Elementi di Risk Management Quantitativo · 1 Introduzione La disciplina del Risk Management pu`o...
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Elementi di Risk Management Quantitativo
Marco Bee ([email protected])
Marzo 2006
Indice
1 Introduzione 2
2 Nozioni preliminari 2
2.1 Prezzi e rendimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
2.2 Capitalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
2.3 Sconto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
2.4 Il concetto di portafoglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.5 Il Capital Asset Pricing Model . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.6 Relazione fra duration modificata e rischio . . . . . . . . . . . 8
2.7 Il moto browniano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.8 Pricing di opzioni: il modello binomiale ad un periodo . . . . 10
2.9 Formula di Black & Scholes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3 Rischio e Misure di Rischio di Mercato 15
3.1 Modelli parametrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3.2 Metodi parametrici per il VaR di portafoglio . . . . . . . . . 18
3.3 Metodi per la stima della varianza . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.4 Volatilita implicita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.5 Backtesting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
4 Riferimenti bibliografici 29
1
1 Introduzione
La disciplina del Risk Management puo essere suddivisa in due branche
correlate ma distinte:
1. il risk measurement ha lo scopo di fornire misure quantitative di
rischio individuate tramite la modellazione e la stima delle proprieta
statistiche dei portafogli. Preliminarmente, e spesso necessario uti-
lizzare tecniche di pricing per determinare i prezzi degli strumenti
finanziari;
2. il risk management utilizza tali misure allo scopo di determinare l’al-
locazione di capitale necessaria all’istituzione finanziaria per coprirsi
dai rischi.
Dal punto di vista quantitativo, le tecniche utilizzate sono di tipo sia
statistico (in quanto i portafogli sono variabili casuali di cui e necessario
stimare i parametri) che matematico (strumenti di matematica finanziaria
per prezzare le attivita, metodi di ottimizzazione, ecc.)
Argomenti:
• Strumenti quantitativi di base e misure di rischio;
• Rischi di mercato e operativi;
• Rischio di credito: stima della probabilita di default, modelli di por-
tafoglio.
2 Nozioni preliminari
2.1 Prezzi e rendimenti
Sia Pt il prezzo di un’attivita finanziaria. La variazione percentuale di prezzo
(rendimento netto) e data da
Rt =Pt − Pt−1
Pt−1.
2
Il rendimento lordo e dato da
Rlt =
Pt
Pt−1.
Infine, il rendimento logaritmico e dato da
rt = ln(Rlt) = ln
(Pt
Pt−1
)= ln(Pt)− ln(Pt−1) = pt − pt−1.
Teorema 1 Il rendimento logaritmico e un’approssimazione lineare del ren-
dimento netto.
Dimostrazione. Si approssimi la funzione f(x) = ln(x) in un intorno di
x0 = 1 tramite la formula di Taylor troncata al primo termine:
ln(x) = ln(x0) + (x− x0)1x0
+ o(x− x0)2
= (x− 1) + o(x− x0)2.
Ponendo x = Pt/Pt−1 e trascurando il resto si ottiene
ln(
Pt
Pt−1
)≈ Pt
Pt−1− 1 =
Pt − Pt−1
Pt−1.
Teorema 2 Il rendimento logaritmico relativo a n periodi e dato da
rn|0 = ln(Pn/P0) = r1|0 + r2|1 + · · ·+ rn|n−1.
Dimostrazione. Esercizio.
Perche e conveniente usare i rendimenti logaritmici? Principalmente
per ragioni statistiche: i prezzi sono lognormali se e solo se i rendimenti
logaritmici sono normali. Si supponga infatti che i rendimenti logaritmici
siano normali:
rt = µ + σεt, εt ∼ N(0, 1), t = 1, . . . , T.
Poiche rt = ln(Pt/Pt−1) = ln(Pt)−ln(Pt−1), e ponendo per semplicita µ = 0,
abbiamo
pt = pt−1 + σεt, t = 1, . . . , T. (1)
Quindi pt|pt−1 ∼ N(pt−1, σ2). Applicando la funzione esponenziale all’equa-
zione (1) si ottiene il modello per l’evoluzione temporale dei prezzi:
ept = ept−1+σεt ,
3
vale a dire
Pt = ept−1 · eσεt
= Pt−1 · eσεt t = 1, . . . , T,
(2)
che e una distribuzione lognormale di parametri pt−1 e σ2.
2.2 Capitalizzazione
Si supponga di investire x$ per n anni al tasso annuo R, con capitalizzazione
solo alla fine dell’anno. Allora il valore futuro dopo n anni e
FVn = x(1 + R)n$.
Se la capitalizzazione ha luogo m volte all’anno si ottiene:
FVn = x
(1 +
R
m
)nm
$.
Quando m →∞, otteniamo la capitalizzazione continua:
FV cn = lim
m→∞x
(1 +
R
m
)nm
$ = xeRn$.
Osservazione. Passando dalla capitalizzazione annuale a quella continua, il
valore futuro (sul medesimo orizzonte temporale) aumenta progressivamen-
te.
2.3 Sconto
Le corrispondenti formule di sconto sono:
x =FVn
(1 + R)n$;
x =FVn(
1 + Rm
)nm $;
x = FV cne−Rn$.
4
2.4 Il concetto di portafoglio
Un portafoglio di N attivita e costruito come segue. Sia ri,t+1 il rendimento
logaritmico dell’attivita i nel periodo [t, t + 1). I pesi delle attivita nel
portafoglio sono w = (w1, . . . , wN )′. Sia r = (r1, . . . , rN )′; siano inoltre
E(r) = µ; var(r) = Σ.
Sia rw = w′r il rendimento del portafoglio. La sua media e varianza sono
E(rw) = w′µdef= µw; var(rw) = w′Σw
def= σ2
w.
Esempio. Sia r ∼ NN (µ,Σ), dove µ = (µ1, . . . , µN )′ e Σ = diag(σ21, . . . , σ
2N ).
Allora rw ∼ N(w′µ,w′Σw), ovvero rw ∼ N(∑N
i=1 wiµi,∑N
i=1 w2i σ
2i ).
Esempio 1. Il ruolo della correlazione ρ e essenziale nello studio della diver-
sificazione di portafoglio.
Si supponga che αi = 1/N , i = 1, . . . , N , che la PD e la correlazione
siano uniformi: formalmente, Li ∼ Bin(1;π), i = 1, . . . , N ; cov(Li, Lj) = ρ
(i, j = 1, . . . , N , i 6= j).
