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Da questo numero e per tutto il 2012,The Sign Moak vi regala, in tre allegati,

il nuovo decorspargi, progettato da for[me] moak.

Tre i soggetti decorativi, disegnati all’interno di una sagoma,che, oltre a ricordare la tazzina, ne facilita la presa.

Staccate i cerchietti fustellati e scoprite il decoro per il vostro cappuccino.

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the sign moak

L’arte del riuso e del riciclo oggi sembra diventare sempre più una tendenza, un pretesto per ricordarne il valore umano. L’ecosostenibilità è uno dei principi che tutti dovrebbero perseguire e rispettare. In questo numero di The Sign Moak abbiamo voluto affrontare diversi argomenti su un tema spesso dimenticato, come quello del rispetto dell’ambiente e di chi lo abita. Leggendoli, ne apprezzerete ancor più l’importanza e scoprirete come semplici oggetti riciclati possono rinascere a nuova vita. Così un fondo di caffè può plasmarsi e diventare una lampada dal design ricercato; una semplice bustina di zucchero, conservata come elemento decorativo o un packaging di caffè diventare contenitore per alimenti. Anche per arredare i vostri locali potete scegliere tra una sedia o un tavolo realizzato con materiali da riciclo. Sull’ecosostenibilità, Moak ha voluto fondare la sua filosofia aziendale, legata soprattutto al settore produttivo. Abbiamo, infatti, scelto di essere partner di Ecogruppo Italia, da cui abbiamo ottenuto la certificazione nella produzione di caffè biologico, mentre il Fairtrade ne certifica il marchio di garanzia del commercio Equo e Solidale.Ancora una volta The Sign Moak vuole essere quel filo conduttore che avvicina la nostra azienda a voi, nostri clienti e lettori, ma anche uno strumento per diffondere messaggi di positivismo e di rispetto di quei valori umani, spesso dimenticati o trascurati.

Il PresidenteGiovanni Spadola

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Cappuccino. Caldo d’inverno e freddo d’estate.

www.caffemoak.com

“Vicè” olio su tavola (2010) di Linda Randazzoironicamente rivisitata da for[me]moak

Gollini, all’ombra del castello medievaledelicatessen al caffè

Edizione Limitata. La tazzina da collezionare.

Il caffè. Una passione nata in fazenda.

Caffè Moak. Tra risotto piemontese e dolceria emiliana.

Moak. Un’azienda in continua crescita.

Profumo di caffè a teatro.

Le 5 “M” del caffè. “M” come Macinadosatore.

Caffè e salute in estate. La caffeina ottimo alleato per dimagrire.

La caffeina per migliorare le performance.

Lampade al caffè. Intervista a Raul Laurì.

Lo stile di arredare. Tendenze al naturale.

Design Industriale. Sugar[not]free

Maria Grazia Cucinotta, la siciliana star di Hollywood

Macchina del caffè in casa. La parola all’architetto.

Aromatik. Al bar e a casa.

Caffè e smartphone. Da oggi il caffè si paga col telefonino

Fipe Sicilia, dal presidente nuove idee per “fare sistema”.

Cicli Montante, quando l’eccellenza viaggia su due ruote

Postatarget Magazine - Tariffa pagata - DCB Centrale/PT Magazine ed./aut. n. 50/2004 - valida dal 7/04/2004 - Aut. Trib. Forlì n.18 del 2000 - Notizie n.2/2012Direttore Responsabile: Marco PederzoliDirettore Editoriale: Stefano Della CasaRedazione: Annalisa Spadola, Sara Di Pietro, Fulgenzio,Marco Lentini, Sergio Iacono, Saro Giunta, Corrado Barone, Gian Paolo Galloni, Dino Della Casa, Stefano Della Casa. Coordinamento grafico: RF Comunicazione (MO)Art work: Chiara Ottolini e for[me]moakEditore: Edizioni Della Casa srlVia Emilia Ovest 1014 - 41123 Modena - tel.059-8396080www.studiodellacasa.it, mail: [email protected] da: Arbe Grafiche - MO -

Azienda con sistema qualità certificato da BVQIin conformità alla normativa ISO 9001:2000Stampa in esclusiva per Edizioni Dott. Della Casa: Arbe (MO)A norma dell’art. 7 della legge n. 196/03 il destinatario può avere accesso ai suoi dati, chiederne la modifica o la cancellazione oppure opporsi scrivendo a: Edizioni Della Casa srl -Via Emilia Ovest, 1014 - 41123 Modena (MO) - Italy

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Cappuccino, caldo d’inverno e freddo d’estate.di Sara Di Pietro

Il caldo estivo e il bisogno di stare all’aria aperta ci invogliano al refrigerio e alle fresche bevande. Il bello del caffè è di poterlo bere anche freddo o con ghiaccio, senza per questo rinunciare a un buon espresso. Le varianti per preparare ottimi drink estivi al caffè sono tante, anche se molti preferiscono quelle più veloci nella preparazione, come il caffè freddo o shakerato. The Sign Moak vi propone la tendenza di questa estate: il cappuccino freddo.Semplice e veloce, un drink al caffè per chi non vuole rinunciare, anche d’estate, al piacere tutto italiano di bere un buon cappuccino.A prepararlo per noi, in più varianti, è Marco Poidomani, Barman AIBES (Associazione Italiana Barmen e Sostenitori)

Ingredienti per due persone:− 2 espressi− 2 bustine di zucchero− 100 ml di latte freddo parzialmente scremato− 6 cubetti di ghiaccioVersate nel tin tre cubetti di ghiaccio, i due espressi e lo zucchero. Inseritelo nel mixer* fino alla montatura. Versate nei due bicchieri (in vetro trasparente) la quantità ottenuta, senza far scivolare il ghiaccio residuo.In un altro tin versate altri 3 cubetti di ghiaccio e il latte freddo. Inseritelo nel mixer e montate fino ad ottenere la crema.

Versatela nei due bicchieri, fino al bordo. Per un’ottima presentazione, decorate con topping.Questa è la ricetta base del Milkshake. Marco Poidomani, per Caffè Moak, vi propone nuove e sfiziose varianti, per soddisfare qualsiasi palato. Per chi è intollerante alla caffeina potete sostituire l’espresso con un ottimo decaffeinato. Il procedimento è sempre lo stesso e il risultato sarà comunque eccellente. Anche la decorazione può essere un alleato per arricchire i sapori e la presentazione finale: spalmate sul fondo del bicchiere, prima di versare la crema di caffè, il topping di cioccolato, di pistacchio o alla nocciola; con lo stesso topping decorate infine con la tecnica del latte paint. Potete anche aggiungere granelli di amaretti o cereali, sia sopra la crema di latte che sull’orlo del calice con il metodo crustas. Infine, per chi preferisce la frutta alle creme, aggiungete tra lo strato di crema di caffè e quella di latte pezzi di frutta fresca di stagione. Vi garantiamo, che il vostro cappuccino freddo avrà successo!*Per ottenere un ottima montatura e cremosità è necessario utilizzare solo mixer.

Scarica il video e scopri come preparare un ottimo

cappuccino freddo.

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di Marco Pederzoli

Varcando la soglia del Caffé Pasticceria Gollini di Vignola (MO), non si entra soltanto in un locale ricchissimo di storia, ma si respira un’atmosfera tutta particolare, che rimanda al sapore delle cose uniche. Qui infatti sono nate due torte, la “Barozzi” e la “Muratori”, tutelate da un marchio regolarmente registrato e oggi richieste in tutto il mondo. Qui si può degustare un caffé all’ombra di un castello medievale ancora perfettamente intatto, che riecheggia gli antichi fasti delle potenti famiglie locali. Qui si rende omaggio ad artisti e intellettuali come Jacopo Barozzi (1507 – 1573) e Ludovico Antonio Muratori (1672 – 1750), che nei rispettivi ambiti raggiunsero vette di livello assoluto, come possono essere l’incarico di architetto capo per la basilica di San Pietro a Roma (dopo la morte di Michelangelo) per Barozzi e la pubblicazione di 38 volumi di ricerche storiche e letterarie per Muratori.Ma ecco la storia. Il Caffé Pasticceria Gollini nasce all’inizio del Novecento in via Garibaldi, dove si trova tuttora, sotto il portico di un antico edificio. Il fondatore è Eugenio Gollini, cui succederanno prima i figli, Agenore e Giuseppina, quindi i nipoti, Eugenio junior e Carlo, infine le attuali titolari, ovvero le pronipoti Franca e Paola. Proprio il fondatore ha ideato quella torta – la Barozzi – destinata a fare la fortuna del locale. Non fu tuttavia un percorso semplice. Eugenio senior ideò dapprima, nel 1887, quella che chiamò “Torta Nera”, poi “Pasta Barozzi” quando, nel 1907, la cittadina di Vignola si apprestava a celebrare i quattro secoli dalla nascita di Jacopo Barozzi. Pochi anni più tardi, fu quindi battezzata definitivamente Torta Barozzi. In altri termini, a questo dolce ci si arrivò dopo una serie di miglioramenti continui, basati anche sull’indice di gradimento mostrato dai clienti. A un certo punto, tale ricerca verso la perfezione si fermò ed Eugenio decise che “meglio di così non si poteva fare”. Da allora, la ricetta della Torta Barozzi è gelosamente custodita e protetta all’interno delle mura di questo caffé – pasticceria, dove viene servita nel suo immancabile involucro di carta stagnola che contribuisce a mantenerne la fragranza, dal momento che una peculiarità di questo dolce è l’assoluta assenza di ogni sorta di conservante o additivo. Il caffé e il cacao contenuti in questa torta, sapientemente miscelati con altri ingredienti, contribuiscono a diffondere un aroma che è possibile ancora oggi avvertire passando nei pressi del locale.La Torta Muratori invece, anch’essa tutelata da marchio

Gollini, all’ombra del castello medievale delicatessen al caffè.

