ENERGEO MAGAZINE Anno VI Luglio - Agosto 2013
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Anno VI - luglio/agosto 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro
Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali-ITKI UNESCO. Banca Mondiale sulle Conoscenze
Tradizionali-TKWB; Premio Eco and the City Giovanni Spadolini; Osservatorio Europeo del paesaggio; Organo ufficiale della Community Network Guglielmo
Marconi e del Centro Internazionale Studi per la Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo” di Pollica, riconosciuto patrimonio UNESCO.
Il Ministero più poveroper il patrimonio più ricco
compie quarant’anni
Nasce la Community NetworkGuglielmo Marconi
Autobrennero, arteria dell’arte e della cultura
UNESCO I Paesaggi della bellezza un messaggio di speranza
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Anno VI - luglio/agosto 2013 Anno VI - luglio/agosto 2013
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Un anno fa, un poderoso gruppo di lavoro, costituito da organismi inter-
nazionali intergovernativi, associazioni nazionali e non governative,
università e amministratori locali, è stato chiamato, nel 40° anniversario
del World Heritage Conventon, ad una riflessione generale sulla valorizzazione
e la tutela di un patrimonio culturale e naturale che sta cambiando, parallelamente
al tessuto sociale e le nuove emergenze gestionali, avviandosi verso i lavori per
una nuova convenzione UNESCO. Un patrimonio da promuovere e valorizzare,
riportando il valore sulla gente e sulle comunità locali, in sinergia con una rete
di sindaci, attraverso un percorso delicato e complesso, finalizzato a definire una
“costituente per la bellezza e il paesaggio”. Sindaci che vogliono avere un ruolo
di primo piano nella difesa del territorio e del paesaggio e nelle scelte future
indicate nella recente Dichiarazione UNESCO di Firenze. Molti segnali sono
arrivati in questo periodo da più parti d’Italia, anche attraverso il nostro giornale,
e dal mondo. Altri ne arriveranno con l’iniziativa “Alla ricerca del Paesaggio
perduto”, inserita nel programma delle azioni promosse dalla Fondazione Spa-
dolini Nuova Antologia, a quarant’anni dall’Istituzione del Ministero per i Beni
Culturali e Ambientali, che riparte con una nuova azione capillare per tracciare
“una mappa dei bisogni” del patrimonio storico e culturale e dei beni ambientali,
sotto il segno di Giovanni Spadolini. Un progetto che si ispira alla Dichiarazione
UNESCO sul paesaggio, lo strumento solenne e formale enunciato a Firenze, il
21 settembre 2012, in occasione del “The International Protection of Landsca-
pes”, che va alla ricerca di un modello di una nuova economia partecipata e
solidaristica, rispettosa dei territori e dell’ambiente, radicata nel sentire comune
e nelle popolazioni. L’obiettivo di promuovere iniziative di valorizzazione delle
aree e dei patrimoni immateriali (conoscenze, tradizioni, storia, ecc.) che fanno
parte della proprietà collettiva, recuperando una nozione di patrimonio che, in
questi ultimi anni, si è offuscata, ma che può ancora rappresentare un’idea di
economia a misura d’uomo. Cosa è accaduto in quest’anno? Ci chiarisce le idee
Pietro Laureano che, organizzando l’evento di Firenze, lo scorso settembre, ha
fornito un’autentica dimostrazione di capacità di tessere relazioni. A fine novem-
bre questi temi saranno approfonditi nel corso di un convegno che sarà organiz-
zato a Matera, dal 21 al 24 novembre 2013, dal titolo “il paesaggio delle caverne“.
Si tratta della prima riunione mondiale delle tradizioni e conoscenze delle città
scavate nella pietra. Un’esperienza
millennaria che indica soluzioni alter-
native a quelle percorse della modernità
ed è oggi fondamentale per l’elabora-
zione di nuovi modelli basati su rispar-
mio delle risorse e la sostenibilità.
Spiega Pietro Laureano: “Un trattato
internazionale richiede investimenti
notevoli, in termini di tempi e di costi.
La costituzione di una convenzione
sotto l’egida delle Nazioni Unite, infatti,
comporta: una decisione dell’Assem-
blea Generale delle Nazioni Unite; un
negoziato internazionale per la prepa-
razione di un testo preliminare del
trattato, condotta da un comitato inter-
nazionale preposto; l’adozione del testo
del trattato da parte del comitato; la
ratificazione del trattato da parte di un
numero minimo di Paesi, per la sua
entrata in vigore; la costituzione di una
struttura (segretariato) per organizzare
i lavori propedeutici alla riunione degli
organi direttivi; e di strutture e servizi,
incluso un adeguato bilancio, necessari
a garantirne la funzionalità”.
Non è finita. Una volta entrata in vigore,
la convenzione richiede: la convoca-
zione periodica degli organi direttivi, al
fine di verificarne la corretta attuazione;
la costituzione di strumenti operativi,
sia a livello nazionale (programmi nazio-
nali per la difesa del patrimonio pae-
saggistico) sia a livello internazionale (protocolli di attuazione); la disponibilità di risorse e strumenti finanziari per garantire
l’esecuzione delle misure e degli interventi a livello nazionale, regionale e globale (fondi fiduciari a livello globale, regionale
e nazionale); la predisposizione di strumenti di monitoraggio e controllo. Come bilanciare la necessità di agire a livello
locale, concertando su temi globali, con i costi e i tempi necessari a costituire gli strumenti e mettere in pratica adeguate
strategie globali? L’attuale crisi finanziaria delle maggiori economie mondiali potrà mettere a tacere la lecita richiesta di
attenzione e di azione delle comunità locali che maggiormente sentono il bisogno di strumenti di tutela sovranazionali?
La scarsa disponibilità di capitali potrà far passare in secondo piano la conservazione, la tutela e la gestione sostenibile di
beni comuni quali il paesaggio? Ricordiamo che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel settembre 2000 ha appro-
vato gli otto Obiettivi del Millennio, probabilmente il più grande impegno collettivo mai sottoscritto dalla comunità inter-
nazionale, a perseguire una serie ben definita e verificabile di scopi in un tempo preciso. Tra questi figura in modo
preminente la sostenibilità ambientale, che comprende a sua volta l’integrazione dei principi dello sviluppo sostenibile
nelle politiche e nei programmi di governo dei vari Paesi e l’inversione del trend attuale di depauperamento delle risorse.
Tutte mirano, attraverso i protocolli attuativi che comprendono principi, norme, azioni, alla conservazione degli ecosistemi,
ed allo sviluppo sostenibile nel suo complesso. Riferendosi a questi obiettivi, Irina Bokova, direttore generale UNESCO,
ha ricordato nella recente assemblea ONU che questi non tengono sufficientemente conto della cultura. Il segretario
generale Ban Ki-moon ha quindi deciso che la cultura sarà al centro dell’agenda di sviluppo globale post 2015, dando un
ruolo particolare all’ informazione, le tradizioni orali, arte e l’educazione, fattori chiave dell’industria creativa. Solo tramite
la cultura sarà possibile un cambio di paradigma conoscitivo e tecnologico.
Ci saranno tra gli obiettivi anche i contenuti della Dichiarazione di Firenze? Per uno strumento internazionale di tutela del
paesaggio, una reale opportunità risiede nel capitalizzare gli investimenti fatti in trattati ambientali con similari finalità, ed
innestarsi in meccanismi già creati e rodati quale protocollo di attuazione di specifiche misure. Ciò permetterebbe di
snellire i tempi ed aumentare l’efficacia rispetto ai costi. “Occorrono soluzioni a lungo termine, - ha avvertito Massimo
Candelori dell’UNCCD - integrate nei piani di sviluppo nazionali politiche efficaci per mitigare gli effetti della siccità, della
desertificazione e il degrado dei suoli. Per prevenire i problemi, i governi dovrebbero avere delle politiche di lotta contro i
cambiamenti climatici che per essere efficaci dovrebbero essere coordinate. Oggi la gestione della crisi volta per volta
non è più attuale. Fa bene l’UNESCO a riunire in un’unica Dichiarazione la difesa del territorio e del paesaggio”.
Una finestra di dialogo è stata aperta anche con il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP - United Nations
Development Programme), la più importante fonte multilaterale di sussidi per lo sviluppo umano sostenibile, che coordina
la maggior parte dell’assistenza tecnica del sistema delle Nazioni Unite, ha il compito di approvare programmi nazionali di
sviluppo presentati da singoli stati, di stanziare i relativi fondi e di sovrintendere all’esecuzione dei progetti. Iniziative che
compongono i programmi, esecuzioni che di solito sono affidate alle agenzie specializzate, progetti realizzati in collabora-
zione con organizzazioni non governative, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale e soddisfare le
necessità dei settori più poveri della popolazione. L’UNDP è l’organismo che ha ideato l’approccio più sistematico nel
definire lo sviluppo umano, dopo che nel 1988 l’Onu aveva proposto l’avvio di un approccio globale e totale allo sviluppo,
che desse la priorità all’individuo. Dal 1990 produce una serie di documenti sul tema dello sviluppo umano, scegliendo
ogni anno di focalizzare il rapporto su un argomento specifico. Si tratta di un alleato prezioso che potrà contribuire a porre
le premesse per la creazione di un percorso condiviso da tanti partners messi insieme una sola volta. Vedremo cosa
accadrà in futuro.
T.R.
Il difficile compito di andare avanti insieme
Francesco Bandarin, vice direttore generale dell’UNESCO per la Cultura; Pietro Laureano, architetto e urbanista, è consulente UNESCO per le zone aride, la civiltà islamica e gli ecosistemi in pericolo; Massimo Candelori, coordinatore Convenzione della Nazioni Unite per la Lotta alla desertificazione UNCCD, interverranno a Matera, il prossimo novembre, in occasione del 20 anniversario dell’iscrizione della “Città dei Sassi” nella World Heritage List, un convegno dal titolo “Il paesaggio delle caverne”, organizzato dall’UNESCO. In alto a sinistra: Irina Bokova, direttore generale UNESCO.
I Sassi di Matera sono stati iscritti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1993. L’iscrizione è stata motivata dal fatto che essi rappresentano un ecosistema urbano straordinario, capace di perpetuare dal più lontano passato preistorico i modi di abitare delle caverne fino alla modernità. I Sassi di Matera costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse della natura: acqua, suolo, energia.
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Direttore responsabile: Taty [email protected]
Redazione:Pierpaolo [email protected]
Marketing: Luigi Letteriello 334.120.71.85
Progetti speciali e Pubblicità:Promedia [email protected]
Segreteria di Redazione:Lucrezia Locatelli
Realizzazione grafica: Stefania De Cristofaro
Comitato Scientifico:• Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini.• Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM.• Giuseppe Falciasecca, professore di ruolo di elettromagnetismo presso ALMA MATER Studiorum Università di Bologna. Presidente Fondazione Guglielmo Marconi• Giuseppe Blasi, già responsabile delle sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo.• Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Alberto Chini, Presidente Associazione Culturale Padre Eusebio F. Chini. Precursore della Sostenibilità.• Marco De Vecchi, Professore associato Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino.• Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti.• Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI.• Pietro Nervi, Professore di Economia e Politica montana e forestale. Presidente del Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà collettive dell’Università di Trento.• Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno.• Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino.
• Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza.• Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food.• Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità.
Consulente tematiche e sviluppo azioni:• Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio• Sistemi di Scienze locali, Tecniche e Conoscenze Tradizionali• Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) - TKWB• Pietro Laureano, Presidente dell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO
Consulente tematiche e sviluppo azioni:• ripristino centri storici• restauro conservativo• edilizia sostenibile• ricerca di materiali idonei• recupero dei centri abitati• utilizzo dei materialiMarcello Nebl - Tassullo Materiali Spa
Collaboratori:Andrea Accorigi, Maja Argenziano, Michaela Barilari, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Maria D’Angelo, Filippo Delogu, Marco De Vecchi, Pier Fedrizzi, Lello Gaudiosi, Luciano La Letta, Viviana Martini, Luca Melchionne, Alessandro Mortarino, Ennio Nonni,Isidoro Parodi, Francesca Patton, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Angelo Porta, Loredana Renaudo, Paolo Rognini, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Alessandro Sbrana, Marzia Spera, Enzo Siviero, Simone Taddei, Francesca Vassallo, Chiara Veronesi, Valeria Zangrandi.
Le fotografie di questo numero Copertina• COPERTINA: Carlo Stanga• EDITORIALE: CNI UNESCO, ITKI UNESCO- Ipogea, Convenzione Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione UNCCD.• ISTANTANEE• PRIMO PIANO: Archivio Biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia.• INIZIATIVE: Biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia, RES TIPICA ANCI, Fondazione Casa natale Enzo Ferrari (Ufficio stampa), FICLU UNESCO, Associazione “Pas de Tor”, Ipogea- ITKI UNESCO, Consulta nazionale della proprietà collettiva, Facoltà Agraria Università di Torino, Osservatorio Europeo del Paesaggio, Co.Svi.G., Lepida SPA.
• SPAZI INNOVATIVI: Archivio Biblioteca Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Archivio Fondazione Guglielmo Marconi, Trentino Network.• EDUCAZIONE SOSTENIBILE: UNESCO DESS. Studio Stanga.• INTERVISTA: Edipress Communications (Archivio)• PAESAGGI DIMENTICATI: Serena Ciabò:• BENI COLLETTIVI: Consulta nazionale della proprietà collettiva.• RICOSTRUZIONE SOLIDALE: : Fondazione MIdA. Salvatore Biazzo, Osservatorio sul Doposisma.• MODELLI DI TERRITORIO: Città di Faenza.• RES TIPICA & DINTORNI: Associazione nazionale Città della Ceramica, Ente Provinciale per il Turismo di Salerno.• COVENANT OF MAYORS: Relazioni esterne Ali Comuni Molisani.• INIZIATIVE SPECIALI: Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili.• SCHEGGE DI FUTURO: Relazione Esterne Autobrennero, Relazioni Esterne Museo Casa Enzo Ferrari, Museo Archeologico dell’Alto Adige (Ufficio Stampa), MUSE – Museo delle Scienze (Fotografo Vuance), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (Fernando Guerra).
Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine.
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Stampa:Società Tipografica Ianni SrlStrada Circonvallazione, 180 - SantenaTel. (+39)011.949.25.80 Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990Copyright Energeo MagazineEdipress Communications S.a.s.Periodico bimestralePoste Italiane SpaSpedizione Postale Dl 353/2003(conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ TorinoAnno VI - N° 4 - Luglio/Agosto 2013Il periodico Energeo Magazine è iscrittonel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843
Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.
ISTANTANEE6 THE LANDSCAPE OF THE CAVES L’impegno dell’UNESCO per tutelare il Paesaggio delle Caverne
PRIMO PIANO8 Il Ministero più povero per il patrimonio più ricco
INIZIATIVE10 Il Ministero delle Utopie Una mostra per ricordare i trent’anni Cinque Anni dopo L’impegno di RES tipica ANCI per i primi 40 anni Insieme, al fianco dell’UNESCO, verso un unico obiettivo Una tappa sui sentieri della spiritualità16 Largo ai giovani, una nuova sfida
SPAZI INNOVATIVI18 Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontano Un progetto senza fili, né barriere Telecom un possibile partner Fare da sé, insieme agli altri Nuova Antologia rende onore a Marconi, Premio Nobel per la fisica nel 1909
EDUCAZIONE SOSTENIBILE24 La settimana DESS UNESCO guarda al futuro con l’ottimismo della volontà25 Settimana UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile Paesaggi di bellezza, ancora un messaggio di speranza
INTERVISTA26 Tutela del paesaggio: occorrono nuovi stimoli Intervista al presidente della CNI UNESCO prof. Giovanni Puglisi 27 Ecomuseo della Judicaria e delle Alpi Ledrensi, presentatala candidatura come Riserva della Biosfera
PAESAGGI DIMENTICATI28 La meraviglia del mandorlo in fiore Una croccante occasione di rilancio Un progetto per far convivere paesaggio, gusto e qualità
BENI COLLETTIVI32 Gli esclusivi luoghi delle Regole per imparare a “possedere” L’aggressione al paesaggio deve finire35 Tante possibilità di condividere un altro modo di possedere36 Gli assetti fondiari collettivi una grande risorsa per il territorio
RICOSTRUZIONE SOLIDALE 38 Quando il rudere diventa una risorsa All’improvviso soffiò una strana bora Il terremoto non è finito, si deve solo non dimenticare Il Parco a ruderi di Auletta Un territorio che rinasce Tutto comincia in una grotta
MODELLI DI TERRITORIO44 Faenza e la ceramica il respiro urbanistico della città
RES TIPICA & DINTORNI46 La terra che si trasforma in opere d’arte Un marchio di qualità tutela l’antica arte della ceramica Il settore guarda al mercato cinese Una legge tutela la ceramica artistica in Italia Le 34 città aderenti all’AICC
COVENANT OF MAYORS52 Il Molise mette le ALI
SINERGIE 56 Co.Svi.G., un alleato affidabile
SCHEGGE DI FUTURO58 Autobrennero, l’arteria dell’Arte e della Cultura Ma perché tanta inventiva? Occorre un gesto coraggioso e proiettato nel futuro62 Cultura in movimento, autostrada che diventa comunicazione ed alleanza Bolzano, il fascino del passato I grandi numeri del MUSE Museo delle Scienze di Trento Il Mart di Rovereto, autentico polo culturale di rilevanza internazionale A Modena il Museo Casa natale Enzo Ferrari racconta la storia di un mito
Nella foto: Il MART di Rovereto è stato realizzato su progetto dell’architetto ticinese Mario Botta, in collaborazione con l’ingegnere roveretano Giulio Andreolli. E’ un museo aperto che promuove nuove idee, incoraggia il dibattito, gli scambi e le collaborazioni.
Copertina: Carlo Stanga
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THE LANDSCAPE OF THE CAVESL’impegno dell’UNESCO per tutelare il Paesaggio delle Caverne L
a foto accanto rappresenta l’ingresso delle Grotte di Pertosa-Auletta, dove, grazie al
lavorio incessante della natura da 35 milioni di anni, è stata creata quella che oggi è
una magica attrazione per migliaia di visitatori. Diversi aspetti suscitano l’interesse
per questo sito: naturalistico, speleologico e archeologico. Il tratto iniziale delle Grotte è
invaso dalle acque del fiume Negro, un fiume proveniente dalle più recondite profondità
che offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca, fino a raggiungere un piccolo
approdo dal quale ci si inoltra nelle viscere della terra immersi in un silenzio magico, laddove
luci ed ombre si incontrano, grazie ad un sistema completamente integrato e innovativo
- il primo di questo genere a livello mondiale che tiene conto della tutela ambientale, il
risparmio energetico e la ricerca scientifica - che alimenta l’impianto di illuminazione a
tecnologia Led. L’ambiente è surreale, cunicoli, gallerie e caverne si aprono dinanzi all’occhio
del visitatore che indugia sulle superfici circostanti scoprendo come gruppi di stalattiti e
stalagmiti si modellano di volta in volta in forme misteriose, cui spesso la fantasia ha asse-
gnato un nome. Questa è una delle tante grotte che ha consentito ad un territorio di rina-
scere, grazie ad un insieme di attività turistiche diversificate e di promozione dello sviluppo
territoriale, promosse dalla Fondazione MIdA (approfondimento a pag. 36), viste dall’UNE-
SCO con la lente di ingrandimento. Rientrano, infatti, tra gli esempi eccellenti che fanno
considerare il “Paesaggio delle caverne” un tema di approfondimento sulle cavità facilmente
accessibile dall’esterno che offrirono riparo ai nostri progenitori, utile per integrare e rin-
forzare azioni condivise per il paesaggio. Se ne parlerà a Matera, nel corso del Convegno
“THE LANDSCAPE OF THE CAVES - The Cut Rock Cities Traditional Knowledge For The
Proper Management of Ecosystems”, organizzato in occasione del 20 anniversario dell’i-
scrizione della “Città dei Sassi” nella World Heritage List UNESCO e per la nomination del
capoluogo lucano come Capitale Europea della Cultura 2019. L’appuntamento è previsto il
21-22-23 novembre 2013. L’incontro servirà come approfondimento ad un ciclo di iniziative,
inserite nel programma “The International Protection of Landscapes”, organizzate dall’U-
NESCO e dall’ITKI, l’organizzazione di Bagno a Ripoli in attesa del riconoscimento ufficiale
UNESCO (dovrebbe essere comunicato a novembre) su cui il governo italiano e la nuova
ambasciatrice UNESCO a Parigi stanno lavorando per individuarla come Istituto UNESCO.
ITKI avrà il compito unico al mondo di inventariare e promuovere le conoscenze tradizionali
e il loro uso innovativo raccogliendole on line in una banca mondiale delle conoscenze (la
Traditional Knowledge World Bank (www.tkwb.org) con un metodo “wiki” e di Istituto
UNESCO sulle conoscenze tradizionali. Continua l’impegno del nostro giornale, che sarà,
anche in questa occasione, media-partner. Alla prima riunione mondiale delle tradizioni e
conoscenze delle città scavate nella pietra ci saranno oltre trenta esperti provenienti da tutti
i continenti, convocati da Francesco Bandarin, assistente del direttore generale Cultura
dell’UNESCO, perché la sfida per difendere il paesaggio (anche quelle delle grotte) è grande.
Sarà coinvolta anche l’Associazione Nazionale Città delle Grotte, aderente a Res Tipica ANCI,
che rappresenta la rete dei comuni nel cui territorio sono presenti cavità naturali sotterranee,
marine o nei fianchi di un monte, tutte da difendere e da promuovere tramite iniziative e
servizi nel campo della tutela, della promozione e dell’informazione ambientale e turistica.
T.R.
Le Grotte di Pertosa-Auletta sono un complesso di cavità carsiche di rilevanza turistica,. Il complesso carsico, il cui ingresso è situato nel comune di Pertosa, si sviluppa nel sottosuolo dei vicini comuni di Auletta e Polla, a 263 m s.l.m., lungo la riva sinistra del fiume Tanagro. Il fiume, chiamato Negro, dà a queste grotte una caratteristica particolare: esse sono infatti le uniche grotte non marine attraversate da un corso d’acqua.
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NO
Nel governo bicolore Moro - La
Malfa, in carica dal dicembre
1974 al gennaio 1976, a Gio-
vanni Spadolini fu affidato un compito
tanto originale quanto necessario:
quello di tenere a battesimo un nuovo
ministero, nato addirittura per decreto,
tale la condizione di “necessità e
urgenza” prevista dalla Costituzione
per il ricorso a questo strumento legi-
slativo: il Ministero per i Beni Culturali
e Ambientali, un’amministrazione auto-
noma, responsabile unica di fronte al
Parlamento, unica interlocutrice per un
nuovo indirizzo globale di protezione
per l’area dei beni culturali e per la
necessaria rifondazione delle leggi di
tutela. Ugo La Malfa, in ottemperanza
ai poteri previsti per il Presidente del
Consiglio, aveva lasciato ad Aldo Moro
la libertà di scelta fra i suoi uomini nella
fase di composizione del governo: e
Moro aveva scelto l’uomo giusto al
posto giusto, quasi a scandire quell’u-
nità di intenti fra mondo della cultura
e pubblica amministrazione che altre
volte non era stato possibile realizzare.
Quel “per”, anziché “dei” beni cultu-
rali e ambientali fu fortemente voluto
da Spadolini, contro ogni tentazione
dirigista, nel rifiuto dei ministeri della
cultura evocanti solo regimi autoritari,
nella volontà di sottolineare la pubblica
fruizione, il servizio reso al godimento
della collettività nazionale. La novità
era anche nell’ associazione della difesa
del patrimonio artistico a quello ambien-
tale e naturale, autentica anticipazione
delle future battaglie in difesa del pae-
saggio. “Non è possibile - così si
espresse il 16 gennaio 1975 durante
il dibattito per la conversione in legge
del decreto istitutivo - oggi pensare ad
un Ministero dei beni culturali come
solo guardiano, vorrei dire antiquariale
del patrimonio artistico, allorché
accanto al bene culturale vero e proprio,
il monumento, il museo, lo scavo, ci
sono continue aggressioni a quella
cornice che non è più soltanto paesi-
stica, ma è naturale e ambientale
insieme ed esige una globale difesa
da parte dello Stato”. Un’idea, quella
della tutela unitaria delle opere d’arte
e del loro contesto storico-ambientale,
già presente nel suo intervento a favore
di opportune misure per la salvaguardia
di Venezia, l’11 ottobre 1972.
“La difesa di Venezia è un tutt’unico
- aveva detto - la città lagunare ha diritto
di essere preservata dal deperimento
musei e nelle gallerie. E poi lo snelli-
mento delle procedure e dei regola-
menti, con la facoltà data ai
Soprintendenti di provvedere diretta-
mente alle esigenze dei singoli com-
plessi eliminando i passaggi e le
formalità burocratiche che fino ad allora
avevano fortemente ritardato le inizia-
tive di tutela, ed ancora il passaggio
degli Archivi di Stato dalle competenze
del Ministero dell’Interno - nella cui
amministrazione occupavano un ruolo
del tutto marginale e riduttivo alle loro
grandi potenzialità - a quelle del nuovo
dicastero, in linea con la concentrazione
delle risorse culturali in senso ampio
in un unico organismo. Tutte scelte
che corrispondevano ad una precisa
filosofia di integrazione fra i vari settori
e le risorse del nostro paese, con la
piena consapevolezza delle grandi
potenzialità economiche che da una
tutela attenta e da una promozione
efficace si potevano trarre.
“I beni culturali - così il 23 gennaio
1975 - devono creare le premesse
perché il turismo funzioni…Questo è
il ministero più povero della Repubblica
per il patrimonio più ricco”.
Pochi i fondi a disposizione, all’inizio
addirittura i ritagli di bilancio della Pub-
blica Istruzione che seguivano il
distacco delle competenti direzioni
generali, ma un grande entusiasmo e
un grande spirito di sacrificio.
Una nuova fase, nella quale i Soprin-
tendenti si sentivano interpreti e testi-
moni della grande svolta in atto. Una
svolta che nelle intenzioni di Spadolini
avrebbe dovuto coinvolgere anche gli
enti locali, lasciando - secondo il dettato
costituzionale - allo Stato la funzione
di guida e di orientamento nella difesa
unitaria del patrimonio e conferendo
alle regioni le competenze sui musei
e le biblioteche locali. Cosimo Ceccuti
nella Galleria Nazionale delle Marche
di Urbino. Tuttavia i risultati concreti
non mancarono: si pensi all’approva-
zione in tempi brevissimi di numerosi
disegni di legge, contro ogni ritmo
abituale e disperante del lavoro parla-
mentare, o al miracolo che portò in soli
quarantuno giorni, fatto senza prece-
denti, alla conversione in legge del
decreto istitutivo del nuovo Ministero.