Allora la varianza di Lptf = (1/N)∑N
i=1 Li e data da:
var(Lptf ) =1
N2
N∑
i=1
var(Li) +N∑
i,j=1
i6=j
cov(Li, Lj)
=1
N2
N∑
i=1
π(1− π) +N∑
i,j=1
i6=j
ρπ(1− π)
=1
N2[Nπ(1− π) + N(N − 1)ρπ(1− π)] (3)
=π(1− π)
N+
(N − 1)ρπ(1− π)N
=π(1− π)
N+ ρπ(1− π)− ρπ(1− π)
N,
dove la (3) discende dal fatto che il numero di elementi di una matrice
quadrata (N ×N) al di fuori della diagonale e pari a N2 −N .
La varianza del portafoglio e dunque composta da tre addendi. Il pri-
mo ed il terzo tendono a zero all’aumentare del numero di controparti; il
5
secondo invece, non dipendendo da N , non puo essere ridotto aumentando
le dimensioni del portafoglio. Per questo motivo la quantita ρπ(1 − π) e
definita rischio non diversificabile. In definitiva si ha che
limN→∞
(var(Lptf )) = ρπ(1− π). (4)
Da questo risultato si ricava che, quando le controparti sono correlate, per
quanto si aumenti il numero delle controparti, non si puo ridurre la varianza
sotto una certa soglia.
Dalla (4) emerge che la varianza asintotica del portafoglio e uguale a
ρπ(1 − π), che puo assumere valori compresi fra −1 e +1. Ne risulterebbe
dunque che la varianza asintotica, quando ρ < 0, e negativa. Questa conse-
guenza assurda puo essere evitata se si impone che la matrice di covarianza
sia definita positiva.
Formalmente, si puo dimostrare che, all’aumentare di N , il range di
valori ammissibili per il parametro ρ si restringe. Infatti la (4) e maggiore di
zero per ogni α ∈ RN se e solo se cov(L) = Σ e definita positiva. Quando,
come nel caso presente, Σ e data da
Σ =
1 ρ ρ · · · ρ
ρ 1 ρ · · · ρ...
.... . .
......
ρ ρ · · · 1 ρ
ρ ρ · · · ρ 1,
il valore minimo di ρ per cui e definita positiva cresce al crescere di N . Piu
precisamente, e possibile dimostrare il seguente risultato.
Proposizione 1 Sia X un vettore aleatorio N -dimensionale con E(X) = µ
e cov(X) = Σ. Allora Σ e definita positiva (o, equivalentemente, cov(α′X) =
α′Σα > 0 ∀α ∈ RN ) se e solo se ρ > −1/(N − 1).
Ne segue che, per esempio, quando N = 2 la matrice e definita positiva per
ρ > −1, quando N = 3 e definita positiva per ρ > −0.5, quando N = 3 e
definita positiva per ρ > −0.3, e cosı via.
6
2.5 Il Capital Asset Pricing Model
Il Capital Asset Pricing Model e un modello di equilibrio dei rendimenti
delle attivita finanziarie. Si puo dimostrare che
µi = r +(
σiM
σ2M
)(µM − r);
E(Ri) = r +(
cov(Ri, RM )var(RM )
)(µM − r), (5)
dove r e il tasso di interesse risk-free µM e σ2M sono rispettivamente il
valore atteso e la varianza del rendimento del portafoglio di mercato, che e
il portafoglio contenente tutte le attivita rischiose presenti sul mercato.
Il beta per l’i-esima attivita e dato da
βi =cov(Ri, RM )
var(RM ),
cosicche il CAPM risulta essere
µi = r + βi(µM − r). (6)
Sia ora rpi = βi(µM − r); allora il CAPM puo essere riscritto come
µi = r + rpi,
che da una misura esplicita del premio al rischio.
Il CAPM cambia il nostro concetto di rischio da σi a βi. Per esempio, si
consideri un’attivita incorrelata col mercato: il suo beta e uguale a 0, quindi,
anche se la sua volatilita, misurata da σ, e molto alta, il suo rendimento,
in equilibrio, sara uguale al tasso di interesse risk-free, perche il suo rischio
puo essere completamente diversificato. In altre parole, il beta di un’attivita
da una misura del suo rischio non diversificabile. Se σi = σM = 1, allora
βi = cov(Ri, RM ) = ρ nell’esempio 1.
Si noti che l’equazione (6) puo essere riscritta come un modello di re-
gressione:
E(Ri|RM )− r = βi(E(RM )− r)
Ri − r = βi(RM − r) + εi,
dove εi ∼ N(0, σ2εi).
7
Risultati.
1. cov(εi, RM ) = 0 [schema della dimostrazione: cov(εi, rM ) = cov(ri −βirM , rM ) = cov(ri, rM )− βiσ
2M = σiM − (σiM/σ2
M )σ2M ) = 0].
2. var(Ri) = β2i σ2
M +σ2εi; σ2
M e una misura del rischio sistematico, mentre
σ2εi
e una misura del rischio specifico (o idiosincratico). Quest’ultimo
puo essere ridotto (eliminato, asintoticamente) tramite diversificazio-
ne, cioe semplicemente aggiungendo altre attivita al portafoglio.
3. L’extra rendimento sull’attivita i-esima e collegato alla covarianza dei
rendimenti fra l’attivita i ed il portafoglio di mercato. Un’attivita con
beta uguale ad uno e, in media, rischiosa come il mercato; un’attivita
con un beta maggiore di uno e, in media, piu rischiosa del mercato;
un’attivita con un beta minore di uno e, in media, meno rischiosa del
mercato. In questa sede, “piu (meno) rischioso” significa che l’attivita
si muove piu (meno) del mercato, cioe e un titolo aggressivo (difensivo).
4. La covarianza fra due attivita e interamente determinata dai rispettivi
beta:
cov(Ri − r,Rj − r) = cov(Ri, Rj) = E(RiRj)−E(Ri)E(Rj) =
= E(βi(RM − r)βj(RM − r))− βiβj(µM − r)2
= βiβj(E(RM − r)2 − (µM − r)2) =
= βiβj(E(R2M )− µ2
M ) =
= βiβjσ2M
5. Tecnicamente, il CAPM e un modello fattoriale, in cui il fattore e RM .
2.6 Relazione fra duration modificata e rischio
La duration di un titolo obbligazionario e la derivata prima della funzione
prezzo-rendimento; essa e data dalla media ponderata delle scadenze di tutti
i flussi di cassa:
D =N∑
i=1
t · FCt/(1 + y)t
P,
8
dove FC sono i flussi di cassa (pagamento di cedole e rimborso del nominale)
ed y e il tasso di rendimento effettivo a scadenza. Si definisce duration
modificata la quantita DM = D/(1 + y). Si dimostra che vale la relazione
dP
P= −DM · dy.
