-
conti del Maresciallo”. Lo scrittore
autodidatta aveva anche intuito come
nell’area del “cratere” del terremoto
che ha colpito la Campania nel 1980
ci fosse un autentico giacimento di
storia ancora molto da esplorare, dimo-
strando di essere un abile narratore
con grande fiuto, fino a scoprire che
sulle pendici nord-orientali della collina
che sovrasta il paese di Buccino, nel
salernitano, fosse conservato un sito
di grande interesse. “In effetti ebbe
ragione - chiarisce l’archeologa Maria
D’Andrea - perché, dopo il terremoto,
vennero alla luce lungo un’area arche-
ologica caratterizzata dalla presenza di
risorgive, (gli scavi eseguiti a seguito
del sisma sono stati completati da
alcuni anni), le testimonianze archeo-
logiche di Buccino che attestano una
diffusa frequentazione ed occupazione
del sito che vanno dall’età Neolitica
fino alla tarda antichità. In età storica
le tracce insediative più consistenti
risalgono alla seconda metà del VII sec.
a.C. continuano per tutto il VI sec. a.C.,
maggiormente nell’età Lucana (IV-III
sec. a.C.) e consistenti testimonianze
si riferiscono alla fase romana.
Nell’area di Santo Stefano, posizionata
sul versante settentrionale del centro
storico della località, sorge un com-
plesso monumentale con funzioni san-
Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare
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tuariali, tra cui una sala da banchetto con pavimento a mosaico databile alla fine
del IV sec. a.C. Successivamente con l’insediarsi dei romani l’area subisce una
serie di risistemazioni, all’interno di quest’area sacra viene realizzata una piazza
lastricata e viene eretto un altare dedicato alla dea Mefite, divinità italica legata
alle acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile. Colle-
gata all’acqua, rappresentava nell’immaginario religioso la potenza divina prepo-
sta ai campi coltivati e alla loro prosperità. Era, insomma, la dea della fecondità.
Una dea mediterranea che probabilmente incarnava l’aspetto più magico e
imperscrutabile della Grande Madre Mediterranea. Per quanto riguarda le origini
e la fondazione della città, il nome Volcei compare intorno alla fine del V sec.
a.C., la cui radice sembra rinviare a un gruppo gentilizio di origine etrusca. All’e-
sterno del sito ci sono altre testimonianze risalenti al neolitico e all’ eneolitico:
gli scavi nell’area sacra di Santo Stefano, dal nome della borgata, hanno riportato
alla luce le Tabernae, il Criptoportico, le Grotte”.
Le due studiose, aiutandosi con il racconto della memoria, fatto dalla gente dei
luoghi sottoposti ad indagine conoscitiva, e ai preziosi suggerimenti del mare-
sciallo, confermano che il termine “Mofete” deriva da Mefite, la dea legata alle
acque e alle sorgenti in generale. Il culto era diffuso in tutta l’Italia che parlava
la lingua osco-sabellica, in particolare nelle zone abitate o frequentate dalle
popolazioni sannitiche. Notizie di scrittori antichi e rinvenimenti archeologici ne
documentano l’esistenza in Irpinia a Rocca San Felice e Frigento, nella Valle
d’Ansanto e a Casalbore, in Lucania a Rossano di Vaglio e Grumentum, a Casal-
vieri (in località Pescarola) a Casa Lattico (in località San Nazario), nella valle di
Canneto a Settefrati al crocevia fra Molise, Lazio e Abruzzo. La presenza di Mefite
si riscontra anche fuori dell’area osco-sabellica: a Cremona e a Lodivecchio,
presso Lodi, a Roma - dove sono attestati un tempio (Aedes Mefitis) ed un
boschetto sacro (Lucus Mefitis) a lei dedicati sull’Esquilino fin dal III a.C., e a
Tivoli. I luoghi di culto di Mefite sono situati quasi sempre in un ambiente carat-
terizzato dalla presenza di acque fluviali o lacustri. È stato ipotizzato che la divinità,
dopo la romanizzazione dell’Italia, sia stata connessa maggiormente e poi esclu-
sivamente alle esalazioni emanate da mofete, da acque sulfuree o corrotte come
quelle stagnanti, che essa doveva impedire, o comunque a luoghi contrassegnati
Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare da fenomeni vulcanici. Un aspetto non
ancora indagato è l’eventuale rapporto
tra questo culto e un rito di transizione
quale la transumanza, che costituiva il
passaggio delle greggi ai nuovi pascoli
stagionali. Questa ipotesi è rafforzata
dal fatto che, a ridosso dei percorsi
tratturali, erano presenti antiche aree
sacre dedicate alla Mefite. Non esiste
un’indagine conoscitiva particolareg-
giata su come i Comuni utilizzano
queste risorse poco conosciute per
finalità promozionali del territorio.
LA RICERCA DI ENERGEO MAGAZINE Ci proverà Energeo Magazine, a sup-
porto di un lavoro avviato dal Co.Svi.G
(Consorzio Sviluppo delle Aree geoter-
miche), insieme ad altri Comuni inte-
ressati all’indagine, che va alla ricerca
dei territori dal “cuore caldo“ per farne
un’associazione d’identità aderente a
Res Tipica ANCI, per meglio sprigionare
il calore dell’accoglienza e della tutela,
in una logica di rete e di cooperazione
trasversale ed aperta tra le diverse
realtà del nostro Paese, al fine di
esaltare gli effetti speciali di questi
territori che continuano a stupire.
“L’Alta e Media valle del fiume Sele-
informa Marzia Spera - è tra le aree
più interessanti della Campania dal
punto di vista del paesaggio.
Le bellezze che la contraddistinguono
spaziano dalla semplice osservazione
del paesaggio agli aspetti archeologici
- storici e culturali, passando anche per
quelli enogastronomici.” In un conte-
sto simile non poteva mancare un
percorso di divulgazione culturale ad
ampio spettro che potesse abbracciare
soprattutto gli aspetti geologici ed
archeologici legati a questa porzione
di territorio dell’Italia Meridionale.
“Il comune di Oliveto Citra, in provincia
di Salerno - dice Italo Lullo, sindaco
della località della Val Sele - si inserisce
tra i comuni italiani come quello più
interessante per quanto riguarda il
degassamento naturale dal suolo”.
Con tale terminologia si definisce una
miscela di gas naturali (CO2, SO2 –
Anidride solforosa - H2S - acido solfo-
rico, Elio, Metano, Azoto, idrocarburi
aromatici ed altri gas) che, risalendo
dalle profondità della Terra, trovano
come via preferenziale faglie e fratture.