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registrato, è stata ideata nel 1930 dal figlio di Eugenio senior, Agenore, e fu chiamata “Muratori” anni dopo, quasi a volere fare “atto di riparazione” nei confronti della memoria di un altro illustre vignolese, quale fu appunto il già citato Ludovico Antonio Muratori. Si tratta di una pasta a base di mandorle bianche, zucchero, uova e burro, sapientemente dosate per un esito finale soffice e delicatissimo.Ultimo ma non per importanza, tra le creazioni del Caffé Pasticceria Gollini c’è anche un dolce tipicamente natalizio: la “Spongata del Nonno”, un impasto ricco di ingredienti quali confettura di frutta, mandorle, uvette, frutta candita, pinoli, miele, cacao, cioccolato e zucchero, che si differenzia tuttavia dalla tradizionale “spongata” per avere in più anche una copertura di spessa glassa di cioccolato.Un caffé da Gollini, insomma, è sempre un momento piacevole e merita in ogni stagione.

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La tazzina non solo per contenere caffè, ma anche oggetto su cui esprimere arte e creatività. Da un progetto di for[me] moak nasce nel 2011 la nuova linea “edizione limitata” delle tazzine Moak. La forma e i materiali sono gli stessi del coordinato dedicato alla linea ho.re.ca. A renderle uniche e oggetti da collezionare è l’elemento decorativo, che ne esalta il valore estetico ed artistico.Tazzina e piattino diventano, dunque, tele su cui dipingere. Angelo Ruta, illustratore e appassionato di arti visive, firma l’edizione 2011 “Project one”.Il disegno illustra la storia del caffè, trattando stilisticamente elementi provenienti dal sud del mondo, paesi d’origine del caffè. Le decorazioni costituiscono quindi una sorta di racconto, dove le linee non parallele spezzano la forma perfetta della tazzina. Essenziale anche la scelta dei colori: l’oro aggiunge profondità, creando un piano contrapposto al nero. Lo studio e la ricerca di for[me] moak si esprimono anche nel cucchiaino, elemento di forte richiamo per la sua forma. Ciò che affascina è il design minimale e innovativo, l’equilibrio delle proporzioni, le linee chiare e pulite. Le dimensioni ridotte e la superficie piatta facilitano la presa e la mescita del caffè. All’estremità del manico i due simboli geometrici del cerchio e del triangolo non sono casuali o semplici elementi decorativi. Nel linguaggio della simbologia il cerchio (equilatero) rappresenta la perfezione e l’armonia, le stesse che Moak vuole far rievocare nel preparare un ottimo caffè. Il cerchio, invece, rappresenta la ciclicità degli eventi: il movimento circolare richiama quello della mescita del caffè, gesto che compiamo quotidianamente, con una successione continua e invariabile di istanti (da qui il concetto di ciclicità).Gli stessi elementi li ritroviamo nel manico della tazzina, dove il cerchio per la presa è racchiuso in un quadrato (che è la somma di due triangoli equilateri).

Edizione Limitata. La tazzina da collezionare.

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La colorazione è quella oro, per esaltare l’unicità del cucchiaino, differenziandolo così da quello in acciaio neutro abbinato al coordinato ho.re.ca. I tre elementi sono poi custoditi in un packaging studiato nel design e nella scelta dei materiali: la carta “kraft”, utilizzata negli imballaggi, contrasta l’eleganza dei tratti e la lussuosità dell’oro che ritroviamo, come una piacevole e inattesa scoperta, aprendo la scatola. Per il 2012 il soggetto di “Project two” è lo stesso della nuova campagna di comunicazione “moak. another story”. La mano dell’artista, anche per questa edizione, è quella di Angelo Ruta, che con ironia, sintetizza la storia di Adamo ed Eva, in un “giro di tazza”.In “moak, another story” il messaggio è sempre quello di positività e di ottimismo, di come si può cambiare la storia, seguendo percorsi nuovi, diversi, in controtendenza al messaggio di scetticismo dovuto ai momenti di difficoltà

che il nostro Paese sta attraversando. Come Adamo che, in “moak, another story”, rifiutando la mela, cambia il corso degli eventi, è una storia nota a tutti.L’edizione “Project two” si arricchisce di nuovi elementi: una latta da 250 grammi di Aromatik, miscela di punta di Caffè Moak, e un téte-a-téte, completo di cucchiaini. Una tazzina è dedicata ad Adamo ed Eva ed una, completamente rossa, rappresenta la mela del peccato. Ancora una volta Caffè Moak coniuga il gusto per l’estetica e l’arte alla perfetta funzionalità dell’oggetto. Da qui la scelta di for[me] moak di utilizzare per la linea casa la stessa tazzina della linea bar, mantenendo quello spessore che garantisce una facile impilabilità, un’ottima cremosità e ne esalta l’aroma dell’espresso, perchè il piacere di bere un caffè al bar possa ripetersi anche a casa.Info su www.store.caffemoak.com

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Il caffè.Una passione nata in fazenda.

di Dino Della Casa

Ha gli occhi del colore delle nocciole del Piemonte, un sorriso charmant, una bella fisicità che è tutta simpatia e lo sguardo di chi nella vita ha saputo cogliere gli autentici piaceri e i migliori momenti. Ma Enzo Fulginiti è anche – non bisogna mai dimenticarlo – un grande intenditore di caffé, che ha viaggiato in tutto il mondo e ha conosciuto da vicino importanti “fazendas” e aziende di torrefazione. The Sign Moak ha raccolto la sua autorevole opinione sul caffé e il suo mondo.

Dott. Fulginiti, come si è sviluppata la sua passione speciale per il caffé?A quanto ricordo, il mio rapporto con il caffè, non dico che è nato, ma si è sicuramente rafforzato e consolidato durante un viaggio compiuto ahimè tantissimi anni fa. Mi trovavo in una piantagione di caffè con relativa fazenda in Sud America e rimasi particolarmente affascinato da tutto il lussureggiante contesto che mi circondava. Ciò sebbene non riesca a darmene una ragione, dal momento che non sono particolarmente dotato di pollice verde. Questa pianta mi apparve particolarmente bella e creava un piacevole contrasto con le bianche costruzioni della fazenda. Ancora oggi il ricordo è vivo in me e lo porto dietro negli anni.

Un’immagine che non dimenticherà mai di quel viaggio?Quelle vecchie torrefazioni dove, entrando prima di gustare la tazzina, ti assaliva fortemente il profumo della tostatura, con la vista delle pale che giravano mentre i chicchi di caffé si “abbronzavano” sempre più.

Oggi come considera il caffé?Per me resta un fedele compagno quotidiano. E non bisogna pensare al caffé solo in quanto espresso, gustato esclusivamente a chiusura di un pasto o come apertura di una giornata, ma alle sue varie declinazioni, che sono le più varie e versatili. Si va infatti dall’estivo caffé shakerato, dove al ghiaccio si possono aggiungere diversi ingredienti a seconda dei propri gusti per una maggior fonte di rinfrescante vitalità, alla granita di caffé con o senza panna, all’irish coffee e all’affogato (imperdibile quello gustato in questi giorni all’Harry’s bar di Venezia con il gelato di crema preparato all’istante). A Torino poi posso ancora gustare il caffè in versione Bicerin, sembra di antica discendenza bavarese, e pare che Cavour, Alexandre Dumas padre e in tempi più recenti Picasso, ne furono grandi estimatori. Insomma con il caffè ognuno si può sbizzarrire a piacimento.

Secondo lei, quale momento sta vivendo oggi il caffé?Ottimo, direi. Attualmente è molto di moda la preparazione di piatti al caffé da parte dei più grandi chef, vere opere d’arte culinaria. Tuttavia, non dimentico anche il “semplice” liquore al caffé, il caffé sport Borghetti, del quale conservo ancora qualche vecchissima bottiglia. Insomma, per me il caffé, come si sarà capito, è un amico e un compagno a cui non saprei rinunciare e, spesso, mi capita di aprire la serata con un caffé preprandiale alle 20 prima di cena, per poi chiudere alla fine della cena con il mio consueto doppio ristretto in tazza piccola e caldissima.

Un saluto per i lettori di The Sign Moak?Buon caffé a tutti.

Enzo Fulginiti è l’attuale presidente della Consorteria Internazionale “Maestri e Amatori della Cucina Italiana”. Un sodalizio di gourmet dove i Maestri sono chef dei migliori ristoranti, soci dell’associazione ,e gli Amatori appassionati cultori della buona cucina. La Consorteria si riunisce periodicamente, secondo un calendario annuale varato dal consiglio di presidenza, alla ricerca di ristoranti “d’eccellenza” che propongono la miglior cucina per cultura, creatività, continuità nella tradizione. Fulginiti, quale autentico conoscitore della cucina internazionale e del nostro Paese, da quest’anno è anche presidente dei Senatori di Altissimo Ceto Viaggiatore Gourmet per il maggior numero di presenze alle conviviali che normalmente si svolgono presso i ristoranti pluristellati delle varie guide Michelin. Appassionato di auto storiche, possiede alcuni splendidi modelli che partono dagli anni ’30. E’ consigliere della Scuderia Jaguar storiche. Enzo Fulginiti e la sua Jaguar SS TWO (1943)

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Caffè Moak.Tra risotto piemontese e dolceria emiliana.