Fra i provvedimenti fondamentali per
il recupero del patrimonio ed il rilancio
di una politica adeguata ai beni culturali
si possono ricordare la legge che con-
feriva alla Biblioteca Nazionale di Roma
autonomia contabile e amministrativa
e che stanziava 850 milioni di lire per
il suo funzionamento; la legge volta ad
ampliare l’organico dei custodi e delle
guardie notturne nei musei e negli scavi
archeologici, con la delineazione di un
programma da portare a termine in tre
anni per l’installazione di moderni
impianti antifurto e antincendio nei
naturale e dalla mano dell’uomo, di
essere salvata come ambiente ecolo-
gico, come insieme di grandi e piccole
opere, come straordinaria e insostitu-
ibile intelaiatura umana nel complesso
unitario della laguna, che non può
essere colpito in un punto senza essere
vulnerato nella sua superstite totalità”.
Dunque un Ministero “costituente”, il
più possibile sburocratizzato, il più
possibile agile, quasi un’Agenzia in
senso anglosassone, ma impegnato
nello stesso tempo in interventi di
emergenza, in provvedimenti che non
potevano più attendere; tanto da tro-
varsi ad affrontare con mezzi assolu-
tamente inadeguati e sproporzionati i
problemi di ordinaria e spesso straor-
dinaria amministrazione, con un terzo
dei musei chiusi per mancanza di per-
sonale di custodia e con gli altri organici
sguarniti e insufficienti, problemi
emblematicamente acuiti da fatti dram-
matici come il furto del 6 febbraio 1975
Fino a che punto è possibile difendersi non dagli abusi tecnicamente intesi, compiuti cioè in violazione di norme
o di principi generali condivisi, ma da quelli di origine squisitamente “culturale”? Da quelli cioè che, nel formale
rispetto delle regole e del consenso, derivano dal ferale abbraccio, nel nome del cattivo gusto, di un’avventata
committenza, di un’infausta progettazione e di un’ottusa amministrazione? Eppure quarant’anni fa ci fu un
provvedimento urgente: la creazione lampo del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali
Aosta settembre 1986: Giovanni Spadolini Ministro della Difesa con Papa Giovanni Paolo II in visita alla scuola militare, nell’atto di donare al Papa il suo libro “La Firenze di Gino Capponi”. Numerosi sono stati i punti d’incontro fra il Papa e Spadolini, che come Presidente del Consiglio dei Ministri ebbe modo di incontrarlo più volte dopo l’attentato. In particolare la comune passione per la storia del Risorgimento polacco ed italiano.
Prima di assumere le funzioni di responsabile del nuovo dicastero del Governo Italiano preposto alla tutela della cultura e alla conservazione del patrimonio artistico e culturale e dei beni ambientali, Giovanni Spadolini ha dovuto prestare giuramento, nel Salone delle Feste al palazzo del Quirinale, davanti al Presidente della Repubblica Giovanni Leone, secondo la formula rituale. Nella foto: Il sorridente professore fiorentino conversa con Ugo la Malfa e Aldo Moro.
Il Ministero più povero per il patrimonio più riccoNel 1974 Giovanni Spadolini fondò il Ministero per i Beni culturali e ambientali, oggi il Premio dedicato allo statista
fiorentino propone una serie di iniziative speciali da avviare sull’intero territorio nazionale. All’epoca si segnò una
nuova fase, nella quale i Soprintendenti, finalmente esaltati nella fondamentale importanza del loro lavoro, si
sentivano interpreti e testimoni della grande svolta in atto. Una svolta che nelle intenzioni di Spadolini avrebbe
dovuto coinvolgere anche gli enti locali, lasciando - secondo il dettato costituzionale - allo Stato la funzione di
guida e di orientamento nella difesa unitaria del patrimonio e conferendo alle regioni le competenze sui musei e le
biblioteche locali.
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Scrive Giovanna Mencarelli su
Treccani.it, individuando le
Nuove strategie di tutela del
patrimonio culturale e ambientale: “I
beni culturali hanno costituito in Italia
un settore a lungo emarginato e sot-
tovalutato nella politica e nelle scelte
della pubblica amministrazione, nono-
stante l’istituzione (con d.l. 14 dic. 1974
nr. 657, convertito in l. 29 genn. 1975
nr. 5) del Ministero per i Beni culturali
e ambientali, riorganizzato come Mini-
stero per i Beni e le Attività culturali, a
norma dell’art. 11 della l. 59 del 15
marzo 1997, con d. legisl. 20 ott. 1998
nr. 368. Oggetto di esperienze per
l’occupazione giovanile (l. 285 del 1°
giugno 1977), che non hanno però
presentato l’effetto dinamico atteso,
soltanto a partire dagli anni Novanta i
beni culturali hanno registrato un
sempre crescente interesse, che si è
formalizzato in iniziative con intenti di
rinnovamento e di imprenditorialità”.
I beni culturali sono stati al centro dei
dibattiti e delle proposte politiche a
livello nazionale e internazionale, anche
attraverso le grandi mostre, il più delle
volte veri motori di interesse e di con-
senso, offerte al pubblico, per renderlo
consapevole del patrimonio storico
nazionale e competente nella fruizione.
I beni culturali sono stati quindi risco-
perti come settore attivo dell’economia
nazionale, per l’accertata potenzialità
di produrre utili e nuove professionalità,
attraverso l’organizzazione, la promo-
zione e la gestione mirate.
Dopo anni di politica centralizzata e
autofinanziata, lo Stato italiano - riporta
Treccani.it - ha dovuto riflettere sulle
difficoltà di gestione - con appena lo
0,45% dell’intero bilancio nazionale -
del cospicuo patrimonio, composto di
circa 3500 musei, 2099 siti archeologici,
20.000 centri storici, 95.000 chiese,
40.000 rocche, 30.000 dimore storiche,
4000 giardini, 30.000 archivi, 3100
biblioteche; un complesso di beni, tra
cui alcuni settori in crescita, è, a fine
secolo, al centro di un rinnovato inte-
resse scientifico: vanno ricordati i beni
demo antropologici, i beni demo-etno-
antropologici, i beni archeoindustriali
e i beni Ambientali e il Paesaggio.
Questi ultimi, gestiti da un settore del
Ministero, che fa capo all’Ufficio cen-
trale per i Beni ambientali e paesaggi-
stici, costituiscono un patrimonio di
notevole interesse pubblico, già tute-
lato ai sensi della l. 1497 del 29 giugno
1939 e 431 dell’8 agosto 1985. Si tratta,
nel complesso, di beni culturali che
avevano già ottenuto un riconosci-
mento formale “come testimonianze
materiali aventi valore di civiltà”.
Tutto questo fa riflettere alla vigilia del
quarantennale della fondazione degli
attuali dicasteri del Governo Italiano
preposti alla cultura e alla conserva-
zione del patrimonio artistico e per i
beni ambientali, e della ricorrenza del
ventennale della morte dello statista
fiorentino. Da allora ci sono state nume-
rose tappe.
Una mostra per ricordare i trent’anniDieci anni fa Firenze e la Fondazione
Spadolini Nuova Antologia organizza-
rono la mostra “Giovanni Spadolini e
la nascita del ministero dei Beni cultu-
rali e ambientali” presso la biblioteca
della Fondazione in via Pian de’ Giullari
36/a, dai contenuti esclusivi: vicende
testimoniate da immagini, documenti
e ritagli di stampa, tratti dall’ archivio
inedito dello statista repubblicano. “Fu
ricostruito il clima di quegli anni - ricorda
il presidente della Fondazione Spado-
lini Nuova Antologia, Cosimo Ceccuti
- caratterizzati da un allarmante degrado
del patrimonio artistico e culturale.
Il governo Moro-La Malfa, un bicolore
Dc-Pri nato nel novembre 1974, fu un
estremo tentativo di rivitalizzare il cen-
trosinistra. E anche per questo il pre-
mier democristiano volle al suo fianco
Spadolini, che da direttore del Corriere
lo aveva sostenuto in momenti difficili.
Prima divenne ministro senza portafo-
glio, poi, istituito il dicastero, assunse
la pienezza delle funzioni”.
Fu allora che Moro gli inviò una lettera,
rimasta finora inedita, nella quale auspi-
cava che la creazione del ministero
potesse “valere, almeno in prospettiva,
a realizzare un accostamento e una
compenetrazione tra mondo politico e
mondo della cultura, che non possono,
l’uno e l’altro, essere veri e attuali senza
una profonda interazione”. Parole nelle
quali senza dubbio Spadolini si ricono-
sceva appieno, rilevò sul Corriere il
saggista Antonio Carioti, già collabora-
tore della Voce Repubblicana. “Come
diceva Mario Pannunzio - ricorda Cec-
cuti - Spadolini era un intellettuale
intero, cioè conduceva le stesse bat-
taglie da storico, da giornalista, da
parlamentare e da uomo di governo.
Direttore a via Solferino, nel 1969 aveva
inviato Indro Montanelli a Venezia,
affinché svolgesse un’ inchiesta sulla
situazione drammatica della città lagu-
nare, tanto che si beccarono entrambi
una querela dal sindaco”.
E proprio a Venezia fu dedicato il suo
primo discorso in Senato come ricor-
diamo a pag. 8. “Più tardi, - continua
a raccontare il Presidente della Fonda-
zione Spadolini Nuova Antologia - da
ministro, Spadolini si recò a Caprera,
per evidenziare lo stato di abbandono
in cui si trovava la tomba di Garibaldi.
Nella sua visione, le attività di denuncia
Il “bene pubblico” diventa nel 1909 una fattispecie giuridica. Nel 1974 Giovanni Spadolini fonda il Ministero
per i Beni culturali e ambientali. Oggi il Premio a lui dedicato propone una serie di iniziative finalizzate a diffondere
una cultura per la valorizzazione del patrimonio artistico e dei beni ambientali
Milano 1970, Giovanni Spadolini, allora Direttore del “Corriere della Sera” con Indro Montanelli, la firma più prestigiosa del suo Corriere. (Spadolini e Montanelli escono dal Tribunale di Milano dove Spadolini aveva difeso una serie di pungenti articoli denuncia di Montanelli sul degrado di Venezia causato dall’insediamento industriale, per i quali il Direttore e l’inviato speciale avevano ricevuto una querela per diffamazione, caduta nel nulla).
Firenze, Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, dicembre 1975, Giovanni Spadolini accompagnato da alte cariche cittadine si intrattiene con Renato Guttuso in occasione della mostra delle sue opere.
Firenze, primavera 1974, Giovanni Spadolini con Giorgio La Pira all’inaugurazione di un evento culturale cittadino.
Il Ministero delle UtopieA quarant’anni dall’Istituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, riparte una nuova azione capillare per
tracciare “una mappa dei bisogni” del patrimonio storico e culturale e dei beni ambientali, sotto il segno di Giovanni
Spadolini. Per la circostanza è stato allertato, con la collaborazione di Res Tipica e altre organizzazioni locali, un
autentico esercito di tutte le forze vive della cultura e della società per riscoprire, monitorare e promuovere azioni
di tutela e di salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale, archeologico, storico, urbanistico, architettonico del
nostro Paese.
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Il Ministero delle Utopie
e di governo erano indissolubilmente
congiunte”.
Cinque anni dopoAltra tappa, cinque anni dopo, per
affrontare queste tematiche. I 35 anni
del Dicastero vennero ricordati da Cri-
stina Manetti su il Giornale, la quale
rilevò come la protezione dei beni
culturali fosse una parabola che ha
radici lontane. Era stato Ruggero
Bonghi, ministro della Pubblica istru-
zione nel pieno autunno della Destra
storica a volere una direzione generale
che avviasse la prima embrionale
azione di tutela dei beni artistici e arche-
ologici dell’Italia unita. Ma il momento
di svolta che portò al passaggio dal
grande recipiente della Pubblica istru-
zione alla formazione autonoma di un
Dicastero dei Beni culturali fu con
Giovanni Spadolini primo Ministro dei
Beni culturali e ambientali della storia
d’Italia. Quello il momento, quella la
fase di fondazione e articolazione di un
nuovo Ministero. E fu proprio Spadolini
il protagonista dell’esperienza costi-
tuente nell’ambito del bicolore Moro-La
Malfa. Un momento importante della
storia politica e sociale italiana.
La situazione era ai limiti dell’emer-
genza. La svolta rischiava di diventare
un sogno non realizzato. Il quotidiano
di via Negri sottolineò come la prima
intuizione del bene artistico inteso
come “bene pubblico”, da tutelare
secondo le leggi dello Stato e non
secondo gli arbitri dei privati, rimonta
all’età giolittiana. Avvenne infatti negli
anni fra il 1902 e il 1909 la vera rivolu-
zione che portò agli strumenti legisla-
tivi di tutela che ancora mancavano.
Il “bene pubblico” diventò, un secolo
fa (1909), una fattispecie giuridica.
L’immenso e sconosciuto patrimonio
di beni d’arte disseminati nel territorio
dello Stato venne quindi automatica-
mente inglobato in questo concetto
nascente, in una specie che trovava
così una disciplina legislativa di controlli,
di denunce, di schedature, di vigilanza,
di alienazioni. La creazione del mini-
stero aveva l’aspirazione di “realizzare
una compenetrazione tra mondo poli-
tico e mondo della cultura, che non
possono, l’uno e l’altro, essere veri
senza una profonda interazione”.
Parole nelle quali Spadolini, che si
definiva Ministro dell’utopia, si ricono-
sceva, tanto che uno dei suoi meriti fu
certo quello di aver coinvolto l’opinione
pubblica facendo dei Beni culturali un
grande tema di discussione.
L’impegno di RES tipica ANCI per i primi 40 AnniLa discussione continua ancora oggi,
in un momento difficile per il Paese.
Ancora una volta si coinvolge l’opi-
nione pubblica per cercare il patrimo-
nio nascosto, dimenticato o
semplicemente mal utilizzato: la leva
con cui risollevare il Paese. Occorrono
interventi concreti e scelte precise,
trovare inequivocabili risposte a spe-
cifiche domande. La Fondazione
Spadolini Nuova Antologia, la Fonda-
zione Casa di Enzo Ferrari-Museo
(diretta da Adriana Zini), e la Fonda-
zione Guglielmo Marconi, attraverso
il Premio Eco and the City e con la
collaborazione di Energeo Magazine,
intendono avviare un pacchetto di
iniziative speciali (www.ecoandthe-
city.it), allertando un autentico eser-
cito di tutte le forze vive della cultura
e della società, quelle indicate, a suo
tempo, dallo statista fiorentino. Res
Tipica ANCI farà da apripista al pro-
getto per riscoprire, monitorare e
promuovere azioni di tutela e di sal-
vaguardia del patrimonio ambientale,
culturale, archeologico, storico, urba-
nistico, architettonico del nostro
Paese, con l’obiettivo di diffondere
una cultura per il mantenimento del
decoro urbano e la valorizzazione dei
Beni Culturali ed ambientali, intesi
come patrimonio comune. E’ prevista
un’azione di aggregazione partendo
dal basso verso l’alto, come indica
l’UNESCO, per incoraggiare pro-
grammi di partecipazione insieme ad
interventi basati sulla conoscenza
locale. Il progetto sarà presentato a
Roma, il 9 ottobre prossimo, nella
sede prestigiosa dell’ANCI (Associa-
zione Nazionale Comuni d’Italia), in
via dei Prefetti, ospiti dell’Associa-
zione di Identità Res Tipica, creata
dall’ANCI nel 2003 per promuovere
in Italia e nel mondo le identità terri-
toriali. “Ci è sembrata doverosa
questa collaborazione, che si inseri-
sce a pieno titolo nel programma
del nostro Manifesto dei valori -
spiega Fabrizio Montepara, presi-
dente di RES Tipica ANCI - Per
raggiungere questi nuovi obiettivi
dobbiamo garantire una possibilità
di comunicazione unitaria al progetto
da parte di tutte le Associazioni ade-
renti a RES tipica”.
L’Associazione oggi riunisce 27 Asso-
ciazioni di Identità, 1.885 Comuni, 8
Unioni di Comuni, 38 Province, 2
Regioni, 37 Comunità Montane, 8
Enti Parco, 9 Strade del Vino, 14
Camere di Commercio, per un totale
di oltre 2000 Enti locali. Il network,
rivolto principalmente ai Comuni di
piccole e medie dimensioni, intende
preservare e favorire l’immenso patri-
monio che incorpora i saperi delle
comunità, le caratteristiche dell’am-
biente e le produzioni tipiche, trasformando questo grande capitale culturale
e sociale in qualità della vita per chi in quei luoghi risiede, anche solo tem-
poraneamente, e in occasioni di sviluppo sociale ed economico rispettoso
dei valori e della cultura locale.
Insieme, al fianco dell’ UNESCO, verso un unico obiettivoL’azione continuerà anche nei prossimi mesi, per salvaguardare la diversità
e il patrimonio materiale e immateriale, coinvolgendo la Federazione Italiana
Club e Centri UNESCO, completamente rinnovata nei vertici e nei programmi
avviati, comunque, in sinergia con la Commissione Nazionale UNESCO,
come il progetto per il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile
(DESS) 2013. “Tra gli obiettivi - spiega il presidente della FICLU Adriano
Ritacco - la valorizzazione e l’adozione di quei luoghi intesi come patrimonio
comune, ma anche della tutela dei borghi arroccati, affascinanti, inseriti in
paesaggi di aspra bellezza, pieni di mistero e di storia, oggi completamente
abbandonati, un tempo antichi custodi di un bene storico-culturale, testimo-
nianza del tempo e memoria storica degli stessi borghi, poi diventati paesi
fantasma”. L’iniziativa è rivolta a quanti hanno a cuore i valori della salva-
guardia e della tutela del patrimonio culturale, soprattutto quello considerato
“minore”, la cui funzione oscilla in continuo tra quella di deposito passivo
della memoria storica e dell’identità culturale e quella, opposta, di potente
stimolo per la creatività del presente e la costruzione del futuro. Le porte
sono aperte a tutte le realtà che esprimono la loro profonda preoccupazione
per l’abbandono del patrimonio locale e il degrado del paesaggio a causa
della rapida urbanizzazione, l’industrializzazione e altri rischi e minacce cau-
sati da motivi incomprensibili che hanno raccolto la possibile sfida di moni-
torare l’Italia che scompare. Il modello da replicare potrebbe essere quello
adottato dall’Associazione “Pas de Tor” che ha progettato, organizzato,
gestito e promosso, con la partecipazione ed il sostegno delle Amministra-
zioni Pubbliche e del Privato, diversi progetti ed iniziative a valorizzare la
Sulla scia dell’impegno del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Giovanni Spadolini
Fabrizio Montepara Adriano Ritacco Adriana ZiniCosimo Ceccuti Lorella Maria Teresa de Marco
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Il Ministero delle Utopie
regione Friuli, la Provincia di Udine
ed in particolar modo la bassa Friu-
lana puntando anche all’Internazio-
nalità. Le attività partono da una
ricerca archeologica, storica, culturale
e produttiva del territorio studiandone
le varie possibilità di valorizzazione
e promozione. “Il percorso - spiega
Lorella Maria Teresa de Marco, pre-
sidente dell’Associazione - è iniziato
con l’archeologia, che rappresenta il
tempo di ieri, per arrivare ad oggi
utilizzando quello strumento indi-
spensabile che è la storia”. “Tutti i
progetti - precisa - vengono sviluppati
in collaborazione con Atenei, Musei,
Scuole, Enti Territoriali, Associazioni
e Privati. L’intento è conoscere per
conservare e valorizzare la storia e
promuovere nuove forme di econo-
mia capaci di auto sostenersi”. Un’al-
leanza per quanto riguarda la sezione
speciale “Alla ricerca del Paesaggio
perduto” che si ispira alla Dichiara-
zione UNESCO sul paesaggio - lo
strumento solenne e formale enun-
ciato a Firenze, il 21 settembre 2012,
in occasione del “The International
Protection of Landscapes”, organiz-
zato da Pietro Laureano - è stata fatta
con la Consulta nazionale della pro-
prietà collettiva, presieduta da
Michele Filippini, per far conoscere
il variegato mondo di questa antica
concezione della appartenenza: il
fenomeno dei beni collettivi, inteso
come modello di una nuova economia
partecipata e solidaristica, rispettosa
dei territori e dell’ambiente, radicata
nel sentire comune e nelle popola-
zioni. La Consulta si propone di risco-
prire questi luoghi per fare un tuffo
nella natura con l’obiettivo di promuo-
vere iniziative di valorizzazione delle
aree e dei patrimoni immateriali
(conoscenze, tradizioni, storia, ecc.)
che fanno parte della proprietà col-
lettiva, recuperando una nozione di
patrimonio che, in questi ultimi anni,
si è offuscata, ma che può ancora
rappresentare un’idea di economia
a misura d’uomo. Oggi che si mani-
festa un rinnovato interesse sul pro-
gramma MAB UNESCO “Man and
Biosphere Programme” (MAB, 1974),
perfettamente allineato con le politi-
che unescane (tantissime realtà locali
desiderano avviare la complessa
istruttoria relativa alla candidatura),
si vogliono coinvolgere, le comunità
e le parti interessate ad una visione
comune per lo sviluppo sostenibile
attraverso l’utilizzo della riserva della
biosfera come una piattaforma per il
dialogo e la partecipazione. In altre
parole si tratta di dare armonia ad
una serie di iniziative individuate sul
territorio, alla vigilia di una ricorrenza
così significativa, con progettualità e
concretezza, passione ed impegno
costante. A tale scopo dovranno
essere utilizzati corsi collettivi di
lezioni, sull’esempio del Piemonte e
del Veneto, su come “Osservare il
Paesaggio”, organizzati dal Coordi-
namento degli Osservatori del Pae-
un sentiero di particolare interesse
naturalistico, storico e religioso al
beato Frassati, il giovane torinese
che “amava la montagna e la sentiva
come una cosa grande, un mezzo di
elevazione dello spirito, una palestra
dove si tempra l’anima e il corpo”,
promosso dalla Sezione di Salerno
del CAI, con il motto “ Per incontrare
Dio nel creato”. In quest’anno spe-
ciale i territori di natura vulcanica si
stanno organizzando in un’Associa-
zione di Identità Res Tipica “Terre dal
cuore caldo”, che dovrà aderire a
Res Tipica ANCI. L’iniziativa rappre-
senta uno dei progetti esclusivi avviati
dal Premio Eco and the City, costan-
temente impegnato nella costruzione
di una rete di relazioni (anche inter-
nazionali), tramite la creazione di
nuovi percorsi, ricchi di contenuti e
di valori, legati al territorio. La ricerca
punta sul fatto che queste terre dalla
natura vulcanica anche quando oggi
è irriconoscibile, apprezzati fin dai
tempi dei romani e degli etruschi,
rappresentano una preziosa peculia-
rità naturalistica della penisola in virtù
dei paesaggi magnifici e surreali:
campi di lava, fumarole, soffioni di
vapore, mofete, sinkhole.
saggio Europei (in Italia sono una
ventina) i quali recentemente hanno
espresso il pieno convincimento
sull’importanza degli Osservatori del
Paesaggio per una piena applicazione
della Convenzione Europea del Pae-
saggio. “Il progetto - spiega il coordi-
natore Marco Devecchi - prevede
l’elaborazione di un testo riepilogativo
che tiene conto degli auspici espressi
dal Consiglio d’Europa per una diffusa
attivazione di Osservatori del Paesag-
gio e dei Centri di ricerca sul paesag-
gio in tutto il contesto europeo”.
Una tappa sui sentieri della spiritualità“Sulla stessa direzione potranno
essere organizzate gite sui sentieri
della spiritualità dedicati dal CAI a
Pier Giorgio Frassati, figlio di Alfredo,
fondatore della Stampa, il beato pie-
montese amante della montagna,
scomparso nel 1925 a soli 24 anni”
- suggerisce l’Avv. Angelo Paladino,
Presidente dell’Osservatorio Europeo
del Paesaggio, con sede a Padula,
partner dell’intero progetto. L’inizia-
tiva partirà da Sala Consilina, località
del salernitano che lanciò il progetto
di intitolare in ogni regione d’Italia
“Il progetto, senza scopi di lucro,-
spiega Sergio Chiacchella, direttore
generale del Co.Svi.G. - è finalizzato
alla promozione e valorizzazione di
queste terre, ricollegando espe-
rienze, culture e risorse, stimolando
azioni per la salvaguardia e la quali-
ficazione: una sfida che non può
prescindere dal coinvolgimento e
dalla sensibilizzazione delle popola-
zioni locali”. L’iniziativa sarà utilizzata
per riconoscere le tappe evolutive
della storia del nostro pianeta “scritte
nelle sue profondità e sulla sua super-
ficie, nelle rocce e nel paesaggio”
(Dichiarazione Internazionale della
Memoria della Terra, 1991), avviando
una ricerca sulla fenomenologia del
territorio come campo d’indagine e
conoscenza. Non poteva mancare
nel fitto programma una quarta ini-
ziativa speciale per vivere il presente
immaginando futuro. Il Premio, attra-
verso il progetto Community Net-
work Guglielmo Marconi, intende
perseguire la teoria che occorre
tenere conto del nostro glorioso
passato guardando al futuro per raf-
forzare il ruolo delle città come motori
dell’innovazione.
“Guardiamo con estremo interesse
allo sviluppo di questa iniziativa -
spiega il professor Gianluca Mazzini,
direttore di Lepida Spa che ha con-
tribuito alla realizzazione dell’innova-
tivo progetto - in particolare vogliamo
considerare il “Living lab”, definito
il laboratorio vivente, un modello utile
a sostenere la domanda di mobilità
sociale da parte dei settori più deboli
della popolazione, soprattutto anziani
e disabili che per motivi di salute
debbono spostarsi sul territorio e
favorire una mobilità che migliori la
vita sociale”. In effetti, il concetto di
“Living Lab” è un nuovo approccio
nelle attività di ricerca che consente
agli utilizzatori - rappresentati dagli
stessi abitanti di un’intera cittadina
o di una zona - di collaborare con i
progettisti nello sviluppo e nella spe-
rimentazione dei nuovi prodotti ad
essi destinati. I Living Lab, come è
stato sperimentato in alcune realtà,
stimolano l’innovazione in quanto
trasferiscono la ricerca dai laboratori
verso contesti di vita reale dove i
cittadini e gli utenti diventano essi
stessi “co-sviluppatori”. Insomma,
un progetto destinato a crescere per
costruire una rete di Comunità senza
fili né barriere, destinata a seminare
il concetto di innovazione applicata
al territorio. Comunità che sono
autentici giacimenti di identità cultu-
rale in cui possiamo leggere le tracce
di quei racconti e di quelle memorie
che costituiscono il fondamento
dell’appartenenza ad un luogo. Ecco
perché, a quarant’anni dall’Istituzione
del Ministero per i Beni Culturali e
Ambientali, riparte una nuova azione
capillare per tracciare “una mappa
dei bisogni” del patrimonio storico
e culturale e dei beni ambientali, sotto
il segno di Giovanni Spadolini. E’
questa la sfida possibile. T.R.
