Corriere Vicentino Gennaio 2013

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“Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza” - 0,42 E Intervista Gli ultimi Alberto Tomba malgari I VICENTINI e la montagna Copia omaggio / anno XIV n.1 / gennaio 2013 La grande nevicata dell’85 Sposi Speciale

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Mensile di informazione dell provinca di Vicenza

Transcript of Corriere Vicentino Gennaio 2013

Page 1: Corriere Vicentino Gennaio 2013

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Alberto Tomba

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Copia omaggio / anno XIV n.1 / gennaio 2013

La grande nevicatadell’85

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Page 4: Corriere Vicentino Gennaio 2013

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Senza limiti

La Giazza è nata ufficialmente il 10 agosto del 1911, nel giorno di San Lorenzo. Già, anche una foresta può nascere. L’uomo non combina solo disastri, ogni tanto qualcosa di buono gli riesce. A inaugurarla, solennemente, si presentò l’allo-ra Ministro dell’Agricoltura Francesco Saverio Nitti con un corteo di autorità a dorso di cavalli, muli e asini. L’ampiezza dell’area interessata – 1900 ettari circa di bosco – era davvero impres-sionante.

La Giazza è il frutto di un grande intervento di rimboschimento e di sistemazione idraulica, ini-ziato in seguito a un’alluvione particolarmente pesante, avvenuta nel 1882, e a frequenti episo-di di dissesto ed esondazioni. Una dozzina di anni dopo l’alluvione, ci fu il primo acquisto di terreni da privati e si diede avvio ai lavori veri e propri: stabilizzazione dei versanti, sistema-zione dei corsi d’acqua, costruzione di briglie, messa a dimora di piante forestali.

La Giazza si sviluppa dagli 800 ai 2200 metri su rocce calcaree, con ambienti che vanno dal bosco termofilo col carpino alla faggeta monta-na, al bosco misto con abeti bianchi e rossi, fino alle praterie e mughete di altitudine. Si possono trovare camosci e caprioli, qualche cervo, oltre a svariate specie di uccelli, stanziali e migratori.

La foresta di Giazza è un tesoro, il cui valore aggiunto è dato da un accordo tra Italiani e Au-striaci. Già, perché il confine passava proprio di lì. Più di un secolo fa i due Stati si misero attorno a un tavolo e non erano certo tempi facili. Ra-gionarono su cosa fosse meglio fare per evitare altre catastrofi e si “inventarono” una foresta. Due popoli e due idiomi diversi, su un confi-ne in cui pochi anni dopo si sarebbe scatenata una guerra, ma che parlavano una sola lingua: quella della montagna e dell’intelligenza. Da lì è nato un tesoro che oggi tutti ci possiamo go-dere.

Il tesoro nascosto

edItorIaledi Stefano Cotrozzi

16l’INterVISta

Alberto Tomba

18SpeCIale

Sposi

Non conta l’altezza32

Non conta l’età32

Attenti a quei due33

Al di là della vetta34

34 Nata a 5000 metri

SoCCorSo alpINoProfessione T.E.

36

Sport e aSSoCIaZIoNIGruppi da record

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laVorare IN MoNtaGNaUna vita da malgari40

41

SoMMarIo

SoCIaleMontagnaterapia

Mensile d’informazioneRegistrazione del Tribu-nale di Vicenza n° 965 del 12-01-2000 - Editrice Millennium s.r.l.40.000 copie certificate

Direttore Responsabile Stefano Cotrozzi. Capo-redattore Nicoletta Mai. Caporedattore sportivo Stefano Canola. Caporedattore economia Elisabetta Badiello. Re-dazione: Alberto Faedo, Francesco Meneghini, Giuseppe Signorin, Ilaria Boscardin, Silvia Maculan. Editorialisti Lino Zonin, Alberto Fabris, Elisabetta Badiel-lo, Gianfranco Sinico, Luisa Nicoli. Art director Alessandra Peretti. Gra-fico Amos Montagna. Stampa: Centro Stampa Editoriale - Grisignano di Zocco (VI)

In copertina foto di Beppe lobba

Redazione e Sede legale Piazza Campo Marzio, 12 - 36071 Arzignano (VI) tel. 0444 450693 fax 0444 478247 e-mail: [email protected] la pubblicità:Alberto Faccin335 5319350 Alex Bertacche349 5183614Aristide Crema 320 0522400 Federico Hanard 335 5293582Monica Dall’Omo 340 6717242 © 2013 Le immagini ed i testi sono di proprietà riservata della rivista. Ne è vietata a tutti la riproduzione totale o parziale e l’uso pubblici-tario in altra sede.L’editore è a disposi-zione dei proprietari dei diritti su eventuali immagini riprodotte, nel caso non si fosse riusciti a reperirli per chiedere debita autorizzazione.

Questo giornale è stampato su carta certificata FSC. Il marchio FSC identifica i prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

StorIaGli sfollati del 1916

42

rICordILa grande nevicata

44

IMpreSe IN VettaL’attimo perfetto

35

CUltUraTzimbar folk!

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ata a Valdagno, la montagna ha segnato la mia in-fanzia in modo indelebile. Non sono diventata una “montanara doc”, malgrado l’imprinting dei pri-mi anni, ma la sazietà da sovraesposizione mi ha definitivamente allontanata dalla montagna. Per

contrappasso mi sento più un soggetto da laguna, un sogget-to che le montagne le apprezza dal mare. Come gran parte dei miei concittadini ho imparato a sciare a Recoaro Mil-le. Già al tempo delle elementari, nei pomeriggi d’inverno, raggiungevo Pizzegoro con la corriera messa a disposizione dalla scuola. Il mezzo si inerpicava lungo una strada ripida e sempre ghiacciata. “Tiravamo” le ta-vole di legno con la sciolina che bi-sognava scaldare e adattare al tipo di neve e poi giù per Seneble, Tunche e Monte Falcone. Fino ad arrivare in quella conca dove il sole spariva alle due del pomeriggio. Dovevamo darci den-tro per non finire assiderati, così poco protetti da attrezzatu-re e abbigliamento che di tecnico avevano quasi nulla. Anni di freddo intenso, geloni ed estremità intorpidite. Ero felice quando all’imbrunire riguadagnavo la corriera per tornare a casa!In famiglia il menu offriva montagna anche d’estate. E se d’inverno la dieta era neve e sci, con la bella stagione l’op-zione variava in “pedule ai piedi”. Quindi via verso Gabiola, Gazza, Campogrosso e Sisilla. Ore di marcia con lo zaino in spalla, anelando un panino all’ombra dello spuntone roccio-so. Oggi guardo le cime dalla laguna. Sono affascinanti, ma-estose. Ma preferisco godermi il panorama dal “livello del mare”.

e montagne del Vicentino sono montagne civili. Sono figlie della natura, certo, ma portano anche i segni della mano dell’uomo che le ha cesellate in ogni metro qua-drato. Generazione dopo generazione, l’uomo ne ha modificato la morfologia regimentando i corsi d’acqua,

costruendo terrazzamenti, incidendo sugli elementi naturali per poterle abitare. Fino all’ultimo dopoguerra, infatti, la no-stra montagna era coltivata quanto la pianura. Poi l’abbiamo lasciata andare ed è cambiato il paradigma: da luogo di la-voro è diventata luogo di svago oppure, e questa è storia re-cente, luogo della biodiversità e della conservazione del pa-trimonio naturale. Oggi però diventa interessante chiedersi se, oltre all’aspetto turistico, la montagna possa dare ancora altro a livello economico. In particolare, l’agricoltura monta-na e la selvicoltura hanno ancora qualcosa da dire? La risposta, secondo noi, è sì. E molto. Per quanto riguarda l’agricoltura, la montagna non deve scimmiottare la pianura e i suoi modelli economici. La sua vocazione sono le eccellen-ze: la produzione di carne con disciplinari di tipo biologico o la riscoperta delle antiche varietà di frutta, ad esempio, il tutto in un ciclo di filiere locali in cui il rapporto tra l’acqui-rente e il produttore è diretto e la montagna diventa brand e garanzia della qualità del prodotto. Anche la selvicoltura, un tempo cenerentola legata all’ambito domestico, oggi pre-senta grandi potenzialità. Stiamo assistendo a una riscoper-ta del legno sia come combustibile, grazie a una tecnologia avanzata per la quale le industrie vicentine sono leader in Europa, sia come materiale da costruzione. Diversi progetti raccontano questa rimessa in moto dell’economia forestale: l’Associazione Forestale Vicentina, ad esempio, riunisce una cinquantina di proprietari che forniscono cippato ai comuni per il riscaldamento di edifici pubblici e la stessa Associazio-ne, assieme al Consorzio per la promozione del legno veneto,

sta promuovendo il rilancio del casta-gno (cantile) della val Leogra. Se c’è economia la montagna vive, e se è viva è anche sicura.

Giustino Mezzalira*

La serenità, dove ogni giorno è un

giorno felice e privo di preoccupazioni.

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Cime sì, ma dalla laguna

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elisabetta Badiello

Montagna non è solo turismo

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Un trekking sull’Himalaya con mia figlia!

Cima Carega con gli sci d’alpinismo, le piccole e grandi gioie della vita

con l’ottimismo!

*Direttore della Sezione Ricerca di Veneto Agricoltura.

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Montecchio Maggio

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Qual è la vettache vorrestiraggiungere?

BanDUs alto

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Corol-LarioContinuano i pesanti effetti della sentenza che tanto ha fatto sorridere Donna Veronica. I titolari del Milan tire-ranno le strisce del campo con la carriolina del gesso, durante il riscaldamento pre-partita al Meazza, mentre le riserve, subito dopo il novantesimo, imbracceranno zappe e rastrelli per sistemare le zolle.

a recente dipartita di Lino Savegnago, il mio maestro delle elementari, mi ha fatto ricordare nei commenti con alcuni coetanei i giorni di scuola di oltre cinquant’anni fa, quando il “Barba Caneva” (il suo soprannome) met-teva in riga un branco variegato, una trentina di ma-schietti dalle molteplici inclinazioni. Geografia, storia,

dettato, lettura, ma anche tabelline, calligrafia e ortografia, gram-matica, brani a memoria (Pianto Antico di Carducci, il manzonia-no Addio monti…), aritmetica (il 7 nel 9 mi sta una volta, scrivo 1 e riporto), educazione civica… Il Barba Caneva era stato ufficiale degli Alpini, per cui il branco, con le buone e con qualche bac-chettata, diventava un affabile gregge. Il Maestro non disdegnava al termine delle lezioni impartire qualche nozione di “addestra-mento formale” (Classe at-tenti! Classe avanti, march! Passo!) o intonare nostri cavalli di battaglia come l’inno nazionale o il Piave mormorava. Al suono della campanella, il gregge, rigorosamente al passo, pena una sferzata di commiato con la canevera d’ordi-nanza, infilava l’uscita in fila per due e si incamminava verso un nuovo giorno, combinando sette per otto con Valentino vestito di nuovo e la bandiera dai tre colori. È vero: è cambiato tutto in mez-zo secolo. È cambiata la famiglia, è cambiata la scuola, è cambiata la vita… ma mi deprimono le facce assopite di certi giovani che non conoscono l’incarico svolto da Napolitano o che ignorano la ricorrenza del 2 giugno o che si accanisono nel vessare un debole fino al suicidio. Recentemente ho dovuto pagare un ticket all’o-spedale: per darmi il resto di una banconota, la cassiera è ricorsa ad un conto con la calcolatrice. Eccesso di zelo o mancanza di fi-ducia nella propria preparazione? Il Barba Caneva, sicuramente con il contributo di famiglia e società, aveva sfornato ragazzi che avrebbero poi continuato gli studi, ma anche dinamici garzoni di casolini che non avevano dubbi sul resto per un etto di conserva. Ci stiamo un po’ tutti arrovellando su come lasciare un pianeta migliore ai nostri figli, senza accorgerci che dovremmo ormai imparare a lasciare ragazzi migliori per il nostro pianeta. È triste pensare che la terra possa essere in balia di un esercito di analfa-beti, analfabeti di cultura e di etica, di presuntuosi individualisti, privi di qualsiasi nozione di comunità e di regole di convivenza.