Ristorante “Moreno”di Fulgenzio

Moreno Grossi, toscano di Monsummano (PT), il paese di Yves Montand, ha cominciato a muovere i primi passi in cucina con la nonna, eccellente cuoca di una nobile casata, carpendone ogni segreto, che poi gli varrà la sua maestria.Approda poi a Dogliani (CN), dove conosce il presidente Luigi Einaudi, e impara ad amare, oltre alla cucina toscana, anche quella piemontese. Si trasferirà poi al Gatto Nero di Torino e questo prima di ritrovarlo definitivamente sempre a Torino alla “Smarrita” che, dal suo nome, diventa il celebre “Da Moreno”. Modificando il modo di servizio, le cotture, le presentazioni e per allora anche la scenografia di un pranzo in tutti i suoi vari aspetti, apre, con grandissimo successo, una nuova stagione di innovazioni portando una ventata di aria nuova nella ristorazione torinese. Di quel tempo restano memorabili alcune preparazioni e alcuni servizi, tra i quali una cena iniziata alle 21 e finita al mattino seguente con caffè, cappuccino e brioches, più un paradisiaco pane degli angeli, evidente retaggio degli insegnamenti della nonna.Lo abbiamo ritrovato all’altezza dei vecchi tempi con questo piatto che qui vi descriviamo: per 6 persone:500 g riso, n. 6 scalogni, n. 4 gambi di sedano (centro), 3 hg di salsiccia di Bra, 1 hg di capperi di Pantelleria, n. 9 filetti di acciuga, 40 g caffè macinato, 60 g burro, 1 hg di parmigiano, un buon brodo di carne bovino adulto con poco sale, rum bianco 120 cl.Fare rosolare gli scalogni in un po’ di olio, tostare il riso, bagnare nel rum e fare evaporare, aggiungere brodo e gambi di sedano tritato, rosolare la salsiccia privandola della pelle. Togliere dal fuoco e aggiungere il burro, capperi e acciughe tritate, aggiungere il brodo sufficiente, mettere il parmigiano e lasciare riposare. Infine cospargere il tutto con una bella spolverata di caffè.

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Ristorante “Da Arnaldo” di Gian Paolo Galloni

A Rubiera, tra Reggio Emilia e Modena, c’è il ristorante Clinica Gastronomica Arnaldo, considerato dai buongustai un tempio della cucina emiliana. L’ambiente è caldo e accogliente, arredato con gusto e raffinatezza, curato nei minimi particolari. Si tratta di un ristorante molto particolare, dove la cucina e la qualità sono quelle di una volta. La Clinica Gastronomica fece parte del gruppo dei primi ristoranti italiani a ricevere la stella Michelin nel 1959 e oggi è rimasto l’unico di quelli ad averla ancora, un vero record!Chef pasticciere è Roberto Bottero, figlio di Anna, cuoca “stellata”, e nipote di Arnaldo Degoli, fondatore della Clinica Gastronomica. Si può dire che Roberto sia nato direttamente in cucina dato che la madre lo allattava tra padelle e casseruole. Per questo conosce tutti i segreti della tradizione gastronomica emiliana ma si diletta anche nella ricerca di nuove “delicatessen” che crea e serve tra tortellini, zamponi e bolliti. Il dessert elaborato da Roberto con il caffè Moak e una mousse di cioccolato fondente Grand Cru de Terroir Tainori, sciolta a bagno maria col burro, una tazza di caffè, 6 uova, 150 gr. di zucchero. Questa mousse va posta in frigo 12 ore prima di essere servita.

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Moak. Un’azienda in continua crescita.

di Sara Di Pietro

Dietro il successo di un’azienda ci sono grandi uomini e sono loro che ne fanno la storia. The Sign Moak ha voluto raccontarvela, sin dagli inizi. La capacità di mantenere alto il nome di chi, come Giovanni Spadola, ha fondato un’azienda non è sempre così scontata; spesso, nel passaggio generazionale, si rischia di perdere ciò che è stato creato negli anni con tanti sacrifici. E proprio nell’ultimo numero la nostra storia era arrivata all’ingresso in azienda di Alessandro ed Annalisa Spadola. Con la stessa passione e professionalità del padre, hanno saputo, in breve tempo, guidare l’azienda, mantenendo un marchio che era già consolidato, dando però un’impronta personale nella gestione aziendale. La “nuova” Moak è giovane, dinamica e con grande voglia di crescere. Il 2011 è stato un anno importante e significativo. Nonostante la crisi economica globale, che ha investito qualsiasi settore, l’azienda incrementa gli investimenti e

lancia nuove sfide di mercato, avviando nuovi progetti di modernizzazione sia nel settore produttivo che gestionale. La nuova sede, inaugurata nel 2010, è il primo biglietto da visita: un complesso architettonico di 3200 m2, distribuiti su due piani per l’area amministrativa e 5500 m2 destinati alla produzione. Il team cresce: 100 i collaboratori e altre 5 unità, tra il 2011 e il 2012, si uniscono al lavoro di squadra. Moak, inoltre, è sempre attenta ai giovani emergenti, tra studenti e laureandi. I migliori vengono selezionati come stagisti e a volte anche integrati. Un gruppo di lavoro dinamico e coinvolto nella nuova mission, dove l’entusiasmo e la grinta animano il lavoro quotidiano di ciascuno. Crescono anche gli investimenti nel settore horeca. Ai bar, che rappresentano il punto di forza tra azienda e territorio, viene rivolta particolare attenzione: dalle soluzioni innovative del prodotto, all’assistenza rivolta al cliente, alle nuove linee di merchandising, recentemente rinnovate nel design, che rappresentano una nuova immagine elegante e moderna

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Scarica il video e scopri

il mondo Moak

del brand Moak. I risultati sono chiari e soddisfacenti. Nonostante la contrazione generale dei consumi e gli aumenti continui della materia prima, Moak ha chiuso il 2011 con un incremento del fatturato generale di circa il 13%.Altro settore che ha risposto bene al mercato è quello della cialda, rappresentando quasi il 10% del fatturato caffè. Risultati soddisfacenti grazie anche all’attenzione che l’azienda rivolge alla qualità. Nel 2000 ottiene la certificazione ISO 9001, che attesta il rigore che Moak applica nei sistemi di gestione per la qualità. L’anno successivo, grazie agli elevati standard impiegati nella gestione ambientale delle proprie attività, ottiene anche il riconoscimento della certificazione ISO 14001. Oggi Moak ha anche ottenuto la certificazione Fairtrade, il marchio di garanzia del Commercio Equo e Solidale e quella di produzione di caffè biologico, riconosciuta da Ecogruppo Italia. Il marchio Moak oggi è in tutto il mondo: presente in ben 60 Paesi, con una rete di circa cinquanta concessionari, da poco ha avviato piani di sviluppo in Asia e Nord Africa, con particolare attenzione ai paesi del Middle East, mentre negli Stati Uniti, nel corso del 2012, sono previsti importanti investimenti. E’, invece, in fase di attuazione il nuovo ed ambizioso progetto dei franchising “AlBar”. Il primo punto vendita è stato da poco inaugurato a Milano all’interno del Palazzo della Provincia. A differenza di altri brand, che impongono determinati standard contrattuali e gestionali, Moak ha scelto di seguire una nuova filosofia che punta al rispetto e alla valorizzazione delle risorse del territorio in cui è presente. Il cliente potrà così apprezzare tradizione e innovazione culinaria. Requisito d’obbligo è la selezione accurata delle materie prime che il luogo offre. Oggi Caffè Moak è una realtà imprenditoriale solida e dinamica, sempre pronta a nuove sfide di mercato. Ha da poco compiuto 45 anni, ma nell’anima è ancora giovane e con tanta voglia di raccontarvi altre nuove storie.

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Profumo di caffé a teatrodi Marco Pederzoli

Fin da quando in Europa, e quindi anche in Italia, cominciarono a moltiplicarsi i caffé o le coffee houses che dir si voglia, l’aroma del caffé cominciò a invadere piacevolmente anche i teatri italiani. Uno dei primi riferimenti espliciti alla bevanda che ormai contendeva il primato al the nei salotti della nobiltà e della borghesia risale al 1750, allorché il veneziano Carlo Osvaldo Goldoni (Venezia, 1707 – Parigi, 1793) scrive “La bottega del caffé”. Considerato il padre della moderna commedia, Goldoni delinea in quest’opera il tipico ritratto di una piazzetta veneziana, animata dalla presenza di una bottega di caffé e di altri locali che permettono ai personaggi un vivace gioco di entrate e di uscite. La trama è incentrata sul caffettiere Ridolfo, che si sta prendendo a cuore la sorte del giovane mercante di stoffe Eugenio, il quale da qualche tempo frequenta assiduamente la casa da gioco di Pandolfo. Nata inizialmente come intermezzo in tre parti, “La bottega del caffé” riscosse un enorme successo fin dal sua prima rappresentazione (avvenuta a Mantova), tanto che ciò spinse l’autore a tornarci sopra, ampliandola fino a crearne una commedia in tre atti. Ancora oggi, è considerata uno dei suoi testi più fortunati tra le sedici commedie nuove. Anche nella lirica, con Gioacchino Rossini (Pesaro, 1792 – Parigi, 1868), l’aroma di caffé diventa protagonista. Nell’atto primo di “Cenerentola”, proprio il caffé è al centro di un’animata discussione. Cenerentola offre infatti

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la colazione ad Alidoro, ma le sorelle Tisbe e Clorinda la rimproverano. Ecco il testo originale: Cenerentola: “Zitto, zitto: su prendete/ Questo po’ di colazione”. (Versa una tazza di caffé e la dà con un pane ad Alidoro coprendolo dalle sorelle). Alidoro: “Ah non reggo alla passione,/Che crudel fatalita’!/Forse il Cielo il guiderdone/Pria di notte vi darà”. Clorinda e Tisbe: (pavoneggiandosi) “Risvegliar dolce passione/Più di me nessuna sa (volgendosi ad osservare Alidoro) Ma che vedo! Ancora lì! Anche un pane? anche il caffé? (scagliandosi contro Cenerentola). Prendi, prendi, questo a te”.

