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Anno LVII - N. 172 Anno LVII - N. 172 luglio settembre luglio settembre N. 3 - N. 3 - 2015 2015 Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Giubileo della Misericordia Scoprire il vero volto di Dio Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

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Anno LVII - N. 172Anno LVII - N. 172luglio settembre luglio settembre

N. 3 - N. 3 - 20152015VitasomascaPeriodico trimestrale dei Padri Somaschi

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Giubileo della MisericordiaScoprire il vero volto di Dio

VitasomascaPeriodico trimestrale dei Padri Somaschi

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Editoriale

Verso un grande anno ecclesiale 3Cari amici

La Congregazione dei Somaschi è in periferia e per la periferia 4Spiritualità somascaGiubileo straordinario della Misericordia 6Report

Ma Fabrizio... è divorziato 10Problemi d’oggiAmbiente e salute 12Adolescenza e tristezza 14Eco di risonanza 16Dentro di meLa famiglia 17Per dare una mano

Fondazione Missionaria Somasca 18Dossier

8° Convegno Movimento Laicale Somasco 19

Nostra storiaPer odio della giustizia e della fede 28Vita e missioneIn periferia... con coraggio 32ProfiliP. Angelo Cerbara 34Padre Alvise Zago 40Flash da...Piccoli miracoli... (Bolivia) 42Il trimestreIl ‘quadro’ che vogliamo 44In memoriaRicordiamoli 45Recensioni Letti per voi 46

Anno LVII - N. 172luglio settembre

N. 3 - 2015Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

Direttore editorialep. Mario RonchettiDirettore responsabileMarco NebbiaiHanno collaboratop. Franco Moscone, Enrico Viganò,Deborah Ciotti, Fabiana Catteruccia,José Montaña,p. Alessio Zago,p. Giuseppe Oddone,p. Michele Marongiu,sr. Giovanna Serra,Marco Calgaro,p. Luigi Amigoni.FotografieArchivio Vita somasca,Giuseppe Oddone, Internet

StampaADG Print srl 00041 Albano Laziale (Roma)Tel. 06.87729452

Abbonamentic.c.p. 42091009 intestato: Curia Gen. Padri Somaschivia Casal Morena, 8 - 00118 Roma

Vita somasca viene inviata agli ex alunni, agli amici delle opere dei Padri Somaschi e a quanti esprimono il desiderio di riceverla. Un grazie a chi contribuisce alle spese per la pubblicazione o aiuta le opere somasche nel mondo.Vita somasca è anche nel web:[email protected] dati e le informazioni da voi trasmessi con la procedura di abbonamento sono da noi custoditi in archivio elettronico. Con la sottoscrizione di abbonamento, ai sensi della Legge 675/98, ci autorizzate a trattare tali dati ai soli fini promozionali delle nostre attività. Consultazioni, aggiornamenti o cancellazioni possono essere richieste a: - Ufficio abbonamenti Via Casal Morena, 8 - 00118 RomaTel 06 7233580 Fax 06 23328861

Autorizzazione Tribunale di Velletri n. 14 del 08.06.2006

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SommarioSommario

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EditorialeEditoriale

Verso un grandeVerso un grandeanno ecclesialeanno ecclesialeConclusa la seconda fase del Sinodo sulla famiglia (4-25 ottobre), siamo in cammino verso un grande annoecclesiale, denso di tanti appuntamenti. Segnaliamo i più importanti.

Il Convegno ecclesiale nazionale Si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre con il titolo “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Esso si pone esat-tamente a metà strada del progetto – iniziato nel 2010 e che si concluderà nel 2020 – programmato dallaCEI nel documento Educare alla vita buona del Vangelo.

L’Anno della Vita consacrataSi concluderà il 2 febbraio 2016: è un’occasione per rivivere la grande ricchezza, storica, carismatica ed ec-clesiale della Congregazione Somasca, fondata da San Girolamo Emiliani. A tale scopo si terrà per i religio-si in Somasca dal 30 novembre al 3 dicembre una tre giorni, incentrata sulla spiritualità del nostro santo esulla testimonianza di vita fraterna nelle comunità.

L’anno santo della MisericordiaLo vivremo come un grande dono di Papa Francesco (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016). Religiosi e lai-ci siamo esortati ad essere testimoni della misericordia ed a rinnovare la nostra fede nel pellegrinaggio alleChiese delle diocesi o a Roma. I religiosi somaschi sono convocati ad Albano dal 2 al 4 maggio.

Cento anni dall’inizio della prima guerra mondialeNella prima guerra mondiale morirono otto somaschi e due rimasero gravemente feriti, portando per tuttala vita nella loro carne i segni della loro sofferenza. Ora tutti sono nella pace del Signore. Ci sembra dovero-so ricordare questi confratelli. Dal 7 luglio al 9 luglio 2016 è prevista una tre giorni sui luoghi della primaguerra mondiale con base al Castello di Quero e visita a Livinallongo – Passo Falzarego – Museo Tre sassi –Bolzano e Trento – Monte Grappa e Feltre – Redipuglia ed Oslavia (Gorizia).

Giornata mondiale della gioventùL’evento si svolgerà a Cracovia dal 26 al 31 luglio del 2016. A tutte le GMG del passato ha sempre partecipa-to un nutrito gruppo di giovani provenienti dalle nostre opere, in particolare delle parrocchie ed un mani-polo di religiosi impegnati nella pastorale giovanile. Chi è interessato a parteciparvi faccia riferimento al P.Provinciale Fortunato Romeo.

Congresso eucaristico nazionaleSi terrà a Genova dal 15 al 18 settembre del 2016. Si svolge nell’anno della misericordia e coinvolge tutti, main particolare le nostre comunità della Maddalena (GE), di Nervi e di Rapallo, nella accoglienza dei pelle-grini, nella carità e nel servizio, ed in un intenso cammino di preghiera, che metta l’Eucaristia al centro del-la vita.

Eventi nelle Chiese locali Collaborando con i nostri Pastori nelle molte iniziative diocesane rinnoviamo con San Girolamo il nostro fer-vore per la riforma della Chiesa, incominciando da noi stessi e dalle nostre comunità.

p. Giuseppe Oddone

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Nella Lettera apostolica del 2014, inviataa tutti i consacrati, Papa Francesco cistimola a dare risposte concrete, e in coe-renza col carisma ricevuto, a cinque at-tese che egli si aspetta da “questo anno digrazia della vita consacrata”: gioia, pro-fezia, comunione, periferie e verifica.

PeriferiePer quanto riguarda il ruolo salvificodelle periferie e delle frontiere l’esempiodella vita di Girolamo è eloquente. Il suo cammino di santità inizia in zonadi periferia, lontano da Venezia, e per-corre la linea del fronte che da Castel-nuovo di Quero scende lungo le spondedel Piave fino a Maserada, in direzionedi Treviso. Si tratta di un’esperienza disconfitta, di delusione per gli ideali evalori fin’allora curati, ma è anche l’oc-casione della Provvidenza per farlo na-

scere a una nuova vita per sé, per noi,per la Chiesa e per l’umanità. E alla periferia più lontana da Venezia,sulla linea di confine fra il Ducato di Mi-lano e la Serenissima Repubblica, sce-glierà per sé e per la Compagnia la suasede: Somasca! Là dove si erano affron-tati eserciti opposti, e dove la distanzadalla capitale (Venezia) sembrava rac-contare solo di abbandono, dimenti-canza e poca considerazione, è capace dicontemplare e voler edificare un luogodi pace e una terra promessa. Girolamoha scritto con l’esempio della sua vitaquanto ci prescrivono le Costituzioni:preferire ambienti e luoghi in cui piùgrave è la condizione di indigenza.L’esempio di Girolamo è entrato nel-l’identità della sua creatura, la Compa-gnia dei servi dei poveri, nata per servireCristo e la Chiesa nelle periferie geogra-fiche, culturali ed esistenziali di tutti itempi e continenti. In Visita canonica ho potuto constatare,ringraziando Dio, la vivacità di questacaratteristica periferica della nostraCompagnia. Riporto qui alcuni esempi,non per escludere qualcuno, ma per af-fermare la certezza che ogni nostra co-munità, nei vari campi di apostolato,s’impegna a favore dei poveri e della gio-ventù bisognosa, rende sensibili alle loronecessità quanti a essa si accostano econ essa vivono e operano, collabora alleiniziative della Chiesa e della società , ecompie tutto questo scegliendo la perife-ria e operando in essa e per essa.

Cari amiciCari amici

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La Congregazione La Congregazione dei Somaschidei Somaschiè in periferia è in periferia

e per la periferiae per la periferia

p. Franco Moscone crs

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Ci sono fondazioni di frontieracome ai tempi di Girolamo - Il coraggio di farsi presenti a Thanna-munai in Sri Lanka nel 2005, dopo il de-vastante tsunami, ma soprattutto in si-tuazione di guerra civile in corso e concampi profughi a poche centinai di me-tri da casa, è stato segno e fonte di verosoccorso e ricostruzione di una società.Oggi Miani Nagar è terapia del cuore,un villaggio che proclama la possibilitàdell’amicizia e della pace e che garanti-sce speranza per tanti giovani. - Nel 2010, a pochi mesi dal tremendoterremoto in Haiti, si è scommesso sullapossibilità di ricostruire, non solo strut-ture, ma soprattutto vite e futuro pertanti bambini. Oggi sulle due oppostesponde del fiume che separa la Repub-blica Dominicana da Haiti, tra Dajabone Ouanaminthe, sorgono due opere so-masche col sogno di essere vere occa-sioni di sviluppo e riconciliazione perpoveri e profughi.

Ci sono comunità in centro cittàche accolgono le periferie - È il caso della magnifica basilica di ElCalvario a pochissimi passi dal PalazzoNazionale e dalla cattedrale di San Sal-vador. Il mercato popolare, con massedi gente che arriva dalle campagne fuoridella capitale salvadoregna, impediscel’accesso alla chiesa con auto e altrimezzi di locomozione, ma la rendeluogo di preghiera e di evangelizzazioneraccontando lo “stare con Cristo e con ipoveri” del carisma somasco. - La piccola casa di formazione, presa inaffitto a Maputo, capitale del Mozam-bico, racconta del medesimo miracolo.L’immenso mercato di Xipamanine, ilpiù esteso e popolare della Repubblicamozambicana, rende la casa quasi inac-cessibile, oltre che indistinguibile dallealtre della zona, ma prova che non solosiamo chiamati a lavorare per i poveri,ma a stare con loro e vivere come loro!Sono presenze come queste (non sono lesole!) che dicono che è proprio del cri-stianesimo, e della missione somasca in

particolare, saper andare fino ai mar-gini e portare chi è al margine al centrodell’amore di Cristo.

Ci sono opere “storiche” che sisono rese modernissime di fronteai fenomeni della globalizzazioneNe cito due tra le più antiche di fondazione - Casa san Girolamo può a ragione con-siderarsi l’erede diretta dell’opera delFondatore in Somasca: oggi prova a es-sere nuova casa e famiglia per giovanifuggiti dal nord Africa sui barconi dellamorte e della speranza. - La Casa della Maddalena nel centro sto-rico di Genova, parrocchia affidata allaCongregazione fin dal 1576, ha aperto lestrutture rendendole capaci di diventareun condominio che accoglie persone solee famiglie bisognose di aiuto in un mo-mento di particolare crisi sociale e di lon-tananze delle istituzioni civili.Ho citato sei esempi, scelti in base a trecategorie di presenze, non per crearegiudizi o sottolineare preferenze, maper dire a tutti, con cognizione di causa,che le periferie, come le frontiere, fannoil DNA della missione somasca da sem-pre e ovunque essa si manifesti. Posso affermare, non senza un orgogliopositivo, modificando un po’ un’affer-mazione cara al Papa sulla Chiesa, chela Congregazione dei Padri Somaschi èin periferia e per la periferia!(Dalla Lettera all’Ordine in occasione diSanta Maria Madre degli orfani, Patronadella Congregazione - 27 settembre 2015).

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luglio settembre 2015 Vitasomasca

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Spiritualità somascaSpiritualità somasca

Giubileo straordinario della Misericordia

(8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016)

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Vivremo il Giubileo stra-ordinario della Miseri-cordia come un grandedono di Papa Francesco. Siamo esortati a riceverela misericordia del Padre,ad essere testimoni dellamisericordia ed a rinno-

vare la nostra fede nelpellegrinaggio alle Chie-se della diocesi o alle tom-be degli Apostoli a Roma.Per approfondire il signi-ficato del giubileo, ven-gono proposte a grandilinee alcune riflessioni.

Aspetti bibliciL’anno del giubileo ha lesue radici nella Bibbia(Lev. 25): è un eventoumano e religioso com-plesso, previsto ogni cin-quanta anni, in cui ognu-no avrebbe potuto recu-perare la propria casa, ipropri terreni, la proprialibertà: esprimeva il desi-derio ed il sogno di acco-glienza, di fraternità, dipace, di riposo, di ripresae di futuro per la propriaterra, la propria vita, lapropria patria. Era il tentativo di uma-nizzare le istituzioni, diaprire le porte all’acco-glienza ed al perdono, nel-la prospettiva di una so-cietà non più concepitacome fortezza in cui di-fendere i propri privilegi,ma come famiglia in cuisi è amati, accolti e per-donati.

Aspetti storiciIl desiderio di perdono, dipurificazione, di rinnova-mento si è espresso nei se-coli del Medioevo attra-verso il pellegrinaggio alletombe dei Martiri e degliApostoli.Il primo Giubileo è statoproclamato il 22 febbraiodel 1300 nella festa dellacattedra di San Pietro daPapa Bonifacio VIII con

p. Giuseppe Oddone

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luglio settembre 2015 Vitasomasca

la bolla “Antiquorum habet fida re-latio”, mentre giungevano a Romamasse di pellegrini. Come racconta il cronista Gugliel-mo Ventura di Asti, si trattò di unfenomeno nato dal basso, dal po-polo cristiano, perché furono i fe-deli a chiedere al Papa di poter ot-tenere nell'anno centenario il per-dono e con l’indulgenza la remis-sione della pena, conseguenza deiloro peccati, visitando le tombe de-gli Apostoli. Da quella data inizianella Chiesa la serie dei giubilei or-dinari e straordinari.

Aspetti artistici del “bel”giubileoIl Giubileo ha sempre rappresenta-to uno stimolo artistico e culturaleed ha spinto la città di Roma ad ab-bellirsi. Nel 1300 Roma fu visitata da Dan-te e il giubileo rappresentò un po-tente impulso per la creazione del-la Divina Commedia, un pellegri-naggio spirituale per liberarsi dalmale, purificarsi, incontrare Dio,rinnovare la Chiesa.Vi andò pellegrino anche Giotto evi lasciò i segni della sua arte.Nel 1350 vi giunse anche il Petrar-ca e ne trasse ispirazione per diversepoesie del suo Canzoniere. Roma coglieva l’occasione per ab-bellirsi e per ospitare in modo piùdegno i pellegrini.

