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TESI DI BACHELOR DI JUNE HOSENEDER BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION ANNO ACCADEMICO 2017/2018 DISEGNO E REALTÀ IN UN LAPBOOK RELATORE MARIO BOTTINELLI MONTANDON

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TESI DI BACHELOR DI

JUNE HOSENEDER

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

DISEGNO E REALTÀ IN UN LAPBOOK

RELATORE

MARIO BOTTINELLI MONTANDON

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Ringrazio Mario Bottinelli Montandon, relatore della tesi e mio professore, che con la sua

esperienza nel campo dell’insegnamento e dedizione per l’arte, mi ha accompagnato e consigliato

lungo questo cammino di formazione artistica.

Ringrazio i miei allievi che con entusiasmo hanno preso parte al progetto dimostrandomi, ancora

una volta, l’importanza di seguire le proprie passioni.

Ringrazio Loredana, maestra di scuola elementare e di attività creative, per gli interessanti spunti

di riflessione offertimi in materia di lapbook.

E ancora… un ringraziamento particolare va a tutte quelle persone che, fuori dall’ambiente

scolastico, mi sono state accanto seguendo con interesse il percorso.

Aprile 2018

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Abstract

June Hoseneder

Bachelor of Arts in Primary Education

Titolo lavoro

Relatore: Mario Bottinelli Montandon

Il progetto di ricerca presentato è di tipo interdisciplinare: l’educazione grafico-pittorica affianca la

dimensione scientifica e quella della lingua italiana.

L’intento di questo percorso è di mostrare le potenzialità dell’educazione artistica in contesti di classe

quotidiani e come, facendo capo all’arte, gli allievi possano trarre una serie di benefici a livello di

comprensione autentica del sapere in gioco.

L’itinerario didattico ha avuto origine a partire dall’argomento scientifico dei cinque sensi e dal suo

approfondimento graduale, nel corso dell’anno scolastico.

All’inizio dell’anno si è trattato di trovare insieme agli allievi un sistema per poter tenere traccia delle

scoperte e conoscenze apprese nel corso del programma. Vista la recente novità nell’ambito della

didattica dell’utilizzo dei lapbook (si veda a questo proposito il capitolo Descrizione interventi

pedagogico-didattici e disciplinari), siamo ricorsi proprio a questo strumento di rappresentazione

concettuale per fornire a tutti gli alunni, facendo riferimento alla teoria di Gardner delle intelligenze

multiple, una metodologia di apprendimento per loro finora sconosciuta.

Parole chiave:

educazione grafico-pittorica, lapbook, intelligenze multiple, comprensione autentica.

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Sommario

Abstract ................................................................................................................................................. iv

Introduzione ........................................................................................................................................... 1

Premessa............................................................................................................................................. 1

Motivazione ....................................................................................................................................... 1

Definizione dell’ambito di approfondimento e obiettivi del progetto ................................................... 3

Descrizione contesto classe con riferimento al progetto messo in atto .............................................. 3

Obiettivi e finalità del progetto in sintesi ........................................................................................... 5

Interrogativo di ricerca e quadro teorico ............................................................................................ 6

Progetto interdisciplinare ............................................................................................................... 7

Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese .......................................................................... 7

Competenze trasversali e ambiti di formazione generale .......................................................... 7

Area arti...................................................................................................................................... 9

Area scienze naturali e dimensione ambiente ............................................................................ 9

Gardner......................................................................................................................................... 10

Edgar Dale, pyramid of learning .................................................................................................. 10

John Dewey, learning by doin...................................................................................................... 11

James Gibson, affordance ............................................................................................................ 11

Célestin Freinet, cooperative learning ......................................................................................... 12

Maria Montessori ......................................................................................................................... 12

Bruner e le tre rappresentazioni ................................................................................................... 12

Intelligenze ................................................................................................................................... 13

Descrizione interventi pedagogico-didattici e disciplinari ................................................................... 14

Presentazione generale ..................................................................................................................... 14

Intervento 1, la presentazione del lavoro ..................................................................................... 14

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Il lapbook ................................................................................................................................. 15

Intervento 2, il calendario con le tempistiche e gli argomenti ..................................................... 16

Intervento 3, scelta e analisi dei materiali .................................................................................... 16

Intervento 4, prima raccolta concezioni generale ........................................................................ 16

Intervento 5, la vista ..................................................................................................................... 17

Intervento 6, la suddivisione dei compiti e l’inizio della produzione .......................................... 18

Intervento 7, l’osservazione dal vero ........................................................................................... 18

Intervento 8, le sfumature ............................................................................................................ 19

Intervento 9, le matite colorate e la texture del supporto cartaceo .............................................. 19

Intervento 10, la ripresa della teoria dei colori ............................................................................ 20

Intervento 11, la tecnica della finestrella ..................................................................................... 20

Intervento 12, le tavole scientifiche ............................................................................................. 20

Intervento 13, il primo capitolo del lapbook ................................................................................ 21

Intervento 14, l’udito e la nuova raccolta concezioni .................................................................. 21

Intervento 15, la tecnica della finestrella in bianco e nero ........................................................... 21

Intervento 16, la tecnica della finestrella a colori ........................................................................ 22

Interventi precedenti la conclusione del lapbook ......................................................................... 22

Metodologia e strumenti per l’analisi degli interventi ......................................................................... 23

Modalità di ricerca ........................................................................................................................... 23

Metodologia di lavoro e strumenti di raccolta dati .......................................................................... 23

Le raccolte concezioni ................................................................................................................. 23

Le raccolte concezioni prima di inoltrarsi lungo una nuova tematica. .................................... 24

Le raccolte concezioni al termine del percorso sui cinque sensi. ............................................ 26

I questionari personali .................................................................................................................. 26

Valutazione e analisi dei dati ............................................................................................................... 27

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Riflessione generale ..................................................................................................................... 27

Risposta all’interrogativo di ricerca e confronto con il quadro teorico ............................................... 30

Limiti, potenzialità, possibili sviluppi e ricadute professionali ....................................................... 31

Conclusioni personali ........................................................................................................................... 33

Bibliografia, emerografia e sitografia .................................................................................................. 35

Allegati significativi ............................................................................................................................. 38

Allegato 1.0: la raccolta concezioni iniziale, prima di affrontare ciascuno dei sensi .................. 38

Allegato 1.1: la suddivisone dei compiti ...................................................................................... 47

Allegato 1.2: l’osservazione dal vivo ........................................................................................... 48

Allegato 1.3: la sfumatura ............................................................................................................ 49

Allegato 1.4: la texture ................................................................................................................. 53

Allegato 1.5 e 1.6: la tecnica della finestrella in bianco e nero e a colori ................................... 55

Allegato 1.7: le raccolte concezioni conclusive ........................................................................... 72

Allegato 1.8: i questionari personali ............................................................................................ 88

Allegato 1.9: il nostro lapbook ..................................................................................................... 97

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1

Introduzione

Premessa

La creatività consiste nel mantenere nel corso della vita qualcosa che appartiene all’esperienza

infantile: la capacità di creare e ricreare il mondo.

Donald Winnicott

La citazione in epigrafe è una premessa significativa al mio lavoro di tesi; effettivamente sarà capitato a

tutti di sentirsi più o meno portati per qualche disciplina, di sentirsi dei bravi disegnatori, di mediocre

successo o addirittura di scarso livello. I primi abbozzi di schizzi avvengono già in età prescolare e poi,

con il tempo (se vengono forniti i giusti strumenti, modelli e una vasta gamma di tecniche, ma su questi

temi ci soffermeremo più specificatamente nei prossimi capitoli) le basi del disegno vengono via via

fatte proprie dal bambino e sarà lui stesso a stupirci con le sue opere.

Se allora, come diceva Winnicott, la creatività effettivamente nasce nel corso dell’esperienza infantile,

è il caso, come docente, di permettere al bambino di trovare la sua strada nella dimensione creativa e

insegnargli come, sfruttandola, si possa davvero “creare e ricreare il mondo” (Doria, 2016, p. 17).

Sono stati il mio vissuto da allieva nei diversi ordini scolastici e le mie prime esperienze nel mondo

dell’insegnamento, a farmi riflettere sulle potenzialità del disegno nelle attività di classe quotidiane. La

lavagna come supporto di schizzi e parole, i fogli da riempire di schemi riepilogativi e bozze che

illustrino l’argomento trattato; il disegno viene così visto come una risorsa da inserire in un contesto più

ampio, in cui funge da aiuto ad altre materie e che consente all’allievo di acquisire più facilmente una

comprensione autentica del sapere in gioco. Il disegno vuole rappresentare la realtà che ci circonda, è

espressione delle nostre idee e delle nostre conoscenze.

Motivazione

Fin da quando ero allieva alle scuole elementari, sono stata attratta dalla capacità degli artisti di

rappresentare la realtà circostante usando le tecniche più variegate, possedevo una sorta di diario sul

quale cercavo di imitare il più fedelmente possibile ciò che mi stava attorno e, ad esempio, le illustrazioni

di alcune enciclopedie naturalistiche. Con il passare del tempo il diario venne da me accantonato ma lo

ripresi all’inizio di quest’anno, quando un allievo mi domandò come si disegnasse uno “squalo dal vero”.

Ricorsi alle conoscenze che avevo messo in atto allora, ai tempi degli schizzi sul diario, per riuscire a

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fissare su carta un abbozzo di squalo che mi ricordasse quello disegnato anni addietro. Mi resi allora

conto che la mia capacità di disegnare la sagoma del pesce non era variata di molto: si erano aggiunti

alcuni dettagli rispetto al disegno d’origine, avevo applicato la tecnica della sfumatura per dare un senso

di volume alla figura, ecc., ma l’idea di cosa e come schizzare su carta la richiesta del mio allievo mi

veniva suggerita ancora dalla riflessione che ci avevo dedicato tempo addietro; questo perché da allora

non avevo più avuto modo di sperimentare la raffigurazione di un tale animale. Grazie a una

memoria/intelligenza artistica (sulla questione intelligenze mi soffermerò più avanti) mi è stato permesso

di interiorizzare un metodo raffigurativo specifico, di rispondere all’interrogativo del bambino e fornire

a mia volta un “modello” per i futuri disegni dell’allievo.

Autori quali Gardner, Buzan e Ornstein, sostengono infatti che esistano diverse tipologie di intelligenze

(tutte presenti in ciascuna persona ma in gradi differenti), raggruppabili in tre grandi classi: intelligenze

creative, intelligenze emotive e intelligenze tradizionali. Una tipologia di intelligenza non esclude l’altra,

ma vengono utilizzate simultaneamente, sviluppate e potenziate tramite l’esercizio (ad esempio, ognuno

di noi sarà facilitato ad apprendere se il contenuto dell’apprendimento va incontro alla tipologia di

intelligenza per la quale siamo più predisposti; anche i contenuti didattici possono essere progettati al

fine di stimolare i diversi tipi di intelligenze, così da permettere a ciascun allievo di interiorizzare al

meglio la conoscenza).