Si ha dunquedP
P= −DM · dy
⇒ r ≈ −DM · dy
⇒ σ(r) ≈ DM · σ(dy)
2.7 Il moto browniano
Che ipotesi distribuzionali si adottano in tempo continuo? Normalmente si
ipotizza che il prezzo del sottostante St sia un moto browniano geometrico
dS = µSdt + σSdZ.
Nella formula precedente, Z e un moto browniano standard, definito dalle
seguenti proprieta:
(i) Z0 = 0;
(ii) Zt − Zs ∼ N(0, t− s).
(iii) Zt e funzione continua di t;
(iv) se t0 < t1 < · · · < tn, le v.c. Z0, Z1 − Z0, . . . , Zn − Zn−1 sono
indipendenti.
In altre parole, dZ ∼ N(0, dt) e dunque nel discreto si ottieneSn − Sn−1
Sn−1= µ + σ(Zn − Zn−1),
da cui si ricava che i rendimenti percentuali sono normali con media nulla e
varianza σ2. Si puo dimostrare tramite la formula di Ito che
d lnS =(
µ− σ2
2
)dt + σdZ.
Nel discreto si avrebbe dunque
ln Sn − ln(Sn−1) =(
µ− σ2
2
)+ σ(Zn − Zn−1).
vale a dire
Sn = Sn−1e
�µ−σ2
2
�+σ(Zn−Zn−1)
.
9
2.8 Pricing di opzioni: il modello binomiale ad un periodo
Un’opzione e uno strumento finanziario che da il diritto di comprare (op-
zione call) o vendere (opzione put) una quantita stabilita di una attivita
finanziaria (il sottostante) ad un prezzo prestabilito K (strike price) alla
scadenza del contratto (opzione europea) o in qualsiasi momento tra l’emis-
sione e la scadenza (opzione americana). Il payoff a scadenza di una call e
dato da max{ST −K, 0}, quello di una put e dato da max{K − ST , 0}. Le
opzioni sono strumenti non lineari, nel senso che il loro prezzo reagisce in
modo non proporzionale ad una variazione del prezzo del sottostante (che
e la “principale” variabile che ne influenza il prezzo) e questa caratteristica
e il motivo per cui prezzare questi strumenti e piu difficile e richiede un
approccio diverso rispetto, per esempio, ai bond; il metodo di pricing delle
opzioni e noto come pricing by arbitrage.
Si supponga che esistano sul mercato solo due strumenti: un’azione e
un’opzione call il cui sottostante e l’azione; inoltre e disponibile un conto
corrente il cui rendimento lordo (rendimento lordo risk-free) e indicato con
r (se dunque il rendimento netto e uguale al 5%, r = 1.05). Infine, operiamo
in tempo discreto, con due soli tempi, 0 e 1.
Costruiamo, al tempo 0, un portafoglio ottenuto prendendo a prestito
β0$ in contanti e comprando α0 azioni del sottostante. Il valore iniziale di
questo portafoglio e dato da
V0 = β0 + α0S0.
Il sottostante al tempo T = 1 puo assumere due soli prezzi, e la sua
distribuzione di probabilita e di tipo bernoulliano:
S1 =
uS0 con prob. π
gS0 con prob. 1− π, 0 < g < u.
Data questa struttura di prezzo per il sottostante, in T = 1 anche l’opzione
puo assumere esclusivamente due valori:
C1 =
Cu = max{uS0 −K, 0} con prob. π
Cg = max{gS0 −K, 0} con prob. 1− π.
10
Sulla base di queste sole informazioni, e possibile ricavare il prezzo dell’op-
zione al tempo 0. A questo scopo, si considerino i due possibili valori del
portafoglio al tempo 1:
V1 =
V u = uS0α0 + rβ0 con prob. π
V g = gS0α0 + rβ0 con prob. 1− π.
Scegliamo ora α0 e β0 in modo che le due equazioni seguenti siano simulta-
neamente soddisfatte:
uS0α0 + rβ0 = Cu
gS0α0 + rβ0 = Cg.(7)
Si ricava facilmente
α∗0 =Cu − Cg
(u− g)S0
def= ∆, β∗0 =
uCg − gCu
(u− g)r. (8)
Dunque il portafoglio costituito, in t = 0, da ∆ quote dell’azione e β∗0$ ha,
con certezza, lo stesso payoff dell’opzione; ne segue che l’opzione e il por-
tafoglio devono avere lo stesso prezzo al tempo 0. Se cosı non fosse, sarebbe
infatti possibile costruire un arbitraggio, cioe una strategia di trading che
fornisce un profitto privo di rischio. Infatti, si ipotizzi che sia V0 > C0: in
questo caso un investitore potrebbe acquistare l’opzione e vendere il porta-
foglio al tempo 0, con un introito pari a V0 − C0; al tempo 1 il riacquisto
del portafoglio al prezzo V1 sarebbe esattamente compensato dalla vendita
dell’opzione.
Svolgendo i calcoli (esercizio), si trova che il prezzo dell’opzione al tempo
0 e dato da
C0 = S0∆ + β∗0 =1r
[(r − g
u− g
)Cu +
(u− r
u− g
)Cg
]
=1r[π∗Cu + (1− π∗)Cg] =
1rEπ∗(C1), (9)
dove π∗ = (r − g)/(u − g). La strategia di copertura (hedging strategy)
corrispondente alle operazioni matematiche descritte in precedenza consiste
nelle seguenti operazioni: si costruisce, al tempo 0, un portafoglio ottenuto
prendendo a prestito β0$ in contanti, comprando α0 azioni del sottostante e
11
vendendo l’opzione. Dunque, operazioni e relativi cashflow al tempo 0 sono
come segue:
vendo l′opzione +C0
prendo a prestito contanti +β0
acquisto azioni −α0S0.
(10)
La strategia di copertura si conclude al tempo 1 nel modo seguente:
rimborso l′opzione −C1
rimborso il prestito −β0r
vendo le azioni α0S1.
(11)
Sia nella (10) che nella (11) ovviamente bisogna sostituire i valori ∆ e β∗0 ai
valori α0 e β0.
Esempio. Siano r = 1, S0 = 10, K = 15,
S1 =
20 con prob. π
7.5 con prob. 1− π.(12)
Ne segue che
C1 =
5 con prob. π
0 con prob. 1− π.(13)
Dunque, applicando la (8), si ricava ∆ = 0.4, β∗0 = −3$, V0 = −3$ + 0.4 ·10$ = 1$ e π∗ = 0.2. Al tempo 0, la strategia di copertura consiste in
vendere l’opzione, il cui prezzo e uguale a V0 (= +1$), prendere a prestito
3$ e comprare 4$ di azioni.
