Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che...

57
G GERONTOL 2005;53:483-487 LA RIABILITAZIONE DEI DEFICIT COGNITIVI Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace alla conversazione felice Communicating with patients suffering from dementia: from ineffective communication to happy conversation P. VIGORELLI AO Ospedale “San Carlo Borromeo”, Milano Alzheimer’s disease patients language troubles eventually lead to a conversation without any real communication. Such condition triggers a series of phenome- na which results in the total loss of speaking ability, silence and isolation. The conversational approach to dementia is directed to keeping alive words use by responding to a unique normative principle: to try and make happy con- versations, allowing the patient to speak as long as possible and as happy as possible. The main techniques adopted to attain this target are the following: the thera- pist should neither ask questions, nor complete the sentences left unfinished, nor interrupt the patient’s sentences; he should rather give the patient back his narrative motif, that is the subject of the speech, and give him fragments of his own autobiography. Key words: Communication • Conversational approach • Alzheimer Disease Premessa Il problema della comunicazione con il paziente demente va affrontato alla radice, considerando due importanti fattori ostacolanti: il decadimento delle funzioni co- gnitive e l’inesorabile progressione della malattia. Riguardo al decadimento delle funzioni cognitive, ricordiamo che esse sono ne- cessarie per comunicare. Bisogna dunque chiedersi: è possibile comunicare con il paziente demente? È possibile che questi comunichi con noi? La risposta si colloca lungo un continuum che va dal possibile all’impossibile, gra- duandosi in base al grado di compromissione delle funzioni cognitive. Il secondo aspetto importante nasce dal fatto che le demenze sono malattie cro- niche e progressive. Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa- rola decade progressivamente. Ci si può quindi interrogare sulla opportunità o meno di cercare di tener vivo un certo grado di competenza linguistica anche quando essa tende inesorabilmente a deteriorarsi. Nella trattazione del tema, limi- tandomi a considerare il linguaggio verbale, farò particolare riferimento al Con- versazionalismo di Giampaolo Lai 1-3 e alla sua specifica applicazione allo studio e alla cura dei malati Alzheimer 4-5 , studio a cui ho contribuito a partire dal 1999 6 7 . Corrispondenza: dott. P. Vigorelli, AO Ospedale “San Carlo Borromeo”, via Pio II 3, 20153 Mila- no - Tel. +39 02 313301 - E-mail: [email protected] Società Italiana di Gerontologia e Geriatria PACINIeditore

Transcript of Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che...

Page 1: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:483-487

LA RIABILITAZIONE DEI DEFICIT COGNITIVI

Comunicare con il demente: dalla comunicazioneinefficace alla conversazione felice

Communicating with patients suffering from dementia: fromineffective communication to happy conversation

P. VIGORELLI

AO Ospedale “San Carlo Borromeo”, Milano

Alzheimer’s disease patients language troubles eventually lead to a conversationwithout any real communication. Such condition triggers a series of phenome-na which results in the total loss of speaking ability, silence and isolation.The conversational approach to dementia is directed to keeping alive words useby responding to a unique normative principle: to try and make happy con-versations, allowing the patient to speak as long as possible and as happy aspossible.The main techniques adopted to attain this target are the following: the thera-pist should neither ask questions, nor complete the sentences left unfinished,nor interrupt the patient’s sentences; he should rather give the patient back hisnarrative motif, that is the subject of the speech, and give him fragments of hisown autobiography.

Key words: Communication • Conversational approach • Alzheimer Disease

Premessa

Il problema della comunicazione con il paziente demente va affrontato alla radice,considerando due importanti fattori ostacolanti: il decadimento delle funzioni co-gnitive e l’inesorabile progressione della malattia.Riguardo al decadimento delle funzioni cognitive, ricordiamo che esse sono ne-cessarie per comunicare. Bisogna dunque chiedersi: è possibile comunicare con ilpaziente demente? È possibile che questi comunichi con noi?La risposta si colloca lungo un continuum che va dal possibile all’impossibile, gra-duandosi in base al grado di compromissione delle funzioni cognitive.Il secondo aspetto importante nasce dal fatto che le demenze sono malattie cro-niche e progressive. Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si può quindi interrogare sulla opportunità omeno di cercare di tener vivo un certo grado di competenza linguistica anchequando essa tende inesorabilmente a deteriorarsi. Nella trattazione del tema, limi-tandomi a considerare il linguaggio verbale, farò particolare riferimento al Con-versazionalismo di Giampaolo Lai 1-3 e alla sua specifica applicazione allo studio ealla cura dei malati Alzheimer 4-5, studio a cui ho contribuito a partire dal 1999 6 7.

n Corrispondenza: dott. P. Vigorelli, AO Ospedale “San Carlo Borromeo”, via Pio II 3, 20153 Mila-no - Tel. +39 02 313301 - E-mail: [email protected]

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 2: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

P. VIGORELLI484

Conversazione e comunicazione

Alla base dell’approccio del Conversazionalismocon la demenza di Alzheimer (DA) sta l’osservazio-ne che, in uno stadio intermedio della malattia, ilpaziente Alzheimer parla bene, usa delle parolecorrette e delle frasi ben costruite, ma il senso delsuo dire risulta incomprensibile. In questo stadio ildisturbo del linguaggio viene classificato come afa-sia fluente.Partendo da questo dato il Conversazionalismo di-stingue due funzioni del linguaggio, quella comu-nicativa e quella conversazionale. Nei pazientiAlzheimer si osserva che tali funzioni sono distintee che una, quella comunicativa, decade precoce-mente, mentre l’altra, quella conversazionale per-siste più a lungo. In particolare, quando le paroledel paziente sembrano perdere il loro significato, ilpaziente è ancora in grado di conversare secondole abituali regole di cortesia conversazionale, pri-ma tra tutte quella di dare e prendere la parola atempo debito, rispettando l’alternanza dei turniverbali 8.

Un cambiamento di obiettivo

Anche se una conversazione senza comunicazioneè un caso limite, partirò da questa situazione perproporre un cambiamento di obiettivo terapeuti-co: passare cioè dalla ricerca di una comunicazio-ne efficace (impossibile) alla ricerca di una con-versazione felice (possibile). Svilupperò questo te-ma illustrando tre tesi. Concluderò poi con alcuneproposte operative.

Prima tesi

Il danno neuropatologico della DA (impairement)comporta, oltre ai noti deficit di memoria, anchedisturbi del linguaggio che vanno dalle semplicianomie delle fasi iniziali, all’afasia fluente della faseintermedia, fino al mutacismo della fase finale 9. Ta-li disturbi portano a una progressiva perdita dellacompetenza comunicativa. Quando i disturbi co-minciano a manifestarsi si hanno i primi fallimenticomunicativi che, man mano che si ripetono, in-nescano una serie di fenomeni che possiamo de-nominare “la cascata della parola”. Il malato (e icaregiver) sperimentano frustrazione, rabbia, de-pressione. Dopo ripetuti tentativi infruttuosi il pa-ziente tende a evitare le situazioni che gli provoca-no tali sentimenti negativi e tende a chiudersi, a

parlare sempre di meno, finché la parola si spegnee il malato sembra aver perso anche la competenzaconversazionale.In altre parole, la perdita della competenza comu-nicativa (che dipende dal danno neuropatologico)attraverso una catena di reazioni che portano all’i-solamento del paziente, sfocia in un deterioramen-to aggiuntivo (disability) che non è corrisponden-te al danno neuropatologico, ma va oltre: è un de-terioramento funzionale in parte reversibile.Arriviamo così alla prima tesi: i disturbi del lin-guaggio del paziente demente tendono a far per-dere l’uso della parola anche quando questo sa-rebbe ancora possibile.

Seconda tesi

La seconda tesi deriva direttamente dalla prima. Seè vero che la progressiva diminuzione dell’uso del-la parola dipende in parte da un danno irreversibi-le e in parte da un deterioramento aggiuntivo, re-versibile, che dipende dall’interazione con l’am-biente, si può ipotizzare che interventi indirizzatiall’ambiente possano risultare utili. Arriviamo cosìalla seconda tesi: interventi indirizzati all’am-biente (i curanti) possono essere utili per tenervivo l’uso della parola nel paziente demente.

Terza tesi

A questo punto viene da chiedersi: come si può te-ner vivo l’uso della parola nel paziente dementequando questi tende ad isolarsi e a evitare gli scam-bi verbali? Il Conversazionalismo ha cercato di ri-spondere identificando alcune tecniche che i cu-ranti possono utilizzare quando interagiscono coni pazienti. La terza tesi si può quindi formulare co-sì: alcune tecniche conversazionali possono esse-re utili per tener viva la competenza conversa-zionale del paziente demente.

Il metodo di studio delConversazionalismo

Il Conversazionalismo distingue la conversazionemateriale, quella che si svolge in diretta nello spa-zio acustico tra due o più interlocutori, dalla con-versazione immateriale, quella che si legge in dif-ferita, nello spazio visivo delle parole registrate etrascritte.La ricerca delle tecniche conversazionali utili si ef-

Page 3: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

COMUNICARE CON IL DEMENTE 485

fettua studiando la conversazione immateriale. Inparticolare vengono studiati i frammenti di testo incui il paziente parla, parla più a lungo e con frasiben formate. In questi frammenti si osservano an-che le parole del conversante (terapeuta) nel turnoverbale che precede immediatamente le parole delpaziente e si cerca di individuare la tecnica con-versazionale che empiricamente ha prodotto buo-ni risultati.Nella sua ricerca e nella pratica clinica il Conversa-zionalismo non si occupa delle funzioni deficitarie(memoria, linguaggio, orientamento …), ma si de-dica alle funzioni conservate, in particolare alla ca-pacità di conversare che dura a lungo e che si puòparagonare, nella situazione limite, a un concerto adue voci, come nel bellissimo dialogo musicalecon gli extraterrestri del film di Steven SpielbergIncontri ravvicinati del terzo tipo. Fino a stadimolto avanzati di malattia, terapeuta e pazientepossono parlare amabilmente, concedendosi la pa-rola l’un l’altro in un armonioso alternarsi di turniverbali, anche al di fuori di ogni intento comunica-tivo o conoscitivo.

Lo scopo prioritario delConversazionalismo

Se la ricerca si basa sulla conversazione immateria-le, la pratica clinica, invece, si basa sulla conversa-zione materiale. Dallo studio delle conversazioniimmateriali il conversazionalista cerca di distingue-re gli strumenti linguistici che facilitano la conver-sazione e quelli che invece la ostacolano, per adot-tare i primi (che verranno codificati come tecni-che) ed evitare i secondi.Quando parla con il paziente, nella conversazionemateriale, il conversazionalista ha un’unica regolanormativa: cerca di realizzare delle conversazionifelici, in cui il paziente parli, parli il più a lungopossibile e il più felicemente possibile. Per ottene-re tale scopo utilizza le tecniche che sono state co-dificate in base allo studio delle conversazioni im-materiali.

L’algoritmo conversazionale

Partendo dal metodo di studio dei frammenti diconversazioni immateriali e dal principio normati-vo di cercare di realizzare delle conversazioni feli-ci, il Conversazionalismo ha messo a punto una se-rie di regole utili per raggiungere lo scopo. Si trat-ta di regole a cui il terapeuta cerca di adeguarsi

quando parla con il paziente, mentre al pazientenon si chiede di conformarsi ad alcuna regola, nonsi pretende da lui alcuna prestazione o risultato oapprendimento. Semplicemente il terapeuta cercadi creare le condizioni adatte per cui il pazientepossa parlare a proprio agio, così come vuole e co-me può, così come fa. In questo contesto il pa-ziente non sbaglia mai e non viene giudicato. Taliregole sono riassunte in un algoritmo 10, cioè unprotocollo da applicare nelle conversazioni, sia inun contesto terapeutico che negli scambi verbalidella vita quotidiana.L’algoritmo conversazionale che adottiamo si puòriassumere così:1. il terapeuta non fa domande;2. non completa le frasi che il paziente lascia in so-

speso;3. non interrompe le frasi del paziente;4. restituisce al paziente il motivo narrativo, cioè il

tema, del suo dire;5. somministra frammenti della propria autobio-

grafia (il terapeuta prendendo spunto dalle pa-role del paziente risponde proponendo fram-menti dei ricordi della propria storia).

La felicità conversazionale

Nei paragrafi precedenti ho fatto più volte riferi-mento al concetto di felicità conversazionale, è orail momento di provare a definirlo. Ciascuno di noial termine di una conversazione prova un senti-mento di soddisfazione o meno a seconda di comesi è sviluppata la conversazione stessa. È una per-cezione spontanea, non è il risultato di un proces-so logico consapevole. È qualcosa che ha a che ve-dere con il mondo psicologico e che non è facil-mente misurabile. Ancora meno misurabile è la fe-licità del paziente. Per questi motivi abbiamo cer-cato nelle parole degli indicatori misurabili di feli-cità. Ne accennerò nel paragrafo che segue.Non dimentichiamo però che anche la valutazionesemantica delle parole (Torni ancora perché mipiace parlare con lei. Grazie. ecc.) può essere unindicatore di felicità, così come l’impressione sog-gettiva di un osservatore neutro.Noi collochiamo quindi la felicità conversazionalesul crinale tra mondo psicologico e mondo lingui-stico, consapevoli che lo scopo dell’approccioconversazionale sta nel mondo psicologico, ma ildato misurabile sta nel mondo delle parole.

Page 4: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

L’evoluzione dei disturbi del linguaggio del mala-to demente porta alla situazione limite di unaconversazione senza comunicazione. Questa si-tuazione innesca una serie di fenomeni che con-ducono alla perdita dell’uso della parola, al silen-zio e all’isolamento. L’approccio conversazionalealla demenza ha per scopo di tener vivo l’uso del-la parola rispondendo a un unico principio nor-mativo: cercare di realizzare delle conversazionifelici, in cui il paziente parli, parli il più a lungopossibile e il più felicemente possibile.

Le tecniche principali adottate per raggiungere loscopo sono le seguenti: il terapeuta non fa do-mande; non completa le frasi che il paziente la-scia in sospeso; non interrompe le frasi del pa-ziente; restituisce al paziente il motivo narrativo,cioè il tema, del suo dire; somministra frammen-ti della propria autobiografia.

Parole chiave: Comunicazione • Conversazionefelice • Demenza di Alzheimer

P. VIGORELLI486

BIBLIOGRAFIA

1 Lai G. La conversazione felice. Milano: Il Saggiatore 1985.2 Lai G. Conversazionalismo. Torino: Bollati Boringhieri

1993.

3 Lai G. La conversazione immateriale. Torino: Bollati Bo-ringhieri 1995.

4 Lai G. Malattia di Alzheimer e Conversazionalismo. Te-rapia familiare 2000;63:43-59.

5 Lai G. Cambiamenti nella teoria della conversazione e

I risultati dell’analisi testuale

Un elemento importante che studiamo nei testi ri-guarda la valutazione dei sostantivi, come elemen-ti grammaticali, indipendentemente dal loro signi-ficato. Quando analizziamo un frammento di testoli contiamo e ne calcoliamo la percentuale rispettoal numero totale di parole (tasso dei nomi). Abbia-mo osservato che i sostantivi tendono ad esserepresenti in un tasso basso nei testi di pazientiAlzheimer (< 10%). Si tratta del fenomeno dellaanomia (v. un riepilogo della letteratura in Luzzatti1996). Consideriamo che un testo è più felice di unaltro se il tasso dei nomi è più alto.Analogamente calcoliamo il rapporto nomi/verbiche pure è basso in questi testi (< 50%) e valutiamopositivamente se tale rapporto (l’indice di riferi-mento) aumenta.Con questi calcoli risulta anche più chiaro il con-cetto di felicità conversazionale inteso nel suoaspetto linguistico. La definiamo infatti in base aldiscostamento o all’accostamento da una medietàstandard stabilita empiricamente nei testi di con-versazioni di soggetti non dementi.Una carenza di sostantivi viene definita onomape-nia, un eccesso onomafilia. In base a questi indi-catori si prospetta anche la possibilità di una dia-gnosi differenziale tra demenza di Alzheimer e de-menza vascolare (in quest’ultima non si verifica l’o-nomapenia) 11.Altri indicatori più globali (l’indice di produzioneverbale e l’indice di partecipazione) sono staticalcolati e sono utilizzati per valutare i cambia-menti tra un frammento iniziale e uno finale di unaconversazione; tra la prima e l’ultima di una seriedi conversazioni; tra due conversazioni di uno stes-

so paziente, una condotta da un conversante abi-tuale, l’altra da un conversante che applichi l’algo-ritmo conversazionale (per una trattazione più det-tagliata, con vari esempi tratti dai testi di conversa-zioni con pazienti Alzheimer, si veda in Bibliogra-fia, Vigorelli, 2004 6).