A titolo esemplificativo si possonoricordare le opere di Gian LorenzoBernini: nel giubileo del 1625 fueretto nella basilica il baldacchinodi San Pietro, nel 1650 la fontanadi Piazza Navona, nel 1675 il co-lonnato di San Pietro. A queste opere d’arte si sono ag-giunte in seguito nei giubilei suc-cessivi altre realizzazioni: ad esem-pio nel 1725 la scalinata di Trinitàdei Monti, nel 1750 la fontana diTrevi. Così è avvenuto fino ai nostrigiorni nei giubilei del 1975 e del2000 ed altrettanto si spera che av-venga ancora oggi.I giubilei furono previsti all’inizioogni cento anni, poi ogni cinquan-ta, poi ogni venticinque, gli anni diuna generazione. Ma nel corso del-la storia furono indetti anche nu-merosi giubilei straordinari, comequello del 1933 nell’anniversariodella redenzione, nel 1983 ed oranel 2015/16.È interessante ricor-dare anche i giubilei mancati, “sal-tati”: nel 1800, subito dopo la mor-te di Pio VI, esiliato in Francia, nel1850, quando Pio IX era a Gaeta acausa dei moti del 1848 e la crea-zione della Repubblica romana.

Aspetti culturaliIl Giubileo offre a tutti una nuovapossibilità, perché dà la prospetti-va di rinnovamento, di speranza edi libertà: grida “liberi tutti” dallacolpa, dal peccato, dalla pena per lagrazia del Signore. Ma è una gioia che ci viene solo dal-la Croce di Cristo, una grazia cheaccogliamo con il nostro penti-mento. Sul significato culturale del Giubi-leo è interessante la riflessione diP. Silvano Fausti che, nel libro“L’idiozia. Debolezza di Dio e sal-vezza dell’uomo” (con una postillasul Giubileo di Giovanni Paolo IInel 2000 sulla Redenzione), parladell'uomo rinnovato dal perdono edalla Croce, avulso dalle logichespietate del mondo. Il Giubileo è dunque anche questo:vivere nell’oggi, proclamato tantevolte da Gesù nel Vangelo, in mo-do nuovo, liberati dal peccato e dal-la violenza. Dobbiamo perciò camminare in-sieme e vivere il nostro “oggi” del-la salvezza, ricominciando nellasperanza ogni anno, ogni giorno,ogni ora.

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Spiritualità somascaSpiritualità somasca

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Aspetti teologiciNella “Misericordiae vultus”, la bol-la di indizione del Giubileo straordi-nario della Misericordia, Papa Fran-cesco sostiene con forza la necessitàdi parlare della misericordia, nel cin-

quantesimo anniversario della chiu-sura del Concilio. Egli cita Papa Giovanni XXIII, PaoloVI che in sede conciliare ha invitatola Chiesa a messaggi di fiducia e Gio-vanni Paolo II, che ha scritto l’enci-clica Dives in misericordia.La misericordia è il vero "campo digioco" di Dio, poiché l’onnipotenza ela bontà insieme si traducono in mi-sericordia eterna che si manifesta inGesù. Il criterio per capire chi siano i verifigli di Dio è vedere se sono miseri-cordiosi. Se si è capaci di perdonare si è cri-stiani (cfr. Luca, 6,36: misericordio-si come il Padre). La misericordia non è contraria allagiustizia e, come affermava San-t’Agostino, è più facile che Dio trat-tenga l’ira più che la misericordia (cfr.Esposizioni sui Salmi 76, 11).

Aspetti spirituali del giubileoIl Giubileo, in cui tutti sono chiama-ti a riscoprire la bellezza del perdo-no, ha una valenza sociale ed eccle-siale e coinvolge in tante iniziative isacerdoti e i fedeli nelle Diocesi, so-prattutto nell’esercizio delle opere dimisericordia corporale e spirituale. Ma il Giubileo non è l'unica occasio-ne per essere perdonati, l'indulgenzaplenaria è concessa anche in altri mo-menti.L'indulgenza cancella le tracce delpeccato perdonato ed è successiva al-la confessione che implica la consa-pevolezza dell'errore commesso: que-sto è il senso spirituale e teologico delGiubileo. Se il cristiano ha consuetudine allaconfessione, è pronto a perdonare,perché è stato perdonato. Il Giubileo dovrebbe aiutarci a risco-prire il sacramento della riconcilia-zione e riaccendere in noi la gioia peraver ricevuto la misericordia di Dio.

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luglio settembre 2015 Vitasomasca

Dalla bolla d’indizione“Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre.Ci sono momenti nei quali in modo ancora più fortesiamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla mise-ricordia per diventare noi stessi segno efficace del-l’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giu-bileo Straordinario della Misericordia come tempofavorevole per la Chiesa, perché renda più forte edefficace la testimonianza dei credenti.

Gesù, dinanzi alla moltitudine di persone che lo se-guivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smar-rite e senza guida, sentì nel profondo del cuore unaforte compassione per loro (Mt 9,36). In forza di que-sto amore compassionevole guarì i malati che gli ve-nivano presentati (Mt 14,14), e con pochi pani e pe-sci sfamò grandi folle (Mt 15,37). Ciò che muovevaGesù in tutte le circostanze non era altro che la mi-sericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi in-terlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero.

La misericordia non è solo l’agire del Padre, ma di-venta il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Ge-sù ha posto la misericordia come un ideale di vita e co-me criterio di credibilità per la nostra fede: “Beati i mi-sericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7).

Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie delmondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati delladignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il lorogrido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro ma-ni, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della no-stra presenza, dell’amicizia e della fraternità”.

In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza diaprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate pe-riferie esistenziali, che spesso il mondo moderno creain maniera drammatica. Quante situazioni di preca-rietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi!Quante ferite sono impresse nella carne di tanti chenon hanno più voce perché il loro grido si è affievoli-to e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi.

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È il 12 novembre 2003. In Iraq sono le 10,40 (In Italia le 8,40).A Nassiriyah, contro il quartiere generale delle forze armate italiane si scaglia un’au-to, seguita da un’autocisterna carica di 300 chili di tritolo. L’edificio di tre piani viene sventrato. Anche il deposito delle munizioni esplode. È la fine del mondo. Brandelli di vite umane sparse ogni dove. Alla fine, si contano 12 carabinieri morti, cinque soldati e due civili. Tra loro c’è anche il vice brigadiere Giuseppe Coletta. Il suo corpo è annerito dal calore dell’esplosione, che lo ha investito in pieno.

Quel giorno l’Italia si ferma. Alla televisione i politici parlano dei nostri soldati, deinostri “eroi”. I giornalisti cercano di intervistare i famigliari dei de-ceduti. Vanno anche dalla moglie di Giuseppe Colet-ta, Margherita Caruso. Margherita si presenta sulla porta di casa con la Bib-bia e con la figlia Maria di 2 anni (chi non ricorda quel-le immagini alla Tv!). Dice parole che fanno raggelare chi li ascolta: “Troppo facile amare chi ci fa del bene. La vera sfida è riuscire a perdonare chi ci persegui-ta. Lo dice nostro Signore: ama il tuo nemico. Se adesso che mi hanno tolto Giuseppe io non ne fos-si capace, tradirei anche lui e tutto ciò per cui è andatoin Iraq”. Una fede più esplosiva di un’autocisterna ca-rica di tritolo. Qualche anno prima, suo figlio Paolo, di 6 anni, eramorto di leucemia: viveva, a quel tempo, in Campania,nel territorio che oggi chiamiamo “la terra dei fuochi”.In ricordo di suo marito e del figlio Paolo, Margheri-ta ha dato vita all’Associazione Coletta per aiutare ibambini in Burkina Faso.

Report Report

Ma Fabrizio...

Enrico Viganò

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La testimonianza di Margherita e Fabrizio vuole spronarci all’ascolto anche di quelle coppie che da troppo tempo giacciono ai bordi della strada ecclesiale in attesa del“buon samaritano” che si chini su di loro per guarire le loro feritecon la medicina della misericordia

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Sono trascorsi tanti anni daquesti fatti e oggi Marghe-rita vive un’altra straordi-naria esperienza d’amore:“Dopo la morte di Giu-seppe - dice -, mai avreiimmaginato di iniziareuna nuova vita con un al-tro uomo. E invece…”. E invece Margherita haincontrato Fabrizio e conlui è nata una storiad’amore. Ma Fabrizio è divorziato. “E questo è stato per me

un dramma - continua Margherita - Mi sono negataper tanto tempo, perché mi sembrava di tradirel’amore che c’era stato con Giuseppe. Chiedevo nella preghiera a Gesù di farmi capire il suovolere. Ho cercato di riconciliare Fabrizio con sua mo-glie, ma inutilmente. Ci siamo rivolti a diversi sacerdoti e le risposte sonosempre state diverse e, purtroppo, qualcuno non ha ca-pito la nostra sofferenza nell’essere considerati inde-gni di ricevere l’Eucarestia”.Addirittura un sacerdote li ha invitati a recarsi a mes-sa in parrocchie vicine, dove non erano conosciuti, unaltro a vivere in castità. “Abbiamo vissuto quasi un anno in castità - ammet-te Margherita - ma poi quando ci siamo accostati allaComunione, il sacerdote ci ha negato ugualmente laComunione. Che umiliazione! Ma come fa un credente a vivere sen-za Eucarestia? Ci suggeriscono di fare la comunione spirituale… Provate a dire a chi ha fame di cibarsi… solo di spi-rito. Cristo è il pane di vita eterna e nulla lo sostitui-sce. L’Eucarestia non è solo per chi è già Santo, ma perchi vuole percorrere questo cammino di Fede in Cri-sto, per assomigliargli sempre di più e sconfiggere ildemonio nei suoi attacchi quotidiani. È come se Gesù, che è il medico, ti dia la ricetta percurarti, ma poi, tu vai dal farmacista ed egli nonvuole darti il farmaco. È ovvio che ci sono casi e casi, ma sono certa che loSpirito Santo, attraverso Papa Francesco risolve-rà ogni cosa”.

La Chiesa sprona i cristiani a testimoniare il loro cre-do quotidianamente, chiede ai genitori di educare i pro-pri figli alla fede, dando loro esempio. Ma poi chi è di-vorziato o convivente viene tenuto lontano dal sacra-mento eucaristico e di fatto dalla comunità ecclesiale! Papa Francesco si chiedeva nell’udienza del 5 agostoscorso: “Come potremmo raccomandare a questi ge-nitori di fare di tutto per educare i figli alla vita cri-stiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e pra-ticata, se li tenessimo a distanza dalla vita della co-munità come se fossero scomunicati?”. E ancora il papa sottolineava, quel giorno, l’importanzadi discernere “La differenza tra chi ha subito la sepa-razione rispetto a chi l’ha provocata”. “E questo è proprio il nostro caso - interviene Mar-gherita - Che colpa ha Fabrizio se ha subito il divor-zio! Lui ha fatto di tutto per opporsi. Mi sono chiestaspesse volte: io sono vedova e l’aver accolto un uomodivorziato è una colpa tale da separarmi per sempredall’amore di Gesù?”. Gli interrogativi non sono banali. Sono gli stessi di mi-gliaia di coppie, di migliaia di battezzati che hanno ini-ziato un nuovo cammino di vita e d’amore dopo il fal-limento del matrimonio sacramentale.

...è divorziato

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Problemi d’oggiProblemi d’oggi

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L’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”, con il suo concetto di “Ecologia inte-grale”, ci esorta a ragionare in termini nuovi sul destino degli uomini e della terra.Anche per ciò che riguarda la salute occorre considerare le cose da nuovi punti divista: avvelenare il pianeta uccide. L’ annuale report “World Worst Pollution Problems” della Green Cross e del Black-smith Institute, anche quest’anno, ha misurato il numero di anni di vita in salutepersi nel mondo a causa di malattia, disabilità o morte prematura: è il cosiddettoindice DALY (Disability Adjusted Life Years). In un anno l’inquinamento è statoresponsabile della perdita di circa 15 milioni di anni di vita, più della stessa Mala-ria (14 milioni). In particolare 9 milioni vanno persi a causa delle attività minera-rie e di riciclo del piombo, 1 milione dall’uso di pesticidi. L’esposizione ad inquinanti dell’aria, dell’acqua e del suolo ha causato, nei paesi areddito medio-basso, 8 milioni di morti mentre TBC e Malaria 1 milione ciascunoe l’AIDS 1,5 milioni. Il British Journal of Cancer ha calcolato che, in Gran Bretagna, il 53,6% degli uo-mini nati nel 1960 svilupperà un tumore nel corso della sua vita. Il rapporto AIRTUM 2015 (l’Associazione che elabora annualmente i dati prove-nienti dai Registri tumori italiani) ha confermato anche quest’anno che, ogni gior-no, i medici italiani fanno circa 1.000 nuove diagnosi di tumore, mentre ogni gior-no muoiono circa 500 malati oncologici. Non va poi dimenticata l’epidemia mondiale di Diabete insieme alle malattie car-

Ambiente e saluteAmbiente e salute

Marco Calgaro

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diovascolari, che restano la prima causa di morte, non-ché tutto il resto delle malattie cronico-degenerative.Tutte queste malattie trovano una parte significativa del-la loro origine nell’effetto dell’inquinamento sull’uomo.Occorre con urgenza impegnarsi a tutti i livelli nellaPrevenzione Primaria, cioè ad evitare che gli organi-smi umani siano esposti all’azione di questi inquinan-ti: troppo poco è stato fatto finora. Il fumo resta certamente il primo dei killer ed allora siimplementino al più presto serie strategie di “Endga-me“ del fumo, cioè di una progressiva e sostanziale ri-duzione del numero di fumatori, fino ad arrivare al-l’eradicazione del tabagismo in 20-25 anni, cioè ad unaprevalenza al di sotto del 5%. Nuova Zelanda, Irlanda, Scozia, Finlandia, Australia,

Uruguay e Canada lo stanno già facendo. Nei paesi a basso-medio reddito, in cui legislazione eregolamentazione ambientale e sanitaria sono scarseo assenti, occorre al più presto colmare tali lacune, sen-za dimenticare che le discariche nei paesi del terzomondo non contengono solo "rifiuti autoctoni" ma, inmolti casi, anche i nostri rifiuti speciali pericolosi. Inceneritori di rifiuti, cementifici, industrie petrolchi-miche, centrali a carbone, discariche abusive, uso dipesticidi e motori diesel sono alcuni dei peggiori fla-gelli delle nostre società occidentali e non solo: tuttele relative procedure autorizzative andrebbero riviste,includendovi presto anche la V.I.S. (Valutazione di im-patto sanitario), oggi del tutto ignorata.Gli organismi OGM sono creati per resistere ad alcu-ni pesticidi, guarda caso proprio quelli prodotti da quel-le stesse multinazionali che fanno OGM: lo scopo èquello di vendere più pesticidi. Di questi il Glifosate è il più diffuso al mondo, ormairiconosciuto cancerogeno di classe 2A: cosa si aspettaper la sua messa al bando, analogamente a quanto fat-to per il DDT? Troppo falso ottimismo è stato semina-to negli ultimi decenni relativamente alla lotta al can-cro e quasi solo a beneficio dell’industria farmaceuticae diagnostica. Nel 1971, Nixon firmava il “National Can-cer Act”, ambizioso progetto in cui si delineava la stra-tegia della guerra al cancro, convinti di vincerla. Già dopo 30 anni autorevoli autori, anche su Lancet, lapiù prestigiosa delle riviste scientifiche, affermavanoche stiamo decisamente perdendo tale guerra. Concentrare tutte le risorse sulla ricerca di chemiote-rapie, spesso rivelatisi inefficaci, o sulla diagnosi pre-

coce non è stata la stradavincente. Per vincere il cancro econtenere la diffusionedi tutte le malattie cro-nico degenerative, ab-biamo bisogno di una di-versa visione del campodi battaglia. Questa nuo-va visione del problemaha un unico nome: Prevenzione Primaria. È chiaro però che essanon deve ridursi al solocontrollo degli stili di vitaindividuali, ma interve-nire energicamente sullatutela degli ambienti divita e di lavoro.