In questa sede mi concentrerò su quella categoria di intelligenze considerate creative, questo perché,

dall’episodio del disegno dello squalo, ho cominciato a riflettere sul potenziale di questa tipologia di

intelligenza e di come poterla mettere a disposizione anche di altre materie, meno artistiche e più

nozionistiche come nel caso del progetto scientifico che qui illustrerò. A questo proposito alcune ricerche

di settore, come Burnaford (2007) e Hardiman (2017), sostengono l’ipotesi secondo la quale integrare

la dimensione artistica all’interno di un curricolo scolastico, possa fungere da agente facilitatore per dei

transfer ad altri ambiti d’insegnamento-apprendimento.

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3

Definizione dell’ambito di approfondimento e obiettivi del

progetto

Descrizione contesto classe con riferimento al progetto messo in atto

Il progetto ha preso avvio in una classe di terza elementare della sede di Giubiasco Stazione.

La classe è formata da diciotto alunni, di cui undici bambine e otto bambini.

Si tratta di una classe molto eterogenea a livello di competenze ma che accetta volentieri di partecipare

a progetti e piccole sfide a lunga durata (come nel caso del progetto che qui presenterò) e che le richiede

di lavorare e confrontarsi con le idee e il sentire dei compagni.

Qui di seguito elencherò alcune delle caratteristiche specifiche dei bambini / gruppi di bambini per le

quali ho deciso di propendere per una o l’altra scelta didattica all’interno di questo percorso.

In classe ad esempio sono presenti due allieve ripetenti; nonostante alcuni primi momenti di sconforto

per delle difficoltà incontrate lungo il loro percorso (sia a livello affettivo-emotivo che disciplinare),

hanno iniziato con positività l’anno corrente mostrando ai compagni il desiderio di poter aiutare, grazie

alle loro esperienze passate, chi si trova in difficoltà. Per quanto riguarda questo primo aspetto, è molto

importante prevedere delle attività a gruppi, dei momenti laboratoriali, ecc. che vadano a valorizzare le

due allieve che a volte ancora faticano a integrarsi nel gruppo-classe.

Per quanto riguarda alcune altre caratteristiche del gruppo-classe: sono presenti due allievi monitorati

sotto il profilo della dislessia (uno dei due viene già seguito dalla docente di sostegno e da noi in classe,

con degli interventi mirati per quanto concerne la lettura e la conseguente acquisizione di automatismi e

per ciò che concerne la scrittura). Uno dei due bambini descritti rappresenta la figura del leader nella

classe: è un allievo molto energico ma che davanti a compiti di lettura o scrittura abbandona facilmente

l’esercizio. Per lui e gli altri bambini che vengono seguiti dalla docente di sostegno (quattro in totale, sia

per italiano che per matematica), il disegno e le attività manuali rappresentano un’ottima variante per

poter mettere in gioco i medesimi saperi ma sfruttando un canale differente: quello visivo. Un bambino

viene invece seguito dalla docente per alloglotti e una bambina, dal mese di novembre, dalla docente di

sostegno per quello che riguarda l’attenzione in classe e la comprensione. Per lei, come per i compagni

sopra citati, le attività grafico-pittoriche possono essere d’aiuto a fissare alcuni concetti.

Per quanto riguarda nello specifico l’ambito delle attività grafico-pittoriche, gli allievi hanno avuto

modo, negli anni passati, di sperimentare diverse tecniche di lavoro, dalle tempere, acquerelli e pastelli,

al ritaglio di diversi materiali per fare collage, fino alla rifinitura di alcuni manufatti con ago e filo.

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Nell’elaborazione del mio prodotto conclusivo di scienze (un lapbook contenente le informazioni trattate

su tutti i cinque sensi), sapevo quindi di poterli lasciare lavorare con una sufficiente autonomia in piccoli

laboratori differenziati per materiali e obiettivi finali: il lapbook infatti è stato creato dalla classe intera

e ciascun bambino aveva un compito specifico (dal ritaglio, alla colorazione, alla preparazione di bozze,

alla cucitura, fino all’impaginazione). Quello che avevo deciso di fare, visto che si tratta di una classe

molto forte per quanto concerne le attività manuali e la fantasia nell’elaborazione dei prodotti finali, è

stato di introdurre la dimensione del disegno realistico, a partire da tavole scientifiche e da illustrazioni

presenti in libri ed enciclopedie.

La volontà di proporre un progetto che tocca più discipline è nata dal desiderio di creare un percorso in

cui i bambini possono scoprire le potenzialità dei compagni e di sé stessi e, contemporaneamente,

utilizzare uno stesso stimolo per sviluppare più conoscenze e indagare diversi saperi. Si è riflettuto con

gli allievi sul fatto che le diverse materie possano completarsi a vicenda e che un approccio

interdisciplinare e intradisciplinare permette di osservare uno stesso fenomeno da più punti di vista e

ricorrere così a canali diversi per favorire la comprensione da parte di tutti.

Il percorso è stato progettato seguendo una didattica per progetti, nel corso della quale gli allievi (con i

loro interessi e i loro bisogni) sono al centro del processo di apprendimento e in cui possono lavorare in

autonomia operando diverse scelte. Durante lo svolgimento dell’itinerario intervenivo lanciando nuovi

stimoli, riformulando i loro pensieri e strategie per dare un filo logico all’intero progetto e procedendo

con delle attività di istituzionalizzazione per fissare i concetti trattati. Per evitare che l’entusiasmo degli

allievi ci portasse a uscire troppo da quello che era il percorso pensato, abbiamo deciso di tenere un

diario di bordo su cui annotarci le scoperte, le fasi di lavoro svolte e le tappe che stabilivamo di volta in

volta dover affrontare la lezione successiva. Il diario di bordo ci permetteva inoltre di procedere con un

lavoro di fissazione dei concetti appresi in maniera piuttosto costante e di valutare insieme, strada

facendo, il percorso. È stata quindi messa in atto una valutazione per l’apprendimento (Piano di studio

della scuola dell’obbligo ticinese, 2015, p. 23-24), orientata allo sviluppo dell’autoriflessione e

dell’autovalutazione nell’allievo, così come al rafforzamento della responsabilità verso il proprio

apprendimento. Questo tipo di ragionamento implica la costruzione di relazioni tra processi e prodotti,

raccolti in una prospettiva più globale, che vadano a rispondere alle differenti “situazioni complesse”

con le quali l’allievo si trova confrontato.

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5

Obiettivi e finalità del progetto in sintesi

La creatività è mettere in connessione le cose…

Steve Jobs

Quanto in precedenza scritto, unito dalla mia volontà di valorizzare le potenzialità artistiche della classe,

mi ha portato a sviluppare il percorso illustrato in questa tesi. Il progetto si propone l’obiettivo di

applicare una metodologia di lavoro (in cui scienze e attività grafico-pittorica si completano a vicenda)

che favorisca la comprensione autentica del sapere messo in gioco, e che illustri ai bambini che non

trovano nel così detto “metodo di lavoro tradizionale”1 il giusto stimolo in considerazione delle loro

caratteristiche cognitive, un’alternativa altrettanto valida per l’apprendimento. Effettivamente, se si

facesse capo alla teoria delle intelligenze multiple, bisognerebbe predisporre percorsi formativi che

tengano conto di tutte le peculiarità cognitive degli allievi e non uniformare il sapere a un unico rigido

schema d’insegnamento.

Lo psicologo Edward De Bono ha coniato l’espressione “pensiero laterale”, che sta ad indicare la

capacità di un individuo di risolvere i problemi in maniera creativa e da diverse prospettive. De Bono

sostiene che questa capacità è presente naturalmente nei bambini e deve venir alimentata e potenziata

affinché possa rimanere attiva anche in futuro e non si incorra nel rischio di limitarne l’efficacia. Spetta

a noi docenti il compito di sostenere questo approccio creativo di problem-solving proponendo agli

alunni delle “situazioni problema” (Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, p. 140) efficaci,

significative e stimolanti che lo inducano a mobilitarsi e a creare interconnessioni tra le conoscenze

apprese. In questo senso gli autori e pedagogisti Wiggins e McTighe (2004) costituiscono un punto di

riferimento per quanto riguarda la progettazione basata sulle competenze. Il traguardo di un

"apprendimento significativo”, secondo i due autori, deve partire dai contesti d’apprendimento e non

dall’oggetto da insegnare; vanno nella stessa direzione anche le teorie costruttiviste, che asseriscono che

si apprenda attraverso un continuo processo di costruzione, interpretazione, assimilazione e

accomodamento delle rappresentazioni cognitive. Wiggins e McTighe suggeriscono all’insegnante

1 Con metodo di lavoro tradizionale mi riferisco a lezioni il cui contenuto viene trattato in maniera prettamente nozionistica

e in cui, se non si tratta di attività grafico-pittorica stessa, l’intervento delle arti è del tutto assente o limitato.

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6

l’operazionalizzazione dei propri scopi (concetto di backward design, cioè una “progettazione a ritroso”

in cui il contesto d’azione è prioritario rispetto ai contenuti), l’apprendimento è innovazione e creazione

e la conoscenza si alimenta e genera continuamente attraverso il suo utilizzo in un contesto e si verifica

quando si attuano e sviluppano efficaci metodi di risoluzione dei problemi. L’apprendimento allora

genera comprensione, una conoscenza profonda, posseduta a un livello tale da poter essere rielaborata e

riutilizzata in contesti differenti. È proprio questo che fa l’educazione visiva: crea immagini e oggetti

facilmente manipolabili, così il bambino-disegnatore mette in gioco le sue conoscenze reinvestendole in

un’esperienza di sperimentazione significativa. Risulta quindi importante disporre di metodologie e

strumenti che fungano da facilitatori per questi processi di pensiero, così da poter generare, in maniera

creativa, ipotesi che possano essere messe in connessione con le conoscenze già possedute, fino a

giungere all’obiettivo prefissato. Si propongono questo obiettivo, ad esempio, le mappe creative e le

mappe mentali intese come strumenti di sintesi visiva.

Interrogativo di ricerca e quadro teorico

L’ambito disciplinare scelto è scaturito dall’analisi del contesto di riferimento e, a partire dalla domanda

di ricerca che segue, ho progettato l’itinerario scientifico-artistico che verrà approfondito nel prossimo

capitolo.

L’intervento delle attività grafico-pittoriche, in un percorso di apprendimento di una classe terza

elementare, può portare dei vantaggi per quello che concerne la comprensione autentica da parte

dell’allievo?

A questo proposito ho scelto di dividere il mio progetto in due nuclei centrali, l’educazione grafico-

pittorica vista come “strategia per soddisfare l’esigenza dell’allievo di realizzare disegni di tipo

realistico” (Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, pp. 234-235) e l’educazione visiva come

“riconoscimento di alcune funzioni dell’immagine per attribuire senso alle diverse produzioni” (ibidem).