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Sulla scia dell’impegno del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Giovanni Spadolini
Angelo PaladinoMichele Filippini Sergio Chiacchella
Gianluca Mazzini
Marco De VecchiPietro Laureano
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ERSA
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Il Professor Giovanni Spadolini cre-
deva fortemente nei giovani, con-
vinto che il futuro di ogni Paese
fosse necessariamente affidato alla
cultura, la formazione, la creatività
innovativa delle nuove generazioni.
Il Premio a lui dedicato sente il dovere
di andare alla scoperta dei tanti giovani
di talento, ricercatori sovente non valo-
rizzati, al contrario sottoccupati, spesso
costretti a trovare miglior fortuna all’e-
stero. Le loro intuizioni, la loro genialità
sono il vero motore della rinascita del
nostro Paese, ricerca e innovazione
sono l’unico futuro possibile. L’alter-
nativa inesorabile è il declino. Il Premio
vuole denunciare il dramma nazionale
della fuga dei nostri cervelli migliori,
vera e propria nuova ondata di emigra-
zione intellettuale, dando a questi gio-
vani visibilità, riconoscimento e dignità.
Occorre che l’Italia diventi un’officina
all’avanguardia in fatto di green eco-
nomy, innovazione e ricerca. La cen-
tralità del capitale umano appare
evidente. Il Premio andrà alla scoperta
di casi paradigmatici in tema di creati-
vità nel campo dell’economia sosteni-
bile, unica possibile leva strategica per
affrontare la recessione e aumentare
la propria competitività sul mercato
globale. La crisi ha evidenziato la fra-
gilità di modelli di sviluppo lontani dalle
dinamiche e dalle vocazioni dei territori.
Non dimentichiamo che i dati relativi
all’imprenditoria giovanile risultano
essere il tallone d’Achille del Paese.
L’eccessiva mole di carico burocratico,
insieme alle difficoltà di accesso al
credito pesano come zavorre sulla
possibilità di intraprendere delle nuove
generazioni. Coniugando qualità, inno-
vazione e territorio con la sostenibilità,
si possono trovare le energie e i talenti
per affrontare le sfide che abbiamo di
fronte e guardare con più fiducia al
futuro. A partire dalle esperienze che
racconteremo in questo viaggio stra-
ordinario. La nostra ricerca dimostrerà,
con esempi concreti, che esistono reali
spazi di sviluppo se si punta sulle nuove
generazioni di ricercatori, sulla genialità
italiana, sulla voglia di mettersi in gioco
dei nuovi imprenditori, sulle caratteri-
stiche locali e sulla sostenibilità ambien-
tale. Si tratta di credere fortemente nel
valore, anche strategico, di un approc-
cio sostenibile. Il Premio intende pro-
muovere una politica di sensibilizzazione
al problema della mancata valorizza-
zione dei giovani ricercatori italiani nel
campo dell’economia sostenibile, figli
del proprio territorio e portatori del
diritto di creare ricchezza e sviluppo
nel loro paese. Infondere fiducia e
visione di futuro convinti che innova-
zione, produttività e cultura siano intrin-
secamente correlati. Pierpaolo Bo
La frenetica attesa delle nuove generazioni.
Largo ai giovani, una nuova sfidaAlla scoperta di giovani talenti nel mondo della ricerca e dell’impresa nel campo della green economy. La crisi ha
evidenziato la fragilità di modelli di sviluppo lontani dalle dinamiche e dalle vocazioni dei territori.
Occorre che l’Italia diventi un’officina all’avanguardia in fatto di green economy, innovazione e ricerca
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L’ iniziativa che stiamo per rac-
contare muove da lontano, quasi
per sottolineare il nesso inscin-
dibile esistente fra il risveglio culturale
e civile promosso da Nuova Antologia,
aperta all’emancipazione e al pro-
gresso, e il Premio Eco and the City
Giovanni Spadolini che rappresenta
una macchina in continuo movimento
abituata a sbirciare nell’attualità e nelle
trasformazioni sostenibili dei territori.
Senza dimenticare l’epopea leggenda-
ria che rivive nelle pagine ingiallite
dell’Antologia di Capponi e di Vieus-
seux, come di recente ha ricordato
Giovanni Puglisi, presidente della Com-
missione nazionale italiana per l’UNE-
SCO, inaugurando nel novembre del
2010, la mostra documentaria su ‘’L’I-
talia fra politica e cultura nelle pagine
di Nuova Antologia’’, che si è tenuta
a Firenze, nella sede della Biblioteca
della Fondazione Spadolini (via Pian dei
Giullari 36/a), per i 145 anni di pubbli-
cazioni ininterrotte della prestigiosa
testata: il professor Puglisi, ripercor-
rendo la vicenda culturale, politica e
civile della nazione in un secolo e mezzo
di storia, attraverso gli autori più pre-
stigiosi nelle lettere, nelle scienze e
nelle arti e il dibattito che nelle varie
epoche ha caratterizzato la crescita
della società italiana ha voluto ricordare,
in quella occasione, il rilievo avuto dal
periodico nel panorama nazionale ed
europeo. In particolare, il Presidente
della Commissione Nazionale italiana
per l’UNESCO, ha sottolineato come
fra gli autorevoli collaboratori di riferi-
mento di “Nuova Antologia” in questi
centocinquant’anni figura con i suoi
scritti Guglielmo Marconi. Il Premio
Nobel affidò alla rivista di scienze,
lettere ed arti Nuova Antologia, nel
novembre del 1926, le fondamentali
riflessioni su “le radiocomunicazioni a
fascio”, e nel gennaio del 1933 quelle
egualmente fondamentali su “Radio-
comunicazione ad onde cortissime”.
Partiamo da Nuova Antologia, la rivista
più antica d’Italia, fondata a Firenze nel
1866 e a lungo guidata da Spadolini.
Nel corso degli anni sulle pagine della
Nuova Antologia sono comparsi i nomi
più importanti della letteratura, della
scienza e della poesia italiana, come
ricorda il professor Cosimo Ceccuti,
attuale direttore della rivista.
Un progetto senza fili, né barriereA Villa Griffone, a Pontecchio sulle
colline bolognesi, è nata un’importante
intesa che vede protagonisti la storica
rivista fiorentina e Trentino Network.
Si tratta di promuovere una nuova
iniziativa, la “Community Network
Guglielmo Marconi”, una comunità
senza fili né barriere. Un progetto ambi-
zioso fortemente voluto da Alessandro
Zorer, amministratore delegato di Tren-
tino Network, manager trentino
moderno e innovativo. Se ne parlerà
ufficialmente il 26 settembre prossimo,
nella Sala della Provincia Autonoma di
Trento, affrescata dal pittore futurista
Fortunato Depero, a Trento, in occa-
sione della tappa del check-up digitale,
promosso da Telecom Italia , un report
in grado di fotografare l’attuale situa-
zione del paese di fronte ad alcune
delle principali sfide che la pubblica
parallele. Il report è denominato “Italia
connessa - Agende Digitali Regionali”
ed è stato pensato espressamente per
fungere da stimolo e da guida per
coloro i quali hanno la responsabilità
dell’amministrazione della cosa pub-
blica. Per molti versi si tratta di una
sorta di federalismo applicato all’A-
genda Digitale, un modo per identificare
responsabilità e necessità locali nella
convinzione per cui sia possibile agire
anzitutto dal basso per arrivare ad
obiettivi di ispirazione nazionale.
Il potere in mano alle regioni è del resto
sempre più ampio e un’azione di questo
tipo può dunque trovare motivi validi
per essere portata avanti attraverso un
dialogo diretto con i singoli governatori,
come conferma Oscar Cicchetti, Diret-
tore Strategy di Telecom Italia. “Tele-
com Italia - dice - vuole contribuire in
modo concreto ad accelerare il pro-
cesso di digitalizzazione del Paese,
coerentemente con gli obiettivi indicati
dall’Agenda Digitale. Siamo convinti
che ciascuna Regione debba costruire
la propria Agenda Digitale, partendo
dalla piena consapevolezza delle proprie
eccellenze e dei propri ritardi.
amministrazione si trova di fronte al
cospetto dell’innovazione. Un report
che, spera il gruppo, sappia smuovere
la pulsione ad agire per dar vita ad
agende digitali su base regionale,
basate sulle singole necessità e pen-
sate per coprire le falle di un sistema
che misura un costante ritardo rispetto
all’Europa.
Telecom un possibile partnerLe due iniziative viaggiano su strade
Il progetto è stato promosso dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, la Fondazione Guglielmo Marconi,
Trentino Network, Lepida Spa e Co.Svi.G.
Lo scienziato Berners-Lee, l’inventore di internet insieme ad Alessandro Zorer, amministratore delegato di Trentino Network. Nuova Antologia, la rivista più antica d’Italia, fondata a Firenze nel 1866 e a lungo guidata da Spadolini (foto piccola), ebbe fra gli autorevoli collaboratori Guglielmo Marconi. Il Premio Nobel affidò alla rivista di scienze, lettere ed arti, nel novembre del 1926, le fondamentali riflessioni su “le radiocomunicazioni a fascio”, e nel gennaio del 1933 quelle egualmente fondamentali su “Radio-comunicazione ad onde cortissime”.
Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontanoLa Fondazione Spadolini Nuova Antologia, avendo stretto una preziosa alleanza con Fondazione Guglielmo Marconi,
vuole in questo modo ricordare il Premio Nobel. Guglielmo Marconi, che faceva parte del Comitato di direzione
della Nuova Antologia, volle che il giorno stesso nel quale egli, innanzi agli Augusti Sovrani ed agli altri Alti Ufficiali
dello Stato, parlò all’Augusteo della sua meravigliosa scoperta, il testo della sua conferenza venisse pubblicato
dalla Nuova Antologia, rivista di Lettere, Scienze ed Arti, che si onora di annoverarlo fra i collaboratori più illustri.
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Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontano
Guglielmo Marconi inventò un efficace sistema di comunicazione con telegrafia senza fili via onde radio che ottenne notevole diffusione: la sua evoluzione portò allo sviluppo dei moderni metodi di telecomunicazioni come la radio, la televisione e in generale tutti i sistemi che utilizzano le comunicazioni senza fili.
Una vista dell’alto di Villa Griffone, la casa paterna di Marconi, meta di grande interesse per un vasto pubblico. All’interno del parco, luogo di origine delle radiocomunicazioni, è stato costruito il Mausoleo dove riposano Guglielmo Marconi e la moglie Marchesa Maria Cristina.
“Italia Connessa” fornisce un quadro
di riferimento e Telecom Italia intende
proporsi alle Regioni come un partner
credibile per lo sviluppo delle infrastrut-
ture e dei servizi”.
Alessandro Zorer ci mostra il progetto,
tracciato a grandi linee, nella nuova
sede di Trentino Network, in via Gio-
vanni Pedrotti, sulle rive dell’Adige, al
cospetto delle montagne che sovra-
stano il capoluogo della Provincia Auto-
noma. La struttura sarà inaugurata,
ufficialmente nella stessa occasione.
Zorer gongola per questa proposta
innovativa, avviata in contemporanea
alla partnership con il Premio Eco and
the City e che decollerà definitivamente
il 9 ottobre prossimo a Roma, in occa-
sione della presentazione del pro-
gramma della Fondazione Spadolini
Nuova Antologia, dedicato al quaran-
tennale della fondazione degli attuali
dicasteri del Governo Italiano preposti
alla cultura e alla conservazione del
patrimonio artistico e i beni ambientali.
Nella stessa data si commemorerà il
ventennale della morte dello statista
fiorentino. Ci saranno diverse iniziative
abbinate al Premio, avviate in sinergia
con importanti istituzioni come Res
Tipica ANCI e ITKI UNESCO e altri
partners. “Il nostro progetto prende
spunto dal significato di “cos’è l’auto-
nomia“ che così viene sintetizzato:
fare da sé, insieme agli altri. - dice
Zorer - Insieme alla Fondazione Spa-
dolini Nuova Antologia abbiamo coin-
volto Lepida Spa (sviluppo di servizi
innovativi in Emilia e la relativa integra-
zione nella rete Lepida), la Fondazione
Guglielmo Marconi e la struttura del
Co.Svi.G. (Consorzio per lo Sviluppo
per le Aree Geotermiche), che dovrà
occuparsi della ricerca e delle tecnolo-
gie emergenti legate allo sviluppo della
geotermia.”
Fare da sé, insieme agli altri La futura Community Network
Guglielmo Marconi ha, infatti, l’obiettivo
di estendere il proprio raggio d’azione
anche in altre regioni su cui fondare i
futuri progetti in materia di infrastrut-
ture e piattaforme, puntando sullo
sviluppo di servizi innovativi e di scam-
bio con altre strutture nel sistema
pubblico e privato. Si sta lavorando in
una logica di coordinamento e sussi-
diarietà al fine di promuovere la banda
larga e nuove tecnologie laddove
queste non siano presenti.
La strategia prevede di realizzare il
maggior numero possibile di sinergie
con gli operatori che agiscono sul ter-
ritorio, anche mettendo a disposizione
infrastrutture tecnologiche per facilitare
gli operatori stessi. In tal modo si
vogliono mettere insieme partners
promotori (si darà spazio anche ai part-
ners sostenitori) che ricoprono un ruolo
sul territorio, pronti a sviluppare colla-
borazioni. Iniziative che coniugano gli
aspetti ambientali e di sostenibilità,
elementi cruciali di identificazione e di
valorizzazione dei territori.
“Quest’iniziativa doveva per forza par-
tire dalla zona collinare dell’Appennino
bolognese, compresa tra la bassa valle
del fiume Reno, - spiega Zorer - nel cui
territorio, compreso tra la bassa valle
del fiume Reno, venne sviluppato per
primo dal premio Nobel Guglielmo
Marconi (a cui è dedicata la Community
Network), un efficace sistema di comu-
nicazione con telegrafia senza fili via
onde radio che ottenne notevole dif-
fusione: la sua evoluzione portò allo
sviluppo dei moderni metodi di teleco-
municazioni come la radio, la televi-
sione e in generale tutti i sistemi che
utilizzano le comunicazioni senza fili”.
In questi luoghi, a Pontecchio, si trova
la casa paterna di Marconi, Villa Grif-
fone, meta di grande interesse per un
vasto pubblico, destinata a diventare
baricentro delle attività di progetti locali
e delle iniziative avviate per promuo-
vere la futura Community Network
Guglielmo Marconi, che ha l’obiettivo
ambizioso di diventare un polmone di
“cultura dell’innovazione”, stabilendo
un legame ideale e scientifico, tramite
le onde millimetriche, che costituirono
gli ultimi argomenti su cui Marconi
pose la sua attenzione.
All’interno dello storico edificio, luogo
di origine delle radiocomunicazioni,
dove si respira l’atmosfera della leg-
genda (nel Mausoleo riposano
Guglielmo Marconi e la moglie Mar-
chesa Maria Cristina), è presente anche
un Centro di ricerca dove operano
specialisti della Fondazione Ugo Bor-
doni, dell’Università di Bologna e della
stessa Fondazione Marconi, le cui atti-
vità comprendono tre differenti aree:
storia, ricerca, formazione.
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Nasce la Community Network Guglielmo Marconi, una storia che parte da lontano
Nuova Antologia rende onore a Marconi, Premio Nobel per la fisica nel 1909Il Presidente della Fondazione
Guglielmo Marconi, Professor, racconta
come alla morte di Marconi un anonimo
scrisse su “Nuova Antologia”: “Mar-
coni ha dato agli uomini un nuovo modo
di conoscersi, di aiutarsi, di amarsi,
quale nessun poeta o scienziato aveva
mai immaginato. Il dominio spirituale
di ciascuno non si restringe, ma può
diventare più grande. Gli uomini hanno
possibilità enormemente maggiori di
prima nella loro vita individuale e in
quella collettiva. E non occorre essere
poeti o scienziati per sentire, compren-
dere ciò”. Poi conclude: ”Gli umili
hanno pianto Marconi, si sono anch’essi
esaltati al pensiero del suo genio.
E per tutti, e anche per loro, in Italia e
in tutti i continenti, la luce di questo
grande spirito italiano continuerà ad
illuminare la via maestra della civiltà e
a consolare coloro che hanno fede nel
destino degli uomini”. Guglielmo Mar-
coni, che faceva parte del Comitato di
direzione della Nuova Antologia, volle
che il giorno stesso nel quale egli,
innanzi agli Augusti Sovrani ed agli altri
Alti Ufficiali dello Stato, parlò all’Augu-
steo della sua meravigliosa scoperta,
il testo della sua conferenza venisse
pubblicato dalla Nuova Antologia, rivi-
sta di Lettere-Scienze ed Arti, che si
onora di averlo avuto collaboratore
illustre e nel Fascicolo 1312 del 16
novembre 1926 venne offerta ai lettori
della storica pubblicazione l’interes-
sante primizia. Dodici pagine di fittis-
simo testo del fascicolo che il Premio
Nobel completava in questo modo:”In
conclusione, la parola d’Italia potrà
essere udita nei più lontani Paesi nel
modo più indipendente e più vario
possibile. Desidero esprimere pubbli-
camente la mia viva riconoscenza agli
ingegneri e agli esperti che mi hanno
tanto validamente assistito. Desidero
ringraziare sinceramente per l’alto
onore accordatomi la Federazione
Nazionale dei Cavalieri del Lavoro,
Federazione degli esponenti della vera
ricchezza d’Italia: Il lavoro. Quando ho
avuto modo di esporre, sarà ben presto
sorpassato da chi studierà di carpire
nuovi segreti alla Natura la quale,
spesso, sconvolge tutte le leggi e tutte
le teorie che le nostre imperfette cogni-
zioni ci suggeriscono. Per parte mia ho
coscienza di non aver mai fatto teorie,
ma anzi ho la soddisfazione di aver
potuto provare nei fatti l’inesattezza di
tante formule e di tante teorie. Io inco-
raggio i giovani a proseguire nel campo
sperimentale ed auguro loro di poter
ottenere così dei risultati superiori a
quelli da me ora esposti nell’applica-
zione di una scienza che è pur tutt’ora
alla sua infanzia”. Luigi Letteriello
A destra: Il Presidente della Fondazione Guglielmo Marconi, Professor Gabriele Falciasecca. A sinistra: l’imponente statua dello scienziato che mise in luce il grande spirito italiano nel mondo.
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“I paesaggi della bellezza: dalla
valorizzazione alla creatività” è
il focus della Settimana UNESCO
di Educazione allo Sviluppo Sostenibile
2013 che si terrà come ogni anno a
novembre. Numerosi i temi affrontati
dal 2005 in poi, ma l’argomento scelto
quest’anno dal Comitato scientifico
per il DESS è singolare. Potrebbe sem-
brare retorico e provocatorio allo stesso
tempo: può il nostro paese ripartire dai
suoi patrimoni? Con la nostra bellezza,
la nostra cultura, la nostra natura, il
nostro ambiente? “Si, se lo vogliamo
veramente” - afferma il Comitato Nazio-
nale per il DESS, nato per celebrare il
Decennio ONU di Educazione allo Svi-
luppo Sostenibile 2005-2014. La Set-
timana DESS UNESCO è divenuta,
negli anni, il più importante appunta-
mento annuale nel campo dell’educa-
zione allo sviluppo sostenibile in Italia,
grazie soprattutto alla tenacia del Pre-
sidente della Commissione UNESCO
italiana, il Prof. Giovanni Puglisi (inter-
vista a pag. 26) che ha fortemente
voluto l’impegno della Commissione
sui temi dell’ambiente, caratterizzando
questo impegno con un approccio
innovativo, inclusivo e partecipativo,
garantendo il successo dell’iniziativa.
Un tema che vuole scuoterci dai nostri
atteggiamenti consolidati, come
quando passiamo davanti ai nostri
monumenti più famosi, e, assuefatti
da tanta bellezza, quasi non lì notiamo
più, abituati a vederli funzionare da
spartitraffico, da rotatorie per il disor-
dinato flusso di mezzi obsoleti di spo-
stamento di merci e persone, come
se fosse la cosa più normale e logica
del mondo. Ecco che dalla valorizza-
zione la Commissione UNESCO arriva
a spostare l’attenzione sulla creatività,
l’innovazione, l’immaginazione: la que-
stione non è come sostenere il dovere
e il costo necessario per la tutela del
nostro patrimonio culturale e naturale,
bensì far fruttare il nostro immenso
capitale, investirlo e raccoglierne i divi-
dendi in termini di creazione di sviluppo
sostenibile, tradizioni e saperi delle
popolazioni, distribuzione globale delle
materie prime e degli alimenti.
E’ un messaggio della Commissione
UNESCO italiana che vuole essere
ancora più incisivo, con la sua Setti-
mana 2013, come a volerci risvegliare
dalla pigrizia, dal nostro adagiarsi sugli
allori del nostro meraviglioso patrimo-
nio acquisito, immobile, scontato, a
volte abbandonato. Quale contributo
può provenire dalle politiche pubbliche
e dall’iniziativa privata, dal nostro impe-
gno quotidiano come cittadini, dalle
nostre forme di produzione e consumo,
dalla ricerca e dall’innovazione? Come
possiamo immaginare insieme nuovi
modelli di sviluppo che tengano pre-
sente le esigenze di sostenibilità del
nostro territorio? Che ruolo può avere
la società civile nell’affrontare la com-
plessità delle questioni legate allo svi-
luppo sostenibile? A queste e ad altre
domande cercheranno di rispondere
quest’anno centinaia di realtà - La Set-
timana infatti raduna ogni anno centi-
naia di iniziative in tutte le regioni
italiane organizzate da una fitta rete di
realtà impegnate durante tutto l’anno
nel difficile eppur strategico compito
di diffondere informazione, consape-
volezza, spirito critico sui temi dell’am-
biente: istituzioni nazionali e locali,
sistema Infea, associazioni, scuole,
biblioteche, centri per l’educazione
ambientale, università, musei, parchi,
imprese, etc. Numerose le tematiche
trattate e approfondite negli anni -
energia (2006), cambiamenti climatici
(2007), riduzione, riciclo e riuso dei
rifiuti (2008), acqua (2011), città e cit-
tadinanza (2009), mobilità sostenibile
(2010), alimentazione (2012), - tantis-
simi gli eventi e diversissime tra loro
le modalità: incontri, convegni, tavole
rotonde, visite guidate, spettacoli e
laboratori sperimentali ed interattivi...:
un programma di iniziative completa-
mente aperte, totalmente gratuite,
caratterizzate dalla volontà di aggregare
e stimolare la partecipazione attiva
delle persone. Un approccio innovativo
che ha visto un’ottima risposta di pub-
blico, a dimostrazione che la creatività,
la predisposizione a pensare a soluzioni
nuove e fuori dagli schemi, pagano e
possono essere la leva per affrontare
la crisi che attraversa il nostro paese.
La Settimana è uno di quei casi di buona
pratica portata avanti con la sola forza
della volontà e in un contesto generale
ed economico assolutamente sfavo-
revole, che forte del suo successo non
si accontenta e rilancia ancora la sfida
proponendo un articolato, coraggioso,
controverso tema: “I paesaggi della
bellezza: dalla valorizzazione alla crea-
tività”. Occorre pensare al nuovo, con
spirito critico ma con immaginazione,
creatività e slancio, con l’ottimismo
della volontà, come apprenderemo
dalle tante iniziative che animeranno
la Settimana, come è accaduto negli
anni passati (è possibile aderire fino al
5 novembre con iniziative gratuite,
aperte e senza fini di lucro: modalità e
termini sul sito www.unesco.it e www.
unescodess.it). Pierpaolo Bo
Carlo Stanga ha illustrato con opere minuziose, divertenti e popolatissime, autentici vortici di stile interamente realizzati a mano con il vecchio metodo del rapidograph, la Settimana DESS UNESCO in questi ultimi anni.
La settimana DESS UNESCO guarda al futuro con l’ottimismo della volontà
La Commissione italiana UNESCO
arriva a spostare l’attenzione
sulla creatività, l’innovazione,
l’immaginazione: la questione non
è come sostenere il dovere
e il costo necessario per la tutela
del nostro patrimonio culturale
e naturale, bensì far fruttare
il nostro immenso capitale,
investirlo e raccoglierne i dividendi
in termini di creazione di sviluppo
sostenibile, tradizioni e saperi
delle popolazioni, distribuzione
globale delle materie prime
e degli alimenti. La Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO sa bene di avere avuto, in questi anni, nell’organizzazione
della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile un alleato prezioso e un testimonial di chiara fama: è
Carlo Stanga (nella foto), l’autore di queste opere minuziose, divertenti e popolatissime,
autentici vortici di stile interamente realizzati a mano con il vecchio metodo del rapidograph
(il computer è stato utilizzato per gli ultimi ritocchi di assemblaggio) che hanno accompagnato
la Settimana DESS, rappresentando il manifesto ufficiale della manifestazione in queste
campagne di successo sui temi della sostenibilità, utilizzato anche per la copertina di Energeo
Magazine (il periodico che affianca la Commissione Nazionale Italiana UNESCO in queste
importanti iniziative). Una famosa illustrazione ci fa conoscere la sua “variopinta” bottega,
anzi, immaginiamo che l’artista ne ha una seconda bottega, nella sua casa di Berlino dove vive e lavora, come a
Milano, città che adora e predilige. L’illustratore ed architetto milanese ha comunque una passione (non nascosta)
per New York e l’architettura di fine ‘800. Insomma, i disegni e le illustrazioni di Carlo Stanga, artista e uomo operoso
che ha affinato il proprio tratto e la propria esperienza partecipando ai “Laboratori Creatività” di Bruno Munari e fre-
quentando la Scuola del Fumetto e la Domus Academy di Milano, creano una continua miscellanea di giochi con la
matita che rasentano la continua sperimentazione. L’anno successivo ha frequentato uno stage di illustrazione gior-
nalistica con Sergio Staino e Vincino, amplia le proprie collaborazioni con il settimanale satirico ‘CUORE’ e partecipa
alla collettiva “98 bandiere di artisti contemporanei”, accanto a Emilio Tadini, Mimmo Rotella e Gillo Dorfles. A tutti
ha dimostrato di avere un innegabile talento e una forte passione con vere e proprie capacità di innovare e trovare
un nuovo modo di illustrare che possa coinvolgere non soltanto i lettori, ma il grande pubblico. Guardando bene l’il-
lustrazione utilizzata nella campagna di quest’anno, dedicata ai “paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla
creatività”, troviamo nel tratto sicuro di Carlo Stanga un messaggio di speranza, come quella che cercano i bambini,
istintivamente creativi, ed in grado di divertirsi con poco. Un messaggio che deve essere accolto e sostenuto con
attività mirate e specifici mezzi di espressione e di sperimentazione sul territorio. Forse qualcuno non lo sa, o non lo
immagina, ma in questo manifesto dobbiamo, invece, provare ad individuarne ed avvalorarne le profonde radici cul-
turali e capirne il significato del disegno. È questa la nostra speranza. Grazie per aver voluto, ancora una volta, emo-
zionare i lettori di Energeo.