Il senso della ricerca

Sono oramai cinque anni che la ricerca del Con-versazionalismo si è focalizzata sui malati Alzhei-mer. Siamo partiti dalla constatazione che i distur-bi del linguaggio provocano una perdita della fun-zione comunicativa della parola e che questo defi-cit innesca un circolo vizioso: dalla frustrazione,alla rabbia, all’abbandono dell’uso della parola, al-l’isolamento del paziente e a un suo deteriora-mento aggiuntivo, indipendente dal danno neuro-patologico.Ci siamo proposti di arrestare questa tendenza e,se possibile, di invertirla.I nostri sforzi sono tesi ad avviare un circolo vir-tuoso che parta dall’attenzione alla parola, quelladel paziente, quella del familiare e quella del cu-rante. Vogliamo favorire la conservazione dellacompetenza conversazionale del paziente anchese la competenza a comunicare decade inesorabil-mente.Ponendo la parola al primo posto, la parola inquanto tale, indipendentemente dal suo significa-to, vogliamo restituire al paziente la sua dignità, ri-conoscergli comunque un ruolo di interlocutore erompere quel muro di isolamento che probabil-mente è fonte di sofferenza e di deterioramento ag-giuntivo.

Page 5: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

cambiamenti nella relazione con i pazienti Alzheimer.Psicoterapia e scienze umane 2001;2:55-68.

6 Vigorelli P, a cura di. La conversazione possibile con ilmalato Alzheimer. Milano: Franco Angeli 2004.

7 www.formalzheimer.it8 Lai G, Gandolfo G. Conversazione senza comunicazione.

Tecniche conversazionali 2000;23:52-65.9 Luzzatti C. I disturbi di linguaggio nella demenza. In: De-

nes G, Pizzamiglio L, a cura di. Manuale di neuropsicolo-gia. Bologna: Zanichelli 1996.

10 www.tecnicheconversazionali.it11 Cocco E. A project of a comparative study of the profile

of textual indicators in vascular dementia versus Alzhei-mer’s disease. Joint Meeting of the International Psychoge-riatric Association and Royal College of Psychiatric FacultyOld Age, London, 2000, April 4-7.

COMUNICARE CON IL DEMENTE 487

Page 6: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:488-493

LA RIABILITAZIONE DEI DEFICIT COGNITINI

La riabilitazione dell’aprassia

Rehabilitation of apraxia

A. CESTER, A. TESSARI*, P. ALBANESE, F. BUSONERA, M. FORMILAN, P. BOSCOLO**

Dipartimento di Geriatria e Riabilitazione dell’Azienda Ulss 13, Dolo (VE), Unità Valutativa Alzhei-mer; * Psicologa; ** Musicoterapeuta

Apraxia is defined as a disturbance in coordination of the movements requiredto make a gesture when there is no primary definable motor or sensor deficit in-volved.There are various forms of apraxia classified according to the lesion and to theanatomic-functions involved.In dementia, constructive, ideative and ideo-motor variants can be found whichcan be diagnosed using a battery of specifically designed, neuropsychologicaltests.These forms may benefit from specific rehabilitation which aims to achieve thehighest degree of recovery possible.So far results obtained from such interventions are few and of poor quality.Thus further studies are required to validate the method because it is not yetclear which neurone substrate is involved, especially in the secondary forms ofdegenrative processes such as those which lead to apraxia in patients affected bydementia

Key words: Apraxia • Rehabilitation • Dementia

La prassia, dal greco “praxis” (azione), si definisce come la capacità di coordina-zione dei movimenti nell’eseguire un atto volontario.Così definita, è inquadrabile fra le abilità cognitive superiori dell’essere umano e,per fare un esempio, è quella facoltà che ci permette di scrivere, di parlare, di gui-dare la macchina, di fare un caffè, o di allacciarsi le scarpe.Un normale funzionamento delle abilità prassiche implica l’integrità di un sistemacomplesso che comprende aree corticali visive, uditive, motorie, senso-motorie edi elaborazione percettiva tra loro connesse e comunicanti con altre aree di inte-grazione per la codifica di un programma motorio e la sua trasmissione ad un si-stema di esecuzione del movimento complesso e finalizzato.Lo sviluppo delle abilità prassiche avviene nei primi anni di vita, di pari passo conla cognitività, portando il bambino da una situazione di completa dipendenza adun progressivo grado di autonomia.Alterazione nei percorsi evolutivi (congeniti o acquisiti) possono portare a deficitdi tali abilità, note nell’infanzia come disprassie evolutive, spesso evidenti in etàscolare.Le abilità prassiche normalmente acquisite e sviluppate possono essere alterate dauna serie di patologie che derivano da lesioni cerebrali focali (tipo ictus, traumicranici, ecc.) o da lesioni cerebrali a carattere degenerativo (Demenza di tipoAlzheimer, Frontotemporale, ecc.), determinando un’incapacità di realizzare mo-vimenti coordinati per effettuare atti o gesti finalizzati.

n Corrispondenza: dott. Alberto Cester, Dipartimento di Geriatria e Riabilitazione dell’Azienda Ulss13 Dolo, Riviera 29 Aprile 2, 30031 Dolo, Venezia - Tel. Fax +398 041 5133358 - E-mail: [email protected]

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 7: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

LA RIABILITAZIONE DELL’APRASSIA 489

Tali disordini cognitivi, non riconducibili a paralisidi gruppi muscolari o a deficit sensoriali elementa-ri, vengono definiti con il termine di aprassie.Si definiscepertanto un paziente “aprassico” quan-do non riesce ad eseguire un atto motorio senza si-gnificato (ad esempio schioccare le dita) o un ge-sto familiare (ad esempio salutare con la mano),appartenente al repertorio di gesti della vita quoti-diana, su comando verbale o su imitazione.Le aprassie difficilmente si manifestano nella vitadi tutti i giorni e lo stesso gesto che il paziente nonè in grado di produrre su richiesta può essere ef-fettuato in modo automatico nel contesto situazio-nale appropriato. In un certo senso quindi, leaprassie sono disorganizzazioni del movimentoche si realizzano in condizioni altamente artificiosecome quelle di un esame neuropsicologico esegui-to ad hoc (dissociazione automatico-volontaria).

Esistono diversi tipi di aprassia che si rifanno a di-versi sistemi di classificazione.Si distinguono riferendosi ai sistemi effettori colpiti.Aprassia dello sguardo: il paziente non riesce avolgere lo sguardo nel punto desiderato, può te-nerlo fisso in un punto o farlo vagare casualmente.È un fenomeno legato alla modalità visiva.Aprassia bucco-facciale: è spesso associata ad al-cune forme di afasia. Il paziente può avere diffi-coltà a compiere vari movimenti con la bocca econ la muscolatura del collo su comando, mentrenon ci sono difficoltà con i movimenti automatici(quali masticare, deglutire).Aprassia dell’abbigliamento: il paziente non rie-sce a vestirsi. È un’aprassia specifica e molto rara dicui è dubbia la reale esistenza perché in genere siassocia alla presenza di negligenza unilaterale.Aprassia della deambulazione: nonostante l’as-senza di disturbi motori (ad es. paresi) vi è diffi-coltà a camminare con tendenza alla retropulsione;nei casi gravi la difficoltà può essere estesa a qua-lunque movimento con gli arti inferiori. Può essereassociata ad idrocefalo normoteso e si manifestacon demenza e incontinenza sfinterica.Aprassia diagonistica: non c’è collaborazione tra idue lati del corpo, probabilmente dovuta ad una le-sione del corpo calloso. Può manifestarsi con il fe-nomeno della mano aliena: la mano fa qualcosache il paziente non vuole (ad esempio, con unamano ci si abbottona la camicia, mentre l’altra lasbottona).Aprattoagnosia: disturbo dell’azione che può di-pendere da un mancato riconoscimento del pro-prio corpo (somatoagnosia), da disturbi della per-cezione visiva, uditiva, tattile e olfattiva (agnosia),

da un deficit delle capacità gestuali (aprassia). Vie-ne a mancare il legame tra il fare e il sapere che co-sa si deve fare.

Classificando invece l’aprassia in base al processodi elaborazione che viene danneggiato si distin-guono una forma ideomotoria da una di utilizzazio-ne del gesto o ideativa, meglio individualizzabilinel paziente affetto da demenza.Nell’aprassia ideomotoria (AIM) il paziente nonriesce ad imitare una serie di azioni semplici o pri-ve di significato, ma conserva la capacità di pianifi-care un’azione a lui familiare. Egli è in grado di giu-dicare se una sequenza di azioni a lui note, vistaeseguire da un esaminatore (ad esempio, prepara-re il caffè), è corretta o meno; tuttavia non è in gra-do di riprodurla a sua volta.L’aprassia di utilizzazione consiste invece nelladifficoltà nel compiere azioni adeguate con gli og-getti familiari, venendo a mancare la corretta rap-presentazione mentale del gesto finalizzato. Gli er-rori possono essere azioni corrette ma non appro-priate in relazione all’oggetto (ad esempio, usareun apriscatole come se si trattasse di un martello),errori spaziali (scrivere con il lato senza punta del-la matita), o di omissione (versare l’acqua nel bic-chiere senza avere prima svitato il tappo della bot-tiglia). Gli errori possono essere circoscritti all’imi-tazione dell’uso di oggetti, nel senso che il pazien-te non sa dimostrare come usa un oggetto “nellafinzione” (ad esempio, fingere di pettinarsi conuna spazzola immaginaria). La difficoltà nell’uso dioggetti è anche conosciuta come aprassia ideati-va (AI), termine che appunto indica l’incapacità dirichiamare in memoria azioni ben consolidate inprecedenza.Una descrizione di queste forme di aprassia è for-nita dal modello teorico proposto da Liepmann eGeschwind i quali ipotizzano che la corretta ese-cuzione del gesto implica l’esistenza di un pro-gramma motorio atto a determinare una sequenzaspaziale e temporale di singoli movimenti tra lorocoordinati e finalizzati alla realizzazione del gestostesso. I programmi motori, sarebbero basati surappresentazioni mentali delle sequenze che il sog-getto deve compiere e di cui è in parte consapevo-le. Per poter essere eseguito il programma motoriodeve essere tradotto nel pattern di innervazioneadeguato, la cui memoria sarebbe depositata nelsensomotorio (magazzino semantico dei gesti – “ilcosa fare”), una regione che Liepmann identificavanei giri pre- e post-centrale e nel piede delle cir-convoluzioni frontali superiore, media ed inferio-re. Affinché tali programmi “cinestesico-innervato-

Page 8: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

A. CESTER, A. TESSARI, P. ALBANESE ET AL.490

ri” vengano attivati è necessario prevedere una viache connetta le regioni retrorolandiche della cor-teccia, responsabili del programma motorio (cen-tro prassico – “il come fare”), con la regione delsensomotorio. Secondo tale ipotesi un’inadeguataformulazione del programma motorio (lesione a li-vello del magazzino semantico) determinerebbeaprassia ideativa (AI), mentre lesioni delle vie diconnessione tra le aree postrolandiche e il senso-motorio (lesioni a livello del centro prassico) de-terminerebbe l’aprassia ideomotoria. Infine undanno che coinvolga contemporaneamente i pro-grammi cinestesico-innervatori depositati in en-trambi i sistemi provocherebbe l’aprassia mieloci-netica che sarebbe caratterizzata dalla compromis-sione di tutti i tipi di gesti e dalla goffaggine e di-sarmonia nel produrre movimenti, soprattuttoquelli distali.

Una diagnosi differenziale di queste forme di apras-sia si avvale di alcune prove neuropsicologiche.A tal proposito, specifiche per l’AIM sono le provedi imitazione: al paziente può essere richiesta ver-balmente o su imitazione, la produzione di gestiche hanno un significato (ad es. il gesto del ciao, ilgesto del saluto militare, il segno della croce) op-pure la produzione di gesti senza senso, singoli oin sequenza (De Renzi e Faglioni, 1996).Un altro test che rientra nella batteria per l’esamedell’aprassia è quello che riguarda la dimostrazio-ne dell’uso di oggetti comuni. In questo caso sipuò chiedere al paziente di usare un oggetto chegli viene effettivamente messo in mano, oppurechiedere una pantomima dell’uso dell’oggetto.A tutto ciò si può aggiungere l’uso coordinato e se-quenziale di più oggetti, come ad esempio l’azio-ne di imbustare una lettera, preparare il caffè o ac-cendere una candela.Gli errori ai test di imitazione e dimostrazione pos-sono essere perseverativi, e cioè il paziente nonriesce a portare a termine il movimento perchépersevera nella produzione di un elemento, di ungesto. Oppure può attuare azioni omissive, in cuiomette completamente di riprodurre una parte delmovimento; o sostituzione: il paziente compie unmovimento appartenente all’esecuzione di un al-tro gesto. Infine vi possono essere anche errori nel-la produzione della sequenza esatta di un gesto.Nella produzione di azioni complesse che preve-dono l’uso di più oggetti può scaturire perplessitàdel paziente il quale non sa cosa fare degli oggettiche ha di fronte; maldestrezza e goffaggine so-prattutto nel controllo di movimenti fini delle dita,omissioni, uso erroneo di oggetti necessari alla fi-

nalizzazione del gesto ed errori di sequenza dioggetti (De Renzi e Lucchelli, 1988).

Altra forma di aprassia, patognomonica di decadi-mento cognitivo, è la cosiddetta variante costrutti-va (AC), definita già da Kleist (1934) come una sin-drome costituita da un disturbo delle abilità di co-struzione, composizione e disegno, in cui la formaspaziale del prodotto non è adeguata, in assenza diaprassia dei singoli movimenti. Tale variante si di-stingue dagli altri disturbi della programmazionemotoria e non risulta associata a deficit visuo-per-cettivi elementari. Consiste invece in un’alterazio-ne della connessione tra “le funzioni visive, cioè vi-suo-spaziali (ad esempio la mancata visione stereo-scopica nella copia di figure tridimensionali), e gliengrammi cinestesici che sono decisivi per l’atti-vità manuale”. L’AC denota un difetto dell’abilità dicombinare ed organizzare, in cui i dettagli devonoessere chiaramente percepiti ed in cui le relazionifra le parti componenti devono essere compreseper ottenere la loro sintesi.

La valutazione dei disordini costruttivi può essereeseguita tramite prove di composizione di elemen-ti semplici e prove di disegno o esercizi in cui si in-vestiga l’abilità di costruire strutture tridimensio-nali partendo da solidi geometrici semplici. La dia-gnosi di AC deve fondarsi su prove di copia di di-segni o di costruzione che contengano stimoli dicomplessità gradualmente crescente e che non ri-chiedano notevoli risorse di intelligenza generale.In Italia, una prova di copia di disegni tarata su unampio campione di soggetti normali è contenutanella batteria di test standardizzata da Spinnler eTognoni.

L’aprassia, intesa quindi come perdita di una fun-zione cognitiva acquisita, può essere oggi affronta-ta con programmi riabilitativi mirati a recuperareal massimo le capacità gestuali si da portare il pa-ziente aprassico al miglior grado di autonomia fun-zionale raggiungibile.Con la riabilitazione ci si prefigge pertanto di dimi-nuire la disabilità fisica e cognitiva nella fattispeciecorrelata al disturbo aprassico, riducendo la dipen-denza funzionale, il carico di assistenza prestatodal caregiver, e migliorando la qualità di vita del pa-ziente stesso e della sua famiglia.La riabilitazione cognitiva è comunque un processocomplesso di risoluzione di problemi con uno sco-po così ampio da richiedere un gruppo specializza-to di terapisti per ottenere dei risultati che, perquanto piccoli, molto impattano sulla qualità di vita

Page 9: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

LA RIABILITAZIONE DELL’APRASSIA 491

del paziente demente e della sua famiglia. Il prezzoda pagare (in costo umano e terapeutico) è peròmolto alto, e ciò rappresenta un notevole ostacoloallo sviluppo della ricerca in questo ambito.

Esistono a tutt’oggi luci ed ombre intorno ai pro-grammi di riabilitazione cognitiva che, pur nonavendo ancora un valido sostegno scientifico ed es-sendo gravati da notevoli costi, rappresentano an-cora l’unica risposta alla importante e progressivadisabilità correlata al declino cognitivo.