Grazie all’indagine avviata dal geologo
Spera, sono state riscontrate nel com-
prensorio comunale di Oliveto Citra
ben dieci venute di gas, le cosiddette
“Mofete”, con o senza la presenza di
acqua. Queste “Mofete” costituiscono
un sito di particolare interesse geolo-
gico definito “geosito”.
L’individuazione dei “geositi” offre
numerose opportunità: dalla valorizza-
zione e conservazione del patrimonio
geologico, alla promozione del territo-
rio comunale e provinciale, integrando
la conoscenza di questi fenomeni natu-
rali nei dati nella pianificazione territo-
riale. In questo modo si potenzia
l’attrattiva esercitata dal territorio e
quindi dell’offerta turistica, con la pos-
sibilità di implementare i posti di lavoro
attraverso servizi collegati con l’ attività
turistico-didattica, la cui offerta dovrà
essere potenziata. Eppure questo pre-
zioso patrimonio viene troppo spesso
percepito come semplice monumento
della natura, singolarità geologica,
mentre la condivisione della sua cono-
scenza e la sua fruizione possono tra-
sformarlo in risorsa scientifica ed
economica: un formidabile laboratorio
di educazione ambientale, un inedito
e straordinario circuito turistico.
Durante la risalita dalla profondità della
Terra questi gas possono intercettare
la falda acquifera dando vita spesso a
manifestazioni spettacolari con la for-
mazione di soffioni e/o geyser; altre
volte il degassamento avviene senza
l’intercettazione della falda, in questi
casi si assiste alla visione sul suolo di
zone in assenza completa di vegeta-
zione (fenomeno causato dal fatto che
questi gas sono letali per la maggior
parte degli esseri viventi fatta ecce-
zione per alcune specie di batteri) e
con forte odore di zolfo.
LA DEA DALL’IMMAGINE BIFRONTE Il nome Mefitis è sicuramente osco,
con significato di “colei che fuma nel
mezzo” oppure “colei che si inebria”
o ancora - sembra con maggiore pro-
babilità - “colei che sta nel mezzo”.
A lei veniva attribuito il potere di fare
divinità generalmente femminili legate
ai culti di dèi sotterranei e personifica-
zione di forze sismiche e/o vulcaniche.
Da sempre immaginata bifronte.
Essa è sia Afrodite che Hera, protettrice
della bellezza, dispensatrice di fecon-
dità, ma anche Persefone, signora della
morte. Lo scenario è il territorio tra la
Campania e la Lucania cioè l’Irpinia,
terra antica di transito e di scambio.
Alcuni autori ritengono che sia stata
lei a suggerire il fango come elemento
che regala bellezza ed è toccasana per
una pelle morbida e ad aver ispirato il
piacere di andare alle terme per fare
del proprio corpo una espressione di
bellezza e dolcezza femminile.
Nelle aree sannitiche questa divinità
doveva essere venerata sulle rive dei
laghi e davanti alle sorgenti dei fiumi.
L’ULTIMO RACCONTO DEL MARESCIALLODamiano Pipino, 80 anni, compianto
maresciallo dei carabinieri in pensione
(ci ha aiutato moltissimo in questa
inchiesta) è stato il cantore indiscusso
di questa vasta area. Ha scritto per
Energeo testualmente: “[…] esatta-
mente nel tratto che va dalla località
Casale di Oliveto Citra alla confluenza
del Tanagro con il Sele, in tenimento
di Contursi Terme, lungo le sponde del
da tramite tra la vita e la morte e di
presenziare agli scambi. L’oracolo di
Delfi in Grecia, attribuito al Dio Apollo,
(Dio che si propone come tramite tra
ZEUS e gli uomini) era situato proprio
vicino ad una venuta di gas.
E’ lungo questo loro percorso, pas-
sando anche attraverso Oliveto Citra
e Contursi (zona del Tufaro), giungendo
fino a Vaglio della Basilicata, in provin-
cia di Potenza, che gli Osci divenuti in
seguito Hirpini incontrano “le acque
mefitiche”. Ecco, questo è il luogo
della dea Mefite, una divinità ctonia
come vengono indicate tutte quelle
Fluidi aggressivi a varia temperatura fuoriescono anche oggi in varie parti del Comune di Oliveto Citra. A pochi chilometri di distanza, nell’area compresa tra Monte Ogna, Il Lago di Palo, Monte Pruno e Ponte Oliveto si sono verificati vistosi sprofondamenti che hanno coinvolto le rocce carbonatiche e i detriti calcarei quaternari. L’ultimo sprofondamento è avvenuto nel 1982. Tali fenomeni, chiamati sinkholes, (nella foto sono riconoscibili quelli in località Perrazze, dal punto di osservazione Canale, frazione di Oliveto Citra), rappresentano il risultato della dissoluzione delle rocce carbonatiche causata dai fluidi di origine profonda.
“Il linguaggio delle pietre aiuta a comprendere l’universo fisico che vediamo intorno a noi, da cui muove una rassegna di luci e di ombre, di verità e di errori attraversati dal pensiero umano nella lunga marcia alla scoperta di Dio.” Il compianto maresciallo Damiano Pipino spiegava così perchè la storia e la lettura del territorio lo appassionavano tanto. Energeo Magazine vuole rendergli omaggio pubblicando “l’ultimo racconto del maresciallo”.