Settimana UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile
Paesaggi della bellezza, ancora un messaggio di speranza
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Presidente, la Settimana UNESCO per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile,
promossa dalla Commissione UNESCO Italiana, dopo otto edizioni, ha ripreso il suo cammino. Il tema scelto per il 2013, “I Paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla creatività”, pone un forte accento sulla bellezza e il paesaggio, ma anche sulla creatività e l’inno-vazione. Perchè questa scelta?L’idea è quella di diffondere la consa-
pevolezza che lo sviluppo sostenibile
è una meravigliosa opportunità e non
un vincolo od un costo.
Il cambiamento implica sempre uno
sforzo per chi se ne fa carico, ma è
anche la condicio sine qua non per
adattarsi e vivere meglio. In questo
senso la Commissione UNESCO ita-
liana vuole rovesciare la prospettiva
dalla quale troppo spesso si osservano
le questioni ambientali e soprattutto
le soluzioni proposte per porvi rimedio.
Queste sono in genere percepite come
un freno al proprio agire, un intralcio
alla propria quotidianità, alle proprie
consolidate abitudini.
Mentre il cambiamento è certamente
impegnativo, è straordinariamente
entusiasmante ed implica uno slancio
di creatività nella visione di ciò che sarà
e nell’immaginare il proprio futuro e
quello della propria comunità. Il mes-
saggio è quindi questo: ribaltiamo il
ragionamento tradizionale creatività-
valorizzazione in valorizzazione-creati-
vità. La risorsa più importante del
nostro paese - la bellezza - deve sti-
molare la nostra creatività, la nostra
innovazione, la produzione di idee
nuove, in tutti i campi.
Il tema punta sul futuro della nostra bellezza, è anche un invito al mondo produttivo italiano e ai settori cre-ativi a unire le forze?
E’ un invito aperto a tutti, soprattutto
a coloro che sono stati un po’ meno
presenti negli scorsi anni. Se il mondo
della scuola e dell’associazionismo è
rappresentato in modo massiccio,
meno lo sono le imprese, che però
rivestono un importanza fondamentale
per il nostro paese sia dal punto di vista
economico che dal punto di vista
ambientale. Uno degli ambiti più dina-
mici del nostro tessuto produttivo è
rappresentato proprio dai cosiddetti
settori creativi. Parlando anche di cre-
atività e innovazione, tendiamo la mano
a tutte quelle realtà che hanno qualcosa
da dire in merito, invitandole a condi-
videre le proprie idee e i propri sforzi
anche sui temi legati alla sostenibilità.
Il Decennio ONU che la Commissione ha celebrato volge al termine (2005-2014). Qual’è il Suo bilancio delle attività svolte in Italia e quali sono i progetti futuri della Commissione UNESCO per lo Sviluppo Sostenibile?Come Commissione UNESCO, dob-
biamo constatare con piacere che la
risposta di tutte quelle realtà impegnate
a vario titolo nell’educazione alla soste-
nibilità è stata entusiasmante. Pur tra
mille difficoltà, sono centinaia ogni
anno le iniziative organizzate durante
la nostra Settimana e migliaia le per-
sone raggiunte dal nostro messaggio,
grazie all’impegno delle reti regionali
per l’educazione ambientale, grazie
alle Istituzioni, alle scuole, alle univer-
sità, alle associazioni ma soprattutto
ai cittadini. La Commissione si adope-
rerà anche dopo il Decennio, che ter-
mina nel 2014, perché gli sforzi fatti e
la rete consolidatasi sotto l’egida di
questa Commissione non si disperda
e continui il proprio percorso, ben con-
sapevoli che è da queste spinte della
società civile che arrivano i cambia-
menti necessari alle nostre società.
Il tema di quest’anno è anche il riflesso
dell’entusiasmo raccolto negli anni
dalle persone impegnate generosa-
mente nella promozione del Decennio
in tutta Italia, e vuole essere anche un
ringraziamento a tutti coloro che con
il loro impegno rappresentano la bel-
lezza e la forza dell’Italia migliore.
Per fortuna che c’è l’UNESCO che considera il paesaggio un patrimo-nio da tutelare. A giugno l’Etna, per i siciliani “a’ muntagna”, è entrato a far parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO. Si tratta del quarto tesoro ambientale entrato nel pre-stigioso scrigno del World Heritage List dell’UNESCO, dopo isole Eolie, monte San Giorgio e Dolomiti. Il Monviso è diventato Riserva della Biosfera. L’Italia si conferma terra di risorse naturali di valore inesti-mabile, spesso purtroppo trascurate o non adeguatamente tutelate, è un argomento su cui riflettere?Il tema di quest’anno si articola in tre
aspetti chiave: paesaggio, bellezza,
creatività. Tre dimensioni autonome
ma che si sovrappongono, special-
mente in un territorio ricco come il
nostro. Le Riserve della Biosfera, come
i Siti riconosciuti patrimonio immate-
riale dell’umanità, sono proprio un
riconoscimento dell’interazione virtuosa
tra l’Uomo e l’Ambiente in un dato
territorio, e in questo senso il tema
della Settimana non può che essere
da stimolo per tutte quelle realtà che
insistono su aree potenzialmente can-
didate a tale riconoscimento.
Il capolavoro di interazione tra attività
umane e ambiente che il nostro pae-
saggio rappresenta deve essere cele-
brato non solo in una dimensione
contemplativa e di tutela, ma in un’ot-
tica propositiva e creativa, pensando
soprattutto al nostro futuro. La Setti-
mana sarà un’occasione per pensare
e ripensare i nostri modi di vivere, di
spostarci, di produrre, di creare, traendo
ispirazione dalla grande bellezza che ci
circonda e che in qualche modo fissa
un benchmark di primissimo livello. T.R.
Il Presidente Puglisi: “La risorsa più importante del nostro paese - la bellezza -
deve stimolare la nostra creatività, la nostra innovazione, la produzione di idee nuove, in tutti i campi”
Il Professor Giovanni Puglisi, Presidente della Commissione Italiana per l’UNESCO.
Tutela del paesaggio, la bellezza salverà il mondoUno degli ambiti più dinamici del nostro tessuto produttivo è rappresentato dai cosiddetti settori creativi. Occorre
tendere la mano a tutte quelle realtà che hanno qualcosa da dire in merito, invitandole a condividere le proprie idee
e i propri sforzi anche sui temi legati alla sostenibilità. In questo senso la Commissione UNESCO italiana vuole
rovesciare la prospettiva dalla quale troppo spesso si osservano le questioni ambientali e soprattutto le soluzioni
proposte per porvi rimedio, spesso percepite come un freno o un intralcio.
Nei giorni scorsi, il 23 agosto, è stata presentata la candidatura del territorio dell’Ecomuseo della Judicaria
‘Dalle Dolomiti al Garda’ a Riserva della Biosfera dell’UNESCO. Il percorso è stato condiviso dai Comuni delle
Giudicarie che ricadono nel territorio dell’Ecomuseo e da quelli che hanno aderito alla rete di riserve della
Alpi Ledrensi, dalle Comunità di Valle, dalle Apt e dal Consorzio turistico di Ledro, dai Bim e dal Parco, e dalla Provin-
cia autonoma di Trento. In totale sono 20 soggetti che a breve approveranno un protocollo d’intesa, col coordinamento
del Comune di Comano Terme e della Provincia autonoma di Trento.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ha introdotto in seguito alle raccoman-
dazioni della Conferenza dell’UNESCO sull’uso razionale e la conservazione delle risorse della biosfera e sullo sviluppo
di relazioni tra uomo e ambiente a livello globale (1968), la Riserva della Biosfera che viene riconosciuta dall’UNESCO
come componente chiave del “Man and Biosphere Programme” (MAB, 1974), programma interdisciplinare di ricerca
e formazione nel campo delle scienze naturali e sociali. La Riserva della Biosfera è una qualifica internazionale asse-
gnata dall’UNESCO per aree, marine o terrestri, che le amministrazioni s’impegnano a gestire nell’ottica della con-
servazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, coinvolgendo le comunità locali. Per il territorio in questione si
tratta di 47.000 ettari, 14.600 abitanti, 1,8% di suolo urbano, 8,6% agricolo e 89,6% di boschi, prati e pascoli, il 34%
di aree protette e quote che vanno dai 63 metri del lago di Garda ai 3173 di Cima Tosa. Il dossier per la candidatura
sarà esaminato nei prossimi mesi e il pronunciamento è atteso a maggio del 2014, nel quartiere generale dell’Orga-
nizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, in Place di Fontenoy, a Parigi.
Ecomuseo della Judicaria e delle Alpi Ledrensi, presentata la candidatura come Riserva della Biosfera
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PAES
AGGI D
IMEN
TICA
TI
PAES
AGGI D
IMEN
TICA
TI
In primavera, il paesaggio delle
conche intermontane dell’Appen-
nino abruzzese è caratterizzato dalla
fioritura di mandorli vetusti, che con-
torti, coperti di vischio, ostinatamente
continuano a germogliare. Lo sa bene
chi percorrendo in questo periodo
strade come l’A25, a margine della
piana del Fucino, o la SS17 tra L’Aquila
e Navelli, rallenta istintivamente, stu-
pito di vedere tra le montagne gli alberi
coperti di fiori rosati che punteggiano
il panorama. Nonostante le quote ele-
vate che vanno dai 900 ai 1400 m ed
il clima rigido, caratterizzato non di rado
da gelate tardive, i mandorli sono una
coltura tipica locale e fino alla metà del
XX secolo, hanno costituito una impor-
tante fonte di carboidrati e grassi vege-
tali, nonchè di legna per le popolazioni
montane che si spostavano in questi
luoghi in estate per coltivare piccoli
appezzamenti e pascolare il bestiame
(Manzi 2012). Erano, inoltre, una delle
poche fonti di denaro liquido per la
famiglia contadina e spesso ad essa
era affidata la disponibilità di contante
per la costituzione della “dote” matri-
moniale delle figlie femmine o per
pagare le spese mediche. Le prime
fonti che riportano la presenza del
mandorlo negli altipiani dell’aquilano
risalgono al periodo romano, quando
Plinio il vecchio descriveva una varietà
di mandorlo coltivata alle pendici del
monte Velino. Nel 500 si registra un
incremento di questa coltura nel con-
tado aquilano (Sabatini,1995), mentre
un altro aumento si registra nell’Otto-
cento, nel pieno della crisi della tran-
sumanza (Console e Frattaroli, 1996).
Successivamente, scritti del 1789 del
nobile svizzero Carlo Ulisse De Salis
Marschlins testimoniano come gli abi-
tanti di Avezzano (AQ) si occupassero
“in maggior parte di agricoltura, colti-
vando a preferenza i mandorli e la
vigna”. Circa un secolo dopo l’inchiesta
agraria e sulle condizioni della classe
agricola in Italia del 1884, nota come
“Inchiesta Jacini”, ci dice che nelle
regioni dell’adriatico centro meridio-
nale, “tolte le province di Bari e Lecce
(Puglia) dove i mandorleti avevano
grandi estensioni ed erano ben coltivati,
nelle altre erano abbastanza scarsi
tranne nelle regioni basse e nei terreni
soleggiati dei circondari di Aquila e di
Avezzano (Abruzzo), dove quelle colti-
vazioni erano fino alla fine del 1800
addirittura in via di incremento... La
provincia dell’Aquila, attesa la eleva-
tezza delle sue terre, aveva infatti ben
poche coltivazioni di olivi ed unica-
mente nelle parti basse dei suoi cir-
condari, dove spesso erano associati
al mandorlo, come nelle zone di Cape-
strano e di Sulmona e nei pressi del
bacino del Fucino”.
Le tracce dell’importanza del mandorlo
per la comunità locale sono state
impresse nella cultura a vari livelli, a
partire dalla letteratura per cui citiamo
il romanzo del 1972 dell’autore abruz-
zese Ignazio Silone “Ai piedi di un
mandorlo”, alla tradizione dolciaria dove
le mandorle rivestono un ruolo prima-
rio, basti pensare alla centenaria pro-
duzione di confetti della città di Sulmona
(AQ). Dalla seconda metà degli anni
‘60 però, a causa dei bassi livelli di
produzione, delle rese altalenanti e
dell’abbandono generalizzato dell’agri-
coltura montana, la mandorlicoltura
nelle conche appenniniche risulta in
forte declino ed oggi, questo particolare
paesaggio, con i suoi valori identitari,
estetici ed ecologici rischia di scom-
parire. I segni dell’abbandono e del
deterioramento che tali colture stanno
subendo, diventano di anno in anno
più evidenti: tronchi schiantati, rami
secchi, attacchi di parassiti e di funghi
a mensola, inaridimento dei terreni,
mancata raccolta delle mandorle, avan-
zata dell’urbanizzazione e conseguenti
trasformazioni nell’uso del suolo.
Una croccante occasione di rilancioA fronte di questa situazione si assiste
ad una volontà di recuperare antiche
cultivar e tradizioni del passato che si
esprime sia attraverso iniziative nate
dal basso (eventi culturali egastrono-
mici volti a valorizzare i prodotti agricoli
locali), sia attraverso progetti istituzio-
nali. Tra gli eventi del primo tipo va
citata la Sagra della Croccante (dolce
a base di mandorle) a Forme (AQ) che,
giunta alla settima edizione, si è gua-
dagnata anche la presenza presso la
BIT (Borsa Internazionale del Turismo)
del 2007. Tra le iniziative istituzionali
si segnala il progetto europeo SAFE-
NUT “Safeguard of hazelnutand almond
genetic resources: from traditional uses
to novel agro industrial opportunities”
che, coordinato dall’ENEA, punta alla
valorizzazione delle caratteristiche nutri-
zionali e nutraceutiche delle mandorle,
e all’analisi degli aspetti economici e
socioculturali correlati ad una produ-
zione sostenibile e al recupero della
memoria storica. Tra le realtà locali,
come partner del progetto c’è anche
il CRAB (Consorzio di Ricerche
Applicate alla Biotecnologia) di Avez-
zano, che dopo la conclusione di SAFE-
NUT sta continuando a portare avanti
l’obiettivo di recuperare la coltura (e la
cultura) del mandorlo in Abruzzo attra-
verso nuove iniziative che puntano sul
coinvolgimento degli enti di ricerca
(oltre al CRAB l’Università degli Studi
dell’Aquila), delle comunità locali (asso-
ciazioni culturali, agricoltori), degli
imprenditori impegnati nella produzione
dolciaria con particolare riferimento ai
confetti, e delle istituzioni (Regioni e
Comuni). Come ci spiega la Dott.ssa
Daniela M. Spera, Direttore del CRAB,
“l’idea è quella di ricostituire una filiera
locale puntando non sulla quantità, ma
sulla qualità del prodotto incentivando
C’è il rischio di perdere la memoria di una coltura che caratterizza il paesaggio montano abruzzese.
Le prime fonti che riportano la presenza del mandorlo negli altipiani dell’aquilano risalgono al periodo romano,
quando Plinio il vecchio descriveva una varietà di mandorlo coltivata alle pendici del monte Velino
Una tappa al Santuario Santa Lucia sui sentieri della spiritualità dell’Abruzzo, tra mandorleti in fiore, una coltura tipica locale che rischia di scomparire e fino alla metà del XX secolo, hanno costituito una importante fonte di carboidrati e grassi vegetali, nonchè di legna per le popolazioni montane che si spostavano in questi luoghi in estate per coltivare piccoli appezzamenti e pascolare il bestiame.
I dolci tipici abruzzesi, spesso legati alle feste e alle tradizioni locali. Hanno ingredienti semplici e genuini come le mandorle.
La meraviglia dei mandorli in fioreLe tracce dell’importanza del mandorlo per la comunità locale sono state impresse nella cultura a vari livelli, a
partire dalla letteratura (“Ai piedi di un mandorlo” di Ignazio Silone),alla tradizione dolciaria dove le mandorle
rivestono un ruolo primario, basti pensare alla centenaria produzione di confetti della città di Sulmona (AQ). Dalla
seconda metà degli anni ‘60 però, a causa dei bassi livelli di produzione, delle rese altalenanti e dell’abbandono
generalizzato dell’agricoltura montana, la mandorlicoltura nelle conche appenniniche risulta in forte declino ed oggi
questo particolare paesaggio, con i suoi valori identitari, estetici ed ecologici rischia di scomparire.
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RISE
RVA B
IOSF
ERA
La meraviglia dei mandorli in fiore
l’utilizzo di tecniche colturali tradizionali
ed eco-compatibili, con particolare rife-
rimento al biologico”.
All’interno di questa linea strategica è
attualmente al vaglio della Regione
Abruzzo il progetto “INNOMANDO -
INNOvazione nella filiera della MAN-
DOrlicoltura abruzzese” che coinvolge
anche diversi imprenditori locali: l’o-
biettivo è la realizzazione di un prodotto
di nicchia ad elevata qualità e profon-
damente legato al territorio.
Tutti insieme dunque per non perdere
la memoria di una coltura che non
rappresenta solo un prodotto alimen-
tare, ma un carattere distintivo del
paesaggio montano abruzzese.
Un progetto per far convivere paesaggio, gusto e qualitàChi non ricorda “nell’Oro di Napoli” di
Vittorio De Sica, (anno 1954), nelle
scenografiche esequie, sul lungomare
partenopeo, l’immagine di una madre
chiusa in una silenziosa disperazione
per la morte di suo figlio che lancia
confetti sull’asfalto dietro una carrozza
bianca con due soli cavalli che tirano il
feretro del bambino? La mandorla sgu-
sciata viene utilizzata nella lavorazione
dei confetti, da sempre tradizione che
ricorda da secoli anche le occasioni
felici. I confetti hanno origini antichis-
sime: presso i Romani era in uso
festeggiare con essi unioni e nascite.
Tracce storiche le possiamo ritrovare
in scritti riguardanti la famiglia dei Fabi
(447 a.C.) e negli scritti di Apicio, amico
dell’imperatore Tiberio (37 d.C.).
Chi non ha mai sentito parlare dei
famosissimi confetti di Sulmona, vere
leccornie, superiori per qualità a qual-
siasi altro tipo di confetto? Non tutti
conoscono però la storia di questi
confetti e del perché siano diventati
così popolari e amati.
Non c’è crisi nella diffusione di questo
prodotto. Le prime testimonianze rela-
tive alla produzione di confetti a Sul-
mona risalgono addirittura al XV secolo:
i documenti più antichi giunti a noi che
parlano di questa attività - e che sono
tutt’ora conservati negli archivi comu-
nali della città - recano infatti la data
del 1492-1493. Sappiamo, inoltre, che
nel XV secolo nel Monastero di Santa
Chiara di Sulmona si usavano confetti
legati con fili di seta per realizzare vari
oggetti decorativi, come fiori e grappoli.
Il legame tra la città di Sulmona e la
produzione di confetti è dunque molto
antico, e se la produzione di confetti
per matrimonio e per altre ricorrenze
è riuscita a passare indenne attraverso
i secoli giungendo fino a noi, lo si deve
soprattutto alla famiglie di artigiani che
nei secoli si sono tramandati, di gene-
razione in generazione, la ricetta auten-
tica. Una delle caratteristiche
fondamentali di questi dolcetti, descri-
zione che li contraddistingue tutt’ora,
è proprio il tipo di lavorazione, che si
attiene alle antiche tecniche traman-
date nei secoli. Un confetto di Sulmona
sarà inoltre sempre caratterizzato da
ingredienti precisi e di elevata qualità,
quali le mandorle: i confettieri della
città usano esclusivamente mandole
intere d’Avola, che vengono poi rico-
perte di vari strati di zucchero sovrap-
posti per bagnature successive. È
grazie a questi e ad altri segreti che i
confetti di Sulmona risultano così buoni
- e così belli - ed è seguendo quest’
antica ricetta che i produttori conti-
nuano a realizzare un prodotto di qua-
lità esportabile anche all’estero. Perché
non provare a lavorare le mandorle
d’Abruzzo, tanto per stare nel tema
della “filiera corta”, ora che si vuole
recuperare la coltura con metodi bio-
logici, invitando i confettieri di Sulmona
a stare al passo con i tempi e far con-
vivere paesaggio, gusto e qualità? Serena Ciabò
Le prime fonti che riportano la presenza del mandorlo negli altipiani dell’aquilano risalgono al periodo romano, quando Plinio il vecchio descriveva una varietà di mandorlo coltivata alle pendici del monte Velino. Nel 500 si registra un incremento di questa coltura nel contado aquilano, mentre un altro aumento si registra nell’Ottocento, nel pieno della crisi della transumanza.
Nella foto, tante ciambelline golose da gustare in ogni momento o da regalare preparate con mandorle, zucchero e farina.
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Se si mettono insieme tre ele-
menti, la comunità rappresen-
tata da una pluralità di persone
fisiche individuata nella collettività
locale, la terra intesa come collettivo
godimento, comprendente tutte le
componenti naturali ed antropiche,
quali suolo, sottosuolo, acque super-
ficiali e sotterranee, aria, clima e micro-
clima, formazioni vegetali, fauna e
microfauna, paesaggio, ed infine l’ele-
mento teleologico da individuarsi nello
scopo istituzionale, diverso rispetto
agli interessi individuali delle singole
persone fisiche che compongono la
comunità si spiega perché in Italia si
sono consolidate le proprietà collettive
il fenomeno, che affonda le radici nella
notte dei tempi, è presente in tutte le
regioni italiane.
Come si evince in numerose pubblica-
zioni scientifiche e nell’esperienza
comune, la proprietà collettiva tutela
da secoli i propri beni in modo efficace
e duraturo, attraverso strumenti giuri-
dici che si caratterizzano nell’ordina-
mento italiano per una serie di vincoli
alla utilizzabilità del proprio patrimonio
(le quattro “i” ovvero inalienabilità,
inusucapibilità, inespropriabilità e
immutabilità della destinazione agro-
silvo-pastorale e connessa) il cui rico-
noscimento da parte del Legislatore è
stato storicamente preceduto da una
lungimirante limitazione sorta nella
maggior parte dei casi dalla libera
scelta, autoimposta, dei titolari aventi
diritto al godimento di tali beni, come
attestano Antichi laudi e statuti in cui
sono state codificate tradizioni secolari.
Oggi più che mai le proprietà collettive
si pongono come strumenti primari per
assicurare la conservazione e la valo-
rizzazione del patrimonio naturale nazio-
nale perché tutelando tutte le
esternalità presenti sul proprio territo-
rio salvaguardano anche i beni comuni
ed, in sostanza, l’intera collettività.
Le Comunità sono storicamente con-
traddistinte da alcuni nomi e si defini-
scono, a seconda dei luoghi, e delle
forme giuridiche storicamente conso-
lidatesi, Frazioni, Comunalie, Consorzi
di Utenti, Università agrarie, Vicinie,
Regole, Comunelle, Consorterie, Par-
tecipanze agrarie, Comunioni familiari
montane, Jus, Ademprivi, ASUC,
ASBUC, ecc. L’organizzazione più cono-
sciuta è quella di Cortina, la perla delle
Dolomiti: Le Regole d’Ampezzo fanno
parte da secoli del tessuto sociale e
coinvolgono quasi tutta la popolazione
della località alpina che, in questo
modo, tutela da speculazioni la pro-
prietà e l’uso delle risorse forestali e
pascolive. Il Bosco delle Sorti della
Partecipanza di Trino Vercellese, è il
più antico. Risale al 1202, sopravvissuto
fino nostri giorni grazie ad un sistema
di amministrazione collettiva e di utilizzo
già in auge in epoca medioevale. E’ un
territorio pressoché unico, un raro
relitto di foresta planiziale, che ha
potuto arrivare fino ai giorni nostri grazie
a rigide regole di gestione dei tagli che
probabilmente risalgono al Medio Evo:
secondo alcune fonti, infatti, le regole
furono fissate in quegli anni, quando
Bonifacio I marchese del Monferrato
fece una donazione ai “partecipanti”
cioè alle famiglie che partecipavano
alla gestione e al reddito del bosco.
E’costituito prevalentemente da querce
e pioppi con una consociazione di altre
specie estremamente varia, tanto che
all’inizio del ‘900 si contavano 428
differenti specie. La Consulta nazionale
della proprietà collettiva, associazione
senza scopo di lucro, fondata nel 2006,
si propone di conservare, sviluppare
ed approfondire le peculiarità storiche,
culturali, istituzionali, giuridiche ed eco-
nomiche dei Dominii Collettivi, comun-
Il sistema associativo della Consulta nazionale della proprietà Collettiva, che conta circa 500 soci e 4000 enti
rappresentativi della proprietà collettiva, è molto diffuso in 14 regioni: Trentino, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia
Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Basilicata, Campania, Calabria, Puglia ed Abruzzo
La Ciasa de ra Regoles è uno degli edifici “civili” più importanti di Cortina d’Ampezzo, accanto al Comùn Vècio. La costruzione denota la tipologia dell’edilizia urbana austriaca dell’Ottocento nel tetto a padiglione, nel cornicione sagomato e nella mancanza di poggioli.
Gli assetti fondiari collettivi a Cortina sono le Regole d’Ampezzo. Qui boschi e pascoli sono da secoli proprietà collettiva della comunità originaria. La proprietà e l’uso collettivo delle risorse forestali e pascolive rappresentò per lunghi secoli la fonte essenziale dei mezzi di sopravvivenza per la popolazione ampezzana, regolamentò, inoltre, il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, permise un uso sostenibile del territorio naturale della valle. In alto: Michele Filippini.
Gli esclusivi luoghi delle Regole dove si può imparare a possedere
Le proprietà collettive sono una tipica realtà della storia d’Italia e costituiscono un modello originale di produzione
e distribuzione sociale di ricchezza, oltre che un mezzo efficacissimo di tutela ambientale. Una realtà complessa e
delicata consolidatasi nei secoli ed oggi rappresentata dalla Consulta nazionale della proprietà collettiva.
Questa associazione, partendo da una ricerca archivistica, storica, culturale, di tutela e produttiva del territorio,
sta operando con l’intento di “conoscere, conservare e valorizzare la storia e le tradizioni” dei domini civici e delle
popolazioni e territori in cui queste realtà insistono, nell’ottica della promozione della proprietà collettiva come
modello di una nuova economia partecipata e solidaristica, rispettosa dei territori e dell’ambiente, radicata nel
sentire comune e nelle popolazioni.
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Gli esclusivi luoghi delle Regole dove si può imparare a possedere
que denominati, nell’ottica della propria
vocazione europea, attraverso ricerche,
iniziative e manifestazioni idonee ad
una maggiore conoscenza dell’argo-
mento ed alla difesa e valorizzazione
dei dominii e dei diritti collettivi.
