Disobbedienza Civile

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di H.D. Thoreau

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Le mosche bianche

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Henry David Thoreau

DISOBBEDIENZA CIVILE

Marotta & Cafieroeditori

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Il governo miglioreè quello che governa meno.

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Accetto di tutto cuore l’affermazione: “Il governo migliore èquello che governa meno”, e vorrei vederla messa in praticapiù rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta

infine a quest’altra affermazione, alla quale pure credo: “Il miglior go-verno è quello che non governa affatto”, e quando gli uomini sarannopronti, sarà proprio quello il tipo di governo che avranno. Il governo ènell’ipotesi migliore solo un espediente; ma la maggior parte dei go-verni sono di solito espedienti inutili, e tutti i governi sono tali diquando in quando. Le obiezioni che sono state sollevate contro l’esi-stenza di un esercito permanente, ed esse sono molte, sono consistentie meriterebbero di prevalere, potrebbero essere sollevate anche control’esistenza di un governo permanente. L’esercito permanente è solo unbraccio del governo permanente. Il governo stesso, che è soltanto laforma nella quale il popolo ha scelto di esercitare la propria volontà, èallo stesso modo suscettibile di abusi e di deviazioni, prima ancora cheil popolo possa agire mediante esso. Prova di ciò è l’attuale guerra con-tro il Messico, ad opera di un numero relativamente piccolo di indivi-dui che si servono del governo permanente come di un propriostrumento; in fondo, il popolo non avrebbe acconsentito a quest’im-presa.

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Questo governo americano, che cos’è se non una tradizione, anchese recente, che si sforza di trasmettersi inalterata ai posteri, ma che staperdendo parte della propria integrità istante dopo istante? Non ha lavitalità e la forza di un singolo uomo vivente, dal momento che un solouomo è in grado di piegarlo alla sua volontà. Si tratta di una sorta dicannone di legno per il popolo stesso; e, se le persone dovessero usarloper davvero gli uni contro gli altri, sicuramente si spezzerà. Ma è ne-cessario nonostante ciò, perché il popolo deve avere un qualche com-plicato macchinario, e deve poterne sentire il rumore, per soddisfare lasua idea di governo. In questo modo i governi mostrano come sia fa-cile che gli uomini si lascino ingannare, persino che essi stessi si au-toingannino, per proprio vantaggio. È notevole, dobbiamo tuttiammetterlo; tuttavia questo governo, da parte sua, non ha mai portatoavanti nessuna impresa con la stessa alacrità con la quale è venuto menoai propri compiti. Esso non mantiene libero il paese. Esso non colo-nizza l’Ovest. It does not educate. Esso non fornisce istruzione. Il carat-tere innato del popolo americano ha ottenuto tutto quello che è statoottenuto; ed avrebbe fatto qualcosa di più, se il governo non si fossetalvolta messo in mezzo. Infatti il governo è un espediente mediante ilquale gli uomini potrebbero tranquillamente lasciarsi in pace a vicenda;e, come si è detto, quanto più i governati vengono da esso lasciati inpace, tanto più è vantaggioso. Se scambi e commerci non fossero fattidi gomma, non riuscirebbero mai a superare gli ostacoli che i legisla-tori pongono continuamente sulla loro strada; e se uno dovesse giudi-care questi uomini soltanto in base agli effetti delle loro azioni, e non,in parte, in base alle loro intenzioni, essi meriterebbero d’essere consi-derati e puniti come quei malvagi che ostruiscono i binari ferroviari.

Tuttavia, per parlare in modo pratico e da cittadino, a differenza di co-loro che si definiscono anarchici io non chiedo che si abolisca immedia-tamente il governo, ma chiedo immediatamente un governo migliore. Silasci che ogni uomo renda noto quale tipo di governo susciterebbe in luiil rispetto, e quello sarà il primo passo per riuscire ad ottenerlo.

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Dopo tutto, la ragione pratica per la quale, quando il potere è peruna volta nelle mani del popolo, si permette ad una maggioranza di go-vernare, e lo si fa per un lungo periodo ininterrotto, non sta nel fattoche la cosa più probabile è che essa sia nel giusto, né nel fatto che ciòsembra la cosa più equa alla minoranza, ma nel fatto che la maggio-ranza è fisicamente la più forte. Ma un governo nel quale la maggio-ranza comandi in tutti i casi non può essere basato sulla giustizia,neppure nei limiti nei quali gli uomini la intendono. Non può esistereun governo nel quale non siano le maggioranze a stabilire, virtualmente,il giusto e l’ingiusto, bensì la coscienza? Nel quale le maggioranze de-cidano soltanto le questioni alle quali sia possibile applicare la regoladell’opportunità? Deve il cittadino, anche se solo per un momento, oin minima parte, affidare sempre la propria coscienza al legislatore?Perché allora ogni uomo ha una coscienza? Io penso che dovremmo es-sere prima uomini, e poi cittadini. Non è desiderabile coltivare il ri-spetto della legge nella stessa misura nella quale si coltiva il giusto. Ilsolo obbligo che ho diritto di assumermi è quello di fare sempre ciò cheritengo giusto. Si dice abbastanza correttamente che una corporazionenon abbia coscienza; ma una corporazione costituita da uomini di co-scienza è una corporazione con una coscienza.

La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco più giusti; edanzi, a causa del rispetto della legge, perfino gli onesti sono quotidia-namente trasformati in agenti d’ingiustizia. Un risultato comune e na-turale del non dovuto rispetto per la legge è il seguente, che potrestivedere una fila di soldati, colonnello, capitano, caporale, soldati sem-plici, trasportatori di esplosivi, tutti che marciano verso le guerre in bel-l’ordine, per monti e valli, contro la propria volontà, ahimè, contro ilproprio buon senso e le proprie coscienze, cosa che rende la marciamolto faticosa, e che produce una palpitazione del cuore. Essi nonhanno dubbi sul fatto d’essere coinvolti in un maledetto pasticcio; sonotutti uomini d’animo pacifico. E ora, cosa sono? Uomini? Oppure for-tini e depositi di armi ambulanti, al servizio di qualche potente senza

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scrupoli? Visitate l’arsenale, e prendete un marine, ecco l’uomo che il go-verno americano riesce a creare, ecco come può ridurre un uomo conla sua magia nera, una mera ombra, un vago ricordo d’umanità, unuomo ancora vivo e già, si potrebbe dire, sepolto sotto le armi contanto di corteo funebre, anche se potrebbe succedere che “non un tam-buro si udiva, non una nota funebre, mentre in fretta trasportavamo il suo cada-vere al riparo; non un soldato sparò un colpo d’addio sopra il sepolcro nel qualeseppellimmo il nostro eroe”.

La massa degli uomini serve lo stato in questo modo, non come uo-mini soprattutto, bensì come macchine, con i propri corpi. Essi for-mano l’esercito permanente, e la milizia, i secondini, i poliziotti, i possecomitatus, ecc. Nella maggior parte dei casi non v’è alcun libero eserci-zio della facoltà di giudizio o del senso morale; invece si mettono allostesso livello del legno e della terra e delle pietre, e forse si possonofabbricare uomini di legno, che serviranno altrettanto bene allo scopo.Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero dipaglia o di sterco. Hanno lo stesso tipo di valore dei cavalli e dei cani.Tuttavia persino esseri simili sono comunemente stimati dei buoni cit-tadini. Altri, come la maggior parte dei legislatori, dei politici, degli av-vocati, dei ministri del culto, e dei funzionari statali, servono lo Statoprincipalmente con le proprie teste; e, dato che raramente fanno delledistinzioni morali, sono pronti a servire nello stesso tempo il diavolo,pur senza volerlo, e Dio.

Pochissimi, come gli eroi, i patrioti, i martiri, i riformatori in sensoelevato, e gli uomini, servono lo Stato anche con la propria coscienza,e dunque per la maggior parte necessariamente gli si oppongono; esono comunemente trattati da esso come nemici. Un uomo saggio saràutile soltanto come uomo, e non si sottometterà ad essere “argilla”, né“ad otturare un buco per non far entrare il vento”, ma lascerà questocompito alle sue ceneri almeno: “Sono di nascita troppo nobile per diventaredi proprietà, per essere il secondo al comando, o un utile servo e strumento di qua-lunque stato sovrano al mondo”.

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Chi si concede interamente ai propri simili appare loro essere unuomo inutile ed egoista; ma chi si concede loro solo in parte, è consi-derato un benefattore ed un filantropo.

Come deve comportarsi un uomo, oggi, nei confronti di questo go-verno americano? Io rispondo che non può esservi associato senza checiò sia un disonore. Non mi è possibile neppure per un momento ri-conoscere come il mio governo, quell’organizzazione politica, sia ancheun governo schiavista.

Tutti gli uomini riconoscono il diritto alla rivoluzione, quindi il di-ritto di rifiutare l’obbedienza e d’opporre resistenza al governo, quandola sua tirannia o la sua inefficienza siano grandi ed intollerabili. Ma quasitutti sostengono che non sia questo il caso ora. Ma lo era, essi pensano,all’epoca della Rivoluzione del ’75. Ma se qualcuno mi dicesse chequello era un cattivo governo perché tassava certe merci straniere d’im-portazione, è molto probabile che io non solleverei difficoltà su ciò,perché posso fare a meno di quelle merci: tutte le macchine hanno illoro attrito, ed esso ha forse un lato positivo in grado di controbilan-ciare quello negativo. Ad ogni modo, è un gran male darvi molto peso.Ma quando l’attrito arriva ad avere la sua macchina, e l’oppressione edil ladrocinio sono organizzati, allora io dico, non teniamoci questa mac-china più a lungo. In altre parole, quando un sesto della popolazione diuna nazione, che si è impegnata ad essere il rifugio della libertà è for-mato da schiavi, ed un intero paese è invaso e sottomesso ingiusta-mente da un esercito straniero, ed è soggetto alla legge marziale, pensoche non sia troppo presto per gli uomini onesti ribellarsi e fare una ri-voluzione. Ciò che rende questo compito ancora più urgente è il fattoche il paese assoggettato non è il nostro, ma nostro è l’esercito invasore.

Paley, per molti una riconosciuta autorità su questioni morali, nelsuo capitolo dedicato al Dovere di Sottomissione al Governo Civile, risolvel’intero dovere civile in termini di convenienza e prosegue dicendo che:“fino a quando l’interesse dell’intera società lo richieda, cioè, finché ilgoverno in carica non possa essere combattuto o cambiato senza danno

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pubblico, è volere di Dio che al governo in carica si presti obbedienza,e non oltre. [...] Ammettendo questo principio, la legittimità di ognicaso particolare di resistenza si riduce ad un calcolo, da un lato dellaquantità di pericolo e offesa, e dall’altro della probabilità di successo edi quanto costerà ottenere una riparazione”. Su questo, afferma, ogniuomo dovrà giudicare per sé. Ma Paley non sembra aver mai contem-plato quei casi ai quali il principio della convenienza non si applica,quando un popolo, così come un individuo, deve fare giustizia, costiquel che costi. Se ho ingiustamente strappato una tavola ad un uomoche sta per annegare, devo restituirgliela a costo d’annegare io stesso.Ciò, secondo Paley, non sarebbe conveniente. Ma in un caso simile, chisi salvasse la vita, in realtà la perderebbe. Questo popolo deve smetteredi tenere schiavi e di fare guerra al Messico, anche se ciò dovesse co-stargli la sua esistenza come popolo.

Nella loro prassi, le nazioni concordano con Paley; ma qualcunopensa davvero che il Massachusetts stia facendo ciò che è giusto, nellacrisi attuale?

“Una puttana di rango, una sgualdrina vestita d’argento, ha il suo strascico sol-levato, e la sua anima si trascina nella sporcizia”.