L’educazione delBarba Caneva

GIaNfraNCorNer

L

Sport e buon senso

Sport e dINtorNI

ontagna, vicentini e sport sono tre insiemi che s’intersecano bene, a partire dalle eccellenze. Dal ghiaccio di Asiago sono arrivate molte sod-disfazioni, gli scudetti dell’hockey e le medaglie di Enrico Fabris. Dalle piste innevate non altret-tanto, ma qualche apparizione nel circo bianco

gli atleti berici l’hanno messa a referto. I provetti scalatori non mancano, come Mario Vielmo che conta i suoi Ottomila su due mani. Qualche altro scalatore s’è fatto notare sui pedali, anche in tempi più recenti di quelli mitici di Giovanni Batta-glin. E tutti gli altri, i cosiddetti dilettanti, quelli che amano le lunghe camminate a difficoltà quasi zero o le ferrate mozza-fiato, le discese fantozziane o gli slalom competitivi. Infine gli incoscienti, che scambiano il Costo per un circuito da crono-scalata o, peggio, da cronodiscesa. O che si buttano fuoripista con gli sci per far qualcosa da raccontare il giorno dopo, al bar, finendo però protagonisti qualche pagina dopo lo sport, nelle necrologie. Nelle loro mani, la montagna è un’arma pe-ricolosa.

M

Gianfranco Sinico Stefano Canola

girare per il mondo in lungo e in largo

non ci sono vette che non posso raggiungere

Comporre e cantare

la mia musica

ManUeLa DanieLi

Montecchio Maggio

re

an

ita BaLDisserotto

Pugnello

CLark FaeDo

kryptonQual è la vettache vorrestiraggiungere?

BanDUs alto

Una famiglia felice in una grande casa, tipo “La casa nella

prateria”

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Page 9: Corriere Vicentino Gennaio 2013

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Page 10: Corriere Vicentino Gennaio 2013

Corriere Vicentino | 10 | Opinioni

“Monti non fa filtro a centrocampo e se-gna troppo poco. Pato potrebbe aiutare il ministro della Sanità con una delega all’or-topedia. Casini e Fini fanno schifo come centrali di difesa: in parrocchia a Bologna li ricordano ancora come il “duo sciagura” per tutti i gol che prendevano. Balotelli an-drebbe bene alle pari opportunità, assieme a Boateng”.Tornato prepotentemente in tv dopo un anno intero di silenzio, Berlusconi con-fonde i vari livelli dei suoi innumerevoli interessi e crea una nuova televisione del dolore e dell’assurdo. Una volta si paraca-dutava semel in anno da Vespa a pontifica-re su tutto quello di eroico e indimenticabile che aveva compiuto. Adesso va dappertut-to. L’ho visto a Telelombardia rispondere, incazzato come una iena, a tre giornalisti mai sentiti nominare ai quali non pareva vero di poter strapazzare in quel modo un ex potente, fragorosamente decaduto e in complicatissima fase di rinascita.Lui è ancora convinto di essere il più forte e di aver conservato quell’aura speciale che tanti anni di potere gli avevano cucito ad-dosso. Tutti gli altri, quelli che hanno atteso inutilmente per anni di poterlo avere come ospite alle loro trasmissioni, hanno capito che il re è nudo e godono a maltrattarlo, a sogghignare quando parla delle feste ele-ganti di Arcore, delle centinaia di leggi con le quali ha portato ricchezza e benessere a questo nostro sfigatissimo Paese. Lui sotto sotto lo ha capito e lancia sguardi feroci ca-richi d’odio. “Se le cose vado come dico io – sembra dire – poi facciamo i conti”.

Vinicio trend

Benvenuto 2013Mi posiziono su una sedia della cucina, niente comodità: il momento esige disciplina, rigore, stoica sopportazione,

dunque niente poltrone o letto, niente relax, niente abban-dono al pisolare pallido e assorto di fronte al programma-

traghetto verso il sonno dei giusti. Ho messo il cellulare in modalità Non Disturbare, chiuso Facebook, silenziato Twitter, ese-

guito alcuni movimenti di stretching e recitato alcuni mantra millenari per creare buoni auspici. Perché? direte voi, ma come perché, perché questa sera da Santoro c’è nientemeno che Silvio! Nella tana del lupo ed eccolo: Santoro allude, sottintende, finge innocenza e ingenuità, provoca, stuzzica, con spieta-ta e comunistissima perfidia. Travaglio fa Travaglio uguale a Travaglio, il pubblico fa il tifo, Silvio si difende, attacca fa il simpatico, lo sta-tista, nega spiega legge litiga mette in scena gag, Santoro perde le staffe. Insomma, esattamente tutto come previsto, esattamente come se fos-se il 1994 o il 2000 o il 2009. Sento salire lo sconforto dalla pianta dei piedi piano piano fino al petto, poi decido: infuso al finocchio Pompa-dour, riaccendo il cellulare, riapro Facebook twitto pigramente, benve-nuto 2013.

Interno 8

lino Zonin

alberto fabris

Snow and the chic

La poLitica in tv daL 2000 in poi

L’infedele (La7) 2002 - Lerner

Ballarò (Rai3) 2002 - Floris

Otto e mezzo (La7) 2001 - Gruber

Il re è nudo

In 1/2 h (Rai3) 2005 - Annuzziata

Anno Zero (Rai2) 2006-2011 Santoro

Immaginate una statua. Di ghiaccio. Effi-mera ma allo stesso tempo sostanziosa. Tra-sparente e luccicante. Queste meraviglie a zero gradi sono uno dei trend più sofisticati e meravigliosi dell’inverno. Vere e proprie opere d’arte, che presuppongono uno studio sul materiale tanto quanto altri più pregiati come il tradizio-nale legno, mescolano fascino e riverbero dei colori con ele-ganza e minimalismo. Imma-ginate la magia del pattinag-gio artistico: volteggi e ruote dove la lama affilata dei pattini si incontra, anche qui, con il

ghiaccio. Immaginate ora un esercito trasparente di statue di ghiaccio, col-locate al centro di un evento, che fun-gono da presenza discreta ma diver-tente: ecco, vi vedo già stupiti al solo

vederle. Ma il vostro stupore aumenterà quando scoprirete che potrete brindare con un cocktail servito direttamente…dalle statue di ghiaccio! Uno spettacolo nello spettacolo…ghiacciato e chic!

PIccoLo skerno

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Page 11: Corriere Vicentino Gennaio 2013

Corriere Vicentino | 10 | Opinioni

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NomeVeronica Cenghialtaetà19 Vive aBrendola lavoroStudentessauniversitaria HobbyFare shopping e

sfilare

film preferitopretty WomanCibo preferito GnocchiSport praticato pallavolo persona a cui ti ispiriBianca Balti e i miei genitoriNon posso fare a meno di...la mia famiglia, i miei amici e il mio fidanzato

Feisbuc girl

Gabriele Muccino 19/5/1967

Forse è meglio tonare a casa

Gian

carlo A

bete 26/8/1950

No

n ti m

uovere, ch

e tutto

and

rà ben

e Gerard Depardieu 27/12/1948

Stesso orosco

po della Bila

ncia!

Roberto Calderoli 18/4/1956È sempre preferibile incassare in contanti

Naomi Campbell 22/5/1970

Botte in vista

Giorgio Gaber 25/1/1939

Facciamo ancora finta di essere sani

Daniele S

ilvestri 18/8/1968

Salirò, salirò, salirò, salirò

Sabrina Ferilli 28/6/1964

Consigliato un po’ di riposo (sul sofà)

Rob

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Ben

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Kevin Prince Boateng 6/3/1987

La lotta contro i cretini continua

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L’ Oroscopodi Mago Merlino

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Cari Elena e Paolo,sono un 50enne sposato con due figlie. Lavoro tanto, forse troppo, quindi ho poco tempo da dedicare alla famiglia. Non che non ci tenga, anzi! Credo profondamente nella fami-glia e se lavoro tanto è anche per permettere loro una vita più agiata. Eppure quando sto con mia moglie non faccio altro che litigare. È normale? A volte penso che sia per-ché non siamo più abituati a divertirci assieme, a chiacchierare, a discutere. Insomma, siamo sposati da 20 anni ma ci conosciamo meno di 20 anni fa. Cosa mi consigliate di fare? Armando di Montecchio Maggiore

Caro Armando,francamente è difficile darti consigli su argo-menti del genere. Sono rapporti personali che possono avere migliaia di sfumature e solamente i protagonisti li conoscono. Di sicuro la mancanza di un minimo di complicità, passione e comunicazione riducono all’osso le possibilità di sopravvivenza di un rapporto. Cerca di spendere più tempo con lei e di fare assieme cose che finora non avete fatto. Cerca di spari-gliare le carte e vedi se qualcosa cam-bia. Non sarà facile, ma non provarci è la cosa più sbagliata e potrebbe rima-nerti come un grande rimpianto. In bocca al lupo.

Caro Armando,la tua lettera è piena di segnali positivi: innanzitutto ti poni

il problema (che è già un primo passo verso la

soluzione!), non c’è nessuna guerra dei Roses in corso (quindi il ser-vizio di porcellana è salvo!) e non pensi lontanamente a separarti dalla tua fami-glia. Questo significa che la situazione è assolutamente normale. Vivete le in-comprensioni di tutte le coppie assorbite dal lavoro e dai figli, non più abituate a stare assieme esclusivamente come cop-pia. Solo un consiglio: sii paziente. Visto che hai deciso di tenertela, riscopri in lei quello che ti ha fatto innamorare e vedrai che vivrete un secondo fidanzamento!

Elena Paolo

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il post più letto del mese

Canone raI: il recente aumento del canone, arrivato a 113,50 euro, consen-

te di poter ancora presentare disdetta, oltre la sca-

denza fissata per il 31 dicembre

2012.

Arie

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Corriere Vicentino | 14 | Notizie in breve

Si chiama Sabrina, è venuta alla luce 37 minuti dopo la mezza­notte. 3 chili e 70 grammi, occhi e capelli scuri, bellissimi, come la pelle, la prima vicentina del 2013 è nata al San Bortolo da due ben­galesi di 24 anni, età sempre più rara per chi decide di diventare genitore. Secondo classificato Ni­cholas, un angioletto dagli occhi azzurri nato alle 3 e 2 minuti da un’erborista italiana di Costabis­sara, dopo un travaglio di 24 ore.