Pure un contemporaneo di Rossini, Gaetano Donizetti (Bergamo, 1797 – 1848), mette del caffé nel suo “L’elisir d’amore”. Nell’aria finale del secondo atto, il dottore Dulcamara paragona il suo elisir d’amore proprio al caffé, riconoscendo ancora una volta in controluce le qualità stimolanti di questa bevanda. Dice infatti: “Egli e’ un’offa seducente pei guardiani scrupolosi/ è un sonnifero eccellente per le vecchie, pei gelosi;/dà coraggio alle figliuole/che han paura a dormir sole;/svegliarino è per l’amore/più possente del caffé.”

In tempi più recenti, non si può non citare l’attore, drammaturgo, regista e politico Eduardo De Filippo (Napoli, 1900 – Roma, 1984), tra i massimi esponenti della cultura italiana nel secolo scorso. Nel suo “Natale in casa Cupiello” il protagonista, Luca, rimprovera la moglie Concetta che, secondo lui, non è in grado di preparare un buon caffé. “Concè – dice Luca - ti sei immortalata! Che bella schifezza che hai fatto! ...Non ti piglià collera Concè. Tu si una donna di casa e sai fare tante cose. Per esempio ’a frittata c’ ’a cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. E’ una pasticceria. Ma ’o ccaffè non è cosa per te....Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perché vuoi risparmiare. Col caffé

non si risparmia. E’ pure la qualità scadente: chisto fete ’e scarrafune...”. In “Questi fantasmi”, commedia sempre di Eduardo De Filippo scritta nel 1946, c’è un lungo monologo dove il protagonista Pasquale spiega al dirimpettaio di balcone come si prepara un buon caffé. Si riporta qui la prima parte, dove compare anche la macchinetta per il caffé: “A noialtri napoletani – afferma Pasquale - toglierci questo poco di sfogo fuori al balcone... Io, per esempio, a tutto rinuncerei tranne a questa tazzina di caffé, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell’oretta di sonno che uno si è fatta dopo mangiato. E me la devo fare io stesso, con mani. Questa è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare pure sei, e se le tazze sono piccole pure otto per gli amici... il caffé costa così caro...”

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di Saro Giunta

Nell’ultimo numero di The Sign Moak vi abbiamo parlato della miscela, iniziando il nostro viaggio alla scoperta delle regole delle 5 “M”, i comandamenti da seguire per preparare un ottimo espresso. Il caffè che arriva al barista è in grani e, per essere utilizzato, deve essere macinato. La seconda regola da osservare, quindi, è quella dell’uso corretto del macinadosatore. Il macinadosatore è composto da una tramoggia (o contenitore), che va regolarmente pulita per evitare che gli olii contenuti nel caffè si irrancidiscano nelle pareti. Le macine che lo supportano, che servono per polverizzare i grani, sono di due tipi: piane o coniche. Le prime vanno sostituite dopo circa 400-600 kg di

caffè, le coniche ogni 700-800 kg. Le macine piane hanno un campo di macinatura più ristretto e un numero maggiore di giri del motore, mentre le coniche girano ad una velocità minore, provocando meno surriscaldamento, con possibilità di macinare più grani. Altro elemento importante è il dosatore, che accoglie il macinato e che va regolato per mezzo di una vite centrale. Ogni singola dose deve avere il peso di circa 7 grammi. Al di sotto della quantità indicata si otterrà un caffè molto leggero e diluito; superando la dose consigliata, invece, sarà alterato il sapore del caffè, che risulterà poco gradevole e particolarmente forte.Per la manutenzione del dosatore vale la stessa regola del contenitore: anch’esso va pulito settimanalmente con l’ausilio di un semplice pennello. E’ infatti importante evitare di lasciare caffè macinato nel dosatore. Il processo di invecchiamento del caffè inizia rapidamente dal momento in cui viene macinato; il chicco tostato contiene grassi, olii e aromi che si disperdono facilmente a contatto con l’ossigeno (ossidazione), alterando così le caratteriste sensoriali della bevanda. Conoscere la struttura e il funzionamento del macinadosatore è fondamentale per ottenere un ottimo espresso.

Le 5 “M” del caffè. “M” come Macinadosatore

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Il nostro consiglio è quello di effettuare innanzitutto alcune prove di macinatura, al fine di ottenere la giusta granulometria. E’ importante, però, che si tenga bene in considerazione il grado di umidità dell’aria e dell’ambiente, in quanto da esso dipende il passaggio più o meno ottimale dell’acqua attraverso il caffè. Se, quindi, il clima è più secco, bisognerà effettuare una macinatura più fine; se, invece, l’ambiente è più umido, la macinatura sarà più grossa. Per avere un grado di macinatura ottimale la polvere di caffè deve risultare quasi impalpabile al tatto. Ma la verifica vera e propria si ha osservando il modo di uscita del caffè dal portafiltro, che deve essere a “coda di topo”. La giusta erogazione dipende anche dall’utilizzo di una buona macchina da caffè. Ma di questo vi parleremo nel prossimo numero di The Sign Moak.

In sintesi i consigli per il barista:

1. Macinatura più fine in clima secco2. Macinatura più grossa in clima umido3. Pulizia settimanale della tramoggia e del dosatore4. Controllo usura macine5. Non lasciare caffè macinato nel dosatore

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Caffè e salute in estate.La caffeina ottimo alleato per dimagrire.di Sara Di Pietro

L’estate è arrivata e con essa anche la voglia di essere in forma. In questo secondo numero di The Sign Moak parleremo, quindi, degli effetti benefici della caffeina in una corretta dieta dimagrante e di come può influire positivamente sull’attività sportiva.Abbiamo intervistato per voi il dott. Maurizio Messina, consulente nutrizionale e il dott. Michele Rosa, specialista in medicina, nutrizione e traumatologia dello sport. Entrambi giovani e modicani, grazie agli studi e ai risultati ottenuti in ambito terapeutico-nutrizionale, sono oggi riconosciuti tra le eccellenze mediche internazionali.

Maurizio Messina. Consulente nutrizionale.Spesso ci si chiede se il caffè faccia ingrassare o dimagrire. Quanto influisce la caffeina per chi vuole perdere peso?Il caffè è, per il suo contenuto, un alleato ideale della linea, capace di far bruciare più calorie di quante ne fornisce. La caffeina contiene una sostanza stimolante che accelera il metabolismo e, come è stato visto in uno studio, incrementa del 10% le capacità dell’organismo di bruciare calorie. Inoltre, i grassi sono trascinati fuori dalle cellule cosicché siano subito disponibili sotto forma di energia e quindi più facilmente eliminabili.Questo processo di veloce smaltimento lo si ha, ad esempio, se si beve un espresso dopo pranzo e poi si effettua dell’attività fisica: i grassi che sono stati assunti durante il pranzo sono bruciati più facilmente.

In che modo l’organismo, per chi assume caffeina, è in grado di bruciare calorie?Secondo alcune ricerche scientifiche, 500 mg di caffeina possono incrementare il metabolismo basale del 10 e talora del 25% con un picco massimo fra la prima e la terza ora dall’assunzione. In pratica, una persona con metabolismo basale di 1900 Kcal può risparmiare da 190 a 475 Kcal al giorno. Occorre però ricordare che l’espresso del bar apporta solo 60 mg di caffeina, contro gli 80 della tradizionale caffettiera moka, a causa della scarsa esposizione della polvere del caffè all’acqua.

E’ vero che il caffè può ridurre la fame?Vero. Il merito non va però alla caffeina, bensì alle sostanze prodotte durante la torrefazione dei chicchi verdi, che aiutano a ridurre il senso di fame. Un caffè, soprattutto se bevuto a digiuno, permette di arrivare all’ora del pasto senza troppa fatica. Inoltre il caffè ha una blanda azione anoressizante, quindi aiuta a spegnere il senso di fame che può farsi sentire tra un pasto e l’altro, specialmente per chi ha appena iniziato una dieta ipocalorica. Questo non significa che per dimagrire in fretta sia necessario bere caffè dalla mattina alla sera, dato che, a dosi elevate, la caffeina può causare agitazione e disordini nel sonno.

Quante calorie contiene una tazza di caffè?Una tazzina di caffè fornisce all’organismo approssimativamente 2

kcal. Chiaramente, l’apporto energetico di un caffè corretto con latte, panna o alcolici aumenta notevolmente rispetto alla bevanda amara. Facciamo degli esempi: una tazzina di caffè con un cucchiaino di zucchero bianco ha circa 25 Kcal, con zucchero di canna 23 kca, un caffè amaro macchiato con il latte 10 Kcal mentre corretto con 10 ml di sambuca 25 kcal.

In una corretta dieta dimagrante, quando è consigliabile prendere il caffè?Oltre quello della mattina, suggerirei di prenderlo ai primi morsi della fame in quanto aiuta la persona ad allontanarsi dalla tentazione di assumere dolci o salati, e nello stesso tempo assume una bevanda povera di calorie. Sconsiglierei l’assunzione nelle ore serali.

Quanti caffè al giorno sono consigliati?In una dieta dimagrante, per ottenere risultati più immediati, direi da 3 a 4 tazzine al giorno senza zucchero o con dolcificanti sintetici. In questo modo sfruttiamo gli effetti positivi della bevanda, senza entrare nella spirale dell’assuefazione, che richiederebbe quantità sempre più elevate per trarne dei benefici.

Per maggiori informazioni: Dott. Maurizio Messina, consulente nutrizionale [email protected]

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Michele Rosa. Specialista in traumatologia dello sport.Caffè e attività sportiva. In che modo bisogna conciliarli in un adeguato programma di attività sportiva?Diversi studi scientifici hanno dimostrato che la caffeina può migliorare le prestazioni mostrando anche incrementi dall’8 al 12% nelle prestazioni di resistenza. Per un effetto ottimale è necessario assumerne almeno 3 mg per kg di peso corporeo con abbondante acqua circa un’ora prima dell’evento agonistico. La caffeina riduce la percezione dello sforzo e aumenta la capacità del corpo di bruciare acidi grassi, conservando così i carboidrati immagazzinati nei muscoli delle gambe. Occorre però puntualizzare che l’effetto della caffeina è molto ridotto se l’atleta segue una dieta particolarmente ricca di carboidrati o è un consumatore abituale di elevate quantità di caffè.