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Problemi d’oggiProblemi d’oggi

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Adolescenza e tristezza

Nostro figlio è sempre più triste e sembra si allontani da noi…Non capiamo cosa lo rende triste: cosa possiamo fare?

L'adolescenza è un periodo della vitanella quale, gli adolescenti, secondo tem-pi e intensità diverse, che variano da in-dividuo a individuo, attraversano episo-di di tristezza, di noia, di timidezza, di pau-ra, di angoscia. L'adolescenza si contraddistingue per latendenza all’indipendenza e a trascorre-re molto tempo con i coetanei.

Si passa più tempo con gli amici, si mo-stra il bisogno di parlare di più con essi,si ama discutere di problemi di ampia por-tata, si comincia ad essere più autonomie si contestano le idee dei genitori; si ini-zia a ribellare alle regole e si protesta contrasgressioni sempre più frequenti. Spesso, i genitori si sentono rifiutati e inun certo senso lo sono ma questo rifiutoè solo apparente e consente l’acquisizio-ne da parte dei ragazzi di una propriaidentità e, quindi, un buon ingresso nel-l’età adulta, ma ciò porta a frequenti di-scussioni e liti tra genitori e figli.Amici e gruppo prevalgono sulle altre re-lazioni e cominciano le prime relazioni af-

fettive, che possono essere totalizzanti edè qui che possono iniziare le prime diffi-coltà scolastiche, infatti, oltre ad esserel'età dei primi amori, dell'amicizia, degliideali, l'adolescenza è anche portatrice ditristezza. La voglia di acquisire indipen-denza porta i ragazzi a sperimentare si-tuazioni ed emozioni nuove, che però tal-volta sfociano in sensazioni di delusioneo di sconfitta. Ciò provoca repentini cambiamenti diumore e di atteggiamento; un attimoprima sembrano forti e sicuri di sé, un at-timo dopo fragili e insicuri.La volubilità, l’iperattività e l’umore tri-ste degli adolescenti sono, spesso, fontedi preoccupazione per i genitori; tuttavia,un’ansia eccessiva per questi comporta-menti ed atteggiamenti non è giustifica-ta in quanto, non necessariamente, sonola spia di problemi seri di salute menta-le: la presenza frequente della tristezza inadolescenza, infatti, non va scambiata conla depressione come malattia.La tristezza e il sentimento di non esse-re adeguati al proprio corpo e agli altri ècomune a tutti gli adolescenti. In questa età il corpo e la mente attra-versano una fase di cambiamento che pos-siamo considerare come il periodo fina-le della maturazione.L'adolescente fa esperienza di un corpoche manda segnali sessuali nuovi, uncorpo che si risveglia sessualmente e chelo spinge verso le esperienze amorose maquesto corpo vitale, deve essere integra-to, accolto, accettato dall'individuo, inte-grato in una immagine di sé e della pro-pria identità sessuale.Tutto questo sforzo di adattamento puòprodurre tristezza e depressione come se-

Dott.sa Deborah Ciotti

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gni della nostalgia dell'in-fanzia, dove la vita tra-scorreva più serenamente,dove ci si sentiva menoresponsabili della propriaimmagine e della propriasessualità: gli adolescentipassano ore allo specchio.Il proliferarsi di sentimentidi tristezza e depressioneaumentano, inoltre, conle prime delusioni amoro-se che vengono vissutecome dolorose esperienzedi abbandono, quindi ini-ziano a prendere piede latendenza all’isolamento ele paure per il proprio fu-turo. Bisogna tener pre-sente però che la tristezzaè un transito obbligatorioin un terreno arido, appa-rentemente sconfinato, incui c'è bisogno di luoghi diristoro, di punti di riferi-mento: i genitori!Se questi ci sono, esso nonè che un lungo percorso, fa-

ticoso in alcuni momenti.Quando questi mancano, ilviaggio diviene lungo, in-terminabile e pesantissi-mo. Questa sofferenza ci favedere uno spazio internoloro vuoto di aspettative, diprogetti, di ideali ma nonè così.L'individuo che attraversal'adolescenza deve poterriuscire a riconoscere e se-guire il proprio desiderio.Questo significa due cose:costruirsi degli affetti,d'amicizia e d'amore, fuo-ri dalla famiglia e sceglie-re un percorso di studi o dilavoro che non sia troppolontano dai propri inte-ressi.L'energia e il sentimento disoddisfazione che provie-ne dalla capacità di ese-guire, almeno in parte,questi due compiti dellagiovinezza, dipende pro-prio dalla misura con cui

un adolescente riesce aformulare e realizzarequalcosa dei suoi desideri.Si può affermare, però,che la possibilità di rico-noscere e fare ciò che si de-sidera davvero, cioè di se-pararsi autenticamente,dipende sempre da unacrisi; una opposizione con-tro gli ideali dei genitori, laquale crea una separazio-ne tra gli ideali dei genito-ri e quelli dei figli: unaopposizione che deve es-sere costruttiva!I principali cambiamentifisici a cui si assiste inquesta fase sono una ra-pida crescita in altezza, lacomparsa della barba neiragazzi, del ciclo mestrua-le e del seno nelle ragazze;data la rapidità con cui siverificano, non è infre-quente una certa preoc-cupazione da parte dei ra-gazzi per il loro aspetto fi-sico e, conseguentemente,il bisogno di essere rassi-curati dagli adulti ed è quiche bisogna prenderli permano e star loro accanto.Spesso per gli adulti l’at-tesa che questo spazio siriempia di motivazioni, didesideri, di progetti e dicontenuti, è vissuto comeintollerabile e quindi si“agisce per il loro bene”, igrandi in realtà dovreb-bero saper fare una solacosa in quel momento:“esserci”!Ovvero essere visibili,chiari e presenti negli in-croci più pericolosi e com-plicati perché lì è facileperdere la strada o rima-nere bloccati e coinvoltinel traffico!

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Problemi d’oggiProblemi d’oggi

Eco di risonanza

La famiglia, quel luogo che per molti,ancora oggi, continua ad essere consi-derato un porto sicuro, è lo stesso luogoche però, può assumere carattere estre-mamente individualistico ed egoistico,tanto da innescare dinamiche di insof-ferenza e aggressività. Si arriva così alla crisi familiare conconseguente separazione o divorzio. Questo accade quando viene meno laqualità spirituale nella vita familiare.Pertanto gli sposi nel compimento delSacramento del Matrimonio, devonocogliere l’importanza intrinseca di taleistituzione come soggetto per l’evange-lizzazione e per l’educazione familiare. In questo contesto si deve prendere co-scienza e vivere nell’ottica del pensierodivino, assumendo la giusta dimensionegli uni verso gli altri.Non a caso Papa Francesco sintetizza il

discorso con: “permesso, grazie, scusae fare la pace dopo un litigio prima diaddormentarsi”, poiché vivendo nel ri-spetto ed educazione reciproca, fiducia,gratitudine, pazienza e perdono si ri-mane aderenti integralmente alla vo-lontà di Cristo. Anche S. Paolo nella lettera agli Efesini(5,21-32) vede nell’amore degli sposicristiani, il riflesso dell’amore di Cristocome modello dell’amore umano.L’amore tra i coniugi è un imperativocategorico che si deve assorbire comespugne affinché l’impronta lasciatacidal Cristo misericordioso, diventi forzapropulsiva per proseguire. Amare è dono di sé, come è stato donodi sé la vita di Gesù che ha voluto offrirea tutti noi. È da ricordare di S. Agostino:“amare è volere il bene dell’altro”.Quando in famiglia, tra genitori, sussi-ste un rapporto armonioso basato suquesti principi fondamentali, i figli netrarranno vantaggi più che positivi. I genitori, così strutturati, diventanoeducatori morali e spirituali ai quali ifigli si ispireranno come genitori del do-mani. Più che le parole gli esempi, come mo-delli di quella testimonianza vera e vi-gorosa indispensabile per la famiglia chevoglia edificarsi vivendo in Cristo, comenecessario gancio di sostegno nelle dif-ficoltà quotidiane.Tutti noi auspichiamo per le famigliequella saldezza nell’amore secondo ilVangelo, affinché perduri il matrimoniosenza neanche lambire l’idea della se-parazione con distruttive conseguenzesoprattutto per i figli.

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Quale divulgazione diretta ai non partecipanti al Convegno Laicale Somasco “La famiglia allo spec-chio”, sento di dover significare alcuni passaggi di rilevanza con alcune relative riflessioni personali

Fabiana Catteruccia

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Se aprissimo il vangeloalla ricerca dell'insegna-mento di Gesù sulla fami-glia rischieremmo di re-stare sorpresi e delusi. Le parole dedicate ad essa,infatti, sono poche. Certo, fondamentali, comequelle sull'indissolubilitàdel matrimonio, ma in-dubbiamente rare. Accanto al discorso dellamontagna o a quello mis-sionario non c'è un di-scorso sulla famiglia, unelogio esplicito di essa,nessuna parola su come sieducano i figli o su comerisolvere i conflitti coniu-gali. Non solo, ma quando Gesù parla deirapporti familiari sembra volernesminuire l'importanza: “Chi amapadre e madre più di me, non è de-gno di me”, dice per esempio, op-pure, un giorno in cui si rifiutò di in-contrare i suoi familiari: “Chi fa lavolontà di Dio, costui è per mefratello, sorella e madre”.Così potrebbe sembrare, ma cosìnon è. La famiglia, in realtà, sta nel cuore

stesso del vangelo come una realtànaturale e imprescindibile, la cui im-portanza non ha bisogno di sottoli-neature. Per capire l'ovvia centralità cheessa ricopre basta pensare alla fa-miglia stessa di Gesù, a quandoegli guarisce figli e figlie, commos-so dalle preghiere dei genitori, aquando risolleva la suocera di Pie-tro o fa risorgere un ragazzo “resti-tuendolo” alla mamma, oppure alla

parabola del padre misericordiosoe magari, perché no?, alle promes-se verso chi darà da mangiare agliaffamati e da vestire agli ignudi, sa-crifici quotidiani innanzitutto diogni genitore. Possiamo dire che i rapporti fami-liari sono un costante sfondo delracconto evangelico.C'è, però, un motivo particolareche può spiegare l'apparente as-senza di un insegnamento specifico

di Gesù sulla famiglia. Scoprirlo è un po' l'uovo di Colom-bo: la legge evangelica della famigliaè esattamente la stessa di qualsiasirapporto umano. Nella logica del vangelo, le personeche vivono in casa mia, prima di es-sere moglie, marito, figli o nonni,sono il mio prossimo, sono miei“fratelli”. Nessuno mi è più “prossimo” diloro. Il vangelo, quindi, mi chiede

per loro quanto mi chiedeper il prossimo: di amarlicome me stesso, perdo-narli senza misura, nongiudicarli, servirli... In questa chiave tutto ilmessaggio di Gesù puòessere letto come unascuola per famiglie, comeun codice familiare uni-versale.Credo che questa pro-spettiva sia estremamen-te sana. Ci chiede l'impegno del-l'amore assoluto ma, altempo stesso, ci preservada quell'attaccamento ec-cessivo che può renderepatologici i rapporti in-

tra-familiari. Vedere nei miei cari dei “fratelli” cheDio mi ha posto accanto nel cam-mino è una vera liberazione dagliesagerati attaccamenti e aspettati-ve che possono intaccare gli affettiparentali. Gesù introduce nel cuore della fa-miglia una sorta di distacco spiri-tuale che però non divide i familia-ri tra loro, ma li aiuta ad amarsi dipiù, col cuore più libero.

La famigliaDentro di meDentro di me

Le sorprese del vangelo

p. Michele Marongiu

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Fondazione Missionaria Somasca

Per dare una manoPer dare una mano

- Canale di aiuto concreto alle Missioni della Congregazione, sparse nei cinque Continenti, afavore di tanti bambini, ragazzi e famiglie in stato di estrema necessità.- Rende agile, rapido e sicuro l’aiuto di coloro che desiderano collaborare generosamente nelcampo della carità cristiana, sullo stile del Buon Samaritano.- Garantisce ai donanti, puntualmente e periodicamente, la comunicazione dello svolgimentodei progetti in corso e segnala le nuove realizzazioni. - In profonda sintonia con l’invito di Papa Francesco, in questo Anno Santo, per “fare l’espe-rienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso ilmondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sonopresenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno piùvoce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi”.

UFFICIO MISSIONARIO CURIA GENERALE PADRI SOMASCHIVia di Casal Morena, 12 - 00118 Roma - Tel. 067233580e-mail: [email protected] MISSIONARIA SOMASCA ONLUSPiazza XXV Aprile, 2 - 20121 Milano - Tel. 026592847 cell. 3338404442e-mail: [email protected]

BOLLETTINO POSTALE: c/c 90143645BONIFICO POSTALE: IBAN IT78G0760101600000090143645BONIFICO BANCARIO: IBAN IT97H0558432992000000087869

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8° ConvegnoMovimento

Laicale Somasco

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hanno partecipato

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In profonda sintonia con Papa Francescoche ha chiamato il Sinodo dei Vescovi(straordinario 2014 e ordinario 2015) ariflettere sulla realtà della famiglia, an-che l’8° Convegno del Laicato Somascoha voluto raccogliere questa sfida che, perla Chiesa, esperta in umanità, assumeun’importanza speciale, come ha sottoli-neato il Papa a Philadelphia in settem-bre, alla ‘Festa delle Famiglie’: “... finchégiunse il momento maturo e diede il se-gno più grande del suo amore: il suo Fi-glio. E suo Figlio dove lo ha mandato?In un palazzo? In una città? A fare un’im-presa? L’ha mandato in una famiglia.Dio è entrato nel mondo in una famiglia.E ha potuto farlo perché quella famigliaera una famiglia che aveva un cuoreaperto all’amore, aveva le porte aperte”.

Per gli oltre 150 partecipanti, laici e reli-giosi provenienti dalle diverse comunità,è stata una ricca esperienza di incontro,conoscenza, ascolto e condivisione. Dopo il saluto iniziale del padre genera-le, p. Franco Moscone, il dott. PietroBoffi ha presentato una panoramica so-ciologica ed un’analisi approfondita della “situazione della famiglia oggi”. (su www.vitasomasca.it la registrazione)

Padre Luigi Bassetto, somasco, psico-pedagogista, da anni impegnato in un per-corso formativo di aiuto, crescita e ac-compagnamento per le famiglie, ha pre-sentato il tema “Genesi della famiglia”evidenziando la realtà della coppia comeimmagine di Dio Trinità, comunione diPersone. Un Dio che ha voluto toglierel’uomo e la donna dalla ‘solitudine’ (“Nonè bene che l’uomo sia solo…” Gn 2,18) af-finché come coppia in relazione, aperta aldono della vita, mostri al mondo come èfatto Dio, quello che Dio vive e la felicitàche Dio ha e che desidera per i suoi figli.(su www.vitasomasca.it la registrazione)

È toccato al padre Paolo Formenton,dei padri rogazionisti, e alla coppia Pao-la e Ugo Ricciardi presentare il tema“Cura della famiglia: strumenti a dispo-sizione”, offrendo all’assemblea la lororicca esperienza di servizio all’interno del-la CEI e come membri responsabili delmovimento ‘Incontro matrimoniale’. Latestimonianza ha sottolineato come reli-giosi e laici (due sacramenti: matrimonioe sacerdozio), nel rispetto della propriavocazione, aiutandosi reciprocamente emettendosi in gioco, possono risponderein concreto e con degli strumenti alle sfi-de che la famiglia, oggi, sta affrontando.Un lodevole tentativo di rispondere aicontinui inviti che papa Francesco rivol-ge a tutti, religiosi e laici, per un Vange-lo che risponda alle attuali problemati-che in modo comprensibile agli uomini ealle donne dei nostri tempi. (su www.vitasomasca.it la registrazione)

Il prof. Dino Mazzei, ne riportiamo piùavanti sintesi dell’intervento, ha affron-tato il tema “Mediazione familiare”(su www.vitasomasca.it la registrazione).