In quest’ottica il mio progetto vuole, da un lato, fornire agli allievi alcuni importanti spunti di riflessione

e tecniche per il disegno figurativo e, dall’altro, fare convergere questi aspetti nella realizzazione di

un’opera comune di tipo scientifico. Il progetto deve servire a testimonianza del lavoro svolto nel corso

dell’anno, artistico e scientifico, e portare gli alunni a un riconoscimento delle potenzialità del disegno

per la comprensione autentica dei saperi in gioco.

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Progetto interdisciplinare

L’approccio didattico è quello finalizzato alla costruzione attiva delle competenze del soggetto (ivi, p.

19) in una dimensione in cui le discipline interagiscono tra di loro, così da favorire una programmazione

più aperta senza che vi siano delle separazioni nette fra le varie materie. Tra le finalità di un approccio

interdisciplinare vi è anche lo sviluppo delle competenze trasversali come la collaborazione,

l’autonomia, il pensiero creativo, ecc. L’itinerario prevede infatti la realizzazione di un progetto

condiviso in cui ciascun allievo è accolto ed esprime le sue potenzialità, fungendo da risorsa per quei

bambini che in quell’ambito faticano a destreggiarsi. In generale questo sistema di progettare viene

spesso trascurato nella professione di docente ma gioca un ruolo di enorme potenzialità sul piano

motivazionale e in merito all’aggancio a contesti di realtà. Si sollecita la “costruzione di compiti

autentici, orientati a richiedere agli studenti l’impiego delle proprie conoscenze, abilità, disposizioni

cognitive ed emotive per elaborare risposte a compiti significativi e agganciati a contesti reali” (Castoldi,

2010, p. 100). Tali caratteri mettono in luce la potenzialità più interessante di questo approccio didattico

(basato per l’appunto su contesti reali) “nato come reazione ai limiti di astrattezza e di demotivazione

tipici della didattica tradizionale” (ivi, p. 178). Per questo l’intento è quello di suscitare negli alunni la

curiosità e la volontà di prendere parte al progetto in maniera costruttiva –come sostiene Philippe

Meirieu –, mobilitandoli e motivandoli: progettare e realizzare un’opera, con l’aspettativa che sarà

consultata ed esposta a una piccola mostra scientifica, su misura di bambino, è un tentativo che sposa

proprio questo principio.

Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese

Nel mio progetto artistico-scientifico è utile citare alcuni punti presenti nel Piano di studio e che possono

fungere da chiarificatori per quanto concerne l’itinerario messo in atto.

Competenze trasversali e ambiti di formazione generale

La scuola oggigiorno richiede all’allievo di saper “reinvestire in modo attivo” (Piano di studio, p. 29)

quanto viene sollecitato in classe e in contesti diversi da quelli dell’aula; le competenze trasversali

rivestono quindi un ruolo fondamentale per lo sviluppo globale dell’allievo e vanno sviluppate e

sostenute nel progetto qui presentato.

All’interno del percorso emergono tutta una serie di competenze trasversali che ritengo opportuno

considerare e che qui illustro:

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− lo sviluppo personale mette l’allievo nella situazione di assumersi delle responsabilità all’interno

del percorso e di dirigere le proprie azioni in autonomia; questa competenza tocca tutti quei

momenti in cui il bambino deve prendere delle decisioni in merito alla progettazione e

realizzazione dei manufatti / disegni che permettono la realizzazione dell’opera finale;

− la collaborazione sollecita l’allievo a comunicare ai compagni le proprie riflessioni, a orientare

le proprie strategie in un’ottica comune e, qualora necessario, a saper apportare le dovute

regolazioni ai propri interventi. La progettazione e realizzazione del lapbook ha richiesto una

grande capacità di comunicazione e collaborazione tra gli allievi, li ha messi nella posizione di

dover sviluppare dei comportamenti solidali e di aiuto reciproco affinché il lavoro potesse essere

portato a termine nella maniera prestabilita;

− la comunicazione, che si esprime sotto forma di diversi linguaggi, sensibilizza l’allievo a

un’attenta analisi degli obiettivi e del destinatario a cui si riferisce, sfruttando le proprie risorse

e quelle fornite dal contesto. Vale la pena menzionare il linguaggio artistico che, nel corso di

questo progetto, ha un ruolo fondamentale nell’attivazione e mobilitazione delle conoscenze del

bambino;

− il pensiero creativo viene esercitato e sviluppato nel momento in cui l’allievo si trova ad

affrontare situazioni problematiche che ne mettono in gioco “la fantasia, l’inventiva e la

flessibilità” (ivi, p. 38). È il caso del nostro progetto in cui, dopo l’identificazione del problema

e la formulazione di alcune strategie risolutive, l’allievo è chiamato ad attivare risorse diverse da

quelle scritte e orali per fornire una risposta al quesito iniziale. L’idea di affiancare alle scienze

la progettazione e realizzazione di un lapbook si prefigge proprio questo scopo. Se vi è un dialogo

tra parole e immagini, tra creazione e condivisione, permettiamo all’allievo di sviluppare il

proprio pensiero creativo con maggior consapevolezza. “Il bambino è portato a sviluppare

progettualità e ingegnosità, specie se stimolato da un ambiente ricco di opportunità di apprendere

e confrontarsi” (ivi, p. 218); queste competenze vanno coltivate affinché favoriscano la

“flessibilità mentale” (ibidem) che sta alla base dell’esplorazione autonoma e responsabile della

realtà e dell’attivazione dei propri talenti;

− il pensiero riflessivo e critico permette all’allievo di riuscire a “mettere in collegamento i diversi

dati informativi a disposizione attraverso connessioni, confronti” (ivi, p. 37) ecc.;

− le strategie di apprendimento sono utili in questo percorso poiché, lo ricorda il Piano di studio

(p. 41), lasciano lo spazio all’allievo di progettare parte del proprio percorso d’apprendimento:

riconoscendo e interpretando un compito, recuperando le proprie conoscenze / esperienze

pregresse e orientando le proprie azioni anche in funzione del tempo e delle risorse contestuali.

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Disegno e realtà in un lapbook June Hoseneder

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Area arti

Per quanto riguarda quest’area disciplinare, due sono i processi fondamentali a cui si fa riferimento nel

progetto per descrivere i comportamenti dell’allievo di fronte al compito artistico:

Il processo poietico e il processo estetico

Autore → PRODOTTO Fruitore

Il bambino-fruitore è colui che scopre, osserva, indaga e sviluppa le proprie percezioni sensoriali nei

confronti della realtà che lo circonda: ne fanno parte la percezione e la cultura che ne orientano l’azione.

Nel processo poietico, invece, l’allievo è colui che manipola, modifica e ricrea la realtà secondo i propri

ideali.

È grazie al processo poietico (da poièsi: potere creativo dello spirito umano e momento in cui tale potere

si attua) ed estetico che l’allievo è capace di far convergere l’atto creativo nel prodotto finale.

“La realizzazione manuale di un progetto porta (…) a riflettere, a strutturare un’idea e a organizzarla in

forma consequenziale e analitica” (ivi, p. 227). Le idee e percezioni della realtà del bambino vanno

accolte e sostenute, ma è proprio dal secondo ciclo della scuola dell’obbligo che all’allievo si dovrebbero

impartire le basi del disegno, presentando modelli e tecniche e rendendolo man mano più autonomo nella

realizzazione di proprie opere. “L’aspetto didattico fondamentale consiste nell’assecondare e favorire la

progressiva esigenza del bambino di passare da una rappresentazione schematica e simbolica a una più

naturalistica che implica l’acquisizione di schemi più complessi e che richiede una maggiore abilità di

raffigurazione” (ivi, p. 239). Se si presta particolare attenzione a questa propensione grafica del bambino,

si riuscirà ad accompagnarlo attraverso la fase del cosiddetto realismo visivo al quale già lui stesso tende

a far riferimento, così come concorda la letteratura psicologica dell’età evolutiva e quella del disegno

infantile.

Area scienze naturali e dimensione ambiente

Il processo chiave di questa dimensione che ben si lega con l’itinerario creativo è “progettare”, qui il

Piano di studio enuncia l’importanza di una didattica per progetti che metta in luce il potenziale creativo

degli alunni in un contesto di senso in cui si “apprendere ad apprendere”. In particolare per le scienze il

docente dovrebbe fornire all’allievo adeguati strumenti per organizzare e riassumere le informazioni:

l’insegnamento di questa disciplina dovrebbe essere allora caratterizzato da un coinvolgimento attivo

dell’allievo. “Comprendere significa acquisire la competenza di stabilire dei legami e delle relazioni tra

le varie componenti della conoscenza, evitando di limitarsi al semplice accumulo delle informazioni”

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(ivi, p. 210). Pensato in quest’ottica, il progetto lapbook ben si situa all’interno della dimensione

scientifica, che accorda alla disciplina artistica ampio spazio per quanto riguarda la formazione attiva

dell’alunno in un progetto socioaffettivo di scoperta e interpretazione della realtà.

Qui di seguito elencherò alcuni autori di rilievo, le cui teorie possono essere prese come riferimento

specifico a sostegno della mia domanda di ricerca.

Gardner

Parlando del sistema scolastico statunitense, Gardner afferma: “...nemmeno i migliori studenti delle

nostre scuole migliori conseguono una comprensione soddisfacente dei contenuti curricolari. (...) Questi

giovani ottengono risultati soddisfacenti in occasione delle esercitazioni in classe e in sede di test di fine

trimestre, ma quando si chiede loro di spiegare fuori della classe fenomeni relativamente semplici (…)

offrono indicazioni di tutt'altro segno.” Con questo Gardner intende sostenere che l’apprendimento e la

valutazione sono in stretta connessione, e che la modalità con la quale viene effettuata la seconda,

influenza la prima: più la valutazione si concentrerà sulle conoscenze e più l’apprendimento e il percorso

didattico avranno la tendenza a produrre esclusivamente conoscenze (scrivo “esclusivamente” facendo

riferimento al fatto che la scuola oggi richiede agli allievi sempre più capacità di mettere in relazione i

saperi appresi e non solo di saperli riprodurre nella loro forma “primitiva”). Viceversa, se la valutazione

richiede l’attivazione anche di altre abilità e, soprattutto, delle competenze, l’apprendimento produrrà

un valore aggiunto. Il ruolo fondamentale che riveste l’insegnante in questo processo d’apprendimento

è quello di operare aspirando a un apprendimento autentico, concentrandosi sulle prestazioni e sugli

obiettivi di comprensione. In questo senso vuole concretizzarsi anche la realizzazione del lapbook di

classe: un lavoro che richiede un’analisi continua del proprio lavoro, una valutazione costante delle fasi

svolte e del proseguire dell’operato. Realizzare un lapbook significa reinterpretare le conoscenze,

fissandole su carta in maniera efficace, ordinata e facilmente consultabile anche da terzi; questo significa

che il sapere deve essere trasformato, organizzato e restituito in forma sintetica (per questo si tratta di

costruire relazioni tra conoscenze e non utilizzare i saperi nella loro forma “primitiva”).