Al tempo 1 ci sono due possibilita:
1. S1 = 20$. L’opzione viene esercitata (−5$); rimborso il prestito (−3$),
vendo le azioni (+0.4 · 20$ = +8$). Bilancio netto: 0$.
2. S1 = 7.5. L’opzione non viene esercitata (0$); rimborso il prestito
(−3$), vendo le azioni (+0.4 · 7.5$ = +3$). Bilancio netto: 0$.
12
Osservazioni.
1. La (9) non dipende dall’avversione al rischio degli investitori, ma so-
lo dal fatto che preferiscano piu denaro a meno denaro (questa e
condizione necessaria per eliminare possibilita di arbitraggio);
2. la (9) non dipende dalla probabilita π, che e ignota ma riguardo alla
quale ogni investitore ha una propria opinione; tale opinione e dunque
irrilevante per la determinazione del prezzo;
3. la (9) e il valore atteso scontato del payoff dell’opzione, dove il valore
atteso e calcolato rispetto alla “pseudo probabilita” π∗, denominata
probabilita risk-neutral. Rispetto a questa misura di probabilita il
rendimento del portafoglio di replica e uguale al rendimento risk-free
in quanto ha rendimento certo (non dipende dal valore del sottostante
al tempo 1);
4. la distribuzione di probabilita determinata da π∗ = (r − g)/(u − g)
nel modello binomiale ad un periodo e definita risk-neutral nel senso
seguente. Si verifica (esercizio) che:
Eπ∗(V1|V0) = rβ∗0 + π∗uS0α∗0 + (1− π∗)gS0α
∗0 = rβ∗0 + rα∗0S0 = rV0,
(14)
dove la penultima uguaglianza si ottiene sviluppando la quantita
π∗uS0α∗0 + (1 − π∗)gS0α
∗0, utilizzando π∗ = (r − g)/(u − g). La (14)
dice che il rendimento atteso dell’investimento nel portafoglio di repli-
ca e uguale al rendimento risk-free; equivalentemente, non c’e premio
al rischio;
5. condizione necessaria affinche π∗ identifichi una misura di probabilita
e che g ≤ r ≤ u.
Osservazioni. Dal modello binomiale ad un periodo emergono fondamen-
talmente due messaggi.
1. Una posizione nell’opzione e strettamente equivalente ad una “posi-
zione ∆” nel sottostante; quindi un portafoglio contenente l’opzione
e un’appropriata quantita (∆) del sottostante e localmente privo di
13
rischio (con l’avverbio “localmente” si intende “per piccole variazioni
del prezzo del sottostante”); essendo tale portafoglio privo di rischio,
il suo rendimento deve essere il rendimento risk-free. Un portafoglio di
opzioni e di “posizioni ∆” nei rispettivi sottostanti e detto ∆-neutral.
2. Il prezzo dell’opzione al tempo t < T puo essere calcolato scontando
al tasso risk-free il valore atteso del payoff a scadenza calcolato sulla
base della probabilita risk neutral.
2.9 Formula di Black & Scholes
Il prezzo di un’opzione call alla scadenza e dato da CT = max(0, ST −K),
dove K e lo strike price. Al tempo t < T , sulla base dei criteri del pricing
risk-neutral, il prezzo e dato da
Ct = e−r(T−t)Eπ∗ [max(0, ST −K)], (15)
dove π∗ e la probabilita risk-neutral e r e il tasso di interesse risk-free.
Analogamente, il prezzo di una put alla scadenza e CT = max(0,K − ST );
al tempo t < T si ottiene:
Ct = e−r(T−t)Eπ∗ [max(0, K − ST )].
Si dimostra che la (15) si puo scrivere nella forma
Ct = StΦ(d1)−Ke−r(T−t)Φ(d2),
dove St e il prezzo dell’azione sottostante, T e la data di scadenza, K e lo
strike price e d1 e d2 sono definiti come segue:
d1 =ln(St/K) + (r + σ2/2)(T − t)
σ√
T − t
d2 =ln(St/K) + (r − σ2/2)(T − t)
σ√
T − t= d1 − σ
√T − t.
In termini puramente intuitivi, in t < T , StΦ(d1) e il valore atteso, calcolato
rispetto alla probabilita risk-neutral, di una v.c. discreta che vale ST se
ST > K e 0 altrimenti. Il termine Φ(d2) e invece la probabilita, sempre
risk-neutral, che l’opzione venga esercitata alla scadenza.
14
Si noti che il prezzo Ct di un’opzione e funzione di St, r, σ: Ct = f(St, r, σ).
Inoltre dipende, ma in modo deterministico, dal tempo a scadenza T − t e
dallo strike price K.
Osservazioni. La formula di B&S vale sotto le seguenti ipotesi: (i) la
distribuzione del prezzo e un moto browniano; (ii) il tasso di interesse risk-
free e la varianza σ2 sono costanti; (iii) il mercato e perfetto (cioe le vendite
allo scoperto sono ammesse, il mercato e sempre aperto, i costi di transazione
sono nulli). Vale la pena di sottolineare esplicitamente che la formula e
valida esclusivamente per opzioni di tipo europeo; per le opzioni americane
ed esotiche il prezzo puo essere determinato solo tramite metodi numerici,
non in forma chiusa (eccezione: per un’opzione call americana su un’azione
che non paga dividendi l’esercizio anticipato rispetto alla scadenza non e
mai conveniente; quindi il suo prezzo e identico a quello della corrispondente
opzione europea e puo essere ottenuto tramite la formula di B&S).
3 Rischio e Misure di Rischio di Mercato
Definizione 1 Rischio finanziario. Si distinguono principalmente tre tipi
di rischio.
1. Rischio di mercato: e il rischio di cambiamento di valore di una posi-
zione finanziaria dovuto a cambiamenti di valore dei sottostanti da cui
la posizione dipende (prezzi di azioni od obbligazioni, tassi di cambio
e di interesse, prezzi di commodity, ecc.)
2. Rischio di credito: e il rischio di non ricevere rimborsi promessi a
fronte di investimenti gia effettuati, quali prestiti od obbligazioni, a
causa del fallimento (default) della controparte.
3. Rischio operativo: rischio di perdite derivanti da processi o sistemi
interni inadeguati o non andati a buon fine, da errati comportamenti
di persone o da eventi esterni.
Il Valore a Rischio (VaR) e la piu usata misura di rischio.
Definizione 2 Il VaR e la massima perdita a cui e soggetto un portafoglio,
con probabilita data, su un orizzonte temporale predefinito.