Durante i tre giorni del Convegno sonostate presentate diverse e significativeesperienze di coppia e di famiglie, alcu-ne con la partecipazione dei figli. A ‘cuo-re aperto’ hanno regalato la testimonianzadella fatica e della gioia di vivere nel quo-tidiano la vocazione della famiglia. Il filo conduttore è stata la riscoperta al-l’interno della Chiesa e nella società delgrande tesoro della famiglia, nella sua vo-cazione e missione. Un tesoro allo stessotempo fragile e forte che deve ritrovare,con l’aiuto di Dio, il coraggio e la forza dicomporsi e ricomporsi quotidianamen-te. Forza che risiede nella capacità di ama-re e di insegnare ad amare. Per quantoferita possa essere una famiglia, essa puòsempre crescere, a partire dall’amore.

La Famiglia allo specchio

Signore, la famiglia èstato il tuo ‘sogno’. È il tuo ‘sogno’. È il progetto ‘moltobuono’ che Tu haipensato da sempre. Signore, lo sappiamo,fidanzato e fidanza-ta, marito e moglie,papà e mamma, ge-nitori e figli… nonstanno rispondendosolamente ad una lorointuizione e ad un lorodesiderio personale…ma rispondono miste-riosamente al tuo pro-getto d’amore. La famiglia è tuo‘specchio’, di te che sei‘Dio padre e madre’. Nessuno ti ha mai vi-sto Signore… ma la fa-miglia diventa ‘segno’della tua presenza eazione in mezzo a noi.Uomo e donna, mari-to e moglie… aman-dosi sinceramente, di-ventano tuoi testimo-ni e manifestano almondo il tuo amore.

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ComplementarietàNella fase dell’innamoramento e dellascelta di un partner non si parte da una‘tabula rasa’. Ognuno di noi utilizza una‘griglia selettiva’ ed è sensibile ad alcu-ni aspetti dell’altro perché porta con séesperienze come figlio (accudito, amato,trascurato, non valorizzato…) e come os-servatore di numerose relazioni di cop-pia (genitori, nonni, fratelli, amici...). Ci formiamo delle ‘rappresentazioni’: dicosa è buono o meno buono, di cosa fun-ziona, è desiderabile o non desiderabi-le, delle competenze che possediamo edi che cosa potrebbe mancarci. Di tutto questo in parte siamo consape-voli e molto spesso non ne siamo con-sapevoli. L’aspetto che in noi non è an-cora particolarmente sviluppato fa par-te della ‘fascinazione’ e dell’innamora-mento dell’altro: la persona sente at-trazione per quella parte di sé che non èstata sufficientemente sviluppata e chenon è di sua competenza. È l’aspetto del-la ‘complementarietà’ che succede in unacoppia dal punto di vista psicologico.

Nella relazione c’è uno scambio di com-petenze relazionali implicito e inconsa-pevole: io presto all’altro quelle cose incui sono diventato specializzato e allostesso tempo mi appoggio a quella com-petenza che sento mancare dentro di mee che intravedo nell’altro. Le mancanze reciproche diventano uncomplemento, un arricchimento e anchela capacità di cambiamento.

Io, persona insicura e fragile,attraverso il rapporto con unapersona sicura di sé possosviluppare quella parte di meche sentivo mancante.Io, persona autosufficiente, chenon sono capace di appog-giarmi a nessuno, perché nonl’ho mai fatto, stando con chi fadella ‘dipendenza’ il suo cavallodi battaglia posso diventarepiù capace di esprimere la miafragilità.

La coppia, un cantiere relazionale

sempre apertoDino Mazzei, psicologo e psicoterapeuta, direttore dell’Istituto di Terapia

familiare di Siena, da trent’anni si occupa di situazioni di conflitti di coppia.Condivide la sua ricca esperienza nell’area di situazioni a volte molto difficilie gravi (crisi di coppia, separazione, abuso, maltrattamento, violenza ecc.). Facendo un uso ricchissimo di esempi concreti, analizza dal punto di vistapsicologico-relazionale alcune caratteristiche della coppia, nella fase della

sua formazione iniziale e le eventuali crisi successive che possono portare a delle separazioni.

Evidenziamo alcuni aspetti interessanti, a volte ignorati

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ConflittoQuesta dinamica, però, può diventaremotivo di conflitto (collusione) per qual-che cosa che abbiamo a che fare con la‘rappresentazione’ di noi stessi. Il tratto distintivo che ci ha avvicinato,che ci ha coinvolto emotivamente… puòdiventare quel qualche cosa che ci fa sof-frire. Il problema risiede nel fatto cheognuno di noi è portatore di una ‘im-magine di sé’ e non si è capaci di veder-si in una relazione diversa. E quando l’altro mi considera in mododiverso da come sono sempre stato trat-tato… farò molta fatica a stare in una di-mensione diversa da come mi sonosempre sentito trattare.In una coppia, di per sé, la diversità èfonte di crescita e di sviluppo. Ma quando le proprie competenze si cri-stallizzano e si irrigidiscono, perché lapropria rappresentazione di sé non lopermette, si arriva al conflitto.Quando finisce la fase dell’innamora-mento e l’altro si disvela, arriva un mo-mento di difficoltà, e si entra in un rap-

porto tra illusione e disillusione.La relazione di coppia iniziale deve ne-cessariamente fare i conti con qualchecosa dell’altro che non è emerso prece-dentemente e che deve essere ricono-sciuto, tollerato, integrato e metaboliz-zato. Il suo funzionamento non ha a chefare con la bontà della scelta iniziale, ciònon è sufficiente, perché gli avveni-menti della vita provocano un emerge-re di sé e dei propri aspetti. La relazione quindi deve di volta in vol-ta ricomporsi.

La relazione di coppia è comeun contenitore che deve inte-grare e metabolizzare i nuoviaspetti che di volta in voltaemergono nel corso della vita

Il modello relazionaleLe crisi di coppia hanno a che fare conparticolari momenti del ‘ciclo vitale’: na-scita del figlio, scolarizzazione, figlioche diventa adolescente, perdita del la-

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voro, incidente, malattia, morte di un fa-miliare, nido vuoto ecc., perché succedequalche cosa che mette in crisi il ‘modellorelazionale’ che quelle persone si sonodate fino a quel momento.In questi momenti di ‘passaggio’ ci si sin-tonizza esattamente con quella fase chei due hanno vissuto precedentementenella propria famiglia.

Quando si diventa genitoriognuno si sintonizza sulla pro-pria esperienza di figlio e sucome i propri genitori hannosvolto il ruolo di genitori neisuoi confronti.

Succede che avviene una sorta di so-vrapposizione tra le esperienze vissute al-l’interno della propria famiglia di origi-ne (genitori, nonni, parenti ecc.) e leesperienze attuali. Le sovrapposizioni sono sempre moltopericolose… perché confondono.

Il problema nella coppia è la ‘saturazio-ne dello spazio mentale’, cioè la possi-bilità che ognuno di noi ha di confondereil presente con il passato, facendo inva-dere l’esperienza attuale con ciò che èsuccesso allora nelle vicende passate amotivo delle ‘tracce emotive’ che hannolasciato. La sovrapposizione di espe-rienze precedenti e la loro invasionenella relazione di coppia è fonte disofferenza perché invade la realtà at-tuale. Risulta quindi di vitale impor-tanza la distinzione e la consapevolez-za di quella che è stata la nostra espe-rienza precedente.La mancata elaborazione psicologicadella situazione nei momenti di passag-gio e di transizione lungo il ‘ciclo vitale’,là dove c’è bisogno di riconoscere l’altroe ricomporre gli aspetti di relazione, por-ta a moltissime separazioni di coppia.Quando due persone affrontano unevento separativo devono far fronte adun grande dolore e alla lacerazione diqualcosa che fino a quel momento face-

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va parte di una unità. Fare fronte al ‘vuo-to’ di una separazione è un compito mol-to arduo.

Elaborazione della separazioneImmancabilmente, quando ci occupia-mo di casi di separazione constatiamoche gli stessi motivi inconsapevoli cheerano stati origine dell’attrazione inizialesono gli stessi motivi che ora diventanola croce e il supplizio all’interno delconflitto. Diventa necessario quindi ri-conoscere che gli attuali problemi sonoed erano esattamente gli stessi proble-mi che io avevo anche precedentemen-te, indipendentemente dal fatto che l’al-tro se n’è andato.

Se do al 100% la colpa all’altronon ho più strumenti nella miarelazione di coppia.Ma se invece riconosco che nelfallimento matrimoniale c’è an-che qualcosa di mio… forse ciposso mettere le mani, forseposso anche aprire un “can-tiere” e… fare qualcosa.Posso anche cercare di noncoinvolgere i miei figli.Posso non continuare il con-flitto all’infinito… per mante-nere l’altro in contatto con me.

Quando si parla della ‘elaborazione del-la separazione’ si parla della possibilitàdi riconoscere quegli aspetti mancantiche erano presenti alla scelta dell’altro,rientrare in contatto con se stessi e conla propria storia, riprendere in mano i filidel proprio passato, altrimenti la feritarimarrà sempre aperta e per poterla ri-marginare bisogna necessariamente farei conti con se stessi.

Danno ai figliAlcune volte il vuoto generato dalla se-parazione non può essere tollerato eviene utilizzato un anestetico di tipo re-

lazionale: i figli. Ci sono tre situazionidi rischio, precisando che il rischionon è sempre connesso con il danno,perché si può anche avere la forza di su-perare quel momento.Il danno più grave è la decisione di ta-gliare i legami con l’altro, cioè di ta-gliare completamente i rapporti tra i fi-gli e la famiglia di origine dell’altro ge-nitore con cui ci si è separati.È il tentativo in qualche modo di can-cellare la presenza dell’altro, ciò cheprovoca dolore. Cosa non facile, perché l’identità si basasulle due stirpi… e si dimentica che co-munque i ‘segni’ rimangono sempresulla pelle.È la situazione nella quale i genitorisono così talmente presi dai loro con-flitti di separazione da dimenticare iloro compiti genitoriali. E la situazione è così drammatica da oc-cupare tutto il loro spazio mentale di-sponibile.È l’utilizzo dei figli nel conflitto (comeavvocati, psicologi, sostituti, media-tori). Tecnicamente, in questo caso, siparla di ‘triangolazione’.

Distinzione dei piani: ora e alloraOgnuno di noi viene da una storia, viveall’interno di una storia e all’interno diuna serie di esperienze relazionali. Siamo portatori di ‘modelli relazionali’vissuti e imparati nel contesto dellapropria famiglia di origine e quello cheabbiamo appreso sul piano delle rela-zioni è mille volte più potente di quellodei contenuti. Questo dato di fatto, di per sé, non è népositivo né negativo. Il problema sorge quando non si ha laconsapevolezza di quel qualcosa che ci èstato trasmesso nel momento in cui oraci relazioniamo con il nostro partner, coni figli, con gli amici, con chiunque…La consapevolezza ci consente di vede-re l’altro (partner, figli ecc.) per quelloche è e di modificare il nostro compor-tamento rispetto a quello che l’altro ci stachiedendo, evitando la trasposizione di

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DossierDossier

un qualcosa che non ci appartiene.Per poter capire l’altro (partner, figliecc.), per potersi sintonizzare emoti-vamente sull’altro, per poter compren-dere quello che l’altro mi dice, è indi-spensabile poter distinguere quello chesta succedendo ‘ora’ e quello che è suc-cesso ‘allora’.Se non faccio questa distinzione con-fondo i piani ed emotivamente entro inuna sorta di corto circuito, per cuiquello che mi sta succedendo adesso miriporta indietro nel tempo e non con lecose e le situazioni che hanno a che farecon la realtà di adesso.Risulta importante quindi diventarecoscienti di quello che è successo primae di quello che succede ora, per non con-fondere i piani e poter modificare co-scientemente il nostro comportamento.

Livelli di interventoNella pratica professionale, sul temacoppia, ci sono livelli molto diversi.1° livello. Ci sono coppie che possono passare perun momento di difficoltà lungo il loro‘ciclo vitale’ (nascita del figlio, perditadel lavoro, incidente, malattia ecc.). Le persone possono trovare le loroproprie risorse: all’interno della coppia,gli amici, il gruppo parrocchiale ecc. Affrontano questo tipo di crisi e vannoavanti. Nei casi dove si rende necessa-rio la riorganizzazione di coppia a li-vello relazionale, si possono cercare del-le risorse.2° livello. Ci sono altre situazioni di coppia in cuile risorse non ci sono. Non ci sono familiari disponibili, nonsi trovano persone che possono ascol-tare, dare un consiglio, che possono farriflettere su ciò che sta succedendo.3° livello. Ci sono coppie che hanno le risorse manon hanno i modelli relazionali per po-terli attingere, perché certe volte nelleloro esperienze precedenti non è statoprevisto appoggiarsi a qualcuno perchiedere aiuto, oppure il farsi appog-

giare da qualcuno ha costituito unaesperienza con esito negativo.

Sintomatologia e mediazione familiareQuando ci si trova di fronte ad una sof-ferenza che ha a che fare con una ‘sin-tomatologia’, è il momento di chiede-re aiuto ad uno specialista, perché lasintomatologia ci parla dell’incapaci-tà della coppia di mettere a disposi-zione delle risorse per poter superarequel momento.

Ogni volta che una famigliaesprime il suo disagio attra-verso un membro che è porta-tore di un sintomo non è suffi-ciente il lavoro di aiuto e di so-stegno… ma è necessario chie-dere aiuto ad uno specialista,che capisca che cosa quel sin-tomo sta mostrando.

Ci sono eventi del ciclo vitale che met-tono in moto qualche difficoltà a rico-noscersi e a ritrovarsi, e sono situazioniche in qualche modo possono essere af-frontate con le risorse di un gruppo, diun consulente familiare o di personeche stanno vicine.Quando invece ci troviamo di fronte aduna sofferenza della relazione di cop-pia (evento traumatico, incidente di unfiglio, lutto all’interno della famigliaecc.) la cosa diventa più difficile e c’èbisogno di qualcuno che abbia unacompetenza per affrontare queste si-tuazioni.Infine, la ‘mediazione familiare’ è l’in-tervento di consulenza specifico con lacoppia che ha già innescato un pro-cesso separativo ed è già arrivata al tri-bunale (aspetti economici, affidamen-to dei figli ecc.). In questo caso, la me-diazione serve a riorganizzare la geni-torialità a livello istituzionale, ed evi-dentemente i figli ne pagano in qual-che modo le conseguenze.

