ELABORATO DELLA PROVA FINALE · guarigione delle ferite. Le varie differenze nei tessuti riguardano...

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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA DIPARTIMENTO DI MEDICINA VETERINARIA Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria Settore Scientifico Disciplinare VET/07 ELABORATO DELLA PROVA FINALE ONE VET®: UNA MISCELA DI FITOTERAPICI PER LA TERAPIA DELLE PIODERMITI DEL CANE: STUDIO PRELIMINARE ONE VET®: A PHYTOHERAPIC MIX FOR THE MANAGEMENT OF PYODERMITIS IN DOGS: PRELIMINARY STUDY Laureando Relatore Sig.na Silvia Salvatori Prof.ssa Giorgia della Rocca _______________________________ ________________________________ Correlatore Dott.ssa Fiorella Carnevali ______________________________ Anno Accademico 2012-2013

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA DIPARTIMENTO DI MEDICINA VETERINARIA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria Settore Scientifico Disciplinare VET/07

ELABORATO DELLA PROVA FINALE

ONE VET®: UNA MISCELA DI FITOTERAPICI PER LA TERAPIA DELLE PIODERMITI DEL CANE: STUDIO PRELIMINARE

ONE VET®: A PHYTOHERAPIC MIX FOR THE MANAGEMENT OF PYODERMITIS IN DOGS: PRELIMINARY STUDY

Laureando Relatore Sig.na Silvia Salvatori Prof.ssa Giorgia della Rocca _______________________________ ________________________________ Correlatore Dott.ssa Fiorella Carnevali ______________________________

Anno Accademico 2012-2013

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Indice 1) INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI .............................................................................................................................................3

2) CENNI DI ANATOMIA CUTANEA ......................................................................................................................................................4

EPIDERMIDE ........................................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.

DERMA ................................................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.

ANNESSI CUTANEI ............................................................................................................. Errore. Il segnalibro non è definito.

FUNZIONI DELLA CUTE ........................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.

ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE DI BARRIERA DELLA CUTE ............................................................................................................5

3) FISIOLOGIA DELLA RIPARAZIONE CUTANEA ............................................................................................................................7

FASI DEL PROCESSO CICATRIZIALE ...........................................................................................................................................8

FASE INFIAMMATORIA ....................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.

FASE PROLIFERATIVA ......................................................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.

FASE DI MATURAZIONE ED EPITELIZZAZIONE (RIMODELLAMENTO) .......................... Errore. Il segnalibro non è definito.

4) FISIOPATOLOGIA DELLA RIPARAZIONE TISSUTALE ..............................................................................................................10

5) PIODERMITE NEL CANE ............................................................................................................................................................12

CLASSIFICAZIONE ......................................................................................................................................................................12

DIAGNOSI ....................................................................................................................................................................................17

TERAPIA CONVENZIONALE ......................................................................................................................................................18

TERAPIA ANTIBIOTICA SISTEMICA .........................................................................................................................................18

TERAPIA TOPICA .......................................................................................................................................................................20

TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI SUPERFICIALI ..............................................................................................................21

TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI PROFONDE: .................................................................................................................22

TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI RICORRENTI ................................................................................................................22

ANTIBIOTICO RESISTENZA .......................................................................................................................................................23

6) LA RICERCA IN ENEA: IL BREVETTO MIX 557 .........................................................................................................................27

HYPERICUM PERFORATUM O ERBA DI S.GIOVANNI ..............................................................................................................28

AZADIRACHTA INDICA O ALBERO DEL NEEM ........................................................................................................................30

IL “MIX 557” / 1 Primary Wound Dressing ®, ONE VET® ......................................................................................................32

Il MIX 557 per uso veterinario: ONE VET® ..............................................................................................................................44

7) PARTE SPERIMENTALE ..................................................................................................................................................................50

MATERIALI E METODI ..................................................................................................................................................................50

RISULTATI E DISCUSSIONE ...........................................................................................................................................................52

DISCUSSIONE ...............................................................................................................................................................................57

CONCLUSIONI ..............................................................................................................................................................................63

BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................................................................64

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1) INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI

La piodermite batterica come causa di malattia della pelle canina è seconda solo alla dermatite

allergica da pulci, ma diventa la prima malattia della cute del cane nei paesi in cui lo sviluppo delle

pulci è sfavorito. Si può quindi affermare che tale patologia rappresenta una delle malattie con

maggior incidenza nel cane. Esistono molti tipi di piodermite, in base alle diverse e numerose infezioni

batteriche cutanee, ciascuna con aspetti clinici e istopatologici specifici: troviamo quelle di superficie,

superficiali e profonde (derma e a volte sottocute) determinate nella maggior parte dei casi dallo

Staphylococcus intermedius, da distinguere dalle pseudo piodermiti dovute ad infezione batterica

secondaria. La diagnosi si basa sull’anamnesi, l’esame clinico e sull’esito degli esami complementari,

mentre per quanto riguarda la terapia convenzionale, questa prevede l’uso di antibiotici per via

sistemica e locale, spesso correlato all’insorgenza di gravi e diffuse resistenze agli antibiotici da parte

dei batteri responsabili di detta malattia, oltreché dei batteri saprofiti residenti all’interno dei pazienti.

Scopo di questa tesi è valutare l’efficacia del medicamento ONE VET®, fitoterapico per uso topico,

costituito da una miscela al 50% di estratto oleoso di iperico e neem con effetti cicatrizzante, biocida e

repellente per la cura e risoluzione delle lesioni esterne di qualunque estensione e natura, per il

trattamento delle piodermiti del cane in alternativa alla terapia antibiotica, anche al fine di

identificare una alternativa terapeutica che permetta di ridurre il rischio di insorgenza di antibiotico

resistenza nei germi residenti, potenzialmente patogeni della specie canina

Ciò è stato realizzato attraverso uno studio sperimentale retrospettivo non controllato di cui si

riportano i risultati.

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2) CENNI DI ANATOMIA CUTANEA

La cute e gli annessi cutanei rappresentano un organo che riveste tutta la superficie corporea e che si

trova in continuità con mucose e orifizi naturali. Creano quindi una barriera anatomica e fisiologica

essenziale tra l’ambiente esterno e quello interno oltre a riflettere lo stato di salute e il buon

funzionamento dell’organismo.

Nel cane la cute e i suoi annessi, spesso risultano essere specie-specifici: basti pensare che in tale

specie lo spessore cutaneo è compreso tra 0,5 e 5 millimetri, ed è maggiore su dorso e parte

prossimale degli arti, mentre è minore sull’addome e parte distale degli arti; inoltre esiste una

differenza di spessore anche tra le diverse razze canine (l’esempio classico è rappresentato dallo

Sharpei con cute molto spessa) e in base allo stato di salute dell’animale.

La cute è un organo complesso in quanto è costituito da 3 strati diversi per origine embrionale,

struttura e funzione: epidermide, derma e ipoderma (Creed, 1958, Scott et al.,1995).

Immagine tratta da: DSP.AUSIBO.IT

OMISSIS

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ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE DI BARRIERA DELLA CUTE

L’epidermide comprende tre tipi di barriera:

la fisica, che comprende principalmente nello strato corneo, giunzioni tra le cellule e proteine del

citoscheletro;

la chimica/biochimica, che consta di sostanze antimicrobiche e immunità innata, rappresentate da

lipidi, acidi, enzimi idrolitici, peptidi antimicrobici e macrofagi;

la immunologica adattativa, che comprende costituenti umorali e cellule del sistema immunitario

(Proksch et al., 2008).

E’ implicito, dunque, che in caso di dermatiti si abbia un alterazione della funzione di barriera della

pelle. L’alterazione della barriera cutanea nella fisiopatologia delle malattie dermiche può essere

suddivisa in tre condizioni:

ALTERAZIONI DELLA BARRIERA COME PROCESSO PRIMARIO O INTRINSECO: questa condizione è

strettamente collegata alla perdita di continuità ed integrità anatomica dell’epidermide che si verifica,

infatti, nella dermatite irritativa e/o allergica da contatto, nelle ustioni, nelle ulcere ischemiche

(vascolare, diabetica), nei disturbi bollosi per attrito o per anomalie della cheratina, nella pelle del

neonato prematuro e nell’ittiosi (Proksch et al., 2008).

ANOMALIE IMMUNOLOGICHE: possono derivare da cause endogene o esogene. Quelle su base

endogena sono su base autoimmune come si verifica nel linfoma a cellule T (Micosi fungoide) e nelle

malattie bollose autoimmuni, quelle da cause esogene si verificano a seguito di reazioni allergiche

sistemiche o da contatto (le dermatiti irritanti e/o allergiche da contatto), alimentari (dermatite

atopica) e la psoriasi (Proksch et al., 2008).

Una compromissione lieve della barriera cutanea si ritrova in malattie monogenetiche dove si ha una

differenziazione epidermica alterata o una compromissione lipidica, senza infiammazione, come ad

esempio l’ittiosi vulgaris (mutazioni filaggrina) (Palmer et al., 2006, Smith et al., 2006, Proksch et al.,

2008) mentre le malattie con interruzioni della barriera più pronunciate sono malattie infiammatorie

molto più gravi e problematiche da trattare (come la dermatite atopica e la psoriasi).

Le lesioni cutanee infiammatorie si presentano ricoperte da scaglie o croste secche come risultato

dell’alterazione della differenziazione epidermica, e principalmente dello strato corneo, che non ha più

l’intrinseca capacità di trattenere l’acqua.. Nella dermatite da contatto, il deterioramento della barriera

da sostanze irritanti e allergeni, rappresenta l’evento primario, seguito da sensibilizzazione,

infiammazione, aumento della proliferazione epidermica e cambiamenti nella differenziazione

epidermica. Nella dermatite atopica e nella psoriasi non è ben chiaro se la perturbazione della

permeabilità della barriera sia seguita da infiammazione o se sia l’infiammazione stessa a portare ai

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cambiamenti epidermici riscontrati (Proksch et al,2008).

In conclusione si può dire che la barriera cutanea è un complesso sistema formato da una miriade di

componenti inter-correlati e una qualsiasi modificazione di tale equilibrio comporta un’alterazione

della funzione di barriera. Pertanto, l’alterazione della funzione di barriera è un evento centrale in

varie malattie della pelle soprattutto in riferimento alle piodermiti (Guaguere e Prelaud, 2005, Proksch

et al., 2008).

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3) FISIOLOGIA DELLA RIPARAZIONE CUTANEA

La perdita o la distruzione di un tessuto, da qualunque causa prodotta, viene riparata mediante la

sostituzione delle strutture tissutali scomparse o alterate, con tessuto vivente di nuova formazione.

(Marcato P.S., 1977).

Il processo riparativo può avvenire in due modi:

1. Rigenerazione o ricostruzione del tessuto distrutto, mediante sostituzione con tessuto

identico, per proliferazione delle cellule rimaste indenni alla periferia della lesione;

2. Riparazione connettivale, ossia mediante sostituzione con tessuto connettivo, attraverso la

formazione di tessuto di granulazione che evolve in tessuto cicatriziale (cicatrizzazione),

quando le cellule differenziate circonvicine non hanno la capacità di proliferare.

La sequenza degli eventi biologici che derivano dalla lesione di un organo e dalla infiammazione che

essa provoca, dipende non solo dalla natura e dall’intensità dello stimolo lesivo, ma anche dalla

capacità delle varie cellule sopravvissute di proliferare e ripopolare l’area danneggiata. (Mcgee J.,

1994) La maggior parte delle popolazioni cellulari è in grado di ripopolare rapidamente le aree

danneggiate e sulla base della loro attività proliferativa in condizioni fisiologiche normali, esse

possono essere classificate in due gruppi:

1) Popolazioni cellulari rinnovabili (cellule labili), come l’epitelio squamoso stratificato e

l’epitelio gastrointestinale. Non cessano di proliferare durante la vita adulta, per la continua

necessità di sostituire le cellule in seguito alla persistente esfoliazione in superficie di elementi

differenziati in senso terminale dopo la mitosi (sono comprese anche le cellule emopoietiche );

2) Popolazioni cellulari potenzialmente rinnovabili (cellule stabili). Mostrano uno scarso ritmo

di proliferazione cellulare, ma sono in grado di replicare velocemente in seguito alla perdita di

elementi cellulari dello stesso tipo. Sono incluse le cellule epiteliali di quasi tutte le ghiandole

del corpo come gli epatociti, le cellule dei tubuli renali e degli acini prostatici, cellule dei tessuti

connettivi (fibroblasti, condrociti, osteociti), cellule dell’endotelio vascolare, muscolari lisce e

viscerali.

Il ripristino della funzione e della struttura normale dell’organo danneggiato dipende non soltanto

dalla capacità replicativa delle cellule sopravvissute, ma anche dalla preservazione dello stroma di

sostegno, la cui integrità può permettere la sostituzione ordinate delle cellule.

Una membrana basale intatta assicura la presenza dell’impalcatura necessaria per orientare la corretta

sostituzione delle cellule parenchimali perdute. Quando le membrane basali sono distrutte, le cellule

epiteliali proliferano in modo casuale, formando masse disorganizzate che non mostrano alcuna

somiglianza con la struttura originaria.

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Condizioni più gravi, come un’ischemia permanente possono causare una mancata risposta

rigenerativa e la graduale sostituzione di tessuto necrotico con tessuto fibroso (cicatrizzazione).

(Mcgee J., 1994)

Nella guarigione di una ferita della cute e del tessuto sottocutaneo, la formazione di tessuto cicatriziale

si associa alla rigenerazione epidermica, quindi, questa risposta è considerata il prototipo della

guarigione delle ferite.

Le varie differenze nei tessuti riguardano essenzialmente l’entità del fenomeno, piuttosto che la sua

natura.

E’ divenuta ormai consuetudine, considerare separatamente la guarigione di una ferita da incisione

netta, con margini giustapposti, dalla guarigione di ferite con notevole perdita di tessuto. (Mcgee J.,

1994). Questa distinzione viene comunemente indicata come Guarigione per prima intenzione

(ferite nette e non complicate con margini perfettamente giustapposti) e Guarigione per seconda

intenzione (perdita di sostanza più o meno estesa e profonda con formazione di tessuto cicatriziale in

sostituzione delle parti di tessuto e annessi distrutte) (Mcgee J., 1994). La prima si ottiene

prontamente, con fenomeni infiammatori praticamente assenti e con la minima produzione di tessuto

cicatriziale. (Micheletto B., 1980), la seconda presenta un decorso più lento di quella per prima

intenzione, in quanto si instaura su lesioni di continuo caratterizzate da ampia perdita di sostanza,

perdita che può essere “primitiva”, “immediata” cioè istantaneamente realizzata da un agente

traumatico, o “secondaria” se conseguente all’eliminazione di elementi tessutali degenerati (per azione

tossica ritardata, per insufficiente trofismo), o colliquati (per processi suppurativi insorti a seguito di

infezione del focolaio). (Micheletto B., 1980).