Edgar Dale, pyramid of learning

Il pedagogista americano Dale spiega nel libro Audio-visual methods in teaching di essersi reso conto di

quanto il grado di apprendimento fosse influenzato dalle esperienze compiute dal soggetto e dalle

emozioni provate nel corso di quell’esperienza. Il pedagogista rappresentò la sua ipotesi nel cosiddetto

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cono dell’apprendimento (figura 1.0): quanto minore è il coinvolgimento attivo dell’allievo, tanto

minore è la sua capacità di ricordarsi e riprodurre ciò che ha fatto. L’idea di sottoporre agli studenti la

progettazione e realizzazione di un lapbook vorrebbe proprio andare incontro a questa teoria prevedendo

una fase di riflessione, una di lettura e confronto con i compagni sulla questione di quanti e quali temi

selezionare e presentare nell’elaborato; la sua realizzazione situa l’alunno nel piano inferiore del cono,

fase durante la quale l’allievo è il protagonista attivo del suo apprendimento.

Fig. 1.0 Cono dell’apprendimento2 di Edgar Dale.

John Dewey, learning by doin

Al centro dell’apprendimento per Dewey, come si legge ne Il mio credo pedagogico, si ritrova la figura

dell’allievo intento a progettare il suo percorso. Per questa teoria l’importanza sta nell’approccio

“imparare facendo” dove, al contempo, vengono sviluppate competenze metacognitive (ideamento e

pianificazione del progetto). Questa tipologia di lavoro, incentrata sulla costruzione di un lapbook,

richiede al soggetto di gestire la progettazione con fare critico; le scelte devono essere efficaci e attente

rispetto ai codici comunicativi che si intendono usare: immagini, font, brani, e via dicendo.

James Gibson, affordance

Secondo il famoso psicologo della percezione, ciascun oggetto ha una funzionalità diretta nella

comprensione. Le caratteristiche fisiche degli oggetti (definiti dall’autore come affordance: dimensione,

2 Immagine tratta dal sito: https://www.researchgate.net/figure/Fig-1-The-cone-of-learning-Krivickas

2005_283120481_fig1 (consultato in data 27 gennaio 2018)

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forma, orientamento, colorazione, …) suggeriscono al soggetto come utilizzarli. Quanto progettato

all’interno del lapbook, sia che si tratti di immagini, di colori o parole chiave, deve aiutare il fruitore ad

orientarsi con precisione nell’argomento trattato.

Célestin Freinet, cooperative learning

L’esponente dell’attivismo pedagogico francese suggeriva, all’interno del suo metodo, alcune tecniche

al fine di portare l’allievo a raccogliere e conservare il suo operato all’interno di un unico artefatto: in

questo senso il lapbook ben si presta a fungere da mappa-riorganizzativa dei lavori svolti e delle

esperienze vissute.

Maria Montessori

Per la pedagogista le mani sono lo strumento che permettono al bambino di soddisfare il bisogno di

conoscenza e ricerca dell’ambiente che lo circonda: costruendo in maniera del tutto autonoma le proprie

strutture intellettive, l’allievo impara a dare un ordine, un ritmo e un’organizzazione al lavoro. Il lapbook

nasce con l’idea di essere realizzato interamente dall’allievo, pensiero che segue l’ideologia

Montessoriana del “aiutami a fare da solo”. Le immagini acquistano molto valore per Montessori, in

quanto favoriscono l’organizzazione spaziale, la didattica attiva (volta a dare significato all’esperienza

vissuta) e la didattica estesa (che si confà ai tempi dell’alunno).

Bruner e le tre rappresentazioni

Come ipotizza questo grande autore, nell’acquisire il pensiero maturo il bambino passa attraverso tre

forme di rappresentazione:

− esecutiva: la realtà viene codificata attraverso l’azione;

− iconica: la realtà viene codificata attraverso le immagini;

− simbolica: la realtà viene codificata attraverso il linguaggio e altri sistemi simbolici.

Ad assumere particolare rilievo in questa tesi sarà proprio la rappresentazione iconica. Si tratta del

sistema di codifica della realtà circostante più usato fino ai sei/sette anni. L’ambiente esterno è analizzato

a partire da immagini visive, uditive, tattili e olfattive; metodo di indagine che incontra la prospettiva

scientifica di questo itinerario (artistico-scientifico) sui cinque sensi. Nel progetto lapbook, le immagini

permettono di evocare mentalmente una realtà e utilizzarla per i propri scopi. Nonostante vi possano

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essere delle fasi predominanti di una o l’altra rappresentazione, non esiste una relazione gerarchica fra

le forme di pensiero precedentemente presentate, ma sono compresenti nei diversi momenti di vita del

bambino. I sistemi di rappresentazione della conoscenza teorizzati da Bruner sono legati e

interdipendenti: le capacità a livello simbolico presuppongono quelle a livello iconico ed esecutivo. La

rappresentazione non è una semplice conservazione degli eventi vissuti nella memoria, ma riguarda i

processi di codifica delle informazioni e delle regolarità esperienziali con cui esse si immagazzinano e

possono essere recuperate.

Intelligenze

Diversi studiosi (tra i quali spicca Gardner), sostengono l’ipotesi che vi siano differenti tipologie di

intelligenze; tra queste ve ne sono alcune che rientrano nella categoria delle intelligenze creative.

“L’intelligenza creativa è la capacità di distinguersi dal modo di pensare comune. Una persona creativa

è in grado di pensare in modo nuovo perché è fluida, flessibile, originale, capace di espandere e

ampliare le proprie idee. La fluidità delle idee è soprattutto velocità e facilità nel trovare soluzioni. (…)

L’intelligenza creativa si basa su un pensiero più dinamico e in una classe si può trovare anche in uno

studente dislessico o in uno poco brillante.” (Baldassarre, 2006, p. 70).

Le particolarità del contesto classe in cui ha preso vita il progetto e la tematica scientifica trattata si

articolano lungo uno dei principi dell’intelligenza creativa, quello definito da Baldassare come “lo

sviluppo dei sensi” (ibidem); con gli allievi infatti si è trattato di indagare la realtà utilizzando i cinque

sensi e traendo, delle esperienze vissute, materiale sul quale costruire ipotesi e concretizzare un elaborato

artistico finale.

L’autrice prosegue spiegando che è proprio durante la scuola dell’obbligo che gli insegnanti sollecitano

maggiormente gli allievi dal punto di vista intellettuale, “a scapito di quello immaginativo e senza il

collegamento con la vita reale. (…) La fantasia riesce a penetrare nella realtà molto di più rispetto

all’intelletto” (ivi, p. 71). L’intelligenza creativa va utilizzata al fine di sviluppare in maniera armonica

entrambi gli emisferi del cervello e per dare la possibilità a tutti gli allievi, a prescindere dalla tipologia

di intelligenza per la quale sono predisposti, di interiorizzare al meglio le conoscenze e i saperi trattati

in classe.

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Descrizione interventi pedagogico-didattici e disciplinari

Presentazione generale

Il percorso artistico-scientifico ha preso avvio già a partire dal primo mese di scuola, all’inizio del quale

i bambini hanno ricevuto una lettera d’invito a partecipare, con un loro lavoro, alla mostra dei cinque

sensi che si sarebbe tenuta nel mese di aprile nella sede delle scuole elementari di Giubiasco Palasio. La

mostra sarebbe stata aperta a tutte le classi interessate e a un pubblico esterno, curioso di confrontarsi

con questa tematica scientifica.

Visto l’entusiasmo con il quale gli allievi hanno deciso di prendere parte alla proposta, si è trattato di

definire, di comune accordo, il progetto che si sarebbe voluto presentare a fine anno. Da questo momento

in poi ho cercato di limitarmi al ruolo di guida, lasciando che gli allievi, in maniera responsabile,

organizzassero le tappe del lavoro. Il lavoro di realizzazione del lapbook si è sempre svolto in classe

(contrariamente alla parte scientifica, per la quale abbiamo usufruito di diversi spazi come la palestra, il

cortile, le vie del comune, …); di volta in volta portavo in classe i materiali che potevano tornare utili

alla realizzazione del lavoro o che erano gli allievi stessi a richiedere (cartoni, tempere, fogli colorati,

forbici, fogli per plastificare, fogli a quadretti, pennelli, matite colorate, righelli, gomme pane, ecc.).

Nei paragrafi successivi verranno presentate, in ordine cronologico e in maniera sintetica, le varie fasi

dell’itinerario; per praticità (vista la durata dell’intero percorso) alcuni interventi sintetizzeranno diverse

ore di lezione.

Intervento 1, la presentazione del lavoro

Agli allievi è stata proposta la partecipazione alla mostra scientifica sui cinque sensi, e lanciato

l’interrogativo: “cosa vogliamo presentare?”.

I primi giorni di scuola, per riprendere alcune tematiche di italiano e matematica, mi ero aiutata con due

lapbook e quei libriccini avevano subito attirato l’attenzione della classe; così in breve si è deciso di

progettare un lapbook scientifico. Lo scopo di questo primo intervento è stato quello di presentare agli

allievi l’argomento e il metodo che avremmo utilizzato per acquisire le conoscenze. In questa prima fase

sono stati presentati agli allievi alcuni differenti esempi di lapbook, così che ne potessero individuare la

struttura e figurarsi meglio il loro futuro compito di progettarne a loro volta uno (questa presentazione è

servita anche in vista del secondo e terzo intervento, in cui è stato richiesto agli allievi di cominciare a

progettare il lavoro). È stato durante questo momento introduttivo che ho presentato pure il concetto di

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lapbook che qui di seguito esplicito brevemente anche per coloro che, come noi prima di questo percorso,

vengono per la prima volta a contatto con lo strumento.

Il lapbook

È difficile risalire all’origine del lapbook che è uno strumento molto utilizzato in America e nei paesi di

lingua inglese, da cui deriva per l’appunto il nome. Lap significa “grembo” ma anche “piega”, il verbo

to lap significherebbe “piegare / sovrapporre” questo vuole dire che si tratta di uno strumento, una

cartelletta, un piano di lavoro, facilmente consultabile tenendolo in grembo e, voltando pagine, aprendo

e chiudendone delle parti, se ne possono facilmente ritrovare le informazioni essenziali riguardo

all’argomento scelto e i saperi indagati. Già in Cina nel primo secolo d.C., quando venne per la prima

volta prodotta la carta, molto probabilmente le persone cominciarono a manipolarla per creare dei

manufatti (in Giappone si ha ad esempio l’avvento dell’origami). Prima dell’avvento della stampa, il

filosofo catalano Llull diede vita a un libro al cui interno si trovavano dei “meccanismi interattivi” (come

ad esempio dei dischi di carta che il lettore avrebbe potuto far ruotare). Anche nei libri scientifici

cominciano a comparire sempre più parti interattive allo scopo di illustrare più efficacemente la realtà

indagata (figura 1.1). Di autore in autore, di opera in opera, si susseguirono sempre più modelli simili

tra loro per la modalità di affrontare le conoscenze contenute (figure 1.2).