Sabato 5 gennaio, poco prima delle 19, lungo la strada che collega Sossano ad orgiano, già teatro di gravi incidenti, ha perso la vita federica toniolo, ventenne pallavolista pado­vana. federica stava raggiun­gendo la palestra delle scuole medie di orgiano, dove la sua squadra, il laserjet, militante in serie C, avrebbe dovuto af­frontare il le ali padova. Ma federica, a bordo di una peugeot 206, ha perso improvvisamente il controllo ed è andata a sbattere sul muro in pietra di un’abita­

zione. lo schianto la­terale le è stato fatale: l’apertura dell’airbag frontale si è rivelata inutile.

Si è risolta in corte d’appello a Bre­scia la vicenda iniziata nel 2005 in seguito a un servizio delle Iene, che vedeva coinvolti il giornalista spor­tivo amedeo Goria e la giovane vi­centina Michela Morellato. È stato stabilito che le foto finite su Novel­la 2000 non costituiscono una viola­zione della privacy, perché all’epo­ca la Morellato, essendosi esibita in locali, era già un personaggio pub­blico. per quel che riguarda il reato di diffamazione a mezzo stampa, invece, è stata ritirata la querela. 18 mila euro di risarcimento sganciati da Novella 2000 e pace fatta.

un mese di notizie in Breve

Se la fidanzata ti tradisce e ti pian­ta, il desiderio di bruciare le lettere d’amore che ti ha scritto quando sembrava innamorata persa è as­solutamente comprensibile. Meno comprensibile se vai a farlo accanto a un capanno di legno in montagna. È quello che è successo a paolo lo­vato, un ventitreenne di Vicenza che nel maggio del 2010 ha pensato bene di compiere il suo gesto scon­siderato durante una passeggiata nei dintorni di Campogrosso. Ha visto il capanno, si è seduto su una panchina lì di fianco e ha bruciato il pacco di lettere della sua ex, andan­dosene senza accorgersi del disastro che avrebbe combinato, mandando a fuoco la struttura in legno. dopo una ricostruzione degna del miglior Sherlock Holmes, la forestale è risa­lita finalmente al responsabile.

Le foto della morellato

La prima del 2013

Amori in fumo

V I c e n Z A

O R g I A n O

a cura di Giuseppe Signorin

inCidenTe mORTALe Ad ORGiAnO

I piloti francesco Ziche e lucio Bor­din, a bordo di due diversi alianti, hanno raggiunto l’incredibile quo­ta di 6000 metri grazie a una corren­te dinamica ascensionale, fenome­no che capita una volta ogni due o tre anni. l’impresa, visibile anche su Youtube, ha avuto luogo sabato 5 gennaio nei cieli vicentini, sulla rotta degli aerei.

Alianti a 6000 metriR e c O R d

Grande attesa per la prima delle tre serate vicentine delle Serebro, trio di cantanti russe diventate famose grazie al video “Mama lover”. ad attendere le star della dance c’erano però appena un centinaio di spetta­tori, al palalido di Valdagno. I val­dagnesi non amano i grandi eventi o hanno qualche probelma a orga­nizzarli? Questo è il problema.

serebro KOf L O p

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Che Gesù bambino li perdoni, per­ché noi facciamo fatica. per la terza volta, nel corso delle ultime quattro edizioni, il presepe vivente di San Bortolo è stato danneggiato da un gruppetto di vandali. le casette in legno della Natività, costruite con cura e fatica dai volontari, sono sta­te divelte e imbrattate con lo spray. la mamma dei vandali è sempre incinta, ma anche quella dei volon­tari, che non si fermeranno certo di fronte a queste provocazioni.

donne e motorim O n d O

i soliti vandali

antonio pietro Culpo era partito da Selva di trissino nei primi anni del Novecento, destinazione ellis Island, New York, ma non poteva lontana­mente immaginare che più di un se­colo dopo una sua bisnipote, olivia, sarebbe diventata Miss Universo. Un passato da “cicciottella” e un presente da vincitrice del più importante e fa­moso concorso di bellezza del mondo. Questa la favola della Culpo, figlia di due musicisti professionisti, che ama autodefinirsi una “violoncellista nerd”.

l’8 novembre del 2009 l’imprenditore veronese Nicola Salvagno ha prestato la sua ferrari f430 all’amica e balle­rina di lap dance Nicoleta Craeleva, rumena, che doveva andare a Bologna a trovare il fratello. erano a Monte­bello. da quel momento in poi non ha saputo più niente, né della presun­ta amica né della ferrari. le indagini sono tuttora in corso: per fine anno è fissato davanti al tribunale di Vicenza il processo alla Craeleva, che è stata ci­tata a giudizio dal pubblico ministero dal Martello nei mesi scorsi.

miss Culpo

era crollata dalla cima dell’Incompiu­ta a causa del sisma lo scorso maggio, ed è stata rimessa al suo posto grazie all’intervento dell’amministrazione Comunale di Brendola. la testa, ritro­vata sulla rampa realizzata per i lavori di messa in sicurezza della struttura, sorprendentemente non aveva subito danni. era stata rimossa con l’aiuto di un cittadino che aveva reso disponi­bile il suo furgone, di modo che non potesse essere rubata o rovinata. ora è di nuovo al suo posto.

Rimessa la testa all’Arcangelo michele

O V e s t V I c e n t I n O

tutto pronto per un mega party nella tenuta “Il pereo”, sui colli di San Bortolo. Centinaia di persone in coda per il Capodanno, quando il custode è stato costretto a cacciarle a causa dell’intervento della Guardia di finanza. Motivo: mancanza di un permesso di agibilità della struttu­ra. tantissime erano state le adesio­ni: 150 per la cena e 350 per il dopo cena. I biglietti sono stati in parte rimborsati, ma i più sono tornati a casa infuriati e a bocca asciutta.

Capodanno fantasma

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Corriere Vicentino | 16 | Intervista

AlbertoTomba

Oggi si occupa dipromozione di eventi sportivi.

È testimonial dei prossimi mondiali di sci nordico in Val di Fiemme dal 20 febbraio.

Membro fondatore della Laureus Acadamy & Sport For Good Foundation dal 1999,

sostiene diverse realtà anche in Italia, dalla ricerca pediatrica

alla costruzione di strutture di aiuto. Ma per tutti è ancora “Tomba la Bomba”.

di luisa nicOli

inque medaglie olimpiche, doppietta d’oro a Calga-ry 1988, oro e argento ad Albertville 1992 e argento a Lillehammer 1994. Quattro medaglie ai mondiali, oro in gigante e speciale in Sierra Nevada 1996 e bronzi

in gigante a Crans Montana 1987 e al Sestriere dieci anni dopo. Una coppa del mondo assoluta nel 1995, quattro di slalom speciale e quattro di gigante, 88 podi. E si potrebbe continua-re. Pensare che Alberto Tomba nasce il 19 dicembre del 1966 a Castel de’ Britti, in provincia di Bologna, lontano quindi dalle montagne. “Quando si è piccoli è importante che i genitori ti avvicinino allo sport – racconta - papà amava lo sci e così, insieme a mio fratello Marco, mi portava in montagna. E noi ci divertivamo come matti, in mezzo alla natura, con tutta quella neve. Sono stati gli addetti ai lavori poi ad accorgersi di me, a 14 anni: da lì le prime garette importanti e via via l’entrata in squadra C, poi B e finalmente l’esplosione dopo la vittoria sulla Montagnetta di San Siro a Milano nel 1984”.Che ricordo ha del debutto in Coppa del Mondo? e del pri­mo podio nel 1986?Quello è stato un periodo esaltante. Ero finalmente arrivato in squadra A. Ero emozionato e felicissimo, perché avrei esordito sulle nevi italiane di Madonna di Campiglio. Il primo podio arrivò l’anno dopo, sempre in Italia, con il secondo posto nel gigante dell’Alta Badia.Sestriere 1987 arriva la prima vittoria.Me la sentivo proprio. E quando è arrivata mi sono buttato in mezzo ai fans nel parterre. Scattando foto, firmando autografi e poi via tutti a festeggiare. Come si dice, la prima volta non si scorda mai.olimpiadi di Calgary 1988: la rai interrompe il festival di Sanremo per la seconda manche dello slalom speciale.Fortuna che io non ne sapevo niente. Te lo immagini che pres-sione avrei sentito al cancelletto di partenza? Oltre al resto del mondo, più di 20 milioni di italiani hanno seguito la mia se-conda manche. È stata l’unica volta nella storia del Festival che è stato interrotto, e per far spazio ad un evento sportivo!Ci sono anche le delusioni: mondiali di Vail 1989.Erano una buona occasione per riconfermarmi. Ma in quella stagione proprio non ero in forma. La più grande delusione però fu vedere come chi mi aveva celebrato l’anno precedente era pronto ad attaccarmi con le più svariate motivazioni. Per

C

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Corriere Vicentino | 16 | Intervista Corriere Vicentino | 17 | Intervista

me fu molto più difficile mettere da parte quelle critiche gratuite che la sconfitta perché nello sci sapevo che prima o poi mi sarei rifatto.I successi continuano ad al­bertville 1992 in francia. e poi a lillehammer 1994: ancora un ar­gento in rimonta.Il mio motto è “il difficile non è vincere, ma rivincere”. Si trattava di un’ulteriore prova, ancora rincorrevo la Coppa del Mon-do, i Mondiali non mi avevano

portato fortuna dopo il bronzo del 1987. Ma a Lilleham-mer ero di nuovo alle Olimpiadi e ce la misi tutta proprio nell’ultima gara, lo slalom. Dopo una prima manche non bellissima, raccolsi tutte le mie forze ed affrontai la se-conda senza paura. Conquistai l’argento e fui portato in trionfo come se avessi vinto.ritiro dopo le olimpiadi di Nagano: avrebbe voluto chiudere in maniera diversa o continuare?Il Giappone non mi ha mai portato fortuna e non sono mai riuscito a vincere niente nel Paese del Sol Levante. Peccato. Avrei voluto regalare una vittoria al popolo giapponese che ancora oggi mi segue con affetto ed ammirazione. Mi sono rifatto con l’ultima gara a Crans Montana, una vittoria emozionantissima. Nel-la mia mente avevo già meditato il ritiro. Ero stanco dei viag-gi, dei sacrifici e anche della pressione dei media. E poi ero demotivato, dopo 12 anni di vittorie. Solo oggi a volte mi viene un po’ di nostalgia, ma senza rimpianti.Qual è stato l’avversario più ostico? e l’amico?Ce li ho avuto tutti contro. Ero l’uomo da battere. Non solo quelli più conosciuti, come Zurbriggen o Girardel-li, ma ogni anno ne saltava fuori uno nuovo, Aamodt, Kijus, Accola e tanti altri. Ma erano avversari solo sulla pista, fuori erano quasi tutti amici. In particolare sono rimasto in contatto con Jure Kosir, con il mio mito Inge-mar Stenmark e anche con Gustavo Thoeni.Cosa ci vuole per diventare un campione?Bisogna essere pronti a sacrifici, allenamenti, fatica. E non sempre lo si diventa. Ma lo sport è anche diverti-mento, salute, amicizia. Lo si deve sempre vedere sot-to questo aspetto, e se ci saranno i presupposti, allora si potrà tentare la ‘scalata al podio’. Pensa che le prime gare da piccolo arrivavo lontanissimo dal podio, ma mi piaceva, la gara, l’atmosfera, l’ambiente.tomba per tutti è quello che scherzava e sorrideva sem­pre: è davvero così?Mi piace sdrammatizzare. Mi è servi-to tanto durante la mia carriera e mi serve ancora nella vita. Tutti abbiamo momenti bui, l’importante è cercare di affrontare tutto con serenità e con un po’ di ironia.