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no selfie, please

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Nostra storiaNostra storia

Per odio della giustizia e della fede

Quando Vita somasca era di fattura piùmodesta di oggi, p. Federico Sangiano scri-veva sul numero di ottobre 1980 un bel-l’articolo commemorativo del suo vesco-vo Oscar Romero (di cui era collaborato-re-parroco al Calvario, nella capitale sal-vadoregna), probabilmente redatto pocodopo la uccisione. “Martire per la giusti-zia e la verità” lo definiva. E “pastore amabile, per noi Somaschi”.Vari di noi hanno apprezzato allora come“coraggioso” il suo intervento, forse nonal riparo da critiche, o peggio, se fosse sta-to scritto, in spagnolo, per quelli del Sal-vador. Riletto oggi pare la conclusione del-lo studio complesso e documentato, allafine del processo canonico vaticano, del-la figura di Monseñor. Il ritratto è preci-so: “Le circostanze sociopolitiche della na-zione, al momento della presa di posses-so come Arcivescovo, influirono grande-mente nella sua attività pastorale… Ave-va il dono della parola, parola energica,misericordiosa, chiara, penetrante, op-portuna, chiamando tutti a una sinceraconversione”. Seguono anche i ricordidella partecipazione di Romero alle festedelle parrocchie somasche e ai giubilei sa-cerdotali dei nostri, di p. Griseri (50 anni)e dello stesso p. Sangiano (25 anni). I So-maschi, presenti nel Salvador dal 1921,sono sempre stati ritenuti moderati (for-se anche conservatori), obbedienti a tut-ti i vescovi, sempre; in qualche caso inte-

ressati alla teologia della liberazione, si-curamente non suoi tifosi e diffusori.Qualche mese prima della morte di Ro-mero, alla conclusione della prima fase delCapitolo generale straordinario per la re-visione delle Costituzioni, era stato sotto-scritto (21 luglio 1979) un messaggio chericordava ai confratelli anche “le prove chein questo momento stanno sostenendo laChiesa e il popolo salvadoregno”.Nella affettuosa solidarietà di preghiere edi interessamento, i capitolari esortavanoi confratelli del Salvador (e dell’Americalatina) a “non scoraggiarsi nel loro lavo-ro ecclesiale a favore dei poveri, rima-nendo fermi nella fede e perseverando nel-la preghiera”.Ero tra quelli che avevano giudicato ‘ti-mido e debole’ il riferimento alle gravi vi-cende salvadoregne. Ma, spiegava il sal-vadoregno p. Mario Ramos (allora tren-tatreenne), presente al Capitolo, che rea-lismo e prudenza avevano consigliato uncenno puntuale ma volutamente “cor-retto”, perché “la situazione è seria ed ècosì polarizzata che non è permesso me-diare e unire in giustizia e in verità - comevorrebbe la Chiesa e l’arcivescovo di SanSalvador - ma tutto e tutti spingono agliestremi: o con i rivoluzionari o con i go-vernativi che reprimono”. Quel giudiziomi è stato di guida nel seguire gli svilup-pi della politica e della guerra civile sal-vadoregna e del dopo Romero ecclesiale.

Un bel ritratto di Romero all’indomani della uccisione - scritto dal nostro p. Sangiano - anticipa le conclusioni a cui sono giunti tanti oggi.

Monseñor: il primo riconosciuto dei martiri dell’America latina, uccisi da cattolici “senza Vangelo e senza giustizia”

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p. Luigi Amigoni

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Popolo e conversione del vescovoLe numerose biografie uscite o ristampate in occasio-ne della beatificazione (23 maggio 2015) hanno fatto‘piazza pulita’ di alcuni stereotipi su Romero accumulatia partire dal giorno del martirio. Di più: gli articolisti più precisi sono stati i revisioni-sti, quelli che anni prima, con fretta ideologica, avevanomitizzato Romero come “esponente della teologiadella liberazione”, “vescovo in solitudine, abbandonatoda Roma”, “esponente della Chiesa antigerarchica” ,“convertito dai gesuiti”.L’esame dei numerosi suoi testi (omelie e discorsi), losfoglio accurato del suo diario e dei suoi appunti spi-rituali, la testimonianza dei molti suoi interlocutori, leconsiderazioni e le confessioni (e anche le ritrattazio-

ni) di vari controversi personaggi, fondamentali nellesue vicende, hanno consentito la ricostruzione sicurae condivisa della personalità di questo uomo, già‘bambino dal flauto magico’, la presa in carico della ma-turazione e dell’esercizio della sua forte spiritualità, ilvalido accertamento della genesi e del consolidamen-to della sua azione pastorale.Un episodio, spesso dimenticato, fissa, più di altri, tem-po e compagnia della sua progressione. Si legge in un testo di un cultore italiano di Romero:“Quale direttore (dal 1971 al 1974) di Orientación, larivista ufficiale dell’arcidiocesi salvadoregna, Ro-mero, vescovo ausiliare, attaccò pesantemente i gesuitiche reggevano il seminario interdiocesano, l’Univer-sità cattolica (Uca) e l’esternato San José, accusandolidi comunismo e auspicandone la rimozione in un mo-mento in cui simili accuse sortivano l’effetto sicuro eimmediato di fare iscrivere gli accusati nei registri de-gli squadroni della morte. Per loro e sua fortuna mancava ancora qualche annoal momento in cui, anche in un paese profondamen-te cattolico come il Salvador, i militari avrebbero su-perato la remora di uccidere un prete”.Il punto di svolta per l’azione di Romero non è stata l’uc-cisione, venti giorni dopo l’inizio del suo ministero a SanSalvador, dell’amico gesuita (moderato) p. RutilioGrande, come spesso si è ripetuto. Biografi più atten-ti lo collocano anni prima e riconoscono il dato sor-prendente della sua efficace azione pastorale, rimastainespressa negli ‘anni burocratici’ nella capitale dal 1966al 1974, quando assume (dicembre 1974) la guida del-la diocesi più piccola e povera del Salvador, Santiagode María. Il ritorno alle radici popolari, la riscoperta del-la miseria della sua gente, le prime richieste di spie-gazione (al presidente della Repubblica) per le som-marie uccisioni di alcuni dei suoi ‘ultimi’: passa da quiil bilanciamento tra il suo conservatorismo e antico-munismo e la sua sensibilità di pastore attento ai po-veri già manifestata negli anni di parroco e di prete im-pegnato su vari campi, dal 1944, nella nativa diocesi diSan Miguel. È come vescovo politicamente moderatoe alla mano con la gente che, dopo due anni di adde-stramento nella diocesi minore, arriva nella capitale,caldamente salutato dalla giunta militare e dal nunzio,male accolto da preti e gesuiti. Ma i primi segni sono inequivocabili: niente palazzo ve-scovile (da costruire a cura dei potenti), niente auto indono presidenziale, scelta (anticipataria) della sua“Santa Marta” presso l’ospedale della Divina Miseri-cordia delle suore Carmelitane. Ormai il cammino giàiniziato con la gente - popolo e vescovo insieme - è con-

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fermato e promette sorprese. Come si dicein Salvador: è stato il popolo l’artefice del-la conversione del suo vescovo.Poi si aggiungono l’uccisione di due con-tadini e di p. Rutilio (anche lui oggi can-didato alla beatificazione come martire)e la decisione di un’unica messa festiva incattedrale, senza altre messe in città, ‘inlutto’ e in forma di protesta contro imandanti della eliminazione, non più - damesi - un caso isolato in diocesi.

Santo subitoLa Roma ‘cattolica’ in cui Romero hastudiato per 6 anni è sempre nel suocuore e ogni ritorno nell’urbe è vissutocon emozione e intensità di spirito.La Roma ‘papale’, quella dei cardinali emonsignori della curia vaticana, è altracosa. E su questo argomento la pubbli-cistica corsara del dopo martirio è sta-ta a volte impietosa e sommaria. La documentazione acquisita, oggi a co-noscenza di tutti, conferma molti deiprecedenti ‘si dice’, ma corregge varipunti.Sono certificati anche i rapporti con-flittuali in patria con il nunzio e con i ve-scovi di tre diocesi salvadoregne. Unica eccezione, il salesiano ArturoRivera y Damas, amico e successore diRomero a Santiago de María e nella ca-pitale, che resta una figura fondamen-tale nel processo di pace in Salvadorcompletato nel ‘92, oltre che nella sal-vaguardia dell’opera e della immaginestorica di Romero.Non vanno bene a Roma i suoi rappor-ti con la segreteria di stato e soprattut-to con il dicastero dei vescovi, tempe-stato da pressioni che, a un certo pun-to, prospettano come doverosa e facilela rimozione del vescovo scomodo. Più articolati i suoi incontri con i Papi.Nei suoi 4 viaggi a Roma, come arcive-scovo di San Salvador, Romero incon-tra due volte Paolo VI che lo incoraggiaaffettuosamente e lo copre con la suaprotezione. Ed è a colloquio due volte con papa Woj-tyla, che non lo conosce e non lo com-

prende del tutto, ma gli conferma la fi-ducia. Anzi, la notizia più inaspettataemersa dalla ricognizione storica per labeatificazione è proprio questa: quan-do, dopo il colloquio avvenuto tra il Papae Monseñor, in una saletta vicino all’aulaNervi, il 30 gennaio 1980, si capisce cheWojtyla non è per nulla intenzionato adimetterlo, come si dava per certo inmolti ambienti ostili, si fa largo la de-cisione dell’assassinio. A ‘far fuori’ Ro-mero non ci pensa il Papa; si fa avanti,con proposito radicalmente drastico, ilmaggiore D’Aubuisson ad organizzare lasoluzione finale per la sera di lunedì 24marzo 1980.E per la gente, poveri in prima linea, èimmediatamente santo, ‘santo subito’,gridato prima che per altri. È san Romero de América, per tutti. La battuta gira anche così in Salvador:il popolo ha fatto Romero santo la seradella uccisione; il Vaticano è arrivato afarlo beato 34 anni dopo. E certamen-te grazie anche al papa sudamericano,ma senza dimenticare l’attesa pazientee le spinte dei due papi precedenti.

Molto chiesa, poco Vangelo“Sentire con la Chiesa” era il motto ve-scovile di Romero: ma la Chiesa - quel-la di una certa parte della ufficialità siavaticana sia latinoamericana - non hasentito per molto tempo Romero comeuomo integralmente di Chiesa, come pa-store dedito senza riserve mentali al suopopolo; ha avuto soprattutto paura dichi - magari fuori della Chiesa - lo harappresentato come icona rivoluziona-ria e lo ha eletto a protettore delle sini-stre latinoamericane. “Un santo non può essere divisivo”, haammesso in più occasioni private papaWojtyla, il primo a dire “Romero è no-stro”; e il suo giudizio era solo una pre-sa d’atto della difficoltà diffusa a coglierela figura di un pastore, martire sì ma acausa di una giustizia ritenuta stru-mentalizzata e non genuinamente evan-gelica. Ci vorranno gli anni del Giubileo del

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È impressionante notare la coincidenza di lessico tra alcuni punti dell’esor-tazione di papa Francesco “Evangelii gaudium” e alcuni passaggi del fonda-mentale discorso tenuto a Lovanio, in occasione del conferimento della ‘lau-rea honoris causa’ a Romero da parte dell’Università cattolica, il 2 febbraio1980, meno di due mesi dall’assassinio. Il contesto è lo stesso: “La dimensionesociale dell’evangelizzazione” (cap. IV della esortazione); “Il posto della Chie-sa è nel mondo dei poveri” (titolo dato alla lezione magistrale di Romero).

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Evangelii Gaudium di papa Francesco

Per la Chiesa l’opzione per i poveri èuna categoria teologica prima checulturale, sociologica, politica o filo-sofica (n. 198).

Non si può più affermare che la reli-gione deve limitarsi all’ambito priva-to e che esiste solo per preparare leanime per il cielo. Sappiamo che Diodesidera la felicità dei suoi figli anchesu questa terra (n. 182).

La nuova evangelizzazione è un invi-to a riconoscere la forza salvifica del-le esistenze dei poveri e a porle al cen-tro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo inloro... ad essere loro amici, ad ascol-tarli... ad accogliere la misteriosa sa-pienza che Dio vuole comunicarci at-traverso di loro (n. 198).

Discorso a Lovaniodi Romero

Ho avuto la pretesa di chiarire il cri-terio ultimo, che è teologico e storico,per l’azione della Chiesa in questocampo: il mondo dei poveri.

L’essenza della Chiesa sta nella suamissione di servizio al mondo, nellasua missione di salvarlo totalmente edi salvarlo nella storia, qui e ora.

Il mondo dei poveri, con caratteristi-che sociali e politiche ben concrete ciinsegna come deve essere l’amore cri-stiano che certamente cerca la pacema smaschera la rassegnazione el’inattività; …ci insegna che la subli-mità dell’amore cristiano deve passareper l’imperiosa necessità della giusti-zia per la massa; …ci insegna cos’è lasperanza cristiana.

2000, l’ampliamento dei confinidella Chiesa dei martiri, l’estensio-ne della gloria del martirio agli uc-cisi anche in nome della “giustiziasenza altri ma”, della lotta alla cri-minalità, della lotta per i dirittiumani. L’esito della beatificazione di Ro-mero non è solo il frutto di una ri-gorosa verità storica ricercata oltrele insinuazioni polemiche e le muf-fe mitizzanti (per questo va ricor-dato in Italia lo storico Morozzo del-la Rocca), è anche il riconoscimen-

to di un modo di essere cristiani inAmerica latina, in una epoca precisa(quella fino agli anni ‘80 del seco-lo scorso nelle dittature di destra)e nel contesto teologico e cultura-le del dopo Vaticano II. Non causalmente, lo sblocco di Ro-mero avviene nell’epoca di France-sco, dopo “l’esortazione sull’an-nuncio del Vangelo nel mondo at-tuale”, quando la Chiesa osa anco-ra riproporsi come Chiesa dei po-veri e guarda alla missione nelle pe-riferie dei grandi centri urbani pre-

senti dovunque, anche nell’Ameri-ca latina cattolica. E il martirio diRomero è stato anche un monitocontro certe illusioni latinoameri-cane sul ruolo della Chiesa. “Questaè circondata - ha ricordato anni fail professor Riccardi - da una ve-nerazione pubblica e da forti rico-noscimenti ufficiali, ma è un’ag-giunta a equilibri determinati al-trove”. Si frequentano facilmente lechiese o si ostentano i crocifissi masi ignora il Vangelo. E tanto menosi gode la gioia del Vangelo.