Nell’ambito di questo panorama incerto e ancorapoco definito, spiccano alcuni tentativi di riabilita-zione dell’aprassia derivati da tecniche di riabilita-zione della memoria procedurale qual è il Proce-dural Memory Training (PMT) inteso come un“intervento riabilitativo che comprende alcunetecniche di stimolazione specifiche e finalizzate apromuovere l’apprendimento procedurale moto-rio, sensoriale e cognitivo”.A tal proposito tale intervento viene adattato al sin-golo paziente in funzione della sua specifica disa-bilità motoria e dello stadio di demenza.La riabilitazione del paziente aprassico necessitàdelle seguenti strategie:– psicologiche, quali il rinforzo immediato posi-

tivo e negativo: si agisce sull’affettività e sull’e-motività, cercando di scalzare ciò che crea ini-bizione e favorendo tutto quello che aiuta i pro-cessi di memorizzazione. A questo si aggiungela compartecipazione emotiva del gruppo chenella sua globalità (paziente/i- terapista) cercaassieme di risolvere un problema comune;

– cognitive, quali la visualizzazione che utilizzala memoria visiva per aiutare quella verbale, ce-

rando immagini mentali di ciò che si vuole ri-cordare; l’associazione che sfrutta consapevol-mente l’associazione con un nome nuovo aduno già noto che abbia con esso qualche atti-nenza (la relazione fra i due nomi non deve ne-cessariamente essere logica); la categorizzazio-ne con la quale si organizzano le informazionisemanticamente e/o fonologicamente relate; laripetizione ed altre tecniche di memorizzazio-ne (il metodo delle iniziali …);

– comportamentali, quali l’allenamento ripetiti-vo a compiere atti motori quotidiani scompostisecondo le task analisys (l’analisi della precisascomposizione del gesto) nelle attività di base estrumentali della vita quotidiana (ADL e IADL).Vengono quindi rinforzate le risposte che si av-vicinano via via alla corretta sequenzialità nel-l’esecuzione del gesto (“shaping” o modellag-gio) secondo un preciso ordine stabilito a prio-ri. Si creano infatti delle flow chart, ossia deglischemi che presentano la giusta sequenza diazioni così come deve essere proposta da chisvolge l’intervento riabilitativo sia formale (set-ting terapeutico riabilitativo) che informale(personale di assistenza in reparto) per ogni at-tività.Le tabelle che seguono rappresentano esempidi flow chart utilizzate nella riabilitazione di al-cune attività di base (lavarsi il viso) (Tab. I) estrumentali (uso del telefono) (Tab. II) della vi-ta quotidiana.

In letteratura si è tentato di verificare l’efficacia dialcuni approcci di riabilitazione cognitiva. I reviso-ri della Cochrane Library, a Gennaio 2004, consi-derando sette trial clinici randomizzati (RCT) sulla

Tab. I. Flow chart per la riabilitazione dell’abilità di lavarsi il viso.

Sa eseguire Azione Sa eseguire su facilitazione Non sa eseguireVerbale Imitativa

Sollevarsi le manicheAprire il rubinettoMiscelareBagnarsi le maniPrendere il saponeInsaponare le mani e poi il visoRiporre il saponeStrofinare il visoRisciacquare le maniChiudere il rubinettoPrendere l’asciugamanoAsciugare le mani ed il visoDeporre l’asciugamano

Page 10: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

A. CESTER, A. TESSARI, P. ALBANESE ET AL.492

riabilitazione cognitiva, hanno concluso che i ri-sultati ottenuti non dimostrano alcun vantaggionell’utilizzo di interventi di memory training perpazienti con AD o demenza vascolare anche in sta-dio iniziale, benché tali risultati debbano essereconsiderati con cautela per il numero limitato diRCT disponibili in letteratura e per i numerosi li-miti metodologici riscontrati.Per quanto riguarda la riabilitazione cognitiva indi-viduale, non esistono ad oggi RCT appositamentedisegnati per soggetti affetti da Demenza di tipoAlzheimer.L’incertezza che scaturisce dall’analisi di questi ri-sultati non tiene però conto di alcuni importantiaspetti: negli studi di efficacia non sempre vengo-no reclutati gruppi di pazienti omogenei; i risultatidei diversi studi sono spesso contrastanti; principidi dimostrata efficacia non mostrano alcuna gene-ralizzazione al comportamento quotidiano del pa-ziente; tecniche di comprovata utilità sono efficacisolo in fasi molto lievi di malattia; spesso principivalidati di riabilitazione neurologica e cognitivanon possono essere facilmente trasferiti dal conte-sto sperimentale all’intervento calato nella realtàdel paziente demente (validità ecologica).

Viene allora naturale chiedersi se il modello dellamedicina basata sulle evidenze è corretto per valu-tare adeguatamente i risultati derivanti dall’appli-cazione della riabilitazione cognitiva! Evidente-mente non lo è. Tuttavia rimane l’unico parametrodi riferimento che abbiamo a disposizione.Se da una parte i RCT bocciano alcune tecniche diriabilitazione e supporto alla demenza perché po-co convenienti per l’attuale modello sanitario, dal-l’altra ogni medico che cura un paziente conl’Alzheimer sa quanto anche un piccolo risultatomantenuto per poco tempo rappresenti per il ma-lato e la sua famiglia un vantaggio importante. Tut-tavia non bisogna cadere nel tranello dell’autorefe-renzialità delle prestazioni erogate e non suffragateda risultati misurabili.

A partire da un nuovo approccio di tipo “bio-psico-sociale” alla cura della demenza, si sta sviluppandooggi una linea di ricerca specialistica che si rivolgeai bisogni delle persone affette e ai loro famigliari,tenendo conto delle influenze della biologia, dellapsicologia individuale e dell’ambiente sociale.In questo ambito la riabilitazione cognitiva trova unnuovo spazio di applicazione, avendo come razio-nale i modelli neuropsicologici e neuroanatomicidei disturbi cognitivi e della capacità di nuovo ap-prendimento nella demenza. Obiettivo di questo ap-proccio è di contribuire alla promozione dell’adatta-mento e alla riduzione dell’eccesso di disabilità.Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso lariabilitazione cognitiva e gli interventi compensa-tori.La prima viene intesa come un processo di cam-biamento attivo che tende a portare una personadisabile a raggiungere un livello ottimale di presta-zione fisica, psicologica e sociale si da permetterealla persona stessa e alla sua famiglia di gestire, ri-durre, risolvere o convivere con i deficit.Gli interventi definiti compensatori tendono inve-ce ad incrementare l’autostima, l’auto efficacia, l’a-bilità di affrontare gli stimoli si da aiutare la perso-na ad utilizzare al meglio le proprie risorse indivi-duali, quali la capacità di apprendimento e di mo-dificazione comportamentale, per adattarsi positi-vamente all’ambiente in cui si trova.Un adattamento positivo si manifesta, abitualmen-te, entro limiti ottimali di stimolazione ambientale:una stimolazione eccessiva, al pari di una tropposcarsa, può tradursi in uno scompenso emotivocon conseguente adattamento negativo.Nel decorso della demenza, lo spazio di adatta-mento positivo si restringe, parallelamente all’au-mentare della dipendenza.Nel decorso della demenza inoltre la possibilità diusufruire di interventi che richiedano il supportodi strategie cognitive interne al paziente decrescee proporzionalmente si accresce il ruolo di inter-venti comportamentali ed ambientali.

Tab. II. Flow chart per la riabilitazione dell’abilità di utilizzare il telefono.

Sa eseguire Azione Sa eseguire su facilitazione Non sa eseguireVerbale Imitativa

Individuare il numero consultando la rubricaAlzare la cornettaComporre il numero sulla tastiera (ripeterlo a voce alta)Attendere la risposta dell’interlocutore prima di parlareConversareRiabbassare la cornetta

Page 11: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

LA RIABILITAZIONE DELL’APRASSIA 493

BIBLIOGRAFIA

1 Zanetti O, Cotelli M, Lussignoli G. Gli interventi riabilita-

tivi nei pazienti con deficit cognitivi. In: Trabucchi M, ed.Le demenze. 4a Ed. UTET Periodici 2005.

2 Cester A, a cura di. Demenze 2002. Esiste la riabilitazio-

ne cognitiva? Quali modelli? Perché la brain bank? In: At-ti del Convegno, Stra (VE), 7 giugno 2002.

3 The Cochrane Library, Chichester, UK: John Wiley & Sons,Ltd. Issue 2, 2004.

4 Maj M, Sartorius N. Demenza. 2a Ed. CIC Edizioni Interna-zionali 2004.

5 De Vreese LP. La demenza nell’anziano: dalla diagnosi

alla gestione. UTET scienze mediche 2004.

6 Cester A. Un percorso nuovo per le demenze. L’esperien-

za del gruppo di studio “Picchiatelli”. VEGA 2001.7 Cester A, De Vreese LP. L’altro Volto della Demenza. VE-

GA 2003.8 Coffey CE, Cummings JL. Manuale di Neuropsichiatria

Geriatrica. 2a Ed. Roma: CIC Edizioni Internazionali 2001.9 Ladavas E, Berti A. Neuropsicologia. Il Mulino 1999.10 SPREAD (Stroke Preventionand Educational Awareness

Diffusion). Ictus Cerebrale - Linee Guida Italiane di Pre-

venzione e Trattamento. Milano: Catel Hyperphar Group2003.

11 Denes G, Pizzamiglio L. Manuale di Neuropsicologia. 2a

Ed. Zanichelli 2000.

L’aprassia è definibile come un disturbo dellacoordinazione di movimenti finalizzati all’esecu-zione di un gesto, in assenza di deficit motori esensoriali primari.Esistono varie forme di aprassia in funzione deltipo di lesione e del correlato anatomo-funziona-le interessato. Nella demenza si distinguono par-ticolarmente le varianti costruttiva, ideativa edideomotoria diagnosticabili attraverso l’utilizzodi batterie neuropsicologiche costituite ad hoc.Tali forme possono beneficiare di specifici inter-venti riabilitativi finalizzati al miglior recupero

funzionale ottenibile.I risultati finora ottenuti nell’applicazione di que-sti interventi sono scarsi sia dal punto di vistaquantitativo che qualitativo.Sono necessari pertanto ulteriori studi di valida-zione del metodo non essendo ancora sufficien-temente chiarito il substrato neuronale coinvoltoin particolare nelle forme secondarie a processidegenerativi quali quelli che portano all’aprassianel paziente affetto da demenza.

Parole chiave: Aprassia • Riabilitazione • Demenza

Secondo il modello bio-psico-sociale, le strategieper una riabilitazione cognitiva globale mirano in-nanzitutto ad un migliore adattamento del pazien-te rispetto a sé, alla propria storia e all’ambientecircostante, modificando comportamenti “mala-dattivi”, migliorando il livello di autostima del pa-ziente, facendolo sentire ancora partecipe di rela-zioni sociali significative e riducendone pertanto latendenza all’isolamento. (ad esempio: RealityOrientation Therapy - ROT). Le stesse mirano inol-tre a stimolare e sostenere la memoria mediantel’utilizzo di training cognitivi (apprendimento distrategie, ad esempio le mnemotecniche) e di tec-niche comportamentali.Le mnemotecniche ed in particolare la stimolazionedella memoria procedurale – (PMT) nella riabilita-zione dell’aprassia, insieme alla terapia di riorienta-mento nella realtà (ROT), trovano spazio nelle fasiiniziali di malattia (Memoria a lungo termine impli-cita conservata nelle fasi iniziale ed intermedia dellaAD); la terapia di reminiscenza e di rimotivazionenelle fasi iniziali ed intermedie; la terapia di valida-zione nelle fasi intermedie ed avanzate (N. Feil).Esistono infine altri tipi di intervento di riabilita-zione cognitiva quali le arti-terapie (musico-tera-pia, danza-terapia, ecc.), l’esposizione alla luce e lePet therapy, inquadrabili per lo più nell’ambito diapprocci comportamentali o ambientali.

Alcuni di questi approcci presentano una valenzanon solo sul piano strettamente cognitivo ma an-che sui disturbi dell’affettività e dell’umore qualil’ansia e la depressione che molto impattano sullaqualità della vita percepita, soprattutto nelle fasiiniziali della malattia, particolarmente sulla quotadi autopercezione.Qui ovviamente si sono citate anche tecniche nonspecificatamente collegate al disturbo prussico, cheè solo uno degli svariati problemi della demenza.

L’aprassia nel paziente affetto da demenza è per lopiù costruttiva nello stadio iniziale e moderato dimalattia, mentre si aggiunge la variante ideativa edideomotoria mano a mano che si aggrava la malattia.Viene tuttavia da chiedersi se si possa parlare di ve-ra aprassia nel demente ove vengono progressi-vamente a mancare diverse abilità cognitive supe-riori (memoria, attenzione, concentrazione, abilitàesecutive e di pianificazione, ecc.) così da renderepressoché impossibile qualsiasi approccio diagno-stico differenziale.Da questi presupposti possono scaturire le più sva-riate riflessioni sul senso della riabilitazione cogni-tiva ed in particolare dell’aprassia: quale funzionesi deve riabilitare e con quale approccio? È possi-bile una vera riabilitazione?“Ai posteri l’ardua sentenza!”

Page 12: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:494-499

LA RIABILITAZIONE DEI DEFICIT COGNITINI

La riabilitazione delle capacità esecutive

The rehabilitation of executive functions

A. MAZZUCCHI

elias neuroriabilitazione, Parma

A definition of executive functions is initially done. The anatomic-functional cor-relations between executive functions and the most important cognitive modelsreferred in literature to explain the cerebral organization of executive functionsare described. Following the executive dysfunction syndrome definition, the ra-tionale of rehabilitative methodologies is explained together with three theoret-ic-applicative examples. The author renew the recommendation that neuropsy-chological rehabilitation, above all for executive dysfunctions, it be applied byneuropsychological rehabilitators expressively trained in this field.

Key words: Executive functions • Dysexecutive syndrome • Cognitive rehabili-tation

Definizione

Le funzioni esecutive rappresentano un sistema superordinato che media l’inizia-tiva a fare/dire (self-initiated behaviour) e regola l’efficienza e l’appropriatezzadel comportamento volto alla risoluzione dei problemi (goal-directed behaviour).Più specificamente, quando parliamo di capacità esecutive ci riferiamo ad un vastoambito di abilità cognitive che sono indispensabili per pianificare, programmare,avviare e, infine, mettere in atto con corretta sequenza comportamenti volontariin appropriata risposta alle nostre esigenze, agli obiettivi che ci siamo prefissati, al-le istanze ambientali e a quelle delle persone con le quali interagiamo. La correttaesecuzione di un’azione, verbale o motoria, non rappresenta infatti che la tappa fi-nale di un processo mentale complesso, che risulterà tanto più adeguato quantopiù e meglio sarà stato proceduto da giudizi mentali che avranno preso preventi-vamente in esame le conseguenze sulle persone e sull’ambiente di ogni singolo at-to che realizzerà l’azione stessa. Sono soprattutto queste capacità che distinguonol’uomo da ogni altra specie.

Correlati anatomo-funzionali

Già Luria 1 avevano intuito che i lobi frontali, ed in particolare le aree prefrontali,costituiscono le zone cerebrali responsabili della organizzazione funzionale del-le attività mentali superiori dell’uomo. E sarà Teuber 2 per primo definirà queste ca-pacità col termine di “esecutive”.Le aree prefrontali sono considerate la parte di più importante di un estesonetwork che possiede un elevatissimo numero di afferenze ed efferenze che sta-biliscono interconnessioni con ogni parte del sistema nervoso centrale, incluse le

n Corrispondenza: prof.ssa Anna Mazzucchi, elias neuroriabilitazione, piazzale Badalocchio 9/B,43100 Parma

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 13: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

LA RIABILITAZIONE DELLE CAPACITÀ ESECUTIVE 495

strutture limbiche 3. Sono le interconnessioni tra idue lobi frontali tra di loro e quelle con le altre re-gioni, corticali e sottocorticali, che rendono possi-bile l’attivazione, l’inibizione, l’integrazione del-l’attività ideomotoria e sensomotoria, nonché l’or-ganizzazione del comportamento relazionale socia-le e ambientale dell’uomo.

Modelli Cognitivi

Sono numerosi i modelli cognitivi che sono statiproposti in letteratura per fornire un’ipotesi inter-pretativa all’articolarsi funzionale delle capacitàesecutive. In questa sede ne riporteremo solo unbreve elenco esplicativo, che risulterà anche utilea comprendere quali siano le base teoriche sullequali si basa un adeguato ed integrato trattamentoriabilitativo di queste capacità.1. Il modello corollary discharge (Volitional and

anticipatory behavior) è il primo modello cheritroviamo in letteratura, messo a punto da Teu-ber 2 già nel 1964. Questo Autore ipotizza cheogni avvio di azione attivi anticipatamente unacorollary discharge (cioè una attivazione colla-terale) dei recettori sensoriali corticali che sipreparano così già a ricevere la possibile rispo-sta ambientale che l’azione produrrà. Le lesionidei lobi frontali annullano la capacità di previ-sione anticipatoria degli effetti sull’ambienteche l’azione che sta per essere eseguita potràdeterminare, specie in situazioni non routina-rie, per cui il soggetto che attiva un’azione, spe-cie se in parte o in tutto inadeguata, si trova suc-cessivamente impreparato a reagire agli effettiprodotti dalla sua azione.

2. Verbal self-regulation. I lobi frontali, secondoquesto modello proposto da Luria 1, quando so-no normo-funzionanti, consentono al soggettodi predisporre un comportamento consapevoleed autoregolato, preceduto dalla mediazione diun “linguaggio interno” che serve a formulareun piano d’azione, gli conferisce intenzionalitàed esplica un ruolo di autoregolamentazione tral’intenzione generale di risolvere un problema ela sua concreta soluzione.

3. Supervisory Attentional System. Per Norman &Shallice 4, i comportamenti dell’uomo si artico-lano in due principali livelli funzionali: un livel-lo di controllo routinario che si manifesta at-traverso l’attivazione di schemi comportamen-tali abitudinari in risposta a necessità ambienta-li superapprese; e un sistema di supervisioneesecutiva che si manifesta attraverso l’attivazio-

ne di un controllo volontario e strategico, quan-do è richiesta la previsione e una correzioneadattativa rapida di possibili errori inattesi.