Fig. 1.1 Fig. 1.2

Molto probabilmente è a partire da queste opere che ha preso avvio la produzione di lapbook. Negli Stati

Uniti ad esempio, nell’ambito dello homeschooling (cioè l’istruzione impartita a casa da famigliari o

conoscenti prossimi del bambino), gli apprendimenti venivano trattati con un’attenzione particolare ai

bisogni del bambino (ideare, creare, manipolare, ecc.), così da evitare l’insorgere della noia e, allo stesso

tempo, avvicinare lo stesso alla dimensione dello studio e dell’elaborazione individuale delle

informazioni.

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Intervento 2, il calendario con le tempistiche e gli argomenti

In questa seconda lezione si è trattato di stilare con gli allievi un calendario con le tempistiche da

rispettare e la suddivisione degli argomenti. Si è deciso di iniziare a occupare, approssimativamente, i

mesi di agosto e settembre per affrontare la tematica della vista, ottobre per l’udito, novembre e dicembre

per il tatto e gennaio per il gusto e l’olfatto, così da aver ancora il mese di febbraio per affinare le ultime

cose e preparare il lavoro alla mostra. Questo momento di riflessione ha portato gli allievi alla

consapevolezza del carico di lavoro e alla responsabilizzazione più in generale.

Intervento 3, scelta e analisi dei materiali

L’intervento è stato predestinato alla scelta e all’analisi dei materiali ritenuti necessari per allestire il

lapbook. In piccoli gruppi avevano il compito di completare una sorta di lista sulla quale appuntare, sotto

forma di elenco, tutti i materiali che avrebbero ritenuto necessari alla realizzazione del lavoro, sapendone

motivare le scelte. Una volta raccolte tutte le liste, abbiamo preceduto con una messa in comune. Alcuni

allievi non avevano preso in considerazione la dimensione del lapbook, altri avevano previsto di usare

stoffe o fili metallici che poi, nella pratica, sarebbero risultati scomodi per riuscire a sfogliare il

libriccino. Di comune accordo si sono scelte le dimensioni del lapbook (A3), il materiale per la copertina

e le pagine, le tipologie di fogli per realizzare i disegni (carta bianca, liscia da 200 grammi circa) e, come

tecniche, i pennarelli, le matite da disegno (HB / B) e le tempere (in questa occasione non sono

intervenuta per orientare la loro scelta in fatto di tecniche). In classe è stata appesa una lista vuota per la

richiesta di altri materiali da poter utilizzare, se ci fossimo resi conto che quelli a disposizione non erano

sufficienti.

Intervento 4, prima raccolta concezioni generale

Per dare avvio al lavoro, ho proposto agli allievi una raccolta concezioni sulla vista (allegato 1.0).

Per quanto riguarda la richiesta fatta, tengo a sottolineare alcuni elementi che descrivo di seguito.

Il primo riguardava la strutturazione del foglio con le domande:

− la scheda era suddivisa in quattro parti, una per ciascun senso che avremmo trattato nel corso

dell’anno e che quindi avremmo proceduto a completare (ogni volta come raccolta concezioni

successiva) di pari passo al nostro percorso;

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− in cornice presentava i personaggi dei “Puffi”, questo per dare continuità allo sfondo

motivazionale, introdotto all’inizio dell’anno, con la presenza di tutta una serie di personaggi

presenti nel bosco (personaggi dei cartoni animati, gnomi, folletti, ecc.). Ho optato per questa

scelta per cercare di mettere più a loro agio nell’affrontare la scheda quegli allievi che dimostrano

forti sensibilità di fronte a elementi nuovi, e che vengono perciò frenati dal timore dello

“sconosciuto”;

− a disposizione degli allievi vi erano solamente supporti grafici dei più vari (dalle matite colorate

ai compassi), mentre non avevano la possibilità di consultare alcun materiale.

Il materiale raccolto in questa fase non è stato discusso con gli allievi ma è servito a me, per cominciare

a farmi un’idea generale sulle competenze grafiche degli allievi e come base dalla quale partire per

introdurre l’argomento del disegno realistico.

Intervento 5, la vista

Questo intervento vuole riassumere le lezioni sul tema della vista che abbiamo affrontato nei mesi di

agosto e settembre. Visto l’ambito di ricerca “attività grafico-pittoriche” non entrerò nei dettagli per

quanto riguarda la dimensione scientifica, bensì condividerò in questo lavoro le tappe artistiche che gli

allievi hanno affrontato nel corso dell’itinerario.

Perché si potesse cominciare a realizzare il lapbook, infatti, mancavano le conoscenze da inserirci: da

questo intervento in avanti ho iniziato a svolgere il ruolo di ricercatrice insieme agli allievi sul tema dei

cinque sensi. Così, grazie a delle letture, degli esperimenti pratici, che andassero a coinvolgere l’allievo

come principale attore del suo apprendimento, siamo giunti alla fine di settembre con diverso materiale

conoscitivo pronto alla manipolazione grafica.

A questo punto il principale interrogativo da parte degli alunni è stato quello di chiedersi cosa, di tutto

quanto era stato visto in classe, inserire nel lavoro. Per aiutarci nella prima parte della progettazione, ci

è stato d’aiuto il diario di bordo che abbiamo tenuto dall’inizio del percorso per segnare, man mano che

si succedevano gli interventi, quanto scoperto. Nel diario di bordo i bambini erano liberi di prendere

nota di quanto trattato, utilizzando parole, schizzi o un misto fra i due. Al termine dell’argomento sulla

vista, abbiamo disegnato alla lavagna una mappa concettuale con delle parole chiave sul tema. Per

ciascuna delle parole chiave, abbiamo suddiviso, all’interno del primo capitolo del lapbook, gli

argomenti tra gli allievi; ognuno di loro sarebbe diventato il responsabile ed esperto per quella data

frazione di lavoro. C’era chi era incaricato della preparazione dei fogli per le didascalie, chi il

responsabile-scrittura di un certo brano, chi faceva gli schizzi a matita del disegno, chi aveva il compito

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di colorare e chi, ancora, di decidere come impaginare l’intero lavoro. Al fine di permettere a tutti di

svolgere l’intero ventaglio di compiti, a ogni fine lezione si presentava brevemente il lavoro svolto quella

giornata e si scambiavano i ruoli per la volta successiva.

Intervento 6, la suddivisione dei compiti e l’inizio della produzione

Per aiutarci nella suddivisione dei compiti avevamo deciso di dare un nome a ciascun ruolo, ecco quindi

quelli creati da noi:

− gli ideatori (coloro che hanno il compito di pensare cosa inserire nel lapbook);

− gli scrittori (coloro che hanno il compito di dedicarsi alle didascalie);

− i disegnatori (coloro che preparano, a matita, le bozze dei disegni);

− gli addetti alla colorazione e alle decorazioni (coloro che hanno il compito di colorare i disegni

e riflettere su possibili “ornamenti” grafici del lavoro);

− i responsabili dell’impaginatura (coloro che si occupano della scelta di dove inserire gli elaborati

all’interno del lapbook,);

− gli arbitri (coloro che hanno il compito di supervisionare il lavoro generale e di provvedere al

corretto funzionamento dei passaggi del materiale da una postazione all’altra).

Dopo la prima suddivisione dei compiti (allegato 1.1), in cui era fondamentale discutere molto bene su

chi si occupasse di cosa e in quale ordine (così da evitare di creare lavori simili o aventi la stessa funzione

esplicativa), si è trattato di mettersi all’opera per la realizzazione. Per facilitare a tutti il lavoro, allestivo

di volta in volta su un banco tutto il materiale che avevamo ritenuto necessario per l’allestimento del

progetto. Nonostante il materiale a disposizione, la prima difficoltà è emersa quando un gruppo di allievi,

incaricato della raffigurazione dell’occhio, si è trovato confrontato con il foglio bianco.

Intervento 7, l’osservazione dal vero

Il lavoro del lapbook si è interrotto per tutti e ci siamo dedicati a lavorare sulle nostre competenze in

materia di disegno realistico dell’occhio. La prima attività che ho proposto agli allievi è stata

l’osservazione dal vero del soggetto (allegato 1.2). Ciascun bambino ha ricevuto uno specchio e con

quello doveva annotare su un foglio le caratteristiche dei propri occhi. Si sono così resi conto che l’iride

(il termine specifico era stato ormai acquisito) non è formata da un solo colore, ma spesso vi sono anche

altre gradazioni presenti al suo interno. L’attività è servita per renderci conto della grande varietà di

sfumature presenti nella realtà.

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Intervento 8, le sfumature

A partire dalla tematica delle sfumature, ho richiesto agli allievi di scegliere un colore soltanto (non ho

specificato se utilizzare matite colorate, acquerelli, tempere o altro) e di provare a riempire con più

sfumature possibili un riquadro bianco (allegato 1.3). Per svolgere questo lavoro sono state scelte

soltanto le tempere e le matite colorate. Chi aveva scelto le tempere si è presto reso conto che un colore

soltanto non era sufficiente e che bisognava aggiungere qualcosa; mentre chi lavorava con le matite

colorate si è accorto che si riusciva a sfumare premendo più o meno la matita sul foglio.

Le due scoperte sono state condivise a gruppo intero e chi prima si era dedicato a una tecnica, ora avrebbe

svolto l’altra, e viceversa; al termine abbiamo riflettuto sui vantaggi di una o l’altra tecnica.

Gli alunni hanno deciso che, per essere più precisi nei disegni, avrebbero proseguito soltanto con la

tecnica delle matite colorate, tecnica che secondo loro si avvicinava maggiormente a “degli effetti veri”

(espressione usata da U., allievo del 2009, maggio). Anche le altre considerazioni hanno fatto propendere

gli allievi per la seconda tecnica: “Con la pittura ho paura di sbagliare, va sempre dappertutto” (allieva

A., 2008, ottobre), “È troppo scura (riferito alla tempera), non riesco a coprire poco e se metto l’acqua

bagno tutto e rovino il foglio” (allieva Al., 2008, ottobre). Allievo D (2009, luglio) al suo compagno:

“Viene in su quando ne metto troppa e se sbaglio non posso cancellare!”. Allievo C (2009, aprile):

“Possiamo metterci il bianco però e poi ci passo sopra di nuovo”. D: “Sì, ma se sbagli? Non è mica

come la matita che calchi e puoi fare le prove…”.