Page 18: Corriere Vicentino Gennaio 2013

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attenzione: quello giusto può aiutare a nascon-dere difetti fisici e insicurezze personali.

Creare qualche piccolo dettaglio in grado di far sorridere gli ospiti, farli sentire accolti e coccolati. Il successo di una festa di nozze si legge sul volto degli invitati al momento dei saluti.

Trovare sempre un elemento carat-terizzante che può essere un colore, un fiore, un elemento decorativo dove puntare l’attenzione.

lo studio delle luci nei ricevimenti serali è fondamentale. Mixare la luce calda delle candele con illuminazioni tecniche, anche colorate, da adattare al luogo.

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Lo stile rustico nel matrimonio ormai fa davvero tendenza: dopo Ginevra di Montezemolo e Margherita Missoni sono molte le spose vip country. In modo trendy e originale, per il suo evento Margherita ha infatti saputo sa-pientemente organizzare delle particolarissime nozze sull’erba, all’insegna di fiori multicolore, spighe di grano - simbolo di giugno, mese del matrimonio - e margherite.

Torta nuziale È il fulcro della festa, la più immor-talata nelle foto ricordo. Quando era lei l’unica protagonista del ricevimen-to non comparivano altri dolci nel menù. Oggi la novità sono le isole di degustazione a tema: i gelati, i dolci al cucchiaio, alla frutta, le praline… Il tutto accompagnato da allestimenti scenografici.

Nella scelta del cibo è fondamentale puntare su ingredienti di qualità, optando per fornitori e produttori locali. Un’alternativa sempre più di moda al classi-co banchetto placè è il “finger food buffet”, ovvero l’allestimento di una serie di isole nelle quali vengono serviti stuzzichini e pietanze a tema, lasciando gli ospiti liberi di muoversi e di socializzare. Un’ottima idea questa per risparmiare facendo comunque un figurone. Riguardo agli allestimenti le alternative di ten-denza sono due, da una parte la scelta di colori vivacissimi e allegri, dall’altra quella di soluzioni monocromatiche che prediligono tonalità neutre come l’avo-rio, i colori pastello e, soprattutto, il verde.

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Il primo step del beauty check – up prematrimoniale è rivolto al corpo. Obiettivo, assottigliare il punto vita (e il resto) per entrare nell’abito nuziale con disinvoltura. Di rigore un controllo del regime alimentare, meglio se con l’aiuto di un medico che tenga monitorati peso e calorie. Importante, poi, fare uno scrub per eliminare le cellule morte e preparare l’epidermide ai trattamenti successivi.

Stress da preparativi? Ora più che mai è importante dedicar-si a massaggi che aiutino a riequilibrare corpo e mente e a ricaricare le pile.

Mani e piedi devono essere perfetti: esfoliazione, bagno cal-do alla paraffina per ammorbidire e levigare, seguito da un massaggio a base di olii aromatici.

Page 26: Corriere Vicentino Gennaio 2013

Bomboniere

Cosa fare per i bambiniI piccoli difficilmente vivono il pran-zo o la cena di matrimonio come un momento in cui restare tranquilli e se-duti a tavola. Occorre dunque trovare occasioni per intrattenerli, per non an-noiarli e di conseguenza non tormen-tare gli altri invitati, genitori e non. Una delle soluzioni, se la location e il budget lo permettono, potrebbe esse-re quella di affittare per mezza gior-nata un paio di giochi gonfiabili, che permetteranno ai bambini di correre, arrampicarsi, scivolare e cadere sen-za riportare ferite o traumi. Se invece meteo e budget non lo permettono, si può pensare a creare una piccola zona “cinema” con un tappeto, qualche cu-scino, un televisore con lettore DVD e... via ai cartoni animati. Altra idea intramontabile: un bel tavolo con co-lori, fogli di carta e un po’ di cibo da stuzzicare riuscirà a distrarre i piccoli per un po’. E se sono ragazzini?PlayStation o Wii saranno una bel-la sorpresa. Infine, potreste pensare all’angolo merenda con vasi in vetro riempiti di marshmallow, lecca lecca e caramelle.

Utili e insolite. Al posto dell’oggettino, le proposte diventano tante, per tutti i gusti e soprattutto insolite e personalizzate. A tal punto che sarà anche l’anno del fai da te e del fatto a mano in generale. Le bomboniere più di moda saranno quelle mangerecce con confezioni ed etichette personalizzate; candele di ogni forma, vere e proprie sculture, cd (attenti ai diritti SIAE!) e libri on demand; o le opere di artigiani locali. Infine, i pensieri-natura: piantine, semini e così via. Il tutto confezionato con molta attenzione: scatole colorate con monogrammi, nastri di satin in tono, etichette. La confezione in questo caso conta.

Frasi e auguriIl biglietto d’auguri è importante tanto quanto il regalo che accompagna. Però c’è sempre l’imbarazzo del “foglio bianco”.Come fare? Pensate al concetto chiave da trasmettere e arricchitelo scrivendo in modo semplice e chiaro. E senza dimenticare di esprimere le vostre felicitazioni. Nel caso in cui gli sposi si distinguano per il loro spiccato senso dell’umorismo, il messaggio può essere scanzonato, divertente ma mai volgare.Se si usa internet, a disposizione ci sono le e-cards, personalizzabili con il van-taggio di essere di immediata ricezione e super economiche... sono però un’al-ternativa last-minute al telegramma.Ultima cosa: al ricevimento potreste trovare il guestbook, o originali contenitori porta bigliettini, dove lasciare una frase. Preparatevi un messaggio!

Il significato dei confettiIl sapore agrodolce rappresenta la vita. Lo zucchero è la speranza di una vita più dolce che amara. Le cinque mandorle significano: salute, ricchezza, felicità, fertilità e longevità.

La data? Fissata. La location? Incantevole. Il menù? Deciso. Ma non è finita qui... Ecco qualche consiglio per arrivare al sì senza stress.

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Il VIAGGIO DI NOZZE è un momento im-portante, sul quale si proiettano sogni e speranze e chi lo vive intensamente ne concretizza le emozioni che diventano poi ricordi indelebili. Mi occupo di organizzare viaggi da oltre un decennio, la mia professionalità è supportata dalla personale esperienza e da importanti contatti che mi permet-tono di creare e consigliare il viaggio più adatto alle richieste dei clienti.Un viaggio attento nella selezione di ciascun aspetto, dall’hotel, al pacchetto del tour operator alla com-plessità di itinerari particolari. Operando fuori dallo schema tradizionale dell’agen-zia, seguo personalmente il cliente, nel rispetto del suo tempo, delle sue esigenze e della sua disponibi-lità economica, assicurando efficienza e riservatezza nel colloquio. Per questo la consulenza è su appunta-mento, senza impegno, nel mio ufficio, a casa o nel luogo più conveniente per il cliente. Solo capacità tecnica, sensibilità e professionalità portano a trovare la soluzione giusta dove ogni det-taglio risponde alle aspettative di chi viaggia.

Arianna CarradoreCONSULENTE DI VIAGGIOvia Rizzetti, n.2 - Arzignano tel. 349 [email protected]

Il viaggio di nozze su misura per voi

Il video, la musica e la novitàNei video niente forzature ed effetti sfumati ma un tocco in più al classico reportage, uno stile che faccia ricordare più le emozioni della giornata nel complesso che i singoli momenti. Ad esempio, in stile Super 8 con l’effetto sgranato e aumentando la velocità per far rivedere lo svolgimento della giornata. Oppure, magari soltanto per lo spazio di una canzone, i cosiddetti video matrimo-niali da un minuto. Dall’America arriva l’idea dei video save the

date: video memo simili alle partecipazioni ma più informali, per avvisare gli invitati della data del ma-

trimonio. Attuali anche i brevi video-racconti sugli sposi durante il ricevimento. Niente effet-to melassa, però, ma molto humor.Per la musica al ricevimento, gruppi musicali, soprattutto jazz, o la scelta del Dj, meno impe-

gnativo di una band, anche economicamen-te, e più flessibile.La novità è il photo booth, un trend che sta diventando sempre più presente nei matri-moni statunitensi. Si tratta di uno spazio con un semplice sfondo davanti al quale gli ospiti possano farsi ritrarre con un augurio per gli sposi. Nei matrimoni più informali e rilassati, si lasciano agli invitati possibili tra-vestimenti, come occhiali, baffi finti, cappelli,

e così via, o cornici con le sagome in perfetto stile primordi della fotografia.

Luna di mieleRomantica o avventurosa, glamour o defilata, la luna di miele è un evento magico per i neosposi. L’85% delle coppie non intende rinunciarvi e predilige le destinazioni a lungo raggio. Mare, acque cristalline e sabbia candida, ma non solo. Sono molto richiesti an-che i viaggi di nozze culturali o ecosostenibili.L’80% delle coppie si affida a un’agenzia e si sta affermando anche la figura del consulente di viaggio, ideale per organizzare itinerari innovativi e pacchetti su misura.

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Come non commettere gaffe seguendo le regole del bon ton.

Anche se siamo nell’era di internet gli inviti non si spediscono via web.

Vero: Tra le regole imprescindibili, c’è sicuramente quella legata al rituale della stesura e consegna delle partecipazioni. Devono essere cartacee, recapitate via posta uno o due mesi prima del sì e con il nome dell’invitato scritto rigorosamente a mano. Se siete particolarmente amanti del web, sbizzarritevi con un blog in cui terrete tutti aggiornati sull’organizzazione dell’evento.

È obbligatorio rispondere all’invito solo se si deci-de di partecipare alle nozze

Falso: Quando ricevete un invito, a maggior ragione se si tratta di un matrimonio, dovete sempre dare una risposta, nel minor tempo possibile.

Non siete tenuti ad invitare chi vi ha invitato al suo matrimonio.

Falso: Secondo il bon ton non dovreste dimenticare chi vi ha invitato alle sue nozze. È questione di educazione e cortesia.

Le invitate non possono indossare qual-siasi cosa.

Vero: Il bon ton parla chiaro. Total white e in total black sono out. Il primo perché è riservato esclusivamente alla sposa, il secondo perché inadatto ad una festa di nozze. È ammesso però il bianco mixato al nero e tutti i toni pastello. Sono sconsigliati anche i modelli eccessivamente scollati e le mise troppo seducenti. Tenete presente che la sposa è la vera protagonista!