Parlando in maniera pratica, coloro i quali nel Massachusetts si op-pongono ad una riforma non sono un centinaio di migliaia di politicidel Sud, ma un centinaio di migliaia di mercanti e di contadini di qui, iquali sono più interessati al commercio ed all’agricoltura che all’uma-nità, e non sono disposti a rendere giustizia agli schiavi ed al Messico,costi quel che costi. Non me la prendo con gli avversari lontani, macon coloro che, vicino a noi, offrono la propria collaborazione e fannogli interessi di coloro che sono lontani, e senza i quali questi ultimi sa-rebbero inoffensivi. Siamo abituati a dire che la massa degli uomini èimpreparata; ma il cambiamento in meglio è lento, in quanto i pochinon sono sostanzialmente più saggi o migliori dei molti. Non è tantoimportante che molti siano buoni come te, quanto il fatto che esista daqualche parte qualcosa di buono in assoluto, poiché questo influenzerà

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l’intera massa. Ci sono migliaia di persone che in teoria si oppongonoalla schiavitù ed alla guerra, ma che in pratica non fanno niente perporvi fine; persone che, considerandosi discendenti di Washington edi Franklin, se ne stanno sedute con le mani in tasca, e dicono di nonsapere cosa fare, e che non fanno niente; che addirittura pospongonola questione della libertà a quella del libero scambio, e leggono tran-quillamente il listino-prezzi e le ultime notizie dal Messico dopo cena,e magari si addormentano su entrambi. Qual è il prezzo corrente di unuomo onesto e di un patriota, oggi? Esitano, e si rammaricano, e tal-volta fanno petizioni; ma non fanno niente con serietà ed in maniera ef-ficace. Aspetteranno, ben disposti, che altri pongano rimedio al male,così da non doversene più rammaricare. Al massimo, si limitano a dareun voto, che costa loro poco, ed un debole incoraggiamento ed un au-gurio al giusto, quando passa loro vicino. Ci sono novecentonovanta-nove patroni della giustizia per ogni uomo giusto; ma è più faciletrattare con l’effettivo possessore di una cosa piuttosto che con il suotemporaneo custode.

Ogni votazione è una sorta di gioco d’azzardo, come la dama o ilbackgammon, con una lieve sfumatura morale, un gioco con il giustoe l’ingiusto, con le questioni morali; e naturalmente le scommesse loaccompagnano. Il buon nome dei votanti non è in discussione. Puòdarsi che io dia il mio voto in base a ciò che considero giusto; ma nonè per me vitale che il giusto prevalga. Sono disponibile a lasciare ciòalla maggioranza. L’impegno del voto, dunque, non va mai oltre quellodella convenienza. Persino votare per il giusto è un non fare niente peresso. Significa solo manifestare debolmente agli uomini il desiderio cheil giusto debba prevalere. Un uomo saggio non lascerà il giusto allamercé del caso, né desidererà che esso prevalga mediante il potere dellamaggioranza. C’è pochissima virtù nell’azione delle masse umane.Quando la maggioranza alla fine voterà per l’abolizione della schiavitù,sarà perché la schiavitù le è indifferente, oppure perché sarà rimastaben poca schiavitù da abolire con il proprio voto. Allora saranno loro

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gli unici schiavi. Solo il voto di colui che afferma con esso la proprialibertà può affrettare l’abolizione della schiavitù. Sento parlare di uncongresso a Baltimora, o altrove, per la selezione di un candidato allaPresidenza, un congresso composto prevalentemente da direttori digiornali, e da uomini che sono politici di professione; ma penso, qua-lunque decisione essi possano prendere, che importanza avrà per unuomo indipendente, intelligente, e rispettabile, se non goderemo noi,ugualmente, del beneficio della sua saggezza e della sua onestà? Nonpossiamo forse contare su qualche voto indipendente? Non ci sonoforse molti individui nel paese che non partecipano ai congressi? Inveceno: scopro che il cosiddetto uomo rispettabile s’è immediatamentemosso dalla sua posizione, e che ha perso le speranze nel suo paese,quando il suo paese ha più ragioni di disperare senza di lui. Egli senzaindugi adotta uno dei candidati così selezionati come l’unico disponi-bile, dimostrando così d’essere egli stesso disponibile per qualunquescopo demagogico. Il suo voto non vale più di quello di qualunquestraniero senza scrupoli o di qualunque nativo corrotto, che siano staticomprati. Cosa non darei per un uomo che sia un uomo, e che, comedice il mio vicino, abbia una spina dorsale che non puoi trapassare conuna mano! Le nostre statistiche sono in errore: la popolazione è statadichiarata troppo numerosa. Quanti uomini ci sono per ogni mille mi-glia quadrate nel paese? A mala pena uno. Forse non offre l’Americaogni incentivo agli uomini affinché si stabiliscano qui? L’americano èdegenerato in un “tipo strano”, uno che potrebbe essere riconosciutodallo sviluppo del suo spirito gregario, e da una manifesta mancanza diintelletto e di serena fiducia in se stesso; uno per il quale la prima eprincipale preoccupazione, venendo al mondo, è quella di accertarsiche gli ospizi siano in buone condizioni; e, prima ancora di avere le-gittimamente indossato l’abito virile, quella di raccogliere fondi per ilsostentamento di eventuali vedove ed orfani; uno che, in breve, si av-ventura nella vita solo con l’aiuto della società di mutuo soccorso, laquale ha promesso di dargli una decente sepoltura.

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Di fatto, non è dovere di un individuo dedicarsi all’estirpazione delmale, anche del più grande; giustamente, egli potrebbe avere altre fac-cende che lo occupano; ma è suo dovere, almeno, tenersene fuori e, senon vi pensa oltre, non dargli il suo supporto praticamente. Se mi de-dico ad altri scopi e progetti, dapprima devo almeno verificare che nonli sto perseguendo stando seduto sulle spalle d’un altro uomo. Prima ditutto devo scendere da lì, affinché anch’egli possa perseguire i suoiobiettivi. Osservate quale grossolana contraddizione si tollera. Ho sen-tito alcuni miei concittadini dire: “Vorrei che mi ordinassero di aiutarea sedare un’insurrezione degli schiavi, o di marciare contro il Messico,figuriamoci se ci andrei”; e tuttavia ognuno di questi stessi uomini hafornito un sostituto, direttamente, con la loro fedeltà, ed indirettamente,quantomeno, con il loro denaro. Il soldato che si rifiuta di prestare ser-vizio in una guerra ingiusta è applaudito da coloro che non rifiutano disostenere l’ingiusto governo che fa quella guerra; è applaudito da co-loro dei quali egli disprezza e non tiene in alcun conto l’azione e l’au-torità; come se lo Stato fosse pentito al punto tale da assumerequalcuno che lo fustighi mentre commette peccato, ma non fino alpunto di smettere per un solo momento di peccare. In questo modo,in nome dell’ordine e del governo civile, siamo tutti costretti infine arendere omaggio ed a sostenere la nostra stessa meschinità. All’inizialerossore provocato dal peccato, segue l’indifferenza, e da immorale essodiviene, per così dire, amorale, ed in qualche maniera necessario allavita che abbiamo costruito.

L’errore più grande e prevalente richiede che la virtù più disinteres-sata lo sostenga. Gli animi nobili sono quelli che più probabilmente in-corrono nell’insignificante rimprovero al quale è comunementesoggetta la virtù del patriottismo. Coloro che, pur disapprovando il ca-rattere ed i provvedimenti di un governo, gli concedono la propria fe-deltà ed il proprio appoggio, ne sono senza alcun dubbio i più coscienziosisostenitori, e costituiscono molto di frequente i più seri ostacoli alla ri-forma. Alcuni stanno presentando petizioni alla Stato affinché sciolga

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l’Unione, affinché non rispetti le richieste del Presidente. Perché nonla sciolgono da soli, l’unione tra sé e lo Stato, e perché non si rifiutanodi versare la propria quota al suo erario? Non hanno forse, con lo Stato,la stessa relazione che lo Stato ha con l’Unione? E non hanno forse lemedesime ragioni che hanno impedito loro di opporsi allo Stato, im-pedito allo Stato di opporsi all’Unione?

Come può un uomo essere soddisfatto di prendere semplicementein considerazione un’opinione, e compiacersi di ciò? Quale compiaci-mento c’è, se la sua opinione è che egli viene danneggiato? Se il vostrovicino vi truffa anche per un solo dollaro, non vi accontentate di sapereche siete stati truffati, o di dire che siete stati truffati, né di chiederglidi darvi quanto vi spetta; fate invece immediatamente passi concretiper ottenere l’intera somma, e cercate di fare in modo di non essere maipiù imbrogliati. L’azione in base ad un principio, la percezione e l’at-tuazione del giusto, cambia le cose ed i rapporti; essa è essenzialmenterivoluzionaria, e non si concilia del tutto con niente che esisteva prima.Essa non solo divide Stati e chiese, divide le famiglie; sì, divide l’indi-viduo, separando ciò che è diabolico in lui dal divino.

Le leggi ingiuste esistono: dobbiamo essere contenti di obbedirle, odobbiamo tentare di emendarle, e di obbedirle fino a quando nonavremo avuto successo, oppure dobbiamo trasgredirle da subito? Ge-neralmente gli uomini, con un governo come questo, pensano che do-vrebbero aspettare finché avranno persuaso la maggioranza a modificarle.Ritengono che, se opponessero resistenza, il rimedio sarebbe peggioredel male. Ma è proprio colpa del governo se il rimedio è peggiore delmale. Lui lo rende peggiore. Perché non è più propenso a prevenire eda provvedere alle riforme? Perché non ha a cuore la sua saggia mino-ranza? Perché piange ed oppone resistenza prima d’essere ferito? Per-ché non incoraggia i suoi cittadini a stare all’erta al fine di evidenziarei suoi errori, ed a fare meglio di quanto lui li indurrebbe a fare? Perchécrocefigge sempre Cristo, e scomunica Copernico e Lutero, e dichiararibelli Washington e Franklin?

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Si sarebbe portati a pensare che una deliberata e concreta negazionedella sua autorità sia l’unico reato mai contemplato dal governo; altri-menti, perché non ha stabilito per questo una pena definita, adeguatae commisurata? Se un uomo che non ha proprietà rifiuta una sola voltadi guadagnare nove scellini per lo Stato, viene messo in prigione perun periodo di tempo che non è stabilito da nessuna legge che io cono-sca, e che è determinato solo dalla discrezione di coloro che l’hannomesso dentro; ma se rubasse novanta volte nove scellini allo Stato, pre-sto gli sarebbe consentito di tornare di nuovo in libertà. Se l’ingiustiziaè parte del necessario attrito della macchina del governo, lasciamo stare:forse esso si attenuerà, certamente la macchina si logorerà. Se l’ingiu-stizia ha una molla, o una puleggia, o una corda, o una manovella esclu-sivamente per sé, allora si può forse considerare se il rimedio non siapeggiore del male; ma se è di una natura tale da richiedervi d’esserel’agente dell’ingiustizia nei confronti di un altro, allora, io dico, che s’in-franga la legge. Lasciate che la vostra vita faccia da contro-attrito perfermare la macchina. Ciò che devo fare è accertarmi, in ogni caso, chenon mi sto prestando al male che condanno.

Quanto all’adottare i sistemi che lo Stato ha predisposto per rime-diare al male, io di tali sistemi non ne conosco. Richiedono troppotempo, e la vita intera di un uomo se ne sarà nel frattempo andata. Hoaltre faccende delle quali occuparmi. Non sono venuto a questo mondoinnanzitutto per farne un buon posto nel quale vivere, ma per viverci,buono o cattivo che esso sia. Un uomo non deve fare tutto, ma qual-cosa; e poiché non può fare tutto, non è comunque necessario chedebba fare qualcosa di sbagliato. Non è affar mio presentare petizionial governatore o all’Assemblea Legislativa, non più di quanto sia affarloro rivolgere petizioni a me; e, se non ascoltassero la mia petizione, checosa dovrei fare allora? Ma in questo caso lo Stato non ha previsto nes-suna soluzione: la sua stessa Costituzione è il male. Questo potrebbesembrare sgradevole ed ostinato e tutt’altro che conciliante; invece ètrattare con la massima gentilezza e considerazione l’unico spirito che

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possa apprezzarlo o che possa meritarlo. Di questo tipo è ogni cam-biamento in meglio, come la nascita e la morte che sconvolgono ilcorpo.

Non esito a dire che coloro i quali si definiscono abolizionisti do-vrebbero immediatamente ritirare in modo effettivo il loro appoggio,sia di persona che in termini di proprietà, al governo del Massachu-setts, e non aspettare finché costituiranno la maggioranza per un voto,prima di lasciare che il giusto prevalga mediante loro. Penso che siasufficiente che essi abbiano Dio dalla loro parte, senza aspettare nul-l’altro. Inoltre, qualsiasi uomo che sia più giusto dei propri vicini co-stituisce già una maggioranza di uno.