15
A che cosa serve il VaR?
• Comparazione del rischio di strumenti diversi; misura riassuntiva del
rischio di un portafoglio eterogeneo.
• Determinazione del capitale richiesto: il capitale e un “cuscinetto”,
destinato ad assorbire le perdite; va proporzionato alla rischiosita degli
attivi.
• Limiti all’operativita.
RiskMetrics c© e un sistema, sviluppato da JP Morgan, costituito da un
insieme di metodologie e dati per misurare il rischio di mercato. In questo
contesto, per rischio di mercato si intende il cambiamento potenziale di una
posizione derivante da variazioni dei prezzi di mercato.
Si supponga di conoscere la densita frw(rw) della v.c. rw, ovvero del
Profit & Loss (P&L) del portafoglio, al tempo T . Allora il VaR al tempo T
al livello di confidenza α e il quantile α di tale distribuzione, cioe il numero
V aRα tale che ∫ V aRα
−∞frw(x)dx = α.
Una misura di rischio alternativa, che gode di proprieta migliori, e l’Expected
Shortfall (ES). Essa e definita come il valore atteso (condizionato) della
distribuzione delle perdite superiori al VaR:
ESα = E(rw|rw > V aRα) =
∫∞V aRα
xfrw(x)dx
P (rw ≥ V aRα).
Altre misure di rischio sono specifiche alla misurazione di determinate
tipologie di rischio: e per esempio il caso della probabilita di default, che e
ovviamente pertinente al solo rischio di credito.
In generale la distribuzione della v.c. rw non e nota, quindi e necessario
introdurre ipotesi distribuzionali e stimare i parametri.
3.1 Modelli parametrici
Nelle versioni base impiegano tutti, in misura diversa, l’ipotesi di normalita.
16
Il VaR di una singola posizione. Si supponga rt ∼ N(0, σ2). Allora il
VaR giornaliero e dato da
V aRα = V M · σ · zα,
dove V M e il valore di mercato della posizione e zα e il quantile α della
normale standard.
Nelle medesime ipotesi, tuttavia, il VaR e normalmente calcolato come
V aRα = V M · δ · σf · zα,
dove V M e il valore di mercato della posizione, δ e un coefficiente di sensiti-
vita al fattore di rischio rilevante per l’attivita in questione, σf e la volatilita
del fattore di rischio e zα e il quantile α della normale standard. La scelta
di δ dipende dall’attivita.
RiskMetrics pone µ = 0 nella distribuzione dei rendimenti giornalieri.
Infatti su un orizzonte temporale giornaliero µ e molto vicino a zero ⇒difficile stimarne il segno.
Esempio. Sia
rt = µ + σεt, t = 1, . . . , T,
dove εt ∼ N(0, 1), µ = −1/1000, σ = 1/1000. Siano le corrispondenti stime
uguali a µ = 1/10000 e σ = 1/1000. Quindi
P (rt > 0) = P (µ + σεt > 0) = P(εt > −µ
σ
)=
= 1− Φ(−µ
σ
).
Con i veri valori di µ e σ si ottiene P (rt > 0) = 1 − Φ(−1) = 0.8413; con i
parametri stimati µ e σ, si ha invece P (rt > 0) = 1− Φ(0.1) = 0.4602.
Anche ponendo µ = 0 non si risolve il problema in modo particolarmente
convincente, in quanto si ottiene P (rt > 0) = 1−Φ(0) = 0.5, che puo essere
un valore molto distante da quello vero.
Esempio. Posizione in BTP decennali, V M = 1000000$, duration mo-
dificata pari a 7 anni. Sia α = 0.01; sia inoltre la volatilita del tasso di
rendimento giornaliero dei BTP decennali pari a σ = 0.0015. Allora il VaR
giornaliero e dato da
V aRα = 1000000$ · 7 · 0.0015 · 2.326 = 24423$.
17
Esempio. Posizione in un’azione, V M = 1000000$, volatilita giornaliera
dell’indice di riferimento σM = 0.0061, β = 1.939; sia α = 0.99. Allora il
VaR giornaliero e dato da
V aRα = 1000000$ · 1.939 · 0.0061 · 2.326 = 27512$.
Alternativa: utilizziamo direttamente la volatilita giornaliera dell’azione,
che risulta σ = 0.0193. Dunque:
V aRα = 1000000$ · 0.0193 · 2.326 = 44892$.
Si veda RiskMetrics Technical Document, sez. 6.3.2.2.
Problema: volatilita multiperiodale. Si supponga che rt,t+1 ∼ N(µ, σ2).
Sulla base del teorema 2 si ha rt,t+n ∼ N(µn, σ2n). Dunque la volatilita
n-periodale e uguale a σ√
n, cioe si ottiene dalla volatilita uniperiodale (tipi-
camente giornaliera) moltiplicando per la radice quadrata del tempo (square
root of time rule).
Esempio 1 (continua). Il VaR su un orizzonte temporale di 10 giorni e dato
da
V aRα = 1000000 · 7 · 0.0015 ·√
10 · 2.326 = 77232$.
3.2 Metodi parametrici per il VaR di portafoglio
In tutti i metodi seguenti la formula di calcolo del V aRα e data da
V aRα = zασw
√T . (16)
L’unica differenza riguarda la stima della volatilita dei rendimenti di porta-
foglio.
(a) Portfolio-normal method. Si suppone che rw ∼ N(0, σ2w); tuttavia
NON si assume che i rendimenti delle singole posizioni siano normali. In
questo caso, nella (16) si ha σw =√
var(rw) e zα e il quantile α della
normale standard.
Quando e ragionevole supporre che i rendimenti di portafoglio siano nor-
mali? Quando il portafoglio e molto frazionato (posizioni “piccole” e appros-
simativamente indipendenti): per il teorema del limite centrale, il portafoglio
18
e approssimativamente normale. Inoltre, la composizione del portafoglio de-
ve essere approssimativamente costante nel tempo; in caso contrario non ha
senso stimare i parametri tramite dati storici.
Esempio. Portafoglio di N “piccoli” crediti al consumo; ogni posizione e
caratterizzata da un indicatore dell’evento default:
Di =
1 con prob. πi,
0 con prob. 1− πi, i = 1, . . . , N,
dove πi ∈ [0, 1]. Interpretazione: Di = 1 se la i-esima controparte e in-
solvente nell’orizzonte temporale considerato, altrimenti Di = 0. Di ha
distribuzione bernoulliana:
P (Di = x) = πxi · (1− πi)1−x, x = 0, 1, i = 1, . . . , N.