Cose da fare e da evitare

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Come accessori, la sposa dovrebbe indossare solo un paio di orecchini e una collana. Via, quindi, anello di fidanzamento, bracciali e orologio.

Vero: L’immagine della sposa deve essere pulita e senza eccessi. Basteranno un piccolo filo di perle e dei semplici punti luce a renderla radiosa. Dopo la cerimonia, invece, può indossare l’anello di fidanzamento.

Se la cerimonia si celebra d’estate, sposa e invitate possono evitare di indossare le calze.

Falso: Sposa e invitate devono indossare sempre un paio di collant, magari velatissime e in color naturale. Sono simbolo di eleganza e sinonimo di stile.

Le fedi devono essere acquistate dallo sposo e date in consegna al testimone o ad una persona fidatis-sima.

Vero: Fedi e bouquet sono di competenza del futuro marito, che le acquista e le lascia in custodia al

testimone (nel caso delle fedi) o direttamente alla sposa (per quanto riguarda il bouquet). In entrambi i casi, però, l’acquisto avviene di

comune accordo.

Le vere fedi sono quelle in oro giallo e sono esclusi-vamente coordinate.

Falso: Oro giallo, oro bianco, oro rosa, platino o titanio, le leghe sono molte e non c’è che l’imbarazzo della scelta. La joiellerie moderna non disdegna l’idea di proporre modelli differenti per lui e per lei, e le tendenze lo confermano. Di base la fede è identica, ma differisce nei dettagli.

L’assegnazione dei tavoli: siete in panne? Cominciate dai parenti più

stretti.

Vero: Se avete paura di commettere degli errori, tenete come punto di riferimento i parenti prossimi. A loro saranno assegnati i posti più vicini al tavolo degli sposi. Per il resto, mixate con cura!

Non invitare gli ex alle proprie nozze

Vero: Per il bon ton non ci sono grossi fraintendimenti: niente ex tra gli invitati. Questo per non creare inutili gelosie o fraintendimenti. Il matrimonio di William & Kate ci ha mostrato però che alcune regole stanno cambiando!

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specialispecialeBisogna essere

per partecipare a occasioni

FEBBRAIO: speciale Fiera della Birra di Lonigo, in occasione del Carnevale e di San Valentino

MARZO: speciale Antica Fiera di Lonigoo Fiera Cavalli

APRILE: speciale Casa a 360° Arredamento, Manutenzione e Giardinaggio

MAGGIO: speciale Vacanze e Centri Estivi

GIUGNO: speciale Benessere e Cura di sè

LUGLIO: speciale Last Minute Immobiliari ed Estate in città

AGOSTO: speciale Acquisti per la Scuola

SETTEMBRE: speciale Energie Rinnovabili e Riscaldamento

OTTOBRE: speciale Sposi

NOVEMBRE: speciale Educazione Scolastica

DICEMBRE: speciale Enogastronomia

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Corriere Vicentino | 31 | Imprese in vetta

i m p r e s e i n v e t t a

Vicenza è una terra di scalatori. Gente che conduce una vita normalissima ma quando può raggiunge vette per altri

inaccessibili. C’è chi è famoso e chi meno. C’è chi ha scalato fino a 75 anni e chi scala nonostante sia ipovedente.

C’è anche chi si è rifugiata qua dal Tibet, ma non resiste al richiamo delle altezze in cui è nata.

di Giuseppe Signorin, Ilaria Boscardin, Alberto Faedo e Giovanni Salviati

Gentedi montagna

Mario Vielmo non ha bisogno di presentazioni. Basta dire che per otto volte è andato sopra quota 8000, Everest e K2 inclusi. Ha un negozio nel centro di Lonigo, ma è soprattut-to una guida alpina che appena può

si dirige verso altre altitudini. Non ama scendere in dettagli tecnici, la sua passione riguarda sfere più intime, spirituali. Preferisce che si racconti di quando nel 2006 ha portato la fiaccola olimpica dal Dalai Lama, fiaccola che poi è stata mes-sa all’asta e il ricavato ha contribuito ad aprire una scuola nel Dharamsala. L’ultima salita che l’ha visto coinvolto, l’estate

scorsa, è stata al G1, 8068 m. “A 120 metri dalla vetta una bu-fera ci ha costretti a tornare indietro – ci racconta. Ogni spe-dizione ha il suo insegnamento, che abbia successo o meno. Si tratta sempre di un’avventura irripetibile. La meta non è raggiungere la meta a tutti i costi. La meta è imparare qual-cosa, per esempio a rinunciare e tornare a casa sani e salvi”. Sicuramente tanta saggezza è dovuta al fatto che nel corso della sua carriera ha perso diversi compagni di viaggio, fra cui Stefano Zavka, mentre stava scendendo dal K2 (evento ripreso nel documentario trasmesso da Raidue nel 2007, “K2: il sogno, l’incubo”, di Marco Mazzocchi). E questo è senz’al-tro il punto dolente. Ma uno scalatore conosce bene i rischi cui va incontro. “La natura va amata, ma non bisogna sfidar-la. Quando parto per una spedizione è come se mi prendessi una pausa dal mondo ordinario, uno spazio tutto mio, dove trovo me stesso. Raggiungere una vetta costituisce per me un attimo perfetto, un attimo in cui non penso: contemplo. Il de-siderio di scalare viene dall’intensità di quegli attimi”.

L’attimo perfetto

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Corriere Vicentino | 32 | Imprese in vetta

Una passione a tutto tondo quella di Giacomo albiero, l’arrabbiato della montagna, arrivato ormai alla vene-randa età di 88 anni, dopo una vita de-dicata alle scalate e non solo. Un amore per le alte vette che comprende anche i fossili e lo sci di fondo, che lo ha visto

protagonista di ben 36 edizioni su 39 della Marcialonga. Quando ha iniziato con le prime scalate?Fin da piccolo andavo ai castelli di Montecchio, chiedendo-mi cosa ci fosse al di là dei monti. Poi, dopo la guerra, ho ricominciato ad andare sulle Piccole Dolomiti: ai tempi l’au-tobus costava due lire, un vero investimento per me! Finché nel 1947 ho partecipato al primo campeggio del Cai montec-chiano a Misurina, dove sono iniziate le scalate vere sulle Tre Cime di Lavaredo. Dopo le prime esperienze, ho iniziato ad affrontare le cime più impervie come il Civetta, le Pale di San Martino, la Marmolada, il Pasubio, il Monte Bianco, le cime del Sud America, dell’Himalaya e tante altre.Come mai la chiamano l’arrabbiato della montagna?Sono sempre stato uno spericolato: le prime scalate le ho fatte senza corde e ho sempre avuto una sorta di fame per le vette, volevo farne sempre di più e più difficili. Durante le scalate ho sempre cercato delle varianti ai percorsi segnati dalle guide, scovando nuove vie più complicate e ap-paganti.Lei ha scalato fino all’età di 75 anni.Ricordo che una delle mie ultime scalate è stata al Carlesso sulle Piccole Dolomiti e in due raggiungevamo ben 150 anni. Comunque in questo sport ciò che conta è la tranquillità più che la forza fisica. Ha più importanza il fattore psicologico, soprattutto nelle solitarie.dopo tante imprese, non le mancano le scalate?Nel 2000 purtroppo mi sono tagliato i tendini di un polso e da allora non ho più potuto arrampicare, ma sono contento di poterlo raccontare dopo la guerra e tutte queste avventure. Certo, un po’ di nostalgia c’è e allora mi abbandono ai molti ricordi delle montagne e dei tanti amici che ho conosciuto e anche perso, ma sono comunque felice e mi reputo una per-sona davvero fortunata.

“Mi piacciono le montagne a punta, come quelle che disegnano i bambini – ci confida tarcisio Bellò, esperto al-pinista di Quinto Vicentino. “Ho fatto tanti lavori e mi sono licenziato varie volte per poter fare alpinismo… Grazie a Dio, appena ho iniziato, a 28 anni, ho

fatto un errore e sono caduto… Grazie a Dio perché ho capito subito che dovevo essere prudente… Dopo l’incidente sogna-vo ogni notte di precipitare. Una mattina mi sono svegliato ed ero giù dal letto. Lì mi si è accesa la lampadina”. E deve aver fatto anche parecchia luce, quella lampadina, perché da quel momento Bellò ha iniziato a salire sempre più in alto, fino all’Everest, e per ben due volte: la prima, nel 2003, arrivando a 50 m dalla cima; la seconda l’anno successivo, quando l’ha raggiunta. Ma l’apice della sua carriera è stato il Karka, nel 2007. “Pur non essendo un 8000 lo considero la mia massima espressione alpinistica: 1200 m di parete su ghiaccio con pas-saggi verticali a strapiombo. Non sempre conta l’altezza, pos-sono esserci sfide più entusiasmanti in monti minori”. Tarci-sio ci parla anche di preparazione. “Bisogna studiare molto: fisiologia, nutrizione, tutto ciò che riguarda la montagna. A certi livelli non si può trascurare una virgola. Quando si è su, non ci si può fermare come in una maratona: poi bisogna scendere”. Bellò è anche scrittore e promotore di operazioni umanitarie, fra cui un acquedotto e un centro alpinistico in onore di Cristina Castagna nel villaggio di Gothulti, nel nord del Pakistan. A dargli la forza, la sua grande fede. “Ho lascia-to un Cristo in ceramica sull’antecima cinese dell’Everest, nel 2003. L’anno dopo, all’alba, prima di raggiungere la vetta, ho visto una luce evidenziare i contorni della terra. Mi sono reso conto solo in quel momento di quello che ci ha dato Dio”.

Non conta l’altezza

Non conta

l’età

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Quando si dice tale padre, tale figlio. renzo Brunello, figlio del grande sca-latore montecchiano franco Brunello, oltre al cognome ha ereditato dal pa-dre la grande passione per le scalate. È grazie a lui, infatti, che fin da piccolo ha iniziato a frequentare le montagne e

a dedicarsi a questa attività.Com’è nata la sua passione?Ovviamente mio padre ci ha messo lo zampino, e poi mia madre è trentina per cui entrambi hanno trasmesso questa passione a me e alle mie sorelle. Poi ho iniziato a seguire i primi corsi, per me molto impegnativi perché tra i miei ami-ci ero l’unico a frequentarli, per cui mentre io al sabato sera andavo a letto presto perché alla domenica mattina avevo la scalata, loro andavano in discoteca e tornavano tardi... ma la passione era grande!Qual è stata la sua prima importante scalata?A 18 anni ho fatto la mia prima uscita extraeuropea in Paki-stan. È stato bellissimo perché ho avuto la possibilità di vede-re paesaggi fantastici e mi ha permesso di avere un contatto con la gente del posto, persone che non hanno mai visto un turista nella loro vita.e poi? a quali vette si è dedicato?Poi ho scalato il Kilimangiaro in Africa, l’Aconcagua in Sud America, le montagne della Namibia, del Nepal, del Paki-stan…e quale tra queste le è rimasta maggiormente impressa?Sicuramente l’Aconcagua. È la montagna più alta della Cor-

digliera delle Ande, di tutto il continente americano e di tutto l’emisfero meridionale. Inoltre, particolare non da

poco, l’ho scalata assieme a mio padre che mi ha rag-giunto in Sud Ameri- ca apposta per l’impresa.