Incontro questo governo americano, o il suo rappresentante, il go-verno statale, in modo diretto e faccia a faccia una volta all’anno, nondi più, nella persona del suo esattore delle tasse; questo è l’unico modonel quale un uomo nelle mie condizioni lo incontra per forza; ed essoallora dice chiaramente: “Riconoscimi” e nell’attuale stato di cose, ilmodo più semplice, più efficace, e assolutamente necessario di trattarecon esso su questo punto, il modo di esprimere la vostra scarsa soddi-sfazione ed il vostro poco amore nei suoi confronti, è dire di no in quelmomento. Il mio civile vicino, l’esattore, è proprio colui che devo af-frontare, poiché, dopotutto, è con gli uomini e non con la pergamenache litigo, ed egli ha volontariamente scelto di essere un rappresentantedel governo. Come potrà sapere precisamente chi è, e cosa fa, come uf-ficiale del governo o come uomo, finché è obbligato a chiedersi sedovrà trattare me, suo vicino, per il quale egli nutre rispetto, come unvicino ed un uomo ben disposto, o come un pazzo ed un disturbatoredella pace, ed a capire se può superare questo intralcio alla sua affabi-lità senza bisogno d’un pensiero o un discorso più insolente o impe-tuoso che corrispondano alla sua azione? So questo di sicuro, che semille, se cento, se dieci uomini dei quali potrei fare i nomi, se solo dieciuomini onesti, sì, se un uomo ONESTO, in questo Stato del Massa-chusetts, cessando di tenere schiavi, si ritirasse seriamente da questa

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associazione, e fosse per questo motivo rinchiuso nella prigione dellacontea, ciò comporterebbe l’abolizione della schiavitù in America. Per-ché non conta quanto esiguo l’inizio possa sembrare: ciò che è fattobene una volta è fatto per sempre. Ma preferiamo parlarne: diciamoche è la nostra missione. La riforma ha molti giornali al proprio servi-zio, ma non un solo uomo. Se il mio stimato vicino, l’ambasciatore delloStato, che dedicherà i suoi giorni a definire la questione dei diritti umaniin Camera di Consiglio, invece d’essere minacciato dalle prigioni dellaCarolina fosse fatto prigioniero nel Massachusetts, questo stato cosìansioso di attribuire allo stato fratello il peccato della schiavitù, benchéal momento esso possa rivendicare solo un atto di inospitalità alla basedella controversia con essa, l’Assemblea Legislativa non rinvierebbel’intero argomento all’inverno successivo. Sotto un governo che im-prigiona chiunque ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto èpure una prigione.

Oggi il posto giusto, il solo posto che il Massachusetts abbia garan-tito ai suoi spiriti più liberi e meno scoraggiati, è nelle sue prigioni, èl’essere espulsi ed estromessi dallo Stato per volontà della sua stessalegge, così come essi si sono autoesclusi mediante i propri principi. Èlà che lo schiavo in fuga, ed il prigioniero messicano rilasciato sulla pa-rola, e l’indiano giunto a denunciare le ingiustizie subite dalla sua razza,li troverebbero; su quel suolo separato, ma più libero ed onorevole, nelquale lo Stato pone coloro i quali non sono con lui, ma contro di lui,la sola dimora, in uno stato schiavista, nella quale un uomo libero possaabitare con onore. Se alcuni pensano che la loro influenza là andrebbeperduta, e che le loro voci non affliggerebbero più l’orecchio delloStato, che tra quelle mura essi non sarebbero più dei nemici, non sannodi quanto la verità sia più forte dell’errore, né quanto più eloquente-mente ed efficacemente possa combattere l’ingiustizia colui che l’hasperimentata un po’ sulla propria persona. Date il vostro voto intero,non solo un pezzo di carta, ma tutta la vostra influenza. Una mino-ranza è senza potere quando si conforma alla maggioranza; non è nem-

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meno una minoranza in tal caso; ma è irresistibile quando è d’intralciocon tutto il suo peso. Se l’alternativa è tenere tutti gli uomini giusti inprigione, oppure rinunciare alla guerra ed alla schiavitù, lo Stato nonavrà esitazioni riguardo a cosa scegliere. Se mille uomini non pagas-sero quest’anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta esanguinaria quanto lo sarebbe pagarle, e permettere allo Stato di com-mettere violenza e di versare del sangue innocente. Questa è, di fatto,la definizione di una rivoluzione pacifica, se una simile rivoluzione èpossibile. Se l’esattore delle tasse, o ogni altro pubblico ufficiale, michiede, come uno ha fatto: “Ma cosa devo fare?” la mia risposta è: “Sevuoi davvero fare qualcosa, rassegna le dimissioni”. Quando il sudditosi è rifiutato di obbedire e l’ufficiale ha rassegnato le proprie dimissionidall’incarico, allora la rivoluzione è compiuta.

Ma supponiamo pure che debba scorrere il sangue. Non c’è forsedel sangue versato quando la coscienza è ferita? Attraverso questa fe-rita scorrono via la vera umanità e l’immortalità di un uomo, ed eglisanguina fino ad una morte eterna. Vedo questo sangue scorrere ora.Ho contemplato l’incarceramento del trasgressore, piuttosto che il se-questro dei suoi beni, benché entrambi servano allo stesso scopo, poi-ché coloro i quali sostengono il diritto più puro, e sono di conseguenzai più pericolosi per uno Stato corrotto, di solito non hanno dedicatomolto tempo ad accumulare proprietà. A costoro lo Stato rende unservizio comparativamente piccolo, ed una minima tassa è solita appa-rire esorbitante, particolarmente se sono costretti a pagarla con spe-ciale lavoro manuale. Se ci fosse qualcuno che vivesse totalmente senzal’utilizzo del denaro, lo Stato stesso esiterebbe a pretenderne da lui. Mal’uomo ricco, non per fare un confronto offensivo, è sempre vendutoall’istituzione che lo rende ricco. In assoluto, più abbondano i soldi,minore è la virtù, poiché il denaro si interpone fra un uomo ed i suoioggetti, e li ottiene per lui; e certamente non è stata necessaria nessunagrande virtù per ottenere ciò. Esso mette a tacere molte domande allequali egli sarebbe altrimenti costretto a rispondere; mentre la sola nuova

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domanda che gli si pone è quella difficile, ma superflua, riguardo acome spenderlo. In questo modo il terreno morale gli viene tolto dasotto i piedi. Le opportunità di vivere sono minori in proporzione al-l’aumento di quelli che sono chiamati i “mezzi”. La cosa migliore cheun uomo può fare per la propria cultura quando è ricco è cercare di at-tuare i progetti che aveva quando era povero. Cristo rispose agli uo-mini di Erode tenendo conto della loro condizione. “Mostratemi ildenaro dei tributi” disse; ed uno estrasse dalla tasca una moneta; “Seusate denaro che reca l’immagine di Cesare su di sé, e che egli ha resocorrente e di valore, cioè, se voi siete uomini dello Stato, e se con gioiagodete dei vantaggi del governo di Cesare, allora rendetegli del suoquando lo chiede; rendete perciò a Cesare quel che è di Cesare, ed a Dioquel che è di Dio”, ma egli non li lasciò più saggi di quanto fosseroprima né sull’una né sull’altra cosa, poiché essi non vollero sapere.Quando parlo con i più liberi dei miei vicini, mi accorgo che, qualunquecosa essi possano dire sull’importanza e la serietà del problema, e sullaloro considerazione per la tranquillità pubblica, la questione è che nonpossono fare a meno della protezione del governo attuale, e che temonole conseguenze di un’eventuale disobbedienza per i loro beni e le loro fa-miglie. Per quanto riguarda me, non mi piacerebbe pensare di dover fareaffidamento sulla protezione dello Stato. Ma, se nego l’autorità delloStato quando mi presenta la cartella delle tasse, presto si prenderà e di-struggerà tutte le mie proprietà, tormentando così me ed i miei figlisenza fine. Questo è difficile. Questo rende impossibile ad un uomo vi-vere onestamente, ed allo stesso tempo confortevolmente in apparenza.Non varrà la pena accumulare proprietà; di sicuro svaniranno di nuovo.Dovete affittare o occupare un posto da qualche parte, e far cresceresolo un piccolo raccolto, e mangiarlo subito. Dovete vivere una vita in-teriore, e contare su voi stessi, rimboccandovi sempre le maniche estando pronti a ricominciare, senza occuparvi di molte faccende. Unuomo potrebbe diventare ricco perfino in Turchia, se sarà da ogni puntodi vista un buon suddito del governo turco.

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Confucio disse: “Se uno Stato è governato dai princìpi della ragione,la povertà e la miseria sono oggetto di vergogna; se uno Stato non è go-vernato dai princìpi della ragione, ricchezze ed onori sono oggetto divergogna”.

No: finché voglio che la protezione del Massachusetts si estenda ame sino a qualche distante porto del sud, dove la mia libertà è in peri-colo, o finché sono condizionato soltanto dalla costruzione d’una pro-prietà in patria mediante un’iniziativa pacifica, posso permettermi dirifiutare lealtà al Massachusetts, e di rifiutare il suo diritto sulle mie pro-prietà e sulla mia vita. Mi costa meno in ogni senso incorrere nella penaprevista per la disobbedienza allo Stato di quello che mi costerebbeobbedire. Mi sentirei come se valessi meno in tal caso. Alcuni anni fa,lo Stato mi si presentò per conto della Chiesa, e mi ordinò di pagareuna certa somma per il sostentamento di un sacerdote, alle funzionidel quale aveva presenziato mio padre, ma io mai. “Paga”, mi disse “osarai rinchiuso in prigione”.

Mi rifiutai di pagare. Ma, sfortunatamente, un altro uomo ritenneopportuno pagare per me. Non capivo perché il maestro di scuola do-vesse essere tassato per supportare il prete, e non viceversa, dal mo-mento che io non ero un insegnante statale, ma mi mantenevo con unasottoscrizione volontaria. Non capivo perché il liceo non potesse pre-sentare una propria richiesta di tasse, e perché lo Stato non sostenessetale richiesta, così come la Chiesa. Tuttavia, su richiesta dei consigliericomunali, acconsentii a fare per iscritto una dichiarazione di questotipo: “Sappiano tutti con la presente che io, Henry Thoreau, non desi-dero essere considerato membro di alcuna corporazione alla quale nonabbia aderito”.

Diedi questa dichiarazione al segretario comunale; ed egli l’ha tut-tora. Lo Stato, avendo appreso in tal modo che non desideravo essereconsiderato come membro di quella chiesa, da allora non mi ha piùfatto una richiesta del genere, sebbene abbia sostenuto che in quel-l’occasione doveva attenersi alla sua posizione iniziale.

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Se avessi saputo come identificarle, mi sarei dunque ritirato con ac-curatezza da tutte le società per le quali non avevo firmato; ma non sa-pevo dove trovare un elenco completo. Per sei anni non ho pagato la“poll-tax”. Una volta per questo fui imprigionato, per una notte; e men-tre stavo lì ad esaminare i muri di pietra massiccia, spessi due o tre piedi,la porta di legno e ferro spessa un piede e le grate di ferro dalle qualifiltrava la luce, non potevo fare a meno di essere colpito dalla stupiditàdi quell’istituzione, che mi trattava come se fossi semplice carne e san-gue e ossa, da mettere sotto chiave. Mi stupivo che esso avesse con-cluso alla fine che questo era il migliore uso che poteva fare di me, e chenon avesse mai pensato di avvalersi in qualche modo dei miei servigi.Compresi che, se c’era un muro di pietra fra me ed i miei concittadini,ce n’era uno ancora più difficile da scalare o rompere prima che essi po-tessero arrivare ad essere liberi com’ero io. Non mi sentii imprigionatoneppure per un momento, ed i muri mi sembravano un grande sprecodi pietra e di malta. Mi sentivo come se solo io, fra tutti i miei concit-tadini, avessi pagato la mia tassa. Essi chiaramente non sapevano cometrattarmi, ma si comportavano come persone rozze. In ogni minacciaed in ogni cortesia c’era grossolanità, poiché credevano che il mio de-siderio più grande fosse quello di trovarmi dall’altra parte di quel murodi pietra. Non potevo fare a meno di sorridere nel vedere con quantaindustriosità essi chiudevano la porta in faccia alle mie riflessioni, cheli seguivano fuori senza alcun impedimento, e che in realtà esse costi-tuivano l’unico pericolo. Poiché non potevano raggiungere me, ave-vano deciso di punire il mio corpo; come i ragazzi, i quali, se nonpossono arrivare a qualcuno per il quale nutrono risentimento, fini-scono per maltrattarne il cane.