Il sistema associativo conta circa 500
soci e 4000 enti rappresentativi della
proprietà collettiva. La Consulta opera
su tutto il territorio nazionale ma ha
struttura federativa, perché le comunità
sono storicamente distinte e perché
le legislazioni e gli interlocutori istitu-
zionali sono diversi da Regione a
Regione. Il Direttivo e l’Assemblea
nazionali si occupano di iniziative di
prospettiva statale, mentre i Coordina-
menti regionali operano quotidiana-
mente nelle realtà di provenienza.
La realtà delle proprietà collettive rap-
presenta una forma di proprietà e di
utilizzo dei beni che si caratterizza come
diversa e distinta rispetto sia alla pro-
prietà privata che pubblica.
L’aggressione al paesaggio deve finireIl territorio appartenente alle proprietà
collettive viene, specie in alcune
regioni, continuamente violentato da
interessi locali con una frenetica e
continua aggressione al paesaggio,
determinando un nuovo oblio delle
identità e del patrimonio territoriale.
“Il fenomeno si allarga a macchia d’olio
- dice il presidente della Consulta
Michelle Filippini - Spesso i privati
dimostrano interessi speculativi nei
confronti dei terreni gestiti dalla pro-
prietà collettiva, trasformando la desti-
nazione d’uso a totale vantaggio
dell’urbanizzazione selvaggia sia per
scopi abitativi, sia per insediamenti
industriali, trovando sponda troppo
spesso nelle Amministrazioni comu-
nali”. Ed aggiunge:”I beni soggetti ad
usi civici che sono e continuano ed
essere inalienabili, inusucapibili, impre-
scrittibili e immutabili nella loro desti-
nazione agro-silvo-pastorale, non si
possono vendere.
Le eventuali cessioni dal punto di vista
giuridico si configurano come reati.
L’istituto delle Proprietà collettive
rimane vivo, attuale ed utilizzabile
anche di fronte alle nuove esigenze
che la nostra società sta esprimendo.”
In questa logica la Consulta nazionale
delle proprietà collettiva sta promuo-
vendo diversi progetti, tra cui quello
che affianca la Fondazione Spadolini
Nuova Antologia, la quale attraverso il
Premio Eco and The City, vuole ricor-
dare il quarantesimo anniversario della
fondazione del Ministero per i Beni
Culturali e Ambientali, un nuovo dica-
stero creato dal governo bicolore Moro
La Malfa ed affidato allo statista Gio-
vanni Spadolini per dare un nuovo
indirizzo globale di protezione per l’area
dei beni culturali e ambientali e per la
necessaria rifondazione delle leggi di
tutela. Ma c’è di più.
La Consulta si è orientata verso attività
(non soltanto tra gli associati) partendo
da una ricerca archivistica, storica,
culturale, di tutela e produttiva del
territorio, con l’intento di “conoscere
per conservare e valorizzare la storia
e le tradizioni”, nell’ottica della promo-
zione della proprietà collettiva come
modello di una nuova economia par-
tecipata e solidaristica, rispettosa dei
territori e dell’ambiente, radicata nel
sentire comune e nelle popolazioni.
“In questo senso - ribadisce il presi-
dente della Consulta Michele Filippini
- intendiamo promuovere iniziative di
valorizzazione delle aree e dei patrimoni
immateriali (conoscenze, tradizioni,
storia, ecc.) che fanno parte della pro-
prietà collettiva recuperando una
nozione di patrimonio che in questi
ultimi anni si è offuscata ma che può
ancora rappresentare un’idea di eco-
nomia a misura d’uomo”.
“Uno degli strumenti che stiamo pro-
muovendo - aggiunge Filippini - è la
redazione e la pubblicazione di uno
studio che, partendo dai dati offerti dal
Censimento Istat, ricomprenda ed illu-
stri, regione per regione, la realtà della
Proprietà collettiva in Italia, indicando
anche alcuni esempi particolarmente
virtuosi che servano da buona pratica.
In tale maniera si darebbe conoscenza
di un fenomeno tanto importante
quanto misconosciuto nell’opinione
pubblica e nell’economia italiana
offrendo al contempo agli operatori un
utile strumento di approfondimento e
di apprendimento per espandere ancora
di più l’incisività e la presenza della
proprietà collettiva, in senso lato, sui
territori di influenza”.
Questi effetti non sono frutto di aspet-
tative dettate da un’astratta teoria, ma
sono il concreto svolgersi delle attività
che da sempre le proprietà collettive
esercitano sul territorio in cui sono
strutturate e di cui può essere fornito
un preciso riscontro documentale.
Tante possibilità di condividere un altro modo di possedere
Nel tempo il legislatore ha utilizzato diverse forme e terminologie giuridi-
che per disciplinare la realtà delle proprietà collettive in Italia, tanto che
solo di recente la miglior dottrina del diritto e dell’economica ha offerto
una sintesi terminologica in questo ambito:
USO CIVICO IN GENERE: il termine Uso Civico viene abitualmente usato per
definire una serie di istituzioni molto diverse tra loro. Ciò deriva anche dal fatto
che la legge del 1927 ha usato il termine in forma generica.
BENI (DOMINI) COLLETTIVI: Oggi la miglior dottrina utilizza questo termine
per offrire una generica denominazione dei soggetti gestori di un patrimonio di
collettivo godimento.
USO CIVICO: In senso stretto con questo termine deve invece intendersi la
titolarità di una comunità ad esercitare alcuni diritti reali (pascolatico, legnatico,
fungatico, cipollatico, ecc.) su di un terreno altrui.
PROPRIETÀ COLLETTIVE: Con questa dizione si considerano in genere i terreni
vincolati al beneficio di una determinata cerchia di originarii, e di proprietà di un
ente esponenziale come ad esempio le Partecipanze Emiliane, le Regole cado-
rine, la Magnifica Comunità di Fiemme, le università agrarie del Lazio, ecc..
DOMINII CIVICI: Con questa definizione si individuano invece i terreni vincolati
al beneficio della generalità dei residenti di un Comune o di una frazione e di
proprietà di una amministrazione comunale o di un’associazione di gestione
(ASUC). Si tratta della realtà più diffusa dalle Comunalie Parmensi alle Vicinie
friulane, dalle comunanze marchigiane agli adempiviri sardi.
QUANTI SONO I DOMINI COLLETTIVI IN ITALIA?Ed è quasi impossibile oggi stimare con certezza l’entità del fenomeno dei Domini
collettivi in Italia. Una ricerca del Ministero dell’Agricoltura del 1957 li quantificava
in più di due milioni di ettari di terreno agro-silvo-pastorale, per quanto da allora
di acqua ne è passata sotto i ponti. La Consulta, comparando diverse fonti, ha
fatto una prima ricognizione degli enti rintracciato almeno 1567 gestori dei beni
collettivi, senza contare gran parte delle regioni meridionali, dove i beni sono per
lo più confusi con il patrimonio dei Comuni. Per la prima volta nella storia d’Italia
l’Istat ha ufficialmente inserito nel Censimento dell’agricoltura realizzato nel 2011
la rilevazione dei dati relativi alle proprietà collettive. I primi risultati, riferiti ai dati
di alcune delle regioni censite, ha già rammostrato una realtà molto diffusa e
variegata delle realtà collettive sul territorio nazionale estesa per più di 1.103.000
ettari di terreno.
Gli usi civici del patrimonio terriero sono presenti anche in Val di Non. Sono esclusi soltanto i terreni coltivati a meleti. Sullo sfondo della vallata la frazione di Segno (oggi comune di Taio), luogo natale di Padre Eusebio Chini, il religioso trentino considerato il precursore della sostenibilità.
I bambini di San Marco (Mereto di Tomba, Udine) seminano un piccolo appezzamento di terra collettiva. Contemporaneamente, per la prima volta dalla ricostituzione del Comitato frazionale, altri due ettari di Beni civici sono stati seminati meccanicamente a frumento biologico,primo passo per la costituzione di una “Filiera corta della farina”.
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Ogni territorio è caratterizzato
da un determinato regime
fondiario; con tale espres-
sione intendiamo indicare quel com-
plesso di caratteri e condizioni che ne
determinano la varia attitudine a servire
come mezzo di produzione e come
sede di vita. Taluni caratteri riguardano
l’ambiente fisico (clima, terreno, acque)
e le opere immobilizzate dall’uomo nel
suolo e determinano la struttura tec-
nico-economica del regime fondiario;
la terra migliorata diventa allora un
prodotto dell’attività umana. Altri carat-
teri riguardano i modi di appropriazione
della terra da parte degli uomini, e cioè,
specificatamente, i modi di insedia-
mento della popolazione, la divisione
della terra in distinti possessi; questi
caratteri determinano, invece, la strut-
tura giuridico-economica del regime
fondiario. Prendendo in esame l’am-
biente fisico, possiamo individuare in
esso la sede del patrimonio naturale.
Questo consiste nell’insieme degli
elementi naturali e dei sistemi che essi
formano e che sono suscettibili di
essere trasmessi alla generazione
futura oppure di trasformarsi. Tra le
numerose classificazioni degli elementi
naturali (che nel sistema economico e
sociale diventano risorse) può essere
utile far riferimento a quella che sud-
divide le risorse in due gruppi: risorse
materiali (risorse minerali, risorse bio-
logiche, risorse di flusso) le quali danno
origine a flussi di beni finiti o intermedi
e di energie, e risorse ambientali (indi-
viduabili nel suolo, nell’aria, nell’acqua,
nelle specie biologiche, specialmente
se uniche, ma anche nelle biocenosi,
ecc.) le quali, combinandosi, danno
origine ai cosiddetti servizi naturali
finali. Volendo tentare una classifica-
zione dei sistemi che possono derivare
dalla combinazione degli elementi natu-
rali, è possibile riscontrare nella diver-
sità di situazioni spaziali e temporali
specifici ecosistemi: (a) suoli artificia-
lizzati (aree a parco peri-urbane, cave
a cielo aperto, aree industriali, aree
attrezzate, aree sportive); (b) suoli agri-
coli (terre lavorabili, prati, pascoli, aree
a parco); (c) suoli forestali (fustaia,
ceduo, castagneto, sughereta, forma-
zioni rupestri, formazioni riparie); (d)
suoli poco artificializzati (pascoli alpini,
altri spazi con vegetazione, spazi senza
vegetazione); (e) corpi idrici (corsi d’ac-
qua, laghi, serbatoi artificiali, nevai e
ghiacciai perenni). Negli eco-sistemi è
possibile individuare una struttura (com-
ponenti e fattori), un funzionamento (i
processi ecologici), una vicenda tem-
porale (successione ecologica).
Gli ecosistemi devono essere singo-
larmente valutati come “l’unità di base”
del funzionamento della natura e il
livello di organizzazione della natura
stessa più conveniente per l’analisi
ecologica. Se passiamo a considerare
la struttura giuridico-economica del
territorio, accanto alla proprietà privata
e pubblica, troviamo una diffusa pre-
senza dei possessi di proprietà collet-
tiva. Secondo l’indagine compiuta
dall’INEA nel 1947, era censita nel
nostro Paese una superficie dei terreni
di uso civico in 3.085.028 ettari, di cui
2.596.236 (84,2%) in possesso dei
comuni e 488.792 (15,8) in possesso
delle associazioni agrarie.
Giova far presente come la rilevazione
non tenne conto di alcune superfici di
collettivo godimento presenti in alcune
aree del Nord-Est del nostro Paese e
che nel corso del tempo i dati su ripor-
tati hanno subito variazioni in aumento
per successivi accertamenti e rivendi-
cazioni da parte delle comunità locali
e in diminuzione per espropriazioni,
abusivismo, vendita. Il recente Censi-
mento dell’Agricoltura condotto dall’I-
STAT nel 2010 mette in evidenza una
realtà complessivamente differente,
essendo stata rilevata (presumendo
su sola dichiarazione degli enti di
gestione) una superficie di 1.103.000
ettari gestita dagli enti di gestione delle
terre di uso civico. L’entità della super-
ficie sopra riportata precisa la dimen-
sione economica ed ambientale degli
assetti fondiari collettivi del nostro
Paese e stabilisce i limiti del problema
politico delle terre di collettivo godi-
mento (il c.d. demanio civico), alla cui
comprensione è particolarmente utile
la conoscenza della loro distribuzione
geografica, della natura agronomica
delle terre, delle funzioni degli ecosi-
stemi e, quindi, delle utilità che dagli
ecosistemi degli assetti fondiari collet-
tivi si ottengono.
Il termine generico di utilità rese dagli ecosistemi comprende i beni e i servizi
che risultano dalle funzioni specifiche di ciascun ecosistema, vale a dire dai
prodotti tratti dagli ecosistemi, dalla valorizzazione dei cicli di regolazione naturale,
dalla utilizzazione degli ecosistemi come supporto di attività sociali e culturali.
Quattro sembrano a noi le categorie dei “servizi resi dagli ecosistemi” attraverso
le funzioni:
a.) di regolazione. Questo gruppo di funzioni si riferisce alla capacità degli eco-
sistemi naturali e seminaturali di regolare e mantenere a punto essenziali processi
ecologici e supporti vitali dei sistemi attraverso cicli geo-chimici e altri processi
della biosfera. In aggiunta alla conservazione della naturalità dell’ecosistema,
questa regolazione delle funzioni procura un gran numero di servizi che hanno
diretti o indiretti benefici alla società (quali sono la purezza dell’aria, dell’acqua
e del suolo, e servizi di controllo biologici).
b.) di habitat (spazio vitale). Gli ecosistemi naturali costituiscono rifugio e con-
sentono habitat riproduttivo alle piante ed agli animali selvatici e perciò contri-
buiscono alla conservazione in situ della diversità biologica e genetica ed ai
processi evolutivi.
c.) di produzione di beni. Le risorse materiali (risorse minerali, risorse biologiche,
risorse di flusso), come abbiamo visto, danno origine a flussi di beni finiti o
intermedi e di energie. Esse alimentano pertanto il processo delle produzioni
territoriali; processo che si differenzia in rami tra i quali distinguiamo: (a) le attività
dell’agricoltura, (b) della selvicoltura, (c) dell’allevamento, (d) delle industrie
collettrici (della caccia, pesca, raccolta funghi, di piante medicinali ed ornamen-
tali, ecc.), (e) dell’industria estrattiva, (f) delle industrie delle energie rinnovabili
(idroelettrica, eolica, solare).
d.) di richiamo. Gli ecosistemi naturali procurano opportunità pressoché illimitate
per un arricchimento spirituale, sviluppo culturale e per attività di tempo libero.
Negli ecosistemi sono presenti, infatti, situazioni, condizioni, atti, segnali, beni
culturali naturali o dell’attività umana che - senza alterare la sostanza materiale
dei beni, ma modificandone, invece, le condizioni estrinseche e di relazione -
attirano l’attenzione dei consumatori. Si tratta di aspetti estetico-paesaggistici,
di quadro piacevole di vita, di percorsi nella natura, di aree per attività ricreative
a carattere rigenerativo e/o attivo/sportivo, di informazioni scientifiche ed edu-
cazionali, di fonti di ispirazione culturale o artistica. In conclusione, come è facile
constatare, i servizi sono molto diversificati ed entrano come argomento della
funzione di utilità degli individui.
Peraltro, occorre tener presente che certi equilibri naturali non sono evidenti se
non in presenza della loro rottura; altri sono addirittura vitali (mantenimento della
composizione chimica dell’aria, filtro dei raggi ultravioletti, captazione delle
sostanze inquinanti, protezione idro-geologica, ecc.).
Vale, quindi, la pena di rimarcare come, pur in un quadro di approccio esplorativo,
sia necessaria l’elaborazione di idonei strumenti di analisi e di misura delle inte-
razioni tra gli ecosistemi degli assetti fondiari collettivi e le attività umane, un
censimento dei servizi resi dagli ecosistemi ed una loro metodologia di quanti-
ficazione. Pietro Nervi
Professore di Economia e Politica montana e forestale. Presidente del Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà
collettive dell’Università di Trento.
Beni e servizi tutelati dalla Consulta nazionale delle
proprietà collettive e da trasmettere alle generazioni
future, rischiano di essere rivendicati senza giustificato
motivo da parte delle comunità locali e destinati ad
espropriazioni, pratiche di abusivismo e vendita
La sede dell’Università Agraria di Tarquinia, Ente pubblico con personalità giuridica riconosciuta sin dal 1894, come tutte quelle comunanze e associazioni istituite precedentemente a profitto della comunità per la coltivazione ed il godimento collettivo dei fondi, in seguito all’emanazione della legge sull’ordinamento dei domini collettivi ubicati nelle province degli ex Stati Pontifici. A lato: il professor Pietro Nervi.
Gli assetti fondiari collettivi, una grande risorsa per il territorioLa conservazione dell’ecosistema può essere salvaguardata soltanto se si sostengono le attività delle iniziative
locali, le quali, attraverso la regolazione delle funzioni, procurano un gran numero di servizi che danno diretti o
indiretti benefici alla società (quali la purezza dell’aria, dell’acqua e del suolo, e servizi di controllo biologici). Gli
ecosistemi naturali costituiscono rifugio e consentono habitat riproduttivo alle piante ed agli animali selvatici e
perciò contribuiscono alla conservazione in situ della diversità biologica e genetica ed ai processi evolutivi. Le
risorse materiali (minerali, biologiche, di flusso), danno, invece, origine a flussi di beni finiti o intermedi e di energie.
Esse alimentano il processo delle produzioni territoriali, tra le quali le attività dell’agricoltura, della selvicoltura,
dell’allevamento, delle industrie collettrici (caccia, pesca, raccolta funghi, di piante medicinali ed ornamentali, ecc.),
dell’industria estrattiva, delle industrie delle energie rinnovabili (idroelettrica, eolica, solare). Gli ecosistemi naturali,
anch’essi compresi, procurano opportunità pressoché illimitate per un arricchimento spirituale e sviluppo culturale.
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Noi ce l’abbiamo fatta. Lo pos-
sono dire in tanti, anche se il
terremoto in epoche diverse
ha colpito duramente i luoghi dove
tutt’ora vivono con le loro famiglie.
Tutto ciò è potuto accadere grazie ad
un’attenta ed efficace gestione delle
risorse. Luoghi dove ancora oggi il
modo in cui venne gestito il dramma
post-sisma, viene ricordato come un
alto esempio di efficienza e serietà.
Il motore della ricostruzione fu assicu-
rato in gestione alle amministrazioni
locali, che effettuarono controlli rigorosi
di sventura molti si accorsero di esi-
stere. Il paesaggio mutò dalla piana di
Goleto ai costoni del Terminio. Errori
di altri uomini umiliarono la gente dispe-
rata e ingigantirono il bilancio della
tragedia.” Così descrissi in un libro
scritto con Mimmo Carratelli e Aldo
De Francesco quella sera in cui “d’un
trattò soffiò la bora...in quel momento
soffiò una strana bora...e tutti dissero
che quello era l’alito del diavolo...”
Trent’anni dopo i paesi ridotti a mace-
rie sono rinati, ma la ricostruzione non
fu soltanto mattone su mattone, ma
edificazione e politica dello sviluppo,
si pensò a creare bacini industriali
sugli standard di ricostruzione. Come
è accaduto a Onna, il borgo abruzzese
quasi completamente distrutto dal
terremoto, dove è stato necessario
l’intervento della Protezione Civile del
Trentino impegnata con decisione
nell’attività di ricostruzione per offrire
a quanti sono rimasti senza abitazione
un alloggio idoneo per le esigenze più
immediate, ma anche mettendo a
disposizione risorse e mezzi per la
ricostruzione della località duramente
colpita.In tempi più lontani in Friuli,
dove prevalse subito la voglia di ripar-
tire. La tragedia (oltre mille morti, 500
aziende distrutte, la perdita di quasi 20
mila posti di lavoro), si è rivelata una
grande opportunità di sviluppo.
Già due anni dopo, il 90% delle indu-
strie aveva ripreso l’attività e l’occupa-
zione era addirittura aumentata rispetto
al 1975. Un risultato eccezionale, ma
nel settore agricolo la trasformazione
fu a dir poco miracolosa! I prosciutti
friulani, il formaggio Montasio Dop e i
grandi vini della regione esistevano già
prima, ma hanno avuto una grande
occasione di rilancio proprio dal disastro
del gusto e dell’accoglienza. Tutto
quello che l’Abruzzo merita di ritrovare.
Nei secoli passati, invece, si faceva
ricorso alle preghiere invocate dalla
popolazione tutta, come ricorda una
scritta che campeggia nella Chiesa di
Santa Chiara a Rimini sopra l’altar mag-
giore “A flagello terraemotus libera
nos, Domine”. Dal 1600 ad oggi, Rimini
è stata colpita 4 volte, una per secolo,
con frequenza sempre ravvicinata fino
al 1916. Distruzioni su distruzioni.
Non sappiamo se sono bastate le pre-
ghiere a trasformare Rimini in una città
della sua città, Avellino che, con inizia-
tive nuove, ha fatto della cultura e
dell’arte uno dei momenti fondamen-
tali della vita degli avellinesi, special-
mente i giovani, ci aiuta a capire cosa
è accaduto dopo il terremoto dell’Irpi-
nia. “...cambiò ancora una volta, in una
mite sera di novembre,la vita degli
uomini in Irpinia. La terra scosse dura-
mente le vecchie gole dei malandrini,
abbattè i campanili, ferì le colline,
distrusse i paesi degli eremiti e degli
emigranti, sconvolse le pacate e labo-
riose comunità contadine. In quei giorni
mentre si ricostruivano per prime le
“case sparse”, le case dei contadini,
oltre duecentomila, e questo fu l’a-
spetto più rilevante. Qualcuno sottoli-
neò che si era di fronte al più grande
intervento edificatorio dal dopoguerra
in poi, ma le cose positive e lo spirito
indomito della gente d’Irpinia fu mor-
tificato da campagne di stampa deni-
gratorie che lasciarono immaginare
che la sola Irpinia avessero fagocitato
quasi 56 mila miliardi di lire. Ancora
oggi, viene impropriamente definito
dell’Irpinia un terremoto che devastò
del terremoto. In minima parte è avve-
nuto anche in Irpinia: tra sprechi di
miliardi e miliardi di lire, il settore che
alla fine ne è uscito meglio è stato
proprio l’enogastronomia. Nel dopo
terremoto, si è affermata una produ-
zione vinicola di altissimo livello, che
ha fatto da guida per tutto l’agroalimen-
tare di qualità della Campania.
Anche in Abruzzo, dove i rari palazzi
agibili restano vuoti per sicurezza, gli
aquilani non hanno perso la speranza
di far rivivere, un giorno, il centro sto-
rico, perché il segreto è nel mix di
contenitore e contenuto, di centri sto-
rici belli e vivaci che ospitano artigiani
vivace, attiva, rinata. Ma tant’è.
All’improvviso soffiò una strana boraApriamo a partire da questo numero
una pagina di cronaca sui luoghi della
ricostruzione “virtuosa” che ci riporta
al terremoto dell’Irpinia, fatti che ci
vengono ricordati da un giornalista
attento, testimone di quei tragici
momenti, vissuti da vicino, riportati
poi nel libro: “Ultime voci dall’epicen-
tro”. La testimonianza di Salvatore
Biazzo, giornalista della Rai, uno dei
volti di “90° Minuto”, intellettuale sen-
sibile e raffinato, Assessore alla Cultura
Territori che rinascono dopo le calamità naturali grazie ad un’attenta
ed efficace gestione delle risorse
Quando il rudere diventa una risorsaMolti ricordano, come un monito, le parole in apertura del documentario girato nell’80 da Lina Wertmuller, in occasione
del terremoto dell’Irpinia, e trasmesso l’anno dopo: “Il terremoto non è finito, si deve solo non dimenticare…”.
La testimonianza di chi ce l’ha fatta a superare la tragedia del terremoto servirà a stabilire un legame con i sindaci
dell’Emilia e dell’Oltre Po mantovano, i quali hanno ricevuto, lo scorso novembre, un riconoscimento speciale - la
Medaglia Spadolini - per l’alto senso civico in virtù del quale si sono adoperati a vantaggio delle popolazioni colpite.
Cosa è accaduto in altri luoghi d’Italia in occasione di altre calamità? Cominciamo il nostro viaggio da Auletta, nel
salernitano, dove i segni dell’uomo e della cultura contadina sradicata dal terremoto costituiscono oggi un Parco a
ruderi, un luogo dove ricordare come il sisma del 1980 cambiò le vicende di questo paese.
Trent’anni dopo il terremoto dell’Irpinia, i paesi ridotti a macerie sono rinati, si pensò a creare bacini industriali mentre si ricostruivano per prime le “case sparse”, le case dei contadini, oltre duecentomila.
Il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, nel primo giorno del vertice G8 che si svolse in Abruzzo, durante la visita ad Onna, il borgo quasi completamente distrutto dal terremoto, dove è stato necessario l’intervento della Protezione Civile del Trentino. I volontari sono stati impegnati nell’attività di ricostruzione per offrire a quanti erano rimasti senza abitazione un alloggio idoneo per le esigenze più immediate, ma anche mettendo a disposizione risorse e mezzi per la ricostruzione della località duramente colpita.
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Quando il rudere diventa una risorsa
una area grande quanto il Belgio: tutta
l’Irpinia, la Campania, la Basilicata e 16
comuni della Puglia.
La sola Napoli, con i morti dell’unico
edificio crollato in via Stadera, assorbì
oltre 16 mila miliardi, spendendone
l’ottanta per cento per inutili e incom-
piute infrastrutture e non per le case.
Ma all’Irpinia, al “suo” terremoto furono
addebitati tutte le migliaia di miliardi
spesi, le parole di fuoco e di scandalo
seppellirono così, indecentemente, i
tremila morti di quella sera “dolce e
mite” in cui all’improvviso soffiò una
strana bora.
Il terremoto non è finito, si deve solo non dimenticareCominciamo da qui per raccontare “chi
ce l’ha fatta”. Molti ricordano, come
un monito, le parole in apertura del
documentario girato nell’80 da Lina
Wertmuller e trasmesso l’anno dopo:
“Il terremoto non è finito, si deve solo
non dimenticare…”. La loro testimo-
nianza servirà attraverso il Premio Eco
and the City, a stabilire uno stretto
legame con i sindaci dell’Emilia e
dell’Oltre Po mantovano che hanno
ricevuto, lo scorso novembre, un rico-
noscimento speciale (la Medaglia Spa-
dolini) per l’alto senso civico in virtù
del quale si sono adoperati a vantaggio
delle popolazioni colpite, motivando il
successo della seconda edizione
Premio Eco and the City, svoltasi a
Trento. La Fondazione Spadolini Nuova
Antologia ha voluto guardare in previ-
sione della prossima edizione del
Premio alle aree del cratere sismico
dell’ultimo terremoto, per consentire
ai Comuni colpiti di confrontarsi con
altre realtà della penisola sul futuro del
nostro Paese, sempre a rischio di gravi
calamità. Con il conferimento della
Medaglia Spadolini a tutte le munici-
palità colpite dal sisma in Emilia, ha
voluto esaltare il valore della solidarietà,
organizzando la prossima edizione del
Premio a Modena, per affiancare i primi
cittadini che, con la loro condotta esem-
plare, hanno saputo trasformare l’e-
mergenza in una grande occasione per
ripensare il rapporto con il territorio
ferito: l’uso e la tutela del paesaggio,
l’attenzione al consumo di suolo, la
necessità di investimenti per la messa
in sicurezza e la prevenzione dei rischi,
la ricostruzione in chiave di sostenibilità.