Intervento 9, le matite colorate e la texture del supporto cartaceo

Ci siamo concentrati con gli allievi sulla sfumatura con le matite colorate (allegato 1.4) e all’utilizzo del

bianco come facilitatore della stesura del colore sul foglio. Agli allievi ho presentato diverse tipologie

di fogli (texture o grana diversa) e ho richiesto loro di sfumare, a partire dall’alto del riquadro verso il

basso, utilizzando una sola matita colorata. Ma per quanto la carta potesse essere liscia, il foglio presenta

sempre degli “avvallamenti” sui quali il colore si distribuisce in maniera non del tutto omogenea rispetto

alle altre parti del foglio (come ad esempio nelle “valli”). Per far fronte a questa situazione, ho chiesto

agli alunni di pensare e provare a mettere in atto una strategia per distribuire in maniera più uniforme il

colore. Per l’effetto di campitura uniforme i bambini hanno premuto con più forza la matita sul foglio,

perdendo però in questo modo l’effetto sfumato. Abbiamo allora introdotto l’uso del colore bianco che

ci permetteva di ottenere delle sfumature anche con tonalità più delicate, evitando in questo modo di

abbondare di colore, caricando eccessivamente il foglio. Con lo svantaggio però di impallidire il colore

originale. Quest’attività è quindi servita a imparare una nuova tecnica (utilizzo della matita bianca,

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spesso sottovalutata) e a stabilire che la texture del foglio prescelto svolge un ruolo molto importante

nella definizione della qualità finale del disegno.

Intervento 10, la ripresa della teoria dei colori

Per chi entra nel mondo del disegno è importante imparare a conoscere e studiare i colori primari e le

varie combinazioni di tali colori. Così, nel corso di questa lezione, grazie sia alle tempere (che rendono

facile il lavoro di mescolanza) sia alle matite colorate, ci siamo dedicati alla realizzazione dei differenti

colori ottenibili dall’unione di quelli primari. La teoria del colore era già stata affrontata dalla classe

negli anni passati e quindi per me si è trattato soltanto di riprenderla.

Intervento 11, la tecnica della finestrella

Ai bambini è stata presentata la “tecnica della finestrella” (allegato 1.5). Questo procedimento grafico-

pittorico consiste nella selezione, da parte della docente, di una o più parti di un’immagine che vengono

coperte da riquadri bianchi (l’originale sarà quindi privo di alcuni dettagli). Il compito dell’allievo è

quello di completare le finestrelle (da qui il nome della tecnica), cercando di riprodurre nel modo più

fedele possibile il disegno di partenza. Questa tecnica introduce il bambino in maniera graduale alla

selezione dei colori, ai chiaroscuri e alle sfumature, senza impegnarlo da subito nella realizzazione di un

disegno realistico da zero. Ciascun allievo aveva a disposizione una scatola, da diciotto, di matite

colorate (una gamma di colori più che sufficiente per realizzare i nostri disegni), una gomma da

cancellare, un righello e l’originale dei soggetti da completare (senza quindi le finestrelle bianche).

Durante questa prima lezione i bambini potevano procedere per tentativi ed errori e, nel corso della

lezione seguente, dopo aver ripreso assieme i disegni svolti e averli commentati al fine di migliorarne la

tecnica, si sono dedicati allo svolgimento del lavoro finale.

Intervento 12, le tavole scientifiche

Per procedere nella produzione del lapbook occorreva forzatamente munire i bambini di strumenti

sufficienti per riuscire a realizzare, in maniera autonoma, dei disegni realistici completi. Agli allievi ho

quindi fornito illustrazioni di libri scientifici, fotografie e altri materiali relativi al senso della vista,

chiedendo loro di scegliere quelli più utili alla nostra produzione. Così, di tutto il materiale a

disposizione, abbiamo effettuato una cernita ipotizzandone il concreto utilizzo all’interno del primo

capitolo del lapbook. Durante questo intervento gli alunni si sono messi all’opera, a piccoli gruppi,

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avviando la realizzazione dei disegni realistici. Come all’inizio, alcuni erano incaricati nella creazione

della figura-contorno del disegno, altri nella creazione e altri ancora nella scrittura delle didascalie. In

ogni laboratorio si sono succedute diverse fasi di lavoro, con la possibilità di scambiarsi i ruoli, aiutarsi

a vicenda o consigliarsi.

Intervento 13, il primo capitolo del lapbook

È stato ripreso il lavoro sul lapbook, e sono stati scelti i disegni da inserire nel libro. I lavori realizzati

hanno trovato spazio secondo un criterio concordato da tutti gli allievi. Una volta scoperta l’esistenza

delle tavole scientifiche, hanno deciso di realizzarne anche loro tramite il disegno, valorizzandole per

grandezza o mettendole in risalto utilizzando di volta in volta sistemi differenti. Non sempre hanno

voluto utilizzare i template (particolari cartellette di forme e grandezze differenti per raccogliere le

conoscenze) perché a loro avviso avrebbero nascosto i disegni che invece dovevano godere di visibilità

per attirare l’attenzione.

Intervento 14, l’udito e la nuova raccolta concezioni

La creazione del nuovo capitolo sul senso dell’udito è stata preceduta da una nuova raccolta concezioni

(allegato 1.0) che mi ha permesso di verificare le competenze degli allievi in fatto di disegno

“dell’organo orecchio”. Gli interventi scientifici hanno seguito la stessa modalità utilizzata

nell’affrontare il senso della vista: esperimenti, letture di differenti generi e via dicendo. Al termine della

raccolta di conoscenze ci siamo ritrovati pronti ad affrontare anche la seconda parte del lavoro.

Intervento 15, la tecnica della finestrella in bianco e nero

L’orecchio, contrariamente all’occhio che nell’iride presenta molti colori, richiede l’utilizzo di una

gamma cromatica più ristretta. È per questo che, prima di inoltrarci nella nuova produzione di disegni,

abbiamo lavorato ancora con la “tecnica della finestrella” (allegato 1.6), dapprima solo con la matita in

grafite HB / B e in seguito con le matite colorate. L’esercizio è servito a rendere gli allievi consapevoli

della quantità di zone d’ombra e chiaroscuro dell’orecchio esterno. Durante l’esercitazione gli alunni

avevano a disposizione la matita, un righello e la gomma pane (che ha permesso di dare luce a

determinate zone).

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Intervento 16, la tecnica della finestrella a colori

Ho ripreso la “tecnica della finestrella” ma questa volta a colori (allegato 1.6). Anche qui, come nelle

esercitazioni precedenti, a un momento di lavoro individuale di sperimentazione ne è seguito uno di

istituzionalizzazione e quindi uno di ripresa del disegno e conclusione dello stesso.

Interventi precedenti la conclusione del lapbook

Ciascun argomento scientifico è stato affrontato, dal punto di vista grafico-pittorico, con la stessa

modalità: raccolta concezione iniziale, lavoro con la tecnica della finestrella (allenamento e

realizzazione), lavoro di osservazione a partire da illustrazioni / tavole scientifiche / fotografie / ecc.,

riflessione di classe in merito alla tecnica appresa e realizzazione del nuovo capitolo del lapbook. Ogni

capitolo ha richiesto le seguenti attività: suddivisione dei compiti a grande gruppo, momenti di

valutazione d’insieme, apporto di regolazioni, didascalie (bozze e stesure finali), discussioni concernenti

lo svolgimento del lavoro affrontato di volta in volta, compilazione del questionario personale, ecc.).

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Metodologia e strumenti per l’analisi degli interventi

Modalità di ricerca

Nel corso di questo lavoro di ricerca la raccolta dati è stata di tipo qualitativo, viste anche le particolarità

del progetto da me elaborato. La metodologia consiste nell’indagine approfondita di aspetti legati alla

raffigurazione, da parte degli alunni, di oggetti della realtà.

Si tratta in parte anche di una ricerca-azione, considerato il ruolo centrale ricoperto dagli studenti nel

ricercare, tramite collaborazioni, risposte idonee al soddisfacimento di problemi / esigenze specifiche.

Colui che conduce l’indagine si basa sull’osservazione dei fatti (è una ricerca empirica secondo L.

Ricolfi perché l’osservazione sarà la prova della realtà e il ricercatore opera direttamente sul contesto

interagendo con il campione di riferimento). La mia ricerca ha dato importanza ai bisogni dei bambini

mettendo le loro peculiarità al centro dell’indagine.

Metodologia di lavoro e strumenti di raccolta dati

Per la rilevazione dei dati mi sono basata principalmente su due strumenti: le raccolte concezioni (poste

nei momenti antecedenti alla tematica che si voleva andare ad affrontare) e il questionario personale

conclusivo (uno strumento che mi ha permesso di confrontare i singoli allievi con le loro produzioni

iniziali e finali).

Qui di seguito illustrerò brevemente le caratteristiche dei due strumenti di raccolta dati e la motivazione

per la quale ho deciso di attivarmi in questo modo.

Le raccolte concezioni

Le raccolte sono state di due differenti tipologie, qui di seguito le illustro nell’ordine in cui sono state

proposte agli allievi nel corso del progetto (quelle svolte prima di cominciare un nuovo argomento e

quella svolta al termine del percorso, una volta affrontati tutti e cinque i sensi).

Per entrambe le tipologie di raccolte gli allievi non avevano a disposizione altro al di fuori di materiali

“artistici” (colori di vario tipo, righello, compasso e via dicendo).

Il tempo di esecuzione nei due casi è stato differente (visto anche lo spazio a disposizione per

l’inserimento della risposta e il periodo dell’anno in cui facevo la richiesta, inizio e fine anno); nel caso

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della prima raccolta, quindi, per le singole compilature dei riquadri, è stato di quindici minuti, invece

per la seconda raccolta la classe poteva lavorare fino a un’unità didattica di tempo.

Le raccolte concezioni prima di inoltrarsi lungo una nuova tematica.

Come spiegato nel capitolo “descrizione interventi pedagogico-didattici e disciplinari” (p. 20), le

raccolte concezioni 3 prima dell’introduzione alla tematica, per non rischiare di influenzare le

rappresentazioni dei bambini, sono state presentate ai bambini ogni qual volta si trattava di iniziare un

nuovo senso; questo per permettere a me docente di verificare le conoscenze dei bambini in entrata e per

consentire un primo approccio degli allievi con l’argomento che avremmo trattato di lì a breve.

La scheda che avrebbe raccolto i saperi dei singoli era stata da me suddivisa in quattro riquadri.

Nel primo riquadro chiedevo all’alunno di inserire “quello che si ricordava” (nel caso in cui avesse già

avuto modo di trattare la tematica, superficialmente o nel dettaglio, in un contesto extrascolastico o non),

o “quello che sapeva” a proposito della vista. Le altre tre parti della scheda erano suddivise nello stesso

modo ma ciascuna con l’interrogativo relativo al nuovo senso.