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ERRI
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Fiume vi sono numerose sorgenti sulfurose che la gente del posto chiama
Mofete, mufete, mefite. Nelle vicinanze di dette sorgenti sono stati rinvenuti
casualmente ex voto, quali monete di vario tipo, vasetti votivi e qualche penda-
glio di ambra rossa. Inoltre, ad Oliveto Citra, nelle vicinanze della sorgente San
Sisto, non mancano i ruderi di antiche chiese cristiane: quella di S. Nicola in
località Pistello Murzio a confine col tenimento di Senerchia, e quelle di Santa
Maria de Faris alla località Casale. Presumiamo che questi fatti trovino un certo
collegamento con quelli della sorgente mefitica di Valle D’Ansanto, della quale,
forse perche meglio conosciuta, per i tempi antichi si hanno le testimonianze di
Cicerone, Seneca, Virgilio, Plinio, Claudiano e Servio […]. Il culto mefitico venne
minato prima dalla politica di Roma e dopo dal Cristianesimo, quindi scomparve
del tutto durante il IV secolo d.C. Le tracce di esso vennero cancellate quasi del
tutto dalle successive invasioni barbariche e dagli stessi fedeli, i quali divenuti
Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare
cristiani, abbandonarono e distrussero i templi della dea Mefite […]. Così costru-
irono nuove chiese ad una certa distanza dalle sorgenti mefitiche, ritenendo che
il posto risentisse della superstizione (Gambino N. Op. cit. pag. 76). Tuttavia,
non potendo cambiare le abitudini popolari relative alle feste e le celebrazioni,
ebbero l’accortezza di intitolare le nuove chiese a Santi i cui festeggiamenti
coincidevano con le ricorrenze liturgiche del precedente culto pagano. (Gambino
N. Op. cit. pag. 71). Queste prime chiese cristiane è probabile che col passare
dei secoli siano state soppiantate da quella di Santa Maria de Faris in località
Casale, della Madonna della Grazie e con le cappelle di S. Antonio a “Ponte
Mefita” in Contursi Terme le cui ricorrenze liturgiche sono precedute da fiere
che non sono altro che la continuazione di antiche manifestazioni pagane. (la
fiera di Piceglie di Oliveto Citra istituita nell’Agosto del 1768 è il prosieguo della
festività pagana). Sulla scorta di tutti questi elementi crediamo si possa affermare
che la dea Mefite fu veramente la maggiore divinità degli Irpini, i quali ne diffu-
sero il culto in questa valle del Sele durante la loro discesa in Lucania. Fatto che,
oltre tutto, potrebbe essere confer-
mato da gli ex – voto rinvenuti vicino
alle sorgenti . […]Plinio (Naturalis Histo-
rie, II, 30) parlando dell’ambra riferisce
che si usava portarla appesa al collo
per combattere le malattie della gola.
Non è improbabile che in questi posti
la portassero per scongiurare il pericolo
dei gas delle sorgenti mefitiche, che
producono appunto il soffocamento”.
MA COSA CENTRANO I TERREMOTI?La penisola italiana è frequentemente
soggetta a sismi di intensità e tipologie
variabili in larghissimo spettro conti-
nuamente monitorati, in meridione e
nelle isole dall’Osservatorio Vesuviano,
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulca-
nologia, che svolge analisi nel labora-
torio di Geochimica dei Fluidi, utilizzando
le metodologie gas-cromatografiche.
E’ stata realizzata una stazione auto-
matica per la misura della pressione
dei fluidi posizionata sulla mofete “La
Varchera”, con trasmissione dei dati
via GSM per monitorare la pressione
dei fluidi emessi, la pressione atmo-
sferica, la temperatura dell’aria e tem-
peratura della manifestazione gassosa.
Il progetto ha previsto e prevede ancora
il prelievo e le relative analisi dei gas
e/o acque di 9 venute gassose distri-
buite lungo circa 180 km dell’Appen-
nino meridionale lungo un arco che va
dal Lazio meridionale al Potentino.
Questo settore è caratterizzato sia da
importanti emissioni gassose quasi
tutte a CO2 dominante, che da cata-
strofici terremoti avvenuti negli ultimi
due secoli. Si prevede con questo
studio di valutare le eventuali variazioni
della composizione chimica dei gas
delle diverse venute, in risposta alle
variazione della permeabilità crostale.
Tra il degassamento dal suolo, le acque
circolanti, gli sprofondamenti (i cosidetti
Sinkhole) e la sismicità dell’area d’in-
teresse esistono forti legami.
In particolare l’area dell’Appennino
Meridionale, considerando la zona che
si estende dal Molise alla Basilicata, è
stata interessata in un non lontano
passato da forti eventi sismici, con
intensità anche maggiore del X grado
MCS, con aree epicentrali sia nella
regione molisana che in quella cam-
pano-lucana. L’ultimo forte terremoto,
quello del 23 novembre del 1980, ha
causato la morte di circa 3000 persone.
Cosa centrano le mofete da tempo
oggetto di approfonditi studi scientifici?
“La comprensione del meccanismo di
degassamento del Mantello, il contri-
buto alla deformazione crostale e alla
generazione di terremoti, è il principale
obiettivo delle Scienze della Terra nella
Nostra Penisola e merita grande atten-
zione” - conferma il geologo Marzia
Spera. Ne consegue che il compren-
sorio di Oliveto Citra con le sue
“mofete” rappresenta un promettente
laboratorio naturale verso una migliore
definizione tra variazioni geochimiche
e attività sismica.
Luigi LetterielloHanno collaborato
Marzia Spera, geologo; Maria D’Andrea, archelogaDamiano Pipino,
storico autodidatta, maresciallo in pensione
GLOSSARIO DEI TERMINI UTILIZZATI IN QUESTA INCHIESTA
MOFETA […] in geologia, emissione diretta di anidride carbonica (CO2) e di altri gas allo stato secco, diret-tamente dal suolo. Deriva dal greco mephitìs = fetore.
SINKHOLE […] Il termine sinkhole (letteralmente significa “buco sprofondato”) è stato introdotto per la prima volta da Fairbridge (1968) per indicare una depressione di forma sub-circolare dovuta al crollo di piccole cavità carsiche sotterranee, sinonimo dunque di dolina. In Italia il termine sinkhole è stato introdotto, a partire dagli anni novanta, per indicare un tipo particolare di sprofondamento, con forma sub-circolare, ma di genesi incerta che si apre rapidamente in terreni a granulometria variabile.
MEFITE […] divinità italica legata alle acque. Il nome Mefitis è sicuramente osco, con significato di “colei che fuma nel mezzo” oppure “colei che si inebria” o ancora - sembra con maggiore probabilità - “colei che sta nel mezzo”. A lei veniva attribuito il potere di fare da tramite tra la vita e la morte e di presenziare agli scambi.
ANIDRIDE CARBONICA (CO2) […] L‘anidride carbonica (nota anche come biossido di carbonio o diossido di carbonio è un ossido acido (anidride) formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno.È una sostanza fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali. È ritenuta uno dei principali gas serra presenti nell’atmosfera terrestre. Respirare un’atmosfera particolarmente ricca di CO2 produce un sapore acidulo in bocca ed un senso di irritazione nel naso e nella gola; ciò è dovuto al suo reagire con l’acqua per formare acido carbonico. Non è tossico in sé, ma non è respirabile.
MCS è la scala Mercalli modificata. E’ una scala che misura l’intensità di un terremoto tramite gli effetti che esso produce su persone, cose e manufatti. La scala Mercalli trae origine dalla semplice scala Rossi-Forel, di 10 gradi, derivando poi il nome da Giuseppe Mercalli, sismologo e vulcanologo famoso in tutto il mondo. Nel 1902 la Scala Mercalli di 10 gradi venne espansa a 12 gradi dal fisico italiano Adolfo Cancani. Essa fu in seguito completamente riscritta dal geofisico tedesco August Heinrich Sieberg e divenne nota come scala Mercalli-Cancani-Sieberg, abbreviata con MCS.