FASI DEL PROCESSO CICATRIZIALE

La riparazione tessutale è un processo dinamico ed interattivo che avviene normalmente nel nostro

organismo e che coinvolge mediatori solubili, matrice extracellulare, cellule ematiche e parenchimali.

Il processo fisiologico di riparazione tessutale viene comunque tradizionalmente suddiviso in tre fasi.

Fase infiammatoria

Fase proliferativa

Fase di maturazione ed epitelizzazione ( rimodellamento)

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Andamento delle componenti cellulari durante le fasi del processo di riparazione

tissutale

Prospetto degli eventi e delle componenti cellulari durante le fasi del processo di

riparazione tissutale

OMISSIS

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4) FISIOPATOLOGIA DELLA RIPARAZIONE TISSUTALE

Quando la lesione non evolve verso le tappe fisiologiche della riparazione tessutale e quindi verso

la guarigione, si ha la cronicizzazione della lesione che può diventare piaga o ulcera. Esistono vari

fattori che possono ostacolare la riparazione tessutale, sistemici e locali.

Omissis

Complicazioni infettive: giocano un ruolo importante nel ritardo del processo di guarigione delle

ferite e ne sono la complicazione più frequente e pericolosa. Un’elevata carica batterica sembra

giocare un ruolo importate nell’alterare il processo di guarigione delle lesioni. I batteri sono in

grado di ridurre le proteasi che possono degradare i fattori di crescita compromettendo la

cicatrizzazione (Robson,1997, Sibbald et al- 2006).

La carica batterica sulla superficie di una lesione cutanea che sia ferita, piaga o ulcera, può variare

in maniera molto significativa. E’ molto importante individuare se una lesione è infetta,

contaminata o colonizzata da agenti patogeni perché da questa valutazione dipendono le scelte

terapeutiche locali e/o sistemiche che si dovranno intraprendere. Una carica microbica intorno ai

livelli di 105 per grammo di tessuto, rappresenta la semplice colonizzazione batterica. Più

specificamente si distingue:

Contaminazione: Presenza di microrganismi sulla superficie senza moltiplicazione.

Colonizzazione: Presenza di microrganismi sulla superficie che si moltiplicano senza però

indurre reazione da parte dell’ospite.

Colonizzazione critica: Notevole sviluppo di flora batterica con adesione ai tessuti e lieve

reazione tissutale infiammatoria (infezione superficiale).

Infezione:Presenza di microrganismi che si moltiplicano, invadono i tessuti profondi con

successivo danno ed inducono una risposta infiammatoria tissutale perilesionale persistente e

prolungata.

L'infezione è sempre accompagnata dai segni clinici tumor (gonfiore), rubror (arrossamento),

dolor (dolore) e calor (ipertermia della parte).

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L’individuazione dei microrganismi responsabili dell’infezione mediante esame culturale e la

valutazione in vitro degli antibiotici sensibili o resistenti ai batteri isolati rappresenta un aspetto

fondamentale per un corretto trattamento farmacologico. Il prelievo di materiale da sottoporre a

cultura microbiologica può essere effettuato con tre differenti modalità: tampone, prelievo

dell’essudato con siringhe e biopsia tessutale.

Con l’esame culturale viene individuato il microrganismo/i responsabile/i dell’infezione. Questo

viene quindi testato nel terreno di coltura con una serie di antibiotici in modo da individuare

quello o quelli a cui il batterio è più sensibile. Il resoconto di questo studio viene riportato

nell’antibiogramma dove vengono elencati gli antibiotici testati, la relativa efficacia (sensibili o

resistenti) e la concentrazione minima inibente.

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5) PIODERMITE NEL CANE

Per piodermite si intende un’infezione cutanea piogena, molto importante nel cane per la sua

frequenza, grande variabilità clinica e difficoltà diagnostica e terapeutica (Ihrke, 2005). La piodermite

batterica come causa di malattia della pelle canina è seconda solo alla dermatite allergica da pulci ma

diventa la prima malattia della cute del cane nei paesi in cui lo sviluppo delle pulci è sfavorito (Ihrke,

2005).

Le ragioni di elevata incidenza di questa malattia non sono note, ma possono riguardare diversi fattori

dell'ospite che potrebbero causare maggiore una suscettibilità alle infezioni (Ihrke 1987; Hill and

Moriello 1994, Ihrke, 2005). Questi fattori possono includere:

fattori microbiologici: come la specifica flora batterica residente;

fattori istologici: come lo strato corneo sottile, lo scarso film idrolipidico superficiale e l’ assenza di

un tappo follicolare;

fattori igienici come pulizia insufficiente o leccamento patologico;

fattori epidemiologici: quali elevata incidenza di malattie dermatologiche pruriginose responsabili di

microtraumi autolesionistici che permettono la penetrazione dei batteri; elevata incidenza di

dermatite atopica con rottura della barriera immunologica ed attivazione della reazione infiammatoria

che è associata anche ad un aumento dell’adesione degli stafilococchi alle cellule epidermiche;

fattori iatrogeni: come eccessiva somministrazione di glucocorticoidi per via sistemica o pulizia con

prodotti inadeguati irritanti;

CLASSIFICAZIONE

Esistono molti tipi di piodermite, in base alle diverse e numerose infezioni batteriche cutanee (Harvey

et al. 1996; Paradis et al. 2001), ciascuna con aspetti clinici e istopatologici specifici (Hill et al-1994).

La distinzione rispetto ad altre patologie dermatologiche primarie come la dermatite atopica del cane

su base allergica (Hillier and Griffin, 2001, Sousa and Marsella, 2001, Olivry et al. 2010) è molto

difficile sfociando spesso l’una nell’altra per sovrapposizione e complicazione batterica. Le piodermiti

sono molto spesso secondarie ad altre patologie.

Come è facile immaginare, esistono molte classificazioni, sia cliniche che eziologiche, ma ad oggi quella

mantenuta è rappresentata dalla classificazione anatomo-clinica di Peter Ihrke del 1983,

successivamente adattata da Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti nel 1988 che si basa sulla

profondità e sulla distribuzione delle lesioni. Attraverso tale classificazione si distinguono piodermiti

di superficie, superficiali e profonde (derma e a volte sottocute) da distinguere dalle pseudo

piodermiti dovute ad infezione batterica secondaria (Fourrier et al.,1988, Bensignor, 2001).

PIODERMITI DI SUPERFICIE

Vengono così chiamate proprio perché interessano solo lo strato superficiale dell’epidermide senza

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oltrepassare la membrana basale e quindi senza coinvolgere il derma. Nella maggior parte dei casi

l’infezione viene determinata dallo staphylococcus intermedius. Tra questa classe di piodermiti

abbiamo una sottoclassificazione che vede la distinzione in:

INTERTRIGINI/PIODERMITI DELLE PIEGHE: sono delle infiammazioni delle pieghe cutanee tipiche

di cani obesi e di alcune razze come lo Sharpei e il Pechinese. Le pieghe cutanee creano un ambiente

caldo e umido ideale per lo sviluppo di batteri, oltre a trovarsi soprattutto nella vicinanza delle sedi di

produzione di lacrime, saliva e deiezioni (piaghe labiali, facciali, vulvare e caudale). Sono caratterizzate

da un essudato sieroso che si tramuta poi in mucoso e infine in purulento, che crea un conglomerato

con i peli e sigilla la cute che al principio appare sottile ed eritematosa e in seguito spessa, lignificata e

iperpigmentata; il fenomeno può sfociare in ulcere ed erosioni ricoperte da croste purulente ed

emorragiche. Il tutto naturalmente accompagnato da un forte odore sgradevole.

DERMATITE ACUTA UMIDA: la dermatite acuta umida o dermatite piotraumatica o “hot spot”, un

tempo denominata anche eczema acuto umido, in cui si assiste ad una proliferazione batterica

eccessiva confinata ad un’area localizzata di cute, generalmente a seguito di transito ed accumulo di

tossine (principalmente di origine alimentare) che scatenano una reazione infiammatoria acuta ed

imponente, che a sua volta determina, per l’intenso grattamento, lesioni da autotraumatismo. Le

lesioni insorgono tipicamente in maniera improvvisa “da un giorno all’altro” e sono caratterizzate da

aree alopeciche, di dimensioni diverse, in corrispondenza delle quali la cute appare estremamente

arrossata, dolente e bagnata per l’intensa essudazione; tagliando il pelo alla periferia della lesione si

evidenzia una netta demarcazione tra la cute interessata e quella sana. La localizzazione di tali lesioni

è quanto mai variabile in base anche alla causa predisponente, tuttavia spesso si riscontrano in

corrispondenza della regioni lombo-dorsale o ai lati del collo.

SINDROME DA SOVRACRESCITA BATTERICA: in tale patologia i batteri presenti sulla superficie

cutanea si moltiplicano attivamente ma non penetrano nell’epidermide e portano alla formazione di

ferite cutanee per rilascio di esotossine (da parte degli stafilococchi). Inizialmente coinvolge aree

umide e facilmente macerabili (pieghe del collo, regione ascellare, arti), per poi diffondere a torace e

addome. Sono caratteristiche alopecia ed eritema che evolvono in lichenificazione, iperpigmentazione

e cattivo odore associati a prurito intenso.

PIODERMITI SUPERFICIALI

Comprende il gruppo di piodermiti che coinvolgono gli strati dell’epidermide e/o il lume follicolare.

Anche qui, come nella precedente esiste una sottoclassificazione che comprende:

PIODERMITE MUCO-CUTANEA: è piuttosto rara e potrebbe essere confusa con l’intertrigine facciale,

anche se in realtà non appare all’interno della piega labiale ma sulla superficie delle labbra. Le cause

sono sconosciute e vi è predisposto il Pastore Tedesco. Può ritrovarsi meno frequentemente anche su

narici, vulva, prepuzio e ano. Compare inizialmente come una tumefazione eritematosa delle labbra

con erosioni e ulcere ricoperte da croste fino ad allargarsi ed interessare le pieghe labiali. Si può anche

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osservare una depigmentazione muco-cutanea (Gross et al., 2005).

IMPETIGINI: si tratta di piodermiti superficiali non follicolari, caratterizzate da pustole follicolari di

varie dimensioni. Nel soggetto giovane sono molto frequenti, mentre in quello adulto sono meno

comuni e, solitamente, sono secondarie a malattie sistemiche o dermatologiche predisponenti.

Tuttavia anche nel giovane si possono avere cause predisponenti che ne aumentano l’incidenza, come

malattie virali (cimurro) o parassitarie (ascaridi), alimentazione inadeguata e scarsa igiene. Le lesioni,

sotto forma di pustole, compaiono prevalentemente a livello addominale, inguinale e ascellare e sono

piuttosto numerose. La lesione iniziale è una pustola a contenuto chiaro, con base eritematosa, che poi

si rompe dando origine alla fuoriuscita di liquido giallastro che forma delle croste color miele; infine si

generano erosioni essudative, circinate, con bordi a collaretto per distacco dell’epidermide,

accompagnate da prurito di intensità variabile.

Tra le impetigini figurano quella:

BOLLOSA: si accompagna spesso ad un cattivo stato di salute e di frequente è secondaria

all’iperadrenocorticismo. Le tipiche lesioni sono pustole non follicolari di grosse dimensioni,

generalizzate, molto fragili e ripiene di pus denso e maleodorante, che si rompono facilmente lasciano

il posto a collaretti epidermici ed aree alopeciche post-infiammatorie, erosive e iperpigmentate.

PUSTOLOSA: solitamente secondaria a microtraumi multipli, caratterizzata da pustole non follicolari

di piccole dimensioni nelle sedi maggiormente esposte a traumi (collo, spalle, torace, ventre).

FOLLICOLITI: si definiscono come infezioni purulente del follicolo pilifero e degli annessi. Ne esistono

diversi tipi, ma nel loro insieme hanno in comune la presenza di infiammazione e la formazione di

microascessi nella parte superiore del follicoli piliferi, senza rottura degli stessi. L’ostio dei follicoli

piliferi si riempie di un infiltrato di granulociti (neutrofili e eosinofili) associati a batteri. Tutto ciò da

origine a delle papule e in seguito pustole follicolari, che per via della grande fragilità e sottigliezza

dell’epidermide che le riveste, si rompono rapidamente lasciando il posto a croste e collaretti

epidermici. Tali follicoliti vengono suddivise in:

FOLLICOLITE DEL CANE GIOVANE: molto frequente prima della pubertà (cause ormonali) e spesso

associata a traumi. Compare soprattutto sulla superficie ventrale del corpo sottoforma di papule

eritematose, che poi si trasformano in piccole pustole follicolari pruriginose, che si estendono

rapidamente.

FOLLICOLITE DEL CANE A PELO CORTO: tipica di razze a pelo raso come Pointer, Bracco tedesco,

Sharpei, Alano, dove si riscontrano, soprattutto sulla parte ventrale del corpo, papule seguite da

pustole follicolari centrate su un pelo che poi evolvono in un collaretto epidermico che circonda

un’area eritematosa ed alopecica o una crosta (“mantello tarmato” ovvero costellato di aree

alopeciche). Il prurito è variabile e scompare dopo la guarigione.

FOLLICOLITI SECONDARIE: sono piuttosto frequenti e come dice il nome, complicano una malattia

già esistente di tipo dermatologico o sistemico. Tra le malattie dermatologiche che possono dare

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origine secondariamente ad una follicolite troviamo ad esempio ectoparassitosi (demodicosi) o forme

allergiche (dermatite da pulci, dermatite atopica), che causando alterazioni strutturali o prurito,

permettono ai batteri residenti di penetrare nell’epidermide grazie alla comparsa di porte d’ingresso a

livello cutaneo. Esistono però anche casi in cui la patologia primaria causa una modificazione

dell’equilibrio cutaneo, permettendo ai batteri di aderire più facilmente allo strato corneo e

colonizzarlo, comportandosi così da germi patogeni e determinando la malattia; ciò succede nell’ittiosi,

nella seborrea primaria idiopatica, nelle malattie allergiche o ormonali. L’aspetto delle lesioni è

caratterizzato inizialmente da papule, seguite da pustole follicolari che rapidamente lasciano il posto a

collaretti epidermici ed eventualmente croste. Spesso la forma è generalizzata e accompagnata da

prurito.(Mason e Lloyd, 1990).