Appositamente avevo scelto di non predisporre dei quadretti o delle righe nello spazio di risposta ma

lasciarlo vuoto (in bianco quindi) per non suggerire all’allievo una risposta scritta. Lo spazio bianco si

prefiggeva per l’appunto lo scopo di lasciare libertà di scelta al bambino sulla modalità di restituzione

del compito assegnato.

Ritengo opportuno aprire qui un breve inciso sulla mia volontà, fin dai primi interventi, di rompere il

contratto didattico esistente fra docente e allievo.

Il contratto didattico, secondo la Teoria delle situazioni didattiche (Brousseau, 1986), mette al centro

le aspettative (spesso implicite) che una data situazione didattica può provocare nel docente, così come

negli allievi. D’Amore riporta l’affermazione di Brousseau a questo proposito: “In una situazione

d’insegnamento l’accesso a un compito si fa attraverso un’interpretazione delle domande poste, delle

informazioni fornite, degli obblighi imposti che sono costanti nel modo di insegnare del maestro.

Queste abitudini del maestro attese dall’allievo e i comportamenti dell’allievo attesi dal docente

costituiscono il contratto didattico.” (D’Amore, 2006, p. 1).

3 Si veda a questo proposito la sezione “allegati” (pp. 45-53).

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Il mio intento nel corso di tutto l’itinerario è stato quello di non forzare gli allievi a esprimere su carta,

tramite scrittura, le loro conoscenze, bensì di lasciare che fossero i bambini stessi a scegliere la modalità

espressiva che meglio avrebbe fatto al caso loro (che si trattasse di scrivere, disegnare o le due assieme).

Come allievi si è abituati a interpretare la presenza di “righe” o “quadretti” su un foglio come la richiesta,

da parte del docente, di fornire una risposta scritta secondo il codice alfanumerico e, viceversa,

interpretare la presenza di uno spazio bianco su un foglio da disegno come la richiesta (implicita) di

schizzare qualcosa.

È per questo che si riconosce al contratto didattico un ruolo centrale e per nulla trascurabile

nell’apprendimento degli allievi. È auspicabile che come docenti ci si interroghi, nel momento in cui vi

è l’intenzionalità di proporre un’attività da svolgere in classe, su cosa gli allievi si aspettano di dover

fare e, specialmente, si presti attenzione ai comportamenti individuali affinché si possano riconoscere

atteggiamenti del tipo: “come mi devo comportare / cosa devo fare per soddisfare la richiesta del

maestro?”. È altresì utile essere chiari con gli allievi su quali siano le modalità di lavoro che si vogliono

adottare (da entrambe le parti) nel corso di un progetto e quali le aspettative di fronte a determinati

compiti; in sostanza, è doveroso affrontare in sede di discussione con la classe il tema delle aspettative

attese. È in quest’ottica che ho progettato la serie dei miei interventi, così da mettere il più possibile al

centro l’allievo e le sue conoscenze, senza che nella risoluzione dei compiti la mia presenza di docente

influisse troppo sulla risposta data dai bambini.

La scheda della raccolta concezioni era sempre la medesima (questo anche per favorire una continuità

del lavoro, facilmente accessibile per la raccolta dei dati in un secondo momento) e, di volta in volta, si

provvedeva a riempire il nuovo riquadro tematico. Ho deciso di procedere in questo modo per mostrare

agli allievi che la scheda non veniva da me corretta (quindi valutata) ma che erano loro stessi a costruire

le basi del loro percorso.

Al termine di ciascuna compilazione prevedevo un momento di messa in comune, dove i bambini

avevano modo di presentare al resto della classe quello che si erano segnati sulla scheda in merito al

determinato senso. Dopo ogni fase di messa in comune, lasciavo che la scheda fosse conservata in classe

dagli allievi (ancora una volta per non esternare miei atteggiamenti giudicanti di fronte alle loro

conoscenze, ancora in divenire). Ho notato con piacere che intervenivano nella discussione in maniera

costruttiva, con la voglia di scoprire cose nuove e proseguire nel “percorso lapbook” per arricchire il

loro bagaglio di conoscenze. Allieva E., nel corso di uno dei momenti di discussione con il vicino di

banco: “Ma magari dopo è vero che è fatto così per davvero con questa forma o forse anche no

(riferendosi a un compagno che commentava l’occhio che aveva disegnato) ma poi lo vedo quando lo

disegniamo… (vedendomi passare tra i banchi) posso fare l’incarico di disegnare?”.

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Le raccolte concezioni al termine del percorso sui cinque sensi.

Una volta concluso il percorso sui cinque sensi, ho presentato agli alunni una serie di fogli (uno per

ciascuno dei sensi) con la domanda: “cosa sai del senso…?”

Anche in questo caso lo spazio per la risposta consisteva in un riquadro bianco, predisposto alla libera

interpretazione della consegna da parte dell’alunno. Al momento della distribuzione del fascicoletto, non

ho specificato che fosse da compilare nella sua interezza (avrei preteso molto, forse troppo, rischiando

che gli allievi rispondessero di fretta a tutte le domande senza veramente applicarvisi).

I questionari personali

Un altro utile strumento che mi ha permesso di procedere con la raccolta dei dati di questo progetto,

oltre alle raccolte concezioni, alle osservazioni degli alunni durante il percorso e alla loro produzione di

materiale in generale, è stato il questionario individuale4, allestito per ciascuno allievo a partire dai

materiali da lui prodotti. In pratica ho preparato per ogni allievo un foglio, con la stampa dell’insieme

delle raccolte concezioni svolte prima di affrontare un nuovo senso e con le fotografie dell’ultima

raccolta effettuata (quella quindi al termine del percorso). In questo caso il bambino poteva vedere,

nell’ordine da sinistra a destra, le sue prime e ultime produzioni (con le diciture “prima” e “dopo”). Sotto

le fotografie dei suoi disegni ho lasciato spazio per rispondere all’interrogativo: “qual è secondo te la

grande differenza fra quanto da te prodotto prima e dopo il percorso sui cinque sensi?”

Agli allievi avevo dato il compito di osservare bene le loro produzioni (abbiamo ripreso assieme le tappe

principali del nostro percorso scientifico) e provare a scrivere nello spazio predisposto i loro commenti.

Il tempo fornito per svolgere questa consegna individualizzata è stato di trenta minuti (anche se i primi

allievi avevano già consegnato dopo una quindicina di minuti). Ho cercato, nel corso di tutte le raccolte

dati, di tenermi il più in disparte possibile, senza girare tra i banchi o fornire loro consigli in merito alle

risposte.

4 Si veda a questo proposito la sezione “allegati” (pp. 108 – 115)

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Valutazione e analisi dei dati

Riflessione generale

Prima di inoltrarmi nell’analisi di tre casi individuali, vorrei sottolineare che nel corso della raccolta dati

tutti gli allevi hanno dimostrato una buona capacità di riflessione e di messa in atto delle conoscenze

apprese lungo l’itinerario. Gli esempi riportati vogliono fungere da “rappresentanti” di tre differenti

modalità di restituzione delle conoscenze, che qui di seguito menzionerò come “categorie”. Nella prima

categoria rientrano tutti gli allievi che, nel corso della prima raccolta concezioni, hanno riposto alle

domande con dei disegni (per lo più semplici e senza l’impiego di tecniche particolari). Nella seconda

categoria rientrano invece le produzioni che, nella medesima raccolta, hanno risposto solo in forma

scritta. Della terza categoria infine fanno parte tutte le raccolte che presentano sia scritti, sia disegni

(senza però un reale collegamento tra quanto disegnato e scritto).

Prima categoria: Le raccolte finali dei medesimi allievi:

Seconda categoria:

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Terza categoria:

Ciò che si osserva di primo acchito in tutte e tre le categorie è che, nella restituzione finale, la strategia

per rispondere al quesito è di fare capo a una rappresentazione grafica accostandovi delle scritte (quindi

un modo “articolato” di dare significato alla realtà). Nei tre casi i disegni degli allievi, così come di tutti

gli altri, sono chiaramente migliorati, e chi ha deciso di servirsi delle matite colorate dimostra di ricorrere

alle tecniche apprese nel corso dell’anno (es. sfumature e accostamento di colori differenti) per conferire

un’impressione volumetrica e realistica alle figure; si coglie la volontà dell’allievo di richiamare i saperi

acquisiti non solo grazie al supporto visivo del disegno, ma anche decretandone il ruolo compositivo

centrale all’interno della pagina. In taluni altre raccolte, se presente, l’illustrazione svolgeva quasi un

ruolo marginale alla spiegazione del fenomeno trattato.

Nel caso della seconda categoria traspare chiaramente la volontà dell’alunno di dare significato alla

realtà simbolicamente, utilizzando cioè il linguaggio anziché l’immagine (riferimento alla teoria di

Bruner), ma forse senza sapere di poter ricorrere anche ad altri livelli d’interpretazione (come sceglie di

fare nel corso della seconda raccolta) o senza ricorrere pienamente all’intelligenza artistica. Ci si chiede

quindi cosa abbia indotto l’allievo a passare da un linguaggio concettuale all’altro. Ho cercato di

sviscerare questo interrogativo tramite i questionari personali conclusivi (svolti al termine del percorso),

che analizzo nel prossimo paragrafo. Dai disegni degli allievi emergono i differenti profili di competenza

e la ricchezza delle rappresentazioni concettuali infantili; il disegno non va quindi sottovalutato, ma

preso come indice di un’evoluzione delle concezioni nella raffigurazione della realtà da parte

dell’allievo. Gli esempi riportati nelle tre categorie non fanno riferimento a uno stesso livello di

competenza, il disegno non funge quindi da banale facilitatore dell’apprendimento curricolare; è

un’attestazione preziosa della capacità cognitiva personale di rappresentazione della realtà: un disegno

realistico dimostra che l’allievo-esecutore è un buon osservatore, un allievo che intravede la complessità

di ciò che lo circonda ma, nonostante ciò, ne tenta la rappresentazione iconica (disegno) e la spiegazione

in forma scritta (didascalie), come si può vedere nelle raccolte finali. In tutti e tre i casi è evidente il

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tentativo di dare un senso volumetrico ai disegni, nella prima raffigurazione l’allieva dimostra una

grande abilità nel rendere realistica la parte interna dell’organo (forse il particolare la cui resa è quella

che presenta più problematicità nella rappresentazione). L’allieva del secondo disegno (seconda raccolta

finale), dimostra bravura anche nella rappresentazione della parte interna dell’orecchio; gli schizzi sono

eseguiti a matita, senza il completamento con il colore, a causa del tempo investito già nel tratteggio

(caso emblematico, vista la sua scelta antecedente di rispondere alle domande per iscritto). Gli esiti

grafici raggiunti, autonomamente, al termine del percorso, si traducono in una conquista sia pratica che

intellettiva da parte degli allievi.