MANTELLO In geologia e in geofisica il mantello terrestre è uno degli involucri concentrici che costituiscono la Terra. Si tratta di un inviluppo solido, a viscosità molto elevata, compreso tra la crosta e il nucleo, avente uno spessore di circa 2970 km.Rappresenta l’84% in volume dell’intero pianeta
Il geologo Marzia Spera, l’archeologa Maria D’Andrea e il maresciallo Damiano Pipino ci hanno aiutato a raccontare la fenomenologia del territorio, attraverso le “scritte nelle sue profondità e sulla sua superficie, nelle rocce e nel paesaggio”. Un territorio che ci riserva sempre delle sorprese, come nella foto a pag. 47, con le caratteristiche venute di gas.
Geologi, “gente del fare” (nella foto mentre posizionano una stazione di misura) che hanno una conoscenza approfondita dell’ambiente fisico, in superficie e nel sottosuolo. Queste informazioni rappresentano il punto di partenza irrinunciabile per una precisa analisi dei processi geologici e geodinamici in atto sul nostro pianeta, per la valutazione e il corretto uso delle risorse utilizzabili dall’uomo, per la pianificazione di un uso corretto del territorio, indispensabili per individuare ed evidenziare le possibili situazioni di rischio (frane, alluvioni, subsidenza, attività sismica, attività vulcanica, etc.) e per la progettazione degli interventi tesi a prevenirle, correggerle o a mitigarne i danni.
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Chi l’ha detto che nei territori
lavici o che presentano mani-
festazioni di vapore acqueo a
temperatura elevata, tra sorgenti e
fumarole, non nasce un filo d’erba?
Vulcania, il Forum internazionale sui
vini bianchi prodotti in suoli vulcanici,
lo ha smentito categoricamente, costi-
tuendo una rete di territori vitivinicoli
che da qualche tempo hanno deciso
di studiare le problematiche comuni e
di discuterne in una serie di convegni
itineranti, che si sono svolti in varie
località coinvolte nel progetto. Si tratta
di alcuni fra i posti più interessanti
d’Italia, belli in quanto tali e resi ancor
più conosciuti dai rispettivi vini, famosi
in tutto il mondo. Parliamo della zona
del Soave, presso Verona, così come
dei Campi Flegrei o di Ischia nei dintorni
di Napoli, o ancora dell’Etna, di Gam-
bellara, di Pitigliano, della Lessinia,
patria del Durello, e dei meravigliosi
Colli Euganei, in provincia di Padova.
Vulcania potrebbe interagire con la
nascente Associazione delle località
dal Cuore caldo, aderente a RES Tipica
ANCI, al fine di scambiarsi esperienze
e buone pratiche, lavorare in sinergia,
raccontare, ascoltare, sostenersi a
vicenda, promuovere il confronto a più
livelli su cibo, vino e territorio. Con la
lente di ingrandimento andiamo alla
ricerca di questi luoghi, invitandovi a
visitarli, unendo magari un rilassante
soggiorno termale, perché, guarda
caso, dove la terra ha il “cuore caldo”,
il benessere è garantito da sorgenti,
fumarole, fanghi che si trovano pres-
sochè in tutti questi territori, con centri
attrezzati ed altamente qualificati e,
grazie ad una ricerca scientifica all’
avanguardia, tutti gli stabilimenti di cura
utilizzano sofisticate tecnologie per
ogni tipo di terapia. Come ad esempio
a Montegrotto e Abano sui Colli Euga-
nei, dove natura e cultura vanno a
braccetto: una visita (con “medita-
zione” inclusa) alla splendida villa cin-
quecentesca inaugurata giusto un paio
d’anni fa dal FAI, Fondo Ambiente
Italiano, dopo anni di restauri costati
sette milioni di euro. Si tratta della Villa
dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia,
donata al FAI dalla famiglia Olcese.
Fu costruita fra il 1535 e il 1542 come
“pensatoio” per il vescovo di Padova
Francesco Pisani, da un’idea del nobile
veneziano Alvise Cornaro e col con-
corso di alcuni grandi architetti dell’e-
poca, come Giovanni Maria Falconetto,
Giulio Romano e Vincenzo Scamozzi.
Logge meravigliose si affacciano sulla
vigna che circonda il terrapieno sul
quale sorge la villa.
Dai loggiati si può ammirare dal vivo il
paesaggio dei Colli Euganei, quello
stesso che si ritrova sulle pareti interne,
affrescate dal fiammingo Lambert
Sustris. Per proteggere quel verde è
nato il Parco dei Colli, con numerose
vigne dalle quali nasce la recente Docg
Fior d’Arancio, prodotta soprattutto in
versione spumantizzata. Bollicine da
moscato giallo, ottime per concludere
in leggerezza un pasto. Istituito con L.
R. 10.10.1989 n.38, il Parco com-
prende, totalmente o in parte, 15
Comuni e si estende per circa 18.694
ettari. Sono presenti i maggiori rilievi
ROAD M
AP
ROAD M
AP
Road Map nelle località caratterizzate
da sorgenti,fumarole e fanghi
collinari della Pianura Padana. Essi si
ergono, nettamente isolati, a sud-ovest
di Padova (la massima elevazione, il
Monte Venda, raggiunge quota 601).
La particolare ubicazione e genesi vul-
canica, le diverse condizioni climatiche
a seconda della zona, la presenza attiva
dell’uomo fin dai tempi più remoti,
rendono il Parco unico per le sue ampie
ricchezze naturali, paesaggistiche,
ambientali, culturali, artistiche e socio-
economiche. Con la Legge Istitutiva e
l’approvazione del Piano Ambientale,
il Parco si dota di adeguati strumenti
per la tutela e valorizzazione dell’am-
biente, per l’incremento dello sviluppo
economico e sociale del suo territorio
in una logica di sostenibilità.
La zona dei Colli Euganei è tra le più
rinomate d’Italia per quanto riguarda
la presenza di risorse termali, che costi-
tuiscono una importante attrazione
turistica a livello internazionale.