Capii che lo Stato era uno stupido, che era timido come una donnanubile tra i suoi cucchiai d’argento, e che non sapeva distinguere i suoiamici dai suoi nemici, e persi tutto il rispetto che m’era rimasto nei suoiconfronti, e lo compatii. Lo Stato dunque non si confronta mai inten-zionalmente con il sentimento d’un uomo, intellettuale o morale, ma

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solo con il suo corpo, con i suoi sensi. Esso non è dotato d’intelligenzao onestà superiori, ma di superiore forza fisica.

Non sono nato per essere costretto. Respirerò liberamente. Vediamochi è il più forte. Che forza ha una moltitudine? Possono costringermisoltanto ad obbedire ad una legge che sia più alta della mia. Essi micostringono a diventare come loro. Non sono a conoscenza di uominiche vengano costretti a vivere in un modo o in un altro da masse di uo-mini. Che tipo di vita sarebbe quella, da vivere? Quando incontro ungoverno che mi dice: “Il tuo denaro o la tua vita”, perché dovrei pre-cipitarmi a dargli il mio denaro? Può darsi che esso sia in gravi ristret-tezze, e che non sappia cosa fare, non posso aiutarlo in questo. Deveaiutarsi da sé, deve fare come faccio io. Non vale la pena piangercisopra. Non sono responsabile del perfetto funzionamento dell’ingra-naggio della società. Non sono il figlio dell’ingegnere. Percepisco ilfatto che, quando una ghianda ed una castagna cadono fianco a fianco,l’una non resta inerte per far posto all’altra, ma entrambe obbedisconoalle proprie leggi, e nascono e crescono e fioriscono come meglio pos-sono, fino a quando un giorno una non oscura e non distrugge l’altra.Se una pianta non può vivere secondo la propria natura, essa muore, ecosì un uomo.

La notte in prigione fu abbastanza insolita ed interessante. I prigio-nieri in maniche di camicia stavano sulla soglia a chiacchierare ed a go-dersi l’aria della sera, quando io entrai. Ma il secondino disse: “Avanti,ragazzi, è ora di chiudere”; e così si dispersero, ed udii il suono dei loropassi mentre rientravano nelle celle vuote. Il mio compagno di stanzami fu presentato dal secondino come “un tipo di prim’ordine ed unuomo intelligente”. Quando la porta fu chiusa, egli mi fece vedere doveappendere il cappello, e come se la cavava là dentro. Le stanze erano im-biancate una volta al mese; e questa, almeno, era la stanza più bianca,quella arredata più semplicemente, e probabilmente la più pulita dellacittà. Naturalmente, egli volle sapere da dove venissi e cosa mi avesseportato lì; e, quando glielo ebbi detto, gli chiesi a mia volta come lui

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fosse finito lì, presumendo, naturalmente, che fosse un uomo onesto;e visto come va il mondo, credo che lo fosse.

“Perché”, mi disse, “mi accusano di aver dato fuoco ad un granaio;ma non l’ho mai fatto”. Per quanto riuscii a scoprire, era probabilmenteandato a dormire in un granaio quando era ubriaco, ed aveva fumatola pipa là, e così un granaio andò a fuoco. Aveva fama d’essere un uomointelligente, era stato là dentro in attesa del suo processo per circa tremesi, ed avrebbe dovuto aspettare per altrettanti; ma s’era decisamenteadattato ed accontentato, poiché lo mantenevano gratis, e riteneva d’es-sere trattato bene.

Si mise ad una finestra, ed io all’altra; e capii che, se si restava lì alungo, l’occupazione principale sarebbe stata quella di guardare fuoridalla finestra. Ben presto avevo letto tutti gli opuscoli che erano stati la-sciati lì, ed avevo esaminato da dove erano evasi in passato alcuni pri-gionieri, e dove una sbarra era stata segata, ed avevo ascoltato la storiadei diversi occupanti di quella stanza; poiché finii per scoprire che per-sino qui c’erano una storia e dei pettegolezzi che non circolavano maial di fuori delle mura della prigione. Probabilmente questa è l’unica casadella città nella quale sono composti versi poi stampati sotto forma dicircolare, ma non pubblicati. Mi fu mostrato un elenco alquanto lungodi versi composti da alcuni giovani che erano stati scoperti in un ten-tativo di fuga e che si erano vendicati mettendosi a cantarli.

Strappai tutte le informazioni possibili al mio compagno di prigio-nia, per timore di non rivederlo mai più; ma alla fine egli mi indicòquale fosse il mio letto, e mi fece spegnere il lume. Giacere là per unanotte fu come viaggiare in un paese lontano, un paese che non mi sareimai aspettato di vedere. Mi sembrava di non aver mai sentito i rintoc-chi dell’orologio municipale prima d’allora, né i suoni serali del paese,dato che dormimmo con le finestre che si trovavano al di qua dell’in-ferriate aperte. Era come vedere il mio paese natio nella luce del me-dioevo, ed il nostro fiume Concord s’era trasformato in affluente delReno, e visioni di cavalieri e castelli mi passavano davanti. Erano le voci

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degli antichi abitanti, quelle che udivo nelle strade. Ero involontariospettatore ed ascoltatore di qualsiasi cosa venisse fatta e detta nella cu-cina dell’adiacente locanda del paese, un’esperienza per me del tuttonuova e rara. Era una visione più intima della mia città natia. Ero pro-prio dentro di essa. Non avevo mai visto le sue istituzioni prima. Que-sta è una delle sue istituzioni peculiari, dal momento che è uncapoluogo di contea. Cominciai a capire di cosa si occupassero i suoiabitanti.

La mattina, le nostre colazioni ci vennero passate attraverso il bucodella porta, in piccole gamelle di latta oblunghe e squadrate, siffatte af-finché potessero passare, e contenenti una pinta di cioccolata, con panenero, ed un cucchiaio di ferro. Quando passarono di nuovo a ripren-dere i recipienti, fui così ingenuo da restituire il pane che avevo avan-zato; ma il mio compagno lo afferrò, e disse che dovevo conservarloper il pranzo o per la cena. Poco dopo egli fu fatto uscire per andare allavoro a falciare in un campo vicino, ove si recava quotidianamente, enon sarebbe tornato fino a mezzogiorno; così mi augurò una buonagiornata, dicendo che dubitava di rivedermi.

Quando uscii di prigione, perché qualcuno interferì e pagò quellatassa, non notai grandi cambiamenti che avessero avuto luogo nellavita di tutti i giorni, come aveva notato quel tale ch’era entrato in pri-gione in gioventù e n’era uscito con passo malfermo e con i capelligrigi; e tuttavia ai miei occhi c’era stato un cambiamento sulla scena, lacittà, lo Stato, ed il paese, più grande di qualunque mutamento provo-cato dal tempo. Vedevo ancora più chiaramente lo Stato nel quale vi-vevo. Vedevo fino a che punto le persone tra le quali vivevo potevanoessere considerate dei buoni vicini ed amici; che la loro amicizia du-rava solo un’estate; che non avevano grandi intenzioni di fare il giusto;che quanto a pregiudizi e superstizioni erano d’una razza diversa dallamia, al pari dei cinesi e dei malesi; che a proposito di sacrifici per l’uma-nità, non correvano alcun rischio, nemmeno per le loro proprietà; che,dopotutto, non erano così nobili, ma trattavano il ladro come lui aveva

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trattato loro, e speravano, con un po’ d’osservanza esteriore e pochepreghiere, e camminando di tanto in tanto lungo un particolare sen-tiero, dritto ma inutile, di salvarsi l’anima. Questo potrebbe essere giu-dicare duramente i miei vicini, dal momento che credo che molti diloro non sappiano che nel loro paese hanno un’istituzione come la pri-gione.

Un tempo c’era l’usanza nel nostro villaggio, quando un povero de-bitore usciva di prigione, che i suoi conoscenti, guardandolo attraversole dita, incrociate a rappresentare la finestra della prigione, lo salutas-sero con un “Come va?” I miei vicini non mi salutarono in quel modo,ma prima mi lanciarono un’occhiata, e poi si guardarono l’un l’altro,come se fossi tornato da un lungo viaggio. Ero stato messo in prigionementre stavo andando dal calzolaio a ritirare una scarpa che era stata ri-parata. Quando fui rilasciato il mattino dopo, procedetti nel portare atermine la mia commissione, e, dopo aver calzato la mia scarpa aggiu-stata, raggiunsi un gruppo che andava per mirtilli, e ch’era impazientedi mettersi sotto la mia guida; ed in mezz’ora, dato che il cavallo fu pre-sto bardato, ero in mezzo ad un campo di mirtilli, su una delle nostrecolline più alte, a due miglia di distanza; ed allora lo Stato non potevapiù essere visto da nessuna parte. Questa è la storia completa de “LeMie Prigioni”.

Non mi sono mai rifiutato di pagare la tassa per le strade statali, per-ché desidero essere un buon vicino tanto quanto desidero essere uncattivo cittadino; e, per quanto riguarda il supporto alle scuole, sto orafacendo la mia parte per istruire i miei concittadini. Non è a causa diqualche voce particolare della cartella delle tasse che mi rifiuto di pa-garle. Desidero semplicemente rifiutare obbedienza allo Stato, ritirarmie starne concretamente alla larga. Non mi interessa seguire il percorsodel mio dollaro, ammesso ch’io possa farlo, finché questo non compraun uomo, o un moschetto con il quale sparare a qualcuno, il dollaro èinnocente, ma mi preoccupo di seguire gli effetti della mia obbedienza.Di fatto, dichiaro tranquillamente guerra allo Stato, a modo mio, seb-

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bene io continui a farne uso ed a trarre da esso i vantaggi che mi sonopossibili, come è normale in questi casi. Se altri pagano la tassa che èrichiesta a me, per solidarietà nei confronti dello Stato, essi non fannoaltro che quello che hanno già fatto nel proprio caso, o piuttosto si ren-dono complici dell’ingiustizia in misura maggiore di quanto lo Statonon richieda. Se pagano la tassa per una malintesa premura nei con-fronti dell’individuo tassato, per salvare le sue proprietà, o per impedirech’egli vada in prigione, è perché non hanno considerato con saggezzaquanto essi permettano ai loro sentimenti privati di interferire con ilbene comune.

Questa, dunque, è la mia posizione attuale. Ma in un caso del generenon si può essere troppo intransigenti, altrimenti la propria azione ri-schia d’essere influenzata dall’ostinazione o da un eccessivo rispettodelle opinioni degli uomini. Si cerchi dunque di fare solo ciò che si ad-dice a sé ed al momento. Talvolta penso: “Ma guarda, questa gente habuone intenzioni; è solo ignorante; agirebbe meglio, se sapesse comefare: perché dare ai tuoi vicini questa pena di trattarti come non sonoinclini a fare?” Ma penso pure: “Questa non è una buona ragione per-ché io debba fare come loro, o permettere ad altri di patire un doloremolto più grande di questo, di natura diversa”. Ancora, dico talvolta ame stesso: “Quando molti milioni di uomini, senza ardore, senza cat-tiva volontà, senza un sentimento personale d’alcun tipo, ti chiedonosoltanto pochi scellini, senza la possibilità, questa è la loro posizione,di ritirare o modificare la loro attuale richiesta, e senza la possibilità, daparte tua, di fare appello ad altri milioni di persone, perché dovrestiesporti a questa schiacciante forza bruta?” Non opponi resistenza alfreddo ed alla fame, ai venti ed alle onde, in maniera così ostinata; ti sot-tometti tranquillamente a mille simili ineluttabilità. Non metti la testanel fuoco. Ma precisamente in proporzione a quanto considero questanon come una forza completamente bruta, ma in parte una forzaumana, e ritengo di avere un rapporto con quei milioni di uomini inquanto milioni di uomini, e non in quanto mere entità brute o inani-

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mate, penso che ci sia una possibilità di appello, in primo luogo e su-bito rivolta da essi al Creatore e, secondariamente, a se stessi. Ma, semetto deliberatamente la testa nel fuoco, non c’è possibilità di appelloal fuoco o al Creatore del fuoco, e posso solo rimproverare me stesso.Se potessi convincermi di avere qualche diritto d’esser soddisfatto degliuomini così come sono, e di trattarli di conseguenza, e non, per certiaspetti, secondo le mie esigenze ed aspettative su come loro ed io do-vremmo essere, allora, come un buon Musulmano ed un buon fatali-sta, dovrei sforzarmi d’essere soddisfatto delle cose come sono, e direche è la volontà di Dio. E, soprattutto, c’è questa differenza tra resisterea questo e resistere ad una forza meramente bruta o naturale, che aquesta posso oppormi con qualche risultato; ma non posso aspettarmi,al pari di Orfeo, di cambiare la natura delle rocce e degli alberi e dellebestie.