Quanto incide nelle attività fisiche l’assunzione di caffeina?L’assunzione equilibrata di caffeina durante la giornata favorisce dei miglioramenti fisici importanti per chi svolge attività sportiva sia a fine agonistico che non, quali: aumento del flusso coronarico (maggiore apporto di sangue al cuore), aumento della gittata cardiaca (maggiore apporto di sangue ai tessuti), aumento della pressione arteriosa sistolica, aumento del flusso ematico muscolare, renale e cutaneo, aumento del metabolismo, aumento della produzione di glucosio, con effetto effetto lipolitico e stimolante.Ovviamente non bisogna eccedere nelle quantità: 2 o 3 tazzine al giorno, meglio senza zucchero, sono l’ideale per sfruttare gli effetti positivi di questa bevanda, senza entrare nella spirale dell’assuefazione alla sostanza.

Può la caffeina ridurre la percezione di fatica durante l’attività fisica?Bere un espresso prima di praticare attività fisica aiuta a ridurre i dolori muscolari che possono comparire nel corso della performance sportiva con una netta riduzione della percezione della fatica muscolare, soprattutto in sport di resistenza e potenza.

E’ vero che molti integratori sportivi contengono caffeina?In effetti il 45% della caffeina assunta proviene dal caffè. Negli sportivi occorre tener conto dell’effetto sommatorio della caffeina assunta con i vari alimenti in modo da non superare i limiti imposti dalle normative antidoping. Ad esempio è noto che il contenuto in caffeina del caffè nella moka tradizionale é superiore rispetto all’espresso e che nelle donne l’utilizzo di alcune pillole contraccettive incrementa la durata d’azione della caffeina di circa il 50%. La dieta è quindi in grado di influenzare la risposta individuale alla caffeina.

Quali dosi sono consigliate per ottenere buoni risultati in termini di prestazioni sportive?Pubblicazioni scientifiche hanno dimostrato che il massimo effetto ergogenico della caffeina è ottenibile attraverso dosaggi nell’ordine dei 5/6 mg/kg. A tali dosi, la concentrazione di caffeina nelle urine è risultata inferiore ai limiti imposti dal Comitato Olimpico Internazionale. Le autorità antidoping hanno infatti fissato dei limiti di assunzione, sotto i quali l’utilizzo di questa sostanza viene consentito.

Per maggiori informazioni:Dott. Michele Rosa, specialista in medicina, nutrizione e traumatologia dello sport [email protected]

La caffeina per migliorare le performance.

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di Sara Di Pietro

Il fondo di caffè diventa materia da plasmare e riutilizzare. L’idea geniale è del designer spagnolo Raùl Laurì, che con il suo progetto Decafè, presentato a Milano al Salone del Mobile, si è aggiudicato il primo premio del Salone Satellite Award 2012. Lampade e ciotole realizzate con il riciclo degli scarti del caffè, che rende eterna la nostra bevanda preferita. Affascinati dal progetto, abbiamo voluto conoscere meglio l’inventore di Decafè, Raùl Laurì, in questa intervista che vi invitiamo a leggere.Che cosa ha significato aver ottenuto il primo premio del Salone Satellite Award 2012?Mi sento totalmente soddisfatto nell’aver ricevuto un riconoscimento così importante, soprattutto perché ho creduto tanto nel progetto che ho presentato e mi ci sono dedicato da molto tempo. Il premio è stato il punto cardine per incoraggiarmi nel continuare a elaborare e godermi il “Decafè”. Da dove nasce l’idea di utilizzare il fondo di caffè come materia da plasmare?Penso spesso al fatto di come potremmo riciclare la maggior parte della nostra spazzatura quotidiana. In questo caso, ho scelto il caffè, perché è un prodotto vicino a chi lo utilizza, famoso e consumato in tutto il mondo. Infatti, è il secondo prodotto più commercializzato al mondo. Inoltre, è accertato che il caffè è “portatore di esperienza”; non possiamo ignorare che migliaia di storie ed eventi normalmente avvengono intorno a una tazza di caffè. Quindi perché dovremmo sbarazzarci di un prodotto così prezioso, se è possibile sfruttare al massimo i suoi aspetti emotivi?

Qual è il processo di lavorazione e di riciclo per la realizzazione delle lampade Decafè?Innanzitutto, i fondi di caffè sono selezionati in condizioni adeguate e ideali e si sottopongono ad un processo di essiccazione con lo scopo di corrispondere ai livelli di umidità. Dopodiché, si mescolano con un legante naturale e sono soggetti a un processo di trasformazione sulla base di pressione e temperatura, dal quale risulta poi il materiale solido. Il fondo di caffè deve essere di una particolare miscela?In linea di principio, ho usato diversi tipi di caffè insieme. Tuttavia, ho anche fatto qualche test utilizzando le varie miscele separatamente. Penso che questo potrebbe essere un nuovo percorso per esplorare che prodotti creare usando aromi differenti. Quali sono i tempi di realizzazione?Ci sono diverse circostanze che possono influire sui tempi di produzione, come la densità, la dimensione dei pezzi e la forma. La lampada, oltre ad essere realizzata con il caffè, ne emana anche il profumo. Hai previsto una tecnica particolare?La tecnica consiste nel fatto di utilizzare una copertura che favorisce una dispersione naturale dell’aroma della materia stessa. Quali altri oggetti si possono realizzare con il fondo di caffè?Questo è solo un piccolo esempio della vasta gamma di possibilità che offre questa nuova materia. Si possono creare accessori di moda e gioielleria, oggetti per la casa o rivestimenti per pareti. Per i tuoi futuri progetti utilizzerai altre materie legate alla tradizione culinaria?Mi piace e mi diverto a investigare e sperimentare sulle tecniche tradizionali. Devo ammettere che sto portando avanti vari progetti con prodotti giornalieri. Ma al momento sono soltanto esperimenti.

Lampade al caffe’.Intervista a Raul Laurì.

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di Sara Di Pietro

Anche in questo numero abbiamo voluto arricchire la vostra lettura con una nuova rubrica :“Lo stile di arredare”. A voi, che amate il design, le innovazioni e le proposte glamour dedichiamo questa pagina, per sbirciare novità e curiosità, per dare stile ai vostri locali.Il ritorno al naturale, all’utilizzo di materie riciclabili è senza dubbio la nuova tendenza che molti designer e case produttrici seguono. Pezzi unici, spesso fatti a mano, in legno o cartone, realizzati con le risorse rinnovabili, diventano sedute, tavoli e lampade dal design moderno e minimalista. L’uso di elementi naturali rende lo stile di arredare una risorsa ideale per rinnovare un legame spirituale con natura.

contract for[me] moak : [email protected]

Lo stile di arredare.Tendenze al naturale.

Fridanasce dalla sperimentazione nell’applicazione di un’esile struttura in rovere massiccio ad un sottile guscio in multistrati realizzato con la tecnologia del tranciato tridimensionale, che dona comfort alla seduta ed un nuovo appeal contemporaneo al legno. XXII Premio Compasso d’Oro. Designers:Odoardo Fioravanti per Pedrali Esigo 8

Portabottiglie in cartone eco friendly, dal design a tutto tondo. Un grappolo elegante e leggero.By Exigo

ScagnetLo sgabello è realizzato in legno di faggio massello e trattato ad olio. Apparentemente scomodo, per la sua linea insolita, agevola una postura corretta per la schiena.Disponibile in due misure: h. 72.5 e h. 47.5. By ITF

ShellStruttura in rattan, verniciatura naturale, bianca, nera o wengè.Designer: Enzo Berti per Ferlea

Feel Disponibile in rovere sbiancato, tinto wengé o laccato bianco poro aperto. Disponibile con sedile imbottito.Designer: Pedrali lab.

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Design Industriale. Sugar[not]free

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di Sara Di Pietro

Nell’ultimo numero vi abbiamo parlato dei progetti che Moak ha avviato per il 2012 nell’ambito del design industriale, tra cui il concorso Sugar[not]free, promosso da Caffè Moak, in collaborazione con Aiap (associazione italiana progettazione grafica per la comunicazione visiva), di cui l’azienda è partner per il secondo anno consecutivo. Lo scorso 16 maggio, presso la sede Aiap in via Ponchielli a Milano, si è riunita la giuria composta da Cinzia Ferrara, vicepresidente Aiap e presidente di giuria, da Valeria Bucchetti , socio professionista Senior Aiap e docente universitario al Politecnico di Milano, Ginette Caron, socio professionista Senior Aiap, Annalisa Spadola, Responsabile Marketing & Comunicazione Moak, e Marco Lentini, Graphic Designer/Marketing for[me] Moak. A vincere il concorso è stato Dario Quatrini, designer industriale e socio Aiap, nonchè autore grafico, insieme al team Toroc, delle medaglie olimpiche “Torino 2006”, che “ha interpretato il progetto – questa la motivazione della giuria – con attinenza al brief e graficamente in modo innovativo”. Il giovane designer ha ricostruito con eleganza, attraverso forme semplici e una serie di segni sintetici ed espressivi, un piccolo e breve racconto delle principali fasi del caffè, dalla lavorazione alla degustazione, rispettando l’identità Moak e la capacità narrativa sia della singola bustina sia dell’intera serie. Oltre a Dario Quatrini, sul podio anche gli elaborati di Lorenzo Grazzani e del team Loredana Bontempi ed Emanuele Bonetti, rispettivamente secondo e terzo

classificato. Grazzani ha progettato un alfabeto visivo le cui forme e cromie ripercorrono la storia del caffè, dalla pianta alla lavorazione, attraverso dei segni che individuano un percorso temporale scandito sui sette artefatti progettati. Le forme di base, semplici ed essenziali, si compongono sovrapponendosi in trasparenza, generando un sistema di segni che dà luogo a composizioni inconsuete. La proposta progettuale di Loredana Bontempi ed Emanuele Bonetti, che hanno intitolato “parcodiyellowstone”, sposta invece l’attenzione dall’alimento zucchero al principio attivo in esso contenuto, inteso come farmaco necessario per il “buon design”. Le molecole sono rappresentate attraverso forme esagonali e linee che compongono semplici figure o texture raccontate da parole-chiave (sintesi, genio, creatività, passione, coerenza, intuito, buon gusto) espresse secondo la nomenclatura degli elementi chimici. Le illustrazioni di Dario Quatrini saranno le uniche ad essere il nuovo soggetto grafico delle bustine da zucchero Moak. Sei, per l’esattezza, di zucchero bianco e una di zucchero di canna. Ne andranno in produzione circa diciotto milioni di pezzi, con distribuzione bimestrale per ogni singolo soggetto grafico. Sugar[not]free non è soltanto il risultato di un concorso o di una competizione, ma traduce ancora una volta la filosofia del mondo Moak: anche una semplice bustina da zucchero, di cui spesso si apprezza solo il contenuto, può essere strumento per veicolare nuove forme d’arte e dare quel valore aggiunto a chi le propone. Per chi, invece, non si limita al consumo del suo contenuto, può anche apprezzarle come piccolo oggetto da collezionare.