E poi vogliamo parlare di quell’esercito
silenzioso che si mette in moto dopo
ogni calamità naturale.
Uomini, donne, giovani: i volti del’Italia
solidale. I volontari mobilitati oggi anche
dalla rete che scendono sul campo
dell’impegno civile.
Il Parco a ruderi di Auletta Cosa è accaduto in occasione delle
altre calamità? Cominciamo con la
storia di Auletta, un piccolo comune
del salernitano, di origini mitiche perse
nel tempo, pronto ad ospitare il Parco
a ruderi (non ancora completato) per
ricordare il sisma che colpi nel 1980 la
Campania e la Basilicata, modifican-
done il corso della storia. Si tratta del
vecchio centro storico abbandonato a
seguito del sisma del 23 novembre
1980. Con un intervento già realizzato
si è provveduto a metterne buona parte
in sicurezza, senza interventi invasivi
di cementificazione. Sul fronte del
turismo scolastico, con l’istituzione del
museo MIdA, si è provveduto a tra-
sformare l’offerta di gita scolastica in
prodotto didattico, con laboratori su
tematiche carsiche, botaniche, scien-
tifiche ed ecologiche. L’iniziativa è stata
avviata da quelli che erano i giovani di
allora, letteralmente “scossi” dalla
calamità che ha colpito il territorio. In
prima fila Francescantonio D’Orilia,
all’epoca del sisma appena dicianno-
venne, che ha avuto la voglia di capire,
come i suoi amici, quali sarebbero stati
effettivamente i danni provocati dal
sisma che aveva spezzato vite e sca-
raventato la coscienza contadina verso
il nulla alla ricerca di un’identità.
Dalla riflessione è stato avviato un
serrato confronto sulle ferite sociali del
sisma. Ne è nato un progetto esem-
plare che proviamo a raccontare.
La località si trasforma in un’autentica
“officina del fare“, dimostrando di
saper pensare al futuro guardando al
passato, trasformando il territorio in
una fabbrica di idee. Vediamole.
“Occorreva vedere il dopo terremoto
da un’angolatura diversa - spiega Fran-
cescoantonio D’Orilia, che oggi, cin-
quantaquattrenne, con un’esperienza
di sindaco nel vicino comune di Pertosa
alle spalle, è a capo di una struttura
no-profit che ha letteralmente cambiato
il modo di “pensare” il territorio - biso-
gnava studiare, capire, intravedere i
cambiamenti che un sisma può deter-
minare su tutti i livelli, urbanistici, eco-
nomici, sociologici, sanitari”. Queste
ragioni hanno mosso l’idea MIdA, una
fondazione che si prendesse carico
della volontà di sperimentare un
modello di sistema locale basato su
elementi indigeni, dall’architettura,
all’agricoltura, dal turismo alle emer-
genze naturalistiche, fortificati tuttavia
dalla ricerca, dall’innovazione e dalla
qualità. Nasce così un progetto che
interessa i territori a cerniera fra i ter-
ritori del Vallo di Diano, della Valle del
Sele-Tanagro e dei Monti Alburni, diven-
tato un modello di gestione che, a
partire dalle Grotte di Pertosa-Auletta,
ha valorizzato e messo in rete in
maniera armonica e coerente diverse
emergenze culturali, ambientali e natu-
ralistiche ampliando l’offerta del territorio in maniera sostenibile e di qualità. Il
sito delle Grotte di Pertosa-Auletta, ottenuto grazie al lavoro incessante della
natura da 35 milioni di anni, attrae ogni anno migliaia di visitatori che scelgono
questo luogo per diversi aspetti che vanno dall’interesse naturalistico, speleo-
logico a quello archeologico che ne fanno uno dei siti più importanti della penisola.
Oggi è possibile seguire ed ammirare i tragitti che si snodano per circa 3000
metri. Il tratto iniziale delle Grotte è invaso dalle acque del fiume Negro, che
offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca fino a raggiungere un pic-
colo approdo dal quale ci si inoltra nelle viscere della terra immersi in un silenzio
magico, laddove luci ed ombre si incontrano e si confondono in un gioco sempre
nuovo, rimanendo incantati dallo scrosciare della grande cascata naturale.
Un territorio che rinasce Il sistema MIdA rappresenta una realtà unitaria e solida di gestione di un insieme
di attività turistiche diversificate e di promozione dello sviluppo territoriale. Ricorda
Francescoantonio D’Orilia: “I primi passi vennero fatti nel gennaio 2004 grazie
all’intervento della Regione Campania, Provincia di Salerno, Comune di Auletta
e Comune di Pertosa. La Fondazione, ente senza fini di lucro, nasce con lo scopo
di realizzare un modello di sviluppo locale fondato sulla valorizzazione di beni
ambientali e storici definiti minori e svolge lavoro di ricerca, sviluppo e valoriz-
zazione in maniera partecipata con gli attori locali”. I fondatori hanno contribuito
Così descrisse Salvatore Biazzo, giornalista della Rai, uno dei volti di “90° Minuto”, nel libro: “Ultime voci dall’epicentro” quella sera in cui “d’un trattò soffiò la bora...in quel momento soffiò una strana bora...e tutti dissero che quello era l’alito del diavolo...”
Auletta, piccolo comune del salernitano, di origini mitiche perse nel tempo, è pronto ad ospitare il Parco a ruderi (non ancora completato) per ricordare il sisma che colpì nel 1980 la Campania e la Basilicata, modificandone il corso della storia. Si tratta di una parte del vecchio centro storico abbandonato a seguito del sisma rimasta com’era. Il resto del paese rappresenta un bell’esempio di ricostruzione.
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Quando il rudere diventa una risorsa
a tale processo attraverso investimenti
di natura diversa, con interessanti rica-
dute occupazionali dirette ed indotte.
Il sistema necessita di un’ulteriore
valorizzazione, di un’ottimizzazione dei
servizi e di adeguata promozione. Le
previsioni dei risultati si basano sulla
stabilità della gestione, sulla consolidata
esperienza della Fondazione e sulle
prospettive di sviluppo. Il sistema di
gestione, ben oliato, rischia ora di
segnare il passo. La Regione Campania,
dopo aver promosso un bando ( http://
geoparco Cilento, il sito delle Grotte di
Pertosa - Auletta è geosito focale e la
Direzione Scientifica della Fondazione
MIdA è inserita nel consiglio scientifico
del Geoparco “Cilento e Vallo di Diano”.
Tutto comincia in una grottaIl risultato conseguito è un’opportuna
destagionalizzazione dei flussi dei visi-
tatori di Pertosa-Auletta, perché le gite
scolastiche si effettuano nei soli mesi
di aprile e maggio, mentre la didattica
impegna il periodo da settembre a
giugno. La realizzazione dello spetta-
colo de “L’Inferno di Dante nelle grotte
www.progetto-rena.it/coauletta/) per
stimolare la generazione di idee di
impatto sostanziale e sostenibile per
la rinascita della città di Auletta, ha
congelato un finanziamento di euro
2.500.000,00 destinato a rilanciare
l’iniziativa ed uno di euro 1.750.000
che completerebbe il sistema dei ser-
vizi e dell’accoglienza intorno alle
Grotte. Tali risorse finanziarie oggi, se
liberate, sarebbero ben finalizzate
grazie al valore aggiunto che il concorso
di idee ha messo in campo con le varie
proposte progettuali arrivate da varie
parti d’Italia ed oltre. Non appare pre-
a Pertosa” ha intercettato una domanda
di turismo stanziale, incrementando
per tutto l’anno i soggiorni nell’intero
Vallo di Diano ed ha dato vita ad un
vero e proprio modello: lo speleo teatro,
replicato a Castelcivita ed a Castellana.
Per valorizzare turisticamente il terri-
torio, la Fondazione ha promosso la
costituzione di Cilento Incoming Soc.
a r.l., un tour operator a cui aderiscono
oltre 150 portatori d’interesse della
ricettività a sud di Salerno. Inoltre ha
promosso un’offerta integrata delle
Grotte della Provincia di Salerno (Castel-
civita, Morigerati, Pertosa-Auletta)
occupato del ritardo il Presidente D’O-
rilia. Anzi! Forte delle tantissime
proposte e progetti che in questi ultimi
anni la fondazione MIdA a partire dalla
Direzione scientifica della Prof.ssa
Mariana Amato, ha messo in campo,
tutte innovative, utili per generare nella
comunità locale la consapevolezza sul
valore dei beni naturalistici, archeologici
ed agro-ambientali del territorio e la
messa in luce delle loro caratteristiche
di qualità, eco-compatibilità, integra-
zione con i cicli ambientali e con la
memoria dei luoghi. Come le collezioni
di germoplasma vivente del frutteto
denominata “Tre Grotte tre fiumi ”.
MIdA aderisce all’Associazione Grotte
Turistiche Italiane (AGTI) sin dalla sua
nascita(1994), avendone anche la Pre-
sidenza, in più ha sostenuto la nascita
dell’Associazione di Comuni “Città
delle Grotte”, nell’ambito di Res Tipica
dell’ANCI e promuove costantemente
lo sviluppo di alleanze strategiche ter-
ritoriali con i Comuni limitrofi. Infine,
MIdA è socia costituente della Fonda-
zione della Comunità Salernitana. Oltre
al coinvolgimento delle associazioni
locali interessate alle problematiche
speleologiche ed archeologiche, con
storico ed in exiccata negli erbari storici
e moderni rispondono invece alla fun-
zione di conservare e rendere dispo-
nibile per lo studio e la diffusione, la
biodiversità dell’intera area del Cilento
e Vallo di Diano, dichiarata dal 1997
Riserva della biosfera e dal 1998 Patri-
monio dell’umanità dell’UNESCO. Le
attività del museo prevedono poi azioni
di studio e documentazione sui sistemi
agro ambientali della collina interna,
che presentano materiale genetico
unico (carciofo bianco, pomodorino,
colture arboree), ma anche sull’insieme
delle tecniche agronomiche tradizionali
le quali la Fondazione ha relazioni con-
solidate, essa ha in atto l’iniziativa “Club
MIdA Junior”, con gli allievi delle scuole
primarie e secondarie di primo grado
del territorio che vengono coinvolte
nella condivisione delle iniziative muse-
ali con le scuole del territorio e parte-
ciperanno agli allestimenti museali ed
alla ricerca sul territorio e redazione di
guide “junior” al territorio per ragazzi.
Partecipano al consiglio gli insegnanti
e i dirigenti scolastici che aderiscono
al progetto . Infine, la Fondazione MIdA
ha istituito “l’Osservatorio sul Dopo-
sisma” perché sembrava opportuno
spesso irraggiungibili, pertanto non
contaminate dal processo d’industria-
lizzazione foriero d’inquinamento
ambientale. Con il secondo la fonda-
zione patrimonializza i termini onoma-
stici di museo ed ambiente, entrambi
portatori di valori, anche sotto l’aspetto
tipicamente economico di mercato. I
musei ed il sito delle Grotte sono stati
inseriti nel 2009 nel sito UNESCO
Geoparco “Cilento e Vallo di Diano”.
La rete UNESCO Geoparks è stata
istituita con lo scopo di incentivare la
responsabilità nella gestione sostenibile
del patrimonio di un territorio. Nel
un altro sul processo d’industrializza-
zione della ricostruzione (l. 219) a cura
dell’Ufficio Studi del Monte dei Paschi
di Siena. Inoltre la Fondazione pro-
muove la realizzazione di attività spor-
tive legate alle caratteristiche del
territorio, quali rafting, speleoraft, equi-
turismo, torrentismo, tree climbing con
le quali ha integrato la già efficace
offerta turistica di avventura.”Non ci
fermeremo qui - conclude Francesco-
antonio D’Orilia - “il cammino è ancora
lungo e la strada si fa andando”. Loredana Renaudo
che devono essere documentate per
le loro valenze storico-culturali ed inse-
rite in cicli produttivi sostenibili ed
integrati con la fruizione culturale e
turistica dell’area. “Al fine di aiutare
le produzioni locali nella ricerca di nuovi
canali distributivi ed al contempo con-
tribuire alla loro creazione di valore, la
fondazione - spiega Francescoantonio
D’Orilia - ha creato i marchi “Terre di
grotte” e “Ma-musei integrati dell’am-
biente”. Con il primo (terre di grotte)
s’intende esplicitare uno storytelling
particolare: il territorio carsico, da
sempre associato ad aree povere e
riflettere ed avviare un serrato con-
fronto sulle ferite sociali del sisma del
1980, le modifiche avvenute nelle
dinamiche demografiche, comunitarie,
antropologiche, economiche e politiche
a causa dell’evento e delle attività di
ricostruzione.
A tal proposito sono stati realizzati dei
rapporti: uno di comparazione tra gli
eventi che hanno interessato, in tempi
diversi, la Campania-Basilicata, il
Molise, l’Umbria e L’Aquila; uno studio
sulla comunità di Caposele, in collabo-
razione con la cattedra di Antropologia
Culturale dell’Università di Bergamo;
RICO
STRU
ZION
E SO
LIDALE
Il tratto iniziale delle Grotte di Pretosa-Auletta (attrazione per un notevole numero di speleologi), è invaso dalle acque del fiume Negro, che offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca fino a raggiungere un piccolo approdo dal quale ci si inoltra nelle viscere della terra, immersi in un silenzio magico, laddove luci ed ombre si incontrano e si confondono in un gioco sempre nuovo, rimanendo incantati dallo scrosciare della grande cascata naturale.
A sinistra: La realizzazione dello spettacolo de “L’Inferno di Dante nelle grotte di Pertosa Auletta” ha dato vita ad un vero e proprio modello: lo speleo teatro.
Dopo il terremoto, i giovani hanno messo in campo azioni utili per generare nella comunità locale la consapevolezza sul valore dei beni naturalistici, archeologici ed agro-ambientali del territorio e la messa in luce delle loro caratteristiche di qualità, eco-compatibilità, integrazione con i cicli ambientali e con la memoria dei luoghi. Nella foto il Presidente della Fondazione MIdA Francescoantonio D’Orilia.
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MOD
ELLI
DI T
ERRI
TORI
O
MOD
ELLI
DI T
ERRI
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O Probabilmente quando oltre mille
anni fa l’abbondante terreno
argilloso presente nell’area
cominciò a prendere forme e colori di
vasi ed oggetti, impregnati di culture
diverse e commercializzate oltre i con-
fini, non ci si poteva aspettare che
quelle tecniche, prima timide e poi via
via sempre più trasgressive diventas-
sero l’essenza della città; la ragione
per cui Faenza (faience) è nota e
famosa nel mondo. Dal primo ‘400 è
stato un susseguirsi di temi sempre
nuovi che innestandosi sui precedenti
hanno confermato ed innovato la voca-
zione artistica della città. I “Bianchi di
Faenza” della metà del ‘500 rappre-
sentano un momento insuperabile
dell’arte ceramica e ora il Museo inter-
nazionale delle ceramiche sorto nel
1908 è una eccellenza mondiale. Se la
storia della ceramica è raccolta preva-
lentemente nel museo o comunque in
ambienti dedicati, si può affermare che
dal ‘900 questo “materiale”, al quale
la città ha dato il nome, si affaccia
sempre più all’esterno presentandosi
in molteplici vesti. Senza dubbio lo
spazio esterno, visibile da tutti, ma
implacabile giudice per gli interventi
con insufficienti tecnica e creatività, è
diventato il vero e unico museo all’a-
perto per eccellenza. Museo inteso in
un’accezione diversa e innovativa, in
senso territoriale, dinamico e fluido,
quale luogo in cui sperimentare la
ceramica, lasciandola lì al giudizio della
gente e del tempo.
Questo spazio, senza muri, qualificato
qua e là da installazioni artistiche che
contemplino anche l’uso di ceramica,
è il biglietto da visita della città.
La scelta di Faenza, e qui risiede la
grande novità e lungimiranza, da un
secolo a questa parte, è stata quella
di puntare alla qualità del messaggio
“ceramico”, centellinando le sperimen-
tazioni urbane per poterne esaltare
l’innovazione; un processo che con-
sente di scandire e comprendere la
cronologia artistica della città. Altre
“città ceramiche”, invece, hanno cer-
cato di diffondere (in alcuni casi appic-
cicare) in modo quantitativo e con ogni
mezzo la ceramica, a volte riuscendoci
e a volte no, seguendo il principio del
non perdere alcuna occasione, ma
esponendosi al rischio, certo, di bana-
lizzare il messaggio promozionale.
Dopo decenni di amletici dubbi e altret-
tante dispute sulla migliore strada da
seguire, è stato il tempo a fornire la
soluzione: che è, e non potrebbe essere
altrimenti, quella della qualità innovativa
rispetto alla quantità invasiva.
Le direzioni, che attestano il percorso
sono molteplici e qui si citano solo le
azioni più significative.
Nel campo dell’architettura gli straor-
dinari ricami di Palazzo Valenti (1887)
e i raffinati cromatismi di Casa Zucchini
(1908), Casa Albonetti (1909), Casa
Matteucci (1910), Casa Vignoli (1910)
sono la premessa ad un gesto artistico
straordinario quale la Tomba Melandri
di Lucio Fontana (fine anni ’50) e ad
una contemporanea architettura di
Ettore Sottsass (2009). Anche l’urba-
nistica si è aperta alle collaborazioni
con artisti che hanno usato la ceramica
in modo innovativo e anticipativo alla
scala del quartiere: le sei installazioni
nel quartiere S. Lucia e quella del nuovo
quartiere San Rocco riportano a pieno
diritto l’artista nella sfera propria della
progettualità urbana.Il restauro dei
grandi edifici può offrire occasioni arti-
stiche di grande suggestione come è
documentato dagli allestimenti in cera-
mica nella chiesa medievale di S. Laz-
zaro, in quella moderna del Paradiso e
dalle installazioni sui soffitti voltati del
Palazzo comunale di Via Zanelli. Si tratta
di opere permanenti che vivono con
gli edifici e solo con quelli, relegando
il mero aspetto espositivo ad un ruolo
secondario.
Se va privilegiato un settore in cui
mantenere alto il livello innovativo e
creativo delle proposte, è certamente
quello delle opere d’arte urbane per-
manenti; dal monumento alla resistenza
di Domenico Matteucci (1976), nel
Viale della Stazione, fino alla “Spirale”
di Germano Sartelli (2010) nella rotonda
dell’ex Omsa, sono esemplificabili stili,
tecniche, autori che raccontano nel
modo più esplicito l’arte ceramica: un
libro all’aperto di storia dell’arte degli
ultimi 50 anni. Ma soprattutto è neces-
sario evidenziare il sobrio arredo urbano
ceramico faentino, discreto e perciò
qualificante; nei casi migliori, quando
si è spogliato di improprie velleità arti-
stiche, ha raggiunto livelli di grande
gusto che lo rendono attuale a distanza
di oltre 100 anni; numeri civici disegnati
da mano anonima nel 1904 e targhe
stradali ne sono un esempio.
Faenza deve solo continuare a scegliere
le opere ceramiche altamente innova-
tive da esporre al pubblico senza farsi
influenzare da mode o protagonisti
momentanei. Se è acclarata dalla storia
la sovrapposizione di Faenza a faience
è innegabile la difficoltà e l’impegno
da profondere per comunicare oggi in
modo innovativo e futuribile la cera-
mica. Nella competizione fra le città
sono vincenti solo quelle che attrag-
gono i creativi, i talenti, i giovani in
quanto costituiscono linfa per la Faenza
del futuro; ed è da questi che bisogna
partire, dalle loro idee prima che dalla
affannosa ricerca di vendere i prodotti
ceramici della tradizione. Il successo
artistico della città sarà una naturale
conseguenza. E’ la buona urbanistica
che con le strategie, la sua visione
dall’alto dei problemi proiettati nel lungo
periodo deve favorire l’attrazione e la
vivibilità urbana che rappresentano il
solo ambiente in cui si formano e cre-
scono le innovazioni; e quindi dove
germogliano l’arte e la ceramica.
L’urbanistica faentina guarda alla cera-
mica, intesa nel senso nobile del ter-
mine, guarda al momento della
ideazione, della innovazione, della sua
capacità di arricchire lo spazio urbano
e di elevarne il livello di riconoscibilità
in un mondo globalizzato; in pratica,
l’urbanistica vuole conservare il tratto
distintivo più noto di una comunità
radicato nella storia della città. L’urba-
nistica vuole promuovere l’arte e la
ricerca. La ceramica, quella inventiva
e non di imitazione, ha bisogno dell’ur-
banistica, delle sue strategie, di una
visione di lungo periodo per affrontare
realisticamente nuove sfide, nuove
occasioni di lavoro, nuove direzioni,
impensabili fino a qualche decennio
fa. La ceramica esce sempre più
spesso dalla bottega e incontra l’indu-
stria, l’arte urbana, la ricerca, il design.
E’ qui che, probabilmente, ci sono i
maggiori segnali di futuro ed è questa
l’attualità del sodalizio fra innovazione
ceramica e sviluppo del territorio.
Nell’articolo di apertura della rivista
DOMUS del febbraio 1933 Giò Ponti,
autore del celebre grattacielo Pirelli di
Milano, con lucida intuizione affermava:
…”Per chi lavora, per chi produce - e
non solo nelle industrie d’arte - non è
sufficiente la tecnica, l’economia, l’o-
stinato sforzo, se a queste virtù non
s’accompagna l’intuito dell’avvenire,
cioè dei costumi della vita di domani,
vale a dire dei consumi di domani…
L’industriale, il produttore che non
vede, nelle arti, la figura dell’avvenire,
non vede l’avvenire della propria indu-
stria, del proprio lavoro: egli è un cieco,
egli è un cattivo industriale.”…
Considerazioni quanto mai attuali in
questo momento storico. Ennio Nonni
Nella cittadina romagnola la ceramica esce sempre più spesso dalla bottega
e incontra l’industria, l’arte urbana, la ricerca, il design
Casa Matteucci in Corso Mazzini, Faenza, risalente al 1909 con ampie decorazioni in maiolica riccamente dipinta: una perfetta sintesi dell’arte del ferro e della ceramica.
In alto: targa stradale in ceramica - esempio di targa in maiolica dipinta per l’indicazione stradale realizzata nel 1910. In alto: una decoratrice di Faenza nel suo studio.
Faenza e la ceramica il respiro urbanistico della cittàL’urbanistica faentina guarda alla ceramica, intesa nel senso nobile del termine, guarda al momento della ideazione,
della innovazione, della sua capacità di arricchire lo spazio urbano e di elevarne il livello di riconoscibilità in un mondo
globalizzato; in pratica, l’urbanistica vuole conservare il tratto distintivo più noto di una comunità radicato nella storia
della città. L’urbanistica vuole promuovere l’arte e la ricerca. La ceramica, quella inventiva e non di imitazione, ha
bisogno dell’urbanistica, delle sue strategie, di una visione di lungo periodo per affrontare realisticamente nuove
sfide, nuove occasioni di lavoro, nuove direzioni, impensabili fino a qualche decennio fa.
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La prima azione l’ha fatta la natura
che ha disseminato su tutto il
pianeta sedimenti clastici sciolti,
provenienti dal dilavamento di rocce
contenenti minerali argillosi, i quali con
la concentrazione del sedimento fine,
a seguito di un lungo trasporto preva-
lentemente in acqua, in ambienti lacu-
stri, marini, lagunari diventavano
particolarmente malleabili quando
idratata e può quindi essere facilmente
lavorata a mano, la seconda è dovuta
all’uomo che ha saputo utilizzare questo
materiale ottenuto scavando tra creste
d’argilla, colline brulle e dolcemente
ondulate, inasprite qua e là, incise dai
calanchi e da altre tipiche conformazioni
denominate balze e biancane. E’ un
tutt’uno che forma uno dei paesaggi
più straordinari e unici, come le Crete
senesi che danno al territorio il carat-
teristico colore grigio-azzurro e un’ap-
parenza spesso descritta come lunare
o il territorio di Civita di Bagnoregio,
nel viterbese, famosa per essere deno-
minata “la città che muore”che appare
arroccata su uno sperone di roccia
sovrastando l’ampia conca increspata
dai calanchi. Il territorio è sottoposto
ad una irrefrenabile erosione che vede
lo sperone tufaceo progressivamente
assottigliarsi su un sottostante strato
argilloso anch’esso instabile poiché
per la sua natura geologica é destinato
a subire l’azione erosiva degli agenti
atmosferici che lo modellano nelle
tipiche forme dei calanchi dall’azione
dilavante della pioggia sull’argilla.
Questi sono alcuni dei giacimenti ine-
sauribili di argilla, un terreno ricco di
sedimenti, denominato dal greco antico
Kéramos che significa creta o “terra
da vasaio”, utilizzato fin dall’antichità
nella creazione di manufatti risalenti al
periodo neolitico, quando i primi oggetti
di argilla (ciotole, vasi, brocche, ecc.)
venivano cotti direttamente sul fuoco.
Vari popoli, tra i quali si annoverano gli
antichi Egizi, i Persiani e i Cinesi, hanno
utilizzato l’argilla per la produzione di
porcellane. Già nell’antichità gli uomini
avevano imparato ad aggiungere una
polvere sottile silicea al prodotto argil-
loso prima di effettuare la cottura, per
dare oltre al colore tipico, una resi-
stenza meccanica del manufatto, con-
tribuendo alla vetrificazione e quindi
riducendo la porosità della ceramica
cotta. L’argilla sotto il profilo mineralo-
gico è una roccia composta, da uno o
più minerali, classificati chimicamente
come silicati idrati di alluminio con
quantità subordinate di altri elementi
quali: magnesio, sodio, potassio, calcio
e ferro. Il resto è storia recente: la
lavorazione dell’argilla avviene sempre
nello stesso modo, tenendo conto che
deve essere ben impastata prima della
modellazione in modo da eliminare tutti
gli eventuali vuoti d’aria e renderla
compatta. Il binomio è sempre lo
stesso: occorre mescolare terra e cre-
atività, come nei tempi antichi. In Italia,
diverse località, nel Medioevo, hanno
avuto il toponimo Figline che indicava
un luogo di lavorazione dell’argilla.