Sia D =∑N
i=1 wiDi/N il tasso di default del portafoglio. Sotto le ipotesi
wi = 1/N e Di ∼ iid Bin(1;π) potremmo applicare direttamente il teorema
di De Moivre-Laplace. E’ ragionevole utilizzarlo anche se le ipotesi non sono
“interamente” rispettate 1.
(b) Asset-normal method. In questo caso si assume r ∼ NN (0,Σ). La
differenza rispetto al caso precedente consiste nel fatto che ora nella (16) si
ha σw =√
w′Σw.
Due problemi. (i) E’ ragionevole ipotizzare la normalita dei rendimen-
ti delle singole posizioni? Dipende dagli strumenti: per esempio la di-
stribuzione dei rendimenti delle opzioni non e simmetrica e quindi nemmeno
normale. (ii) Se il portafoglio e grande, la stima di Σ e dispendiosa in termi-
ni computazionali; in particolare, indicando con T il numero di osservazioni,
e richiesto che T > N ; in caso contrario, puo accadere che la stima ottenuta
Σ non sia definita positiva, ovvero che esista α ∈ RN tale che α′Σα < 0;
ma α′Σα < 0 = var(α′r) e la stima della varianza del portafoglio α′r, che
dunque avrebbe varianza stimata negativa, il che e assurdo.1Esistono versioni del teorema del limite centrale che non richiedono l’ipotesi di equidi-
stribuzione; l’ipotesi di indipendenza e invece essenziale, ed e importante anche che i wi
siano “approssimativamente” uguali.
19
(c) Delta-normal method. Quando il numero di posizioni e molto mag-
giore del numero di tassi di mercato che determinano il valore del portafoglio
si puo tentare di “ridurre la dimensione del problema” concentrandosi sui
fattori di rischio anziche sulle posizioni di rischio. Sia dunque S il vettore
M -dimensionale (M < N) contenente i fattori di rischio; sia inoltre δ il vet-
tore (M×1) delle sensitivita degli strumenti in portafoglio rispetto ai fattori
di rischio. Infine si assume la normalita multivariata di S: S ∼ NN (0,ΣS).
Per fattori di rischio si intendono i tassi di mercato, vale a dire tassi di
interesse, di cambio, di rendimento di indici azionari ecc., ma non tassi cal-
colati sulla base dei prezzi delle posizioni come nell’approccio Asset-normal.
Poiche si assume la normalita non solo dei tassi di mercato ma anche del
rendimento di portafoglio r(S), implicitamente si assume che le funzioni che
legano i prezzi degli strumenti in portafoglio ai tassi di mercato siano linea-
ri, o almeno siano approssimativamente lineari, vale a dire possano essere
approssimate con sufficiente precisione da un’espansione di Taylor al primo
ordine:
r(S) ≈ θ + δ′S,
con δ = ∂r(S)/∂S. Dunque
var(r(S)) ≈ δ′ΣSδ.
Esempio. Il VaR di un portafoglio contenente n1 BTP decennali ed n2
azioni italiane puo essere calcolato tramite la matrice di covarianza (2× 2)
contenente varianze e covarianze dei fattori di rischio “tasso di rendimento
dei BTP decennali” e “tasso di rendimento dell’indice S&P MIB”. Quanto al
vettore δ (2× 2), e dato dalle sensitivita medie di ciascun tipo di strumento
rispetto al fattore di rischio: dunque δ1 sara dato dalla duration media dei
BTP e δ2 dal beta medio delle azioni.
Pregi: riduce la dimensionalita del problema.
Difetti: qualora le funzioni di prezzo non siano lineari, il metodo e appro-
priato solo su orizzonti temporali molto brevi (tanto piu brevi quanto piu
non lineari sono le funzioni).
20
3.3 Metodi per la stima della varianza
Fino a questo punto si e ipotizzato che: (i) i rendimenti abbiano distribuzione
normale; (ii) la varianza sia stabile nel tempo. Entrambe le ipotesi sono
piuttosto forti e per rendere piu realistici i modelli si e cercato di eliminarle.
Si supponga in primo luogo che la varianza sia time-varying; cio equivale
a modificare il modello dei rendimenti come segue:
rt = σtεt, t = 1, . . . , T.
In particolare, si ipotizza che la varianza al tempo t dipenda dalla varianza
al tempo t− 1 e dal quadrato del rendimento al tempo t:
σ2t+1 = λσ2
t + (1− λ)r2t .
Per stimare la volatilita, nell’approccio RiskMetrics si utilizza quindi uno sti-
matore che dipende dal tempo e viene definito Exponentially Weighted Mo-
ving Average (EWMA): la previsione della varianza al tempo t+1 effettuata
al tempo t e data da
σ2t+1|t =
1∑+∞i=1 λi−1
+∞∑
i=1
λi−1(rt+1−i − rt)2, λ < 1. (17)
E’ chiaro che in pratica la serie va troncata: e prassi utilizzare 75 osserva-
zioni, ovvero
σ2t+1|t =
1∑Ti=1 λi−1
T∑
i=1
λi−1(rt+1−i − rt)2, λ < 1, (18)
dove T = 75 e rt = (1/T )∑T
i=1 rt+1−i. Tramite il parametro λ si pesano
di piu le osservazioni piu recenti. Quando λ = 1 tale formula si riduce alla
varianza campionaria:
σ2t+1|t =
1T
T∑
i=1
(rt+1−i − rt)2.
RiskMetrics fissa λ = 0.94 e rt = 0. Oltre al fatto di essere frutto di una
scelta poco corretta dal punto di vista metodologico (i parametri andrebbero
stimati sulla base dei dati), il valore 0.94 per il parametro λ e in generale
troppo alto (esistono numerose verifiche empiriche in merito).
21
Un vantaggio di questo stimatore e che puo essere calcolato (approssi-
mativamente) tramite una formula ricorsiva a mano a mano che si rendono
disponibili ulteriori osservazioni:
σ2t+1|t = λσ2
t|t−1 + (1− λ)r2t . (19)
Teorema 3 La formula ricorsiva (19) per il calcolo dello stimatore EWMA
tende, per T →∞, alla formula esatta (17).
Dimostrazione. E’ noto che
+∞∑
t=0
|λ|t =1
1− |λ| , |λ| < 1.
Allora limT→∞(1/∑T
i=1 λi−1) = 1− λ. Si ha dunque
σ2t+1|t =
1∑∞i=1 λi−1
+∞∑
i=1
λi−1r2t+1−i
= (1− λ)(r2t + λr2
t−1 + λ2r2t−2 + · · · )
= (1− λ)r2t + λ(1− λ)(r2
t−1 + λr2t−2 + λ2r2
t−3 + · · · )= (1− λ)r2
t + λσ2t|t−1.