4. Goal Directed and Goal Neglect. Duncan 5 6 daparte sua ipotizza che, essendo l’aspetto più ri-levante della sindrome disesecutiva (vedi suc-cessivo capitolo) la perdita di controllo dell’a-zione in rapporto ai risultati desiderati, in con-dizioni normali un soggetto sia in possesso diun potenziale magazzino che contiene una seriedi comportamenti finalizzati a degli obiettivi,dal quale seleziona, per aggiustamenti progres-sivi mediati dal linguaggio interno, quello che divolta in volta gli sembra più adatto alla circo-stanza (goal directed). In seguito a lesione fron-tale, invece, il soggetto attiva comportamentiche riflettono la mancata selezione di un com-portamento finalizzato all’obiettivo (goal ne-glected).

5. Working Memory. Baddeley 7. Questo modellosi basa sul concetto che la capacità di mantene-re ed utilizzare le informazioni online è indi-spensabile per poter portare a termine qualsiasiazione in modo corretto. Queste informazioniin parte si basano sulla esperienza pregressa, inparte sulle nozioni semantiche consolidate, inbase provengono dall’ambiente e dalla circo-stanze nei quali il soggetto si prepara anticipa-tamente ad operare. Le aree pre-frontali possie-dono cellule mnesiche che si attivano esclusiva-mente durante il mantenimento online del-l’informazione e cellule ramp-up (di raccordoon/off) che si attivano solo in coincidenza dellapreparazione anticipatoria della risposta 8.

6. Somatic Markers and Disturbance of SocialCognition. Questo modello, descritto da Dama-sio et al. 10, si integra con i precedenti modellienfatizzando il ruolo che rivestono le informa-zioni sensoriali, che il soggetto riceve sia dalmondo esterno che dal proprio corpo (viscera-li, autonomiche, muscolo-scheletriche, ecc.), aifini di una adeguato comportamento sociale.Queste informazioni, definite somaticmarkers, si integrano a livello della cortecciaprefrontale ventro-mediale e sono indicatori diprevisione di un comportamento che si ritiene“vantaggioso” o “svantaggioso”. Una serie di ri-cerche condotte da questo Autore dimostra chei soggetti con lesioni frontali perdono le reazio-ni somatiche tipiche di chi è consapevole dei ri-schi che sta affrontando (es. sudore, tachicar-dia, secchezza delle fauci) perché non sannoprevedere le conseguenze delle proprie azioni.

7. Trascending the Default Mode. Mesulam 11, sot-

Page 14: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

A. MAZZUCCHI496

tolinea il fatto che, in condizioni normali i pro-cessi esecutivi hanno un ruolo di tampone (buf-fer) tra lo stimolo ambientale e la risposta chequesto provoca. Questo tampone serve per im-pedire che le risposte siano impulsive, che nontengano conto del contesto e delle conseguen-ze possibili. In seguito a lesione delle aree pre-frontali si verifica una situazione che l’Autoredefinisce default mode, intendendo con questotermine che le azioni dei soggetti sono guidateesclusivamente da uno stretto legame “stimolo-risposta” e non si modificano al variare delle cir-costanze e in base all’esperienza.

8. Clinical Model. Mateer 12, ipotizza, in base alleosservazioni cliniche proprie e a quelle riporta-te in letteratura, che le funzioni esecutive, cheoperano in situazioni critiche e non routinarie,appartengano a diversi domini, ciascuno deiquali possiede correlati anatomo-funzionali di-versi. Questa Autrice identifica le seguenti seicomponenti comportamentali: il comporta-mento di avvio (starting behavior); il compor-tamento d’arresto (stopping behavior); la capa-cità di mantenere l’attenzione e di perseverarefino al completamento del compito (maintai-ning behavior); la capacità di controllare comel’informazione/l’azione è strutturata e sequen-zialmente si articola (organizing actions andthoughts); il pensiero generativo (generativethinking) di cui fanno parte la creatività, lafluenza e la flessibilità cognitiva; la consapevo-lezza (awareness), di cui fa parte anche la ca-pacità di automonitoraggio e di adattamento delproprio comportamento. Perché le sopraelen-cate componenti delle funzioni esecutive con-sentano una attivazione, progettazione, pro-grammazione, esecuzione sequenziale adeguatedi comportamenti motori e verbali, devono es-sere integre. La perdita anche di una sola com-ponente, porta ad errori esecutivi.

La sindrome disesecutiva

La sindrome disesecutiva, cioè la sindrome conse-guente alla perdita parziale o generalizzata della ca-pacità di attivarsi, progettare, programmare, se-quenzializzare, supervisionare e portare a termineun’azione o un compito, si manifesta, come abbia-mo più volte sottolineato, in seguito a lesioni dei lo-bi frontali, specie nella loro porzione pre-frontale.Le lesioni possono essere conseguenti a diversaeziologia, a carattere focale (lesioni cerebrovascola-ri, neoplastiche) o diffuse (traumatiche, post-anossi-

che, post-infettive), instauratesi acutamente o pro-gressivamente (alcolica, tossica, degenerativa).La sintomatologia che caratterizza questa sindromeè vasta ed articolata e può riguardare essenzialmen-te due categorie di disturbi: i disturbi della consa-pevolezza di sé, conseguenti alla lesione/disfunzio-ne delle interconnessioni frontali; e i disturbi dellemodalità di funzionamento delle funzioni neuropsi-cologiche, conseguenti alla lesione/disfunzionedelle interconnessioni tra aree prefrontali, le regio-ni retro rolandiche e le strutture sottocorticali 12.A. Per quanto attiene la compromissione dellaconsapevolezza di sé, i sintomi che la caratterizza-no sono rappresentati soprattutto dalla perdita diautocontrollo, dalla perdita di capacità introspetti-va, dalla incapacità ad automonitorarsi e di auto-correggere i propri errori.B. Per quanto riguarda la incapacità di utilizzarein modo adeguato le funzioni neuropsicologi-che, i sintomi che la caratterizzano sono rappre-sentati dall’incapacità di attivare e mantenere un li-vello attentivo adeguato fino al completamentodel compito; dall’incapacità di mantenere costan-temente attivo il sistema di supervisione attentiva;dall’incapacità di comunicare verbalmente con glialtri in modo efficace e nel rispetto delle regolepragmatiche; dall’incapacità di compiere azionimotorie complesse senza errori e nel rispetto dellacorretta sequenza; dall’incapacità di integrare leinformazioni sensoriali che provengono dallospazio esterno e dal proprio corpo traendone lenecessarie considerazioni e producendo corretterisposte; dall’incapacità di predisporre adeguatestrategie di apprendimento di informazioni com-plesse e di organizzare la sequenza delle proprie at-tività per inadeguata memoria prospettica.Per meglio comprendere la sintomatologia che siproduce dopo lesione frontale, è bene anche ri-cordare che le capacità attentive, mnesiche ed ese-cutive sono tra loro strettamente interdipendentiper cui il malfunzionamento di una delle tre condi-ziona negativamente il corretto funzionamentodelle altre due.Dal punto di vista del comportamento, i soggetticon sindrome disesecutiva dimostrano soprattutto:– incapacità a identificare/stabilire preventiva-

mente le “mosse” necessarie per risolvere cor-rettamente un problema;

– difficoltà a risolvere i problemi;– tendenza a procedere per tentativi casuali o a

utilizzare schemi comportamentali appresi inpassato, anche se inadatti al contesto;

– incapacità di supervisione, di giudizio critico eautocritico;

Page 15: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

LA RIABILITAZIONE DELLE CAPACITÀ ESECUTIVE 497

– incapacità di predire gli effetti del proprio com-portamento con conseguenti difficoltà relazio-nali e sociali;

– difficoltà di adattamento del comportamento inrapporto al variare del contesto sociale.

La riabilitazione delle funzioni esecutive

La riabilitazione delle funzioni esecutive è un setto-re della riabilitazione cognitiva assai complesso chepiù di ogni altro richiede competenze neuropsico-logiche specifiche, una visione olistica della sinto-matologia e dei bisogni del soggetto, e l’acquisizio-ne di tecniche riabilitative specialistiche, in terminiscientifici e fenomenologici, molte delle quali si ri-fanno alla riabilitazione comportamentale 11-15.Il determinante sviluppo che questo settore dellariabilitazione cognitiva ha raggiunto negli ultimivent’anni, è dovuto indubbiamente alle tumultuoseistanze prodotte dalla traumatologia cranica che, co-me è ampiamente noto, colpisce soprattutto giova-ni adulti. Molti traumatizzati cranici, completata lafase di cura, sarebbero ancora in grado di reinserirsisocialmente in modo utile e gratificante, tuttavia illoro inserimento sociale e lavorativo non ha spessosuccesso perché questi soggetti manifestano distur-bi comportamentali che li rendono socialmente ina-deguati. Il trauma cranico, specie se grave, inducesistematicamente lesioni a carico dei lobi frontali edelle loro interconnessioni con la altre aree dell’en-cefalo, per cui l’incidenza di disturbi comportamen-tali, inseriti quasi sempre in una sindrome disesecu-tiva, risulta essere molto elevata 12-15.In questa sede non è possibile approfondire con lanecessaria accuratezza questo ampio capitolo dellariabilitazione, tuttavia è possibile fornire alcune indi-cazioni di metodo e alcuni esempi che siano utili acomprendere soprattutto le linee operative che de-vono guidare l’agire del riabilitatore neuropsicologo.Prima di tutto è necessario che il riabilitatore sap-pia selezionare il metodo riabilitativo che piùcorrisponde alle esigenze del soggetto:Questa scelta dipende essenzialmente dai seguentifattori di carattere generale:– intervallo di tempo dalla lesione;– gravità della sintomatologia disesecutiva;– coesistenza di altri disturbi cognitivi;– grado di consapevolezza del soggetto;– priorità riabilitative per la persona, per la fami-

glia e per lo staff;– disponibilità di supporto ambientale dopo la di-

missione.A questa prima valutazione deve far seguito la defi-

nizione del rapporto terapeutico che si può ra-gionevolmente instaurare con il soggetto. Da que-sta definizione deriverà infine la scelta della speci-fica metodologia da applicare.Il rapporto terapeutico può suggerire di volta involta come più opportuna una delle seguenti cate-gorie metodologiche riabilitative delle capacitàesecutive:– adattamento ambientale;– addestramento alle routine task-specific;– incremento della consapevolezza;– addestramento alla selezione ed esecuzione di

piani cognitivi;– gestione di disturbi della comunicazione prag-

matica;– addestramento del care-giver;– utilizzo di strategie metacognitive;– self-instructional training.In base alle caratteristiche del soggetto da rieduca-re e alla sintomatologia disesecutiva che questopresenta, la categoria metodologica prescelta do-vrà poi essere tradotta in uno dei metodi applicati-vi disponibili, ciascuno dei quali si basa, a sua vol-ta, su uno dei modelli cognitivi più sopra esposti.Riportiamo tre esempi esplicativi.

Esempio n. 1: se il nostro soggetto è discontrollatoe non si dimostra in grado di predire le conse-guenze delle proprie azioni, il nostro compito èquello di riaddestrarlo, attraverso tecniche dibehavioural therapy, ad esercitare un migliore au-tocontrollo; il modello che potrebbe meglio adat-tarsi alla sintomatologia del nostro soggetto po-trebbe essere quello del corollary discharge diTeuber 2. In questo caso il training dovrà sollecita-re il soggetto a:– predire quali conseguenze potrà produrre un

determinato comportamento al fine di ristabili-re il carattere intenzionale delle azioni e dei mo-di di relazionarsi;

– monitorare le discrepanze tra le intenzioni, leazioni e le conseguenze finali dei comporta-menti;

– predire le conseguenze di potenziali comporta-menti (attitudine astratta);

– predire i comportamenti altrui e, conseguente-mente, saper ristabilire interazioni sociali com-plesse;

– automonitorarsi;– interiorizzare i processi di regolamentazione

cognitiva.

Esempio n. 2: se invece il nostro soggetto si trovain difficoltà nel gestire le procedure di risoluzione

Page 16: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

A. MAZZUCCHI498

Viene inizialmente fornita una ampia definizionedel concetto di capacità esecutive. Di seguito ven-gono riportati i correlati anatomo-funzionali e ipiù importanti modelli cognitivi che sono statiproposti per spiegare l’organizzazione funziona-le delle capacità esecutive. Dopo aver fornita unadescrizione della sindrome disesecutiva, vengo-no poi riportati i criteri generali che sono alla ba-se di una corretta riabilitazione delle capacitàesecutive e alcuni esempi di metodi applicativi

basati sui modelli cognitivi sopraelencati. Infineviene ribadita la raccomandazione che siano ope-ratori specializzati a condurre la riabilitazioneneuropsicologica, soprattutto in un settore di in-tervento complesso ed altamente specialistico co-me è quello della riabilitazione delle funzioni ese-cutive.

Parole chiave: Funzioni esecutive • Sindrome di-sesecutiva • Riabilitazione cognitiva

dei problemi, per cui non riesce a portare a termi-ne i compiti che intraprende o che gli sono stati af-fidati, la tecnica di riferimento dovrà essere diver-sa. Un metodo che potrebbe rivelarsi adatto in que-sto caso è il Goal Management Training che si ba-sa sul modello di Duncan 6 e che prevede cinquestadi operativi in cui il soggetto viene sollecitato a:– prendere in esame quello che si appresta a fare;– individuare gli obiettivi primari che si prefigge;– individuare gli obiettivi secondari che si potreb-

bero raggiungere;– memorizzare nella sequenza corretta gli obietti-

vi primari e secondari che ha individuato;– auto-monitorare la sequenza dei propri atti e il

raggiungimento degli obiettivi.Se al termine del quinto stadio il soggetto scopredi aver commesso un errore, deve ricominciareda capo.

Esempio n. 3: se invece il nostro soggetto dimostradi non essere in grado di inibire i comportamenti ole risposte inadeguate perché non riesce ad eserci-tare una autoregolamentazione e una supervisionecritica del suo operato, potrebbe rivelarsi efficacel’applicazione del metodo riabilitativo definito self-

instructional training 16 che si basa sul modello diLuria 1 e di Shallice 4 e che prevede l’apprendimen-to da parte del soggetto della capacità di ricapitola-re verbalmente e progressivamente interiorizzare ilpiano dell’azione che si appresta a compiere, l’au-tomonitoraggio step-by-step dell’azione medesimae l’inibizione immediata dei comportamenti inap-propriati che si vanno manifestando.Questi tre esempi, per quanto sommari, sottolinea-no quanto detto più sopra, e cioè che la riabilita-zione delle funzioni esecutive rappresenta un set-tore della riabilitazione cognitiva che non consen-te improvvisazione, ma richiede l’acquisizione diconoscenze e competenze altamente specialisti-che che, come abbiamo avuto più volte occasionedi ribadire, richiedono una specifica e qualificatapreparazione professionale 17.Infine, per quanto riguarda l’efficacia del tratta-mento riabilitativo delle funzioni esecutive, questaè oggi comprovata da un numero elevato di pub-blicazioni scientifiche che riguardano soprattuttoil trattamento di casi singoli. Esistono in letteraturaanche studi di meta-analisi condotti da Cicerone etal., di cui l’ultimo assai recente 18 che confermanol’efficacia dei queste metodiche riabilitative.

BIBLIOGRAFIA

1 Luria AR Higher Cortical Funcions in Man. New York: Ba-sic Books 1966.

2 Teuber HL. The riddle of frontal lobe funcion in man. In:Warren JM, Akert K, ed. The frontal granular cortex and

behavior. New York: McGraw-Hill.3 Polyakov GI. Structural organization of the frontal cortex

in relation to its functional role. In: Luria AR, HomskayaED, ed. The Frontal lobes and Regulation of Psychologi-

cal Processe. Moskow 1966.4 Norman DA, Shallice T. Attention to action: willed and au-

tomatic control behaviour. In: Davidson RJ, Schwarts GE,Shapiro D, ed. Consciousness and self-regulation: advan-

ces in research and therapy. New York: Plenum Press1986, pp. 1-18.

5 Duncan J. Disorganization of behaviour after frontal lo-

be damage. Cognitive Neuropsychology 1986;3:271-90.

6 Duncan J, Emslie H, Williams P, Johnson R, Freer C. Intelli-

gence and the frontal lobe: the organization of goal-direc-

ted behaviour. Cognitive Neuropsychology 1996;30:2257-303.

7 Baddely A. Working Memory. Oxford: Clarendon Press1986.

8 Fuster Executive Frontal Functions. Exper Brain Res2000;133:66-70.

9 Damasio AR, Descartes’ error. New York: Plenum 1994.10 Mesulam MM. The human frontal lobes: transcending the

default mode through contingent encoding. In: Stussa DT,Knight R, ed. Principles of frontal lobe function. NewYork: Oxford University press 2002, pp. 8-30.

11 Mateer CA. The rehabilitation of executive disorders. In:Stuss DT, Winocur G, Robertson I, ed. Cognitive Neuro-

rehabilitation. Cambridge: Cambridge University Press1999, pp. 314-332.