FOLLICOLITI PROFONDE: sono chiamate anche dermatiti da leccamento, spesso secondarie a forme

allergiche (dermatite atopica cronica), a disturbi comportamentali o a problemi neurologici (instabilità

lombo-sacrale). Interessa soprattutto carpo e tarso e appaiono come placche dure, singole o multiple,

erosive, essudative ed eritematose.

FOLLICOLITE PIOTRAUMATICA: è tipica di cani giovani di grossa taglia (Pastore tedesco, San

Bernardo) e nei Retriver (Labrador e Golden) ed è generalmente conseguente a prurito intenso ad

eziologia sconosciuta. Coinvolge soprattutto gola e faccia laterale del collo e sono caratterizzate dalla

comparsa di una placca dura, edematosa ed essudativa, circondata da papule e pustole follicolari

“satelliti”. Successivamente compaiono fistole emorragiche che drenano un essudato purulento. Il

prurito è molto intenso e causa un grattamento continuo.

PIODERMITE SUPERFICIALE DIFFUSIVA:

Non è stato ancora dimostrato, ma si pensa sia dovuta ad un ipersensibilità nei confronti degli

stafilococchi. Interessa soprattutto l’addome ed è caratterizzata da una triade di lesioni quali placche

seborroiche, bolle emorragiche e collaretti epidermici. La lesione iniziale è sempre una pustola con

margini molto eritematosi che poi evolve rapidamente con la comparsa di lesioni a bersaglio,

eritematose, esfoliative ed alopeciche, circolari e centrifughe il cui centro è iperpigmentato.

Frequentemente si osservano aree alopeciche focali multiple, che possono confluire creando vaste

aree alopeciche del diametro di decine di centimetri (Scott et al., 1978).

PIODERMITI PROFONDE

Nelle forme profonde, l’infezione coinvolge derma e/o sottocute, oltrepassando la membrana basale.

Per questo ci può essere un interessamento dello stato generale dell’animale con febbre, calo

dell’appetito, reazione linfonodale e in casi estremi setticemia. Per questo, pur essendo meno

frequente, è molto più grave delle forme superficiali. Anche qui il principale agente batterico causante

è lo Staphylococcus intermedius ma spesso si rinvengono anche Proteus spp, Pseudomonas spp ed

Escherichia coli. Spesso sono secondarie ad altre patologie come demodicosi, iperadrenocorticismo,

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ipotiroidismo o ostruzione dei follicoli piliferi per sfregamento, callosità o cause di altro genere. Anche

qui, come nelle piodermiti superficiali, abbiamo una classificazione specifica:

FORUNCOLOSI: caratterizzate da pustole profonde o foruncoli, risultato della rottura e necrosi dei

follicoli piliferi distesi dal pus e della persistenza dei residui piliferi rimasti nel derma e di focolai di

infezione in cui le cellule infiammatorie fanno fatica a penetrare. Ciò consente la diffusione del

processo infettivo nel derma perifollicolare, accompagnato da una reazione infiammatoria molto

marcata. Esistono diversi tipi di foruncolosi:

ACNE: compare soprattutto in cani adulti di giovane età e in razze predisposte (Boxer, Alano,

Dobermann). La causa è ancora sconosciuta ma potrebbe derivare da un difetto primario della corneo

genesi e/o del follicolo pilifero, complicati rapidamente da un’infezione batterica. Si manifesta con

comedoni, papule o pustole follicolari e foruncoli localizzati al mento e alle labbra, associati talvolta ad

edema del mento e fistolizzazione dei foruncoli. Quando cronicizzano si osserva lichenificazione e

iperpigmentazione delle ferite.

FORUNCOLOSI LOCALIZZATE: spesso secondarie a traumi ripetuti, sono causate dalla rottura del

follicolo pilifero che induce una reazione da corpo estraneo nel derma, seguita da infezione rapida. La

localizzazione è caratteristica, nella foruncolosi nasale le lesioni compaiono su dorso del naso e

palpebre (pustole e foruncoli dolorosi);si osserva inoltre la foruncolosi del collo per via dello

sfregamento da collare, foruncolosi degli spazi interdigitali e dei calli d’appoggio dovute al continuo

sfregamento nei cani pesanti.

FORUNCOLOSI GENERALIZZATE: rare e solitamente secondarie a follicoliti generalizzate non

trattate, che si estendono e penetrano in profondità. Appare con numerose pustole profonde,

caratterizzate da abbondante essudato purulento ed ematico,che tendono a fistolizzare e ricoprirsi di

croste.

CELLULITI: sono caratterizzate della disseminazione del processo infettivo a tutto spessore del derma

e del sottocute, spesso per la coalescenza di foruncoli e sono caratterizzate clinicamente da necrosi-

fistolizzazione e suppurazione. A volte la causa che determina la disseminazione dell’infezione è

evidenziabile ed è naturale che in questo caso la prognosi sia migliore che nei casi in cui non è

possibile risalire al fattore scatenante (cellulite idiopatica) e in cui si rischia la setticemia. Le celluliti

vengono classificate in:

CELLULITI LOCALIZZATE: tutte le foruncolosi localizzate si possono trasformare in celluliti

localizzate se non vengono effettuate diagnosi e/o terapie adeguate. Sono caratterizzate da una triade

di lesioni quali necrosi, fistole e ulcere.

La cellulite dei calli d’appoggio è secondaria ad una foruncolosi e si manifesta in cani di grosse

dimensioni che presentano callosità su gomiti, anche e garretti come una placca fistolizzata,

infiammata, edematosa e dolorosa. La cellulite perianale si manifesta con ulcere di dimensioni

variabili ai margini dell’ano che provocano forte dolore e tenesmo nell’animale, spesso aggravati dal

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leccamento. Le celluliti podali sono spesso secondarie e presentano un’eziologia multifattoriale,

aggravata da irritazione, sfregamento e traumi ripetuti. Tra le cause predisponenti abbiamo

demodicosi, iperadrenocorticismo, malattie allergiche. Clinicamente si rinviene eritema ed alopecia,

con rapida comparsa di fistole ed ulcere associate ad edema e forte dolore, causa di zoppia.

CELLULITI GENERALIZZATE: sono le piodermiti profonde e più gravi, causa spesso di risentimento

generale dell’organismo e setticemia. Le cause determinanti sono molto numerose: iatrogene (terapia

con glucocorticoidi), demodicosi, endocrinopatie (ipotiroidismo, Cushing, diabete mellito), malattie

sistemiche (erlichiosi, leishmaniosi) e neoplasie. Si manifestano con la comparsa di necrosi cutanea

che appare di colore emorragico e friabile. Comincia generalmente dalla faccia laterale delle cosce e dei

fianchi per poi estendersi a tutto il corpo. Le ulcere e le fistole sono talvolta profonde,molto dolorose e

circondate da iperpigmentazione. Spesso vi sono croste che ricoprono le ulcere.

DIAGNOSI

La diagnosi si basa sull’anamnesi, l’esame clinico e sull’esito degli esami complementari.

CITOLOGIA: l’esame citologico del contenuto delle pustole o delle ulcere è essenziale in corso di

piodermite, oltre ad essere rapido e economico. Infatti permette una diagnosi differenziale grazie

all’aspetto talvolta tipico del contenuto:

intertrigini: si osservano granulociti neutrofili non degenerati, cocchi o bacilli in sede extracellulare,

ma anche granulociti neutrofili degenerati e cocchi intracellulari fagocitati.

impetigini e follicoliti: si osservano granulociti neutrofili degenerati, pallidi e gonfi, con nuclei

ipersegmentati e picnotici e cocchi intracellulari fagocitati in numero ridotto, ma sempre presenti.

Sono abbondanti anche i cocchi extracellulari e si possono rinvenire granulociti eosinofili. Importante

è capire se si tratti solo di una fagocitosi superficiale (batteri non necessariamente patogeni) o

profonda (batteri patogeni veri e propri).

foruncolosi e celluliti: qui è difficile rinvenire batteri o segni di fagocitosi, mentre è costantemente

presente la reazione pio-granulomatosa caratterizzata dalla presenza di macrofagi, plasmacellule e

granulociti neutrofili e eosinofili.

BIOPSIE CUTANEE: non vengono effettuate di frequente in caso di piodermiti, a meno che la diagnosi

differenziale rappresenti un problema.

impetigine:si evidenziano pustole non follicolari.

follicoliti: si osservano pustole follicolari.

piodermiti superficiali estese: si notano grandi pustole spongiotiche superficiali.

foruncolosi: si osservano reazioni pio-granulomatose intradermiche nodulari con distruzione degli

annessi.

cellulite: si evidenziano reazioni pio-granulomatose intradermiche diffuse con distruzione degli

annessi (Gross et al.,2005).

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ESAME COLTURALE BATTERIOLOGICO: si effettua da una pustola intatta per confermare la presenza

di uno stafilococco patogeno, spesso rappresentato dallo Staphylococcus intermedius. Viene prelevato

il contenuto da una lesione intatta e posto in un mezzo di coltura adeguato, fino al trasferimento entro

poche ore in laboratorio, dove viene effettuato l’esame colturale batteriologico assieme

all’antibiogramma. E’ indicato per la maggior parte delle piodermiti dalle più profonde e gravi croniche

o ricorrenti a quelle superficiali.

DIAGNOSI EZIOLOGICA: la diagnosi della malattia sistemica o dermatologica predisponente è

essenziale per prevenire le recidive della piodermite. Ciò è possibile grazie all’impiego di esami

complementari specifici (raschiati cutanei, esami di funzionalità ormonali). Escludendo le cause

conosciute, si può diagnosticare anche una piodermite idiopatica (Guaguere e Prelaud, 2005).

TERAPIA CONVENZIONALE

Attualmente la terapia delle piodermiti si basa sull’uso di sostanze che inibiscono la crescita o

uccidono i batteri patogeni quali antibiotici e/o antisettici. Per prevenire l’insorgenza di recidive deve

essere assicurata la rimozione delle cause che ne sono alla base e deve essere evitato l’uso di

glucocorticoidi che, pur riducendo l’infiammazione e il prurito, sono i principali responsabili delle

frequenti recidive e dell’estensione in profondità dell’infezione.

La terapia antibiotica può essere sistemica o topica.

TERAPIA ANTIBIOTICA SISTEMICA

Sia nelle piodermiti superficiali che in quelle profonde è sempre consigliato l’uso di antibiotici per via

sistemica, mentre nelle piodermiti di superficie è generalmente sufficiente l’uso di una terapia topica.

Solitamente nelle forme superficiali il farmaco ad attività antibiotica viene somministrato per la durata

di 4-6 settimane, mentre in quelle profonde la terapia dura dalle 6 alle 12 settimane. In tutti i casi è

sempre bene protrarre il trattamento per 2 settimane dopo l’avvenuta guarigione clinica nelle forme

superficiali e per 4 settimane nelle profonde.

Solitamente si consiglia la somministrazione di antibiotici per via orale, spesso per lunghi periodi,

mentre la somministrazione parenterale è sconsigliata, data la frequente inosservanza del trattamento

da parte del proprietario del cane. Dall’apparato digerente, dove viene assorbito, l’antibiotico si

distribuisce a livello cutaneo. Dato il tipo di vascolarizzazione cutanea, molti antibiotici non hanno un

buon potere di concentrazione. I fluorochinoloni e i lincosamidi sono quelli che hanno una buona

diffusione cutanea.

Come già detto, nel 90% dei casi la piodermite del cane è determinata dallo Staphylococcus

intermedius (Harvey et al. 1996; Paradis et al. 2001), va da se che si dovrà aver cura di utilizzare un

antibiotico attivo contro questo germe. Ma la scelta dell’antibiotico dipende anche dalla profondità e

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dall’estensione delle lesioni. Deve preferirsi un antibiotico ad attività battericida piuttosto che

batteriostatica e che presenti una buona diffusione cutanea e sottocutanea, buona biodisponibilità e di

facile somministrazione (una o due somministrazioni giornaliere). Inoltre data la lunga durata del

periodo di cura, è bene che sia anche economico e poco tossico. La terapia antibiotica deve essere

prolungata oltre la completa scomparsa delle lesioni ed è compito del veterinario stabilire, mediante

visite di controllo regolari ogni 15-20 giorni, quando interrompere il trattamento. Ciò permette di

adattare la terapia in funzione dell’evoluzione clinica ed eventualmente di ripetere alcuni esami

complementari (esame citologico,esame colturale batteriologico con antibiogramma) e soprattutto di

evitare errori terapeutici.

Gli antibiotici possono essere batteriostatici o battericidi. Tra i batteriostatici più utilizzati per

combattere le piodermiti ci sono:

Macrolidi e Lincosamidi: agiscono inibendo la traslocazione a livello ribosomiale . Sono basi deboli

con buona concentrazione nelle cellule e distribuzione nei tessuti, fortemente legati alle proteine

plasmatiche ed eliminati attraverso la bile. Hanno un effetto batteriostatico tempo-dipendente e uno

stretto spettro d’azione contro i gram+. Le resistenze sono relativamente frequenti e crociate. Tra

questi troviamo ad esempio la Clindamicina e la Lincomicina.

Tra i battericidi i più usati sono:

Penicilline penicillati resistenti: agiscono inibendo la sintesi della parete batterica. Sono acidi

deboli, idrofile con buona distribuzione nell’ambiente extracellulare ed eliminate rapidamente

soprattutto attraverso i reni. Hanno un effetto tempo-dipendente e uno spettro d’azione variabile.

Raramente si hanno delle resistenze. Tra queste le più utilizzate sono le associazioni tra amoxicillina e

acido clavulanico.

Cefalosporine: agiscono distruggendo la parete batterica. Le caratteristiche fisico-chimiche sono le

stesse delle precedenti. Hanno un effetto tempo-dipendente ad ampio spettro d’azione con resistenze

variabili. La più utilizzata è la Cefalessina.