Quindi,
limT→∞
1∑Ti=0 λi−1
T∑
i=1
λi−1r2t+1−i = (1− λ)r2
t + λσ2t|t−1.
Come la volatilita, anche la covarianza puo essere calcolata tramite una
formula EWMA:
σ12 =1∑T
i=1 λi−1
T∑
i=1
λi−1(r1,t+1−i − r1)(r2,t+1−i − r2).
Tale formula puo a sua volta essere espressa in forma ricorsiva (in questo
caso λ e posto pari a 0.97): σ12,t+1|t = λσ212,t|t−1 + (1− λ)r1tr2t.
Osservazione. La stima della matrice di covarianza ottenuta tramite lo sti-
matore EWMA applicato ad ogni elemento della matrice ha una caratteristi-
ca negativa: non e infatti garantito che sia definita positiva. Indicando con
SE (di dimensione p × p) lo stimatore EWMA della matrice di covarianza
22
Σ, puo succedere che, per qualche vettore α∗ ∈ Rp, si abbia α∗′SEα∗ < 0.
Ne segue che, indicando con r = (r1, . . . , rp)′ il vettore dei rendimenti di p
attivita finanziarie (dove E(r) = µ e cov(r) = Σ) e con α = (α1, . . . , αp)′
il vettore dei pesi (dove αi ∈ [0, 1] ∀i, ∑pi=1 αi = 1), esiste un portafoglio
α∗′R la cui varianza stimata e negativa. Da questo punto di vista e dun-
que preferibile lo stimatore campionario S (ottenuto con λ = 1), che, sotto
l’ipotesi T > p, fornisce sempre una matrice definita positiva.
Modelli GARCH. A partire dalla loro introduzione ad opera di Robert
Engle nel 1982, i modelli della famiglia ARCH (AutoRegressive Conditional
Heteroskedasticity), poi estesi nella forma GARCH (Generalised AutoRegres-
sive Conditional Heteroskedasticity) hanno avuto una notevole diffusione in
ambito finanziario. Il processo generatore dei dati e:
rt = µ + σtεt.
I modelli ARCH(q) e GARCH(p, q) sono dati rispettivamente da:
σ2t = α +
q∑
i=1
βir2t−i;
σ2t = α +
q∑
i=1
βir2t−i +
p∑
i=1
γiσ2t−i.
L’idea che ha portato a tale formulazione e la seguente: osservando il grafico
dei rendimenti di un’attivita finanziaria, generalmente si nota che la volati-
lita tende ad aggregarsi nel tempo. In altre parole, periodi di relativa calma,
in cui cioe i rendimenti si muovono “poco”, e quindi la volatilita e bassa,
si alternano a periodi “turbolenti”, in cui i rendimenti si muovono “molto”.
Ne segue che ha senso ipotizzare che la volatilita al tempo t dipenda dai
rendimenti al tempo t− 1, t− 2, . . . , t− q (modelli ARCH(q)) o, piu in gene-
rale, non solo dai rendimenti al tempo t− 1, t− 2, . . . , t− q, ma anche dalla
volatilita al tempo t− 1, t− 2, . . . , t− p (modelli GARCH(p, q)).
Nella forma piu usata, si ipotizza che il processo generatore dei dati sia
del tipo GARCH(1, 1):
rt = σtεt,
σ2t = α + βr2
t−1 + γσ2t−1,
23
dove εt ∼ N(0, 1). I due problemi principali associati ai modelli GARCH
sono i seguenti:
(i) stimare i parametri non e banale perche la funzione di verosimiglianza
va massimizzata numericamente;
(ii) in ambito multivariato i modelli sono molto complicati perche il
numero di parametri cresce esponenzialmente.
Se si assume che la varianza dei rendimenti segua un processo del tipo
GARCH, la distribuzione condizionata della v.c. rt|rt−1 e normale con media
nulla e varianza σ2t , ma la distribuzione non condizionata non e normale: in
particolare, si dimostra che la curtosi della distribuzione non condizionata,
data da
k =E(r4
t )[var(rt)]2
> 3,
dove come e noto 3 e la curtosi di una v.c. normale; dunque la distribuzione
non condizionata di rt ha code “piu pesanti” della normale.
Si noti che ponendo α = 0 e γ = 1− β si ottiene la formula ricorsiva per
la volatilita EWMA. In particolare, la soluzione adottata da RiskMetrics si
ottiene con β = 0.94.
Esempio. Previsione della volatilita: si vuole prevedere la volatilita gior-
naliera dei rendimenti dell’azione Enel e dell’indice Mibtel per il giorno 23
luglio 2005 utilizzando i dati degli ultimi 75 giorni. I risultati sono esposti
nella tabella seguente.
Enel Mibtel
Volatilita campionaria 0.975% 0.691%
EWMA 0.916% 0.653%
GARCH(1,1) 0.975% 0.578%
Le misure di volatilita calcolate nella tabella sono molto simili fra loro; tipi-
camente, esse si differenziano in modo consistente quando l’osservazione piu
recente e “grande”: in questo caso la volatilita EWMA (e, in misura minore,
la volatilita GARCH) reagiscono rapidamente, aumentando sensibilmente,
mentre la volatilita campionaria reagisce in misura molto minore. Dunque
24
l’impiego della volatilita EWMA tende ad essere preferibile quando si voglia
una misura di volatilita che si adegui rapidamente al mutare delle condizioni
di mercato, mentre la volatilita campionaria e piu adatta alle analisi rivolte
al comportamento “medio” nel lungo periodo.
3.4 Volatilita implicita
La volatilita viene normalmente stimata su base storica; tuttavia in alcuni
casi e possibile fare ricorso alla cosiddetta volatilita implicita: cio accade per
esempio con la formula di Black & Scholes. Nella formula di B&S, infatti,
tutto e noto eccetto Ct e/o σ. Normalmente si calcola su base storica uno
stimatore σ e si ricava il prezzo. Di fatto, tuttavia, e di solito disponibile un
prezzo di mercato CMt ; se il mercato dell’opzione in questione e sufficiente-
mente liquido, tale prezzo puo essere considerato attendibile, e si puo quindi,
in linea di principio, invertire la formula di B&S in modo da ottenere una
funzione del tipo σ = g(K,St, r, T−t, Ct) da cui ricavare σ. In pratica non si
riesce ad invertire esplicitamente la formula di B&S (e dunque ad ottenere la
funzione g in forma chiusa), tuttavia il problema e facilmente risolvibile per
via numerica tramite algoritmi iterativi che, senza determinare la funzione
inversa, trovano il valore di σ corrispondente a CMt .