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È stato il vescovo di Malaybalay, mons. Honesto Paca-na ad invitarci ad aprire una comunità nella sua dioce-si con l'intento di lavorare nelle scuole, ma il parroco diCabanglasan ci fece nel 1997 un'altra proposta... Siamo arrivate nell'isola di Mindanao, nel sud delle Fi-lippine, nell'anno 1998. Abbiamo iniziato la nostra mis-sione a Cabanglasan, un centro piuttosto lontano nellazona di Bukindon; geograficamente si trova nella zonaorientale della provincia di Bukidnon e confina a nord-ovest con la provincia di Agusan del sud. Una popolazione di circa 90.000 abitanti ed un'estesaarea boschiva di circa 26.000 ettari.L'economia della zona è prevalentemente basata sul-l'agricoltura, gli abitanti sono contadini dediti alla colti-vazione dell'ananas, riso, mais e diverse varietà di vege-tali. Purtroppo i mesi utili per la coltivazione sono ridottidurante l'anno perchè, come ben sappiamo, durante lastagione delle pioggie, con i forti uragani che regolar-mente si abbattono in quelle zone, è praticamente im-possibile pensare di lavorare la terra. I ricavati sono quindi insufficienti per le basilari neces-sità della vita e la popolazione è, in generale, economi-camente povera. Come Missionarie Somasche abbiamo

deciso di rispondere alle necessità della Diocesi condi-videndo la missione della Chiesa scegliendo di vivere inquelle semplici e povere comunità. L'arrivo delle Mis-sionarie è stato preparato con emozione dalla popola-zione; nella parrocchia è stata costruita per loro una ca-sa in cemento e bambù, e la radio locale ne ha trasmes-so la notizia. La parrocchia del Santo Niño in Cabangla-san consta di 46 cappelle che, generalmente, sono mol-to distanti tra loro. Per raggiungerne alcune occorre at-traversare il fiume Pulangi, uno dei più grandi in Bu-kidnon; altre cappelle sono in montagna e le strade perarrivarci sterrate e pietrose, difficili... ma non ci spa-ventano. A volte è necessario andare in moto o a piediper lunghi tratti, ogni tanto si attraversano dei ponti so-spesi... così raggiungiamo le diverse cappelle dissemi-nate nelle montagne, incontrando giovani e famiglie. Ilnostro impegno principale è dare una mano in parroc-chia: catechismo, apostolato delle famiglie, animazionegiovanile. Da sottolineare anche che siamo in una zonadove la presenza dei musulmani è piuttosto forte. At-traverso il catechismo aiutiamo nella formazione reli-giosa i catechisti laici che si preparano per insegnare re-ligione nelle scuole pubbliche. La vita di missione in que-

In periferia... con coraggio

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Vita e missioneVita e missione

sr. Giovanna Serra

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sti posti è piuttosto esi-gente e al contempo, ar-ricchente. Incontriamo lepersone per momenti dimeditazione sulla Bibbia eciò ci permette di cono-scerli nella vita quotidianae anche a livello spirituale.I giovani spesso manife-stano il loro desiderio dipoter continuare gli studiperchè vivendo così lonta-ni dalle scuole hanno ilproblema del trasporto edell'alloggio. Normalmen-te la maggior parte di lorofinisce le elementari e poisi sposano, soprattutto leragazze, in giovanissimaetà. Cerchiamo di aiutarecoloro che veramente vo-gliono realizzare il sognodi finire almeno le medie,mettendo a disposizioneanche la parte di casa fat-ta di bambù. Una delle sfi-

de per cui stiamo lavoran-do è quella di aiutare, perquanto possibile, ad alle-viare e migliorare la situa-zione dei più giovani at-traverso lo studio, aiutan-doli nell'orientamento perprepararli ad un futuro mi-gliore, così come avrebbefatto san Girolamo.Abbiamo posto a sr. Fe, fi-lippina, una delle primequattro missionarie giun-te sul luogo, e ora da qual-che anno in Italia, tre sem-plici domande: L'aspetto più bello dellatua esperienza? “A parte lanatura con la sua bellezzae la sua ricchezza, posso di-re che la cosa più bella è lasemplicità e la generositàdella gente; sono molto ac-coglienti e condividono fa-cilmente quel poco chehanno. Tutti conoscono il

rumore del motorino delsacerdote e al suo passag-gio tantissime mani, so-prattutto piccole, esconodai vari angoli delle caseper salutare con gioia”.La difficoltà più grande?“Difficoltà? Io non ne hoavute... è bello vivere lì”.Un sogno? “Vorrei poteravere una grande casa perospitare tutti i giovani chevengono dalle montagneper studiare...”. Ma pagherebbero una ret-ta? “Pagherebbero in na-tura, con quello che han-no... sono poveri”.E le spe-se? Risponde con un sor-riso. Tipico di chi non fatroppi calcoli, aiuta i po-veri, e soprattutto credenell'amore e nella provvi-denza di Dio Padre.

Suore Missionarie Figlie di s. GirolamoSuore Missionarie Figlie di s. Girolamo

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Profili Profili

L’educazione giovanileAngelo Cerbara nacque a Gavignano diRoma il 1° maggio 1888 da Luigi ed AnnaVari; educato alla fede ed al sacrificio daisuoi genitori, di carattere, allegro, estro-verso, con una spiccata intelligenza, fu in-vitato da due zii già somaschi, il p. Vin-cenzo Cerbara (+ 1956) ed il p. France-sco Cerbara (+1970) ad entrare nel Col-legio Rosi di Spello, dove rimase dal 1901al 1904 per compiervi i suoi studi gin-nasiali. Nel frattempo maturò il suo de-siderio di diventare religioso. A sedici anni entrò in noviziato a Romaa San Girolamo della Carità ed emise laprofessione semplice l’11 novembre del1905, per poi frequentare il SeminarioRomano, ove conseguì la licenza licealeed iniziò gli studi di filosofia.

Il servizio militareNel 1908, il chierico Angelo Cerbaradecise di anticipare come volontario ilservizio militare, per essere poi più liberonel cammino verso il sacerdozio. Come soldato fu inviato a Messina. Era appena passato il Natale: nella not-te tra il 28 e il 29 dicembre, alle ore 5,21di lunedì 28 dicembre con violenza inau-dita il terremoto si abbatté sulle due cit-tà dello stretto; Messina e Reggio furo-no rase al suolo da una scossa catastro-fica d'eccezionale gravità e da un’onda dimaremoto. Le vittime furono circa80.000 soltanto a Messina su una po-polazione di 140.000 abitanti. A ReggioCalabria ci furono circa 15.000 morti suuna popolazione di 45.000 residenti.

Numerose furono le vittime anche neipaesi limitrofi. Altissimo il numero deiferiti e catastrofici i danni materiali.È la prima volta che, all’età di vent’anni,Angelo Cerbara si trova a contatto comesoldato con la violenza della morte: eglivince la naturale ripugnanza e con ge-neroso entusiasmo giovanile mette tut-to il suo impegno, distinguendosi tra glialtri commilitoni. In questa missione glifu conferita una medaglia al merito perlo zelo nel raccogliere i feriti e seppelli-re i cadaveri. C’è una sua diretta testimonianza inuna lettera da Messina ad un compagnodi studi: “Tu non puoi immaginare lescene strazianti a cui sono stato testi-

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P. Angelo CerbaraÈ tra i Padri Somaschi il più puro eroe,

il più luminoso esempio di altruismo e di zelo sacerdotale, il primo cappellano

caduto in servizio durante la prima guerra mondiale,mentre assisteva in prima linea sotto il fuoco nemico

un sottufficiale gravemente ferito

p. Giuseppe Oddone

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mone. L’esempio del mio fondatore Gi-rolamo Emiliani mi era presente e sti-molato da questo esempio mi caricavosulle spalle quei cadaveri spesso fetidi,mutilati, sanguinanti, per comporli nel-la sepoltura”. Angelo ha già completa-mente assimilato il carisma di eroismoe di carità del fondatore San Girolamo,al quale si conformerà sempre nel suocomportamento.Finito il servizio militare tornò a Romae riprese gli studi, pensando di poteresenza ulteriori difficoltà prepararsi allaprofessione solenne e al sacerdozio.

Sergente nella guerra di LibiaNell’autunno del 1911 scoppiò la guerradi Libia. Richiamato sotto le armi comesergente del 26° reggimento di fanteria,fu trasferito a Napoli. Fu proprio qui, nell’interminabile ca-serma dei Granili, ove attendeva l’im-barco, che avvenne un fatto che ci rive-la la sua fede, il suo amore a Maria, il suoideale di servizio alla patria.Il sergente Cerbara aveva appuntati alpetto della sua divisa militare una piccolacoccarda tricolore ed accanto ad essa lamedaglia della Vergine Maria. Percorrevaun corridoio per una commissione che gliera stata ordinata, quando fu visto da ungiovane tenente che, lasciata una dozzi-na di colleghi con i quali conversava, glisi avvicinò e con tono beffardo gli intimò:“Sergente, tolga via quella superstizio-ne!” “Quale superstizione? - risposetranquillo e senza alcuna esitazione An-gelo, toccando i suoi due cari simboli - iltricolore o la medaglia?”. L’ufficiale rimase disorientato, ma poi,un po’ confuso, riprese a dire: “Via, unsergente deve pur capire qualcosa. Tol-ga quella roba!”. “Signor tenente, qui l’homessa e qui resterà! Per la fede nel mioDio vado a morire per la mia patria. Co-manda altro?”. Scattò sull’attenti, fece ilsaluto militare, e con un dietro front ri-prese la sua strada. Il capitano subito in-formato del fatto rimase ammirato:“Bravo sergente - gli disse - questo sì chesi chiama coraggio!”.

Verso la fine di dicembre sbarcò a Der-na, partecipò alle battaglie con gli arabo-turchi il 17 gennaio 1912 ed il 3 marzo.Della prima diede notizia in una letteraa p. Pasquale Gioia il 20 gennaio 1912:“Scrivo di sotto alla tenda… Derna unpaesotto che si ripara all’ombra dellepalme da datteri. Il 17 u.s. s’ebbe un com-battimento… degli arabo-turchi fu unvero macello… una ventina furono reli-giosamente seppelliti… Lacrime sì pie-tose non versai che un’altra volta nellamia vita (allude alla sepoltura dei mor-ti nel terremoto di Messina). Mi facevanpietà quei visi stravolti e contratti be-stialmente nell’atrocità del dolore, ilrattrappimento degli arti, le teste moz-

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ze orribilmente, sfracel-late, abrase; pensai cheanch'essi erano eroi e uo-mini”.

Gli studi e l’ordinazionesacerdotaleOrmai ventiquattrenne,Angelo Cerbara poté percirca tre anni dedicarsiallo studio ed alla prepa-razione al sacerdozio. Il 19 febbraio 1913 emise laprofessione solenne; silaureò in teologia nellescuole del Pontificio Se-minario Romano. Il 5 aprile 1914 celebrò la

prima S. Messa nell’adia-cente parrocchia di SantaMaria in Aquiro. Per lasua ordinazione sacerdo-tale così gli scrisse da SaidGiab, presso Tripoli, il suocapitano Paolo Fasella:“Tu fosti un modello disoldato in pace, fosti sol-dato valoroso in guerra, esarai il sacerdote forte ecoraggioso, che con labontà farà il bene. Fortu-nati quelli che ti conosce-ranno”.

Cappellano militareNon passò un anno chenel marzo 1915 fu strap-

pato dal suo lavoro edu-cativo e pastorale e ri-chiamato nuovamente sot-to le armi: fu destinatoalla Sanità, ma in caso diguerra chiese di poter es-sere nominato cappellanomilitare. Fu subito inviato al fron-te, al Col di Lana, con il60° reggimento di fante-ria, di cui era tenente cap-pellano. Il 25 maggio era già inzona operazioni nei pres-si di Agordo. Il 5 luglio iniziarono gli at-tacchi al Col di Lana, il 28luglio il suo battaglione si

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assestò sotto il costone di Salesei, un con-trafforte della stessa montagna. Fu sempre in prima linea, accanto ai suoisoldati, a tu per tu con la morte, nellenottate sanguinose del 2 e 4 agosto2015, negli attacchi alle trincee del Pa-nettone di Col di Lana, sotto gli infernalibombardamenti del 27 e 28 agosto, ne-gli assalti sfortunati al fortino del mon-te Sief. Incarnò perfettamente la figura del sa-cerdote nel suo amore a Cristo e ai sol-dati sofferenti e il modello di ufficiale mi-litare, nel suo amore alla patria, nel-l’impegno a tenere alto il morale del suobattaglione, nella condivisione di gioie,dolori e rischi.Nell’agosto del 1915 gli fu conferita la me-daglia d’argento al valor militare con que-sta motivazione: “Sotto il fuoco nemico,noncurante del pericolo, con costante edammirevole spirito di carità recava aimorenti il conforto della Religione e coa-diuvava i medici e i portaferiti nell’as-sistenza e nel trasporto dei feriti”.Domenica 19 settembre a Pian di Saliseisotto a Livinallongo, celebrò la S. Mes-sa per più di duemila soldati: abbiamo ladocumentazione fotografica, presenti ilComandante del Corpo d’armata ed il co-lonnello comandante il reggimento di p.Cerbara ed altri ufficiali. Padre Angelo è ritratto mentre spiega ilVangelo ai suoi commilitoni.

La sua azione pastoraleDalle lettere di p. Cerbara che scrive dalfronte è possibile ricostruire la sua ric-ca personalità di uomo, di soldato, di re-ligioso, di educatore, di sacerdote, dovedimostra il suo stato d’animo, i suoi idea-li, la sua ardente spiritualità, il suo me-todo di apostolato, che si ispira ai prin-cipi educativi del santo fondatore Giro-lamo Emiliani, soprattutto a quello fon-damentale di voler vivere e morire coni suoi soldati. “Io passo di battaglione inbattaglione, perché il mio reggimento èsparso qua e là. Trovo buoni giovani esperiamo che il Signore li scorga (gui-di) per la via dell’onore e li restituisca

alle loro famiglie…”. (6 luglio 1915 - aGuglielmo Turco). “Nonostante che il mio reggimento si siatrovato per due volte a sostenere un at-tacco infernale contro il nemico in unalocalità molto disputata e difesa, sto ot-timamente e non risento punto le nottatedi strapazzo specialmente morale. Perraccogliere feriti e morti si è andati in-contro al fuoco nemico…”. (8 luglio1915 - a p. Nicola di Bari).“La festa di San Girolamo l’ho passatasotto un cielo splendidamente azzurro,in vista di alti monti verdeggianti, su ungruppo stupendo di dolomiti, sotto unpino altissimo, avanti a una turba di sol-dati che con tenerezza inesprimibilesentivano il racconto della sua vita, lemeraviglie della carità dell’Emiliani…”.(22 luglio 1915 - a p. Nicola Di Bari).“Il Signore misericordioso e buonoascolti le nostre vicendevoli preghiere,ascolti il gemito profondo di questabella Italia nostra, le conceda sollecitae pronta vittoria, le torni il suo posto dimaestra e di madre di civiltà, dia alle fa-miglie novamente il sorriso, le tolgal’ambascia: a questo mondo sconvoltoed insanguinato dia finalmente la pace.Pare la invochino, con angosciosa tre-pida immensa aspettazione le cime deimonti, le valli umili, come addormentatesotto il candido lenzuolo che ne cela i so-spiri, ma ne sa i dolori, i sacrifici, il san-gue. Dio ci ascolterà”. (6 ottobre 1915 -a Guglielmo Turco).

L’amore per Cristo e la disponibilità al martirioPadre Angelo sapeva bene che il suo apo-stolato tra i soldati, nelle modalità cheaveva scelto di stare sempre con loro, diesporsi a tutti gli attacchi in prima lineaera estremamente rischioso, che la mor-te poteva ghermirlo da un momento al-l’altro. Per questo aveva fatto il suo attodi abbondono totale alla volontà di Dio,qualunque essa fosse stata: “Ho giàpronunciato il mio atto di dolore e spe-ro nella pietà di Colui che ha sì granbraccia che prende ciò che si rivolge a

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lei. E mi sento fermo, tranquillo, fidu-cioso più che mai nella sua Provvi-denza, rassegnato totalmente alla vo-lontà di Lui, in quo - è gagliarda la fede- movemur et sumus. Sento tuttaviapullularmi il rimorso dei dolori arrecatiai miei superiori e ai miei confratelli.Con tutto il cuore quindi chiedo per-dono dei torti commessi con le ango-losità del mio carattere… Mi racco-mando alle loro preghiere… perchémi ricordino… e mi abbian presentenell’ora del Dio delle misericordie”.(Lettera a p. Pasquale Gioia).

L’eroica morteIl 60° reggimento di cui Padre Angeloera cappellano fu rimandato in prima li-nea a metà di ottobre ed il 17 entrò inazione: dal costone di Liviné sette com-pagnie del 60° ed altre del 59° doveva-no giornalmente inerpicarsi per unostretto canalone di pietra che permet-teva di avvicinarsi al munitissimo for-tino austriaco del monte Sief (una del-

le cime del Col di Lana). I difensori au-striaci ben protetti con sventagliate dimitragliatrici e bombe a mano, faceva-no rotolare giù gli arrivati mentre un tirodi interdizione quasi perenne rendevadifficilissimo l’accorrere dei rincalzi.Il 22 ottobre mentre in prima linea as-sisteva un caporal maggiore ferito gra-vemente a morte nel bosco sopra Livi-né, fu colpito da una granata nemicache gli scoperchiò il cranio e lo ferì inaltre parti del corpo; fu trasportatoimmediatamente al prossimo ospeda-letto da campo.