Fluorochinoloni: agiscono inibendo la replicazione del DNA con un effetto concentrazione-

dipendente. Sono anfoteri con buona diffusione cellulare debole fissazione alle proteine plasmatiche e

buona diffusione nei tessuti. Hanno un ampio spettro d’azione e le resistenze sono rare, ma ad oggi in

aumento. Tra questi i più utilizzati sono la Enrofloxacina, Marbofloxacina, Ibafloxacina, Difloxacina e la

Ciprofloxacina.

Rifamicine: agiscono inibendo la RNA-polimerasi DNA-dipendente nelle cellule batteriche alla sua sub

unità beta prevenendo la trascrizione dell’RNA e la conseguente traduzione in proteine. Hanno buona

e rapida diffusione all’interno della cellula superano la membrana emato-encefalica (per questo

vengono usate nella meningite). Vengono facilmente assorbite dal tratto gastro-intestinale per poi

essere eliminate attraverso la bile. Sono attive contro stafilococchi, streptococchi e micobatteri e

spesso danno origine a farmaco-resistenza. La più utilizzata nella piodermite del cane è la Rifampicina.

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Associazione Sulfamidici-Diaminopirimidine: agiscono per inibizione del metabolismo batterico

impedendo la sintesi dell’acido folico. Sono acidi deboli (sulfamidici) e basi deboli (diaminopirimidine)

con buona diffusione nel liquido extracellulare, variabile fissazione alle proteine plasmatiche e

eliminati soprattutto attraverso le urine. Hanno un ampio spettro d’azione e danno raramente origine

a delle resistenze. Tra le associazioni più utilizzate ritroviamo Trimethoprim-sulfadiazina e

sulfametossazolo-dazina di trimethoprim (Ihrke,1986).

EFFETTI COLLATERALI/TOSSICITA’

L’utilizzazione degli antibiotici sistemici non è esente da effetti collaterali, ad esempio:

Betalattamine e Cefalosporine provocano: vomito, diarrea, reazioni avverse ai farmaci.

Macrolidi e Lincosamidi provocano: vomito e diarrea.

Fluorochinoloni provocano: vomito, diarrea, degenerazioni delle cartilagini articolari nei soggetti di

taglia grande in crescita.

Tetracicline provocano: vomito, aplasia dello smalto dentale.

Rifamicine provocano: epatite, sindrome respiratoria, arrossamento, prurito, rush, lacrimazione,

brividi, febbre, nausea, vomito e diarrea.

Sulfamidici-diaminopirimidine provocano: cherato-congiuntivite secca, glomerulopatia, poliartrite,

trombocitopenia e reazioni avverse ad altri farmaci(Schwarz e Noble,1999; Lloyde et al.,1999).

TERAPIA TOPICA

Sia nelle piodermiti superficiali che nelle profonde l’uso di antibatterici topici sembra esser essenziale

ed insostituibile. E’ sempre bene tosare l’animale o tolettare perfettamente le aree interessate dalla

patologia cutanea per assicurare il contatto del medicamento con le parti lese e consentire di esplicare

l’azione topica. La terapia topica può essere a base antisettica/disinfettante o antibiotica. Le

formulazioni disponibili sul mercato sono diverse: shampoo, lozioni, gel e creme. Tra gli antisettici

topici si trovano:

PEROSSIDO DI BENZOILE: è un potente ossidante e agisce inducendo la formazione di ossigeno

nascente nella cute, oltre a produrre interazioni tra radicali benzoilperossi- con gruppi idrossi- e

sulfossi. Ciò provoca un’alterazione della permeabilità di membrana con successiva rottura delle pareti

batteriche. Possiede inoltre attività cheratolitica, antipruriginosa e antiseborroica. Ma per la spiccata

attività ossidante può presentare effetti collaterali come eritema, prurito, dolore e secchezza cutanea

nel punto di applicazione e dovrebbe essere evitato nelle aree cutanee molto infiammate e

disepitelizzate, per il forte bruciore che può causare. Esiste in forma di shampoo al 2,5% o gel al 5%

applicabile ogni 2-3 giorni con risciacquo lungo, accurato e completato dall’applicazione di un

emolliente.

CLOREXIDINA: si tratta di un antisettico ad ampio spettro contro funghi e batteri. Ad elevate

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concentrazioni coagula le proteine citoplasmatiche batteriche, mentre a basse concentrazioni

distrugge le membrane citoplasmatiche batteriche, che non sono più in grado di svolgere la loro

funzione osmotica. Gli effetti collaterali sono legati alla attività coagulante sulle proteine: irritazione,

eritema e prurito. E’ disponibile in commercio come shampoo al 2% o al 4% e lozioni a diversa

concentrazione, applicabile ogni 2-3 giorni con risciacquo lungo, accurato e completato

dall’applicazione di un emolliente.

DERIVATI DELLO IODIO: il più usato ad oggi è lo iodio povidone, dove lo iodio si trova associato a dei

tensioattivi che ne permettono una maggior penetrazione a livello cutaneo, svolgendo un’azione

battericida e fungicida. Spesso determina effetti collaterali tra cui:irritazione nelle aree in cui la cute è

molto sottile (scroto), secchezza cutanea e dermatite da contatto. E’ formulato come shampoo al 2% da

somministrare 2-3 volte alla settimana fino al miglioramento clinico con risciacquo accurato e

associato a degli emollienti per limitare la secchezza cutanea.

LATTATO DI ETILE: è un antibatterico liposolubile in grado di penetrare nel follicolo pilifero e nella

ghiandola sebacea dove viene idrolizzato ad acido lattico ed etanolo dalle lipasi batteriche; l’acido

lattico provoca una riduzione del ph e l’inibizione delle lipasi batteriche stesse, mentre l’etanolo

solubilizza i grassi e diminuisce la secrezione sebacea. Raramente può determinare irritazione, prurito

ed eritema. E’ formulato come shampoo al 10% da applicare 2-3 volte alla settimana inizialmente e 1

volta alla settimana in seguito al miglioramento clinico con risciacquo abbondante.

TRICLOSAN: battericida bi fenolico poco attivo contro lo Staphylococcus intermedius è presente sul

mercato come shampoo allo 0,5% in unione a zolfo e acido salicilico.

ANTIBIOTICI PER USO TOPICO -RISERVATI SOLO AL TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI

LOCALIZZATE-

MUPIROCINA: è un antibiotico ad azione esclusivamente locale che, agendo sull’enzima isoleucil-

transfer-RNA-sintetasi batterico, provoca una deplezione intracellulare di isoleucina con arresto della

sintesi di RNA e delle proteine batteriche. Provoca così la morte del germe in 24-48 ore. E’ disponibile

sottoforma di gel al 2%,con una base di glicole propilenico da applicare 1-2 volte al giorno fino alla

guarigione su ogni singola lesione.

ACIDO FUSIDICO: è un antibiotico della famiglia delle fusidamine, utilizzato come sale (fusidato), da

solo o associato ad antinfiammatori. Inibisce un fattore necessario all’allungamento della catena

polipeptidica batterica con azione più batteriostatica che battericida. E’ disponibile come pomata al

2% da applicare 1-2 volte al giorno fino alla guarigione.

TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI SUPERFICIALI

La terapia delle piodermiti superficiali sarà sia topica (shampoo con clorexidina o lattato di etile) che

sistemica con antibiotici attivi contro lo Staphylococcus intermedius per una durata minima di 4-6

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settimane con l’aggiunta di altre 2 settimane oltre la guarigione clinica. Verso la fine del trattamento

antibiotico è bene rivalutare lo stato delle lesioni, in caso di mancata guarigione va riconsiderata la

diagnosi e la terapia con un esame colturale batteriologico con antibiogramma e talvolta biopsia

cutanea.

TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI PROFONDE:

Anche in questo caso la terapia sarà sia sistemica che topica (shampoo con clorexidina o perossido di

benzoile) con antibiotici attivi contro Staphylococcus intermedius dotati di una buona penetrazione

cutanea ad ampio spettro ed economici data la lunga durata del trattamento (6-12 settimane più 3-4

settimane dalla guarigione clinica). E’ necessario un accurato esame colturale batteriologico con

antibiogramma scegliendo con cura l’area dove eseguire il prelievo e prediligendo lesioni ancora

integre. Per effettuare il prelievo è bene tosare l’animale (ma anche per rendere più semplice ed

efficace il trattamento topico), talvolta è necessario anestetizzarlo, dato che in molti casi le lesioni sono

dolenti. Nel corso del trattamento, l’animale va sottoposto a visite di controllo, ogni 3 settimane,

durante le quali si valuta il miglioramento delle lesioni e si ripetono gli esami citologici ed

eventualmente batteriologici.

TRATTAMENTO DELLE PIODERMITI RICORRENTI

Il trattamento in questo caso è molto più impegnativo data la continua ricomparsa delle lesioni e

nonostante che la terapia venga applicata correttamente. Si consiglia una terapia antisettica regolare

(1-2 volte alla settimana con shampoo con clorexidina) associata ad una terapia antibiotica sistemica

da applicare alla ricomparsa delle lesioni per 4-6 settimane. Esiste però anche una terapia antibiotica

intermittente che consiste nella somministrazione regolare di antibiotici per brevi periodi al fine di

ridurre la carica batterica cutanea e diminuire la frequenza delle recidive. Occorre evitare lo sviluppo

di resistenze, scegliendo con cura l’antibiotico più efficace, possibilmente battericida con minimi effetti

collaterali. I più indicati per tale terapia sono generalmente le cefalosporine e l’associazione

amoxicillina-acido clavulanico per una durata media di 3-4 mesi dopo la guarigione clinica senza mai

ridurre la dose e la frequenza di somministrazione, per evitale lo sviluppo di ceppi batterici resistenti.

Si può, inoltre associare un antibiotico ad uso topico in gel a base di acido fusidico al fine di ridurre la

carica batterica stafilococcica nel cane.

E’ bene, inoltre, stimolare il sistema immunitario dell’animale e ciò è possibile attraverso l’uso di

diverse molecole come la cimetidina, il levamisolo, l’interferone. In questo caso si tratta di

un’immunomodulazione aspecifica mentre con l’uso di antigeni batterici si può indurre

un’immunomodulazione specifica. Tra questi ritroviamolo Staphoid A-B (batterina di Staphilococcus

intermedius mescolata a tossine a e b da somministrare a dosi crescenti per via sottocutanea o

intradermica. E’ stato condotto uno studio (Curtis et al, 2006) per valutare l’efficacia di tale batterina,

23

reclutando dieci cani con almeno tre precedenti episodi di piodermite superficiale. Dopo aver

accertato l’assenza di ectoparassiti e funghi e dopo aver somministrato una dieta specifica senza alcun

segno di miglioramento, gli animali sono stati sottoposti ad una terapia antibatterica per via sistemica.

Sono state utilizzate colture di Staphylococcus intermedius prese dalle lesioni degli stessi animali, per

produrre una batterina autogena per ciascun di essi. I dieci cani sono stati riuniti in due gruppi da

cinque (gruppo 1 e 2) ed è stato assegnato loro un “punteggio di lesione” in base alla gravità della

forma infettiva. Entrambi i gruppi hanno ricevuto una terapia di 4 settimane di antibiotico. Il gruppo 1

è stato però sottoposto ad una concomitante somministrazione sottocutanea di batterina, protratta

fino alla decima settimana, mentre il gruppo 2 non ha ricevuto alcuna terapia aggiuntiva. Tutti i cani

sono stati esaminati e analizzati alla quinta e decima settimana e in fine,una volta confrontati i diversi

risultati tra i due gruppi è emerso che alla decima settimana il gruppo controllo mostrava punteggi

delle lesioni significativamente più alti rispetto al gruppo che aveva ricevuto la batterina. Nessun

animale ha mostrato reazioni avverse alla batterina. Questa può fornire una metodo sicuro ed efficace

per il controllo della piodermite superficiale ricorrente canina come confermato da ulteriori studi che

hanno utilizzano gruppi di cani più numerosi e per un periodo di trattamento più lungo (Curtis et al,

2006).

Altri immunostimolatori molto importanti sono l’Immunoregulin (sospensione di Propionibacterium

acnes inattivato da somministrare per via endovenosa) e lo Staphage Lysate (preparato a partire dalla

lisi da parte di batteriofagi di 2 ceppi di Staphylococcus aureus da somministrare per via sottocutanea

(Guaguere e Prelaud, 2005).

ANTIBIOTICO RESISTENZA

L’uso di antibiotici per periodi prolungati determina la comparsa di resistenze e questo fenomeno è

molto frequente nel trattamento delle piodermiti (Bergan, 1981). Tale fenomeno è legato alla presenza

o all’acquisizione di geni che codificano per gli enzimi che distruggono gli antibiotici (ad esempio le

penicillasi per le penicilline), che modificano i “target” dell’antibiotico (ad esempio la modificazione

dei ribosomi per l’eritromicina) o che codificano per le proteine batteriche che non sono più attaccabili

dall’antibiotico (per esempio la produzione di una DNA girasi non attaccabile dai fluorochinoloni). Le

resistenze batteriche sono di due tipi: le resistenze intrinseche o naturali, e le resistenze acquisite per

mutazioni genetiche del DNA cromosomico batterico e/o per acquisizione di un plasmide di resistenza

trasferibile. La resistenza intrinseca è innata e prevedibile. Si tratta di una caratteristica stabile di

alcune specie batteriche nei confronti di un antimicrobico. La resistenza cromosomica è, invece, rara e

spontanea, ma non indotta dall’uso dell’antibiotico. Nella resistenza plasmidica, un plasmide

(frammento di DNA extracromosomico) che regola la sintesi di enzimi che disattivano l’antibiotico, si

innesta nel patrimonio genetico del batterio (per coniugazione, per trasduzione, o attraverso dei

batteriofagi). Questo trasferimento può avvenire tra batteri della stessa specie o di specie differenti. E’

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per questo motivo che in presenza di piodermite, occorre evitare la somministrazione di antibiotici

non strettamente necessari e prediligere l’uso di un antibiotici adatti che vanno regolarmente

cambiati, per evitare di selezionare popolazioni batteriche resistenti.