12 Sohlber MM, Mateer CA. Management of Dysesecutive

Page 17: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

LA RIABILITAZIONE DELLE CAPACITÀ ESECUTIVE 499

Symptoms. In: Sohlberg MM, Mateer CA, eds. Cognitive

Rehabilitation: an integrative neuropsychological ap-

proach. New York: The Guilford Press 2001, pp. 230-268.13 Turner GR, Levine B. Disorders of executive functioning

and self-awareness. In: Ponsford J. Cognitive and Beha-

vioral Rehabilitation. New York: The Guilford Press 2004,pp. 224-268.

14 Ben-Yishay Y, Rattok J, Ross B, Lakin P, Silver S, Thomas L,et al. A rehabilitation-relevant system for cognitive, in-

terpersonal and vocational rehabilitation of traumati-

cally head injured persons. In: Rehabilitation monographNo 64. New York: New York University Medical Centre In-stitute of Rehabilitation Medicine 1982.

15 Prigatano GP. Neuropsychological Rehabilitation for Co-

gnitive and Personality Disorders after Brain Injury. In:

Prigatano GP, ed. Priciples of Neuropsychological Rehabi-

litation. New York: Oxford University Press 1999, pp. 178-200.

16 Cicerone KD, Wood JC. Planning disorders after closed

head injury. A case study. Arch Physical Med Rehab1987;68:111-5.

17 Mazzucchi A, Parma M. The neuropshychological rehabili-

tator: who are you? Neuropsychological rehabilitation

calls for a specific professional qualification. Europa Me-dicophysica 1999;34:221-8.

18 Cicerone KD, Dahlberg C, Malec JF, Longenbaun DM, Feli-cetti T, et al. Evidence-based cognitive rehabilitation: up

dated review of the literature from 1988 to 2002. ArchMed Physical Rehab 2005;86:1681-92.

Page 18: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:500-504

LA MUSICOTERAPIA

L’evoluzione della musicoterapia

The evolution of music-therapy

P.L. POSTACCHINI

Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Responsabile del Comitato Tecnico Scientificodel Corso Quadriennale di Musicoterapia della Pro Civitate Christiana di Assisi

A. describes the evolution of the concept of Mental Retardation rehabilitationthanks to music-therapy, analyzing the work carried out during the past twen-ty-five years. In the field of music-therapy, the concepts of structural analysis,harmonization and tuning, wich have influenced many educationalists, will bedefined. As far as rehabilitation is concerned, A. links the developments of mu-sic-therapy to recent models of psychosocial of rehabilitation in neurologic andpsychiatric diseases. Furthermore, a clinical case will be described, analyzing itaccording to the stress-vulnerability-coping model of serious mental disorders.A. sets the principles for assessing treatment.

Key words: Structural diagnosis • Attunement • Handicap’s harmonization

In questo lavoro mi pongo l’obiettivo di ripercorrere oltre venti anni di storia del-la musicoterapia che hanno visto molte idee e molti movimenti avvicendarsi. Taliconsiderazioni vanno di pari passo con la paritetica evoluzione del concetto di ria-bilitazione nelle patologie neurologiche psichiatriche. Si veda ad es. Liberman 1.In un precedente lavoro 2, rifacendomi alle felici intuizioni di Giorgio Moretti, pro-ponevo la metodologia dell’approccio strutturale all’handicap.È stato così che in questi anni, con vari allievi e colleghi del Corso Quadriennaledi Musicoterapia di Assisi, abbiamo lavorato, costruito ipotesi formative ed opera-to in supervisione, convinti del concetto di plasticità della struttura della mente edi possibili linee evolutive della stessa, indipendentemente dalla natura organica onon organica della disabilità interessata.Ci siamo cioè posti il problema di studiare il funzionamento mentale come strut-tura autonoma, rispetto alla disabilità e l’impiego delle costellazioni sintomatolo-giche e l’utilizzo dei meccanismi difensivi, che possono caratterizzare con largasovrapposizione, tanto le patologie funzionali, quanto quelle conseguenti a unamenomazione. Del resto questo è in accordo con i più recenti approcci delle neu-roscienze 3.Questo ci fa riflettere, imponendo rispetto verso la persona umana, il che costi-tuisce uno dei tratti più qualificanti nel lavoro istituzionale e personale con i no-stri pazienti.Il concetto di diagnosi strutturale, con il quale cominciammo a lavorare nei pri-mi anni settanta, prendeva le mosse dall’esigenza di analizzare le funzioni del cor-po: gli analizzatori sensoriali, dei quali deve essere valutato il funzionamento inchiave di sensazione, di percezione o di rappresentazione; le funzioni α e β se-condo Bion 4. Seguendo lo schema (v. schema I) si può parlare di una armonizza-zione in tre differenti aree: degli analizzatori variamente tra loro integrati, dellastruttura di personalità e nelle interazioni sociali.

n Corrispondenza: dott. Pier Luigi Postacchini, via Saragozza 227, 40135 Bologna - Tel. e Fax +39051 437798 - E-mail: [email protected]

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 19: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

L’EVOLUZIONE DELLA MUSICOTERAPIA 501

Schema II. (da Postacchini et al. 2001) 13.

I cod/decod (attività riflesse spinali e tronco-encefaliche)Massivo Ontogeneticamente: il neonato

(ritardo mentale grave) Filogeneticamente: l’Aplysia Californicaβ

II cod/decod (generico: la risposta del sorriso al volto umano)Connotativo Ontogeneticamente: dal 4° mese di vita in poi

(ritardo mentale medio) Filogeneticamente: gli insetti che distinguono grandezza e colore

(categorico: il bambino discrimina madre/mondo esterno)III cod/decod Implica il funzionamento delle aree corticali di associaz.Connotativo Ontogeneticamente: 7°/8° mese di vita

(ritardo mentale lieve) Filogeneticamente: i mammiferi superioriα che riconoscono il padrone

Riconoscimento di caratteri astratti di uno stimoloIV cod/decod Esclusiva della specie umana

Per modalizzazione Apprendimento simbolicoImplica il funzionamento dell'intera rete associativa

Le tattiche di comportamento di fronte al compito sono fondamentalmente due:a) rigidità condizionata (unica modalità al I e II livello); b) accomodamento elastico (possibile solo al III e IV livello)

La valutazione dei modi di apprendimento costitui-sce un altro punto qualificante che viene riassuntonello schema II.Il lavoro su questo schema ci ha permesso di usci-re dalla rigida valutazione espressa dal concetto diRitardo Mentale, ad es.: lieve, medio lieve, grave,gravissimo, portandoci a ragionare in termini fun-zionali. Questo equivale a dire, cercare di abilitare

una persona, scoprirne le competenze piuttostoche denunciarne le carenze; in altri termini, cono-scere il funzionamento mentale di una personaequivale a conoscere una persona. Sempre in que-gli anni ci siamo posti il problema di come potereconiugare l’approccio scientifico legato alla musi-coterapia a quelli che erano concetti estetici irri-nunciabili per una disciplina appartenente al più

Analizzatori1 sensibilità2 olfatto3 gusto4 udito5 vista6 motricità

Comportamento β– teso staticoe/o stereotipato– apprendimentonon elaborativo– identificazioneadesiva/proiettiva– posiz. schizopar.

Comportamento α– variabile rilassato– apprendimentoelaborativo– posiz. depressiva– identificazioneintroiettiva

Funzioni1 toccare2 sentire3 sentire (assaggiare)4 sentire (udire)5 vedere6 agire

Funzioni1 discriminare2 fiutare3 gustare4 ascoltare5 guardare6 eseguire

Conseguenze– no– frustrazioneed espulsionedel bisogno– DISAGIO

Conseguenze– cambiamento– tolleranzaed elaborazione– BENESSERE

Schema I. (da Postacchini et al., 2001) 13.

Page 20: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

P.L. POSTACCHINI502

vasto capitolo delle Arti Terapie. Inoltre si ponevail problema di come curare la formazione deglieducatori che dovevano riconvertire e articolare lapropria professionalità di musicisti, per poter co-struire relazioni riabilitative.È così che ci siamo anche rivolti all’impiego ed al-lo studio della Comunicazione Non Verbale 5.Si è pertanto cominciato a pensare ad un approc-cio multidimensionale in cui coniugare il processoestetico con concetti scientifici volti alla realizza-zione di processi inter-personali, giungendo allaformulazione di un’idea dinamica, nella quale, dauna parte è esaminato il processo della diagnosifunzionale e, dall’altra, l’analisi dei processi inter-soggettivi. La diagnosi funzionale consente di co-gliere quelle aree rilevanti che debbono essere va-lutate per poter consentire l’impiego di strumentiadeguati sotto il profilo abilitativo. La diagnosi fun-zionale, che non corrisponde a quella descrittiva(ad esempio: di tetraparesi spastica, ritardo menta-le grave, Sindrome di Martin e Bell), costituiscequindi un insieme di competenze, che vengonosaggiate in un approccio interattivo, che consento-no di costruire un profilo dinamico funzionalecaratterizzato dagli obiettivi individualizzati perquella determinata persona. Infine dovremo valu-tare i metodi di lavoro, le attività ed i materialiper la programmazione individualizzata nelle areecruciali della didattica, curricolare di sostegno e,più in generale, del percorso riabilitativo. Quantoesposto corrisponde a quello che oggi si chiama“riabilitazione”.Oggi sappiamo che i ritardati mentali non hannomaggiori probabilità rispetto ai normodotati di svi-luppare una patologia psichiatrica. Infatti nello svi-luppo di una condizione patologica, entrano ingioco fattori di natura storica, che sono elementidi continuità o discontinuità nella vita di un essereumano e fattori di natura dinamica: fattori di vul-nerabilità o fattori protettivi.Questo è quanto viene attualmente consideratonei termini di psicopatologia dello sviluppo secon-do il modello stress-vulnerabily-coping-competen-ce (schema III) dei disturbi mentali gravi 6. Il colle-ga Ruggerini ha descritto recentemente il caso diun ritardo mentale considerato grave: un pazienteilletterato di circa 50 anni, vissuto per gran partedella sua vita in profondo isolamento sociale.Questo paziente, a seguito di un incontro fortuitocon un insegnante di musica, imparerà con grandecompetenza a suonare le campane di chiesa, ve-nendo correntemente impiegato per tale pratica.In seguito alla elettrificazione delle campane il pa-ziente perderà poi il “lavoro” acquisito, ma sarà in

grado di inventarsi una nuova competenza qualeuomo di fiducia per mansioni di piccole consegne.Evidentemente fattori protettivi di natura interna,come dire uno straordinario talento personale,consentono a questa persona di sfruttare positiva-mente una abilità acquisita, ma una volta che lemutate condizioni sociali gli impediscono di espri-merla, può costruirsi una nuova strategia vitale.Nella struttura armonica, nella dinamica affettiva,cognitiva di questa persona, esiste dunque una po-tenzialità ed una ricchezza, che sono totalmentesconosciute al concetto di ritardo mentale grave.Abbiamo infatti pazienti sicuramente più letterati,colti e alfabetizzati del nostro, in grado di leggeree scrivere e magari conoscitori di qualche tabelli-na, ma non altrettanto naturalmente dotati a fatto-ri di protezione. Risultano così più fragili e posso-no più facilmente sviluppare complicanze di na-tura psicopatologica; come accade ad esempiocon alcuni pazienti schizofrenici molto dotati co-gnitivamente, ma non in grado di poter utilizzareil proprio patrimonio intellettivo. Ecco allora che,compito degli educatori, è scoprire o mettere ingioco fattori protettivi all’interno della personastessa, facendo emergere nuove competenze, o in-troducendole dall’esterno, qualora queste compe-tenze manchino.A questo punto, mi riconnetto alla musicoterapia,che possiamo innanzitutto considerare come uno

Schema III. (da Liberman, 1992) 1.

Page 21: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

L’EVOLUZIONE DELLA MUSICOTERAPIA 503

strumento che permette di entrare nel merito delconcetto di diagnosi funzionale applicando alcunistrumenti di osservazione, ad esempio: il funziona-mento degli analizzatori sensoriali e lo studio dellamotricità, intesa in questa accezione come canaledi ingresso informazionale, piuttosto che come ca-nale di uscita. Negli anni settanta si parlava di “dia-logo tonico”, oggi questi concetti, che sono di per-tinenza della psicomotricità, sono stati arricchitied ulteriormente approfonditi dai contributi datidalla teoria dell’attaccamento 7. La relazione co-struita con la musica, ci permette di esplorare afondo la struttura di personalità, cioè il modo di es-sere di una persona, i suoi processi cognitivi ed af-fettivi, permettendoci di empatizzare più profon-damente e quindi di stabilire relazioni maggior-mente significative o di applicare tattiche o strate-gie particolarmente vantaggiose, quale ad esempioquella della armonizzazione 8 9. Se infatti è ipotesigenerale che una struttura disarmonica sia moltopiù svantaggiata nelle sue competenze individualie nelle interazioni sociali rispetto ad una strutturaarmonica, ecco dunque che ci viene offerta l’indi-cazione di una possibile strategia riabilitativa. Me-diante l’impiego del suono, possiamo poi venire aconoscenza della struttura di personalità sonoro-musicale delle persone con le quali stiamo lavoran-do, valutandone la dinamica affettiva pre-genitaleo genitale. Possiamo inoltre immaginare di poterfacilitare un percorso di dialogo attraverso lo svi-luppo di parametri inter-soggettivi, sonori e quindinon verbali. La domanda pertinente a questo pun-to è se tutto questo possa realmente servire ad ot-tenere risultati particolarmente vantaggiosi per ipazienti che stiamo riabilitando e se esistano ade-guati strumenti di valutazione dei risultati ottenuti.Cercherò di sintetizzarlo in sei punti 10 11.In primo luogo occorre dire che la musicoterapia,così come tutte le altre terapie espressive, fondatesu rappresentazioni simboliche di tipo non lingui-stico, come ad esempio la grafica, la pittura, la scul-tura, il disegno, la psicomotricità, la danza, costitui-sce una forma di linguaggio non verbale che ha for-ti potenzialità di tipo comunicativo. Così la musico-terapia facilita l’espressione di vissuti emozionali ola regolazione di questi stessi, qualora espressi informe troppo intense o troppo violente 10.In secondo luogo l’impiego della musicoterapia fa-cilita il passaggio da una espressione istintuale ospontanea del comportamento, ad una espressionecodificata motivata ed intenzionale, espressa conmodalità di tipo armonico. Il paziente di cui parla-vo prima, dimostra questo con molta chiarezza:abilitato ad una competenza che non conosceva,

può esprimerla dando un senso ed una qualitàcompletamente diversi alla sua vita.In terzo luogo, e questo per noi è particolarmenteinteressante, viene impiegata una tecnica che in al-cuni casi corrisponde a quella delle sintonizzazioniaffettive, secondo il modello illustrato da Stern 12 eda noi ampiamente utilizzato 13. L’apprendimentodella tecnica delle sintonizzazioni costituisce unodei tratti caratterizzanti nel lavoro di formazionedei musicoterapisti. Tale tecnica verrà poi messa ingioco una volta che sia stata appresa in un lungo edimpegnativo lavoro di supervisione e, come tale,ampiamente interiorizzata.In quarto luogo, nel momento in cui una tecnicaviene appresa, si attivano percorsi di rappresenta-zione simbolica, che quand’anche non fossero ditipo verbale, ma più legati al corpo, forniscononuove occasioni di sviluppi relazionali e di scambiaffettivi. Questo può portarci a riconoscere, dopoaverlo ipotizzato, il livello di rappresentazione sim-bolica al quale possiamo portare i nostri pazienti.In quinto luogo, come diretta conseguenza delpunto quattro, potremo valutare effetti cognitiviconseguenti a nuove acquisizioni che possiamo ve-rificare a breve e a lungo termine. A breve termine,anche e soprattutto in casi di grave Ritardo Menta-le, potremo valutare importanti progressi comenel caso del paziente di cui parlavo prima, certa-mente illetterato, ma molto competente nell’im-piego di un linguaggio che non risulta così penaliz-zante e potenzialmente frustrante, come è appun-to il linguaggio verbale.A lungo termine potremo valutare se tali strategiecognitive, risultano stabilmente acquisite, configu-rando nuovi orizzonti e possibilità funzionali. Sem-pre il nostro paziente, una volta introdotta nellasua vita una nuova discontinuità, sembra in gradodi attivare autonomi percorsi cognitivi inventando-si un nuovo lavoro.In sesto luogo si potranno anche valutare effettipiù generali sull’intero organismo, sempre a breve,quanto a lungo termine. A breve termine si potran-no considerare tutte quelle condotte motorie checonfigurano evidenti e stabili alterazioni del tonomuscolare, sia sotto forma di aumento o diminu-zione dello stesso, sia sotto forma di stati di tipo di-stonico.A lungo termine non dobbiamo certo aspettarci laguarigione, quanto piuttosto lo sviluppo di nuoveprospettive relazionali, nuove competenze e nuo-ve abilità, oppure l’emergere di abilità sino a quelpunto rimaste nascoste. Come appunto nel casodel nostro paziente.