TestimonianzeIl racconto più bello della sua morte eroi-ca e cristiana è quello del Ch. Turco, suofraterno amico e commilitone dai tem-pi della Libia, caporale di sanità, in unalettera scritta al Padre Generale: “È unmartire. Così lo chiamano tutti quelli delsuo reggimento, ufficiale e soldati etutti quelli che lo hanno conosciuto.Quando ho saputo che Padre Cerbara si

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trovava ferito a Pian deSalesei sotto a Livinal-longo, io che ero distantecirca mezzo chilometrosono corso subito… lo tro-vai che rantolava, assi-stito da un prete soldato.Mi inginocchiai, lo ba-ciai, diedi libero sfogoalle lacrime. Giunse pocodopo il cappellano del-l’ospedaletto 122, gli die-de l’assoluzione e gli am-ministrò l’Estrema Un-zione. Lo assistetti pertutta la notte. Verso le 22ore cominciò a muovere lemani e riacquistare unpo’ i sensi. Capì che io gliero vicino e mi prendevala mano e me la stringe-va forte, ma non potevaparlare. L’indomani ver-so le 9 riprese quasi deltutto i sensi e potè direqualche parola: Scrivi aRoma, sai al Padre Ge-nerale e alla mia famigliafurono le ultime paroleche io intesi, poiché fui co-mandato altrove”.Il suo corpo fu compostoin una povera cassa di le-gno e deposto alle pendi-ci di Col di Lana, a destradella piccola chiesetta al-pina di Andraz. Una roz-za croce, sulla quale i sol-dati salendo o scendendodalle trincee gettavanopiangendo dei fiori, ne se-gnava la tomba. Il più bell’elogio è forsequello breve ed intensodi Giulio Salvadori in unalettera, finora non cono-sciuta, indirizzata ad unsuo allievo laureato nel1914 all’Università la Sa-pienza di Roma, AntonioPomarici, compagno

quindi di studi di p. An-gelo: “Roma, 20 novem-bre 1915. Hai sentito par-lare di don Angelo Cer-bara, il cappellano del60°, che il 23 (22) ottobre,mentre assisteva un feri-to, fu ferito lui mortal-mente da una bomba amano ed il giorno dopo

morì? Anima generosa egentile era stato tutto atutti i soldati del suo reg-gimento ed anche deglialtri del settore. Avevaaccettato il sacrifizio peramore dei suoi, vero se-

guace dell’Agnello di Dio.Te l’ho detto, perché eraanche nostro studente dilettere, e tu l’avrai forseveduto qualche volta suibanchi della scuola. Aveva quella ”fiammadella fede”, quel “raggio dipoesia”, cioè di speranzache tu dici”.

‘Vorrei salire molto in alto, Signore,sopra la mia città, sopra il mondo, sopra il tempo.Vorrei purificare il mio sguardo ed avere i tuoi occhi.Che chiunque mi praticaavverta in se stesso un fremito misterioso,suscitato dalla tua grazia,che lo stimoli a salire in alto verso di Te’.

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Nasce il 12 gennaio 1932,a Breda di Piave (Trevi-so), in una famiglia for-mata dai genitori, Giu-seppe e Maria, e settefratelli, uno dei quali ilreligioso somasco p.Alessio. Ancora adolescente, per-cepisce la misteriosa chia-mata del Signore e iniziaa Treviso la tappa del-l’aspirantato. Dopo il postulantato, en-tra in noviziato a Soma-sca nel 1949 al terminedel quale emette la pro-fessione religiosa. Prosegue il suo camminoformativo con gli studiteologici a Roma e saràordinato sacerdote il 2aprile 1960. Dopo alcuni anni tra-scorsi in diverse comuni-tà italiane, percepiscel’impellente chiamata allamissione: arriverà in Co-

lombia (Sudamerica) nel1971. Inizierà un fecondoapostolato, assumendodiverse responsabilità edando un significativoimpulso alla nascenteProvincia Andina.Inizialmente sarà parro-co a Bogotà alla NuestraSeñora de Guadalupe; poi‘commissario’ (responsa-bile delle diverse comu-nità religiose); superioree formatore del postu-lantato alla comunità diRionegro-Antioquia; for-matore del post-novizia-to; nuovamente parroco aBogotà, dapprima allaNuestra Señora de Gua-dalupe e poi alla parroc-chia San Jerónimo Emi-liani. Termina la sua intensavita il 1° maggio 2015,lasciando in tutti il vivoricordo di una personainnamorata del Signore.

Padre Alvise Zago

Carissimo padre Alvise,fratello dilettissimo, te ne sei andato in punta di piedi e in silenzio, lasciandomi nel pianto, assieme ai fra-telli e alle sorelle, consolato però dalla fede e dalla certezza che tu adesso sei benedetto nella Patria cele-stiale. Quanto ho pregato per te, perché il Signore ti concedesse un poco di salute per poter ascoltare pertelefono la tua voce, anche se parlavi con molta fatica!Il Signore nei suoi piani divini lo ha disposto diversamente: “Sia fatta la sua santissima volontà; Lui saquello che a noi conviene”.Il Signore ti ha chiamato: “Alvise, servo buono, vieni” e tu hai risposto: “Eccomi, Signore”. E hai attraversato quella porta misteriosa, che conosciamo per fede, e la Santissima Trinità ti ha abbrac-ciato: Dio Padre che ti ha creato, Dio Figlio che ti ha chiamato dalla riva del Piave a seguirlo nella vita re-ligiosa e sacerdotale, Dio Spirito Santo che ti ha guidato e santificato, ti hanno accolto nella loro ‘casa’.Sei stato un pastore semplice, umile, pio e generoso. Ricordati di noi tutti, dei parenti, di quanti ti hannovoluto bene, e della Congregazione somasca.

tuo fratello p. Alessio

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... e il suo diario

Una volta, p. Alvise mi ha regalato un bellibro di spiritualità, “Racconti di unpellegrino russo”, che ho letto con veropiacere.È lo scritto di un anonimo autore che nelsuo lungo pellegrinare di villaggio in vil-laggio e di avventura in avventura portacon sé due cose essenziali: “Tutti i mieiaveri consistono in una bisaccia di pansecco sulle spalle, e la Sacra Bibbia sot-to la camicia. Nient’altro”.Così è stato per p. Alvise: l’Eucaristia è sta-ta la sua forza e la Bibbia la migliore ami-ca della sua vocazione.

È stato mio grande amico, confessore, gui-da spirituale. Con lui ho condiviso tanti se-greti e sogni, e tanti momenti del mio cam-mino vocazionale. Ricordo il suo impegno silenzioso, som-mamente importante e infaticabile, il suocompito di pastore nelle diverse parrocchiee comunità, lasciando in tutti segni di mi-sericordia e gesti di bontà. È stato un’oasi di pace per tante personescosse dagli avvenimenti della vita e perquanti lo cercavano per essere ascoltate edissetarsi ai valori della fede.

José Montaña

Oh Gesù, a volte mi sento smarrito in un mare di domande: che senso ha la mia vita? da dove vengo everso dove vado? Che cosa mi aspetta alla fine della mia vita? c’è un futuro dopo la mia morte?Oggi, Gesù, tu mi hai dato una risposta chiara e sicura; mi dici che il Dio nel quale credo non è un Diodei morti, ma dei vivi. Tu stesso affermi: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, non moriràper sempre”.Queste tue parole mi aprono orizzonti nuovi, mi infondono una speranza certa: la vita non finisce inuna tomba fredda, adornata di marmi, fiori e luci. La vita termina nel gioioso incontro con te e nell’ab-braccio amorevole di un Padre che accoglie suo figlio, e gli dice: “entra al banchetto del tuo Signore”.Oh Gesù, fa che quando arrivi il momento del mio incontro con te, io possa dirti con san GirolamoEmiliani: “Dolcissimo Gesù, non essere mio giudice, ma mio salvatore”.

Amen

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FlashFlash

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In un giorno di sospensione soffertacome questo cerco di dare forma a unpensiero. Forse sono piccoli miracoliquelli che ci accompagnano, qui, nel si-lenzio disordinato della casa de los niños.Il piccolo Carlito è avvolto in fiori nel-la nostra cappellina. Riposa lì da questo pomeriggio e da lìcontinuerà ad essere presente per sem-pre in mezzo a noi, come altri bimbi no-stri e mamme nostre che sono volati alCielo negli ultimi mesi.Carlito tra qualche giorno avrebbe com-piuto tre mesi di vita e da oltre due mesiera stato accolto qui con noi. Una vita che non ci aspettavamo così bre-ve seppure intensa... Nato con una ma-lattia genetica molto rara, fin dall’inizioil suo pronostico era grave, ma il suo vol-to -con quei suoi occhi grandi e neri -sprizzava riconoscenza e sollievo fin dalprimo momento in cui l’infermiera del-l’ospedale lo posò nelle braccia dell’ami-ca Carla: sperimentava e godeva del ca-lore e dell’affetto di una mamma: che gio-ia! Il miracolo per me è questo: che inqueste poche settimane Carlito è passa-to da un abbraccio all’altro di mamme chel’hanno accolto –senza interesse alcuno,senza essere obbligate- come figlio pri-

vilegiato e fortemente amato.Chissà che volto avrà la mamma che gli hadato vita e al conoscere il suo stato di sa-lute l’ha abbandonato nella sala parto del-l’ospedale. Non la conosceremo mai e nonla giudichiamo per il suo gesto.Ma nessuna delle nostre mamme che inquesti mesi si sono offerte per accompa-gnarlo ha mostrato ribrezzo per il suo pro-blema fisico, anzi, tutte l’hanno accolto ecurato con estrema attenzione e dedica-zione, di giorno e di notte, molto megliodi quello che avremmo fatto noi, con in-cluso la disponibilità per adottarlo. Il piccolo Carlito ne era cosciente e i suoiocchi lo dimostravano.Questo è lo spirito di tante mamme checi circondano, questo è lo spirito che vor-remmo ci accompagnasse sempre a be-neficio di chi sperimenta sin dal nasce-re debolezza ed emarginazione.Forse sono piccoli miracoli che passanoinosservati nella cadenza confusa e as-sordante dei nostri ritmi quotidiani.Noi ne siamo spettatori stupiti e rico-noscenti.Domenica scorsa guardavo il volto sor-ridente di Ronald che correva verso dime per un abbraccio. Quel suo volto straordinariamente bel-

Piccoli miracoli...Testimonianze (dalla Bolivia)Testimonianze (dalla Bolivia)

Questo pomeriggio Carlito è volato in Cielo....Tra 4 giorni avrebbe compiuto tre mesi di vita.

Stanotte alle 3 ha avuto un infarto, improvvisamente. È stato rianimato dai medici con ventilazione

artificiale ed ha resistito sino alle due del pomeriggio, poi ci ha lasciati.Con grande pena. Ma abbiamo negli occhi il suo sorriso splendido.

Non ho potuto avvisare prima perché siamo stati sinora nell'ospedale.Il corpo adesso è qui e qui rimarrà, davanti alla nostra cappellina

dove è stato accolto e battezzato il 16 aprile, giorno del suo arrivo tra noi.Lo abbracciamo insieme... (mercoledì, 24 giugno)

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lo ma ora bruciato dalsole, il sole di casa sua,su, nel suo villaggio, a4mila metri di altezzadove la luce elettrica èarrivata da poco, dove sibeve ancora acqua rac-colta dalla sorgente, dovesi mangiano patate tutti igiorni dell’anno, a pran-zo e a cena, lassù dovenon sono ancora arrivatii collegamenti WiFi eWatsapp, dove fa un fred-do terribile in questi gior-ni di inverno, e al matti-no ci si lava con l’acquaquasi gelata, dove si cu-cina lentamente a legna enon con il forno a microonde.Decidere liberamente diritornare a casa dopo 5anni di malattia, peregri-nando da un ospedale al-l’altro, non è forse un pic-colo miracolo per questobimbo nostro che ora rie-sce ad ingerire, a man-giare quello che vuole, che

ora può fare i capricci da-vanti a un piatto di ver-dure come tutti gli altribimbi della sua età?Ci ha stupito, Ronald,quando - ancora convale-scente - alcune settimanefa ci ha chiesto di ritorna-re a casa per poter starecon la sua famiglia, perpoter giocare con i suoifratellini, lasciando le co-modità in cui era statoavvolto da noi in questianni. Abbiamo corso il rischio eci siamo fidati della sua ri-chiesta. Lo contempliamo ora fe-lice e sereno. Che bello!Domenica sera ho baciato,nascondendo l’emozione, ilvolto sorridente di Ronaldche ci salutava per rien-trare a casa con i genitori,dopo una breve visita qui acasa nostra. Questo pomeriggio ho ba-ciato nella culla dell’ospe-

dale la fronte sofferta diCarlito che si preparava equasi mi salutava primadel suo ultimo volo. Due bimbi nostri che cihanno lasciato, con desti-ni diversi, ma entrambilanciati da questa nostraumile e silenziosa espe-rienza verso orizzonti alti,in prossimità del cielo.

Aristide

Responsabile Casa de los Niños

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Tra le più recenti formule di moda perun titolo (o sottotitolo) di eventi, con-vegni e conferenze di ogni genere, c’è lafrase “…che vogliamo!”. Così, è tutto unsusseguirsi di “l’Italia…, il Paese…, il sa-lame…, il partito…, la squadra…”.Cosa più che legittima se fosse solol’esplicitazione di un desiderio, l’illu-strazione delle proprie opinioni riguar-do a questo o a quell’oggetto, persona opercorso, anche se espressa come affer-mazione piuttosto che come ipotesi osperanza (altrimenti sarebbe giusto“…che vorremmo”). Ma così non è, e latitolazione si traduce sistematicamentenella rappresentazione di una Verità chepretende di essere totale, esclusiva, ma-gari suffragata da approfondimenti diun’inclita spesso insindacabile. Un po’ come quando in una riunione oin un talkshow qualcuno dice, umil-mente: “in realtà…”, o “il problema ve-ro è che…”, e tutto il resto, persone e ar-gomenti, precedenti e futuri, diventanodi botto solo menzogna.

Dibattiti e... libri, in questi mesi, contitoli di analogo significato, riguarda-no il Papa e la Chiesa, con la produ-zione di milioni, miliardi di parole e re-lative ‘tirate di giacchetta’, senza pen-sare che ognuno di noi, con la propriacultura, coscienza o interesse, porta al-trettante specifiche letture del Papa,della Chiesa, minuscola e maiuscola,

della fede. Facevo queste riflessioni inoccasione della Pastorale fiorentina,comprendente il positivo apprezza-mento di Francesco, già espresso in al-tre occasioni, sulla ‘Crocifissione bian-ca’ di Chagall esposta alla mostra ‘Bel-lezza divina, tra Van Gogh, Chagall eFontana’, per lui portata al Battistero. Forse il Papa ha ricordato anche le pa-role con cui lo stesso autore chiosavala propria opera: “Non hanno mai ca-pito chi era veramente questo Gesù.Uno dei nostri rabbini più amorevoleche soccorreva sempre i bisognosi e iperseguitati. Gli hanno attribuitotroppe insegne da sovrano. Per me èl’archetipo del martire ebreo di tutti itempi. La bellezza di Dio diventa la te-stimonianza di chi incarna una spe-ranza contro il massacro di un popo-lo…”, trovandole quanto mai attuali.Per questo abbiamo proposto il qua-dro sulla copertina di questo numeroe ne inseriamo la riproduzione nell’ar-ticolo dedicato al Giubileo della Mise-ricordia. Considerazioni e parole forsenon ‘sentite’ dalle insegnanti che han-no reputato non opportuno guidare lapropria scolaresca alla stessa Mostra.Fossero state a Milano l’avrebbero por-tata molto probabilmente ad allunga-re la fila ai padiglioni dell’Expo o quel-la delle migliaia di persone in strada inquesti giorni, in attesa di ammirare leben tre edizioni del ‘Bacio’ di Haiez,opera senz’altro pregevole, ma, da sem-pre quasi negletta, in visione a Brera.A ognuno il suo...