E’ ormai chiaro che il principale agente eziologico nella piodermite del cane è lo Staphylococcus

intermedius (Ihrke, 1987). Tale germe fa parte della normale flora batterica residente del cane e può

essere isolato in cani sani, soprattutto dalla regione anale (Devriese, DePelsmaeker 1987), ma è anche

un importante patogeno della pelle, nella stessa specie (Medleau et al. 1986).. A causa del sempre più

diffuso utilizzo degli antibiotici per curare svariate patologie, comprese le specifiche patologie

infiammatorio/infettive della cute che rientrano nel capitolo delle piodermiti, gli stafilococchi canini

normalmente residenti sulla cute del cane hanno sviluppato e continuano a sviluppare insidiose e

preoccupanti antibiotico-resistenze (Noble, Kent 1992, Lloyd et al. 1996, Werckenthin et al. 2001,

Holm et al. 2002, Rantala et al. 2004, Loeffler et al. 2007). I batteri della normale flora intestinale,

come anche Escherichia coli e Enterococcus spp, possono facilmente acquisire e trasferire i geni della

resistenza. Tali batteri possono quindi essere impiegati come indicatori di variazioni di resistenza

microbica (Caprioli et al. 2000). In medicina veterinaria sono stati creati dei programmi di

monitoraggio per la resistenza batterica agli antibiotici specialmente in animali da produzione (Martel

et al. 2001), ma sono stati portati avanti degli studi riguardo anche nei cani, seppure più limitati

(Hirsh et al. 1980, Monaghan et al. 1981, Devriese et al., 1996, van Belkum et al. 1996). Tra questi ne

spicca uno condotto da un gruppo di medici veterinari (Rantala et al., 2004) presso la facoltà di

Medicina Veterinaria dell’università di Helsinki in Finlandia. Lo scopo di tale studio è stato quello di

valutare se i batteri della normale flora intestinale dei cani, che hanno ricevuto antimicrobici per il

trattamento dei disturbi dermatologici cronici, siano più resistenti della corrispettiva flora intestinale

del gruppo di controllo non trattato. I cani con disturbi dermatologici cronici (n=22) trattati con

antimicrobici nel corso di 6 mesi precedenti allo studio, sono stati campionati in quello chiamato

“gruppo trattato”; il trattamento è stato terminato almeno 2 settimane prima del campionamento. Il

gruppo di controllo era rappresentato da 56 cani che non avevano ricevuto trattamenti con

antimicrobici da almeno 6 mesi prima del campionamento. Sono stati raccolti una serie di dati da tutti

i pazienti: razza, età, sesso, antimicrobici dati nei precedenti 6 mesi e durata del trattamento. I

campioni sono stati raccolti presso l’ospedale veterinario dell’università di Helsinki e presso 2

cliniche veterinarie nella stessa zona, tra dicembre del 1997 e luglio del 1998. Per l’isolamento degli

stafilococchi è stato utilizzato un tampone sterile posto sulla mucosa perineale, rapidamente

trasportato all’istituto nazionale veterinario di ricerca alimentare di Helsinki in Finlandia e sottoposto

ad analisi batteriologica immediata, oppure a distanza di 2 giorni, per quelli prelevati nel

finesettimana, ma mantenuti ad una temperatura di +4° C. Per l’isolamento degli stafilococchi, i

campioni sono stati strisciati su un terreno agar contenente un 5% di sangue bovino e Staphylococcus

medium 110 (Difco Laboratories, Detroit, Michigan, USA) e incubati a +37° C per 18-24 ore. Infine, una

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volta identificati attraverso metodi tradizionali (Quinn et al. 1994), 2 colonie di stafilococchi sono

state conservate in BHI integrato con glicerolo a -70° C. Una volta fatto ciò, segue il test di

suscettibilità antimicrobica sui germi isolati rappresentato da un test di diffusione su agar iso-

sensitest agar (CM471,Oxoid, Basingstoke, UK) secondo standard NCCLS (1997). I diametri delle zone

break-point utilizzati nello studio e le relative concentrazioni minime inibenti (MIC) se disponibili

sono riportate in tabella 1.

Table 1. Susceptibility breakpoint zone diameters (mm) used in the study.Staphylococci¨

Respective MIC -value for susceptible srains

Betalactams

Penicillin G 10 IU ≥29 ≤0.12 μg /ml

Ampicillin 10 μg ≤8 μg /ml

Amoxillin-clavulanate (2:1) 30 μg ≥17

Cephalotin 30 μg ≥18 ≤8 μg /ml

Cefotaxime 30 μg

Oxacillin 1 μg ≥13 ≤2 μg /ml

Macrolides and lincosamides

Erythromycin 15 μg ≥16

Clindamycin 2 μg ≥21 ≤0.5 μg /ml

Aminoglycosides

Streptomycin 10 μg ≥15

Gentamicin 10 μg ≥19

Others

Chloramphenicol 30 μg

Enrofloxacin 5 μg ≤0.25 μg /ml

Trimethoprim/sulfamethoxazole ≥16 ≤2/38 μg /ml

1.25/23.75 mg (SXT)

Tetracycline 30 μg ≥21

Vancomycin 30 μg

*The respective MIC-value is, if found, from the NCCLS standards. Susceptibility breakpoints are those used by The

National Veterinary and Food Research Institute at the time this study was made, and they partly differed from the

NCCLS (1997) standards.

Un isolato è definito multiresistente quando mostra resistenza a 3 o più differenti classi di

antimicrobici. Le β-lattamasi sono enzimi prodotti da alcuni batteri responsabili della loro resistenza

26

agli antibiotici beta-lattamici come le penicilline, le cefamicine e cefalosporine. Questi antibiotici hanno

un elemento in comune nella loro struttura molecolare: un anello a quattro atomi noto come beta-

lattame. L'enzima lattamasi idrolizza l'anello beta-lattamico, inattivando le proprietà antibatteriche

della molecola, in due fasi: acilazione (che avviene attraverso l'attacco covalente al beta-lattame ad

opera della serina70) e deacilazione. La produzione di beta-lattamasi nello S. intermedius canino è

risultato essere molto diffuso, infatti il 50-90% degli isolati produce beta-lattamasi (Noble & Kent

1992, Pedersen & Wegener 1995, Kruse et al. 1996, Lloyd et al. 1996, 1999, Holm et al. 2002). studi

analoghi sono stati condotti anche in Norvegia (Kruse et al. 1996), Svezia (Holm et al. 2002), Francia

(Pellerin et al. 1998), Danimarca (Pedersen & Wegener 1995), Stati Uniti d'America, Regno Unito e

Germania (Werckenthin et al. 2001) dando dei risultati analoghi.

Nonostante un ampio uso di cefalosporine di prima generazione e altri antibiotici beta-lattamici nella

pratica veterinaria canina, la resistenza all’oxacillina è ancora piuttosto rara (Pedersen & Wegener,

1995, Kruse et al. 1996, Lloyd et al. 1996), sebbene sia stata riscontrata resistenza alla meticillina

(Piritz et al. 1996, Gortel et al. 1999, Pak et al. 1999), ricordando però che il disco di diffusione di

routine test non è ottimale per rilevare la meticillina-resistenza (Gortel et al. 1999). Inoltre, è risultata

più comune l‘antibiotico-resistenza al Trimethoprim/sulfamethoxazole in stafilococchi isolati da cani

trattati (57%) rispetto al gruppo di controllo (25%) (Pellerin et al., 1998). Per quanto riguarda la

resistenza a macrolidi e lincosamidi (in media 20%), questa è risultata essere molto elevata nello S.

intermedius canino, e ciò potrebbe essere spiegato da un maggior uso di tali antimicrobici nei cani

negli ultimi decenni (dal 1987 al 1994 è aumentata in Norvegia dal 3% al 25%) (Kruse et al. 1996). In

Francia la resistenza ai macrolidi e lincosamidi in stafilococchi canini era intorno al 40 % (Pellerin et

al. 1998).

In conclusione, i risultati dei vari studi supportano il fatto che l'uso di antimicrobici e lo sviluppo di

resistenza antimicrobica tra i batteri sono collegati tra loro. Sebbene nei batteri indicatori

l’antibiotico-resistenza rilevata risultasse piuttosto bassa, lo sviluppo della resistenza antimicrobica

negli stafilococchi contro antibiotici comunemente utilizzati è molto diffusa. Sulphatrimethoprim e

macrolidi rischiano di rivelarsi totalmente inefficaci dato che tra gli stafilococchi canini sono presenti

molti ceppi multi resistenti.

27

6) LA RICERCA IN ENEA: IL BREVETTO MIX 557

La ricerca di sempre nuove sostanze caratterizzate da tossicità limitata, grande efficacia nel favorire i

processi riparativi, associate ad un rischio ridotto di induzione di antibiotico-resistenza, hanno spinto

due ricercatori dell'Enea a concentrare gli studi nel campo della fitoterapia. Questa è una pratica

terapeutica, comune a tutte le culture e le popolazioni sin dalla preistoria, che prevede l’utilizzo di

piante o estratti di piante per la cura di molte malattie.

Durante la sperimentazione sull’impiego terapeutico di sostanze naturali ad attività antiparassitaria

nei confronti di alcune ectoparassitosi (quali la pediculosi, le infestazioni da larve di ditteri ecc.) negli

animali da fibra, i due ricercatori, Fiorella Carnevali, Medico Veterinario e Stephen Andrew van der

Esch, Biologo, hanno formulato una miscela di estratti naturali da Neem (Azadirachta indica, var.

A.Juss) e Iperico (Hypericum perforatum), priva di effetti collaterali, che ha rivelato proprietà biocide

repellenti e cicatrizzanti per la cura delle lesioni esterne di qualunque estensione e natura,

inizialmente denominata “MIX 557.”

L'Iperico (Hypericum perforatum) è una pianta che suscita da tempo notevole interesse scientifico.

Attualmente le conoscenze e le evidenze cliniche si sono concentrate sull’attività terapeutica

dell’estratto in toto della pianta di iperico (estratti idrofilici) nel trattamento dei disturbi depressivi da

lievi a moderati. In realtà, l’olio di Iperico (estratto lipofilico delle sommità fiorite) è stato per secoli

uno dei rimedi tradizionali per il trattamento delle ferite, delle ustioni e di varie forme di

infiammazione della cute, adiuvato da attività antibatterica e cicatrizzante.

L'albero del Neem (Azadirachta indica), è conosciuto da tempi immemori nella tradizione ayurvedica

quale produttore di principi biologicamente attivi di estremo interesse (azadiractina, gedunina ecc.)

per l’agricoltura (fonte di biopesticidi), per la medicina in generale e per la salute pubblica (controllo

dei vettori biologici responsabili di malattie socialmente problematiche: malaria, blue tongue ecc.)

oltre che per le sue innumerevoli proprietà, tra cui la capacità di favorire la guarigione di diverse

lesioni cutanee, manifestando anche attività antinfiammatoria, analgesica e antimicrobica verso

batteri, virus, dermatofiti e parassiti degli animali e delle piante.

Il medicamento, messo a punto dai ricercatori ENEA, si caratterizza in particolare per spiccate propriet

à antidisidratative e lenitive che favorirebbero lo svolgimento dei processi chimico-istologici-cicatrizia

li associando un’attività repellente e biocida verso gli insetti e batteri ed evitando la deposizione delle

uova sulle ferite e lo sviluppo delle larve di ditteri miasigeni (mosche che depositano uova o larve sui t

essuti vivi o su tessuti in decomposizione). Il preparato favorisce la formazione, in tempi rapidi, del tes

suto di granulazione, dalla qualità del quale dipende, non solo la guarigione e la formazione di una buo

na cicatrice, ma anche il perfezionamento rapido della barriera temporanea di fibroblasti attivi e della

rete vascolare trofica ed impermeabile, che si oppone all'attacco dei germi sulla superficie lesa.

I risultati ottenuti in veterinaria hanno portato alla sperimentazione del medicamento in medicina um

ana sia sulle lesioni acute che su quelle croniche con risultati sovrapponibili e alla sua registrazione co

28

me dispositivo medico di classe II-b per uso topico.

In questo capitolo verranno esaminate in maniera approfondita le proprietà delle componenti vegetali

del brevetto ENEA ed i risultati clinici ottenuti utilizzando il prodotto commerciale derivante da detto

brevetto chiamato 1 Primary Wound Dressing per la medicina umana e ONE VET per uso veterinario.

HYPERICUM PERFORATUM O ERBA DI S.GIOVANNI

L’iperico (famiglia delle Guttiferae) è una piccola pianta erbacea perenne originaria dell’Europa e

dell’Asia occidentale (figura sotto). La flora italiana ne annovera circa una ventina di specie.

L’Hypericum perforatum è una specie spontanea molto diffusa sulla nostra penisola, che vive negli

incolti stepposi adattandosi anche in suoli asciutti e poveri, dal mare alla montagna.

I fusti, alti circa 60cm, presentano due creste longitudinali che distinguono la pianta da altre specie di

iperico. Le foglie sono ovali, intere, opposte e presentano

delle ghiandole traslucide che controluce appaiono come

una fitta perforazione. I fiori, formati da cinque petali di

colore giallo brillante, sono raccolti in corimbi alla

sommità degli scapi. Tutta la pianta, ma in particolare i

fiori, sono cosparsi da una fitta punteggiatura bruna

costituita da ghiandole secretrici ricche di un pigmento

rosso vinoso, rappresentato in prevalenza da ipericina.

(Boncompagni, Mercati, 2008). Il nome con cui l’iperico è

conosciuto in tutto il mondo è “St. John’s Worth” o Erba di

S. Giovanni e si deve all’antica tradizione popolare che

voleva che la pianta fosse colta nella notte tra il 23 e il 24

giugno, giorno della festa di S. Giovanni Battista. Oltre alle

valenze magico-religiose e propiziatorie di questo antico rituale, è interessante notare che questa

ricorrenza corrisponde proprio al periodo iniziale della fioritura ed è il momento in cui la pianta è più

ricca di sostanze farmacologicamente attive. (Boncompagni, Mercati, 2008). Per tutte le prerogative

attribuitegli, meritò il nome di fugademonum (cacciadiavoli) in quanto nella medicina popolare era

utilizzato sotto forma di infuso per la malinconia, gli sbalzi d’umore, l’agitazione nervosa, l’isterismo, le

nevralgie, gli stati infiammatori dei bronchi e delle vie genito-urinarie, come antidiarroico

(probabilmente per l’azione astringente dei tannini), contro l’enuresi notturna, i reumatismi, mentre

come estratto oleoso (oleolito di iperico) era utilizzato per la cicatrizzazione di piaghe, fistole,

scottature ed ulcere. (Boncompagni, Mercati,2008). Da Li meravigliosi secreti di medicina e

chirurgia, 1581: “Le virtù di questo olio sono miracolose ed infinite: giova alle ferite penetranti, come

quelle del capo, quando l’osso è scoperto, del petto e del ventre versandolo dentro. Scioglie il sangue

raffermo e porta via il pus. Leva il dolore, impedisce l’infiammazione e salda le ferite interne. Giova alle

29

ferite delle giunture, della pelle tagliata, delle piaghe, delle fistole profonde. Guarisce la tigna; ungendo

una volta al giorno la testa con pezze intrise di questo olio, aiuta a far ricrescere i capelli”(Boncompagni,

Mercati,2008). L’olio di iperico è stato per secoli uno dei rimedi tradizionali più popolari in Europa per

il trattamento delle scottature e delle ferite e le pubblicazioni moderne, inerenti studi sperimentali

sull’efficacia terapeutica dell’olio di iperico, supportano la validità dei tradizionali utilizzi fitoterapici

del preparato come antinfiammatorio, antibatterico e cicatrizzante per il trattamento topico di ferite,

ustioni e varie forme di infiammazioni della cute.