Ha una scalata nel cassetto?

Gli 8000 m sono il sogno di ogni alpinista, anche se questo non significa che i 6000 m siano meno belli, anzi, però il chio-do fisso resta sempre.Come si prepara per una scalata?Solitamente, una volta arrivati al campo base, si rimane due giorni a riposare. Poi si porta il materiale al primo campo e si torna giù a riposare e così via fino alla vetta: un continuo su e giù che permette di allenarsi sul posto. Solo così si evita di soffrire per la quota. Ovvio poi che fondamentale resta il meteo, la preparazione e il gruppo: la cordata ti lega a un’al-tra persona e devi essere sicuro che di quella persona potrai fidarti ciecamente.e come convive con la paura?Sono dell’idea che sia tutto relativo: chi non ha una prepara-zione minima è normale che abbia paura, come a me farebbe paura il mare, ad esempio. L’importante è essere preparato, conoscere i rischi e sapere come affrontare un problema in caso di difficoltà.

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Corriere Vicentino | 34 | Imprese in vetta

Per Simone Salvagnin, ventottenne di Schio, la montagna è una fonte di ener-gia e un ambiente che gli permette di vivere in piena simbiosi con la natura. Quando arriva in cima non può goder-si il panorama come gli altri, in quanto ipovedente, ma prende coscienza delle

sensazioni del viaggio a modo suo e anno dopo anno si pro-pone sfide sempre più importanti e appaganti.Com’è nata la sua passione?Ho iniziato da piccolissimo, nel Pasubio. Vengo da una fami-glia di alpinisti per cui diciamo che ce l’avevo nel sangue. Poi a 10 anni ho scoperto di essere affetto da retinite pigmentosa, una malattia degenerativa della retina che mi sta portando alla quasi totale cecità. Sul momento avevo smesso con le sca-late, perché avevano un impatto a livello psicologico molto forte. Poi, trainato da alcuni amici, nel 2007 ho ripreso.

lei è anche un campione di arrampicata sportiva.Sì, ho ottenuto due terzi posti in due campionati mondiali e nel 2011 sono diventato campione italiano di arrampicata sportiva. Presto diventerà anche una disciplina olimpica e paralimpica, dovremmo esserci già nelle olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016. Ma per me è molto più importante l’alpini-smo e le sensazioni che ti regala.Qual è la sua ultima impresa?Nel 2012 ho partecipato a una spedizione ad alta quota di tre mesi il cui obiettivo era l’Ojos del Salado in Sud America, il vulcano attivo più alto del mondo. Ora mi sto preparando per un progetto della durata di due anni che mi porterà tra i 4000 delle nostre Alpi, nell’est Europa, in Africa e sull’Himalaya. Come vive la montagna?In cima alla montagna non posso godermi il panorama, ma in compenso sono totalmente appagato da quello che ho fatto con le mie poche risorse. Durante una scalata la concentra-zione per me è maggiore rispetto a un vedente e questo mi permette di non pensare alla mia condizione e di svuotare la mente, una sorta di meditazione attiva che mi dà la forza necessaria per non farmi schiacciare dalle difficoltà della vita.

Al di là della vetta

Montagna significa altezza e se pensi a qualcosa di alto pensi al tetto del mon-do, il Tibet. Un luogo del pianeta di-stante in tutti i sensi, sia per l’altitudi-ne (in media superiore ai 4900 metri), sia perché pochi conoscono il dramma che il popolo tibetato sta vivendo. Di-

stante fino a un certo punto, però: può capitare infatti di tro-vare sulle nostre montagne una tibetana doc, come Sonam Yongshar, nata nel versante Nepalese del monte Everest, pro-prio mentre i suoi genitori stavano scappando dall’amato Ti-bet a causa del regime cinese. Sonam è cresciuta prima in un collegio in India, poi in un collegio internazionale in Svizzera, e una volta maggiorenne si è trasferita in Italia. Attualmen-te vive a Lonigo. “Amo la montagna, in qualsiasi stagione e con qualsiasi tempo atmosferico - ci racconta. Appena posso, prendo l’auto e mi sposto sulle Piccole Dolomiti. Durante le stagioni più calde pratico l’arrampicata su parete rocciosa, poi, quando fa più freddo, arrampico sulle cascate ghiacciate, con ramponi e piccozze…Come vive la montagna?Dipende dal momento: se ho bisogno di liberare la mente, vado da sola. Cammino, ascolto i rumori, ascolto i miei passi sui sassi, ascolto il vento, le foglie… il silenzio. Se invece sono alla ricerca di compagnia e divertimento, vado con altre per-sone che condividono la mia stessa passione.alcune delle sue imprese sportive ad altezze importanti?Sono stata in Messico sul Pico de Orizaba (5700 metri), in Guatemala sul vulcano Tajumulco (4200 metri) e in Italia sull’Adamello (3500 metri).Nessuna sfida sulle sue montagne d’origine?Magari! Non posso tornare nel mio paese. La mia famiglia ed io non possiamo mettere piede in suolo tibetano. Siamo nella lista nera. La situazione è davvero critica. Nel 2012 quasi 80 giovani ti-betani si sono autoimmolati. Un gesto estremo, per far parla-re del Tibet. Con l’associazione VeneTibet stiamo cercando di aiutare concretamente i tibetani e i profughi rifugiati in Nepal e in India.

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Corriere Vicentino | 35 | Imprese in vetta

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La montagna come ricerca della pro-pria umanità. E la fatica e la tecnica come misura della grandezza del pro-prio desiderio. È stata questa la vita di renato Casarotto, forse il più grande alpinista vicentino. La sua è stata una storia di continua

crescita, senza voler apparire con mete e record spettacolari. Così è stata anche la sua fine, nel 1986, dentro un crepaccio sul K2, a pochi passi dal ritorno al campo base, dov’era caduto per un ponte di neve ceduto. Con il ghiacciaio che ne ha restituito il corpo a valle solo 17 anni dopo, nel 2003.Classe 1948, la sua storia umile comincia a Vicen-za, quartiere Ferrovieri, dove viveva con la moglie Goretta e dove lavorava come infermiere nelle Fer-rovie dello Stato. Le sue prime imprese sono nate in questo contesto. Leggendarie ma non vistose, fatte

soprattutto di eccezionali ascensioni invernali solitarie sulle Alpi, dalle Dolomiti al Monte Bianco. È diventato un profes-sionista dell’alpinismo verso la metà degli anni 70 e solo allo-ra ha potuto progettare conquiste più ambiziose. Oggi, un altro alpinista vicentino e suo omonimo (ma non pa-rente), Giampaolo Casarotto, ci racconta il suo rapporto con

Renato: “Quello che ti colpiva di lui era la determinazione. Quando aveva in mente un obiettivo niente lo fermava. Ri-cordo una sua nuova via sulla cima Busasca del Civetta, più di mille metri di parete. Prima di riuscire a completarla, l’ha provata tre volte. Io l’ho aiutato portando per un tratto del

materiale. Nel K2 è stato lo stesso. Prima di cadere ha provato la vetta per un itinerario nuovo, lungo lo sperone sud-sud-est, da solo. Impresa inimmagi-nabile, per quei tempi. Solo anni dopo una spedi-zione è riuscita a conquistare il K2 da quella parte. Straordinarie anche le imprese sul Mc Kinley e sul Monte Bianco. Riusciva a stare in quota 15 giorni in autosufficienza, sapendo aspettare il momento pro-pizio. Una settimana da solo nelle intemperie stron-cherebbe chiunque. Lui invece trovava la forza per durare. Sull’Himalaya ha iniziato una collaborazio-ne con Reinhold Messner, che poi ha abbandonato perché allora era impegnato nella corsa ai 14 otto-

mila, e non gli interessava ricercare vie nuove più difficili, come interes-sava a Renato. Era sempre determi-nato nei suoi obiettivi”.Com’era nei rapporti? “Una persona semplice, non un grande comunicatore, e questo gli ha reso più difficile trovare sponsor. Ma non portare la prima donna ita-liana, sua moglie Goretta Traverso, in vetta a un ottomila, il Gasherbrum II, come viaggio per i dieci anni di matrimonio”. È stato il più grande alpinista vi­centino? “Sì, perché era il più completo. Altri magari lo superano, ma solo in alcu-ni ambiti. Era un solitario anche per-ché non riusciva a trovare compagni alla sua altezza”.La sua continua crescita lo ha por-tato infine a riconoscere Dio sulle

vette, come diceva agli amici, ma anche ai giornalisti che gli chiedevano delle sue ultime imprese. “È la montagna stessa – ancora Giampaolo Casarotto – che ti porta a vedere qual-cosa al di là, per l’estremo fascino dell’ambiente. Soprattutto quando vai ai limiti, come lui, ti accorgi di una forza, una bellezza sovrumana in cui sei immerso”.

Senza limiti

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C’

s o c c o r s o a l p i n o

C’è chi nel tempo libero monta mobili Ikea e chi salva vite. Marco Bussarello e paolo dani salvano vite. Sono due tec-nici di elisoccorso. Due T.E. Il che significa che se succede un incidente in un luogo difficilmente raggiungibile e qual-cuno chiama il 118, immediatamente vengono avvertiti loro. “Dopo tre minuti dalla chiamata dobbiamo essere in volo – ci spiega Bussarello, nato ad Arzignano e T.E. da quasi un anno. Il nostro compito è di garantire la sicurezza del medico e dell’infermiere addetti alle operazioni più delicate. Ognu-no di noi dà la disponibilità due, tre volte al mese. Durante i giorni di servizio restiamo nella nostra base, a Verona, pronti a muoverci in caso di chiamata”. Non è da tutti, fare il T.E. Servono esperienza e predisposizio-ni naturali fuori dalla norma, e bisogna passare delle selezio-ni molto dure. “Visto che ho la possibilità e le capacità, per-ché non metterle a disposizione degli altri? Mi sembra giusto, potrebbe capitare anche a me di avere bisogno di soccorso. E poi salvare una vita umana è una soddisfazione impagabile, la più grande che si possa provare in questo mondo” – ancora Bussarello. Sia lui che Dani sono estremamente riservati, non fanno que-sto genere di servizio per mettersi in mostra o sentirsi dei supereroi. Dani, nato a Valdagno, è un T.E. di esperienza de-cennale, oltre a essere un istruttore regionale di guida alpina. Ci dice che bisogna rimuovere in fretta quello che si vede, in certi casi, se si vuole dormire la notte. “Qualche volta capita-no però anche cose divertenti. Col senno di poi, ovviamente... C’è stato un tedesco che era caduto dalla mountain bike in un sentiero di montagna. Con l’elicottero non riuscivamo a trovarlo, siamo dovuti atterrare in fondo valle, aspettando notizie dalla centrale operativa. Avevamo pochissimo carbu-rante. Nel frattempo sono arrivati due ragazzi in sella a due moto da trial, dicendoci che sapevano dov’era il ferito. Uno dei due mi ha lasciato la sua moto, mentre l’altro mi ha gui-dato nella direzione giusta. A un certo punto, però, ho perso il controllo, ho rischiato grosso... Grazie a Dio non mi sono fatto niente e alla fine siamo riusciti a recuperare il tedesco. Fra un po’ dovevano venire a recuperare me invece di lui...”