Non desidero litigare con nessun uomo o nazione. Non voglio spac-care il capello in quattro, fare sottili distinzioni, o proclamare me stessomigliore dei miei vicini. Cerco piuttosto, direi, addirittura una scusa perconformarmi alle leggi del paese. Sono fin troppo pronto a confor-marmi ad esse. In verità ho ragione di sospettare di me stesso su que-sto punto; ed ogni anno, quando passa l’esattore, mi trovo pronto ariesaminare le azioni e la posizione dei governi federale e statale, e lospirito del popolo, per scoprire un pretesto per conformarmi.

“Dobbiamo amare la patria come i nostri genitori, e se mai allontaniamo il no-stro amore o ingegno dal renderle onore, dobbiamo pensare alle conseguenze ed in-segnare all’anima le questioni di coscienza e di religione, e non il desiderio di potereo di profitto”.

Credo che lo Stato sarà presto in grado di togliermi di mano tuttoil lavoro di questo genere, ed allora non sarò miglior patriota dei mieiconcittadini. Considerata da un più basso punto di vista, la Costitu-zione, con tutti i suoi difetti, è molto buona; la legge ed i tribunali sonoassai rispettabili; persino questo Stato e questo governo americani sono,per molti versi, alquanto ammirevoli e cose rare delle quali essere grati,

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come moltissimi li hanno descritti; ma visti da un punto di vista un po’più elevato, sono come io li ho descritti; visti da uno ancora più elevato,e dal più elevato possibile, chi mai dirà come sono, o che non sono af-fatto degni di nota o di considerazione?

Tuttavia, il governo non mi interessa molto, e gli dedicherò menopensieri possibile. Non sono molti i momenti nei quali vivo sotto ungoverno, persino in questo mondo. Se un uomo è libero nel pensiero,libero nella fantasia, libero nell’immaginazione, sicché ciò che non ènon gli appare mai per molto tempo come ciò che è, i governanti o iriformatori stolti non possono ostacolarlo fatalmente.

So che la maggior parte degli uomini la pensa diversamente da me;ma coloro che per professione dedicano la propria vita allo studio diquesti o di simili argomenti, mi soddisfano poco o per nulla. Statisti elegislatori, essendo così completamente entro l’istituzione, non la os-servano mai in modo chiaro e schietto. Parlano di società in movi-mento, ma senza di essa non hanno luogo di riposo. Potrebbero essereuomini di una certa esperienza e discernimento, e senza dubbio hannoinventato sistemi ingegnosi e persino utili, per i quali li ringraziamo sin-ceramente; ma tutta la loro intelligenza e la loro utilità stanno entro li-miti certamente non molto ampi. Essi sono soliti dimenticare che ilmondo non è governato dalla politica e dalla convenienza. Websternon vede mai secondi fini nel governo, e quindi non può parlarne conautorevolezza. Le sue parole sono saggezza per quei legislatori che noncontemplano nessuna sostanziale riforma del governo esistente; maper i filosofi, e per coloro che legiferano per il futuro, egli non si avvi-cina mai neppure una volta all’argomento.

Conosco persone le cui serene e sagge riflessioni su questo tema ri-velerebbero presto i limiti della sua capacità ed apertura mentale. Tut-tavia, paragonate alle affermazioni superficiali della maggior parte deiriformatori, ed all’ancor più infima saggezza ed eloquenza dei politiciin generale, le sue parole sono pressoché le uniche sensate e degne distima, e ringraziamo il Cielo per averlo avuto. Al confronto, egli è sem-

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pre forte, originale e, soprattutto, concreto. Ciò nonostante, la sua dotenon è la saggezza, bensì l’accortezza. La verità dell’avvocato non è laVerità, ma la coerenza, o un espediente di coerenza. La Verità è sem-pre in armonia con se stessa, e non si prefigge lo scopo principale dimostrare che la giustizia potrebbe accordarsi con il fare il male. Eglimerita d’essere chiamato, come è stato chiamato, il Difensore della Co-stituzione. In effetti le sue uniche azioni determinanti sono difensive.Non è un leader, ma un gregario. I suoi leader sono gli uomini dell’87.“Non ho mai fatto un tentativo” dice “e non mi sono mai ripropostodi fare un tentativo; non ho mai appoggiato, né avuto intenzione di ap-poggiare un tentativo di disturbo a danno dell’accordo così come ori-ginariamente è stato stipulato, l’accordo attraverso il quale i diversi Statisono entrati nell’Unione”. Pensando ancora all’approvazione che la Co-stituzione dà alla schiavitù, egli dice: “Poiché era una parte dell’accordooriginario, lasciamo che continui ad esistere”. Nonostante il suo ecce-zionale acume e le sue capacità, egli non è in grado di estrapolare unfatto dalle sue relazioni meramente politiche, e di vederlo come si pre-senta in senso assoluto per essere elaborato dall’intelletto, cosa che, peresempio, è giusto che un uomo faccia qui in America oggi riguardo allaschiavitù, ma si avventura, o è indotto, a dare una risposta senza spe-ranza come quella che segue, pur professando di parlare in senso as-soluto, e da un punto di vista individuale, ma quale nuovo e singolarecodice di doveri sociali se ne potrebbe dedurre? “Il modo”, egli dice“nel quale i governi di quegli Stati nei quali esiste la schiavitù devonoregolarla, è a loro discrezione, sotto la responsabilità che hanno neiconfronti dei loro elettori, nei confronti delle leggi universali di pro-prietà, umanità, e giustizia, e davanti a Dio. Le associazioni costituite al-trove, nate da un sentimento umanitario, o da qualunque altra causa,non hanno nulla a che fare con ciò. Esse non hanno mai ricevuto alcunincoraggiamento da me, né lo riceveranno mai”. Coloro i quali non co-noscono fonti più pure di verità, e che non ne hanno risalito il corsooltre, restano fedeli, e saggiamente vi restano, alla Bibbia ed alla Costi-

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tuzione, e vi si abbeverano con riverenza ed umiltà; ma coloro che lavedono sgocciolare in questo lago o in quella pozza, si mettono an-cora una volta all’opera, e continuano il pellegrinaggio verso la sor-gente. Nessun uomo con un talento particolare per la legislazione ècomparso in America. Sono rari nella storia del mondo. Ci sono ora-tori, politici, e uomini eloquenti, a migliaia; ma l’oratore non ha ancoraaperto bocca per dire chi sia in grado di risolvere le tanto dibattutequestioni del giorno. Amiamo l’eloquenza fine a se stessa, e non per laverità che essa potrebbe esprimere, o per l’eroismo che potrebbe ispi-rare. I nostri legislatori non hanno ancora imparato il mutuo valore dellibero scambio e della libertà, dell’unione e dell’onestà, per una nazione.Essi non hanno predisposizione né talento per i problemi relativamentemodesti di tassazione e finanza, del commercio e dell’industria e del-l’agricoltura. Se fossimo esclusivamente guidati dal verboso acume deilegislatori del Congresso, ignorando la provvidenziale esperienza e levalide proteste della gente, l’America non conserverebbe a lungo il suorango fra le nazioni. Il Nuovo Testamento, anche se forse non ho il di-ritto di dirlo, è stato scritto da milleottocento anni; eppure, dov’è il le-gislatore che abbia sufficiente saggezza e capacità pratica da servirsidella luce che esso getta sulla scienza della legislazione?

L’autorità del governo, per quanto io sia desideroso di sottomet-termi ad essa, dato che ubbidirò di buon grado a coloro i quali sap-piano e possano fare meglio di me, ed in molte cose persino a coloroi quali non sappiano e non possano fare altrettanto bene, è ancora im-pura: per essere pienamente giusta, deve avere l’approvazione ed il con-senso dei governati. Esso non può avere diritti assoluti sulla miapersona o proprietà, al di fuori di quelli che io gli concedo. Il progressoda una monarchia assoluta ad una costituzionale, e da una monarchiacostituzionale ad una democrazia, è un progresso in direzione di unvero rispetto per l’individuo. Persino il filosofo cinese era sufficiente-mente saggio da considerare l’individuo come la base dell’impero. Èuna democrazia, così come noi la conosciamo, l’ultimo progresso pos-

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sibile nel governo? Non è possibile fare un passo avanti verso il rico-noscimento e l’organizzazione dei diritti dell’uomo? Non vi sarà maiuno Stato realmente libero ed illuminato, finché lo Stato non giunga ariconoscere l’individuo come un potere più elevato ed indipendente,dal quale derivino tutto il suo potere e la sua autorità, e finché esso nonlo tratti di conseguenza. Mi compiaccio di immaginare uno Stato chealla fine possa permettersi d’essere giusto con tutti gli uomini, e di trat-tare l’individuo con rispetto come un vicino; uno Stato che inoltre nonconsideri in contrasto con la propria tranquillità il fatto che pochi vi-vano in disparte, senza immischiarsi nei suoi affari e senza lasciarsenesopraffare, individui che abbiano compiuto tutti i loro doveri di vicinie di esseri umani. Uno Stato che desse questo genere di frutto, e lo la-sciasse cadere non appena fosse maturo, preparerebbe la strada ad unoStato ancora più perfetto e glorioso, che pure ho immaginato, ma chenon ho ancora visto in nessun luogo.

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APPENDICE

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Lettera ad Adolf Hitler

di Mohandas Gandhi

Caro amico,se mi rivolgo a lei chiamandola amico non è per formalità. Io non honemici. La mia occupazione negli ultimi ventitré anni è consistita nel-l’ottenere l’amicizia dell’umanità intera, mostrandomi amico degli esseriumani al di là delle distinzioni di razza, colore o credo.

Spero che abbia il tempo ed il desiderio di sapere in che modo unaparte consistente di umanità, che vive sotto l’influenza di questa dot-trina dell’amicizia universale, considera la sua azione. Non abbiamodubbi riguardo al suo coraggio ed alla sua devozione verso la sua pa-tria, né crediamo che lei sia il mostro descritto dai suoi oppositori. Mai suoi scritti e le sue dichiarazioni e quelli dei suoi amici e ammiratorilasciano pochi dubbi sul fatto che molte delle sue azioni sono mo-struose ed avverse alla dignità umana, soprattutto nel giudizio di uominiche come me credono nell’amicizia universale. Ad esempio l’umilia-zione della Cecoslovacchia, la violenza contro la Polonia e l’annessionedella Danimarca. Sono consapevole che, secondo la sua visione dellavita, queste spoliazioni sono atti virtuosi. Ma noi siamo stati abituatifin dall’infanzia a considerare atti simili come atti che degradano l’uma-nità. Per questo non possiamo assolutamente augurarci che le sue armiabbiano successo.

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Ma la nostra posizione è unica. Noi resistiamo all’imperialismo bri-tannico non meno che al nazismo. Se c’è una differenza, è nel grado.Un quinto della razza umana è stato messo sotto lo stivale britannico,con mezzi non ineccepibili. La nostra resistenza non vuol dire che vo-gliamo far male al popolo inglese. Cerchiamo di convertirlo, non disconfiggerlo sul campo di battaglia. La nostra è una rivolta non armatacontro il dominio britannico. Sia che riusciamo a convertirlo o no,siamo determinati a rendere impossibile il loro dominio con la non-cooperazione non-violenta. Si tratta di un metodo per sua natura indi-fettibile. È basato sul riconoscimento del fatto che nessuno sfruttatorepuò raggiungere il suo scopo senza un certo grado di collaborazione,volontaria o forzata, della vittima. I nostri governanti potranno averela nostra terra ed i nostri corpi, ma non le nostre anime. Potranno averei primi solo con la completa distruzione di ogni indiano, uomini, donnee bambini. È vero che non tutti possono giungere ad un tale grado dieroismo e che una certa quantità di terrore può piegare una rivolta, maè un argomento che non centra il punto. Ma se si troveranno in Indiaun certo numero di uomini e donne pronti, senza alcuna cattiva inten-zione contro gli sfruttatori, a perdere la vita piuttosto che piegare leginocchia davanti a loro, saranno essi a mostrare la via per liberarsi dallatirannia della violenza. Le chiedo di credermi quando le dico che un nu-mero sorprendente di tali uomini e donne in India. Essi hanno ricevutoquesto addestramento negli ultimi vent’anni.