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Maria Grazia Cucinotta, la siciliana star di Hollywood

di Rolando Giusti

Bella, brava e ammirata in tutto il mondo. Un ritratto molto limitato di Maria Grazia Cucinotta, potrebbe proprio partire da questi tre aggettivi. Perché in effetti lei, messinese, classe 1968, nata il 27 luglio sotto il segno del Leone, ha saputo coniugare diverse qualità della sua persona, per divenire negli anni una vera e propria diva del cinema e della televisione. Ma com’è, fuori dal set, la vera Maria Grazia? L’intervista che segue può aiutare a capirlo.

Maria Grazia, partiamo da un dato anagrafico. Lei ha da poco superato i 40 anni, età fatidica per molte attrici. E’ così?Non credo sia il mio caso. Molte attrici aspettano solo i copioni. Io, se non ho impegni di lavoro, mi impegno in cause importanti, come il progetto “End Polio Now”.Nonostante la sua brillante carriera da attrice, riesce a coniugare bene anche la vita familiare, tanto che è sposata dal 1995 e ha avuto anche una figlia, Giulia. Qual è il suo segreto?Con Giulio (Giulio Violati, il suo consorte, n.d.r.) mi trovo molto bene: entrambi condividiamo il valore della famiglia, c’è corrispondenza di gusti e ci amiamo tantissimo. E’ altrettanto vero che ci differenziano i ritmi di vita: io prendo un aereo due o tre volte alla settimana, mentre lui è più sedentario. Tuttavia, ritengo che incontrare una persona così sia stata per me una grande fortuna.Ci racconti dei suoi inizi. Come cominciò tutto?Iniziai partecipando al concorso di Miss Italia. Era il 1987, avevo 18 anni, ma raccontai di averne 22 perché temevo che altrimenti non mi avrebbero preso per fare pubblicità. Arrivai terza e fu fantastico: da un quartiere di periferia di Messina mi ritrovai catapultata all’improvviso in una trasmissione di punta a livello nazionale, che si chiamava “Indietro tutta”. Mi trasferii quindi a Roma e per quattro – cinque anni feci la valletta in diversi programmi, finché non arrivò la chiamata per “Il Postino”.Come bussò “Il Postino” a casa sua e come fu l’incontro con Massimo Troisi?Fu Natalie Caldonazzo a presentarmi Troisi. All’epoca, lei era la sua fidanzata ma anche una mia amica. Lui stava girando “Il Postino” e cercava una ragazza per interpretare Beatrice Russo. Grazie a quell’incontro, mi sono costruita una carriera. Ricordo che Massimo era una persona fantastica: gentile, allegro, spiritoso. Tutti lo adoravano.A inizio carriera, i suoi genitori come presero la sua decisione di diventare attrice?E’ giusto premettere che i pregiudizi su questa professione sono tanti. Per cui, mio padre era piuttosto scettico, mentre devo ammettere che mia madre è sempre stata mia complice, appoggiandomi in questa decisione.Dopo Trosi, arrivò l’incontro con Pieraccioni. Come andò?Ricordo che fu divertente. Eravamo entrambi imbranati e timidissimi: lui al suo primo film, io al secondo. Però credo che “I laureati” sia stata una delle sue storie più belle.

Un anno di svolta nella sua carriera fu anche il 1996, quando approdò in America...In quel periodo girai “A Brooklyn State of Mind” con Vincent Spano e Danny Aiello, “The ballad of the nightingale” con Virginia Madson e un episodio della serie “I Soprano”. Furono esperienze che mi insegnarono molto. In America ho capito che un film non è solo intrattenimento, ma un modo per influenzare anche il modo di pensare delle persone. Gli italiani spesso se lo dimenticano.Recentemente ha anche lavorato con Anthony Hopkins nel film “The Rite”. Che pellicola è e come è stata la sensazione di essere a fianco di un “mostro sacro” del cinema internazionale?Il film è un horror che parte da un racconto di Matt Baglio, uno scrittore italo-americano il quale a sua volta si è ispirato a una storia vera. Tutto quello che accade è molto simile alla realtà e proprio per questo fa più paura. Io sono la zia di una ragazza indemoniata che è Marta Gastini, un’attrice giovanissima e fantastica. Per quanto riguarda Hopkins, mi sono trovata molto bene con lui: sul set c’era molta professionalità. Il bello di quando lavori con gli americani è che sei uguale a tutti gli altri, nessuno si dà delle arie.Che personaggio le piacerebbe interpretare ora?Mi piacerebbe essere tante donne diverse nell’ambito dello stesso film.Con quali registi vorrebbe lavorare?Emanuele Crialese e Lucio Pellegrini.Cosa c’è nel futuro di Maria Grazia Cucinotta?Ho una casa di produzione, lavoro con la Cina e assorbo l’energia di questo Paese in crescita. L’ultima domanda è sul suo rapporto con il caffé.Non posso negare che un buon caffé è stato fondamentale in tante mie giornate. Quello ideale, per me, deve essere servito caldo e ristretto, in grado di esprimere in un sorso tutta la potenza del suo aroma.

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Macchina del caffé in casa.La parola all’architetto.

di Marco Pederzoli

Quali sono le ultime tendenze dell’interior design domestico per quanto riguarda le cucine? Dove si colloca oggi la macchina del caffé? E qual è il suo ruolo? A queste e ad altre domande ha risposto puntualmente per The Sign Moak l’architetto Roberta Gatti, specializzata proprio in interior design.

Architetto Gatti, può presentarsi innanzitutto ai lettori di The Sign Moak?Sono nata in provincia di Bergamo nel 1973 e mi sono laureata nel 2000 al Politecnico di Milano, presso la Facoltà di Architettura. Opero prevalentemente nelle province di Bergamo, Brescia e Milano, ma ho fatto anche qualche esperienza fuori regione. Il mio lavoro consiste nella progettazione e nella direzione lavori sia per il pubblico (in genere bar, gelaterie, ristoranti, negozi vari) sia per il privato. All’attività di architetto affianco la pittura, con mostre personali, tra cui una proprio sul tema del caffé.

Parliamo di cucine nelle nuove abitazioni: quali sono alcune delle maggiori tendenze in atto per quanto riguarda l’interior design? Cosa richiede il mercato e quali sono stati alcuni sostanziali

cambiamenti rispetto all’inizio degli Anni Duemila?Il settore cucine ha assistito negli anni a molteplici cambiamenti, soprattutto nelle tipologie distributive. Attualmente la tendenza in voga è quella di integrare cucina e soggiorno, motivata dalla necessità di creare un unico ambiente, a volte con dimensioni anche ridotte. Spesso il vecchio concetto di tavolo lascia il posto ad un bancone parzialmente integrato alla cucina stessa o ad un’eventuale isola. Si creano poi armadiature che fungono in parte da dispensa ad uso della cucina e in parte da contenitori per il soggiorno. E’ in genere un ambiente su cui si ripone molta cura ed attenzione anche a livello progettuale.

Nell’arredo di una cucina, il rapporto si gioca sempre tra “estetica” e “funzionalità” o esistono numerosi altri parametri di cui un interior designer deve tenere conto?Sicuramente, nell’ambiente cucina la funzionalità e l’estetica giocano un ruolo fondamentale; in questi ultimi anni è però subentrata anche la necessità di uscire da una logica puramente d’immagine, a volte addirittura “da rivista”, soprattutto in ambito cucina, per arrivare ad una maggiore personalizzazione. La progettazione con il committente permette spesso fortunatamente di arrivare a comprendere le logiche di fruizione di questi spazi, allora capita di inserire pezzi che non si sarebbe mai immaginato di utilizzare (con una cliente che è poi

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diventata anche una cara amica si è deciso di inserire in cucina un corpo cottura vecchio stile inglese in una cucina lineare realizzata artigianalmente da un falegname). Il bello dell’interior design è anche il poter “entrare” in certa misura nella quotidianità delle persone e accompagnarle alla creazione di ambienti che saranno davvero profondamente loro, come un abito sartoriale.

E’ arrivato il momento del caffé, che in Italia è una tradizione da decenni per non dire da alcuni secoli. Oggi dove si colloca solitamente una macchina per il caffé? Le si dedica uno spazio suo proprio o si tende a nasconderla per utilizzarla solo al momento opportuno?La macchina per il caffé è recentemente apparsa anche nelle abitazioni, complici le politiche commerciali che spesso permettono addirittura un comodato d’uso o comunque la possibilità di avere macchine che producono un ottimo caffé e spesso con grande semplicità di preparazione grazie alle “cialde”. Inoltre il mercato offre macchine di elevato gusto estetico, motivo per cui nessuno ormai decide di nasconderle in alcun modo; anzi, quando possibile si preferisce riuscire a ricavare uno spazio ben visibile e al tempo stesso comodo per un pronto utilizzo nei vari momenti della giornata, solitamente in cucina.