Riguardo all’origine del termalismo si
fa riferimento ad un modello che
esclude qualsiasi relazione tra le acque
calde e il fenomeno vulcanico euganeo,
troppo antico per rappresentare ancora
una sorgente attiva di calore. Nei Colli
Euganei sono presenti due categorie
fondamentali di rocce: vulcaniche e
sedimentarie. Le rocce sedimentarie
si sono formate nel corso di milioni di
anni dal deposito di fanghiglie calcaree
e microrganismi.Tali rocce contengono,
in molti casi, i resti fossilizzati di orga-
nismi marini ed è attraverso lo studio
dei fossili (in particolare dei microfossili)
che è possibile la datazione delle rocce
stesse. L’ottanta per cento della super-
ficie del territorio del Parco Colli è terra
coltivata. Il Parco dei Colli Euganei è
una realtà del tutto singolare, plasmata
nei millenni dall’attività dell’uomo: la
vite sui Colli era già coltivata nell’Età
del Ferro, l’ulivo era presente sin dall’e-
poca romana. “All’Ente Parco spetta
il compito di garantire ed incentivare
le produzioni di pregio tipiche del ter-
ritorio, per un equilibrato sviluppo dell’e-
conomia locale. - spiega il Presidente
Gianni Biasetto. La storia geologica del
territorio euganeo, la singolare morfo-
logia dei rilievi e il clima hanno favorito
lo sviluppo di diversi habitat, dove
ambienti di tipo montano, quali boschi
di castagno o quercia, lasciano il posto
repentinamente ad altri caldo aridi
come macchia mediterranea e prati
aridi calcarei. Un mondo pulsante di
vita che sfiora, circonda o attraversa
gli habitat dell’uomo facendo proprie
le aree verdi destinate a parchi e giar-
dini. Impareremo a conoscere le altre
località. Le più note sono i Campi Fle-
grei, le isole di Ischia e Procida e il
Parco nazionale del Vesuvio.
In Basilicata il Vulture, e in Sicilia, il
Parco dell’Etna che raggruppa 20
Comuni che si adagiano con almeno
una parte del loro territorio sulla fascia
etnea, semmai accompagnati da Gio-
vanni Tomarchio, il tele cineoperatore
della RAI che ci ha fatto conoscere,
in queste pagine, alcune escursioni del
vulcano ancora attivo. La road map di
Energeo Magazine, alla ricerca delle
zone dal “cuore caldo” continua.
Mario Bruga
Territoridal cuore caldoVulcania, il Forum internazionale sui vini bianchi prodotti in suoli vulcanici, ha costituito una rete di territori vitivinicoli
che da qualche tempo hanno deciso di studiare le problematiche comuni e di discuterne in una serie di convegni
itineranti, che si sono svolti in varie località coinvolte nel progetto. Si tratta di alcuni fra i posti più interessanti
d’Italia, belli in quanto tali e resi ancor più conosciuti dai rispettivi vini, famosi in tutto il mondo.
Il clima dei Colli Euganei è temperato, caratterizzato da condizioni termiche quasi mediterranee, inverni miti, estati calde e asciutte e buone escursioni termiche fra il giorno e la notte.
In alto: Gianni Biasetto, presidente dell’Ente Parco dei Colli Euganei. A fianco: La villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia, donata al FAI dalla famiglia Olcese.
A destra: Il Monte Fasolo, caratterizzato da boschi di carpini, frassini, roverella e un sottobosco tipico con corniolo e biancospino. Lungo i sentieri, in primavera, è possibile vedere la fioritura rosa dell’albero di Giuda, mentre in autunno si accende il rosso delle foglie dello scotano.
A sinistra: Il paesaggio dei Colli Euganei è un’eccezione alla regola orizzontale del paesaggio che lo circonda. Un luogo che conserva angoli miracolosamente incontaminati, una storia con radici antichissime, un legame speciale con la cultura.
Nel riquadro: L’Enoteca offre la possibilità di degustare i vini prodotti dai viticoltori associati al Consorzio Tutela vini Colli Euganei.
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I CANTO
RI D
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UOG
HI
I CANTO
RI D
EI L
UOG
HI
Era l’alba a quota duemila, un’alba
livida, triste. I primi raggi di un
nuovo sole accarezzavano
radenti i fianchi del vulcano. Lungo un
crinale, in totale controluce, la silouette
di un gruppo di uomini che scendevano
verso valle. Sulle spalle di ogni coppia
- uno avanti, l’altro dietro - una bara.
Ad ogni passo, il lento incedere dei
piedi creava una nuvola nera che si
sollevava avvolgendo la scena di impal-
pabile fuliggine e creando come una
nebbiolina che rifrangeva la luce. Uno
spettacolo di immensa suggestione,
una visione bella e terribile. Perché in
quelle bare c’erano i corpi di nove
medici che, a Catania per un congresso,
erano saliti in gita fino al cratere centrale
dell’Etna ed erano morti colpiti da
enormi massi scagliati dal cratere
durante un’improvvisa attività esplo-
siva.Sono passati tanti anni, ma
quell’immagine non la dimenticherò
finche’ campo, anche perché, nella
storia millenaria del vulcano, fu quella
la prima e ultima volta che un’eruzione
provocò delle vittime. Quanti perché
mi sono posto fin da allora! Perché un
cono nero, di forma dunque banale,
senza una macchia di verde o una pozza
d’acqua, senza un prato né un fiore,
fatto solo di enormi distese di ruvida
lava, riesce a suscitare tante passioni
e tanto amore da condizionare intere
esistenze di uomini?
Perché l’Etna è un mal sottile che
comincia a circolare nel tuo corpo e
dal quale non ti liberi più? Ce ne sono
stati, ce ne sono e ce ne saranno tanti
di uomini il cui cuore batte all’unisono
con i boati del vulcano: uno di loro,
giornalista e operatore della RAI, ha
lavorato con me per moltissimi anni
ed è il più grande, geniale, autentico
testimone degli ultimi 40 anni di attività
di questo vulcano che è ora entrato
finalmente nel prestigioso scrigno del
patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Il suo nome è Giovanni Tomarchio.
I suoi reportage hanno sempre impres-
sionato per l’irraggiungibile bellezza
delle immagini, una sequenza di fiumi
di magma luccicante, fontane spetta-
colari di fuoco, esplosioni accompa-
gnate dal tonante ruggito del vulcano.
E ovviamente, hanno fatto il giro del
mondo, proprio perché esprimevano,
in modo perfetto, l’impressionante e
irresistibile potenza della natura, l’esi-
bizione delle viscere del pianeta.