Ecco quanto emerge dai questionari conclusivi (prendo come esemplificazione i tre questionari degli

allievi di cui sopra):

Dagli scritti emerge che la differenza più importante è quella relativa allo sviluppo della produzione

grafico-pittorica (utilizzo della sfumatura, dell’ombreggiatura, dei colori, ecc.). Traspare molto nel

primo caso, come il disegno abbia permesso agli allievi di “esplorare” le varie parti del corpo umano

trattate, cosa che le parole non riuscirebbero a fare senza un supporto visivo. Scrivono di aver imparato

a disegnare in maniera più realistica e di conseguenza sanno nominare le parti raffigurate. Il disegno

funge quindi da veicolo di conoscenza per una comprensione autentica.

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Risposta all’interrogativo di ricerca e confronto con il

quadro teorico

Prima di inoltrarmi nella fase conclusiva di risposta all’interrogativo di ricerca, è importante ribadire che

il mio ruolo all’interno del progetto era tutt’altro che marginale, si è trattato infatti di svolgere una

ricerca-azione assumendomi la responsabilità di guida e co-attrice del progetto e dell’indagine.

Riprendo l’ipotesi chiave che ha indirizzato il mio lavoro di ricerca: mostrare le potenzialità

dell’educazione visiva in contesti di classe quotidiani e osservare come, facendo capo all’arte, gli

allievi possano trarre una serie di benefici a livello di comprensione autentica del sapere in gioco. Credo

che, giunta a questo punto del mio percorso, io possa convalidare l’ipotesi di ricerca, in quanto

l’educazione visiva ha giocato un ruolo centrale come transfer a un altro ambito di insegnamento-

apprendimento, quello scientifico. “We need not look upon art as qualitatively apart from the rest of life.

Instead, we need to see it as a refinement, a clarification, and an intensification of those qualities of

everyday experience that we normally call complete.” (Jackson, 1998, p. 8).

Da quanto si evince dai prodotti elaborati dagli allievi, durante e al termine del percorso, si nota

chiaramente l’evoluzione della loro capacità di rappresentare la realtà. Il lapbook venutosi a creare è un

potente strumento per la comprensione significativa degli allievi, uno strumento che, non

dimentichiamo, in chiave disciplinare ha lasciato un’autentica impronta.

I due traguardi di competenza che si snodano nella messa in atto del progetto (“il soddisfacimento

dell’esigenza dell’allievo di realizzare disegni di tipo realistico” e “la sensibilizzazione degli allievi al

riconoscimento di alcune funzioni dell’immagine per attribuire senso alle diverse produzioni”) hanno

visto entrambi, prima in fase di allenamento e successivamente nel lavoro finale, la loro piena

realizzazione. Il fatto che, prima di mettersi all’opera con il disegno, gli allievi mi abbiano richiesto

(riferendosi al soggetto che avrebbero dovuto riprodurre): “ma come si fa a disegnarlo dal vero?”,

dimostra che vi era un’intenzionalità di fondo nel voler dare senso a una produzione di tipo grafico-

pittorico realistica, escludendo quindi fin da subito rappresentazioni a carattere semplicistico (qui faccio

riferimento a produzioni come quelle realizzate nel corso della prima raccolta concezioni dove, in taluni

casi, soprattutto nelle bambine, la preoccupazione centrale sembrava essere quasi la cornice del disegno

stesso: nel caso dell’orecchio, la presenza degli orecchini; della mano, per il tatto, le unghie, ecc.). È

grazie al lavoro sul lapbook che abbiamo dato significato alle varie produzioni, chiedendoci quali

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sarebbero stati i destinatari e quali le tipologie di rappresentazione da dover inserire in un lavoro di quel

genere.

Nella maggior parte dei questionari personali si può leggere che l’allievo è perfettamente cosciente di

essere riuscito a migliorare il suo metodo di rappresentazione grafica della realtà (alcuni addirittura

aggiungono: “sembrano quasi i disegni di un adulto”, come se questo significasse per loro di aver

raggiunto nella tematica scientifica un grado di maturazione tale da essere paragonato al sapere e alle

capacità di un adulto; un dato che sicuramente fa ragionare). Lavorare sul progetto – lapbook per gli

allievi non significava “adesso si disegna soltanto” (mi si passi il termine, che qui uso con ironia,

appoggiando io stessa tutt’altra corrente di pensiero) ma, piuttosto, come ha detto un giorno un’allieva:

“occuparsi di mostrare bene a chi lo guarda (riferendosi al lapbook) come siamo fatti” (secondo me

questa affermazione illustra in maniera molto precisa il grado di sviluppo raggiunto dagli allievi). La

classe ha compreso le intenzionalità dello strumento creato e la necessità di inserirvi delle

rappresentazioni significative (per loro e per chi lo avrebbe consultato). Il lapbook è divenuto un mezzo

di comunicazione “universale”, il disegno parla da sé, la didascalia costituisce un’aggiunta, una

specificazione di quanto ideato, progettato e creato attraverso il linguaggio figurativo.

Limiti, potenzialità, possibili sviluppi e ricadute professionali

Un progetto come quello sviluppato nella seguente ricerca richiede diverso tempo di preparazione dei

materiali e degli strumenti da parte del docente, così come un grande impegno cognitivo all’allievo, che

si ritrova a dover tradurre una rappresentazione reale tridimensionale in un oggetto a due dimensioni.

Durante la costruzione dello strumento mi sono resa conto di dover lasciare dei “tempi di riposo” tra una

fase e l’altra del progetto, affinché l’alunno trovasse un periodo di elaborazione personale delle

conoscenze e facesse proprie le tecniche di lavoro. È stato importante decidere prima di ogni lezione, e

di volta in volta, quali materiali utilizzare nel corso della stessa e di quella seguente, per evitare stadi di

transizione alla ricerca di materiali, che non avrebbero portato alla realizzazione di alcunché. Durante il

progetto sono state effettuate diverse scelte (basate sulla collaborazione del singolo con gli altri

compagni, rafforzando la fiducia reciproca e il clima di lavoro), tralasciando necessariamente alcune

suggestioni e stimoli nati durante il percorso. Altre modalità, altri stimoli e altre riflessioni sono stati

“ascoltati” e accolti per arricchire il progetto, trovando ogni volta nuove piste percorribili.

Nonostante il tempo di sviluppo di questo progetto limitato a un unico anno scolastico e limitatamente

al percorso di scienza, sarebbe stato altresì interessante analizzare gli sviluppi e le potenzialità dello

strumento lapbook affiancandolo anche ad altre discipline. Questo percorso interdisciplinare non vuole

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essere una messa in discussione dell’approfondimento della singola disciplina, ma è inteso come

ulteriore stimolo per il docente e la classe entro cui opera.

Il progetto intende mostrare l’importanza di una didattica in cui le discipline interagiscono tra di loro,

principalmente per quelle che spesso e volentieri vengono “isolate” e considerate come materie

“speciali”, a sé stanti (come per esempio per quanto concerne l’Area arti).

Occorre specificare che un percorso come quello qui presentato è un progetto in divenire, ulteriormente

ampliabile sul lungo termine. Un percorso simile non può vedere il suo pieno sviluppo se, una volta

terminato, limita l’intervento dell’ambito grafico-pittorico nelle attività quotidiane della classe. È in

questo contesto che sarebbe interessante sviluppare una progettazione annuale in cui l’attività artistica

contribuisce allo sviluppo cognitivo dello studente.

La considero una metodologia, uno stile d’insegnamento in cui le materie trovano la loro completezza e

realizzazione nell’affiancarsi l’una all’altra.

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Conclusioni personali

Ancor prima di affrontare questo progetto all’interno del contesto in cui opero, mi ero detta che come

docente alle prime armi, avrei voluto provare a dare un ruolo significativo alla dimensione artistica

all’interno della didattica quotidiana. Ben presto, cominciando a conoscere gli allievi e le loro

peculiarità, l’itinerario ha iniziato a prendere forma. Mi sono resa conto durante le attività che agli allievi

non stavo chiedendo di disegnare forme “impossibili”, disegnare in maniera realistica era la loro

esigenza e per questo ci si cimentavano senza indugio. I miei interventi si attivavano per lo più nei

momenti di presentazione delle tecniche e delle modalità di esercitazione, il resto era opera loro. Certo,

avevo il compito di guidarli nella realizzazione del prodotto atteso, di presentare loro gli elementi

scientifici e di aiutarli a impostare il lavoro (questo soprattutto inizialmente, ma poi, via via che il

percorso procedeva, gli alunni mi mostravano la loro attitudine all’autonomia e sapevano trovare, in

collaborazione con i compagni, delle strategie efficaci alla realizzazione delle loro opere). Mi è sembrato

che il mio compito fosse di tipo “maieutico”, non ho scelto di trasmettere il mio punto di vista ma di

guidare gli alunni alla ricerca di un sistema – già facente parte del loro saper essere – per restituire il

sapere acquisito in maniera autentica. Ho mostrato una via percorribile, una tecnica alla quale poter far

capo, e la classe mi ha dimostrato l’efficacia e l’importanza (tramite la loro restituzione su carta nelle

raccolte concezioni e nel questionario personale) di avere “risvegliato” questo tipo di intelligenza.

Fare scuola in un mondo in continua evoluzione richiede all’insegnante un grande impegno verso sé

stessa; insegnare progettando un curricolo è il massimo della soddisfazione professionale che una

maestra può raggiungere: vedere i suoi allievi crescere con interesse e curiosità verso i traguardi di

apprendimento che si vogliono conseguire. Come sosteneva Galileo, “non puoi insegnare qualcosa a un

uomo, puoi solo aiutarlo a scoprirla dentro di sé”.

Ritengo che tutte le arti possano arricchire la nostra visione della realtà e il nostro bagaglio personale di

esperienze.

Essere un maestro significa assumere anche il ruolo di esploratore e guida dell’esperienza: nell’aprire le

porte, su questo grande mondo, ai nostri studenti.

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(consultato in data 27 gennaio 2018)

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Dal libro di Peter Apian, sedicesimo secolo (tratti da http://lynx-open-ed.org/node/222 e

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Allegati significativi

Allegato 1.0: la raccolta concezioni iniziale, prima di affrontare ciascuno dei sensi

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Allegato 1.1: la suddivisone dei compiti

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Allegato 1.2: l’osservazione dal vivo

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Allegato 1.3: la sfumatura

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Allegato 1.4: la texture

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Allegato 1.5 e 1.6: la tecnica della finestrella in bianco e nero e a colori

Alcune esemplificazioni

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Allegato 1.7: le raccolte concezioni conclusive

Allievo 1

Allievo 2

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Allievo 3:

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Allievo 4:

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Allievo 5:

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Allieva 6:

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Allievo 7:

Allieva 8:

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Allievo 9:

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Allieva 14:

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Allegato 1.8: i questionari personali

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Allegato 1.9: il nostro lapbook

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