OMISSIS

In conclusione, tra le proprietà dell’ H. Perforatum, le più importanti e di maggiore interesse clinico

sono:

Attività antimicrobica nei confronti dei batteri Gram (+) e Gram (-), in particolare nei

confronti di S. Aureus poliantibiotico-resistenti;

Attività di rigenerazione tissutale e riepitelizzazione delle ferite chirurgiche;

Modulazione di alcuni fattori di crescita, in particolare attività di riduzione del TGF-β,

soppressore della crescita delle cellule epiteliali e dell’Attivatore del Plasminogeno Urochinasi,

enzima che attiva il TGF-β.

30

AZADIRACHTA INDICA O ALBERO DEL NEEM

Descrizione botanica ed impieghi tradizionali Conosciuto in India da più di quattromila anni e altamente apprezzato dalla tradizione ayurvedica,

parimenti venerato da indù e musulmani, la pianta del neem (Figure sotto riportate) si è meritato

l’appellativo di sarva roga nivarini, ossia guaritore di tutti i malanni.

I primi scritti in sanscrito, riferiscono i benefici dei frutti, dei semi, dell’olio, delle foglie, delle radici e

della corteccia del neem, tanto che per le sue innumerevoli proprietà curative, veniva definita “la

farmacia del villaggio”. Ghandi raccomandava di studiarne le proprietà per far rivivere la medicina

tradizionale indiana e oggigiorno ha meritato dalle Nazioni Unite, l’appellativo di “Albero del

ventunesimo secolo” (Colorni, Laniado, 2006).

L’albero del neem è imponente, può raggiungere l’altezza di 25 metri e il tronco può raggiungere il

diametro di un metro e può vivere fino a 200 anni.

Le foglie, di color verde pallido, sono ellittiche, lanceolate, seghettate, asimmetriche e leggermente

curve. La corteccia è di colore variabile dal grigio al marrone scuro; le foglie, pinnate, misurano 20-40

cm e si ramificano in foglioline lanceolate da 3 a 8 cm di lunghezza. I fiori sono piccoli, bianchi e

profumati, le infiorescenze a forma di pannocchia, raggiungono i 25 cm di lunghezza. I frutti sono

drupe con la forma e le dimensioni di un’oliva, di sapore dolce-amaro e racchiudono un nocciolo

oblungo, lunghi 1-2 cm, diventano gialli quando maturano (Colorni, Laniado, 2006). E’ un albero

sempreverde che fiorisce abbondantemente durante la primavera e il suo legno è resistente alle

termiti. Cresce in terreni poco fertili e sassosi ed è stato utilizzato in Somalia per arrestare l’avanzata

del deserto e in Indonesia per consolidare il terreno nelle zone soggette ad erosione. I semi e le foglie

sono le parti più utilizzate e quelle più ricche di principi attivi. Contengono circa settanta limonoidi

Immagine tratta da:

http://www.ideegreen.it/olio-di-neem

31

(triterpenoidi), tra cui l’azadiractina, concentrata soprattutto nei semi, è uno dei principali

componenti, attivo tra l’altro contro più di duecento specie di insetti (interferisce nel processo

metamorfico delle larve anche a concentrazione estremamente bassa). Sono presenti anche tannini,

composti fenolici, carotenoidi, steroidi, chetoni e flavonoidi. Le altre parti della pianta presentano gli

stessi principi attivi, ma in diversa concentrazione e proporzione (Colorni, Laniado, 2006). E’

interessante notare che l’albero del neem presenta più di 33 sinonimi nella letteratura Ayuverdica che

ne definiscono i molteplici utilizzi clinici.

Alcuni esempi:

Arista, in quanto cura diverse malattie;

Kakaphala, per le sue attività antiemetiche;

Puyari, per le attività antinfiammatorie;

Krimighna, per la capacità antiparassitarie e di curare le malattie della pelle;

In India viene utilizzata ogni parte dell’albero(Fox et al., 2001).

Parte dell’albero Preparazione Indicazioni

FRUTTO Crudo o decotto Costipazione, attività emolliente, purgante, efficace per le emorroidi e le malattie urinarie

SEME Non definita Antidoto per le intossicazioni, tubercolosi, odontalgia, oftalmopatia, distocia, malattie prenatali

OLIO DEI SEMI Uso topico Prevenzione della calvizie e ingrigimento dei capelli

FOGLIE Infusione calda o tintura per

uso topico

Contusioni, distorsioni, dolori muscolari

Cenere Calcoli urinari

Succo Ittero, prurito, dismenorrea, ripristino della struttura e funzionalità uterina dopo il parto

Non definita Dolori neuromuscolari, riduzione dei radicali liberi, punture di insetti

FIORI Secchi Stimolo dell’’appetito, tosse, debilitazione

CORTECCIA (GAMBO E RADICE) Decotto Ittero

Non definito Antiemetico, dolori mestruali, astringente, coliche e malattie epatiche, stanchezza, tosse, disoressia, poliuria, bronchite, otalgia, sifilide

32

OMISSIS

Ricordando le attività e le proprietà di questa pianta, le più importanti e di maggiore interesse medico

sono:

Attività antivirale, antibatterica, antifungina e antiparassitaria nei confronti di molti

microrganismi che provocano malattie ed infezioni molto gravi nell’uomo e negli animali;

Attività antiedemigena, antinfiammatoria e analgesica, valido supporto per evitare

complicazioni nella riparazione delle ferite come gli autotraumatismi;

Attività immunostimolante con miglioramento della risposta umorale, immuno-mediata e

dell’attività fagocitaria dei macrofagi, che incrementa le attività difensive contro le infezioni

anche in soggetti anziani, debilitati, immunodepressi;

Attività antiossidante e di riparazione delle ferite e delle ustioni, anche croniche ed infette, con

possibilità di risoluzione di lesioni complicate da patologie endocrine, circolatorie e dolore.

IL “MIX 557” / 1 Primary Wound Dressing ®, ONE VET®

Il “ MIX 557, è un medicamento per uso topico costituito da una miscela al 50% di estratto oleoso di

iperico e neem. Il prodotto è stato brevettato dall’ENEA nel 2004, con la dicitura "composizione

fitoterapica con effetti cicatrizzanti biocida e repellente per la cura e la risoluzione delle lesioni esterne

di qualunque estensione e natura". Nel 2007 ha ottenuto la concessione europea di brevetto e nel 2008

ha completato la procedura per il rientro nazionale del brevetto europeo con il N° 48211BE/2008

Fiorella Carnevali – medico veterinario - e Stephen Andrew Van Der Esch – biologo - ricercatori Enea,

sono gli inventori di questa composizione fitoterapica che ha permesso di raggiungere risultati

straordinari per la cura di ferite, prima in diverse specie animali (caprini, ovini, alpaca, cani, gatti,

cavalli) e poi sull’uomo. Il medicamento messo a punto dai ricercatori presenta tutte le caratteristiche

33

di un rimedio “ALL IN ONE” grazie alle spiccate proprietà cicatrizzanti, antibatteriche,

antidisidratative, lenitive e repellenti nei confronti degli insetti miasigeni e non e biocide nei confronti

di parassiti (larve di ditteri). Può essere applicato sin dai primi stadi del trauma e fino alla completa

risoluzione, associato o meno a fasciatura protettiva. Nel sito ufficiale dell'Enea è presente una

intervista rilasciata dagli inventori in occasione della premiazione "Eccellenze all'Enea" del 2008 in cui

i due inventori sono stati premiati per la ricerca sul medicamento "ALL IN

ONE".(http://titano.sede.enea.it).

In sostanza l'intervista riferisce che inizialmente sperimentato su diverse specie animali con ottimi

risultati, il MIX 557 è stato poi testato sull’uomo dove sono stati ottenuti risultati eccellenti, visibili sin

dalle prime medicazioni, sia sulle lesioni acute che su quelle croniche. Per la sperimentazione sugli

animali è stato adottato il “regime di compassione”, una modalità presa dai protocolli oncologici per

pazienti umani terminali, e applicata agli animali destinati ad essere soppressi a causa della gravità

delle ferite, previo consenso dei proprietari. Tutti i casi trattati hanno avuto esito positivo. Questo ha

permesso di estendere la sperimentazione anche a ferite meno devastanti e su molte altre specie

animali, soprattutto cavalli. Sui cavalli il successo del MIX come cicatrizzante di eccellenza è ancora più

sorprendente in quanto questi animali soffrono di una specialissima difficoltà di cicatrizzazione (nota

come reazione cheloidea), che invece viene perfettamente controllata da questo medicamento. Questi

animali, che sono estremamente sensibili al dolore, mostrano grande giovamento dalla utilizzazione

del MIX permettendo la gestione delle ferite senza dover ricorre alla sedazione quotidiana per

effettuare la medicazione. In sostanza il MIX 557 permette la gestione di ferite importanti anche in

assenza di adeguate condizioni igienico-sanitarie, senza dolore e con decorso senza complicazioni. E se

questo è vero per la veterinaria, lo è ancora di più per la medicina umana dove le lesioni esterne,

principalmente di natura cronica, sono in costante aumento e i cui costi di gestione pesano sul sistema

sanitario nazionale sempre più pesantemente. Il MIX 557 ha dimostrato di poter essere utilizzato sulle

lesioni umane con risultati uguali, e spesso superiori, a tutti i presidi e medicamenti avanzati

attualmente esistenti. Il MIX 557 viene completamente assorbito dai tessuti lesionati coordinando e

regolando sin dalle primissime applicazioni la reazione infiammatoria acuta e le successive fasi del

processo cicatriziale (formazione del tessuto di granulazione e riepitelizzazione). I sintomi di dolore

acuto che accompagnano le ferite sono principalmente dovuti alla reazione infiammatoria iniziale che,

in caso di infezioni, persiste fino a che non si debella l’infezione. La combinazione dell’effetto barriera

contro i batteri presenti nell’ambiente (specie nelle condizioni igienico-sanitarie carenti o inesistenti)

e dell’effetto antidisidratativo sulla rete vascolare e sulle cellule che stanno riparando la lesione,

consentono il rapido passaggio dalla prima fase (quella dolorosa e infiammata) alla fase del tessuto di

granulazione, non dolorosa e ricostruttiva. Il risultato è una migliore formazione di fibre connettivali

collagene con recupero massimo dell’elasticità cutanea e con massima qualità della cicatrice finale.

34

Il MIX 557 - mettendo in sincronia tutti gli eventi che si verificano nelle tre fasi della riparazione delle

ferite: processo infiammatorio, granulazione, ri-epitelizzazione - è da considerarsi un prodotto ALL-IN-

ONE, nel senso che non necessita dell’interazione con altri farmaci o sostanze e che è da solo

sufficiente a determinare la guarigione di qualunque ferita sin dal momento del trauma. Promette una

reale rivoluzione nella cura delle ferite, specie nelle ustioni di grande estensione.

35

Attività sperimentale in vivo

Per la dimostrazione degli effetti del medicamento MIX 557 i ricercatori/inventori dell'Enea in

collaborazione con le Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari e di Matelica hanno condotto una

sperimentazione (comunicazione personale) nella quale sono state impiegate 5 pecore di circa 50 kg di

peso corporeo sulle quali si è proceduto all’exeresi di quattro tasselli cutanei circolari del diametro di

6 cm nella regione lombare . Ogni lesione di ciascuna pecora è stata trattata con le diverse componenti

del medicamento MIX 557 (neem e iperico separati) con il MIX 557 completo mentre il quarto tassello

è servito da controllo ed è stato trattato solo con disinfettante a base di amuchina al 5%. La scelta di

utilizzare un blando disinfettante nasceva dall'esigenza di avere un controllo che non andasse incontro

a complicazioni infettive che avrebbero alterato i tempi di cicatrizzazione e compromesso la possibilità

di confronto con i tasselli trattati con il medicamento in toto o con le sue componenti separate Da ogni

tassello, previa adeguata sedazione degli animali, sono state effettuate biopsie settimanali sulle quali

sono stati effettuati esami istologici e immuno-istochimici relativi ai processi cicatriziali.

In particolare, su ogni campione bioptico sono stati valutati:

La morfologia del tessuto e dei processi riparativi tramite colorazione H&E di routine;

Istochimica tricromica Mallory, Van Gieson per lo studio dei processi di connettivizzazione;

Immunoistochimica per i seguenti marckers:

Espressione Epidermal Growth Factor (EGF);

Espressione Fibroblast Growth Factor (FGF);

Espressione Fattore VIII (conta dei microvasi);

Espressione CD 31 (conta dei microvasi);

Espressione CD 61 (platelet glycoprotein IIIa);

Espressione pan-Cadherin (molecole di adesione per “restoring” dell’epitelio);

Espressione di un pannello anticorpale per la fenotipizzazione dell’infiltrato infiammatorio e

della risposta immunitaria (CD3, CD21, CD79, CD4, CD8, NK, CD68, CD25);

Espressione di un pannello di citocheratine per la caratterizzazione dell’epitelio

(Pancitokeratins);

Espressione di un pannello di anticorpi per la valutazione dell’attività mitotica (PCNA, Mib-1);

Espressione di un pannello di anticorpi per la caratterizzazione della matrice

(metalloproteinasi e inibitori, collagene di tipo I, II, III, IV e XIII);

Valutazione citochine (TGF-β, TNF-α, IFN-γ, IL-1 β, IL-4, IL-12, IL-8, IL-6).

Ad intervalli settimanali mediante camera digitale sono stati effettuati i rilievi fotografici di tutti i

tasselli con inserimento di un riferimento in centimetri che sono stati utilizzati per il calcolo della

velocità di cicatrizzazione secondo l'equazione di Gilman (Gorin et al., 1996).