Page 22: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

P.L. POSTACCHINI504

BIBLIOGRAFIA

1 Liberman RP (1992). La riabilitazione psichiatrica. Mila-no: Raffaello Cortina Editore 1997.

2 Postacchini PL, Ruggerini G. Un approccio strutturale alproblema dell’handicap. In: Piatti M, a cura di. Disturbidel linguaggio e musica. Assisi: Quaderni di musica appli-cata P.C.C. 1984, pp.23-40.

3 Siegel DJ (1999). La mente relazionale. Neurobiologiadelle esperienze interpersonali. Milano: Cortina 2001.

4 Bion WR (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma: Ar-mando 1972.

5 Ricci Bitti PE, Zani B. La comunicazione come processoverbale. Bologna: Il Mulino 1983.

6 Guaraldi GP, Ruggerini C. Ritardo mentale e Psicopatolo-gia dello sviluppo: riflessioni cliniche. Convegno Naziona-le della Società Italiana Ritardo Mentale, Firenze. 19-21 no-vembre 1998.

7 Fonagy P, Gergely G, Jurist EL, Target M (2002). Regola-zione affettiva, Mentalizzazione e Sviluppo del Sé. Mila-no: Cortina 2005.

8 Moretti G. Problemi di psicopatologia dell’età evolutiva.Milano: Vita e pensiero 1976.

9 Moretti G. Metodo e prassi in neuropsichiatria infantile.Milano: Vita e Pensiero 1980.

10 Ricci Bitti PE. Regolazione delle emozioni e arti-terapie.Roma: Carocci 1988.

11 Postacchini PL. Musicoterapia e tossicodipendenza. Musi-ca e Terapia luglio 2000, n. 4 pp. 13-20.

12 Stern DN (1985). Il mondo interpersonale del bambino.Torino: Boringhieri 1987.

13 Postacchini PL, Ricciotti A, Borghesi M. Musicoterapia. Ro-ma: Carocci 2001.

L’A. descrive l’evoluzione del concetto di riabili-tazione in musicoterapia, analizzando il lavoro diquesti ultimi venticinque anni. Dalla parte dellamusicoterapia, vengono descritti i concetti di dia-gnosi strutturale, di armonizzazione e di sinto-nizzazione, che hanno influenzato il lavoro dimolti educatori. Dalla parte della riabilitazione,l’A. correla gli sviluppi della musicoterapia ai re-centi modelli di riabilitazione psico-sociale nelle

patologie neurologiche e psichiatriche. L’A. de-scrive inoltre un caso clinico analizzandolo se-condo il modello stress-vulnerabily-coping-com-petence dei disturbi mentali gravi. L’A. fornisceinfine principi di valutazione del trattamento.

Parole chiave: Diagnosi strutturale • Sintonizza-zioni • Armonizzazione dell’Handicap

Page 23: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:505-510

LA MUSICOTERAPIA

Neuroscienze, cognizione e musica

Neuroscience, cognition and music

M. BIASUTTI

Università di Padova, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Padova

The recent research in the field of cognitive neuroscience of music is consideredin the paper. It concerns with the relationships between music cognition andcortical areas. At the beginning are analyzed the principal methodologies andtechniques of research, examining then the studies in two main musical abili-ties: listening and performing.Concerning listening, some researches evidenced a different use of the hemi-spheres with local versus global strategies: in the first case is more relevant theleft hemisphere (analysis of feature of single tones), in the second the righthemisphere (melodic contour). Studies on the processing of pitch demonstrat-ed that auditory cortex is tonotopically organized: high frequencies are repre-sented medially and low frequencies laterally. In melodic cognition there is anassociation between left posterior hemisphere and right hemisphere regions. Inthe analysis of time is more relevant the left dominant hemisphere.Concerning the performance of music, some research analyzed the level of coac-tivation of motor and cognitive areas, founding e.g. that string performers acti-vated more than non musicians the right primary somatosensory cortex. A netof connections was found instead of the involvement of simple functions.Finally, are considered theories and models in the field of neuroscience: a com-mon statement is that any music processing involves both hemispheres equally,but in an asymmetric specialization. The level of interactions it depends on thefactors and the processes activated, because the signal processing is multimodaland distributed in both the hemispheres.

Key words: Neuroscience • Cognitive processes and music

Il settore delle neuroscienze cognitive della musica ha avuto un notevole svilupponegli ultimi anni. Si tratta di un corpo di studi variegato per i diversi aspetti indaga-ti e le differenti tecniche sperimentali utilizzate. In generale, si cerca di far intera-gire due dimensioni articolate e ricche, come la complessità del cervello e la varietàdi comportamenti musicali, con lo scopo principale di analizzare le relazioni esi-stenti tra funzioni cognitive e aree cerebrali, stabilendo rapporti tra cognizione esviluppo del cervello nei suoi aspetti neurochimici e di plasticità neuroanatomica.Gruhn e Rauscher 1 evidenziano che esistono delle influenze dirette tra sviluppodel cervello e apprendimento, poiché la cognizione e un ambiente ricco di stimo-lazioni possono produrre modificazioni nella struttura fisiologica e operazionaledel cervello, inducendo cambiamenti dello spessore corticale, della grandezza delcorpo delle cellule, della grandezza delle aree di contatto sinaptico, un aumentodelle spine dei dendriti, un incremento del numero delle sinapsi per neurone, del-lo spessore del corpo calloso, dei neuroni dell’ippocampo e della grandezza delplanum temporale sinistro. Utilizzando tecniche di visualizzazione del cervello, di-verse ricerche hanno documentato questi cambiamenti, così come differenze tra

n Corrispondenza: dott. M. Biasutti, Università di Padova, Dipartimento di Scienze dell’Educazio-ne, piazza Capitaniato 3, 35139 Padova, Italy - Tel. +39 049 8274545 - Fax +39 049 8274546 - E-mail: [email protected]

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 24: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

M. BIASUTTI506

musicisti e non musicisti. Molti studi mettono aconfronto queste due tipologie di soggetti per evi-denziare le differenze di sviluppo corticale, para-gonandole secondo procedure correlazionali piut-tosto che causali, senza riuscire a specificare se sitratta di differenze dovute ad aspetti costituzionalio all’esposizione alla musica. Ricerche longitudina-li causali potrebbero fornire contributi significativiin questo senso, testando l’evoluzione di varie ti-pologie di soggetti alcune delle quali sottoposte atraining musicale.Secondo Tervaniemi 2 sarebbero necessarie ulterio-ri specificazioni riguardo alle caratteristiche deisoggetti musicisti, poiché elementi come lo stru-mento studiato (a intonazione fissa come il pia-noforte, o variabile come il violino), l’importanzadell’altezza e della durata nei generi e negli stru-menti praticati, così come la loro rilevanza nellepartiture potrebbero essere parametri significativi.Oltre a evidenziare una generale correlazione traattività cognitiva e sviluppo plastico del cervello,diverse ricerche analizzano quanto singole aree so-no responsabili di specifici compiti di elaborazionedei segnali. Si tratta di un settore florido, che haevidenziato rapporti diretti tra aree corticali e pro-cessi, dimostrando che non sono possibili sempli-ficazioni, ad esempio esaminando un solo emisferonell’elaborazione cognitiva. Attualmente l’appren-dimento è studiato in termini di processazionecomplessa delle informazioni, sottolineando la rile-vanza dell’interazione tra le zone corticali.Un’altra dimensione da considerare è il tipo di abi-lità: in musica esistono molteplici comportamenticome le attività compositive, esecutive e di ascoltoche sottendono processi specifici e hanno diffe-renze qualitative 3. Le attività compositive preve-dono un approccio creativo all’utilizzo di cono-scenze formali e di una grammatica, il cui obiettivoè la ricerca di nuove forme sonore. Le attività ese-cutive implicano un’interazione e una coordinazio-ne tra abilità motorie e di ascolto, secondo schemiprevalentemente riproduttivi, in cui è ricercatauna perfezione nella rappresentazione del pensie-ro compositivo in base a variabili storiche e cultu-rali. Con l’ascolto sono considerati i processi sot-tostanti la comprensione della musica 4-6. Si tratta diabilità in stretta correlazione, poiché un esecutoree un compositore devono possedere delle capacitàdi ascolto per operare.Le abilità che sono state studiate in maniera più ap-profondita nel campo delle neuroscienze cognitivedella musica sono quelle di ascolto, ad esempio,sulla specializzazione emisferica nella decodificadella musica, sulle basi neurobiologiche nella per-

cezione delle altezze tonali, della percezione ar-monica, sui substrati per la comprensione dei pro-cessi temporali, utilizzando varie metodologie etecniche.

Metodologie e tecniche di ricerca

Flohr e Hodges 7 hanno proposto una rassegna deiprincipali ambiti di studio e delle tecniche nel cam-po delle neuroscienze. Tra gli ambiti figurano glistudi con animali, le ricerche fetali e con infanti,quelle con soggetti con lesioni corticali, quelle sul-l’asimmetria emisferica, sulle immagini del cervel-lo, sui correlati neuromotori e sulla dimensione af-fettiva. Analizzando la varietà di approcci, emergela necessità di rapportare a denominatore comunei diversi studi per creare una maggiore compren-sione dell’argomento.Una procedura sperimentale molto utilizzata con-siste nello studio di persone con lesioni al cervello.Si tratta di ricerche spesso condotte con un nume-ro limitato di soggetti, i cui dati hanno validità cir-coscritta e sono difficili da interpretare, poiché ilcervello danneggiato è diverso dal cervello norma-le. Il presupposto è che una funzione sia stretta-mente localizzata in una determinata area, sottova-lutando le interconnessioni delle zone corticalinell’elaborazione delle informazioni, e che una le-sione al cervello comporta, oltre al danneggiamen-to, anche l’interruzione della connettività e la man-canza di interazione tra zone.Per quanto riguarda la rilevazione dei dati, lo svi-luppo tecnologico ha messo a disposizione dei ri-cercatori tecniche sempre più raffinate per la vi-sualizzazione dell’attività cerebrale, che hannoaperto frontiere nuove, anche se attualmente i co-sti sono ancora alti e il numero di soggetti che èpossibile testare con queste procedure è limitato.Tra queste figurano l’elettroencefalogramma(EEG), le tecniche dei potenziali evocati (ERP), ilmagnetoencefalogramma (MEG), la SQUID, la riso-nanza magnetica (MRI), la risonanza magneticafunzionale (fMRI), la tomografia ad emissione dipositroni (PET) e la stimolazione magnetica tran-scranica (TMS), che consentono di visualizzare leparti attive del cervello durante l’elaborazione de-gli stimoli sperimentali.Saranno ora considerate le ricerche sulla cognizio-ne e sull’esecuzione musicale in riferimento a de-terminate zone corticali, analizzando infine i mo-delli e le teorie in base alle quali è possibile rap-portare i risultati.

Page 25: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

NEUROSCIENZE, COGNIZIONE E MUSICA 507

Cognizione musicale e zone corticali

Diverse ricerche hanno analizzato la dominanzaemisferica e la rilevanza di strategie generali di ana-lisi della musica, individuando una specializzazio-ne nelle funzioni cerebrali.Peretz 8 in uno studio condotto con soggetti con le-sioni cerebrali, ha evidenziato un uso differente de-gli emisferi secondo strategie locali o globali: se ilsegnale musicale è elaborato con processi analitici,considerando aspetti di singole note e distanze to-nali, è dominante l’emisfero sinistro, mentre se lestrategie sono generali e considerano ad esempio ilcontorno melodico, l’emisfero maggiormente inte-ressato è il destro.Gruhn e Rauscher 1 rilevano che vi possono esse-re dei livelli differenti di attivazione in relazioneal tipo di apprendimento musicale (formale vs.informale). Le persone che hanno ricevuto un’i-struzione informale con il canto e l’esecuzionehanno sviluppato principalmente delle conoscen-ze procedurali, che possono essere consideratecome una modalità globale di elaborazione, cheavviene attraverso l’integrazione di associazionivisuo-spaziali. Tali processi corrispondono adun’attivazione dei lobi frontale destro e bilateraleparieto occipitale. I soggetti che invece hannoavuto un’istruzione formale trasmessa principal-mente attraverso istruzioni verbali, mostrano unincremento nell’attivazione delle regioni frontalitemporali sinistre nelle quali avvengono processipiù analitici. La musica è elaborata con la collabo-razione sinergica di entrambi gli emisferi, ma cipotrebbe essere un’asimmetria in relazione allestrategie utilizzate per l’ascolto (ad esempio glo-bali rispetto a quelle locali).Riguardo ad abilità specifiche, esistono diversi stu-di che considerano la rilevanza di singole aree cor-ticali. Si tratta di ricerche che utilizzando stimoliparcellizzati, proponendo accordi o intervalli isola-ti piuttosto che sequenze musicali complete. Ilproblema è stabilire quanto i risultati ottenuti sonoestendibili a contesti più estesi e abbiano validitàgenerale, poiché alcuni studi hanno evidenziatoche l’elaborazione di stimoli parziali – come le sca-le musicali – attiva zone temporali mediane bilate-rali maggiormente nella parte destra, mentre l’ese-cuzione di brani veri e propri – come ad esempioun corale di J.S. Bach – interessa in maniera quali-tativamente diverse zone corticali, coinvolgendole aree temporali bilateralmente ad un livello supe-riore medio e inferiore in misura maggiore nell’e-misfero destro 9.

Pantev, Engelien, Candia e Elbert 10 hanno eviden-ziato che l’utilizzo di stimoli come le onde sinusoi-dali rispetto ai suoni musicali, non attiva nei musi-cisti rappresentazioni corticali allargate a livello so-matosensorio e uditivo.Griffiths 11 ritiene che il cervello analizza i segnaliacustici seguendo un’organizzazione gerarchica eche le aree interessate variano secondo il tipo dielaborazione attuata: le caratteristiche di note sin-gole (intensità, frequenza e attacco) avvengononella parte sovrastante e includono le cortecce udi-tive, mentre le sequenze con caratteristiche di or-dine superiore (singole caratteristiche in funzionedell’evoluzione temporale) sono analizzate tramitereti distribuite nel lobo temporale e nel lobo fron-tale distinte dalle cortecce uditive.Riguardo alla percezione della frequenza, esistonoprincipalmente due teorie: la prima prevede unadimensione tonotipica, determinata dalla rilevanzadi singole zone corticali nell’elaborazione delleinformazioni, mentre la seconda assegna importan-za alla codifica temporale.Langner 12 ha operato una sintesi di queste due po-sizioni, suggerendo che le informazioni temporalipossono essere codificate ai livelli subcorticali, intermini di spikes sincronizzate con la periodicitàdel segnale acustico e trasformate poi in informa-zioni spaziali sotto forma di mappe tonotipichenella corteccia uditiva.Liégeois-Chauvel, Giraud, Badier, Marquis, Chau-vel 13, in uno studio condotto con 45 soggetti, han-no rilevato che la percezione dell’altezza tonale av-viene principalmente nell’emisfero destro che èorganizzato secondo mappe spettrali tonotipichecon separazione evidente rispetto agli stimoli ela-borati: le frequenze basse sono processate nelle zo-ne laterali, mentre frequenze alte hanno una loca-lizzazione mediana. Nell’emisfero sinistro questaorganizzazione tonotipica è meno evidente, poi-ché vi sono diverse regioni coinvolte nell’elabora-zione di un ambito di frequenze.Riguardo alla processazione di sequenze melodi-che, Patel 14 ha rilevato una forte associazione fun-zionale tra l’emisfero posteriore sinistro e le regio-ni dell’emisfero destro come dimostrazione dell’in-tegrazione di modelli locali e globali di percezionedella frequenza.Zatorre 15 ritiene che l’elaborazione neuronale del-le informazioni sulla frequenza sia separabile ri-spetto ad altre funzioni percettive e che questa abi-lità avvenga principalmente nella corteccia uditivadestra. L’elaborazione di stimoli tonali complessicome melodie, coinvolge invece aree corticali di

Page 26: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

M. BIASUTTI508

ordine superiore e interazioni con la cortecciafrontale per richiamare funzioni di memoria tonaleper la codifica dei modelli. La rilevanza della cor-teccia uditiva dell’emisfero destro sembra funzio-nale all’elaborazione di segnali con banda sottilecome quelli tonali, piuttosto che quelli rapidi abanda più ampia che caratterizzano il linguaggio.Riguardo all’elaborazione temporale degli eventimusicali, diversi studi 16 evidenziano la rilevanzadell’emisfero dominante sinistro sia con stimoliuditivi semplici e analisi rapide del segnale, sia consequenze musicali complesse.