Professione T.E.

Non amano essere presi per degli eroi. Ma è quello che sono.

Rischiare la propria vita scendendo da un elicottero attaccati a un cavo per salvare persone in situazioni di difficoltà

estrema non è cosa da tutti. È cosa da tecnici di elisoccorso (T.E.), come Marco Bussarello e Paolo Dani.

di Giuseppe Signorin

Corriere Vicentino | 36 | Soccorso Alpino

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il c.n.s.a.s.Il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologi-co è la struttura operativa del Club Alpino Italiano. È una libera associazione di volontariato apartitica, apolitica e senza fini di lucro ispirata ai principi di so-lidarietà e fiducia reciproca tra i soci. Ha il compito di provvedere alla vigilanza e alla prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, al soccorso degli infortunati e dei pericolanti e al recupero dei caduti. È una struttura nazionale operativa del Servizio nazionale di prote-zione civile. Il C.N.S.A.S. si articola sul territorio at-traverso 21 Servizi costituiti ognuno per ogni regione o provincia autonoma dello Stato italiano. Ad essi convergono 31 Delegazioni alpine e 16 Delegazioni speleologiche che a loro volta racchiudono i Nuclei operativi, chiamati Stazioni, cui spetta il compito di portare soccorso. Le Stazioni alpine sono 242, men-tre quelle speleologiche sono 27.L’ammissione al C.N.S.A.S. è possibile per tutti i soci del Club Alpino Italiano di età compresa tra i 18 e i 45 anni, dopo il superamento delle prove di ammis-sione, necessarie per la verifica dei requisiti richiesti. La domanda va presentata al responsabile della Sta-zione C.N.S.A.S. competente per territorio, corredata del curriculum dell’attività alpinistica o speleologica degli ultimi due anni e di un certificato medico.

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VL

s p o r t e a s s o c i a z i o n i

L’idea è nata una mattina di novembre, nell’ormai lontano 1977. Francesco Zecchin, l’attuale presidente, non ha fatto che seguire quell’idea e portarla ad alcuni amici appassiona-ti, come lui, di sci. All’epoca le attrezzature erano rudimentali – sci di legno fatti in casa e pseudo piste da battere e risalire a piedi. Il lavoro era tutto in salita, insomma, ma da quel momento in poi lo Sci Club Chiampo non ha fatto che crescere, fino a diventare la terza associazione sciistica italiana per numero di abbonati, quasi 600. A ottobre 2012 ha spento 35 cande-line, con una festa e una rappresentazione fotografica arric-chita dalla presenza di Pino Dellasega, pioniere del Nordic Walking in Italia. E il Nordic Walking, in particolare con il Trekking del Cristo pensante, che coniuga l’attività fisica con la riflessione interiore e la dimensione della fede, è solo una delle tante novità che lo sci club sforna ogni anno. Continuano invece le gare sociali, inaugurate già alla fine della prima stagione di attività per premiare i soci con una domenica speciale sulla neve. Sempre nel corso della prima stagione, grazie a un’intuizione di Daniele Boschetti, sono stati trovati lo stemma del gruppo, il mitico Orso Yoghi, che ancora resiste, e la prima divisa ufficiale, che altro non era se non un maglione di lana. Ma lo Sci Club Chiampo non ha nulla di nostalgico. L’atten-zione è tutta rivolta verso il futuro. “Stiamo puntando tan-tissimo sulle iniziative per i bambini e i ragazzi. Non perché escano necessariamente dei campioni, non è questo che ci in-teressa, ma per infondere la passione dello sci e portarla alle nuove generazioni”, ci dice luca Zecchin, segretario dello Sci Club e figlio di Francesco. “E adesso avanti per altri 35 anni!”.

Gruppi da record

di Giuseppe Signorin e Francesco Meneghini

Vivere tutto l’anno ai piedi delle Alpi e riuscire a scorgerne, durante le giornate più limpide, le cime maestose, ha fatto e fa nascere tutt’ora l’amore per la montagna nel cuore di molti abitanti della pianura vicentina. la sezione del C.a.I. di ar­zignano ne è la dimostrazione lampante: con oltre 700 iscritti, ha segnato il record di nuovi soci tra i club del Triveneto, con attenzione particolare ai giovani e giovanissimi. Abbiamo in-tervistato Celeste Groppo, presidente di sezione arrivato al quarto anno di incarico.Come si spiega questo grande successo di iscrizioni?Evidentemente la nostra è una sezione che lavora bene, of-frendo una grande varietà di attività, per appassionati di tutti i livelli, sia d’estate che in inverno. Dai corsi di sci alpinismo e arrampicata per gli esperti fino alle prime nozioni di escursio-nismo per chi vuole avvicinarsi alla montagna in sicurezza.Quanto è importante la preparazione prima di affrontare un’attività in montagna?Noi riteniamo che sia fondamentale, per questo puntiamo molto sulle attività dedicate ai giovani, in modo che possano iniziare a prepararsi da subito. Molte volte le disavventure in montagna sono dovute a inesperienza e scarsa preparazione. Una delle tre settimane bianche organizzate dalla sezione è dedicata proprio ai ragazzi dagli 8 ai 13 anni.e per quanto riguarda i più esperti?Ovviamente esistono corsi ed attività dedicati anche a loro. Ogni anno vengono organizzate una o più uscite per trekking ad alta quota. L’anno scorso per esempio abbiamo fatto un’e-scursione attorno all’Annapurna, nella catena dell’Himalaya. Poi uno dei nostri soci, proprio lo scorso dicembre, ha rag-giunto la vetta dell’Aconcagua, a quasi 7.000 metri: una gran bella soddisfazione.

Corriere Vicentino | 38 | Sport e Associazioni

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la pRUdenza non È mai tRoppaLa montagna, con la gamma di attività che offre agli appas-sionati di ogni età, resta una delle mete più apprezzate. A volte però l’inesperienza o la semplice sfortuna possono tra-sformare una bella giornata in disavventura. “Il mix impru-denza – scarsa preparazione è la causa principale di incidenti in montagna ” spiega il dottor Miraldo Colombini, primario di ortopedia all’Ospedale di Valdagno che precauzioni sono più efficaci per evitare incidenti in montagna?È bene affrontare ogni attività con un minimo di preparazione fisica, che torna utile per uscire al meglio dalle situazioni di difficoltà, e ovviamente con prudenza. Per le attività sciistiche è fondamentale proteggersi, soprattutto con il casco, e in generale rispettare le norme imposte sulle piste.Quali sono gli infortuni più frequenti?Per quanto riguarda la stagione invernale, fino a qualche tempo fa i traumi più diffusi erano legati alla pratica dello sci, quindi soprattutto traumi alle gambe. Con l’avvento dello snowboard però c’è stato un incremento delle lesioni agli arti superiori, spesso spalle e polsi.per quanto riguarda l’attività estiva invece?Oltre alle comuni distorsioni che ci si può procurare cammi-nando su sentieri impegnativi, stanno aumentando gli inci-denti causati da distacchi di rocce. In ogni caso non bisogna aver paura: con un po’ di sana prudenza e le adeguate pre-cauzioni si può godere dell’esperienza in montagna senza problemi e con serenità.

Alcuni soci CAI di Arzignano sull’Adamello

e sulle Dolomiti di Sesto

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l a v o r a r e i n m o n t a g n a

Una vita semplice tra la natura e gli animali, “lassù sulle montagne, tra boschi e valli d’or”, un misto di romanticismo ma anche durissimo lavoro: così papà Giuseppe e mamma Annamaria hanno cresciuto i loro figli Massimo e Antonio. Durante l’anno la famiglia gestisce un allevameno di bovi-ni da latte e un’attività agrituristica tra le nostre campagne, mentre in estate si trasferiscono da più di trent’anni in una malga in montagna, dove portano avanti il lavoro.Un mestiere antichissimo quello che si esercita sull’alpeggio, che abbiamo voluto far rivivere in modo autentico attraverso un’intervista alla famiglia Bertollo, proveniente dalle cam-pagne vicentine.Chi si occupa della gestione della malga? Ci risponde il papà, Giuseppe: “Ho ereditato la passione da mio padre e dopo il matrimonio ho fatto questa scelta di vita con l’aiuto di mia moglie. Abbiamo cresciuto così i nostri fi-gli, ai quali abbiamo trasmesso l’amore per l’alpeg-gio e ora lavorano con noi”. dove si trova esatta­mente?Fino all’estate 2012 a Tonezza del Cimo-ne, località Fiorenti-ni. Quest’anno, però, purtroppo è scaduto il contratto ma stiamo vagliando altre località: di sicuro non smettere-mo!In che mesi vi spostate?Dai primi di giugno a fine settembre. Portiamo tutti gli animali presenti nella nostra azienda: bovini, cavalli, galline.Una moderna arca di Noè! Quali sono le maggiori attività in malga?Ogni mattina produciamo formaggio fresco e stagionato, bur-ro e ricotte. Visto che tutti gli animali sono lasciati al pascolo libero, andiamo tutti i giorni a controllarli e a conteggiarli.Come viene scandita la vostra giornata tipica? Sveglia alle 6, mungitura fino alle 7.30. Alle 8 si comincia la lavorazione del latte per la produzione del formaggio, fino alle 11.30. Pranziamo e dalle 14 alle 16 controlliamo e con-tiamo il bestiame. Infine mungitura serale, fino alle 18, dove

Una vita da malgari

di Silvia Maculan

crolliamo.Ma quando i vostri figli erano ragazzini, come si trovavano a fare questo tipo di vita?Risponde uno dei diretti interessati, Massimo, il figlio mag-giore: “Abbiamo ricordi molto spensierati, corse tra i prati, giochi, gite a cavallo, una vacanza lunga qualche mese”.aiutavate mamma e papà?Per quanto possibile sì: a 9 anni ho imparato a mungere le mucche e la sveglia suonava anche per noi all’alba! Se certe mattine non riuscivamo a svegliarci i nostri genitori partiva-no comunque con l’auto verso il luogo della mungitura e noi dovevamo percorrere il chilometro che ci separava a piedi!la soddisfazione e il ricordo più bello?Di nuovo il papà, Giuseppe: “Risale al periodo trascorso a Trento, Monte Bondone, dal 1994 al 2004. Abbiamo preso

in gestione una malga con annesso agriturismo in condizioni precarie e siamo riusciti a trasformarla in un punto di ritrovo per gli abitanti del posto e tappa fissa per i numerosi turisti”.Il futuro delle malghe?Purtroppo la mancanza di aiuti e agevolazioni porterà l’attività a disuso. Mi auguro di no, ma sa-rebbe una grossa perdita, anche per il nostro patrimonio culturale e tradizionale.