Questo studio ha dimostrato che:

• non ci sono state differenze significative nei tempi di cicatrizzazione dei tasselli cutanei in tutti i

gruppi trattati, controllo compreso, mentre sono state evidenziate differenze individuali nella

velocità di cicatrizzazione indipendentemente dal trattamento effettuato. Tre delle cinque

36

pecore sperimentali hanno completato la cicatrizzazione dei tasselli in quattro settimane mentre

le rimanenti 2 pecore hanno completato la cicatrizzazione dei tasselli in sei settimane. Nessun

tassello ha presentato complicazioni infettive dimostrando che il medicamento MIX 557 e le sue

componenti non compromettono il processo cicatriziale fisiologico ma consentono un decorso

cicatriziale privo di complicazioni infettive/batteriche senza l'utilizzazione di disinfettati o

antimicrobici;

le migliori prestazioni cicatriziali sono state ottenute in maniera significativamente superiore

solo nei tasselli trattati con il MIX 557 in toto, mentre le peggiori sono state riscontrate nei

tasselli di controllo. I tasselli trattati con le diverse componenti del MIX 557 hanno presentato

performance inferiori al MIX 557 completo dimostrando che dalla miscelazione delle due

componenti si ottiene un prodotto adatto ad essere utilizzato in tutte le fasi del decorso

cicatriziale. In definitiva il MIX 557, induce lo svolgimento in tempi fisiologici di un processo

riparativo qualitativamente superiore, in cui sono favorite una maggiore vascolarizzazione del

tessuto di granulazione, un’elevata produzione di collagene III, una ridotta fibroplasia e migliore

qualità della cicatrice finale. La sperimentazione è stata oggetto di una tesi sperimentale nel

2010 e i risultati sono stati presentati al Congresso Nazionale Della Società di Chirurgia

Veterinaria (SICV) del 2010.

37

Ulteriori Studi sperimentali sono stati effettuati sull’uomo. Uno tra questi è lo studio effettuato da

Severin Läuchli, University Hospital Zurich, Switzerland President, Swiss Association for Wound Care

(SAfW)nel 2012 in diversi ospedali Svizzeri dove sono stati analizzati 105 casi ( 37 ferite acute, 68

ferite croniche), (tabelle sotto riportate)

dove il trattamento con 1 Primary Wound

Dressing ® ha favorito la guarigione di 63

lesioni su 105 (31 acute, 32 croniche).

38

In questo studio è stato evidenziato che in 57 casi su 105 (54%) la fase di granulazione è stata indotta

più velocemente rispetto ai risultati ottenuti in altri recenti studi clinici, è stato registrato un notevole

miglioramento della cute peri-lesionale e osservato che l’applicazione del 1 Primary Wound

Dressing® promuove la rimozione di fibrina.

39

Un secondo studio ha dimostrato che si ottiene una perfetta guarigione con spettacolare induzione di

tessuto di granulazione anche sulle escissioni di tumori cutanei a livello del cuoio capelluto. Lo studio

retrospettivo effettuato su pazienti volontari conclude: Questo studio retrospettivo suggerisce che 1

Primary Wound Dressing® è molto semplice da usare, sicuro ed efficace. Può rappresentare una

potenziale terapia per il trattamento delle lesioni del cuoio capelluto anche per lesioni con osso

esposto.

40

41

Un ulteriore studio retrospettivo, qui di seguito riportato, conclude che lo spray 1Primary Wound

Dressing® è una medicazione non-touch, maneggevole ed efficace per la cicatrizzazione per seconda

intenzione sia di piccole che di grandi Sinus Pilonidali.

42

Il seguente studio, effettuato presso una casa di cura per anziani, ha dimostrato che 1 Primary Wound

Dressing® è semplice e salubre da usare per il trattamento topico delle ferite difficili ed ha un ottimo

rapporto costo-beneficio.

43

Infine un recente studio sulle ustioni su pazienti pediatrici ha mostrato che 1 Primary Wound

Dressing® è efficace nel trattamento delle ustioni di secondo grado come medicazione primaria senza

necessità di associare l’utilizzazione di antimicrobici/disinfettanti istiolesivi, determinando la

guarigione delle lesioni nei tempi fisiologici di tre settimane e riducendo il dolore di base e alla

medicazione, con notevole sollievo dei pazienti trattati (Mainetti e Carnevali, 2013).

44

Il MIX 557 per uso veterinario: ONE VET®

Il medicamento per uso veterinario prende il nome di ONE VET ed è il corrispettivo commerciale di 1

Primary Wound Dressing®.

Come già riportato il primo lavoro pubblicato sulla efficacia di ONE VET è l’esperimento effettuato

sulla specie ovina. Attualmente l’unica pubblicazione in campo veterinario è rappresentato da una

comunicazione al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013 , di cui si riporta integralmente l’abstract,

intitolata:

Managing Second-Intention Horse Wounds Presenting With Exuberant Granulation Tissue

Using a Plant-Derived Wound Dressing: A Retrospective Non-Controlled Study

Objective: To evaluate the healing performances of traumatic horse wounds at the distal part of the limbs, presenting with Exuberant Granulation Tissue (EGT), using a plant-derived wound dressing (ONE, Phytoceuticals, Zurich) in association, when feasible, with a permanent semi-occlusive bandaging. Methods: A retrospective analysis was conducted on 25 horses presenting with accidental wounds at the distal part of the limbs and treated with a plant-derived wound dressing associated, when feasible, with permanent semi-occlusive bandaging, daily changed. The presence of the EGT was evaluated using the Score System (EGT-SS) indicated by Ducharme-Desjarlais et al. (Am J Vet Res, 2005, 66, 1133-1139,). Initial Wound Area (IWA - cm2) (calculated using a scaled digital photograph or a wound contour traced on plastic film) and Time To Heal (TTH- days) were used for calculating the Epithelialisation Rate (ER - cm/days),

VET

45

(Stashak, 1991, Equine Wound Management. First Edition pp 1-18). Wound Appearance was recorded weekly as inflamed or healthy on the basis of a scoring scale (WA score) as indicated by Silveira et al. (Am J Vet Res, 2010, 71, 229-234). Time of First Epithelium appearance (TFE -days) was evaluated weekly, Cosmetic Aspect of the final Scar (CAS score) (Ketzner et al. Austr Vet J, 2009, 87 (9), 368) was evaluated at the end of the healing process. Pain, complications, number of surgical EGT resections and ease of handling were recorded and evaluated. Main Results and Conclusions: Based on the EGT-SS, all of the 25 analyzed wounds presented EGT formation, the mean size (IWA) varying from 12,90±4,51 cm2 (wounds <25 cm2) to 62,76±26,55 cm2 (wounds >25 cm2). TTH showed a mean value of 79±54,32 days, ER was 0,0742±0,0342 cm/day and TFE was 18 days. The WA score showed that the majority of the wounds reached a healthy wound state during the second week (15 days). At the 30th day, and during the whole remaining period, all wounds presented a healthy wound state, no clinical signs of infection were observed, not even in those wounds in which bone was exposed (n=3). Bandaged Wounds (n=16) presented better CAS score performances (88% excellent, 12% good, 0% hypertrophic scar) than Not Bandaged Wounds (n=9) (43%, 24%, 32%). Surgical resection was never necessary, but the wound surface slightly protruded the skin level when wounds were left un-bandaged. Horses became confident with medication without sign of discomfort or pain all over the time courses. Usually equine wounds, complicated by the EGT, have low healing performances and poor scar quality. The plant-derived wound dressing shows the capacity to regulate the EGT formation, obtaining a high quality final scar, particularly when a permanent bandage is associated. It is simple to use and safe.

Detto studio retrospettivo effettuato su 25 cavalli in collaborazione tra ENEA e i servizi Veterinari dei

Carabinieri a cavallo, dei Corazzieri e dell’ospedale Militare di Montelibretti, ha dimostrato che ONE

Vet® permette di gestire ferite complicate da cheloide nel cavallo con tendenza a svilupparlo, senza

necessità di ricorrere alla resezione chirurgica ricorrente ne all’uso di causticanti /corrosivi, limitando

al contempo le complicazioni infettive pur non utilizzando antibiotici locali e/o generali. La qualità

della cicatrice finale è superiore a qualunque terapia convenzionale attualmente in uso.

46

Risultati di qualità della cicatrice finale valutata secondo Ketzner et al. (Austr Vet J, 2009, 87 (9), 368) valutata a fine decorso per le ferite trattate con ONE VEt con bendaggio e senza bendaggio.

Not Bandaged Wounds (n=9) 43% excellent, 24% good

32% hypertrophic scar Bandaged Wounds (n=16) 88% excellent, 12% good, 0% hypertrophic scar

47

Uno dei casi trattati con ONE VET e riferiti al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013: Ferita traumatica alla parte distale dell’arto. Elevata qualità della cicatrice finale.

Time course: 3 months

48

Altri casi trattati con ONE VET riferiti al LXVII Congresso Nazionale S.I.S.VET, 2013: Ferita traumatica alla parte distale dell’arto con tendenza allo sviluppo del cheloide, regressione della protuberanza del tessuto di granulazione e qualità elevata della cicatrice finale.

49

50

7) PARTE SPERIMENTALE

Scopo di questa sperimentazione è stato valutare la possibilità di utilizzare il medicamento ONE VET®

derivante dal brevetto ENEA per il trattamento delle piodermiti del cane in alternativa alla terapia

antibiotica per diminuire o sostituire l’impiego di antibiotici e ridurre il rischio di insorgenza di

antibiotico resistenza nei germi residenti, potenzialmente patogeni della specie canina.

Allo scopo sono state analizzate retrospettivamente i risultati ottenuti in 10 cani trattati

esclusivamente con la medicazione primaria ONE VET® a seguito di comparsa di lesioni cutanee

ascrivibili a Piodermite superficiale in forma di HOT spot o diffusa.

MATERIALI E METODI

10 soggetti, di proprietà o ricoverati presso rifugi per cani abbandonati, sono stati trattati alla

comparsa dei sintomi di piodermite esclusivamente con ONE VET® spray, previa tolettatura dell’area

perilesionale alla prima visita, detersione con soluzione fisiologica prima del trattamento effettuato

quotidianamente. Tutti i cani, ad eccezione di 1 (Caso n. 10 lesione persistente da tre mesi trattata

convenzionalmente senza esito) sono stati trattati sin dal primo momento della comparsa della

patologia. Nessuno di questi aveva manifestato tale patologia in precedenza, un paziente (Caso n. 1) ha

presentato una recidiva della stessa forma di piodermite a distanza di un anno dal precedente episodio

in altro punto del dorso, (Caso n. 7), un paziente presentava 3 grandi lesioni (Caso 2a, 2b e 2c) e il Caso

n. 3 presentava numerose lesioni diffuse (circa 15) alla schiena e ai fianchi di ampiezza variabile tra 4

e 15 cm2 (in tabella indicate come 12cm2) (vedi Tabella 1). Dall’anamnesi dei singoli pazienti è

emerso che la maggior parte di essi aveva avuto, nei giorni immediatamente precedenti all’episodio di

piodermite, uno squilibrio alimentare o per cambio di alimentazione repentino ( Casi n. 1, 2, 3, 5, 7, 9)

o per ingestione di quantità eccessive di cibo (accesso al mangime secco fuori controllo Casi n. 6, 8). I

casi n. 4, 5 erano defedati e in cattive condizioni generali. Il Caso n. 10 era stato trattato

convenzionalmente (antibiotici per via generale e disinfettante a base di iodio localmente) senza esito.

Per la valutazione del decorso clinico sono stati presi in considerazione i parametri di “calor"

perilesionale, essudazione della superficie lesa, presenza di essudato disidratato (crosta di superficie),

epitelizzazione. Per la misurazione dell’estensione, le lesioni sono state fotografate utilizzando una

camera digitale in cui è stato inserito un righello centimetrato di almeno 10 cm di lunghezza. Il

rilevamento fotografico è stato ripetuto in alcuni casi quotidianamente in altri ad intervalli di 3-4

giorni. E’ stata considerata guarita la lesione al momento della completa epitelizzazione, quando però

il pelo non era ancora ricresciuto. Per evitare il leccamento e/o auto traumatismi a livello della lesione

da parte del paziente, è stato applicato il collare elisabettiano o una musetta/museruola, che sono stati

mantenuti fino alla scomparsa del comportamento compulsivo a grattarsi. Il comportamento riferito al

51

grattamento delle lesioni da parte del paziente è stato valutato per almeno 10 minuti prima del

rinnovo della medicazione quotidiana, lasciando il paziente relativamente libero (durante una

passeggiata a guinzaglio o in prossimità dell’area di visita ambulatoriale) di raggiungere la/le lesioni

con la bocca, attribuendo un punteggio di Massimo, Medio o Assente a seconda dell’intensità e

ripetizione dei tentativi di grattamento/morsicamento.

TABELLA 1: Elenco dei casi trattati

CASO N. Taglia Proprietà Tipo di

Piodermite n. lesioni Durata/Giorni Area/cm2

Caso 1 piccola privato Hot spot 1 25 88

Caso 2 a grande canile hot spot 1 15 63

Caso 2 b grande canile hot spot 1 15 34

Caso 2 c grande canile hot spot 1 15 32

Caso 3 grande canile Diffusa 15 20 12

Caso 4 grande canile Hot spot 1 40 132

Caso 5 grande privato Diffusa 3 37 nd

Caso 6 piccola privato Hot spot 1 21 56

Caso 7 piccola privato Hot spot 1 22 25

Caso 8 piccola privato Hot spot 1 10 65

Caso 9 grande canile Hot spot 1 17 145

Caso 10 grande privato Profonda 1 27 129

52

RISULTATI E DISCUSSIONE

Tutti i pazienti hanno tollerato la terapia spray senza comparsa di alcun effetto collaterale o fallimenti

di risoluzione. Tutte le lesioni sono giunte a guarigione in un tempo medio di 23,4 ± 9,3 giorni, con un

minimo di 15 giorni (caso n.2) ed un massimo di 40 giorni (caso n. 4). In nessun caso si è resa

necessaria la somministrazione di antibiotici sistemici ne di disinfettanti antimicrobici locali. E ciò

perché tutti i casi hanno mostrato tendenza alla risoluzione sin dai primi giorni di trattamento con

scomparsa della fase essudativa e infiammatoria entro la prima settimana di trattamento. La

compulsione a grattarsi/mordersi era presente in tutti i pazienti a livello di punteggio “Massimo”

rilevato al momento della prima visita e si è mantenuto tale nelle prime 24-48 ore dall’inizio del

trattamento con ONE VET® spray. Dal secondo-terzo giorno in poi il punteggio è sceso a livello medio

per raggiungere il punteggio “Assente” (scomparsa completa del prurito) in tutti i pazienti a partire dal

quarto giorno di trattamento. In contemporanea alla scomparsa del prurito, si è osservata una

riduzione del grado di essudazione della lesione, diminuzione del "calor" perilesionale, riduzione

sostanziale dell’area disepitelizzata e presenza di piccole aree con essudato disidratato adeso alla

lesione residuale. Dalla seconda - terza settimana la riepitelizzazione si è estesa a tutta la superficie

completando la guarigione della lesione.