Esecuzione musicale e zone corticali

L’analisi delle variabili inerenti ai processi esecuti-vi si è focalizzata sui livelli di coattivazione di areemotorie e cognitive.Pascual-Leone, Dand, Cohen, Braskil-Neto, Cam-marota e Hallet 17 hanno condotto una ricerca con15 musicisti, evidenziando che le zone corticali dicontrollo motorio delle dita avevano un incremen-to quando erano assegnati compiti esecutivi al pia-noforte, sia pratici sullo strumento, che a livellomentale.Elbert, Pantev, Wienbruch, Rockstrub e Taub 18

hanno studiato come lo sviluppo di capacità ese-cutive musicali coinvolge il cervello, chiedendo adue gruppi di soggetti – uno di nove esecutori distrumento ad arco e uno di sei non musicisti – dimuovere le dita della loro mano sinistra mentreerano prese delle misure del livello di MEG. I datiottenuti hanno evidenziato uno sviluppo maggiorenei musicisti rispetto ai non musicisti della cortec-cia somatosensoria primaria destra, una regionedeputata al controllo delle articolazioni della manosinistra. I risultati sono stati più evidenti per i mu-sicisti che studiavano da più tempo lo strumento.Pantev, Oostenveld, Engellen, Ross, Roberts, eHoke 19 hanno ottenuto risultati simili, rilevandouna correlazione tra i soggetti che avevano iniziatoprecocemente lo studio dello strumento e l’am-piezza della loro zona corticale, effetto particolar-mente significativo nei musicisti che avevano ini-ziato lo studio dello strumento prima dei nove anni.Bangert, Parlitz e Altenmüller 20 hanno condottouna ricerca con pianisti assegnando loro un com-pito solamente uditivo dopo una sessione di ese-cuzione musicale (prima condizione) e un compi-to motorio senza coinvolgimento di stimoli uditivi(seconda condizione). Nella prima condizione isoggetti hanno dimostrato una buona coattivazio-ne della corteccia sensomotoria, e nella seconda

un’attivazione delle regioni fronto-temporali, evi-denziando un’iterazione tra capacità esecutiva e lapresenza di modelli di attivazione corticale. Anchese si è trattato di compiti limitati, è stata rilevata lapresenza di un’ampia rete di connessioni piuttostoche il coinvolgimento di semplici funzioni.

Teorie e modelli

Nel corso degli anni sono state formulate diverseteorie riguardo al funzionamento del cervello, sen-za rapportare necessariamente tali teorie ai datisperimentali. I primi approcci hanno cercato di in-dividuare settorialmente zone cerebrali deputate asingole funzioni. Negli anni Settanta, agli albori diquesti studi, l’emisfero destro era considerato l’au-tore principale dell’elaborazione delle informazio-ni musicali in seguito alla dimostrazione dell’in-fluenza dell’educazione musicale sulla lateralizza-zione del cervello. Oggi è assodato che ogni pro-cesso non riguarda esclusivamente un emisfero,ma coinvolge a vari livelli ambedue gli emisferi conuna specializzazione asimmetrica, riguardo ai fatto-ri e ai processi attivati.Brust 21 rileva che l’elaborazione del segnale musi-cale è multimodale e distribuita in entrambi gliemisferi, in accordo con i dati forniti dalle ricerchesulle malattie neurologiche. La cognizione musica-le è considerata negli aspetti modulari, che potreb-bero avere un corrispettivo a livello neurologico.Le abilità sono elaborate in base ai diversi stimoliprovenienti dall’ambiente e all’istruzione formale.Tali elementi hanno un’alta variabilità interna nellemodalità di attivazione dei percorsi e delle reti diinterconnessione neuronale: ogni persona svilup-pa un proprio modo di ragionare e di interpretarela realtà che corrisponde ad un profilo individualedi intelligenza.Altenmüller 22 sostiene che esiste una notevole va-riabilità interpersonale: quando si cerca di isolaremoduli di elaborazione, ad esempio per il contor-no melodico, la varianza nei substrati interessati èenorme. L’attivazione corticale durante l’elabora-zione del segnale musicale genera l’apprendimen-to biografico uditivo, che consiste nelle esperienzesonore accumulate nel tempo.Rauschercker 23 evidenzia la plasticità del cervelloe la sua capacità di auto organizzarsi in relazioneagli stimoli musicali, determinando strutture flessi-bili con una capacità adattiva di riorganizzazione edi modificazione dell’architettura funzionale du-rante tutta la vita.

Page 27: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

NEUROSCIENZE, COGNIZIONE E MUSICA 509

Il presente saggio prende in esame le recenti ri-cerche condotte nel campo delle neuroscienzeapplicate alla cognizione della musica. Si tratta diun settore che analizza le relazioni esistenti traprocessi cognitivi e aree corticali, evidenziandorapporti e interconnessioni. Nello scritto è ana-lizzata questa dimensione considerando inizial-mente le principali metodologie e tecniche di ri-cerca, prendendo poi come riferimento due spe-cifiche abilità coinvolte nel far musica: i processidi ascolto e di esecuzione.Riguardo all’ascolto, alcune ricerche hanno evi-denziato un uso differente degli emisferi secondostrategie locali o globali: nel primo caso ha unamaggiore rilevanza l’emisfero sinistro (analisi dicaratteristiche di singoli toni), mentre con anali-si globali l’emisfero destro (analisi del contornomelodico). Varie e diversificate sono le zone cor-ticali coinvolte nella percezione dell’altezza tona-le (zone laterali dell’emisfero destro per le fre-quenze basse, mentre localizzazione mediana perle frequenze alte), di sequenze melodiche, (asso-ciazione funzionale tra l’emisfero posteriore sini-

stro e le regioni dell’emisfero destro), della di-mensione temporale degli eventi musicali (rile-vanza dell’emisfero dominante sinistro).Riguardo all’esecuzione, le ricerche hanno stu-diato i livelli di coattivazione di aree motorie ecognitive evidenziando uno sviluppo maggiorenei suonatori di strumento ad arco rispetto ainon musicisti della corteccia somatosensoria pri-maria destra, rilevando un’ampia rete di connes-sioni piuttosto che il coinvolgimento di semplicifunzioni.Da ultimo sono considerate le teorie e i modelligenerali sviluppati in questo settore, evidenzian-do una condivisione della concezione che ogniprocesso non riguarda esclusivamente un emi-sfero, ma coinvolge a vari livelli ambedue gli emi-sferi con una specializzazione asimmetrica ri-guardo ai fattori e ai processi attivati, poiché l’e-laborazione del segnale musicale è multimodale edistribuita in entrambi gli emisferi.

Parole chiave: Neuroscienze • Processi cognitivi• Musica

Rimane da stabilire il rapporto e il grado di indi-pendenza tra abilità musicali e altri domini dellacognizione, ad esempio per l’attivazione di mecca-nismi di transfer e se modelli del funzionamentomentale come quello postulato da Gardner 24 25

condividono varie tipologie di intelligenza e hannodei corrispettivi funzionali a livello neuronale.In conclusione, la musica prevede differenti livellidi codifica e di elaborazione delle conoscenze. Se-condo una prospettiva neurofisiologica, l’appren-

dimento potrebbe essere considerato come un mo-vimento da un tipo di rappresentazione corticalead un altro, che durante il processo coinvolge dif-ferenti strati sub corticali, stimolando la trasforma-zione delle modalità di analisi del segnale da un li-vello corticale ad uno integrato tra livello corticalee subcorticale. La qualità del pensiero è in correla-zione con la capacità di stabilire reti di connessio-ni sempre più sofisticate e complesse a molteplicilivelli 26.

BIBLIOGRAFIA

1 Gruhn W, Rauscher F. Music and neuroscience. In:Colwell R, Richardson C, eds The new handbook of re-

search on music teaching and learning. Oxford: OxfordUniversity Press 2002:991-1008.

2 Tervaniemi M. Musical sound processing: EEG and MEG

evidence. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive neuro-

science of music. Oxford: Oxford University Press 2003,pp. 294-309.

3 Biasutti M. Psicopedagogia della musica. Padova: Cleup2003.

4 Deutsch D, ed. The psychology of music. 2nd Ed. NewYork: Academic Press 1999.

5 Serafine ML. Music as cognition. New York: Columbia Uni-versity Press 1988.

6 Sloboda JA. The musical mind. The cognitive psychology

of music. Oxford: Oxford University Press 1985 (trad. it.1988, La mente musicale. Psicologia cognitivista della

musica. Bologna: Il Mulino).7 Flohr JW, Hodges DA. The neurobiology of music cogni-

tion and learning. In: Colwell R, Richardson C, eds The

new handbook of research on music teaching and lear-

ning. Oxford: Oxford University Press 2002, pp. 445-460.8 Peretz I. Processing of local and global musical informa-

tion by unilateral brain demaged patients. Brain1990;113:1185-205.

9 Parson LM. Exploring the functional neuroanatomy of

music performance. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The co-

gnitive neuroscience of music. Oxford: Oxford UniversityPress 2003, pp. 247-268.

10 Pantev C, Engelien A, Candia V, Elbert T. Representational

cortex in musicians. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The co-

gnitive neuroscience of music. Oxford: Oxford UniversityPress 2003, pp. 382-395.

11 Griffiths T. The neural processing of complex sounds. In:Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive neuroscience of mu-

sic. Oxford: Oxford University Press 2003, pp. 168-177.12 Langner G. Neuronal periodicity coding and pitch effects.

In: Poon PW, Brugge JF, eds. Central auditory processing

and neural modeling. New York: Plenum 1998, pp. 31-41.13 Liégeois-Chauvel C, Giraud K, Badier JM, Marquis P, Chau-

vel P. Intercerebral evoked potentials in pitch perception

reveal a functional asymmetry of human auditory cor-

Page 28: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

tex. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive neuroscien-

ce of music. Oxford: Oxford University Press 2003, pp.152-167.

14 Patel AD. A new approach to the cognitive neuroscience

of melody. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive neu-

roscience of music. Oxford: Oxford University Press 2003,pp. 325-345.

15 Zatorre RJ. Neural specializations for tonal processing.In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive neuroscience of

music. Oxford: Oxford University Press 2003, pp. 231-246.16 Samson S, Ehrlé N. Cerebral substrates for musical tem-

poral processes. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive

neuroscience of music. Oxford: Oxford University Press2003, pp. 204-216.

17 Pascual-Leone A, Dand N, Cohen L, Braskil-Neto J, Camma-rota A, Hallet M. Modulaion of muscle resposnses evoked

by transcranial magnetic stimulation durino the acquisi-

tion of fine motor skills. J Neurophysiol 1995;74:1037-45.18 Elbert T, Pantev C, Wienbruch C, Rockstrub B, Taub E. In-

creased cortical representation of the fingers of the left

hand in string players. Science 1995;270:305-7.19 Pantev C, Oostenveld R, Engellen A, Ross B, Roberts LE,

Hoke M. Increased auditory cortical representation in

musicians. Nature 1998;392:811-4.

20 Bangert MW, Parlitz D, Altenmüller E. Neuronal correlates

of the pianists’ “inner ear”. International Conference onMusical Imagery, Oslo 1999.

21 Brust JCM. Music and the neurologist: a historical per-

spective. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive neuro-

science of music. Oxford: Oxford University Press 2003,pp. 181-191.

22 Altenmüller EO. How many music centres are in the

brain? In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cognitive neuro-

science of music. Oxford: Oxford University Press 2003,pp. 346-353.

23 Rauschercker JP. Functional organization and plasticity

of auditory cortex. In: Peretz I, Zatorre R, eds. The cogni-

tive neuroscience of music. Oxford: Oxford UniversityPress 2003, pp. 357-365.

24 Gardner H. Frames of mind: the theory of multiple intel-

ligences. New York: Basic Books 1985.25 Gardner H. Intelligence reframed: Multiple intelligences

for the twenty-first century. New York: Basic Books 1999.26 Bamberger J. The mind behind the musical era: how chil-

dren develop musical intelligence. Cambridge, MA: Har-vard University Press 1991.

510

M. BIASUTTI

Page 29: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;00:511-517

LA MUSICOTERAPIA

Musicoterapia e psichiatria, aspetti teorici eapplicativi

Music-therapy and psychiatry, theoreticals and practicalsaspects

G. MANAROLO

ASL3, Genova

The music-therapy is included among the expressive therapies’ sphere, that is tosay the collection of interventions mainly not verbal that use artistics mediatorsin order to encourage a process of expressiveness and relationship. In the psy-chiatric sphere, the music-therapic approach seems to be especially appropriatefor clinical conditions, characteristics of authistics ways and of psychologicaldisturbs typical of coercion and/or unregularizing of emotions. The music-ther-apic intervention come after a deeper analysis of the subjective identitysound/musical that follows that a coherent hypothesis of intervention. In thiscontribution there are presented some typology of using the element sound/mu-sical and some different ways of treatment.

Key words: Music-therapy • Emotions regularizing

Musicoterapia e terapie espressive in ambito psichiatrico

Le tecniche musicoterapiche (musicoterapia attiva/musicoterapia recettiva) pos-sono essere inserite nell’ambito delle terapie espressive, vale a dire quell’insiemedi interventi essenzialmente non verbali che utilizzano mediatori ‘artistici’ alloscopo di favorire, ampliare e modellare le modalità espressive e comunicative. “Ilmediatore artistico è uno spazio potenziale che l’individuo crea tra sé e il mondoesterno per giocare, esercitarsi, confrontarsi, attraverso rappresentazioni simboli-che, con i bisogni del proprio mondo interno e con le esigenze della realtà ester-na” 1.Le terapie espressive appaiono connotate sia da valenze psicoterapiche che riabi-litative; infatti, come precisa Montinari 2 consentono di articolare interventi ad al-ta e a bassa simbolizzazione.

GLI INTERVENTI AD ALTA SIMBOLIZZAZIONE

Si tratta di un approccio che favorisce un processo di sospensione della realtàesterna e del controllo dell’Io sul dipanarsi dei contenuti. Tale “… procedura …”può “… liberare il mondo fantasmatico del paziente come durante il sogno”; le te-matiche del mondo interno saranno poi “riconfrontate con la realtà esterna e ri-simbolizzate” per il tramite del linguaggio artistico 2.In questi casi il linguaggio espressivo costituisce “la metafora di una presenza nelmondo capace di mediare creativamente gli impulsi privati più profondi e incon-fessabili (patologici) con le esigenze di una convivenza che richiede controllo-contatto costruttivo, identificazione reciproca” 2.

n Corrispondenza: dott. Gerardo Manarolo, ASL 3 Genova, vico Chiuso Curletto 5/6, 16121 Geno-va - Tel. +39 339 3678572 - E-mail: [email protected]

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 30: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G. MANAROLO512

GLI INTERVENTI A BASSA SIMBOLIZZAZIONE

In questo caso le terapie espressive “favoriscono ilcontatto con la realtà esterna, consentono di con-tenere in maniera non traumatica ma concreta etangibile l’espressività più disorganizzata, permet-tono di dare espressione pubblica a contenuti an-goscianti, sgradevoli, vergognosi, attivano la riedu-cazione delle funzioni senso-percettive e cogniti-ve, traducono l’operatività in risultati concreti e vi-sibili, permettono di esprimere differenziazione eaggressività senza conseguenze” 2. Tale interventosi rivolge a quadri clinici caratterizzati da un deficitdelle funzioni egoiche, “da un difettuoso funziona-mento del test di realtà e da un mondo fantasmati-co trabordante”; le terapie espressive possono co-sì permettere “un contatto controllato tra i fanta-smi interni e la realtà esterna producendo un’atte-nuazione dei sintomi e una maggiore adeguatezza(…) se negli interventi ad alta simbolizzazione lade-soggettivazione è ottenuta artificialmente, inquelli a bassa è espressione della malattia” 2. Que-sta duplice declinazione delle terapie espressive(interventi ad alta e/o a bassa simbolizzazione)consente l’attuarsi di un processo integrativo fragli aspetti psicoterapeutici e quelli rieducativo-ria-bilitativi.

TERAPIE ESPRESSIVE E REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI

Le terapie espressive dunque non hanno solo il finedi facilitare una libera espressione, ma cercano al-tresì di modulare e sviluppare le potenzialità comu-nicative, le valenze simboliche ed estetiche delmondo interno del paziente. Tali metodi tentanoquindi di costruire una possibile rappresentazionecomunicabile al mondo, di contenuti ed emozioniche spesso per la loro intensità e concretezza pos-sono essere vissuti come scompaginanti o viceversarimanere inesprimibili e cristallizzati. “Le terapieespressive delimitano ‘uno spazio transizionale’ incui giocare tra i bisogni del mondo interno e le esi-genze della realtà esterna, cercando sia di non esse-re sopraffatti dalle proprie fantasie interne, sia dinon perdere la propria individualità adeguandosipassivamente alle richieste dell’ambiente esterno” 3.Nelle terapie espressive l’accoglienza incondizio-nata delle modalità espressive del paziente, l’ade-sione ai suoi peculiari modi di essere, finalizzata afavorire l’apertura di canali comunicativi e relazio-nali, potrà articolarsi quindi con un approcciomaggiormente mirato allo sviluppo di un codice edi processi simbolici condivisibili; la ‘comunione’si articolerà con proposte trasformative, evolutive,

con intensità e modi differenti in relazione alle esi-genze dei diversi pazienti.Secondo Ricci Bitti 3 gli interventi di questo tipomirano ad una migliore regolazione delle emozioniin quanto consentono la transizione da una comu-nicazione diretta (spontanea, non appresa e affe-rente a un codice di origine genetica) ad una co-municazione simbolica (propria di un sistema so-cialmente condiviso che fa capo a un codice ap-preso di origine culturale) e che permette di defi-nire l’emozione sperimentata e di collocarla in unadimensione spazio-temporale. Le emozioni oltre adessere provate e spontaneamente espresse sonocosì rappresentate in schemi cognitivi e simbolicifornendo alla parte cosciente una nuova dimensio-ne qualitativa; diviene quindi possibile provareemozioni senza perdere la capacità di pensare.