La volatilita implicita e generalmente considerata dai practitioner piu
affidabile della volatilita storica; la ragione principale starebbe nel fatto
che la volatilita implicita e considerata, a differenza della volatilita stori-
ca, forward-looking. Tuttavia vanno evidenziati alcuni problemi riguardanti
l’utilizzo della volatilita implicita:
(i) e strettamente connessa all’utilizzo di un certo modello parametrico
di pricing delle opzioni (la formula di B&S); se la formula non e cor-
retta, per esempio perche qualcuna delle ipotesi su cui si basa non e
rispettata, la volatilita implicita non e uno stimatore corretto della
volatilita;
(ii) spesso si ritene che la volatilita implicita rifletta piu rapidamente de-
gli stimatori ottenuti tramite dati storici i cambiamenti di volatilita
causati da mutate condizioni di mercato; ma se la volatilita non e co-
25
stante, allora certamente la formula di B&S non e valida e quindi non
ha senso ricavarne una volatilita implicita!
(iii) si noti infine che se la formula di B&S valesse, le volatilita implicite
ricavate da opzioni diverse sul medesimo sottostante dovrebbero essere
identiche, il che in pratica non si verifica e dunque qualche ipotesi della
formula di B&S non e rispettata.
In conclusione, sembra opportuno ridimensionare l’importanza della vo-
latilita implicita; se la volatilita e time-varying, e preferibile costruire mo-
delli a volatilita non costante, stimata sulla base di dati storici (GARCH,
volatilita stocastica,...).
Oltre alla varianza non costante nel tempo, il secondo problema concer-
nente la distribuzione di probabilita dei rendimenti riguarda la loro possibile
non normalita. Il problema, noto fin da quando si e cominciato a studia-
re le proprieta statistiche delle distribuzioni di probabilita dei rendimenti,
consiste nel fatto che la v.c. rt e tipicamente leptocurtica. Esistono nume-
rose metodologie (GARCH, misture di normali, Extreme Value Theory,...)
in grado di adattare ai dati distribuzioni leptocurtiche, che certamente por-
tano a calcolare misure di VaR piu precise; a fronte di tale vantaggio, vanno
considerate due difficolta:
1. la stima dei parametri di tali distribuzioni richiede l’uso di algoritmi
numerici, la cui implementazione puo non essere immediata; inoltre,
in generale tali algoritmi richiedono tempi di calcolo lunghi e possono
presentare problemi di convergenza;
2. per il calcolo del VaR e pressoche invariabilmente necessario ricorrere
al metodo Monte Carlo, che causa un ulteriore aggravio computazio-
nale.
3.5 Backtesting
Se la distribuzione ipotizzata approssima bene la vera distribuzione dei ren-
dimenti, ci si aspetta che il VaR calcolato preveda con precisione la frequenza
26
delle perdite che eccedono il VaR. Quindi la piu semplice procedura per veri-
ficare l’appropriatezza della misura di VaR consiste nel contare il numero di
eccedenze, cioe il numero di volte in cui il rendimento giornaliero osservato e
minore del VaR calcolato. Sia 1{rt<V aRt}(rt) una variabile aleatoria definita
come segue:
Xtdef= 1{rt<V aRt}(rt) =
1 se rt < V aRt;
0 altrimenti.
Se il VaR al livello α e effettivamente il quantile α della distribuzione dei
rendimenti, la variabile aleatoria X assume valore 1 con probabilita α e 0
con probabilita 1−α. Dunque, X ha distribuzione bernoulliana di parame-
tro α. Poiche la somma di T variabili aleatorie bernoulliane indipendenti
di parametro α ha distribuzione binomiale di parametri (N, α), si ha che
YTdef=
∑Tt=1 Xt ∼ Bin(T, α). Quindi ci si aspetta di osservare un numero di
eccedenze pari a E(YT ) = T ·α. Per esempio, se α = 0.05, in 4 settimane (20
giorni lavorativi) ci si aspetta di osservare T · α = 20 · 0.05 = 1 eccedenza.
Si consideri la variabile aleatoria
ZT =YT − T · α√T · α · (1− α)
.
Per il teorema del limite centrale, ZTT→∞→ N(0, 1). Allora per T suffi-
cientemente grande si puo costruire il seguente test: si calcola la quantita
zT = (yT − T · α)/√
T · α · (1− α). Fissato un livello di significativita β,
si accetta l’ipotesi nulla H0: “al livello di confidenza α, il modello prevede
correttamente la frequenza delle perdite” se zT < z1−β, dove z1−β e il quan-
tile 1−β della distribuzione normale standard. Altrimenti si rifiuta l’ipotesi
nulla.
Per l’azione Enel (luglio 2004 - luglio 2005), effettuando tutti i calcoli
richiesti si osservano 10 eccedenze del VaR al 95%, con T = 260 e β = 0.05.
Dunque
z0.05 =(10− 260 · 0.05)√
0.05 · 0.95 · 260= −0.8537.
Posto β = 0.05, si trova z1−β = 1.6449 e, poiche −0.8537 < 1.6449, si
accetta l’ipotesi nulla. Per quanto riguarda il VaR al 99% si ottengono
27
invece 7 eccedenze e z0.01 = 2.7425. Essendo 2.7425 > 1.6449, si rifiuta
l’ipotesi nulla.
Per l’indice Mibtel, per il VaR al 95% (calcolato sul medesimo periodo) si
ottengono 12 eccedenze; la statistica test assume valore −0.2846 e dunque si
accetta l’ipotesi nulla. Per il VaR al 99% si trovano 8 eccedenze, la statistica
test e uguale a 3.3658 e l’ipotesi nulla e rifiutata.
In termini applicativi, il fatto che l’ipotesi nulla venga rifiutata signifi-
ca che si osserva un numero di eccedenze maggiore di quanto previsto dal
modello; in altre parole il VaR sottostima la frequenza delle perdite piu
consistenti.
In conclusione, sulla base di questa analisi (i cui risultati sono confermati
da numerosi studi analoghi) il VaR normale sembra essere accettabile al
95% ma non al 99%. Questo fenomeno conferma che la distribuzione dei
rendimenti giornalieri di serie finanziarie e leptocurtica.
28
4 Riferimenti bibliografici
Jorion, P. (1995), Value at Risk, New York, McGraw-Hill.
Riskmetrics (1995), Technical Document, 3rd edition, New York, J.P.
Morgan.
Riskmetrics (2001), Return to RiskMetrics: The Evolution of a Standard,
New York, J.P. Morgan.
Sironi, A. (2005), Rischio e Valore nelle Banche, Milano, Egea.
29