Un marchio di qualità tutela l’antica “arte” della ceramicaOggi le località dove quest’antichissima
arte si è tramandata con continuità fino
ad oggi, mettono in mostra con un
certo orgoglio, l’appartenenza alla rete
di appartenenza AiCC inserita nel cir-
cuito RES TIPICA ANCI che le rappre-
senta e le contraddistingue e che fa
scoprire anche attraverso il marchio
“Ceramica Artistica e Tradizionale”,
istituito per Decreto del Ministero
dell’Industria, del Commercio e dell’Ar-
tigianato, l’antico lavoro delle “botte-
ghe” ceramiche nelle quali sopravvivono
e si reinventano continuamente lo
spirito, la creatività e l’abilità degli arti-
Un marchio tutela il lavoro delle “botteghe” ceramiche nelle quali sopravvivono e si reinventano continuamente
lo spirito, la creatività e l’abilità degli artigiani, custodi di un’arte antichissima e moderna, in un’atmosfera tipica
che si ritrova, immutata nel tempo
Il vecchio forno della Bottega Gatti, costruito a mano negli anni 20, utilizzato per la cottura dei manufatti. Una recente edizione di Argillà a Faenza, una delle capitali mondiali della maiolica (dal suo nome deriva la parola “faiences”), alla scoperta del mondo
della ceramica e dei ceramisti, attraverso eventi, mostre ed animazioni culturali e spettacolari. Sopra: una vasta gamma di prodotti in una bottega-laboratorio di Vietri sul Mare, splendido borgo della costiera amalfitana, considerata la capitale
della ceramica artistica.
Il presidente dell’Associazione Italiana Città della Ceramica Stefano Collina, eletto di recente al senato, riconfermato per acclamazione all’ultima assemblea di AICC.
La terra che si trasforma in opere d’arteL’Associazione Italiana Città della Ceramica (AiCC) promuove la ceramica italiana nel mondo, un settore di antico
radicamento nel nostro territorio, tanto da risultare diffuso in tutto l’ambito nazionale, tuttavia le regioni differiscono
fra loro in termini di densità di produttori insediati e delle relative caratteristiche strutturali: per trasformare tale
diversità in un fattore di successo. L’Associazione che sviluppa azioni di tutela e promozione della ceramica
artigianale ed artistica della nostra tradizione, ha recentemente avviato una rete a livello europeo nella forma di un
Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) “Agrupacion (Gruppo) Europea delle Città della Ceramica”,
per promuovere una serie di relazioni internazionali che hanno permesso scambi operativi di estremo interesse.
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La terra che si trasforma in opere d’arte
Tanti esempi di opere d’arte realizzate con l’argilla in alcune località della penisola. Da sinistra: Albisola Superiore; la lavorazione al tornio della ceramica, col solo uso delle mani del torniante. In alto, da sinistra opere esposte nel Museo della ceramica di Ascoli Piceno, a fianco autentici capolavori di Grottaglie e di Montelupo Fiorentino. A destra: uno spazio espositivo del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza. In alto: un fregio in ceramica.
giani, custodi di un’arte antichissima
e moderna, in un’atmosfera tipica di
un “lavoro antico” che si ritrova, immu-
tato nel tempo. Un brand che viene
percepito favorevolmente da esperti
e dal mondo della cultura e delle isti-
tuzioni, ma anche degli appassionati
cultori di queste autentiche opere
d’arte, tant’é che lo ritroviamo utilizzato
come biglietto da visita, insieme al logo
dell’AiCC di un’iniziativa che coinvol-
gerà le città europee che hanno una
tradizione ceramica più consolidata.
Vale a dire l’arte della fabbricazione dei
prodotti formati di terra, foggiati a mano
o meccanicamente, e cotti. Si tratta di
un’autentica novità, maturata dopo il
lavoro durato alcuni anni, all’interno
dell’AiCC che promuove la ceramica
italiana nel mondo, un settore di antico
radicamento nel nostro territorio, tanto
da risultare diffuso in tutto l’ambito
nazionale, tuttavia le regioni differi-
scono fra loro in termini di densità di
produttori insediati e delle relative
caratteristiche strutturali: per trasfor-
mare tale diversità in un fattore di
successo, fin dal 1999 le principali città
d’arte del nostro paese si sono riunite
in questa Associazione, con la mission
di sviluppare azioni di tutela e promo-
zione della ceramica artigianale ed
artistica della nostra tradizione. Oggi
l’Associazione annovera 34 Comuni
distribuiti in 15 Regioni. L’AiCC nei suoi
quasi quindici anni di attività ha saputo
perseguire con efficacia i propri scopi
sociali: dalla tutela alla promozione,
dalla valorizzazione delle produzioni
all’affermazione dell’originalità della
cultura della ceramica italiana.
L’Associazione è stata infatti fin dalla
sua fondazione ferrea sostenitrice ed
attuatrice operativa della legge 188/90,
che ha tracciato e definito un sistema
di tutela e promozione della Ceramica
artigianale ed artistica in Italia, concen-
trandosi successivamente, dall’inizio
del 2000, sulla realizzazione di azioni
di marketing a supporto, diffusione e
promozione del marchio della ceramica
artistica tradizionale (CAT) e avviando
in un ulteriore momento, dal 2005 fino
ad oggi, una terza linea di azione stra-
tegica, per la costruzione di una rete
di rapporti a livello europeo.
Nel corso di un recente seminario,
organizzato dal Dipartimento degli Affari
regionali della Presidenza del Consiglio,
si sono messe, infatti, le basi per
quest’azione ad ampio raggio che vede
impegnata AiCC, assieme alle corri-
spondenti associazioni francesi (AFCC),
spagnola (AECC) e rumena (ARCC), in
una serie di relazioni internazionali che
hanno permesso scambi operativi di
estremo interesse. In questo stesso
periodo l’assemblea di Città della Cera-
mica, svoltasi a Faenza che ha visto la
presenza di Sindaci e rappresentanti
delle città di antica tradizione ceramica,
aderenti all’associazione, ha proceduto
al rinnovo delle cariche sociali, chie-
dendo, per acclamazione, al presidente
uscente Stefano Collina, eletto di
recente al Senato, di proseguire, anche
per il biennio 2013-2015, nel lavoro già
portato avanti negli ultimi anni, nel
segno della continuità. Toccherà ancora
all’ingegnere faentino, 46 anni, sposato,
un figlio, già assessore alle attività
produttive della cittadina sinonimo nel mondo di “ceramica”, anche se oberato
dai nuovi incarichi istituzionali, traghettare l’associazione AiCC verso ambiti
traguardi, in parte già tracciati. “In questo periodo siamo prioritariamente impe-
gnati in azioni volte ad aiutare le imprese ad uscire dalla crisi economica, soprat-
tutto attraverso una spinta verso l’internazionalizzazione”- afferma Stefano
Collina, presidente da oltre dieci anni di AiCC- “Ci preoccupiamo naturalmente
della salvaguardia di questo mestiere e del grande “saper fare” che lo connota:
infatti in quasi tutti i comuni aderenti, dal nord al sud, c’è un museo dedicato
alla ceramica e in molti una scuola preposta all’insegnamento dell’arte e della
tradizione, ma anche delle più moderne tecniche artistiche e produttive in grado
di rendere il prodotto ceramico al passo con l’evoluzione della moda e del design
e quindi competitivo anche sui mercati internazionali”.
Il settore guarda anche al mercato cineseL’obiettivo più importante di AiCC è, infatti, oggi il consolidamento di una rete a
livello europeo che ha preso il via fin dal 2000, dalla nascita progressiva e suc-
cessiva, per effetto di imitazione e spin-off, di associazioni analoghe in Francia,
Spagna e Romania, ed altre sono attualmente in discussione in Ungheria, Ger-
mania e Polonia. Dal 2010 ha preso avvio la formazione, ad opera delle quattro
associazioni “gemelle”, di una nuova figura giuridica europea, nella forma di un
Gruppo Europeo di Cooperazione Ter-
ritoriale (GECT) “Agrupacion (Gruppo)
Europea delle Città della Ceramica”,
con sede in Spagna, presidenza in
Francia e direzione in Italia. Da fine
2013 sarà operativo perciò un organi-
smo di coordinamento internazionale,
in grado di raccogliere le rappresen-
tanze di tutte le varie associazioni
nazionali attualmente aderenti al pro-
getto ed eventualmente quelle che in
futuro vorranno aderire, nella forma
giuridica più avanzata prevista e pro-
mossa oggi nell’ambito dell’UE - sono
costituiti in forma di GECT tutte le
Regioni Transfrontaliere sempre più
diffuse in Europa - in grado di rappre-
sentare la tradizione artigianale ed
artistica di almeno 100 città in Europa
che faranno parte dell’AEuCC, ma in
fondo di tutta la produzione ceramica
europea, attuando progetti di respiro
continentale e dando voce alle esigenze
di tutti i propri stakeholder. “Stiamo
dunque cercando di operare su più
fronti verso un’unica direzione - con-
ferma Stefano Collina - occorre fare
massa critica presso vari soggetti per
poter aumentare il peso, la considera-
zione del settore ceramico. In questi
anni abbiamo riscontrato che il lavoro
di rivitalizzazione del settore nel quale
ci siamo impegnati, ha portato a un
proficuo scambio di esperienza e
questo ha dato l’opportunità a tanti
artigiani di affrontare nuove strade e
ha consentito loro di poter oggi affron-
tare la crisi economica che attraversa
ogni settore”. Altre iniziative sono in
programma sempre promosse da AiCC.
“Abbiamo ideato - dice il Presidente
Collina - nuove forme di commercia-
lizzazione e promozione, come per
esempio le mostre mercato della cera-
mica che hanno sempre molto suc-
cesso. Pensiamo per esempio
all’evento biennale Argilla di Faenza,
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La terra che si trasforma in opere d’arte
che vedrà nel 2014 la quarta edizione
e che costituisce, con i suoi 200 espo-
sitori ed un pubblico di oltre 40.000
persone nell’arco di due giornate, un
momento importante per tutto il set-
tore. Questi momenti di incontro per-
mettono anche di allargare gli orizzonti
verso mercati fino a ieri impensabili.
Per esempio abbiamo di recente stretto
una partnership con Jingdezhen, la
capitale mondiale della porcellana e
riteniamo che questo interscambio ci
permetterà di portare il Made in Italy
della ceramica artistica anche sul mer-
cato cinese”.
Una legge tutela la ceramica artistica in ItaliaLa legge 188/1990 rappresenta un
punto di partenza per sostenere le
imprese e i ceramisti che oggi sono il
patrimonio di molte città. Grazie a
questa legge la tutela della denomina-
zione di origine delle produzioni di
ceramica artistica e tradizionale viene
attuata con I’apposizione del marchio
CAT (ceramica artistica e tradizionale),
in conformità ai disciplinari definiti dai
Comitati locali ed approvati dal Consi-
glio Nazionale Ceramico operante all’in-
terno del Ministero allo Sviluppo
Economico. I decori, le forme e la
qualità della ceramica sono tutelati
attraverso il Consiglio Nazionale Cera-
mico, i Comitati di disciplinare, le
Regioni e gli Enti locali nell’ambito delle
rispettive competenze, nonché i Con-
sorzi volontari fra produttori di ceramica
artistica e tradizionale delle zone di
affermata tradizione. Con la legge
188/90 sono stati anche istituiti il “regi-
stro dei produttori di ceramica artistica
e tradizionale” e il “registro dei pro-
duttori di ceramica di qualità” destinati
alle iscrizioni dei produttori ceramici di
Paesi membri dell’unione europea.
Le 34 città italiane aderenti all’AiCCAlbisola Superiore, Albissola Marina,
Ariano Irpino, Ascoli Piceno, Assemini,
Bassano del Grappa, Burgio, Caltagi-
rone, Castellamonte, Castelli, Cava dei
Tirreni, Cerreto Sannita, Civita Castel-
lana, Deruta, Este, Faenza, Grottaglie,
Gualdo Tadino, Gubbio, Impruneta,
Laterza, Lodi, Mondovì, Montelupo
Fiorentino, Nove, Oristano, Orvieto,
San Lorenzello, Santo Stefano di Cama-
stra, Sciacca, Sesto Fiorentino, Squil-
lace, Urbania, Vietri sul Mare.
www.ceramics-online.it L.Rn.
Al centro del vecchio borgo di Vietri sul Mare, in posizione dominante l’intero territorio della Costiera Amalfitana, si colloca il Duomo, con la cinquecentesca cupola maiolicata ed il maestoso campanile.
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COVE
NANT
OF M
AYOR
S
COVE
NANT
OF M
AYOR
S Aggrega 127 su 136 Comuni
della Regione Molise e le due
Province, una popolazione di
circa 300.000 abitanti; eroga servizi ed
assistenza agli enti in ambito ICT, ammi-
nistrativo, consulenziale, formativo e
tecnico; fornisce loro supporto e coor-
dinamento per la partecipazione a bandi
e progetti complessi; contribuisce e
semplifica il processo di innovazione
tecnologica e normativa che interessa
la pubblica amministrazione: è ALI
ComuniMolisani, il Centro Servizi Ter-
ritoriale (CST) della piccola regione
adriatica che nello scenario nazionale
rappresenta un reale caso di best prac-
tice dell’associazionismo comunale. In
un contesto generale di riduzione delle
risorse economiche e precarietà di
risorse umane, il Centro Servizi ha
intrapreso azioni concrete volte a favo-
rire il contenimento della spesa soste-
nuta dai Comuni attraverso una più
efficace gestione delle risorse, preve-
dendo processi di razionalizzazione ed
esercizio di funzioni e servizi in forma
associata. “Con i nostri piccoli numeri,
solo uniti siamo tutti più forti e efficienti
– afferma Paolo di Laura Frattura, che
come Presidente della Regione Molise
è anche il Presidente di ALI.
“Le Alleanze Locali per l’Innovazione
- prosegue il governatore Frattura -
rappresentano l’evoluzione dei Centri
di Servizio Territoriali e realizzano una
cooperazione interistituzionale volta al
superamento del divario tecnologico
e alla diffusione dei processi di moder-
nizzazione della Pubblica Amministra-
zione negli Enti locali di piccole
dimensioni”. Si tratta di organismi di
cooperazione intercomunale, parteci-
pati e controllati dai comuni, con par-
ticolare riferimento a quelli sotto i 5
mila abitanti, finalizzati alla gestione
associata di sistemi informativi, di infra-
strutture tecnologiche e di servizi legati
all’ICT, necessari per supportare le
attività di back office e l’erogazione dei
servizi ai cittadini, alle imprese, al ter-
ritorio; garantire economie di gestione
nell’impiego delle ICT e conseguire un
complessivo miglioramento dei pro-
cessi e delle modalità di cooperazione
con le pubbliche amministrazioni che
interagiscono con i piccoli comuni.
“ALI ComuniMolisani - spiegano inol-
tre i referenti tecnici - in questi anni si
è dotata di ulteriori servizi a favore dei
propri associati per intraprendere un
percorso virtuoso e in linea con la
normativa nazionale. Un’iniziativa
avviata che garantisce agli associati
notevoli benefici in termini di risparmio
economico, di partecipazione al pro-
cesso di innovazione ed informatizza-
zione della PA, di qualificazione del
personale operativo nei Comuni, di
sostegno ed affiancamento nell’ambito
di progetti complessi nonché di adem-
pienza ai nuovi obblighi normativi”.
In tal senso ALI non poteva rimanere
indifferente al tema della sostenibilità
energetica che vede, infatti, l’associa-
zione in prima linea nella campagna
europea per la riduzione delle emissioni
di CO2 entro il 2020. L’opera di sensi-
bilizzazione alla partecipazione al pro-
getto “Covenant of Mayors” (Patto dei
Sindaci), nonché l’attività di sostegno
ai Comuni molisani per la presentazione
delle candidature a Bruxelles per la
concessione di finanziamenti destinati
ad interventi in campo energetico-
ambientale, ha conferito ad ALI il rico-
noscimento europeo di Coordinatore
ufficiale del Patto dei Sindaci.
ALI fornisce, infatti, ai partecipanti
assistenza tecnico-amministrativa,
risorse finanziarie per affrontare i costi
progettuali nonché la totale gestione
dei rapporti e delle comunicazioni con
gli uffici di Bruxelles e l’intermediazione
con le istituzioni locali. “Questa valida
intuizione - riconosce il Presidente
Paolo Frattura - si innesta nelle politiche
per l’efficienza energetica e le energie
rinnovabili messe in campo dalla
Regione Molise e dal POR FESR 2007-
2013, strumento programmatico che
ha permesso la progettazione e realiz-
zazione dei PAES (Piani di azione per
l’energia sostenibile) per ogni singolo
ente molisano sottoscrittore del Patto
dei Sindaci, ponendo al contempo le
basi per qualificare l’intero territorio
come “pratica eccellente”, in virtù della
potenziale partecipazione all’iniziativa
di tutti i Comuni del territorio e assu-
mendo lo status di Regione certificata
tra le prime in Europa”.
La scommessa di una piccola Regione
Due aspetti del territorio di Termoli. Tra scorci di mare, si intravede l’affascinante Borgo Antico. Arroccato su un promontorio delimitato da antiche mura a strapiombo sul mare Adriatico, risale al V secolo.
A destra: Il trabucco, antichissimo strumento di pesca, sotto le mura di cinta. In alto: il Santuario della Madonna del Canneto nel Comune di Roccavivara.
Il castello d’Evoli di Castropignano è un monumento simbolo della cultura e della civiltà della transumanza.
Nel riquadro: il complesso sacro del Teatro-Tempio Sannitico di Pietrabbondante costituisce importante testimonianza archeologica dell’antico Sannio.
In primo piano: il Presidente della Regione Molise Paolo di Laura Frattura.
Il Molise ha messo le ALI
Continua il viaggio di Energeo magazine tra le strutture di supporto e i coordinatori ufficiali del Patto dei sindaci
per tastare il polso alle attività svolte localmente nell’ambito del progetto “Covenant of Mayors” (Patto dei
Sindaci), nonché all’attività di sostegno per la presentazione delle candidature a Bruxelles per la concessione di
finanziamenti destinati ad interventi in campo energetico-ambientale. L’associazione dei Comuni molisani, che
si indentifica nell’acronimo Ali (Alleanze locali per l’innovazione), rappresenta un valido modello di aggregazione
finalizzata alla gestione associata di sistemi informativi, infrastrutture tecnologiche e servizi legati all’Ict (Information
Communication Technology), necessari per apportare miglioramenti alle attività di back office e all’erogazione dei
servizi ai cittadini, alle imprese, al territorio e di suggerire economie di gestione nell’impiego delle ICT per un
miglioramento complessivo dei processi e delle modalità di cooperazione con i piccoli comuni.
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Dal 1866 sempre
Il Molise ha messo le ALI
Per facilitare le necessarie operazioni
di raccolta dei dati relativi ai consumi
energetici e di censimento degli edifici
di proprietà comunale potenzialmente
oggetto di interventi di riqualificazione
energetica, la Regione ha, inoltre, desti-
nato fondi FESR alla formazione di uno
staff di consulenti a supporto dei
Comuni che, direttamente in loco per
il tramite di ALI e, per quanto di com-
petenza, dall’Amministrazione Provin-
ciale di Isernia, affiancano il personale
degli enti partecipanti al progetto.
Sempre su iniziativa regionale, 14,8
milioni di euro, fondi FESR - Asse II
Energia, sono stati destinati all’efficien-
tamento energetico degli edifici pubblici
ed alla riduzione dei consumi attraverso
un bando rivolto ai Comuni del territo-
rio, mentre, ulteriori fondi FESR sono
impiegati nell’ambito della progetta-
zione integrata territoriale per attività
energetiche. Le opere ammesse al
finanziamento partecipano al quadro
degli interventi previsti nei PAES. Gli
obiettivi strategici cui puntano i PAES
realizzati da ALI riguardano, infatti, la
promozione di investimenti nell’ambito
delle fonti rinnovabili; l’efficienza ener-
getica degli edifici pubblici e delle
scuole; sistemi di cogenerazione, effi-
cientamento energetico dell’illumina-
zione pubblica; mobilità sostenibile; la
diffusione e l’educazione a comporta-
menti, singoli e collettivi, ecocompati-
bili ed ecosostenibili; la promozione e
diffusione della raccolta differenziata.
L’impegno di ALI e della Regione
Molise in ambito ambientale ed ener-
getico, inoltre, si è esteso all’ambizioso
progetto di un “portale georeferen-
ziale” che fotografa l’intero territorio
in termini di immobili comunali, con-
sumi energetici, cartografie catastali
ed impianti di pubblica illuminazione
con l’intento di realizzare un database
unico e dinamico a disposizione sia
dell’ente regionale, come strumento
di verifica e controllo dei consumi ener-
getici del territorio e monitoraggio dei
relativi investimenti, sia al servizio dei
cittadini come strumento di trasparenza
di dati tecnici, trend di consumi ed
interventi in essere realizzati dalla pub-
blica amministrazione. ALI ha, dunque,
adottato il modello virtuoso dell’asso-
ciazionismo sperimentato in campo
energetico-ambientale su tutti gli altri
fronti di interesse comunale, basti
citare la costituzione del Suap asso-
ciato, che consente ai Comuni parte-
cipanti l’adeguamento agli obblighi
normativi in materia di sportello unico
per le attività produttive; le gare di
acquisti centralizzati, mediante le quali
gli enti ottengono una riduzione dei
prezzi di mercato dei beni di consumo
abituali, nonché la semplificazione delle
stesse procedure di acquisto, la costi-
tuzione della centrale di committenza
comunale; l’approvvigionamento e
l’assistenza relativa agli strumenti tec-
nologici divenuti obbligatori nella pub-
blica ammnistrazione quali la firma
digitale, la posta elettronica certificata,
i siti web; l’assolvimento agli obblighi
di trasparenza e pubblicazione online
cui sono sottoposti gli enti, nonché gli
incontri e le sessioni formative dedicate
alle materie di competenza comunale.
Il modello virtuoso che una piccola
associazione come ALI ha saputo avan-
zare e realizzare sul territorio molisano
appare oggi la sola risposta possibile
ai processi di riduzione, revisione, taglio
della spesa pubblica e “spending
review” che inevitabilmente entrano
e diventano imperativi anche nei piccoli
e piccolissimi Comuni. R. En.
Il lago di Castel San Vincenzo, un invaso artificiale realizzato sul finire degli anni cinquanta per scopi idroelettrici. A destra: immagini di uno dei più importanti siti archeologici del centro sud d’Italia, zona archeologica di Altilia - Saepinum, Comune di Sepino.
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Ci sarà anche il Co.Svi.G., alla
presentazione ufficiale del pro-
gramma dell’evento che impe-
gnerà, per il 2014, un autentico esercito
di tutte le forze vive della cultura e della
società per riscoprire, monitorare e
promuovere azioni di tutela e di salva-
guardia del patrimonio ambientale,
culturale, archeologico, storico, urba-
nistico, architettonico del nostro Paese.
Il Consorzio è stato chiamato a rappre-
sentare i territori della Regione Toscana,
nella sala conferenze dell’ANCI, in via
dei Prefetti, il prossimo 9 ottobre, a
Roma. L’iniziativa è stata promossa
dalla Fondazione Spadolini Nuova Anto-
logia, in sinergia con la Fondazione
Casa natale Enzo Ferrari e la Fonda-
zione Guglielmo Marconi, in collabora-
zione con Res Tipica ANCI, all’inizio del
count down della cerimonia di confe-
rimento della Medaglia Spadolini che
avverrà a Modena il 9 novembre pros-
simo. Siamo alla vigilia del quarante-
simo anniversario dell’istituzione del
Ministero per i Beni Culturali e Ambien-
tali, creato da Giovanni Spadolini,
nonchè del ventennale della morte
dello statista fiorentino.
Al Co.Svi.G. toccherà organizzare una
tine, Roccamonfina e Vulture, ecc.),
vulcani quescienti (Colli Albani, Campi
Flegrei, Ischia, Vesuvio, Lipari, Vulcano,
Panarea, Isola Ferdinandea e Pantel-
leria). Infine i vulcani attivi, Etna e
Stromboli, che eruttano frequente-
mente e che, per le condizioni di attività
a condotto aperto, presentano una
pericolosità ridotta. L’iniziativa sarà
estesa ai territori in cui si manifestano
fenomeni di natura geotermica o di
emissioni di altri gas allo stato secco,
provenienti dal suolo, ed ai luoghi dove
sono presenti sorgenti di acqua calda
di origine profonda, che sgorga a tem-
peratura che può anche raggiungere
100 °C , poste in relazione con i feno-
meni postumi del vulcanismo. Questi
luoghi, per la loro natura, riescono più
di altre aree a coniugare la tutela
dell’ambiente con la valorizzazione del
paesaggio, investendo nello sviluppo
sostenibile. “Il dialogo con gli altri
territori rientra tra le prerogative dell’at-
tività del Consorzio - spiega Sergio
Chiacchella, direttore generale del
Co.Svi.G.- contemporaneamente avvie-
remo un restyling completo del nostro
portale web, proprio per favorire queste
iniziative di dialogo”. “Ci affiancherà
in questo lavoro - precisa Chiacchella
- il periodico Energeo Magazine (www.
energeomagazine.com), che ha già
avviato un ricerca sui cosiddetti territori
dal “cuore caldo”, fornendo una chiave
di lettura del territorio, dagli aspetti
geografici e paesistici, agli aspetti geo-
logici e ambientali, e i cosiddetti effetti
speciali creati dalla terra attraverso
l’acqua, l’aria e il fuoco. Gli esperti delle
Scienze della terra che collaborano con
il periodico e i tecnici del distretto delle
Energie Rinnovabili (www.disrettoe-
nergierinnovabili.it), ci aiuteranno ad
imparare a conoscere ciò che ci cir-
conda, per avvicinarci alle esigenze del
territorio, inteso come bene culturale
e ambientale da tutelare”. Il progetto, che rientra in un ciclo di iniziative speciali
per ricordare Giovanni Spadolini, non è diretto ad esperti, ma alla gente comune
ed alle scuole.
Hanno dato la loro disponibilità ad aderire al progetto il Parco dell’Etna, l’area
naturale protetta della Regione Siciliana che comprende il vulcano di recente
riconosciuto patrimonio dell’UNESCO, e il Parco del Vesuvio, “pronti a collabo-
rare”- come hanno indicato i due autorevoli rappresentanti, prof. Ugo Leone,
presidente del Parco e Giuseppe Luongo, vulcanologo di chiara fama e professore
emerito di geofisica della Terra solida, già presidente dell’Osservatorio Vesuviano.