Parliamo dell’“angolo bar”, che è possibile trovare in alcune abitazioni. Lei ha detto che ormai la tendenza di ricavare questo spazio in casa è scomparsa. Quali sono le motivazioni? Da cosa è stato sostituito?L’angolo bar in soggiorno ha ormai un forte richiamo “Anni Ottanta”, tendenza presa in prestito soprattutto da alcuni film, spesso americani,

dove peraltro le metrature erano decisamente generose. Nelle nostre abitazioni, dove le dimensioni si sono dovute ormai contenere e dove si preferisce spesso prediligere funzioni di soggiorno con una convivialità più rilassante, sono i divani o la zona pranzo ad occupare lo spazio. La stessa tendenza si riflette anche nei locali pubblici: meno spazio ai banconi con sosta frontale in favore di zone più lounge, con divani e sedute comode. Si è quindi un po’ ribaltato il concetto: negli Anni ’80 si tendeva a ricreare nelle abitazioni ambientazioni “bar” mentre ora anche nei locali si prediligono ambientazioni più domestiche.

L’ultima domanda è personale: le piace il caffé? Personalmente adoro il profumo del caffé. Per gustarlo lo preferisco freddo o “in ghiaccio”. In ogni caso mi affascina molto il tema del caffé, tanto che un paio d’anni fa ho preparato una mostra di pittura su questo. I lavori riflettevano quello che è a mio avviso la sua tipicità, l’abitudine ad un gesto istantaneo ma di forte soddisfazione. Le opere, quindi, erano giocate tutte sui cromatismi caffé e latte, riprendendo immagini fotografiche scattate a persone mentre stavano degustando la bevanda.

L’architetto Roberta Gatti,specializzata in interior design

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Aromatik. Al bar e a casa.

di Sara Di Pietro

Bere un caffè non è soltanto una piacevole abitudine quotidiana. A questo piccolo gesto spesso si unisce un coinvolgimento sensoriale, che ne esalta le caratteristiche più gradevoli della bevanda. E’ a questa nuova filosofia che Moak dedica Aromatik, miscela di punta della linea Deluxe. A renderla speciale è la particolare selezione dei caffè, fra i più ricercati al mondo, nonché le tecniche innovative di tostatura e di miscelazione, frutto di un continuo studio e di ricerca a cui Moak dedica particolare attenzione. Anche la scelta del nome traduce le caratteristiche organolettiche della miscela. L’alta percentuale di arabica conferisce al caffè un aroma particolare: lievemente acido e dolce al tempo stesso, viene esaltato dal suo gusto di frutta e vaniglia in un perfetto equilibrio di sapori. Bere un caffè Aromatik diventa un’esperienza ricca di emozioni, quasi intimista. Seppur frequente, quel piccolo gesto di sorseggiare un caffè, inebria chiunque, coinvolgendolo in un breve ma intenso viaggio sensoriale. Il profumo che emana cattura qualsiasi olfatto, l’aroma e la sua cremosità qualsiasi palato.Bere un caffè aromatik è quasi un rito, un momento unico che non si limita ad un gesto quotidiano, ma diventa una scelta.La accurata selezione dei chicchi non è la sola a rendere Aromatik miscela di punta: il dipartimento di marketing “for[me]moak” le ha dedicato una linea coordinata, elegante e raffinata, dove predomina il bianco, essenziale e pulito, mentre il platino, prezioso più dell’oro, ne esalta l’unicità.Chi entra in un locale Aromatik ne riconosce la personalità e lo stile: sulle pareti spiccano gli orologi e sui tavoli vassoi e portatovaglioli si tingono di bianco. Le tazzine diventano corpi illuminanti della lampada Moaklight, che irradia il soffitto. Ma poi ci si ferma al banco, a bere un caffè in una delle tazzine Aromatik, dove il logo in intrusione e il manico spiccano per la colorazione platino.Un viaggio sensoriale che Moak ha voluto dedicare anche a chi vuole concedersi questa piacevole esperienza non solo al bar, proponendo nella nuova linea casa la latta Aromatik da 250 grammi di caffè macinato.

Presto su www.store.caffemoak.com

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di Sara Di Pietro

Non sarà più necessario portarsi dietro monetine e contanti per consumare un caffè o fare colazione. Arriva anche in Italia il mobile payment, il nuovo sistema di pagamento tramite telefonino. Sembra che questa nuova tecnologia abbia già riscosso un notevole successo in diversi esercizi commerciali. Per saperne di più, abbiamo intervistato Luca Occhipinti, Direttore Marketing di Freecom, azienda siciliana specializzata in Web e Mobile Marketing.

Il mobile payment consente di effettuare piccole spese, come quelle dell’acquisto di un caffè, con il semplice utilizzo del proprio cellulare. Come funziona?Esistono diverse modalità per pagare prodotti e servizi utilizzando il cellulare. La soluzione che si sta diffondendo in modo più incisivo è quella del Mobile Proximity Payment. Il cliente avvicina il proprio cellulare al POS e completa l’acquisto in pochi secondi. In questo caso sarà necessario avere uno smartphone di ultima generazione abilitato all’acquisto, al quale l’acquirente associa la sua carta di credito. Sempre del Mobile Proximity Payment fa parte un altro tipo di pagamento: quello attraverso il QR- code, un vero e proprio codice a barre che viene letto direttamente dalla fotocamera del cellulare. L’attività commerciale che decide di utilizzare i QR-code, può scegliere di generare un codice a barre per ogni importo totale di spesa del singolo cliente, oppure, ancora più semplice, quello di applicare un QR-code in ogni singolo prodotto.

Per il gestore è necessaria l’installazione di apparecchi particolari?L’esercente dovrà semplicemente richiedere il POS adatto alla lettura dei microchip presenti negli smartphone, o lo strumento che gli consente di generare i QR-code nel momento in cui viene presentato il totale da pagare da parte dell’acquirente.Cosa deve fare il cliente per attivare il servizio?Per l’attivazione, l’acquirente deve semplicemente possedere uno smartphone che possiede all’interno un microchip che si occupa proprio di comunicare con il proprio conto o con la propria carta di credito. Numerosi smartphone vengono comunque ormai costruiti con questa tecnologia già predisposta.

Quali sono i vantaggi per il gestore e per il cliente?Il vantaggio principale è quello di rendere la procedura di pagamento molto più rapida: la transazione viene effettuata senza digitare il pin o firmare la ricevuta.

Inoltre è un servizio semplice e tascabile, ma soprattutto utile perché rapido, in grado di snellire eventuali code alla cassa.

Questo sistema è più sicuro rispetto a quelli tradizionali?Come accade per gli altri sistemi di pagamento elettronico, la sicurezza è garantita dai protocolli criptati che vengono utilizzati per inviare e trasmettere dati sensibili in rete. Nel caso del pagamento attraverso POS, la sicurezza è data dalla combinazione univoca tra il cellulare e il microchip, infatti ogni singolo micro chip sarà associato ad un solo cellulare e sarà così impossibile clonare lo strumento di pagamento. Nel caso di pagamento attraverso QR-Code, l’utente potrà affidarsi direttamente a PayPal, creando un account e collegando ad esso il conto corrente, la carta di credito o la carta prepagata.

Gli italiani sono gli ultimi in Europa per l’utilizzo di pagamenti elettronici. Secondo lei, questo sistema avrà successo nel nostro Paese?Come tutte le innovazioni tecnologiche si fa un po’ fatica ad interagire con i nuovi strumenti, e molto spesso l’Italia è uno degli ultimi Paesi. La velocità con cui si sta diffondendo Internet, anche in Italia, e le molteplici iniziative di fornitura gratuita della connessione ad Internet nei luoghi pubblici aiutano a diffondere la conoscenza e la consuetudine d’uso delle tecnologie digitali per tutte le età e i ceti sociali. Numerose città in Italia hanno ormai almeno una zona coperta da una rete Wi-Fi gratuita. Per esempio, in provincia di Ragusa, FreeCom ha dato vita a “Iblei online”, un progetto che ha lo scopo di fornire gratuitamente la connessione ad Internet a tutti i cittadini attraverso l’installazione di diversi punti d’accesso Wi-Fi sparsi nel territorio.

Caffe’ e smartphone. Da oggi il caffe’ si paga col telefonino.

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Fipe Sicilia,dal presidente nuove idee per “fare sistema”.