Nell’ultimo mezzo secolo abbiamo cercato di liberarci dal dominioinglese. Il movimento per l’indipendenza non è mai stato forte quantooggi. L’organizzazione politica più potente, il Congresso Nazionale In-diano, sta cercando di raggiungere questo scopo. Abbiamo raggiuntoun successo apprezzabile attraverso lo sforzo non-violento. Eravamoincerti sui mezzi migliori da adoperare per combattere la violenza me-glio organizzata al mondo, che il potere britannico rappresenta. Lei loha sfidato. Resta da vedere quale sia meglio organizzato, quello tedescoo quello britannico. Noi sappiamo cosa vuol dire lo stivale britannico

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per noi e per le razze non-europee del mondo. Abbiamo trovato nellanon-violenza una forza che, se organizzata, può senza dubbio com-battere contro una combinazione delle forze più violente del mondo.Nella tecnica non-violenta, come ho detto, non c’è una cosa come lasconfitta. Si tratta di “vincere o morire”, senza uccidere o arrecare sof-ferenza. Può essere impiegata praticamente senza denaro e ovviamentesenza l’aiuto di quella scienza della distruzione che avete portato a taleperfezione. È motivo di meraviglia per me che lei non veda che essanon è monopolio di nessuno. Se non gli inglesi, qualche altro potereperfezionerà il vostro metodo e vi batterà con le vostre stesse armi.Non lascia in eredità al suo popolo nulla di cui possa sentirsi orgo-glioso. Non può essere orgoglioso del racconto di azioni crudeli, ben-ché abilmente pianificate. Quindi, in nome dell’umanità, mi appello alei affinché fermi la guerra. Non ci perderò nulla a rimettere tutti i mo-tivi di disputa tra lei e la Gran Bretagna ad un tribunale internazionalescelto comunemente. Se avrà successo nella guerra, ciò non significheràche ha ragione. Ciò proverà soltanto che il suo potere di distruzione eramaggiore. Al contrario, una sentenza da parte di un tribunale imparzialemostrerà, per quanto umanamente possibile, da quale parte sta la ra-gione.

Lei sa che non molto tempo fa ho fatto un appello ad ogni inglesead accettare il mio metodo della resistenza non-violenta. L’ho fatto per-ché gli inglesi mi conoscono come loro amico, benché ribelle. Io sonouno straniero per lei ed il suo popolo. Non ho il coraggio di fare a leil’appello che ho fatto agli inglesi. Questo non vuol dire che esso nonsia diretto a lei con la stessa forza con cui è stato diretto agli inglesi. Mail mio proposito attuale è molto semplice, perché molto più pratico efamiliare.

In questa stagione in cui i cuori dell’Europa anelano alla pace, ab-biamo sospeso anche la nostra lotta pacifica. È troppo chiederle di fareuno sforzo per la pace in un periodo che può non voler dire nulla perlei personalmente, ma che significa molto per i milioni di europei il cui

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muto grido per la pace io ascolto, perché le mie orecchie sono abituatead ascoltare le moltitudini silenziose. Avevo intenzione di indirizzare unappello congiunto a lei e al signor Mussolini, che ho avuto il privilegiodi incontrare a Roma nel corso della mia visita in Inghilterra, come de-legato alla Conferenza della Tavola Rotonda. Spero che egli voglia con-siderarlo come rivolto anche a lui, anche se con i necessari aggiustamenti.

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Lettera ai cappellani militari toscani

di Don Lorenzo Milani

Da tempo avrei voluto inviare uno di voi a parlare ai miei ragazzidella vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo. Avremmoperò voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi comeavete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho fattoin tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola. Io l’avreivoluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale,non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente.

Primo, perché avete insultato dei cittadini che noi e molti altri am-miriamo? E nessuno, ch’io sappia, vi aveva chiamati in causa. A menodi pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristianabruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore.

Secondo, perché avete usato, con estrema leggerezza e senza chia-rirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi?

Nel rispondermi badate che l’opinione pubblica è oggi più maturache in altri tempi e non si contenterà né d’un vostro silenzio, né d’unarisposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimen-tali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se aveteargomenti sarò ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella frettadi scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste.

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Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste di-visioni. Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stra-nieri allora vi dirò che, nel vostro senso; io non ho Patria e reclamo ildiritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privile-giati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stra-nieri.

E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di inse-gnare che italiani e stranieri possono lecitamente, anzi eroicamente,squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i po-veri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta deimezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili mac-chine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uni-che armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.

Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se legiustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettateanche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loroidee pagano di persona.

Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male moltevolte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pen-sare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Pa-tria e valori ben più alti di lei.

Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. È troppo facile di-mostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettònemmeno la legittima difesa.

Mi riferirò piuttosto alla Costituzione.Articolo 11. L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla

libertà degli altri popoli.Articolo 52. La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato il popolo

italiano in un secolo di storia. Se vedremo che la storia del nostro eser-cito è tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri, dovrete chiarirci sein quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la

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loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l’onoredella Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosala nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti egenerici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnatoai soldati. L’obbedienza a ogni costo? E se l’ordine era il bombarda-mento dei civili, un’azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l’ese-cuzione sommaria dei partigiani, l’uso delle armi atomiche, batteriologiche,chimiche, la tortura, l’esecuzione d’ostaggi, i processi sommari per sem-plici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Pa-tria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), unaguerra di evidenti aggressioni, l’ordine d’un ufficiale ribelle al popolosovrano, le repressioni di manifestazioni popolari?

Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogniguerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentitoo avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la ve-rità in faccia ai vostri “superiori” sfidando la prigione o la morte? Sesiete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla.Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicatodi non avere la più elementare nozione del concetto di obiezione di co-scienza.

Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere,come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto laPatria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. Ese manteniamo a caro prezzo (mille miliardi l’anno) l’esercito, è soloperché difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene:la sovranità popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza dellastoria alla mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all’obiezioneche alla obbedienza.

L’obiezione in questi cento anni di storia l’han conosciuta troppopoco.

L’obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l’han conosciutaanche troppo.

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Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era laPatria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire equando occorreva obiettare.

1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell’idea di Patria, tentò dibuttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra queibriganti c’erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria.Per l’appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha inqualche piazza d’Italia un monumento come eroe della Patria.

A cento anni di distanza la storia si ripete: l’Europa è alle porte.La Costituzione è pronta a riceverla: “L’Italia consente alle limita-

zioni di sovranità necessarie”.I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti

ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell’Europa.Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei.

La guerra seguente, nel 1866, fu un’altra aggressione. Anzi c’erastato un accordo con il popolo più attaccabrighe e guerrafondaio delmondo per aggredire l’Austria insieme. Furono aggressioni certo leguerre (1867-1870) contro i Romani, i quali non amavano molto la lorosecolare Patria, tant’è vero che non la difesero. Ma non amavano moltoneanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant’è vero chenon insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suodiario: “L’insurrezione annunciata per oggi, e stata rinviata a causa dellapioggia”. Nel 1898 il Re “Buono” onorò della Gran Croce Militare ilgenerale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che è bene ri-cordare. L’avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la mi-nestra davanti a un convento di Milano. Il Generale li prese a colpi dicannone e di mortaio solo perché i ricchi (allora come oggi) esigevanoil privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla po-lenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebberoquel che volevano. I morti furono ottanta, i feriti innumerevoli. Fra isoldati non ci fu né un ferito né un obiettore. Finito il servizio militaretornarono a casa a mangiare polenta. Poca, perché era rincarata.

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Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare “Savoia” anche quandoli portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico elontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Eral’unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del co-lonialismo europeo.

Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta diimporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca?Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perché quelgiornale considera la vita d’un bianco più che quella di cento neri. Avetevisto come ha messo in risalto l’uccisione di sessanta bianchi nel Congo,dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri edi cercarne i mandanti qui in Europa?

Idem per la guerra in Libia.Poi siamo al 1914. L’Italia aggredì l’Austria con cui questa volta era

alleata. Battisti era un Patriota o un disertore? È un piccolo particolareche va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazziche quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza dipoter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con seicentomila morti?Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)?Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, nonchiamava forse a una “inutile strage”? (l’espressione non è d’un vileobiettore di coscienza, ma d’un Papa).

Era nel 1922 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l’eser-cito non la difese. Stette ad aspettare gli ordini che non vennero. Se isuoi preti l’avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che conl’obbedienza “cieca, pronta, assoluta” quanti mali sarebbero stati evi-tati alla Patria e al mondo (cinquantamilioni di morti). Così la Patriaandò in mano a un pugno di criminali che violò ogni legge umana e di-vina, e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allosfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente esulla bocca che la parola sacra “Patria”, quelli che di quella parola nonavevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano

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come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, siadetto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).

Nel 1936 cinquantamila soldati italiani si trovarono imbarcati versouna nuova infame aggressione. Avevano avuto la cartolina di precettoper andar “volontari” ad aggredire l’infelice popolo spagnolo.

Erano corsi in aiuto d’un generale traditore della sua Patria, ribelleal suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll’aiuto italiano eal prezzo d’un milione e mezzo di morti riuscì a ottenere quello che vo-levano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello scio-pero, del sindacato, dei partiti, d’ogni libertà civile e religiosa.

Ancora oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle im-prigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d’aver difeso al-lora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l’obbedienza dei“volontari” italiani tutto questo non sarebbe successo.

Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dal-l’altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Perl’appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria.Gente che aveva obiettato.

Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un gene-rale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al po-polo loro sovrano non si deve obbedire?

Poi dal 1939 in là fu una frana: i soldati italiani aggredirono unadopo l’altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro(Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia).

Era la guerra che aveva per l’Italia due fronti. L’uno contro il si-stema democratico. L’altro contro il sistema socialista. Erano e sonoper ora i due sistemi politici più nobili che l’umanità si sia data. L’unorappresenta il più alto tentativo dell’umanità di dare, anche su questaterra, libertà e dignità umana ai poveri. L’altro il più alto tentativo del-l’umanità di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai po-veri. Non vi affannate a rispondere accusando l’uno o l’altro sistema deiloro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piut-

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tosto cosa c’era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema poli-tico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Nega-zione d’ogni valore morale, di ogni libertà se non per i ricchi e per imalvagi. Negazione d’ogni giustizia e d’ogni religione. Propaganda del-l’odio e sterminio d’innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Pa-tria del Signore dispersa nel mondo e sofferente).

Che c’entrava la Patria con tutto questo? E che significato possono piùavere le Patrie in guerra da che l’ultima guerra è stata un confronto diideologie e non di Patrie? Ma in questi cento anni di storia italiana c’èstata anche una guerra “giusta” (se guerra giusta esiste). L’unica che nonfosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana.Da un lato c’erano dei civili, dall’altro dei militari. Da un lato soldati cheavevano obbedito, dall’altro soldati che avevano obiettato. Quali dei duecontendenti erano, secondo voi, i “ribelli” quali i “regolari”?

È una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congoper esempio quali sono i “ribelli”?

Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l’ingiusta guerra che avevascatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare inostri soldati. Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o ope-rai trasformati in aggressori dall’obbedienza militare. Quell’obbedienzamilitare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un “distinguo” che viriallacci alla parola di san Pietro: “Si deve obbedire agli uomini o a Dio?”E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere perfare come ha fatto San Pietro.

In molti paesi civili (in questo più civili del nostro) la legge li onorapermettendo loro di servire la Patria in altra maniera. Chiedono di sacri-ficarsi per la Patria più degli altri, non meno. Non è colpa loro se in Ita-lia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.

Del resto anche in Italia c’è una legge che riconosce una obiezione dicoscienza. È proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suoterzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Ve-scovi e dei Preti.