“Vivevo, e vivo, a Zafferana Etnea - dice
con quel suo quieto parlare - e la pas-
sione per l’Etna l’ho ereditata da mio
padre, che era un bravissimo fotografo
e che ha introdotto a Catania per primo
Puccio Corona intervista Giovanni Tomarchio, il cineoperatore della RAI, che, attraverso i suoi reportage,
ha fatto conoscere in tutto il pianeta l’Etna. L’irresistibile potenza della natura raccontata attraverso le immagini:
fiumi di magma, fontane spettacolari di fuoco, esplosioni accompagnate dal tonante ruggito del vulcano
Etna, la montagna di fuoco che ammaliaIl più grande vulcano attivo d’Europa ha peculiarità naturalistiche e culturali che lo rendono un luogo straordinario. Il
fascino dei crateri sommitali e la magia della Valle del Bove, uno scenario naturale potente e terribile che seduce.
Un’enorme distesa di ruvida lava riesce a suscitare tanta emozione da condizionare intere esistenze di uomini. Grandi vulcanologi e straordinarie guide hanno condiviso la passione per “a muntagna”, animati dalla stessa passione di Giovanni Tomarchio, nella foto,in alto,
insieme alla guida dell’Etna Turi Carbonaro e al vulcanologo dell’INGV Marco Neri.
Giovanni Tomarchio ha ereditato da suo padre la passione per la fotografia. Giornalista e operatore della RAI, è considerato il più grande testimone dell’attività dell’Etna, il vulcano attivo più grande d’Europa, riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità.
In alto: Una sequenza di fiumi di magma luccicante, che provocano boati ed esplosioni, rappresentano l’irresistibile potenza della natura.
Puccio Corona (nella foto) è tra i volti più noti e stimati del giornalismo italiano. Professionista a soli 24 anni, comincia subito a lavorare con la Rai nella redazione di Catania. Nell’azienda di Viale Mazzini si occupa di molteplici argomenti, dallo sport alla cronaca, prevalentemente come inviato. Firma prestigiosa del Tg1, nell’autunno del 1986 è uno degli artefici del successo di Uno mattina, la trasmissione che da oltre 25 anni sveglia tutti gli italiani nelle loro case. Nel luglio del 1994 passa alla conduzione di un nuovo programma sul mare, da lui stesso ideato: Lineablu. La trasmissione ottiene ascolti importanti e resta sotto la conduzione di Corona fino al 1998. Con-duttore televisivo, inviato di guerra, telecronista. E soprattutto amico di Giovanni Tomarchio, il cantore dell’Etna, suo conterraneo col quale condivide la passione per la televisione e quella per la sua terra di origine: Catania.
Puccio Corona, un protagonista del giornalismo televisivo
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Anno VI - maggio/giugno 2013I C
ANTO
RI D
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UOG
HI
la foto a colori. Quando andava, lui mi
portava con se’ sul vulcano e i miei
occhi si riempivano di colori, sensazioni,
emozioni assolutamente unici. Poi
questa mia passione si è sposata con
la professione: cinque anni di scuola
del cinema a Roma, poi operatore alla
RAI di Catania, poi giornalista. E l’Etna,
grazie alla RAI, è stata per me una
vetrina straordinaria”.
Vediamo di scavare un po’. Ci fai
capire l’origine di questa passione?
Perché l’Etna ti avvince da quando eri
bambino? La risposta è sorprendente:
“Mi sfugge e basta. So soltanto che
questo vulcano fa parte della mia vita.
È diventato un punto di riferimento.
Vivo questa passione con la massima
semplicità, è una cosa spontanea,
cresciuta nel tempo. La’ ho gli amici
più cari, la’ quasi dimentico la mia vita
privata, la’ ho trascorso esperienze
indimenticabili. Una volta ero in gita
con la famiglia - finalmente - e improv-
visamente mi chiamarono perché era
cominciata un’eruzione. Piantai tutti e,
mentre andavo, mia figlia, che era
proprio piccola, mi chiese semplice-
mente: la gita è finita?”.
In fondo hai avuto il privilegio di accop-
piare un bel lavoro con una grande
passione. Immagino che ti consideri
un uomo felice…
“Non è completamente così, in realtà
la mia è una passione, come dire?,
inquinata, perché, quando lavori per i
telegiornali e un servizio si riduce ad
un solo minuto, senti una profonda
delusione, hai la consapevolezza che
non sei riuscito ad esprimere la realtà,
non hai trasmesso quello che hai vis-
suto assistendo a quello spettacolo
straordinario. È per questo che adoro
l’aspetto documentaristico della mia
professione. Nel documentario scegli
L’Etna, un territorio dal cuore caldo luce, tempi, atmosfera, vento, vai anche quando il vulcano è a riposo, non è
scattata la macchina dei controlli, non sei sacrificato alla stretta attualità. Il mio
è un rapporto quieto, silenzioso, intimo. Per tutta la vita ho fatto questo lavoro
da mediano; quando giro un documentario mi sento un attaccante. E allora
preferisco salire su in cima all’Etna quando al lavoro sono di riposo, armato di
una semplice telecamerina nello zaino. Documentare è il mio mestiere, il mio
vizio e, forse, la mia vanità. E allora sì che sono un uomo felice”.
Passione è un termine piuttosto banale. Come la chiameresti, in altro modo?
“Devozione, perché spesso mi pongo la domanda: documentare le magie del
vulcano o tenere gelosamente tutto per se’? Anche perché, dietro le quinte di
questa rappresentazione teatrale in quota che è un’eruzione, ci sono interessi
privati, protagonismi, carriere, meschinità, che col tempo mi hanno provocato
un crescente disagio”. E parla indirettamente, Giovanni, anche dell’aspetto
distruttivo del vulcano che ad ogni eruzione seppellisce regolarmente alberghi,
impianti di risalita, casematte, rifugi, strade, coltivazioni. E l’uomo, arrogante,
ricomincia a costruire, sfregiandolo, sfidandolo. Un’eterna e impari lotta con la
natura. Ce ne sono tanti, di uomini animati dalla stessa, bruciante passione di
Giovanni Tomarchio. Li ricorda lui stesso, con la consueta modestia.
Grandi vulcanologi come Fanfan Le Guern, Tazieff, Villari, Bàrberi, Marco Neri e
straordinarie guide come Alfio Mazzaglia, Turi Carbonaro, i fratelli Antonio e
Orazio Nicoloso (che definisce, vulcanologicamente, uno “effusivo e l’altro
esplosivo”). “Per me l’Etna è maschio, anche se ha generato questi fantastici
personaggi”. Uno dei suoi cinque, splendidi documentari, Giovanni Tomarchio
l’ha intitolato “La corda spezzata”, come si spezza la vita degli alberi investiti
dalla lava incandescente, che emettono prima di bruciare un sibilo, una sorta di
lamento finale. “Mi sento sedotto e intimorito - conclude -, fragile presenza in
tanta dilagante natura”.