Di seguito vengono riportate le sequenze fotografiche dei pazienti più significativi per una visione

particolareggiata del decorso individuale.

Caso n. 1: Piodermite HOT SPOT

1° giorno

3 giorno

8° giorno

21° giorno

53

Caso n° 2

1° giorno

6° giorno

15° giorno

Caso n. 3: Piodermite diffusa

1° giorno

4° giorno

7° giorno

21° giorno

54

Caso n. 4: Piodermite Hot Spot

1° giorno

4° giorno

15° giorno

35° giorno

Esame microbiologico e relativo antibiogramma del caso n. 4: al momento della prima visita in data 12

marzo 2010 (positivo per Staphylococcus aureus) e dopo due settimane (22 marzo 2010) da cui si

evince la scomparsa dell’infezione sulla superficie della lesione.

55

Caso n. 6: Piodermite Hot spot

1° giorno

7° giorno

15° giorno

21° giorno

Caso n. 7 Piodermite Hot Spot

1° giorno

4° giorno

7° giorno

15° giorno

Caso. n. 9: Piodermite Hot Spot

1° giorno

3° giorno

11° giorno

17° giorno

56

Caso n. 10: Piodermite precedentemente trattata convenzionalmente senza esito, poi trattata con ONE

VET® spray.

1° giorno

4° giorno

15° giorno

21° giorno

57

DISCUSSIONE

Come già riferito nel capitolo “Piodermiti” si distinguono piodermiti di superficie, superficiali e

profonde (derma e a volte sottocute) da distinguere dalle pseudo piodermiti dovute ad infezione

batterica secondaria (Ihrke, 1983, Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti, 1988, Fourrier et al.,1988,

Bensignor, 2001, Guaguere E. e Prelaud P, 2005). In base a questa classificazione possiamo affermare

che tutti i casi trattati in questo studio erano affetti da Piodermite di superficie prevalentemente in

forma di Hot Spot rispondenti perfettamente ai criteri eziologico-diagnostici riferiti dagli autori qui di

seguito riportati:

DERMATITE ACUTA UMIDA: la dermatite acuta umida o dermatite piotraumatica o “hot spot”, un

tempo denominata anche eczema acuto umido, in cui si assiste ad una proliferazione batterica

eccessiva confinata ad un’area localizzata di cute, generalmente a seguito di transito ed accumulo di

tossine (principalmente di origine alimentare) che scatenano una reazione infiammatoria acuta ed

imponente, che a sua volta determina, per l’intenso grattamento, lesioni da autotraumatismo. Le

lesioni insorgono tipicamente in maniera improvvisa “da un giorno all’altro” e sono caratterizzate da

aree alopeciche, di dimensioni diverse, in corrispondenza delle quali la cute appare estremamente

arrossata, dolente e bagnata per l’intensa essudazione; tagliando il pelo alla periferia della lesione si

evidenzia una netta demarcazione tra la cute interessata e quella sana. La localizzazione di tali lesioni

è quanto mai variabile in base anche alla causa predisponente, tuttavia spesso si riscontrano in

corrispondenza della regioni lombo-dorsale o ai lati del collo.

Come riferito dalla letteratura, il trattamento di elezione delle piodermiti sia superficiali che profonde

è la somministrazione sistemica di antibiotici per periodi prolungati da proseguire per 2-4 settimane

dopo la scomparsa della sintomatologia clinica, accompagnato da trattamenti topici disinfettanti

(Ihrke, 1983, Pierre Fourrier e Didier-Noel Carlotti, 1988. Harvey et al. 1996; Paradis et al. 2001).

Pochissimi autori (Scott et al. 2006) riportano risoluzione terapeutica in meno di 40 giorni utilizzando

antibiotici (in questo articolo è riportato l'Orbifloxacina). E’ noto però che questa utilizzazione

prolungata porta allo sviluppo di ceppi di germi resistenti agli antibiotici che non possono più essere

debellati, in un circolo vizioso che comporta un progressivo aggravamento delle condizioni cliniche dei

pazienti che sempre più frequentemente vanno incontro a recidive via via sempre più gravi e

irrisolvibili (Bergan, 1981, (Noble and Kent 1992, Quinn et al., 1994, Lloyd et al. 1996, 1999,

Werckenthin et al. 2001, Holm et al. 2002, Rantala et al. 2004, Loeffler et al. 2007).

La selezione di ceppi patogeni resistenti riguarda sia l’agente eziologico delle piodermiti vale a dire

Staphylococcus spp (intermedius, aureus, ecc.) (Medleau et al., 1986, Noble and Kent 1992, Pak et al.,

1999, Loeffler et al, 2001) che la flora microbica saprofita normalmente residente nell’intestino,

specificamente Escherichia coli, ma anche Klebsiella o Enterococchi o Pseudomonas e Serratia (Hirsh

58

et al., 1980, Monaghan et al., 1981, Van Belkum et al., 1996). Questo ha una gravissima ricaduta non

solo in campo veterinario, come sottolineato dagli autori previamente citati, ma anche in campo

umano, la cui selezione e diffusione di ceppi gram negativi – multi resistenti sta diventando un

problema planetario di difficilissima soluzione e grande preoccupazione sociale (Donskey et al., 2004,

Paterson, et al., 2005, Ben-Ami et al., 2006, Rossi et al., 2006, Lee et al., 2006, Schwaber et al., 2006,

Pop-Vicas et al., 2008).

La possibilità di tenere a bada e/ o risolvere per via terapeutica patologie sostenute da batteri, come le

piodermiti, senza innescare processi negativi come l’antibiotico resistenza, è fortemente auspicabile e

desiderabile, ma attualmente di difficilissima realizzazione vista l’estensione del fenomeno piodermite

e l’assenza di alternative alla utilizzazione degli antibiotici per il controllo di dette patologie (Pop-Vicas

et al. 2008).

Le piodermiti ed il loro prolungato trattamento terapeutico a base di antibiotici stanno sostenendo ed

amplificando il problema della antibiotico-resistenza, specie se non si riuscirà a trovare soluzioni

alternative per il trattamento di questa diffusissima patologia della cute del cane.

I risultati di questo studio preliminare, retrospettivo e senza controllo, sembrano rispondere

perfettamente a questa necessità di limitare e/o evitare l’utilizzo degli antibiotici. Il medicamento ONE

VET® sembrerebbe rispondere efficacemente all'esigenza di risolvere le piodermiti del cane in tempi

rapidi e senza impiego di antibiotici, in tempi notevolmente inferiori a quelli riferiti dalla letteratura

esaminata o simili alla letteratura in cui la patologia si è risolta più velocemente con utilizzo di

antibiotici fluorochinolonici (Scott et al., 2006) . Questo significa che se, anche si dovessero avere

recidive nello stesso paziente, per persistenza dei fattori scatenanti, quali allergie o intolleranze

alimentari, predisposizioni genetiche e di conformazione della cute, il trattamento con ONE VET®

porterebbe a risoluzione il problema in tempi notevolmente inferiori a quelli osservati con le terapie

convenzionali e soprattutto non causerebbe nessuno strascico collaterale come la selezione di ceppi

resistenti agli antibiotici.

Questo effetto antimicrobico di ONE VET® è stato riscontrato anche nel corrispettivo 1 Primary

Wound Dressing® per uso umano, come si evince dai dati riferiti da Mainetti e Carnevali riguardo alla

terapia delle ustioni senza uso di antibiotici (Mainetti e Carnevali, 2013). Ma questo effetto

antimicrobico era stato già riferito in occasione di una comunicazione a Congresso da Carnevali et al

(EWMA 2011) in cui una paziente con ulcera a gambaletto, persistente da oltre 17 anni e colonizzata

da oltre due anni da Acinetobacter baumanni e calcoaceticus, entrambi multi-resistenti, aveva

mostrato una variazione della popolazione batterica residente da multi resistente a sensibile dopo un

mese di trattamento topico con il medicamento, per cui si è potuto procedere al trapianto di cute

59

sull’intera ulcera con un successo di attecchimento del 100%. Di seguito si riporta l’abstract

presentato al suddetto Congresso del 2011.

Questo effetto antimicrobico era stato osservato anche in precedenza quando ancora il medicamento

MIX 557 non aveva una veste commerciale ed era in fase di sperimentazione. Infatti come si evince

dall’abstract presentato al Convegno EWMA (Glascow, 2007) si era notato che trattando un ulcera

infetta da oltre un milione e mezzo di Unità Facenti Colonia (UFC) di S. aureus, entro tre giorni dal

trattamento, si riscontrava una riduzione drastica e duratura della carica microbica di superficie pari a

4.000 Unità Facenti Colonie (UCF) che non corrispondono più ad una infezione in corso, ma ad una

normale e controllabile "colonizzazione" della superficie lesa. La diminuzione della colonizzazione

batterica era accompagnata anche da riduzione del dolore causato dalla persistenza

Case Report accettato al congresso EWMA, Bruxelles 25-27 maggio 2011

60

dell’infiammazione, a dimostrazione che il controllo della carica batterica permette alla lesione di

procedere verso la fase di granulazione con riduzione del dolore infiammatorio.

Come nei case report appena citati, anche in questo studio sulle piodermiti del cane è stato osservato

un abbattimento della carica microbica sostenuta da Staphylococcus aureus, parzialmente resistente

agli antibiotici, residente sulla lesione del caso n° 4 (vedi risultati analisi microbiologica cane Carmela

del 12 marzo e del 22 marzo) senza utilizzazione di terapia antibiotica, sistemica o locale. Purtroppo in

nessun altro dei casi presentati era stato possibile effettuare indagini microbiologiche che possano

confermare quanto osservato in umana e in quest’unico caso testato.

Comunque, a conferma dell’azzeramento della carica microbica responsabile della sintomatologia e del

quadro clinico e della evoluzione positiva delle lesioni trattate con ONE VET® verso la fase di

granulazione, sono la scomparsa della compulsione a grattarsi nell’arco di 24-48 ore (sintomo che

indica la persistenza della infiammazione e quindi dell’infezione e che viene perfettamente controllato

dal trattamento topico con ONE VET®), la riduzione del grado di essudazione sin dai primi giorni

di trattamento (l’essudazione superficiale è sintomo che indica la persistenza di

infiammazione/infezione e quindi la sua riduzione è indicatore della ripresa della permeabilità

vascolare fisiologica per scomparsa dello stato infiammatorio) e la riepitelizzazione dell’area

lesionata (la riepitelizzazione indica che il processo di riparazione è costante e conseguente ad una

granulazione fisiologica, per cui si deduce che infezione e/o infiammazione sono scomparse).

EWMA, Glascow 2007

61

Sicuramente sono necessari altri studi in cui sia effettuata la caratterizzazione microbiologica durante

il decorso della terapia, per confermare i risultati di questo studio preliminare. E’ comunque

incoraggiante l’osservazione che sia in umana che in veterinaria le lesioni della cute possono essere

efficacemente trattate senza dover necessariamente ricorrere alla somministrazione di antibiotici.

Il meccanismo antimicrobico che sta alla base di questi effetti riscontrati utilizzando ONE VET®

risiede nelle proprietà degli acidi grassi a media e lunga catena mono e poli-insaturi contenuti nel

medicamento stesso, che come riferito da Drake et al- (2008) e Desbois and Smith (2010) sono dei

potenti agenti antimicrobici.

In questi articoli si ribadisce che gli acidi grassi polinsaturi sono la componente principale dei lipidi

prodotti dalle ghiandole adipose della pelle, sono composti che si sono evoluti nella scala zoologica con

la funzione di protezione della cute dalle aggressioni batteriche, sono presenti sia nel mondo animale

che vegetale (Omega 3, Omega 6).

Questi acidi grassi, quando vengono applicati sul derma esposto come medicazione primaria (come

per ONE VET®) ostacolano la proliferazione batterica, si ossidano inglobando e sequestrando i radicali

liberi al posto delle strutture di membrana delle cellule vive e, mantenendo la giusta idratazione

superficiale, facilitano la cicatrizzazione (formazione di uno strato semipermeabile che impedisce la

disidratazione) dimostrando che sono il cicatrizzante ideale. Lo spettro di azione antibatterico dei cis-

FFAs (acidi grassi a catena medio-lunga saturi ed insaturi) è molto ampio ed ha una modalità di azione

non specifica: effetto di disgregazione del doppio strato lipidico della membrana cellulare batterica

analoga all’azione svolta dai free fatty acids presenti sull’epidermide della maggior parte dei

mammiferi, uomo compreso con funzioni antimicrobiche.

Si riportano le immagini del meccanismo di azione dei FFAs (Free Fatty Acids) riportata nell’articolo di

Desbois and Smith (2012) e la rappresentazione grafica dei più comuni acidi grassi di cui sono state

riscontrate attività antimicrobica.

62

63

CONCLUSIONI

Le piodermiti nel cane sono una patologia frequente ed in costante crescita da tenere sotto stretta

osservazione a causa della correlazione stretta con l’insorgenza di gravi e diffuse resistenze agli

antibiotici da parte dei batteri responsabili di detta malattia, oltreché dei batteri saprofiti residenti nei

pazienti, specialmente i gram negativi ospitati a livello intestinale.

Contrariamente a quanto riferito dalla letteratura qui analizzata, e in base ai risultati ottenuti in questo

studio preliminare, potrebbero non essere più così problematiche in quanto possono essere

efficacemente trattate senza dover ricorrere alla somministrazione di antibiotici sistemici o locali. Se

questo fosse confermato da futuri studi, il problema dell’antibiotico resistenza potrebbe cominciare ad

avere una riduzione dell’allarme che sta fino ad ora creando all’interno della comunità internazionale.

64

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