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In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora pronunziatané contro di loro né contro di voi. La sentenza umana che li ha con-dannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, nonche son vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vilinon vi viene in mente che non s’è mai sentito dire che la viltà sia pa-trimonio di pochi, l’eroismo patrimonio dei più? Aspettate a insultarli.Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei pro-feti è la prigione, ma non è bello star dalla parte di chi ce li tiene.

Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere fe-riti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi dagiovane l’ha fatto. Più maturo condannò duramente questo suo erroregiovanile. Avete letto la sua vita?

Ma se ci dite che il rifiuto di difendere sé stesso e i suoi secondol’esempio e il comandamento del Signore è “estraneo al comandamentocristiano dell’amore” allora non sapete di che Spirito siete! Che linguaparlate? Come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? Senon volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!

Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: au-spichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni di-visione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise chemorendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Libertà, Verità.Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guar-dano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra laverità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima.

Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senzaloro colpa da una propaganda d’odio, si son sacrificati per il solo ma-linteso ideale di Patria, calpestando senza avvedersene ogni altro nobileideale umano.

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I have a dream

di Martin Luther King

Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come lapiù grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese.Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi,firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decretovenne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri cheerano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’albaradiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.

Ma cento anni dopo, il nero ancora non è libero; cento anni dopo,la vita del nero è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segrega-zione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il nero an-cora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperitàmateriale; cento anni dopo; il nero langue ancora ai margini della societàamericana e si trova esiliato nella sua stessa terra.

Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra con-dizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale delpaese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblicascrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’In-dipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbediventato erede. Questo “pagherò” permetteva che tutti gli uomini, ineri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabilidella vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

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È ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo “pagherò” perciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suosacro obbligo, l’America ha consegnato ai neri un assegno fasullo; unassegno che si trova compilato con la frase: “fondi insufficienti”. Noici rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveaudelle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per in-cassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ric-chezze della libertà e della garanzia di giustizia.

Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’ur-genza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci sipossa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquil-lante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promessedella democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolatavalle della segregazione al sentiero radioso della giustizia; questo è il mo-mento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustiziarazziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di renderevera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazionese non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffo-cante della legittima impazienza dei neri non finirà fino a quando nonsarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.

Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i neriabbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne starannoappagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionarecome se niente fosse successo.

Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai nerinon saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta con-tinueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quandonon sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente, che si trova qui sullatiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostroprocedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni in-giuste.

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Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo allacoppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre lanostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremopermettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica.Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi rispondealla forza fisica con la forza dell’anima.

Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunitànera non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comu-nità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loropresenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato colnostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabil-mente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e chesi è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà esserecombattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare dasoli.

E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre inavanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono acoloro che chiedono i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?”Non saremo mai soddisfatti finché il nero sarà vittima degli indicibili or-rori a cui viene sottoposto dalla polizia.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchiper la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sullestrade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti fin-ché gli spostamenti sociali davvero permessi ai neri saranno da unghetto piccolo a un ghetto più grande.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno pri-vati della loro dignità da cartelli che dicono: “Riservato ai bianchi”.Non potremo mai essere soddisfatti finché i neri del Mississippi nonpotranno votare e i neri di New York crederanno di non avere nullaper cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo fin-ché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiumepossente.

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Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormiprove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle an-guste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la do-manda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste dellapersecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Sietevoi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con lacertezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel SouthCarolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostriquartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modoquesta situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofon-dare nella valle della disperazione.

E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le aspe-rità di oggi e di domani, io ho un sogno. È un sogno profondamenteradicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leveràin piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi rite-niamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia ifigli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che untempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo dellafratellanza.

Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, unostato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza del-l’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.

Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giornoin una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loropelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!

Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collinae ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani ei luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gliesseri viventi, insieme, la vedranno. È questa la nostra speranza. Que-sta è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

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Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della di-sperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado ditrasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissimasinfonia di fratellanza.

Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare in-sieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere in-sieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà ilgiorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi:paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove mori-rono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di mon-tagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazionepossa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di NewYork.

Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbian-

cate di neve.Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.Ma non soltanto.Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da

ogni pendice risuoni la libertà.E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di ri-

suonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città,acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi,ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantarecon le parole del vecchio spiritual: “Liberi finalmente, liberi finalmente;grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente”.

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Il potere è di tutti

di Aldo Capitini

Il piano per arrivare ad una società che sia veramente di tutti non èancora realizzato. Sono ancora poche le cose che tutti hanno libera-mente, oltre la vita, l’aria, il sole, un corpo naturale, un cuore, una menteper pensare, una volontà per decidere.

Esiste la società civile, che è una creazione storica molto impor-tante, ma essa è ancora troppo imperfetta. Vi esiste lo sfruttamentodell’uomo sull’uomo, l’autoritarismo dell’uomo sull’uomo: alcune manihanno ricchezze grandissime, altre mani, pur lavorando tutto il giorno,non riescono a riportare a casa (e quale casa, certe volte! ) un guadagnosufficiente; alcuni hanno un potere grandissimo nel comandare, nel-l’imporre agli altri la loro volontà anche con la forza, e molti altri deb-bono raccomandarsi e ubbidire per salvare la semplice vita.

Eppure, se si guarda bene, gli sfruttati e gli oppressi sono una im-mensa maggioranza in confronto a quelli che hanno il potere politicoed economico. Poche persone decidono della pace e della guerra, delbenessere e del disagio di tutti. E chi controlla questi pochi potentis-simi? Solo i gruppi di potere; la moltitudine non è presente.

Anche se viene convocata alle elezioni (una buona cosa, certamente)ogni quattro anni, ogni cinque anni, i pochi potenti non si preoccu-pano, durante i quattro o cinque anni, di dare informazioni esatte a

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tutti, di aprire scuole per chi non ha nessuna cultura, centri sociali peraiutare gli uomini a ritrovarsi insieme, a discutere e imparare l’uno dal-l’altro.

Anzi i potenti fanno di tutto perché le persone non si trovino in-sieme a discutere e criticare, se occorre; e i grandi industriali sono prontia dare la settimana lavorativa di cinque giorni agli operai così la seradei cinque giorni saranno spossati e non andranno al centro sociale aparlare di politica ed istruirsi liberamente e nei due giorni liberi scap-peranno dalla città a fare i turisti o a pescare.

Per trasformare tutta la società è, dunque, necessario cambiare ilmetodo, e farla cominciare “dal basso” invece che dall’alto. Bisogna co-minciare uno sviluppo del controllo dal basso che dovrà crescere sem-pre più.

Anzitutto essendo uniti. L’industria lo insegna; ma oggi anche l’agri-coltura, perché si è visto che la salvezza della campagna è nelle grandicooperative, nelle grandi aziende. Essere uniti, ma anche attivi, prontia dedicare un po’ di tempo, un po’ di energie, un po’ di soldi, a orga-nizzare libere associazioni, perfezionandole sempre più.

E bisogna anche cercare di conoscere i fatti, di sapere come vannole cose politiche, sociali, sindacali, amministrative. Per arrivare a questoè bene avere centri sociali, con libri, giornali, discussioni. Anzi una cosafondamentale è riunirsi in una discussione settimanale, specialmentesui problemi della propria località.

È vero: ci sono i partiti, i sindacati, le amministrazioni comunali eprovinciali, il governo con i suoi ministeri; ma questo non basta, è ne-cessario aggiungere il controllo di tutti dal basso, per criticare, appro-vare, stimolare, per dare elementi che quelli dall’alto non conoscono efare proposte a cui essi non hanno pensato.

Noi vogliamo dare un aiuto per questo lavoro di controllo dal basso,favorendo la costituzione di Centri di orientamento sociale in ogni lo-calità, anche piccola e collegandoli con questo periodico, stimolando aformare consigli di gestione nelle aziende, consigli di classe nelle scuole,

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consigli di assicurati nelle previdenze sociali e nelle mutue, consigli diammalati nei sanatori e negli ospedali, là dove è possibile.

Ognuno deve imparare che ha in mano una parte di potere, e sta alui usarla bene, nel vantaggio di tutti; deve imparare che non c’è biso-gno di ammazzare nessuno, ma che, cooperando o non cooperando,egli ha in mano l’arma del consenso e del dissenso.

E questo potere lo ha ognuno, anche i lontani, le donne, i giovanis-simi, i deboli, purché siano coraggiosi e si muovano cercando e fa-cendo, senza farsi impressionare da chi li spaventa con il potere invecedi persuaderli con la libertà e la giustizia, e l’onestà esemplare dei diri-genti.

È un errore pensare che basta che uno molto bravo (e chi lo giu-dica?) o un gruppo di pochi vada al potere anche con la violenza, rie-sca a cambiare tutto in bene. Noi non ci crediamo. Bisogna prepararcitutti al potere per il bene di tutti, cioè per la loro libertà, per il loro be-nessere, per il loro sviluppo.

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Manifesto contro l’obbligo di leva

AA.VV.

Noi crediamo che gli eserciti formati mediante il servizio militareobbligatorio e con il loro stato maggiore di ufficiali professionisti co-stituiscano una pesante minaccia alla pace. Servizio obbligatorio signi-fica umiliazione della libera personalità umana. La vita di caserma,l’addestramento, l’ubbidienza cieca a ordini per quanto ingiusti e senzasenso, tutto il sistema di educazione a uccidere seppelliscono il rispettodella personalità, della democrazia e dell’agire umano. Obbligare esseriumani a rinunciare alla propria vita oppure obbligarli a uccidere controil loro volere, contro la loro convinzione e contro il loro senso di giu-stizia costituisce una degradazione della dignità umana. Uno Stato chesi ritenga autorizzato a obbligare i propri cittadini al servizio in guerra,anche in tempi di pace tralascerà la dovuta attenzione e il dovuto ri-spetto alla fortuna e alla pena del singolo. Inoltre, l’obbligo di leva se-mina nella popolazione maschile uno spirito militaristico di aggressività,in un’età nella quale si cede più facilmente a tali influenze. Pertanto siarriva al punto che, attraverso l’educazione finalizzata alla guerra, que-sta venga vista come inevitabile e addirittura auspicabile.

Annie Besant, Martin Buber, Albert Einstein, M.K. Gandhi,Leonhard Ragaz, Romain Rolland, Bertrand Russel,

Rabindranath Tagore, Fritz von Unruh

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Ciascuno cresce solo se sognato

di Danilo dolci

C’è chi insegnaguidando gli altri come cavallipasso per passo:forse c’è chi si sente soddisfattocosì guidato.C’è chi insegna lodandoquanto trova di buono e divertendo:c’è pure chi si sente soddisfattoessendo incoraggiato.C’è pure chi educa, senza nasconderel’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ognisviluppo, ma cercandod’essere franco all’altro come a sé,sognando gli altri come ora non sono:ciascuno cresce solo se sognato.

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Lettera alla Palestina

di Mohandas Gandhi

Ho ricevuto numerose lettere in cui mi si chiede di esprimere il mioparere sulla controversia tra arabi ed ebrei in Palestina e sulla persecu-zione degli ebrei in Germania. Non è senza esitazione che mi arrischioa dare un giudizio su problemi tanto spinosi. Le mie simpatie vannotutte agli ebrei. In Sud Africa sono stato in stretti rapporti con moltiebrei. Alcuni di questi sono divenuti miei intimi amici. Attraverso que-sti amici ho appreso molte cose sulla multisecolare persecuzione di cuigli ebrei sono stati oggetto. […] Ma la simpatia che nutro per gli ebreinon mi chiude gli occhi alla giustizia. La rivendicazione degli ebrei di unterritorio nazionale non mi pare giusta. A sostegno di tale rivendica-zione viene invocata la Bibbia e la tenacia con cui gli ebrei hanno sem-pre agognato il ritorno in Palestina. Perché, come gli altri popoli dellaterra, gli ebrei non dovrebbero fare la loro patria del Paese dove sononati e dove si guadagnano da vivere?