Grande interesse ha suscitato l’iniziativa del Co.SVI.G. tra i responsabili dei parchi
dei Colli Euganei e dell’Ente Parco naturale Regionale Castelli Romani. Hanno,
altresì, comunicato la loro adesione Alice Freschi, sindaco di Borgosesia, nel cui
territorio è stato scoperto un “supervulcano fossile”, entrato nella rete europea
dei geoparchi sotto l’egida dell’UNESCO. Tra gli altri hanno manifestato un grande
interesse il vice sindaco di Rionero in Vulture Vito d’Angelo, località della Basi-
licata dov’è situato il vulcano spento del Vulture; il sindaco di Catania Enzo Bianco;
i sindaci Italo Lullo di Oliveto Citra (Mofete), di Vinadio (Angelo Giverso) e di
Valdieri (Emanuel Parracole), territori caldi con risorse utilizzate per cure termali
sulle Alpi Marittime. Sono attese le indicazioni del Comune di Acqui Terme e di
altri Comuni termali. Il progetto si aggiunge all’iniziativa della prima comunità
del cibo ad energie rinnovabili a livello mondiale, voluta da Slow Food e battezzata
dal presidente Carlo Petrini al salone del gusto di Torino come un esempio di
eccellenza, frutto di un’intesa tra Slow Food Toscana, Fondazione Slow Food
per la Biodiversità e Co.Svi.G. (Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche),
che ha raggiunto l’obiettivo di dare vita ad una iniziativa assolutamente nuova,
individuando soluzioni appropriate per la produzione agro-alimentare con sistemi
innovativi per il risparmio energetico e la tutela dell’ambiente, puntando sulle
produzioni caratterizzate dalla tecnologia di processo. Nella zona si è realizzato
un laboratorio a cielo aperto, che è diventato sede didattica dell’Università di
Scienze Gastronomiche di Pollenzo. P. B.
RETE nazionale dedicata alle “terre dal
cuore caldo”, un progetto di grandis-
simo interesse ed alto valore scienti-
fico, per la promozione e la valorizzazione
di questi territori, da utilizzare per rico-
noscere le tappe evolutive della storia
del nostro pianeta “scritte nelle sue
profondità e sulla sua superficie, nelle
rocce e nel paesaggio” (Dichiarazione
Internazionale della Memoria della
Terra, 1991). In questo contesto diventa
importante chiedersi come in questi
anni i territori di origine vulcanica (e
non solo) hanno comunicato l’aspetto
“soltanto diverso”, quali sono le pra-
tiche di comunicazione maggiormente
diffuse nella comunità scientifica, quali
i valori sociali e culturali di riferimento,
quali i modelli di comunicazione. I ter-
ritori di origine vulcanica, come il com-
prensorio geotermico della Toscana,
vogliono esaltare tutte le aree con
queste peculiarità, vulcani estinti la cui
ultima eruzione risale a oltre 10 mila
anni fa (Salina, Amiata, Vulsini, Cimini,
Colli Euganei, Vico, Sabatini, Isole Pon-
Il Consorzio per lo sviluppo delle aree Geotermiche avrà il delicato compito di organizzare una RETE nazionale
dedicata alle “terre dal cuore caldo”, un progetto di grandissimo interesse ed alto valore scientifico,
finalizzato alla promozione e valorizzazione di questi territori, importanti per riconoscere le tappe evolutive
della storia del nostro pianeta
Co.Svi.G., un alleato affidabile Il prossimo 9 ottobre, a Roma, nella sala conferenze dell’ANCI, in via dei Prefetti, avrà luogo la presentazione della
bella iniziativa promossa dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, in sinergia con la Fondazione Casa natale
Enzo Ferrari e la Fondazione Guglielmo Marconi, in collaborazione con Res Tipica ANCI.
Fra i protagonisti di primo piano il Co.SviG. La posta in gioco è alta: si tratta per riscoprire, monitorare e promuovere
azioni di tutela e di salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale, archeologico, storico, urbanistico, architettonico
del nostro Paese.
All’interno dell’Università di Pollenzo, gli studenti hanno modo di partecipare a laboratori didattici, una nuova forma di didattica esperienziale che permette ai futuri “gastronomi” di imparare sul campo seguendo le filiere produttive, come quella dell’azienda agricola Podere Paterno di Monterotondo Marittimo e del panificio Martini di Pomarance.
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Nei racconti del parroco Hugo
Senoner, il Brennero di una
volta, prima che vi venisse
tracciato il confine nel 1918, era cono-
sciuto come luogo di cura nelle
moderne Terme e di commercio.
Qui, al confine tra Italia e Austria, siamo
davvero al centro dell’Europa. Il luogo,
il più basso e più attraversato passag-
gio alpino del continente, dove fiorivano
il commercio e le entrate doganali,
acquisisce il suo fascino tramite la
presenza delle vecchie costruzioni
architettoniche, il paesaggio di confine
e l’irresistibile carattere di collegamento
tra nord e sud, strada di transito in
continuo mutamento, segnato dalle
vicende di spalloni affaticati dopo l’ul-
tima nottata di traffici e finanzieri troppo
severi. Ora questo paese, luogo di
importanza internazionale, spartiacque
ma anche ponte di collegamento tra
la cultura del Nord e quella del Sud, tra
il mondo degli spaghetti e quello dei
canederli, potrebbe diventare, con l’a-
pertura del Plessi Museum il punto di
che va fino a Modena, dove si collega
con l’Autostrada del Sole. Si tratta di
uno degli assi principali della rete auto-
stradale italiana: l’arteria, lunga 314
chilometri, da Modena a Brennero,
collega la pianura padana con l’Austria
e la Germania e diventa oggi un luogo-
simbolo del dialogo fra popoli diversi,
nonché di cultura. Al di là della struttura
in sé - comunque un gioiellino di archi-
tettura e ingegneria - il progetto ha
molteplici significati. Il primo è quello
della collocazione logistica: l’areale che
un tempo era occupato dalla dogana.
Luogo di scambio, di incontro, ma
anche di divisione, di separazione, di
frattura. “Il Passo del Brennero - spiega
Walter Pardatscher Amministratore
Delegato dell’Autostrada del Brennero
SpA - ha sempre rappresentato, dentro
la storia dell’Europa, un luogo dal forte
Schengen - doveva necessariamente essere anche l’occasione per dare nuovo
valore a questi spazi. E la collocazione di un museo con le opere di Fabrizio Plessi
- autore che ha mirabilmente interpretato il dialogo tra la ricerca tecnologica e le
preesistenze naturali - ne è stata la reale concretizzazione. Abbiamo voluto tra-
sformare una linea di separazione in un luogo d’incontro e di piacere: il piccolo
contribuito che l’A22 ha voluto offrire per la riconfigurazione di uno spazio geo-
grafico denso di significati come quello del Passo del Brennero”. “ Il “museo”è
stato disegnato - dall’ingegner Carlo Costa, direttore tecnico generale di A22 -
come uno scrigno di vetro, sormontato da una leggera copertura”.
Ma perché tanta inventiva?Mai vista tanta inventiva lungo un’arteria autostradale: una scelta che riesce a
coniugare il viaggio con la cultura e l’arte, ma anche l’identità culturale e la
memoria dei luoghi. Vediamo come. L’interno del Plessi Museum è impreziosito
dalla mano di Fabrizio Plessi, artista veneziano, di origine emiliana, che ha già
esposto nei più prestigiosi musei del mondo, dal Pompidou al Guggenheim.
“L’idea era nata proprio da un’opera di Plessi, presentata nel 2000 all’Expo di
Hannover - ricorda ingegner Carlo Costa, direttore tecnico generale di A22 -: una
scultura dedicata all’Euregio che unisce tre composizioni rappresentanti le Pro-
vince di Trento, Bolzano e Innsbruck. In quest’opera Plessi ha concepito un
paesaggio montano artificiale, un ambiente alpestre da attraversare e da vivere
tecnologicamente dall’interno. Attorno a quest’opera è stato disegnato lo scrigno,
arredato dallo stesso Plessi secondo la stessa filosofia”.
Il luogo si presenta come uno spazio armonico, fruibile con molti livelli di lettura:
da quello ingenuo dei viaggiatori distratti, a quello più avveduto che caratterizza
gli amanti dell’arte o dei dettagli esteticamente raffinati. Certo, per un’autostrada
la proposta è assolutamente originale: l’ambiente diventa assolutamente unico,
in grado di far riflettere sulla natura circostante ma anche sulla storia che quel
luogo rappresenta.
Oltre ad un punto ristoro, ci sarà anche una sala conferenze, con mobili e oggetti
di arredo realizzati su disegno dell’artista Fabrizio Plessi, per accogliere meeting
e incontri transfrontalieri. Un’autostrada che inizia con una proposta culturale
innovativa, che rappresenta il primo esempio italiano di spazio museale in un’ar-
teria di grande traffico e scambi internazionali, simbolo di connessione tra il
mondo mediterraneo e quello mitteleuropeo, laddove, dalla fine della prima
guerra mondiale all’entrata in vigore del trattato di Schengen (1 gennaio 1995),
il confine aveva rivestito invece un ruolo di separazione tra il mondo latino e
quello germanico, non può non avere un terminal più prestigioso che, per giunta,
porta il nome del mitico Enzo Ferrari.
Occorre un gesto coraggioso e proiettato nel futuroSi scopre questo luogo magico subito dopo l’uscita al casello di Modena e ci si
ritrova nell’avveniristico Museo Casa natale di Enzo Ferrari, l’imponente opera
di architettura contemporanea, che porta la firma dello studio Future Systems
di Londra, di cui era titolare il grande architetto Jan Kaplicky, recentemente
scomparso. Spazio polivalente, elegante, unico e prestigioso; luogo magico,
esclusivo, avvolgente, avveniristico, pieno di identità, e al tempo stesso innova-
valore simbolico ed identitario. Per
questo motivo, la riqualificazione dell’a-
rea dell’ex-dogana - smantellata dopo
l’entrata in vigore degli Accordi di
partenza di un progetto internazionale:
un “corridoio 1” molto speciale, di
sicuro il primo in Europa dedicato
all’arte e alla cultura.
L’iniziativa è decollata nei mesi scorsi,
a pochi passi dal confine, alla Dogana
del Brennero, dove l’Autobrennero
tracciò il tratto iniziale della sua rotta
L’idea è quella di far dialogare tutte le strutture museali collocate lungo l’arteria autostradale che collega
la pianura padana con l’Austria e la Germania, dal Brennero a Modena, e metterle in RETE, come esempio
di best practice nella valorizzazione del territorio attraverso l’arte e la cultura, utilizzando le strutture
già affermate sulla scena internazionale
Autobrennero, l’arteriadell’arte e della culturaAl confine con l’Austria, là dove una volta c’era la dogana, punto di’ingresso nel nostro Paese, ora c’è il Plessi
Museum, impreziosito dalla mano di Fabrizio Plessi, artista veneziano, che ha già esposto nei più prestigiosi musei
del mondo, dal Pompidou al Guggenheim. “Il Passo del Brennero - spiega Walter Pardatscher Amministratore
Delegato dell’Autostrada del Brennero SpA - ha sempre rappresentato, dentro la storia dell’Europa, un luogo dal
forte valore simbolico ed identitario. Per questo motivo, la riqualificazione dell’area dell’ex-dogana - smantellata
dopo l’entrata in vigore degli Accordi di Schengen - doveva necessariamente essere anche l’occasione per dare
nuovo valore a questi spazi”. E lungo l’arteria? C’è un autentico Distretto culturale che riguarda il Trentino e l’Alto
Adige. Il MUSE, ad esempio, inaugurato di recente, realizzato dal neo senatore Renzo Piano, il MART (Museo di
Arte Contemporanea di Trento e Rovereto), inaugurato nel 2002. A Bolzano, nel Museo Archeologico dell’Alto
Adige, Ötzi, l’uomo venuto dal ghiaccio, ed il suo equipaggiamento, rappresentano il fulcro dell’esposizione.
L’autobrennero, uno degli assi principali della rete autostradale italiana. L’arteria, lunga 314 chilometri, da Modena a Brennero, collega la pianura padana con l’Austria e la Germania e diventa oggi un luogo-simbolo di cultura e di dialogo fra popoli diversi.
A sinistra: Walter Pardatscher, Amministratore Delegato dell’arteria che presto potrebbe denominarsi il “corridoio 1” della cultura e dell’arte.
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Autobrennero, l’arteria dell’arte e della cultura
tivo, dalla forma di “contenitore”, di scocca dinamica e protettiva che avvolge
“un’anima“ articolata e complessa, il motore. Uno spazio realizzato dopo il
restauro della casa in cui Enzo Ferrari nacque a Modena nel 1898, che ha con-
servato intatti nel tempo sia il corpo abitativo che quello di officina, con la
costruzione di un nuovo edificio dal design automobilistico, l’ormai famoso
“cofano” in alluminio giallo, colore simbolo della città di Modena e colore scelto
da Enzo Ferrari come sfondo del Cavallino, il marchio dell’azienda che porta il
suo nome, noto in tutto il mondo.
E’ una struttura in cui organizzare convegni ed eventi culturali, che appare come
un sipario in cui si affaccia l’insolita ribalta dove si può parlare di futuro. Da questo
luogo ripartirà il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, un’iniziativa di suc-
cesso che, nelle passate edizioni, ha saputo rappresentare e valorizzare l’Italia
migliore, quella delle identità locali e
dello sviluppo sostenibile.
Il nostro giornale, dopo una disanima
delle particolari peculiarità del territorio,
già vocato al turismo e ricco di fermenti
culturali, si fa portavoce di una propo-
sta affascinante: far dialogare tutte le
strutture museali collocate lungo l’ar-
teria autostradale e metterle in RETE,
come esempio di best practice nella
valorizzazione del territorio attraverso
l’arte e la cultura, utilizzando le strutture
già affermate sulla scena internazio-
nale, dando grande visibilità, così, sia
al territorio trentino (in particolare
all’asse Rovereto-Trento), sia all’Alto
Adige, con il Museo Archeologico dove
è esposto l’Uomo venuto dal ghiaccio.
Il ruolo fondamentale dei musei (in
particolare MUSE e MART) è quello di
propagare energia ed innovazione in
un contesto territoriale che moltiplica
continuamente la propria offerta cul-
turale e fa di essa un fattore di rinno-
vamento e di sviluppo del territorio,
anche dal punto di vista turistico e di
condivisione del paesaggio, svolgendo
importanti funzioni di interesse gene-
rale, sul piano culturale, ecologico,
ambientale e sociale, dando una spinta
anche all’attività economica.
L’iniziativa si potrebbe inserire, a pieno
titolo, nel programma avviato dalla
Fondazione Spadolini Nuova Antologia
e da Energeo Magazine, alla vigilia del
40° Anniversario di fondazione del
Ministero per i Beni Culturali e Ambien-
tali. Occorrerà ancora un gesto corag-
gioso e proiettato nel futuro da parte
dell’Autostrada?
Il direttore generale del Museo Casa
natale Enzo Ferrari, Adriana Zini acco-
glie la proposta con un sorriso.
Dice: “Parliamone”.
In alto: l’interno del Plessi MUSEUM, costruito là dove una volta c’era la dogana, è impreziosito dalla mano di Fabrizio Plessi, artista veneziano, di origine emiliana, che ha già esposto nei più prestigiosi musei del mondo, dal Pompidou al Guggenheim.
In alto: ingegner Carlo Costa, direttore tecnico generale di A22. Il Museo Enzo Ferrari MEF, dove si racconta la straordinaria vita del Drake, potrebbe diventare il terminal di un progetto ambizioso, denominato
“corridoio 1” dell’arte e della cultura. Attualmente è in corso l’irripetibile mostra “GRAND PRIX - Le monoposto del Campionato di Formula 1”, dedicata alle vetture da leggenda del Campionato Mondiale di Formula Uno dal 1950 al 1994.
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maschio adulto, alto circa 160 cm, che
al momento della morte doveva avere
all’incirca 46 anni. Un’età ragguarde-
vole, in un’epoca (3300 - 3100 a.C.) in
cui l’aspettativa di vita media non era
superiore ai 30 - 35 anni. Dal 22 gennaio
2013 è in corso la rassegna “MysteriX.
Reperti enigmatici dell’Alto Adige”.
E’ la prima mostra per famiglie a livello
provinciale, specificamente ideata per
bambini accompagnati da adulti; resterà
aperta fino al 19 gennaio 2014.
Sette reperti archeologici unici, dalla
preistoria all’epoca romana, pongono
la ricerca di fronte a un enigma: come
venivano utilizzati? Cosa significano?
Nella nuova mostra temporanea del
Museo Archeologico dell’Alto Adige,
adulti e bambini vestono i panni degli
scienziati sperimentando strumenti e
metodi dell’archeologia.
I grandi numeri del MUSE, Museo delle Scienze di TrentoÈ stata una partenza esplosiva quella
del MUSE, il Museo delle Scienze di
Trento che - a un mese esatto dall’i-
naugurazione - ha raggiunto i 56.765
visitatori. Numeri di un’affluenza che,
sommata ai 28.000 presenti della no
stop di inaugurazione tenutasi il 27 e
28 luglio, arriva a 84.765 persone, in
questi giorni in fila per apprezzare la
nuova struttura architettonica e i con-
tenuti sviluppati dallo Studio Renzo
Piano Building Workshop e dal lavoro
di ricerca e divulgazione scientifica dei
mediatori culturali del museo e del
direttore Michele Lanzinger.
Le cifre superano le aspettative più
rosee, con una media di 2.365 persone
al giorno e un picco raggiunto domenica
25 agosto con 3.087 accessi. Lungo
l’asse dell’Autobrennero, la cultura
continua a far gola. A una prima inda-
gine, i visitatori risultano provenire per
l’80% da fuori provincia, principalmente da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna
e Lazio, anche se non mancano i trentini e stranieri.
Tra le tipologie di biglietti emessi, spicca l’opzione famiglia che conferma il
richiamo del museo su bambini e ragazzi che non mancano mai di appassionarsi
alla sperimentazione, alla tecnologia e alla natura.
Ora, a partire dal mese di settembre, sarà la volta delle scuole, per le quali il
MUSE e le sedi territoriali hanno ideato contenuti e proposte ad hoc, più di 100
tra laboratori e pacchetti didattici in grado di soddisfare le esigenze delle fasce
primarie, secondarie e dell’infanzia. A fianco del museo “reale”, il MUSE offre
un ampio ventaglio di proposte “virtuali”, con una ricca attività social media dai
numeri altrettanto “incoraggianti”: 15.000 gli amici che frequentano la pagina
Facebook del MUSE, 4.000 le visualizzazioni dei video sulla pagina YouTube, una
media di più di 4.000 visite giornaliere al sito www.muse.it, e una newsletter
che raggiunge quasi 7mila contatti. Grande soddisfazione viene espressa dal
direttore Michele Lanzinger: “questi numeri sono assolutamente incoraggianti.
Tuttavia non si tratta solo di considerare il dato quantitativo. Abbiamo avviato
una ricognizione sistematica della soddisfazione della visita che ci fa intravvedere
quanto i nostri visitatori - sia chi è già in Trentino per le vacanze estive che chi
si è messo appositamente in viaggio per visitarci - abbiano apprezzato lo stile
espositivo del MUSE. Stiamo osservando come il nostro pubblico percepisca la
visita al museo come una sorta di esplorazione, un viaggio di scoperta. Un’espe-
rienza di interazione con gli apparati espositivi e di conversazione sui temi del
museo con gli amici o i famigliari con i quali sta visitando la struttura. Per questo
motivo, gli aspetti maggiormente apprezzati sono l’interattività dei nuovi exhibit
scientifici, gli animali tassidermizzati posti fuori dalle vetrine e quasi a portata di
mano e infine l’edificio e il design delle esposizioni disegnati da Renzo Piano”.
Bolzano, il fascino del passatoIl Museo Archeologico dell’Alto Adige
è stato aperto al pubblico il 28 marzo
1998, da allora è stato visitato da oltre
di due milioni di persone. La celebre
mummia del Similaun, l’Uomo venuto
dal ghiaccio, divenuta una mostra con
un allestimento permanente, rimane
ancora la principale meta di molti turi-
sti in visita nella città di Bolzano.
Il percorso espositivo all’interno del
Museo, che sarà presto dotato di un
nuovo allestimento a misura di visita-
tore, riguarda tutta l’archeologia della
Provincia di Bolzano, ed illustra nel
dettaglio ogni aspetto dell’Uomo
venuto dal ghiaccio. Il profilo medico
e antropologico, così come i caratteri
e il significato del magnifico corredo
di indumenti e di attrezzi che aveva
con sé al momento della morte, sono
resi comprensibili al pubblico mediante
una ricca esposizione composta di
reperti, testi didattici, postazioni video
e multimediali. Le più sofisticate tec-
niche di indagine al servizio della
scienza medica ci offrono un quadro
antropologico più che soddisfacente.
L’Uomo venuto dal ghiaccio era un
Quattro realtà che potrebbero viaggiare insieme
Cultura in movimento, un’autostrada che diventa comunicazione ed alleanzaLa Fondazione Spadolini Nuova Antologia, alla vigilia delle celebrazioni del quarantesimo Anniversario della
fondazione del Ministero per i Beni Culturali e ambientali, apre il dibattito. Il progetto “Le strade della Cultura” che
aprirà tanti itinerari culturali lungo la penisola, decollerà proprio dal Brennero, al confine dove è stato installato il
Plessi MUSEUM, anticipando quello che potrebbe denominarsi il “corridoio 1” della cultura e dell’arte, che dovrà
unire l’Europa al sud dell’Italia.
Folla delle grande occasioni, in questi giorni in fila per apprezzare la nuova struttura architettonica realizzata dallo Studio Renzo Piano Building Workshop, nonché i risultati del lavoro di ricerca e divulgazione scientifica dei mediatori culturali del museo e del direttore Michele Lanzinger.
Nella foto piccola in basso, il neo senatore a vita Renzo Piano si commuove di fronte al foltissimo pubblico, il giorno dell’inaugurazione della sua nuova creatura, incastonata tra i monti del Trentino.
In alto: una veduta esterna del Mart di Rovereto. A destra: l’uomo venuto dal ghiaccio esposto al Museo Archeologico dell’Alto Adige.
Il Mart è diventato un centro espositivo di rilievo europeo, un punto di ascolto e dialogo per il territorio circostante, un interlocutore dei maggiori musei internazionali e una macchina che produce stimoli continui rivolti al pubblico, agli artisti, ai collezionisti, alle imprese e alle comunità locali.
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Anno VI - luglio/agosto 2013
Il Mart di Rovereto, autentico polo culturale di rilevanza internazionaleOltre due milioni e duecentomila persone hanno visitato il Mart dal 2002 ad oggi.
Il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, è uno
dei più importanti musei italiani. Nato nel 1987 come ente funzionale della Pro-
vincia autonoma di Trento, il Mart opera oggi in tre luoghi distinti: la sede princi-
pale del Museo e la Casa d’Arte Futurista Depero, situate entrambe a Rovereto,
e la Galleria Civica di Trento.
Quest’ultima sede, entrata a far parte del Mart dall’anno in corso, inaugurerà il
prossimo 19 ottobre negli spazi storici della Galleria, nel centro della città.
La sede principale del Mart è un ampio complesso architettonico inaugurato nel
2002 su progetto di Mario Botta e Giulio Andreolli. Concepito con l’idea di “polo
culturale” più che museo tradizionale, il Mart nei suoi spazi pubblici dialoga con
la Biblioteca Civica, con un grande auditorium e con una caffetteria. Oltre a
produrre mostre, eventi e laboratori, ospita artisti, curatori, aziende, eventi inter-
nazionali, locali e cittadini proponendosi come meta accogliente e accessibile.
Dopo dieci anni in cui il Museo ha sviluppato il proprio patrimonio e si è posizio-
nato a livello internazionale costruendo un sistema di alleanze, la nuova direzione
di Cristiana Collu, a partire dal 2012, ha collocato il Museo sui fronti strategici
dell’innovazione, della sostenibilità e della partecipazione.
Il Mart è diventato un centro espositivo di rilievo europeo, un punto di ascolto e
dialogo per il territorio circostante, un interlocutore dei maggiori musei interna-
zionali e una macchina che produce stimoli continui rivolti al pubblico, agli artisti,
ai collezionisti, alle imprese e alle comunità locali.
Il progetto che oggi incarna la visione del Mart e che ne prefigura i successivi
sviluppi è “La magnifica ossessione”: un chilometro vertiginoso al secondo piano
del Museo, scandito da quasi 3000 opere provenienti dalle collezioni museali e
da interventi di artisti italiani e internazionali che si alternano a concerti, presen-
tazioni di libri, video, documenti d’archivio, laboratori didattici.“La magnifica
ossessione” (visitabile fino al 2 febbraio 2014), è uno spartiacque decisivo nella
vita del Mart: segna la decisione di
rendere accessibile il proprio patrimo-
nio secondo criteri inclusivi e innovativi.
A Modena il Museo Casanatale Enzo Ferrari racconta la storia di un mito La straordinaria vita di Enzo Ferrari, che
nacque nel 1898, è raccontata ai visi-
tatori attraverso un secolo di storia,
all’interno della sua Casa natale, con
filmati originali, suggestivi testi di Leo
Turrini, preziosi oggetti e memorabilia,
come i suoi famosi occhiali scuri.
Una stanza racconta la storia e l’evo-
luzione del marchio del Cavallino ed
una è dedicata al famoso inchiostro
viola utilizzato dal Commendatore.
L’allestimento comprende anche l’au-
stero e rigoroso ufficio che il Drake
aveva in fabbrica a Maranello. Il per-
corso consente ai visitatori di scoprire
il carattere di un uomo che affermava:
“il futuro è nelle mani di chi lo sa anti-
cipare” e “la macchina più bella che
ho costruito sarà la prossima”. Al MEF
è in corso l’irripetibile mostra “GRAND
PRIX - Le monoposto del Campionato
di Formula 1”, dedicata alle vetture da
leggenda del Campionato Mondiale di
Formula Uno dal 1950 al 1994 e realiz-
zata grazie al contributo delle più pre-
stigiose case automobilistiche e alla
collaborazione con Jonathan Giaco-
bazzi, titolare della Collezione Donelli
Vini. Nella struttura espositiva è possi-
bile visitare anche la mostra collaterale
“Cars & Comics - L’auto interpretata
dai grandi autori del fumetto”, che
coniuga il mondo delle quattro ruote
con quello della “letteratura disegnata”,
in grado di soddisfare sia le aspettative
degli appassionati che dei bambini i
quali ritroveranno le tavole originali dei
loro personaggi preferiti. Inchiesta a cura della redazione
di Energeo MagazineHanno collaborato Chiara Veronesi, Luca Melchionna, Maja Argenziano
Cultura in movimento, un’autostrada che diventa comunicazione ed alleanza
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Uno spazio espositivo all’interno del Mart. Al Museo Enzo Ferrari è possibile visitare anche la mostra collaterale “Cars & Comics”, l’auto interpretata dai grandi autori del fumetto, che coniuga il mondo
delle quattro ruote con quello della “letteratura disegnata”. Un particolare della struttura architettonica.