Puccio Corona
Il vulcanologo Marco Neri ha scattato questa suggestiva foto dove la colata di lava sembra lambire il campanile della chiesa di Zafferana Etnea, paese natale di Giovanni Tomarchio, il giornalista-operatore che ha diffuso, attraverso la Rai, in tutto il mondo le suggestive immagini dell’Etna.
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Carlin Petrini, presidente di Slow
Food Internazionale, uno dei
più convinti sostenitori di un’a-
gricoltura maggiormente “compati-
bile”, l’aveva promesso e l’ha fatto.
La visita in Toscana era stata prean-
nunciata soltanto qualche settimana
prima, confermata all’assessore Anna
Rita Bramerini che l’aveva invitato per
fargli conoscere le particolari peculiarità
del territorio geotermico.
L’iniziativa si è svolta a Larderello, in
una sala gremita, organizzata da
Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle
Aree Geotermiche) e da Slow Food
Toscana per far incontrare le aziende
della Comunità del Cibo ad Energie
Rinnovabili, nata a seguito del progetto
“Gusto Pulito”, condiviso tra le due
organizzazioni, volta a valorizzare la
produzione di cibo a filiera corta pro-
dotto utilizzando energia rinnovabile.
Lo scopo era quello di promuovere
l’interesse legato al cibo come porta-
tore di piacere, cultura, tradizioni, iden-
tità, e uno stile di vita, oltre che
alimentare, rispettoso dei territori e
delle tradizioni locali. Il progetto, avviato
nel 2007 nel Distretto delle Energie
Rinnovabili, all’interno della cosiddetta
area geotermica tradizionale, ha por-
tato, successivamente, alla costituzione
di quella che può essere considerata
la prima Comunità del Cibo a livello
mondiale che ha posto l’attenzione
sull’energia utilizzata nel ciclo produt-
tivo oltre che, naturalmente, sulla qua-
lità delle materie prime.
Il filo rosso che valorizza il metodo di
produrre cibo a filiera corta e di alta
qualità è proprio il fatto di utilizzare
energie rinnovabili. Un percorso che è
iniziato dalla geotermia e adesso ha
intercettato anche tutte le altre energie
rinnovabili. Nel corso dell’incontro
Petrini, piemontese di Bra, ha dato il
via ad un appassionato intervento sul
valore del cibo che ormai ha soltanto
un prezzo e non più valore.
“Un tempo si risparmiava anche la
legna utilizzata nel camino. Sono cre-
sciuto - ha confidato prima di intervenire
alla riunione - in un mondo in cui il cibo
era un momento di condivisione cen-
trale e rituale, di cui si conoscevano
tutti i passaggi, rispettando la fatica
che ci stava dietro. Avevo anche impa-
rato a pulire il focolare e preparare le
“balote”, palle di carta di giornale
bagnata, pressata e asciugata, insupe-
rabili per accendere il camino. E questa
esperienza mi ha invogliato a occuparmi
di cibo “buono, pulito e consapevole”.
Con la forza comunicativa che lo ha
reso famoso in tutto il mondo (il Time
ha definito Carlin Petrini uno degli
uomini in grado di salvare il nostro
pianeta) e con l’eloquio di chi è abituato
a pesare le parole, ha avvertito, prima
di entrare nella discussione: ”Questa
visone olistica è indispensabile per i
nuovi paradigmi, siatene orgogliosi”.
Poi, rivolgendosi agli agricoltori che
hanno realizzato il progetto, dopo aver
fatto un’analisi delle origini della crisi
attuale e indicato la strada per uscirne:
“ritornate al vero concetto di economia
che è governo della casa, mentre
questo modello economico non l’ha
governata ma l’ha distrutta”. Ed ha
aggiunto: “Bisogna, invece, ritrovare
la giusta armonia tra prezzo e valore,
laddove, per valore non s’intende sol-
tanto quello economico, ma il com-
plesso di cultura, storia, tradizioni e
saperi locali che ogni prodotto della
Terra porta con sé”.
La sua teoria parte dalla spiegazione
di questa crisi che, a suo avviso, non
si risolve con gli aiuti alle imprese, ma
è di tipo entropico. Bisogna far capire
che se si vuole superare questo
momento economico bisogna ripensare
la produzione: produrre meno, produrre
meglio, produrre pulito, produrre più
qualità. E’ nessessario tornare alle
origini, si deve abbandonare l’ottica di
produzione industriale e tornare a una
produzione artigianale che ponga l’at-
INIZ
IATIVE
INIZ
IATIVE
Incontro a Larderello con Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, un’associazione internazionale non-profit,
che conta 100 000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi e una rete di 2000 comunità che praticano
una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile e di qualità
tenzione sull’energia utilizzata nel ciclo
produttivo oltre che, naturalmente,
sulla qualità. “Ci tenevo a partecipare
a questo incontro - ha detto Petrini -
perché parlare di qualità del cibo in
Toscana e abbinare questo allo sviluppo
delle energie rinnovabili, cuore del pro-
getto avviato da Co.SVI.G. e Slow Food
Toscana, significa introdurre uno
sguardo di modernità e di speranza per
il futuro e da qui può partire un segnale
di grande respiro per tutte le comunità”.
LA COMUNITÀ DEL CIBO AD ENERGIE RINNOVABILI UN ESEMPIO VIRTUOSO DA ESPORTARE“Si tratta di una grande battaglia di
civiltà - ha chiarito Petrini - da combat-
tere sconfiggendo le crisi del momento:
finanziaria, ambientale, energetica e,
non ultima, culturale e politica.
E’ una crisi di sistema alla quale bisogna
reagire partendo dalle cose più semplici
come ad esempio il cibo, per proteg-
gere la salute del pianeta, partendo
dalla difesa dell’ambiente e dal con-
sumo del territorio”. Ha poi aggiunto:
“Questo approccio deve guardare ad
una produzione agricola di qualità, a
ridurre gli sprechi, a salvaguardare la
biodiversità, ad una ricerca di armonia
tra agricoltura e produzione energetica
che rifugga dal concetto di concentra-
zione della produzione di energia
perché fare grandi produzioni energe-
tiche, siano campi di fotovoltaico o
campi di mais per le biomasse, mette
a rischio il futuro della produzione agri-
cola e della zootecnia, perché l’approc-
cio della concentrazione segue la linea
dell’entropia e rappresenta un ricatto
nei confronti dei contadini”.