Il trimestreIl trimestre

Il ‘quadro’ che vogliamoMarco Nebbiai

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In memoriaIn memoria

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p. Alvise ZagoA 83 anni, è deceduto il 1° maggio 2015, a Bogotà (Colombia). Originario di S. Bortolo di Piave (TV), a 13 anni entra nel probandato di Treviso.Dopo il noviziato a Somasca, gli studi teologici e la professione religiosa, viene or-dinato sacerdote a Roma nel 1960. Dopo dieci anni trascorsi nelle comunità italiane come educatore e formatore, per-cepisce una forte chiamata missionaria. Sarà inviato in Colombia dove svolgerà un’azione feconda per la costituzione del-la Provincia Andina. Da profondo “innamorato del Signore” sarà apprezzato e benvoluto da tutti per ilsuo modo di essere, la sua bontà, saggezza, attenzione e disponibilità. Assumeràcon somma diligenza diversi incarichi: superiore, parroco, delegato commissaria-le, formatore dei postnovizi, consigliere provinciale… I suoi confratelli lo ricordano come un religioso che ha vissuto in pienezza la mis-sione del buon Pastore, incarnando il carisma di san Girolamo, quello di essere unavita per gli altri. Mentre la gente che lo ha conosciuto afferma: “Padre Alvise è stato per noi tuttiuna vera guida, specialmente nell’amministrare il sacramento della confessione,nell’insegnarci a pregare, per il suo modo di accoglierci e il suo stile di vita”. Suo fratello, p. Alessio, così lo ha ricordato: “Sei andato in punta di piedi e in si-lenzio, lasciandoci nel pianto ma consolati dalla fede, con la certezza che tu ades-so sei benedetto nella Patria Celestiale. Ricordati di me, che ti ho voluto tanto be-ne, ricordati di tutti noi e aspettaci pregando”.

p. Vittorio VeglioA 89 anni, è deceduto il 13 luglio 2015. Originario di Clavesana (CN), entra nel seminario di Cherasco ove termina gli stu-di ginnasiali. Dopo il noviziato a Somasca, gli studi teologici e la professione religiosa, viene or-dinato a Roma nel 1950. Esuberante, colto, sportivo, capace di entusiasmare i ragazzi, ebbe una spiccata in-clinazione per il canto e la musica. Eserciterà il suo ministero in varie comunità in Italia, in Spagna, per un breve pe-riodo in America, nelle Filippine (Lubao), in India (Yuva Vicas) e in Sri Lanka. Fu un ottimo insegnante, che avvinceva gli alunni e ne stimolava le capacità. Sentiva di avere una predisposizione per l’educazione dei giovani seminaristi e viprofuse tantissime energie in Italia e nelle missioni. Padre Vittorio fu un uomo di fede attraversato da un raggio di poesia: scriveva te-sti, componeva musica in onore di San Girolamo e della Madonna degli Orfani.Amava la natura ed il giardino, soprattutto i fiori che curava con attenzione parti-colare. Sempre attivo, un po’ irrequieto, desideroso di nuove esperienze pastorali;oltre all’apostolato missionario aveva affrontato anche situazioni nuove: vicarioparrocchiale nella diocesi di Mondovì e cappellano ospedaliero. Trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita nella comunità di San Mauro Torine-se come cappellano delle suore e direttore del coro da lui creato.Infermo, sarà trasferito alla comunità di Narzole (CN) dove concluderà il suo ser-vizio terreno a Cristo, alla Chiesa e alla Congregazione.

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LA CENA DEL SIGNORE. Dimensione storica e idealeRomano Penna – pp. 166– San Paolo, 2015Nei primi anni del fenomeno cristiano la celebrazione di culto che si distingue nettamenteda analoghi riti del tempo è chiamata da Paolo “cena del Signore”. “Si tratta di una defini-zione originale, ma va subito precisato che il costrutto greco non allude tanto al fatto chesi tratti una azione istituita dal Signore, sia pure chiaramente riferibile alla sua cena ul-tima, quanto piuttosto di un momento connotato da lui come invitante, come presenteal/nel pasto, come termine ultimo di una particolare comunione interpersonale” (p. 85).Nella frase è anche delineata l’impostazione del bel trattato del biblista piemontese, già pro-fessore in università pontificie romane, attento ai dati del Nuovo Testamento, che dà le pri-me informazioni e interpretazioni sulla Eucaristia trasmettendo come essa è praticata nel-la prime comunità di Paolo, in ambiente greco, secondo quanto riportato in una delle sueprime lettere (anni 50-55). I racconti evangelici sull’ultima cena di Gesù sono posteriori aidati di Paolo e sono il riflesso di quanto è in atto nelle comunità cristiane alcuni decenni do-po la morte-risurrezione del Signore, oltre che di quanto ha effettivamente compiuto Gesùnell’ora della sua fine. E infatti documentano formule differenti usate, nel cenacolo, dal Si-gnore rispetto a quelle delle comunità paoline. Che la cena finale di Gesù sia collegata allaPasqua ebraica è quasi certo, ma le non lievi discordanze dei racconti evangelici, in parti-colare fra i tre sinottici e Giovanni, fanno capire che non è ricostruibile il quadro storicoesatto di quello che è diventato per i cristiani “il memoriale”, della massima importanza siastorica che spirituale. Assolutamente in controtendenza rispetto a tante “abitudini religio-se” del tempo è anche la cadenza settimanale della celebrazione eucaristica, “già attestatain tre passi del Nuovo Testamento, appartenenti ciascuno a un autore diverso, testimonedi momenti storici e luoghi ecclesiali diversi” (p. 73). Da sottolineare una delle brevi con-clusioni, dopo i 6 capitoli del libro: “Lo Spirito di Cristo che presiede alla chiesa, cioè algruppo radunato per il banchetto eucaristico, è lo stesso che informa tutta l’esistenza delsingolo cristiano, al largo della sua vita nella società” (pp. 139-140).

IL CIBO DONATO. Piccola storia della caritàFranco Cardini - pp. 60 - EMI, 2015 (in collana Pane nostro, 15 testi previsti, ognuno di 50/60 pagine)“Pane nostro pagine da gustare” è una collana (libretti da 16x11 cm.) nata in clima di Expo,in collaborazione tra la diocesi e la Caritas milanese e l’editrice dei missionari italiani. “Parole importanti e pensieri nutrienti” ispirano il programma dei previsti 15 esemplari cheriportano testi del papa, dei cardinali Martini, Ravasi e Scola, di teologi e altri ricercatori.Originale il primo titolo della collana (e splendido il suo contenuto): “La cucina del Risor-to. Gesù cuoco per l’umanità affamata”. Di Cardini, studioso medievalista famoso, che in-segna a Parigi, è questa piccola storia della carità, capace di riassumere efficacemente seco-li di dedizione, inaugurati - per dirla con un paradosso - da un comandamento (ama il pros-simo come te stesso) e da una parabola (quella del buon samaritano) che hanno creato findall’inizio una rete di solidarietà e una banca di crediti caritativi anche nei confronti di chinon apparteneva alla comunità cristiana. E ciò - riconosce l’autore - fu “un potente fattoredi conversione”. Carità in opera e in assetto di fantasia anche nei secoli di “cristianesimoassediato”, già a partire dalla Riforma, di marchio cattolico prima che protestante. In merito trova spazio, nel libretto, anche un cenno su san Girolamo (fatto passare, pur-troppo, per sacerdote) e sui Somaschi, dedito (e dediti) a curare, negli orfani, “una piaga diquei durissimi tempi” (pp. 40-41).

STARE AL MONDO L. Manicardi - A. Profumo - pp. 80 - Il Margine, 2015 (in collana Cattedra del confronto – dibattiti dal 2011 al 2014) Mutuata dalla bella iniziativa di Martini del 1987 (cattedra dei non credenti), approdata an-che alla Roma vaticana nel 2011 come “cortile dei gentili”, è attiva a Trento dal 2009, periniziativa dell’ufficio culturale della curia, la “cattedra del confronto”, definita “spazio dipensiero, di dibattito su questioni che interrogano la coscienza e appassionano le menti esulle quali c’è bisogno di recuperare il gusto a un confronto vero”.L’omonima collana (libri di 10x17 cm.) raccoglie i temi messi a bersaglio con un program-ma annuale (dal 2011: amare, credere e sperare oggi; dolore, felicità, morte; perdono-ran-core, riso-pianto, verità- menzogna). “Venire al mondo”, “Stare al mondo”, “Cambiare ilmondo” sono i volumetti che fanno riferimento ai dibattiti del 2014. Il primo nominato raccoglie le conferenze di due studiose, la Rigotti, docente di dottrine po-litiche a Lugano, e la Veladiano, vicentina, preside, firma giornalistica e romanziera di suc-cesso. Il terzo trova schierati Becchetti e Tripodi, un economista docente a Roma, lui; unacoraggiosa sindaca calabrese, lei. Il secondo libretto, sullo stare al mondo, (“si sta con glialtri perché si condivide la passione per l’umano, la vita e la storia; e perché si ha il desi-derio di cambiare lo stato delle cose”) vede a cimento il biblista Manicardi, vicepriore del-la comunità monastica di Bose, e Profumo, uomo di vertice del mondo economico, recente-mente anche presidente della Banca Monte dei Paschi di Siena.

p. Luigi Amigoni

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IN CATENE PER CRISTO Diari di martiri nella Cina di Mao a cura di Gerolamo Fazzini – pp. 410 - EMI, 2015 La Cina sta godendo da troppi anni di attenzioni privilegiate: oggi per il suo gigantismo eco-nomico; ieri per il mito del maoismo, cresciuto negli anni ‘50 e ‘60, soprattutto nel decen-nio della rivoluzione culturale fino al 1976, quando muore Mao Zedong (o Mao Tse Tung).Riveduto e condotto a dimensioni di verità lo statista Mao (si calcola che nel periodo del”Grande balzo in avanti”, 1958-61, ci siano stati 80 milioni di morti “per cause non natura-li”) e preso atto della durevole accoppiata del sistema economico liberale-anarchico e delmodulo politico non democratico, oggi si può parlare anche dei tanti martiri cattolici cine-si del ‘900. E si può anche sperare che le notizie arrivino all’opinione pubblica. È l’obiettivo del libro, che non intende essere solo un messaggio di una Chiesa alla Chiesaintera. Puntualizza il cardinale salesiano Zen, vescovo emerito di Hong Kong, che “i marti-ri della Chiesa di Cina appartengono all’intera cristianità ed è un dovere presentare la lo-ro testimonianza perché alimentino la fede dei cristiani di tutto il mondo”. C’è stato infatti un periodo in cui alcuni degli stessi perseguitati hanno ritenuto superfluala pubblicazione di memorie drammatiche “perché ora la società cinese è rapidamente cam-biata”. Con il libro, curato da Fazzini, da tempo lecchese di residenza e addetto alla pubblicisticamissionaria, si intende invece documentare anche che l’attuale persecuzione anticristiana(e anticattolica in specie) è conseguenza di un’azione programmata del maoismo. Quattro i saggi rivisti e ripubblicati, dopo essere apparsi anni addietro per un pubblico li-mitato. Il primo è di Gaetano Pollio, vescovo italiano del Pime espulso dalla Cina nel 1951 e poi mor-to nel 1991 come vescovo emerito di Salerno. Il secondo saggio è del gesuita Domenico Tang, nato a Hong Kong, 22 anni di detenzione inCina, fino al 1980, e poi vescovo, ma senza permesso di ritorno in Cina, morto nel 1996. Il terzo saggio è del laico cinese Giovanni Liao Shouji, passato dal protestantesimo al cat-tolicesimo nel 1952 e con una delicata storia d’amore con colei che sarà la moglie. Per 20 anni rieducato nei ”laogai” (nome cinese di lager), è morto nel 1989. L’ultimo saggio è di Leone Chan, prete diocesano di Hong Kong, 13 anni di carcere comu-nista, immerso nel conflitto tra la comunità cattolica clandestina (fedele a Roma) e quellaufficiale-patriottica, legata alle norme del regime.

NON TEMETE PER NOI, LA NOSTRA VITA SARÀ MERAVIGLIOSAStorie di ragazzi che non hanno avuto paura di diventare grandiMario Calabresi - pp. 119 – Mondadori, 2015 Nato a Milano due anni prima che il padre, il commissario di polizia Luigi Calabresi, venis-se ammazzato da “quei di sinistra” (maggio 1972), l’attuale direttore della Stampa di Tori-no non si è mai potuto sottrarre completamente al magnetismo familiare a cui le vicendedella vita l’hanno consegnato.Il racconto trainante (come anche il titolo) del libro fa riferimento a una zia che alla vigiliadi sposarsi scopre che c’è in Uganda un ospedale in costruzione a cui lei, pediatra, con il pro-messo sposo, medico, intende devolvere, sotto forma di attrezzature, i regali di nozze; vedepure la struttura in corso d’opera, conosce i problemi da affrontare ed esce in quella rassi-curante “prospettiva di felicità” del titolo. Il filo di “quelli che non hanno avuto paura” muove dal Saint Kizito Hospital di Matany, inUganda, dove gli zii medici, poco più che venticinquenni, arrivano nell’agosto 1971; poi sidocumentano altre “iniziative italiane” coraggiose, in Africa, in Cina, in Italia (anche tran-sitando da Auschwitz). E poi si ritorna ancora a Matany, dopo che in Italia, nel bergamasco, i due – con i figli in etàscolare – si sono inseriti dal 1976 al 1982, ma con nel cuore e al telefono il richiamo degliamici ugandesi: ancora due anni di ospedale in Africa, bella ma impossibile per tre figli qua-si adolescenti. Il libro termina in un pantano dell’Uganda, dove l’autore rimedita il saluto splendido cheuna vecchina e gli ospiti terminali o quasi di una struttura residenziale bergamasca hannoscritto per lo zio, il loro medico morto nel marzo 2012 dopo averli seguiti per 10 anni. C’è modo, per il nipote scrittore, di ripercorrere in quell’interminabile contrattempo afri-cano “tutta la storia della presenza silenziosa dei medici italiani (in Uganda)”.La stanno scrivendo gente come Giovanni Dall’Oglio, uno degli otto fratelli del gesuita Pao-lo, rapito da 2 anni in Siria. Precedentemente, vi si sono buttati in tanti “da padre Giuseppe Ambrosoli… al chirurgocomasco Carlo Alberto Bonini, che si alzava all’alba per cucinare per i pazienti che ave-vano bisogno di diete particolari e arrivava in corsia carico di pentolini” (p. 117). Bonini, morto nel 2011, è stato alunno dei Somaschi, al collegio Gallio di Como.

luglio settembre 2015 Vitasomasca

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