La Palestina appartiene agli arabi come l’Inghilterra appartiene agliinglesi e la Francia appartiene ai francesi. È ingiusto e disumano im-porre agli arabi la presenza degli ebrei. Ciò che sta avvenendo oggi inPalestina non può esser giustificato da nessun principio morale. I man-dati non hanno alcun valore, tranne quello conferito loro dall’ultimaguerra. Sarebbe chiaramente un crimine contro l’umanità costringere gli

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orgogliosi arabi a restituire in parte o interamente la Palestina agli ebreicome loro territorio nazionale. La cosa corretta è di pretendere un trat-tamento giusto per gli ebrei, dovunque siano nati o si trovino. Gli ebreinati in Francia sono francesi esattamente come sono francesi i cristianinati in Francia. Se gli ebrei sostengono di non avere altra patria che laPalestina, sono disposti ad essere cacciati dalle altre parti del mondo incui risiedono? Oppure vogliono una doppia patria in cui stabilirsi a loropiacimento? […]

Sono convinto che gli ebrei stanno agendo ingiustamente. La Pale-stina biblica non è un’entità geografica. Essa deve trovarsi nei lorocuori. Ma messo anche che essi considerino la terra di Palestina comeloro patria, è ingiusto entrare in essa facendosi scudo dei fucili.Un’azione religiosa non può essere compiuta con l’aiuto delle baionettee delle bombe (oltre tutto altrui). Gli ebrei possono stabilirsi in Pale-stina soltanto col consenso degli arabi. […] Non intendo difendere glieccessi commessi dagli arabi. Vorrei che essi avessero scelto il metododella non-violenza per resistere contro quella che giustamente consi-derano un’aggressione del loro Paese. Ma in base ai canoni universal-mente accettati del giusto e dell’ingiusto, non può essere detto nientecontro la resistenza degli arabi di fronte alle preponderanti forze av-versarie.

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BIOGRAFIE

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Henry David Thoreau

Henry David Thoreau, nato David Henry Thoreau (Concord, 12luglio 1817 – Concord, 6 maggio 1862), è stato un filosofo e scrittorestatunitense. Fu uno dei membri principali della corrente del trascen-dentalismo ed è principalmente noto per lo scritto autobiografico “Wal-den, ovvero La vita nei boschi”, una riflessione sul rapporto dell’uomocon la natura, e per il saggio “Disobbedienza civile” in cui sostiene cheè ammissibile non rispettare le leggi quando esse vanno contro la co-scienza e i diritti dell’uomo, ispirando in tal modo i primi movimenti diprotesta e resistenza non violenta. Il filosofo Stanley Cavell lo consi-dera, insieme a Ralph Waldo Emerson, una delle “menti filosofiche piùsottovalutate che l’America abbia prodotto”.

Nato in una famiglia modesta, si laureò all’Università di Harvard nel1837. Intrattenne una profonda amicizia con Ralph Waldo Emerson econ altri pensatori trascendentalisti. Vicino a tale concezione, il suo ri-formismo partiva dall’individuo, prima che dalla collettività, e difen-deva uno stile di vita in profondo contatto con la natura.

La morte del fratello John, avvenuta nel 1842, fu per lui un grandedolore. La scrittura del libro-diario “Una settimana sui fiumi Concorde Merrimack” (1839–1849) lo aiutò nel suo tentativo di superare la per-dita del fratello e di tenerne viva la memoria. Forte il credo nel princi-pio della reincarnazione, il quale percorre tutta l’opera attraversopuntuali digressioni sulle filosofie orientali e l’interessante uso simbo-

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lico del fiume come elemento di rinascita e continuità, presente sia nellefilosofie Orientali che Occidentali. Nel 1845, per sperimentare una vitasemplice e protestare contro il governo, si stabilì in una piccola ca-panna da lui stesso costruita presso il lago (o stagno) di Walden (Wal-den Pond), nei pressi di Concord (Massachusetts). Qui poté dedicarsia tempo pieno alla scrittura e all’osservazione della natura. Dopo dueanni, nel 1847, lasciò il lago di Walden per vivere col suo amico e men-tore Ralph Waldo Emerson e la sua famiglia a Concord.

Nel 1846 Thoreau rifiutò di pagare la tassa che il governo impo-neva per finanziare la guerra schiavista al Messico, da lui giudicata mo-ralmente ingiusta e contraria ai principi di libertà, dignità e uguaglianzadegli Stati Uniti. Per questo fu incarcerato per una notte e liberato ilgiorno successivo quando, tra le sue vibrate proteste, sua zia pagò latassa per lui.

Morì nel 1862 a Concord, la sua città natale.

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Mohandas Gandhi

Mohandas Karamchand Gandhi, detto il Mahatma (Porbandar, 2ottobre 1869 – Nuova Delhi, 30 gennaio 1948), è stato un politico e fi-losofo indiano.

Importante guida spirituale per il suo paese, lo si conosce soprat-tutto col nome di mahatma (in sanscrito महात्मा, “grande anima”), ap-pellativo che gli fu conferito per la prima volta dal poeta RabindranathTagore. Un altro suo soprannome è Bapu, che in hindi significa“padre”. Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, laresistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa cheha portato l’India all’indipendenza. Il satyagraha è fondato sulla satya(verità) e sull’ahimsa (nonviolenza). Con le sue azioni Gandhi ha ispi-rato molti movimenti di difesa dei diritti civili e grandi personalità qualiMartin Luther King, Nelson Mandela e Aung San Suu Kyi.

In India Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazione e ilgiorno della sua nascita (2 ottobre) è un giorno festivo. Questa data èstata anche dichiarata Giornata internazionale della nonviolenza dal-l’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Viene assassinato con tre colpi di pistola il 30 gennaio del 1948 daun indù radicale.

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Don Lorenzo Milani

Don Lorenzo Milani Comparetti (Firenze, 27 maggio 1923 – Fi-renze, 26 giugno 1967) è stato un insegnante ed educatore italiano.

Figura controversa della Chiesa cattolica negli anni cinquanta e ses-santa, discepolo di don Giulio Facibeni, fu in seguito rivalutato per ilsuo impegno civile nell’educazione dei poveri e per il valore pedagogicodella sua esperienza di maestro.

È fondatore a San Donato di Calenzano della scuola popolare se-rale per i giovani operai e contadini della sua parrocchia, nel 1954 vienenominato priore di Barbiana e nella piccola comunità montana ripro-pone l’esperienza di San Donato con i giovani del territorio.

In breve tempo organizza a Barbiana corsi serali per bambini eadulti, doposcuola e scuole di avviamento industriale.

Nel maggio del 1958 dette alle stampe “Esperienze pastorali” ini-ziato otto anni prima a San Donato. Nel dicembre dello stesso anno illibro fu ritirato dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio, per-chè ritenuta “inopportuna” la lettura.

A causa della lettera scritta nel 1965 ai cappellani toscani, che rite-nevano l’obiezione di coscienza “estranea al comandamento cristiano”fu processato. Nel luglio 1966 insieme ai ragazzi della scuola di Bar-biana iniziò la stesura del famoso volume “Lettera a una professo-ressa”.

Don Lorenzo morì a Firenze il 26 giugno 1967 a 44 anni.

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Martin Luther King

Martin Luther King, nato Michael King (Atlanta, 15 gennaio 1929 –Memphis, 4 aprile 1968), è stato un politico, attivista e pastore prote-stante statunitense, leader dei diritti civili.

Il suo nome viene accostato per la sua attività di pacifista a quellodi Gandhi, il leader del pacifismo della cui opera King è stato un ap-passionato studioso, ed a Richard Gregg, primo americano a teorizzareorganicamente la lotta nonviolenta.

L’impegno civile di Martin Luther King è condensato nella Letterfrom Birmingham Jail (Lettera dalla prigione di Birmingham), scritta nel1963, e in Strength to love (La forza di amare) che costituiscono un’ap-passionata enunciazione della sua indomabile crociata per la giustizia.

Unanimemente riconosciuto apostolo instancabile della resistenzanon violenta, eroe e paladino dei reietti e degli emarginati, “redentoredalla faccia nera”, Martin Luther King si è sempre esposto in primalinea affinché fosse abbattuta nella realtà americana degli anni cinquantae sessanta ogni sorta di pregiudizio etnico. Ha predicato l’ottimismocreativo dell’amore e della resistenza non violenta, come la più sicuraalternativa sia alla rassegnazione passiva che alla reazione violenta pre-ferita da altri gruppi di colore, come ad esempio, i seguaci di MalcolmX. È stato ucciso il 4 aprile 1968 da un proiettile di un fucile di altaprecisione. Al corteo in sua memoria parteciparono 42.000 persone.

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Aldo Capitini

Aldo Capitini (Perugia, 23 dicembre 1899 – Perugia, 19 ottobre1968) è stato un filosofo, politico, antifascista, poeta ed educatore ita-liano. Fu uno tra i primi in Italia a cogliere e a teorizzare il pensierononviolento gandhiano, al punto da essere appellato come il Gandhiitaliano.

È stato un fervido antifascista, combatte in prima linea soprattuttodal punto di vista intellettuale. Nel 1944 fonda a Perugia il COS, ovveroCentro di Orientamento Sociale, esperimento di democrazia diretta edi decentralizzazione del potere. Qualche anno dopo affiancherà aiCOS i COR, i Centri di Orientamento Religioso. È stato tra gli uominipiù vicini a Danilo Dolci, Pietro Pinna e tanti altri. Nonostante il Va-ticano vieti la frequentazione dei COR, inserendo il libro di Capitini“Religione Aperta” nell’Indice dei Libri Proibiti, nonostante l’ostraci-smo delle gerarchie ecclesiali, Capitini non smetterà mai di frequentatepersonalità di spicco del cattolicesimo italiano, da Don Lorenzo Mi-lani a Don Primo Mazzolari. Tra i primi promotori del vegetariane-simo, fu tra gli inventori della prima bandiera della pace, esposta comesimbolo della pace e della nonviolenza nel 1961 durante la prima mar-cia della pace Perugia - Assisi.

Muore a Perugia nel 1968, circondato da allievi e amici.

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Danilo Dolci

Danilo Dolci (Sesana, 28 giugno 1924 – Trappeto, 30 dicembre1997) è stato un sociologo, poeta, educatore e attivista della nonvio-lenza italiano.

Durante gli anni del fascismo sviluppa presto una decisa avversionealla dittatura. Terminata la guerra, studia Architettura, ma poco primadi discutere la tesi, decide di lasciare tutto per aderire all’esperienza diNomadelfia - comunità animata da don Zeno Saltini - a Fossoli (fra-zione di Carpi).

Dal 1952 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico)in cui promuove lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, peri diritti ed il lavoro: siffatto impegno sociale gli varrà il soprannome, ri-volto in quegli anni anche ad Aldo Capitini, di “Gandhi italiano”.

Nella sua attività di animazione sociale e di lotta politica, DaniloDolci ha sempre impiegato con coerenza e coraggio gli strumenti dellanonviolenza, dal digiuno sul letto di morte del bambino Benedetto Bar-retta, allo sciopero della fame collettivo, fino al famoso sciopero allarovescia. Restano impressi nella memoria di molti il suo metodo ma-ieutico e il suo concetto di lavoro educativo.

Nel 1957 riceve in Unione Sovietica il Premio Lenin per la Pace,anche se dichiara di non essere un comunista.

Muore nel 1997 in Sicilia.

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INDICE

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Appendice

Lettera ad Adolf Hitler 39Lettera ai cappellani militari toscani 43I have a dream 51Il potere è di tutti 56Manifesto contro l’obbligo di leva 59Ciascuno cresce solo se sognato 60Lettera alla Palestina 61

Biografie

Henry David Thoreau 67Mohandas Gandhi 69Don Lorenzo Milani 70Martin Luther King 71Aldo Capitini 72Danilo Dolci 73

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SCHEDA DI AUTOCERTIFICAZIONE

CARATTERISTICHETitolo: Disobbedienza civileAutore: Henry David ThoreauFormato: 15 x 21Pagine: 80Anno: 2012Prezzo: 10,00 €

DIRITTO D’AUTORELicenza: Creative Commons, opera di pubblico dominio per de-cesso dell’autore da oltre 70 anni

PRODUZIONETipografia: Borè srl, Tricase (Lecce)Carta: Riciclata certificata 90 grammiLavoratori: 5Tempi di realizzazione: 7 mesiCosti di realizzazione: 4,00 € a copiaSoftware utilizzati: Photoshop, QuarkXPress, Word

REPERIBILITÀBibilioteca: Biblioteca Popolare per Ragazzi di ScampiaRete: www.marottaecafiero.it

POST-PRODUZIONEUtile: Gestito in modo responsabile con finanza eticaProgetto: Volume prodotto con il sistema di produzione dal basso,dal Presidio di Libera Udine “Giuditta Milella e Biagio Siciliano”

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Finito di stamparenel mese di giugno 2012

da Borè srl