Un approccio, quello richiamato dal
Presidente di Slow Food Internazionale,
che è l’anima del progetto della Comu-
nità del Cibo a energie rinnovabili, che
lui ha definito un “esempio virtuoso
da portare anche dove non c’è la geo-
termia”. “Questa visione olistica è
anche il metodo - ha spiegato l’Asses-
sore regionale all’ambiente Annarita
Bramerini - che ha ispirato le azioni in
cui mettendo assieme l’energia con le
altre politiche ambientali abbiamo cer-
cato di legare meglio e puntare su due
elementi che sono fortemente carat-
terizzanti e identitari della nostra
regione, ovvero da un lato la presenza
di un ambiente di grande valore che
tiene assieme l’agricoltura, il paesaggio
e la sapienza nella sua trasformazione
e dall’altro la presenza di una risorsa
importante come il calore che viene
dalla terra”. Sono state individuate due
direttrici: la filiera del calore e la filiera
del legno. La presenza di aree boscate
e aree agricole ci consegna un quan-
titativo di biomassa a filiera corta impor-
tante, così come il mantenimento di
questi ambienti è altrettanto importante
per la difesa del suolo e per contrastare
il dissesto idrogeologico.
La filiera del calore significa geotermia
con tutte le sue declinazioni e in parti-
colare la media entalpia che ruota
attorno ai comuni geotermici e la bassa
Slow food,una filosofia vincenteCarlin Petrini ha incontrato le aziende della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili, nata a seguito del progetto
“Gusto Pulito”, condiviso tra Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle Aree Geotermiche) e Slow Food Toscana. Un
percorso che è iniziato dalla geotermia e adesso ha intercettato anche tutte le altre energie rinnovabili.
Il progetto, avviato nel 2007 nel distretto delle energie rinnovabili ha fatto da apripista ad altre iniziative simili, nella
consapevolezza che il cibo deve essere “buono, pulito e giusto”.
L’Assessore regionale all’ambiente Annarita Bramerini ha fatto notare come In Toscana, nel sottosuolo, ci siano potenzialità inespresse da tradurre in risorse: l’energia rinnovabile rappresenta un elemento distintivo.
Carlin Petrini, fondatore di Slow Food (a destra), ha incontrato le aziende della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili, nata a seguito del progetto “Gusto Pulito”, condiviso tra Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle Aree Geotermiche) e Slow Food Toscana. Un percorso che è iniziato dalla geotermia e adesso ha intercettato anche tutte le altre energie rinnovabili. A sinistra il direttore generale del Co.Svi.G. Sergio Chiacchella.
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Anno VI - maggio/giugno 2013IN
IZIA
TIVE
entalpia che è più ubiquitaria.
Lo sviluppo della media entalpia
potrebbe anche consentire di mettere
assieme il mondo della ricerca e dell’im-
presa in modo da creare una filiera
almeno nazionale. “In Toscana - ha
concluso l’Assessore Bramerini -
abbiamo potenzialità inespresse e
dovremmo essere capaci di tradurre
le risorse che abbiamo nel sottosuolo,
che non possiamo permetterci di but-
tare e che abbiamo saputo declinare
solo in parte, per fare in modo che un
mondo vivace come quello dell’energia
possa rappresentare un elemento
distintivo. Noi abbiamo il diritto e il
dovere di sognare per la nostra regione
un marchio Made in Tuscany anche
per le energie. Il progetto della comu-
nità del cibo è in sintonia con questo
approccio”. Il tempo è trascorso
veloce, tutti avrebbero voluto rendere
Petrini partecipe delle proprie attività
e ricavarne consigli e incoraggiamenti.
In chiusura del suo intervento Carlin
Petrini ha ribadito: “Questa è una crisi
che si manifesta in un’economia neo-
liberista che si trova di fronte ad una
finitezza delle risorse e che pone la
logica del modello economico passato
in una situazione di difficoltà.
Quindi per uscirne è necessario un
cambio di paradigma in cui il cibo è il
punto cardine di un nuovo modello:
consumare prodotti di stagione, pro-
dotti del territorio, prodotti di qualità,
un modello che può soltanto agevolare
l’agricoltura”. “E’ arrivato, - ha concluso
Petrini - il momento dei grandi obiettivi,
quelli che si costruiscono solo con le
alleanze, temute dalla gente che non
ha idee né, ideali”.
Pierpaolo Bo
Slow food, una filosofia vincente
LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE
Territorio e Ceramica, una sinergia vincenteAutore: Ennio NonniEdizione: Comune di Faenza - www.comune.faenza.ra.it/
Nel libro curato dall’arch. Ennio Nonni (176 pp. Italiano/
Inglese), edito dal Comune di Faenza, viene affrontato
in modo circolare il rapporto fra la ceramica e lo sviluppo
del territorio. Urbanistica e ceramica: un binomio
imprescindibile. Se l’urbanistica è l’attività di regolazione
dell’assetto e del disegno urbano, la ceramica, per
Faenza, non è un materiale, è l’essenza stessa della città. L’urbanistica faentina
guarda alla ceramica a partire dall’ ideazione, dalla sua capacità di arricchire lo
spazio urbano e di elevarne il livello di riconoscibilità in un mondo globalizzato.
La ceramica, quella inventiva e non di imitazione, ha bisogno dell’urbanistica,
delle sue strategie, di una visione di lungo periodo per affrontare realisticamente
nuove sfide, nuove occasioni di lavoro, nuove direzioni, impensabili fino a qual-
che decennio fa.
Il racconto del riso Autore: Gianni Berengo Gardin
Con i contributi di: Carlin Petrini, Gianni Rondolino,
Marco Vallora - Edizione: Contrasto
Gianni Berengo Gardin, fotografo che più di
ogni altro ha saputo interpretare visivamente le
trasformazioni del Novecento italiano, ci narra con
un esercizio fotografico sorprendente, il silenzio
assordante “che caratterizza le terre del riso che
in primavera si fanno acqua per generare uno
degli elementi più importanti nella vita dell’uomo: il riso”
- come ricorda Carlin Petrini nella prefazione. I segni di questa cultura sono
ancora presenti nella tenuta Colombara, culla di Acquerello, oggi uno degli
esempi più rappresentativi di unione tra i valori e la cultura del passato ed
i metodi moderni di produzione. Nel 1500, con lo sviluppo della risicoltura
nel Vercellese, la Tenuta divenne un’azienda risicola completa, un “mondo
cascina”, con la chiesa e il cimitero, l’osteria, la scuola, i laboratori, le
abitazioni per 30 famiglie ed il dormitorio delle mondine utilizzate fino
al 1970. Alla Colombara è stato realizzato un ecomuseo spontaneo per
restituire la memoria del passato al luogo. Giovanni Berengo Gardin ha
realizzato un racconto per immagini appassionato e vibrante.