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di Sara Di Pietro

Da mesi ormai non si fa altro che parlare di crisi, inducendo molti italiani al risparmio e alla sfiducia. Un contesto di cui hanno risentito anche i pubblici esercizi, che negli ultimi anni hanno registrato un calo delle vendite e un cambiamento nelle abitudini del consumatore.Noi di The Sign Moak abbiamo intervistato il Presidente della Regione Sicilia Fipe (federazione italiana pubblici esercizi) Dario Pistorio, per conoscere da vicino le problematiche del settore e capire quali interventi si possono attuare per affrontare questo difficile momento economico.Quanto e in che modo i pubblici esercizi risentono della crisi economica che stiamo attraversando?La crisi dei mercati ha investito anche i pubblici esercizi che, per la prima volta, dopo molti anni, tra il 2010 e il 2011 hanno registrato un calo dei consumi, pari al 30% del fatturato e un saldo negativo tra il numero delle nuove imprese e quelle “uscite” dal mercato. Il 2012 è un anno molto critico per imprese e lavoratori; si prospetta, infatti, la chiusura di circa 20.000 attività e la perdita di 100.000 posti di lavoro, soprattutto giovani.La necessità di risparmiare e il bisogno di sicurezza inducono il consumatore ad essere più oculato negli acquisti e nelle abitudini, come quella, tutta italiana, di prendere il caffè al bar o andare a mangiare una pizza. Questa nuova tendenza che ripercussioni ha avuto per il settore?La domanda è in flessione, sia per una minore propensione al consumo, sia perchè sono cambiate le abitudini alimentari. Il settore bar è quello che soffre meno: molte attività si sono infatti evolute, trasformandosi da semplici luoghi di aggregazione, dove fare colazione o prendere un aperitivo, a locali dove consumare anche un pasto veloce, adeguandosi così ai tempi e alle nuove esigenze del consumatore. A soffrirne maggiormente è, invece, il settore della ristorazione, che esposto verso un sistema d’offerta “duale” (una minoranza a prezzi alti contro la massa low cost) rischia di disperdere l’immenso valore rappresentato dal modello italiano. L’offerta va, quindi, cambiata, concentrandosi sul valore del cibo e sviluppando la cultura dell’essenziale, dove la qualità deve restare in ogni caso un punto di riferimento.Molte attività in difficoltà economica seguono la filosofia dei “tagli alle spese”, riducendo così l’offerta e abbassando la qualità dei prodotti e dei servizi. In che modo Fipe intende tutelare la categoria? Sono previste agevolazioni fiscali?Il 70% degli imprenditori, purtroppo, ha già attuato tagli alle spese, risparmiando in particolare sulle materie prime e sul personale. Due voci in bilancio che rappresentano senza dubbio i costi più alti, ma che sono quelle che incidono sulla qualità e sui servizi offerti, fattori predominanti nella scelta del consumatore. La Fipe, in tal senso, propone diverse soluzioni: nell’immediato, l’invito ai singoli operatori di avviare una interlocuzione con i proprietari degli immobili, al fine di ridurre i costi di affitto, che incidono fortemente sulle spese fisse di gestione. Sul piano finanziario, Fipe propone ai propri associati la possibilità di avere fidi bancari a tassi agevolati: il Consorzio fa da garante per il 50% del capitale, ad un

tasso di interessi dell’1,70. In materia di lavoro, invece, è stato introdotto anche per i pubblici esercizi, il pagamento dei lavoratori attraverso i “buoni lavoro” (voucher), che l’imprenditore acquista presso le sedi Inps. Il datore di lavoro può così beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa INAIL per eventuali incidenti sul lavoro, senza rischiare vertenze e senza dover stipulare alcun tipo di contratto. Per il lavoratore, invece, il compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. E’, inoltre, cumulabile con i trattamenti pensionistici. In che modo le normative in materia possono incidere sulle attività dei pubblici esercizi?Abbiamo più volte chiesto al Governo Nazionale e Siciliano di sviluppare politiche per incentivare la ripresa dei consumi, con particolare riguardo alla detassazione degli stipendi, e intervenendo sul settore bancario. Ma le nostre proposte puntano ancora più in alto. Stiamo elaborando, come Fipe Sicilia, un sistema di riforma fiscale per i pubblici esercizi da proporre sia al governo regionale che nazionale. Il progetto si rifà al modello americano e potrebbe essere esteso anche ad altre attività commerciali. La nostra proposta è quella di dare la possibilità a chi non ha partita iva, di poter scaricare come spese anche gli scontrini fiscali di bar e ristoranti. Un sistema che da un lato abolirebbe l’abusivismo e l’evasione fiscale, dall’altro rappresenterebbe un incentivo in più per il consumatore e un aumento dei flussi e delle vendite. La stagione estiva incrementa gli afflussi turistici e la possibilità per molti locali di ampliare l’offerta e i servizi. La Fipe ha in programma eventi o iniziative rivolte ai pubblici esercizi?Il nostro compito è quello di avere, in ogni provincia, un confronto sempre ampio con le istituzioni locali. Insieme alle amministrazioni abbiamo avviato un programma di eventi soprattutto per i centri storici, attraverso l’attuazione di un calendario di caffè concerto e iniziative culturali che aumentano l’afflusso di turisti. Laddove abbiamo riscontrato sensibilità e interesse da parte delle amministrazioni pubbliche, il risultato per il settore dei pubblici esercizi è stato positivo.La Fipe ha previsto un canale preferenziale, attraverso un numero verde o un indirizzo telematico, per fornire assistenza e informazioni a chi lo richiedesse? Ogni sede provinciale Fipe ha un funzionario addetto, che è a disposizione delle aziende associate e che “parla” con gli operatori dei pubblici esercizi. Il nostro compito quotidiano è quello di tutelare la categoria, di sostenerla in situazioni di difficoltà e di fornire le giuste informazioni e una adeguata consulenza per chi lo richiedesse.Quali sono oggi le nuove tendenze del settore?Oggi la tendenza è quella di adeguarsi ai tempi e alle evoluzioni di mercato: vince “il piatto unico e veloce”, da consumare anche al bar, mentre i ristoranti devono proporre menu più semplici. Il turista, invece, sceglie i prodotti legati alla tradizione. Bene per le rivisitazioni, ma senza stravolgerne le origini culinarie. Ovviamente il tutto puntando sempre sulla qualità e sulla professionalità. Per questa estate granita tutta siciliana, di qualsiasi gusto e in qualsiasi momento della giornata.

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Cicli Montante, quando l’eccellenza viaggia su due ruote

di Marco Pederzoli

“La cosa che volevo capire su questa vicenda era chi fosse questo ‘pazzo’ che si mise a costruire biciclette in quegli anni in un paese nel cuore della Sicilia. E lo definisco pazzo, ma di una follia coraggiosa, perché tutti quelli giocano una scommessa che sembra fuori dalla tradizione, fuori dal pessimismo, sono quei pazzi che cambiano il mondo...”

Gaetano Savatteri, “La volata di Calò”

C’è un’azienda che produce biciclette la cui storia merita davvero di essere raccontata. Non solo perché i modelli che oggi propone al mercato sono apprezzati in tutto il mondo, ma anche, e forse soprattutto, perché questa storia imprenditoriale strizza l’occhio alla genialità e alla capacità di costruirsi letteralmente da soli. Si tratta di Montante Cicli, una realtà che vanta ormai oltre un secolo di storia e che oggi è sinonimo di eleganza, stile, design e, soprattutto, “made in Italy”.Tutto comincia il 7 novembre 1908, quando a Serradifalco, in

provincia di Caltanissetta, nasce Calogero Montante. Nello stesso periodo, e precisamente un anno più tardi, La Gazzetta dello Sport organizza il primo Giro d’Italia. Due eventi apparentemente paralleli, ma destinati ad incontrarsi idealmente qualche tempo più tardi. Calogero Montante, fin da bambino, si appassiona infatti al mondo delle due ruote e, negli Anni Venti, inizia il suo cammino imprenditoriale. A soli 18 anni, si costruisce la sua prima bicicletta. Ma è solo l’inizio: spinto dal suo genio imprenditoriale e dalla sua passione per il ciclismo, fonda la Cicli Montante, azienda artigiana che produce biciclette così robuste, eleganti e funzionali che in breve tempo le richieste aumentano notevolmente. In poco tempo, l’equazione biciclette Montante - oggetti di lusso è conosciuta e riconosciuta tra gli ambienti dell’alta borghesia, tanto che molte persone facoltose vogliono a tutti costi dotarsi di una bicicletta Montante. Calogero produce così biciclette su misura “sartoriali” come fossero veri e propri abiti. L’azienda prende il volo grazie alla fama di biciclette di alta qualità e di grande affidabilità. Anche la committenza non passa ormai inosservata: la Cicli Montante

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diventa fornitore ufficiale, tra gli altri, dell’allora Reale Arma dei Carabinieri. Negli Anni Trenta, Calogero crea quella che oggi, a distanza di oltre 70 anni, è diventata una leggenda immortalata per sempre nel romanzo “La volata di Calò” di Stefano Savatteri, che contiene anche un racconto di Andrea Camilleri.Oggi la Cicli Montante, uno dei marchi più prestigiosi di biciclette di lusso con alla guida i nipoti e il suo Amministratore Unico, Antonella Nigro, continua a produrre modelli diventati tra gli oggetti del desiderio più gettonati tra gli appassionati, come la Montecarlo scelta da Rosario Fiorello o la New Kalos preferita da Montezemolo, solo per citarne alcuni.E proprio come un tempo, anche ora tutti i modelli sono realizzati con lavorazioni artigianali e sottoposti ai più severi controlli di qualità. Le collezioni sono impreziosite da dettagli e particolari unici che ne fanno autentici gioielli di tradizione e tecnologia, come le manopole in pelle cucita a mano, le sellerie in pelle con un design ergonomico, i fanalini anteriori, le tradizionali dinamo e i freni a bacchetta, tipici degli Anni 30. Le bici Montante sono inoltre inimitabili. Tutte sono dotate di un numero di matricola stampigliato nel telaio in diverse parti accuratamente selezionate, che permette di individuare e di risalire in qualsiasi momento al proprietario della bici, evitandone così facili furti. A corredo di ogni singolo acquisto viene consegnata la personal card numerata e personalizzata con i dati del proprietario della bici, la sola che dà diritto alla garanzia, il cofanetto di pelle con il marchio Montante, la penna e il portachiavi riprodotti dalla collezione degli Anni Trenta.In origine erano solo due ruote, mentre oggi queste biciclette sono veri e propri oggetti di culto, espressione dell’eleganza del “made in Italy” e del massimo stile applicato alle bici da passeggio. Attualmente, la distribuzione avviene direttamente attraverso l’azienda, con consegne in tutto il mondo. I gioielli a due ruote Montante sono disponibili presso gli showroom di Asti, Caltanissetta e Rossano Veneto e nei migliori negozi di design e moda. Per ulteriori informazioni: www.montantecicli.it.

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