Corriere Vicentino | 40 | Lavorare in montagna

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AAndare in montagna non significa soltanto raggiungere una vetta dopo un lungo sforzo fisico. Andare in montagna signi-fica anche riscoprire se stessi, avere fiducia nell’altro, speri-mentare il rischio in un ambiente sicuro e protetto. Sono i concetti che stanno alla base della montagnaterapia, un progetto educativo e riabilitativo che fa della montagna lo scenario principale di ogni sua azione. Ecco come il sito www.sopraimille.it, portale della terapia della montagna in psichiatria, definisce la montagnaterapia, vocabolo intro-dotto per la prima volta in un articolo di Famiglia Cristia-na a commento del convegno nazionale “Montagna e solidarietà: esperienze a confronto”, svoltosi nel settembre 1999 a Pinzolo: “Con il termine montagna-terapia si intende defini-re un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo, finalizzato alla prevenzione secondaria, alla cura e alla riabilitazio-ne degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità; esso é progettato per svolgersi, at-traverso il lavoro sulle dina-miche di gruppo, nell’ambien-te culturale, naturale e artificiale della montagna”. Nel Vicentino non mancano realtà che seguono questo ap-proccio. È il caso della cooperativa Samarcanda di Schio che, grazie ai contributi della Regione Veneto e della Fondazione Cariverona, da 4 anni gestisce progetti che hanno coinvolto circa 130 persone tra gli ospiti psichiatrici della cooperativa Mano Amica di Schio, i bambini e i ragazzi provenienti da

Montagnaterapia

di Francesco Gualtieri

realtà familiari di disagio accolti dal Villaggio SOS di Vicenza e i senzatetto ospiti di Casa Bakhita di Schio. E il progetto po-trebbe presto allargarsi fino ad Arzignano, perchè sono par-titi i contatti con la Casa Dalli Cani, allo scopo di far vivere anche ai suoi ospiti le esperienze della montagnaterapia.Arrampicata per i più giovani del Villaggio Sos ed escursioni per gli adulti psichiatrici e senzatetto: questi i due principali filoni di attività proposti dalla cooperativa Samarcanda. “At-traverso le escursioni gli psichiatrici, gli alcolisti e i tossicodi-

pendenti vengono accompa-gnati verso la riscoperta del sé, aiutandoli a spostare l’atten-zione dai problemi personali alla realtà e all’ambiente che li circonda”, spiega Giovanni Gasparin, responsabile del progetto assieme a Michele Pozzan. “Ai bambini e agli adolescenti del Villaggio SOS, che provengono da difficili esperienze familia-ri, viene invece proposta l’arrampicata, perché aiu-ta a sviluppare la fiducia nell’altro, a scoprire il ri-schio e ad affrontarlo, ma sempre in un ambiente si-

curo e protetto”.Scenario delle attività sono i siti di interesse comunitario della montagna vicentina, ma anche le palestre di roccia di Arco, in provincia di Trento. È allo studio un progetto per organizzare campi estivi aperti agli ospiti di tutti i Villaggi SOS d’Italia, mentre, grazie al rapporto di collaborazione con la Casa Dalli Cani di Arzignano, anche le montagne dell’Ovest Vicentino potrebbero diventare presto il suggestivo teatro di escursioni ed esperienze all’insegna della montagnaterapia.

s o c i a l e

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L

s t o r i a

La prima guerra mondiale, e in particolare la Strafexpedition, cambiò di molto la geografia politica e sociale del vicentino. Nel maggio 1916 interi comuni dell’Altopiano si trasferirono nell’Area Berica e si attuò una vera e propria condivisione della vita quotidiana, della casa, dei viveri, della piazza, della chiesa. La tragedia di chi saliva le montagne per combattere al fronte si univa alle lunghe file di profughi costrette a scen-dere, dal versante opposto, e a rifugiarsi in paesi sconosciuti, in preda al dolore e all’ignoto. Così, gli abitanti di Asiago si rifugiarono a Noventa, quelli di Tresche Conca a Nanto, quel-li di Arsiero a Lonigo, quelli di Gallio ad Albettone, quelli di Roana a Pojana, quelli di Cesuna a Campiglia, quelli di Rotzo a Barbarano e Villaga, quelli di Laghi a Montegalda, quelli di Velo d’Astico a Castegnero, quelli di Posina a Longare, quelli di Forni a Montegaldella.Attraverso gli eventi bellici l’Altopiano divenne uno schele-tro di caduti e della sua gente, obbligata a fuggire nel sud della provincia e ad abbandonare le proprie piccole patrie. L’obbligo di lasciare alle spalle lo scenario di vita quotidiana giunse improvvisamente, aumentando il senso di abbando-no degli sfollati. C’era poco tempo per riflettere sul proprio

Gli sfollati del 1916

di Luca Trissino

futuro, sulle cose da portare con sé e su quelle, preziose, da nascondere, sperando di poter tornare presto a riprenderle. I profughi caricarono sulle proprie spalle miseri fagotti, con-tenenti soltanto qualche abito e qualche coperta, e slegarono dalla mangiatoia qualche vacca o mulo, pregiati strumenti di sopravvivenza.Erano tutti convinti di rimpatriare dopo poco tempo: la par-tenza era vissuta come un’imposizione esterna, fulminea, tra-gica, che andava risolta a breve. Qualche ufficiale e qualche prefetto li avevano rassicurati con questa speranza.Fortunatamente, dopo sistemazioni provvisorie manchevoli anche dei beni necessari, i profughi vennero accolti nelle case del basso vicentino. Ma l’integrazione non sempre fu facile e veloce, poiché gli sfollati vennero considerati degli “austria-canti”, delle vere e proprie spie austriache organizzate. Al tempo era perfino diffuso come ammonimento ai bambini: “Se fai il cattivo, ti faccio mangiare dai profughi!”. Il dramma dei profughi, però, si risolse in poco tempo, grazie alla con-divisione di funzioni religiose, dei banchi di scuola, dei mo-menti di lavoro e di svago, della laboriosità e della generosità quotidiana, dettate dal condividere la casa e il cibo. Le comu-

Corriere Vicentino | 42 | Storia

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nità si avvicinarono e molte famiglie decisero di stabilirsi nei paesi prima imposti loro dalla guerra. Un esempio di questa scelta è la famiglia Marini, originaria di Gallio e ora residente ad Albettone. Giovanni Marini, classe 1928, è il primo della famiglia ad essere nato ad Albettone, erede dei profughi di guerra. Come siete stati accolti ad albettone?Eravamo bollati come “spioni”, come alleati austriaci. In real-tà nella stagione estiva del 1913 avevamo preso in affitto una casa ad Albettone, per necessità legate al pascolo e al lavoro agricolo. Molte altre famiglie di Gallio, soprattutto pastori, in estate scendevano ad Albettone. I miei nonni e i miei genitori sono stati obbligati a scendere nel maggio del 1916, e tra l’al-tro la nostra casa era tra le più vicine al confine austriaco, poi-ché situata nell’area logistica, che comprendeva la mulattiera di collegamento e il deposito delle granate. Per scendere più in fretta ci avevano assegnato un mulo militare.avete mai fatto ritorno a Gallio?In tempo di guerra sono morti mio zio e i miei nonni e poco dopo la mia nascita anche mio padre. Non era più possibi-le vivere qui in pianura e così siamo tornati a Gallio. Avevo solo un paio d’anni. Una volta tornati in montagna cercammo tutti gli arnesi per fare il formaggio che i miei nonni aveva-no seppellito vicino a casa. Questi rappresentavano il nostro unico mezzo di sostentamento, ma non li ritrovammo. Con il tempo abbiamo ricostruito la casa, vicino a quella distrutta. Io ho vissuto lì con la mia famiglia fino a quando, negli anni 50, ho scelto di tornare ad Albettone, nel paese dove ero nato.

Giovanni Marini con la moglie e i figli a Gallio, poco prima di tornare ad Albettone.

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L r i c o r d i

La “dama bianca” fece la sua comparsa il pomeriggio di do-menica 12 gennaio. Tre giorni di neve ininterrotta con una temperatura che oscillava dai - 4 ai -1 °C nell’ ultimo giorno di nevicata.In provincia il manto nevoso raggiunse uno spessore di oltre 60 centimetri. I nostri paesi, le nostre città si erano trasformati in località di montagna. Per le strade la gente si spostava con gli sci, andava a fare la spesa trainando la slitta. I bambini creavano giganteschi pupazzi in pieno centro cittadino, ar-ricchendo non poco il già poetico paesaggio e godendosi la settimana di vacanze per la chiusura delle scuole. Gli sci club, intanto, “inventavano” gare di sci tra le “visele”.Ci fu anche un lato negativo fatto di tetti sfondati dal peso della neve, di automobili ammaccate nei fossi e di una pro-duzione industriale in forte crescita che si fermò per la prima volta. Ma di quella nevicata rimane soprattutto il ricordo di una grande avventura collettiva.

La grande nevicata

Arzignano piazza Marconi foto Luisa Ferin Facci

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Arzignano, piazza Libertà - Foto Luisa Ferin Facci

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Arzignano, via IV Martiri - Foto Luisa Ferin Facci

Arzignano, villa Mattarello - Foto Luisa Ferin Facci

Alte Ceccato, viale della Stazione - Foto Mosè Cabalisti

Alte Ceccato, piazza San Paolo - Foto Mosè Cabalisti

Montecchio, via Roma - Foto Studio Trevisan

Montecchio, via Roma - Foto Studio Trevisan

Corriere Vicentino | 45 | Ricordi

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L

c u l t u r a

La loro musica richiama atmosfere di tempi lontani, di danze popolari e battiti di mani. La loro lingua, anche se alle no-stre orecchie può sembrare strana, ha risuonato per secoli tra le nostre valli e montagne, retaggio di popoli germanici stabilitisi in alcune zone dell’arco montano che va dalla Les-sinia all’Altopiano dei Sette Comuni. Loro sono gli Sbartze Khatzen, “I Gatti Neri”, probabilmente l’unico gruppo di mu-sica cimbra in circolazione, arrivato ormai al decimo anno di attività. Abbiamo incontrato andrea Urbani, per gli amici “il Cimbro”, uno dei cinque membri di questa esplosiva band. la domanda è d’obbligo: siete veramente cimbri?Abbiamo quasi tutti comprovate origini cimbre, e provenia-mo da zone tipicamente cimbre: Recoaro, Roana, Asiago. Quello che ci interessa però non è l’origine, ma la cultura.da che fonti attingete per comporre i vostri pezzi?I testi sono scritti dal nostro cantante, che ha anche frequen-tato corsi specifici per perfezionare l’uso della lingua, che purtroppo va scomparendo in molti luoghi. Le nostre can-zoni parlano di storia e leggende legate alla tradizione cim-

Tzimbar folk!

di Francesco Meneghini

bra, ma anche di temi contemporanei come la guerra e la società. Per la musica invece ci ispiriamo alla tradizio-ne folk, dalla Scozia alla Scandinavia. Come reagisce il pubblico quando vi sente cantare in cim­bro?In genere il pubblico è molto curioso, per questo cerchiamo di essere spontanei e di coinvolgere le persone anche fuori dal palco. I nostri testi sono molto poetici e serve tempo per spiegarli e capirli.dov’è più facile vedere una vostra esibizione?Spesso facciamo concerti nelle zone montane, principalmente tra Recoaro e Asiago, ma suoniamo un po’ ovunque nel Nord Italia: feste private, sagre, piazze, manifestazioni culturali. Nel 2006 abbiamo portato la nostra musica e la cultura cim-bra a Monaco, un’esperienza bellissima.

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