Le qualità del mediatore sonoro/musicale

I mediatori usati dalla musicoterapia sono il suonoe la musica; si tratta di elementi connotati da alcu-ne peculiarità che a loro volta qualificano il nostroapproccio suggerendo possibili percorsi e ambitidi intervento.Musica e suono presentano alcune caratteristiche:– la musica può essere fruita passivamente, può

penetrarci anche contro la nostra volontà, puòentrare dentro di noi, essere ‘assorbita’ e darevita a trasformazioni benefiche o malefiche, te-rapeutiche o patogene, può essere investita diqualità idealizzate o persecutorie;

– la musica evoca e sollecita la nostra corporeità;basta pensare al ritmo e a quanto le variazionitimbriche e di altezza possano trovare immedia-te risonanze senso-percettive. La musica puòcosì essere connotata da qualità attivanti e sti-molanti, ma anche sensoriali e sensuali;

– la musica mantiene un profondo rapporto conla dimensione nostalgica. Non solo induce lanostalgia di una dimensione preverbale dovesuono e oggetto mantengono un rapporto dicontinuità ma rappresenta essa stessa un’espe-rienza nostalgica. Il fruirne sottolinea la dimen-sione nostalgica dell’esistenza (il suo irreversi-bile scorrere), ma nello stesso tempo la sua par-ziale ripetibilità e la sua risonanza corporea ciconsentono di presentificare quasi concreta-mente il passato, ‘illudendoci’ consapevolmen-te di rivivere ciò che si è perso;

– la musica propone un ordine, una gerarchia dirapporti, rappresenta come afferma Schon 4,uno strumento di mediazione tra il caos origina-

Page 31: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E PSICHIATRIA, ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI 513

rio delle emozioni e il linguaggio articolato del-l’intelletto, e oscillando pericolosamente traquesti due poli acquista valenze perturbanti;

– il suono, la musica, come ricorda Piana 5 si mo-strano nel loro divenire, non sono già dati, co-stituiscono un fenomeno ‘eveniente’, si fannoquindi seguire e nel loro delinearsi possono in-dicare una direzione e una durata (orientandolo spazio e il tempo), ma anche sospendereogni durata e annullare ogni spazio.

Ulteriori qualità e peculiarità dell’esperienza musi-cale sono descritte da Antonio Di Benedetto 6.Di Benedetto approfondisce infatti la natura ambi-valente del musicale individuando diverse coppiedi opposti (vale a dire la copresenza di simmetria-asimmetria osservata da differenti angolazioni). Diseguito ne presentiamo una breve descrizione:– Ordine/disordine: “la musica introduce un prin-

cipio di ordine al disordine emozionale” 6, dàforma al nostro sentire più antico e profondo;

– Creatività/distruttività: “Il musicista, nel produr-re un suono, annulla il precedente, crea qualco-sa di nuovo nell’instante medesimo in cui di-strugge qualcos’altro” 6;

– Presenza/assenza: “il suono diventa testimonedi cose non visibili” 6;

– Consolazione/lutto: La musica “è una forma ca-pace di suscitare un’impressione di pienezza,seguita da un vuoto (…) nelle arti visive l’operaha un’esistenza autonoma che si prolunga neltempo (…) nella musica l’ascoltatore è impe-gnato in una sottile e incessante elaborazionedel lutto, le forme musicali sono metafore del-l’incessante cambiamento delle forme vitali” 6;

– Regressione/progressione: la musica “per certiversi elide i simboli verbali ridando la priorità alcorpo, per altri versi prelude al mondo dei sim-boli astratti di una lingua. È insieme toccante eimpalpabile, sensibile ed evanescente. L’espe-rienza che vi si accompagna tende perciò a con-figurarsi anch’essa in modo duplice come re-gressiva e allo stesso tempo progressiva” 6.

Ambiti applicativi e finalità

Relativamente agli aspetti applicativi la musicote-rapia può trovare utilizzo in un contesto preventi-vo, riabilitativo e psicoterapico.– L’intervento di tipo preventivo è caratterizzato

dall’impiego dell’elemento sonoro/musicale

con finalità globalmente contenitive e maturati-ve; introdurre alla musica può agevolare un per-corso di conoscenza e di crescita personale,può facilitare lo sviluppo della creatività per-mettendo di dare forma a modalità espressivecomunicabili e socializzabili al cui interno scio-gliere e trasformare potenziali nuclei patogeni.La musica per la concretezza che le è propria,per gli aspetti narcisistici e gruppali che la ca-ratterizzano si presta meglio di altri linguaggi apercorsi finalizzati allo sviluppo di relazioni (incontesti caratterizzati dal disagio sociale e psi-chico) e alla maturazione emotiva, all’individua-zione, all’integrazione; costituisce infatti unprezioso ‘ponte’ versi situazioni connotate dal-l’agito e dall’omologazione.

– L’intervento con valenze riabilitative si prefiggedi riattivare e potenziare settori deficitari, fun-zioni non evolute o regredite; in questi casi lagratificazione (senso-percettiva ed estetica) in-dotta dall’elemento sonoro/musicale può con-sentire un’attivazione del soggetto sia massivache specifica; inoltre l’elemento sonoro/musi-cale nei suoi aspetti strutturali e nelle modalitàdi fruizione e di espressione che propone (co-me sappiamo il suono, la musica non sono neu-tri ma propongono già a livello senso-percettivopossibili percorsi) rappresenta un potenzialemodello al cui interno articolare e plasmare li-miti e potenzialità del soggetto.

– Infine negli interventi con valenze psicoterapi-che osserviamo due possibili iter metodologicispesso commisti tra di loro.

In alcuni casi il terapista (che in questo caso saràuno psicoterapeuta con specifica formazione inambito musicoterapico) potrà privilegiare un lavo-ro centrato sui contenuti evocati e rappresentatidal musicale (sia in ambito espressivo che recetti-vo) fornendo riformulazioni ed interpretazioni; inaltri casi (e sono questi quelli più strettamente mu-sicoterapici) sarà proprio il lavoro espressivo e sul-l’espressivo che costituirà parte integrante del pro-cesso terapeutico. La costruzione, l’elaborazione,la trasformazione dell’oggetto sonoro/musicale, at-tuata con il maieutico ausilio del terapista, potran-no rappresentare altrettante tappe di un processodi cambiamento e/o di strutturazione.L’intervento musicoterapico connotato in sensopsicoterapico potrà prefiggersi l’obiettivo di unamaggiore strutturazione del Sé e/o favorire una in-tegrazione intrapsichica in un’ottica evolutiva.

Page 32: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G. MANAROLO514

Tipologie di fruizione s/m e lineed’intervento nei disturbi psichici dell’etàadulta

Il musicoterapista può trovarsi di fronte a differen-ti modalità d’interazione con l’elemento s/m; que-ste esprimono il ruolo che l’elemento s/m svolgeall’interno della struttura personologica del pazien-te e altresì il valore simbolico attribuito ad un cer-to suono, ad una certa musica. Ci limitiamo, di se-guito, a tratteggiare alcune tipologie osservate conpiù frequenza (anche commiste fra di loro) nellapratica clinica; il loro approfondimento e la pienacomprensione dei significati sottostanti sono chia-ramente in rapporto con l’analisi, con lo studio delsingolo caso.

ALCUNE TIPOLOGIE

La musica può divenire una sorta di mitico edenprivo di elementi conflittuali e ambigui; questoaspetto può essere idealizzato e sollecitare il pa-ziente a rifugiarsi difensivamente in una dimensio-ne estetica dove contemplare il bello, il sublime; ilpaziente viceversa può sperimentare nostalgia estruggimento per una dimensione perduta (la bel-lezza primaria descritta da Meltzer) o ancora esseremosso da sentimenti invidiosi (tesi a distruggereciò che non si può possedere); i brani che possonosollecitare tale idealizzazione sono spesso di com-prensione immediata, espliciti e armonici nella lo-ro connotazione positiva, talvolta di evidente valo-re estetico ed artistico (il genere ‘classico’ in sensocomune).La musica sollecita una regressione fusionale, il pa-ziente desidera perdersi nella musica; questo av-viene sia attraverso un’attività immaginativa derea-lizzante e/o tramite un agito corporeo che consen-te la scarica delle proprie emozioni e una totaleidentificazione con il brano musicale. La dimensio-ne regressiva perseguita tramite l’elemento s/mpuò avere una funzione anti-pensiero (musica pernon pensare). La fruizione e/o la pratica musicaleattraverso un’intensa sollecitazione senso-percetti-va, attivando un particolare coinvolgimento emoti-vo, o ancora promuovendo una produzione psichi-ca oniroide, inducono una condizione autosuffi-ciente, uno stato derealizzato dove l’attività menta-le, le sue funzioni discriminative, categorizzanti,elaborative sembrano essere sospese. I brani piùcongruenti con questa dimensione sono caratteriz-zati da una intensa attivazione senso-percettiva, daricchezza timbrica, da una struttura lineare conmodulazioni regolari e prevedibili, anche se inten-

se, talvolta da aspetti ripetitivi e qualità ipnotiche.Traducendo queste caratteristiche in indicazioni digenere: rock, minimalismo, new age, colonne so-nore (musica funzionale).La musica risuona interiormente, evoca forme, mo-dalità, stilemi espressivi e relazionali ricchi di va-lenze simboliche in rapporto con l’identità s/m delpaziente, con il suo iso universale gestaltico e cul-turale (è la musica del cuore di cui ci parla Gaita,1991); sono così amplificati contenuti e tematichepersonali sollecitando una commozione anche in-tensa. Nell’interazione con la musica può prevale-re un’emotività improvvisa e irruente (svincolatain parte da un ascolto consapevole e cosciente). Lamusica ci pone di fronte a parti misconosciute fa-vorendo, se il soggetto ne ha le potenzialità, unprocesso integrativo; viceversa può prevalere unafunzione destabilizzante spingendo il paziente a ri-fiutare la musica, ad allontanarsi da essa, a perce-pirla algogena e persecutoria. Le strutture musicalipotenzialmente in grado di sollecitare tale intera-zione sono intimamente connesse all’identità s/mdel soggetto e/o alla sua storia personale; se l’asso-ciazione con particolari eventi non riveste un ruo-lo tale da escludere gli aspetti strettamente s/mquesti potranno avere caratteristiche fonosimboli-che e formali congruenti con una dimensione in-terna (tempi lenti, pause, ma anche modulazionidinamiche e agogiche intense, seppur graduali eregolari; presenza di più linee tematiche dialogantio in evidente conflitto, prevalere degli aspetti me-lodici, ricchezza timbrica) e soprattutto avrannoun rapporto isomorfico con l’identità s/m del sog-getto, fino a poter smentire tali aspetti fonosimbo-lici e formali.La musica rappresenta un disturbo, un rumore, ecome tale evoca avversione (l’odio della musica dicui ci parla Rosolato 7); in questi casi viene sottoli-neata la valenza intrusiva del suono e del musicaleche può invaderci al di là della nostra volontà. Lamusica può condizionare la nostra attività psichicae il nostro stato emotivo, ostacolando il pensierologico-razionale a favore di quello analogico edemotivo. La potenziale messa in scacco del ‘con-trollo’ porta a rifiutare la musica, a percepirla convalenze persecutorie.In altri casi l’alterato funzionamento della sferapercettiva e di quella simbolica, che si osserva neidisturbi di matrice psicotica, può trasformare lamusica in ‘rumore’. La musica perde le sue caratte-ristiche formali, cessa di essere un insieme regola-to da una sintassi per divenire un agglomerato disuoni (disturbo percettivo), dove alcuni suoni pos-sono prevalere sull’insieme acquisendo caratteri-

Page 33: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E PSICHIATRIA, ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI 515

stiche persecutorie al limite della concretezza(simboli psicotici). La musica è così frammentatanei suoi aspetti costitutivi. Per quanto attiene aglielementi s/m a seconda del contesto clinico po-tranno acquisire maggiore o minore rilevanza gliaspetti senso/percettivi (musiche che sollecitanointensamente la sfera senso/percettiva e che invirtù di tali caratteristiche possono connotarsi divalenze persecutorie), gli aspetti biografici (le mu-siche del passato rimandano ad una introspezionenon tollerabile o sollecitano per la loro forte caricaemotiva processi scissionali e proiettivi), gli aspet-ti fonosimbolici e formali (in altri casi sono questiche proponendo uno sguardo ‘interno’ e regressi-vo sollecitano il rifiuto).La difensiva necessità di raffreddare le valenzeemotigene della musica (razionalizzazione) e vice-versa l’incapacità di cogliere tali qualità (alexiti-mia) possono sollecitare un approccio razionale almusicale. La musica diviene un esercizio intellet-tuale. I brani complessi, quelli caratterizzati dastrutture drammatiche o imprevedibili, quelli instretto rapporto con l’identità s/m del paziente,possono rendere estremamente gravoso e difficileun rapporto emotivamente ravvicinato inducendoun approccio intellettuale o un rifiuto.La musica può divenire uno strumento attraversocui cercare una maggiore definizione della propriaidentità, una maggiore coesione del proprio Sé;questa operazione può connotarsi di qualità osses-sive ma anche configurarsi come la costruzione diun riparo ‘autistico’ dal mondo reale. Il collezioni-smo esasperato (la ricerca del disco raro e introva-bile), gusti musicali contrassegnati da un interessemonotematico (un solo artista, un solo genere, unsolo periodo storico), un’attenzione privilegiataagli aspetti concreti che accompagnano la produ-zione musicale (la ‘star’, gli strumenti, le qualitàtecniche dell’esecuzione, le edizioni discografi-che) esprimono il tentativo di definirsi attraversoun’identificazione adesiva e cercando ulterioreconferma di Sé nella ripetizione. I ‘gusti musicali’esprimono un senso di appartenenza, danno for-ma, tengono insieme un precario falso Sé, ma al-tresì possono rappresentare un universo autisticoal cui interno si alimenta una realtà virtuale alter-nativa a quella del mondo reale. La continua con-templazione dei propri ‘idoli’ produce un senso dicoesione, alimenta la propria fragile identità e ilproprio narcisismo, ma l’incapacità di attuare unpercorso introiettivo rende necessaria la ripetizio-ne. La musica quindi non rimanda, non evoca, nonrappresenta qualcosa che non c’è, non è presenza-assenza, la musica ribadisce ciò che si è o meglio

che si vorrebbe, idealmente, essere (la musica in-fatti permette di acquisire, magicamente per osmo-si, una parziale identità dipendente dalla ‘star’). Lasua fruizione non è simbolica (non rimanda a qual-cos’altro) ma diviene identità precostituita a cuiaderire, a cui conformarsi. Le musiche che si pre-stano a tale fruizione sono spesso quelle maggior-mente caratterizzate da valenze commerciali e con-sumistiche (la cosiddetta musica leggera). In que-ste produzioni le qualità esteriori dell’interprete, isuoi comportamenti, in altre parole gli aspetti con-creti sono primari rispetto alle caratteristiche strut-turali della musica. In alcuni casi possono esserefruite (con le modalità sopra descritte) musiche ap-partenenti ad un recente passato, passato che spes-so i loro fruitori non hanno neanche vissuto e cheappartiene ai loro padri e fratelli maggiori (adesempio pazienti fra i 20 e i 30 anni che collezio-nalo gruppi e artisti degli anni ’70). Non si tratta diuna vera operazione ‘nostalgica’. Forse la maggioreconnotazione ideologica delle musiche di quel pe-riodo (non solo in senso strettamente politico macome sovrapposizione tra dimensione musicale edimensione esistenziale) facilita un processo diidealizzazione e di identificazione; la sua colloca-zione nel passato raffredda gli aspetti emotivi epulsionali (una musica attuale potrebbe indurredesideri e aspettative); la dimensione pseudono-stalgica che essa sollecita permette di spostare di-fensivamente nel passato i propri investimentiemotivi e di controllarli ossessivamente attraversola ricerca del collezionista. Aspetto infine da nontrascurare è quello relativo alle caratteristichestrettamente s/m di gran parte di queste musichedove è facile individuare tratti ossessivi, qualitàs/m epidermiche, virtuosismi finalizzati all’esibi-zione e alla gratificazione narcisistica, elementicongruenti con le operazioni psichiche sopra de-scritte.

Linee d’intervento

L’attuazione di un progetto d’intervento dovrà es-sere congruente con l’ipotesi di funzionamentopsicomusicale, si dovrà cioè attuare un interventoadeguato alle maggiori o minori competenze delpaziente, musicali e cognitive, (aspetti quantitati-vi) e al ruolo che l’elemento s/m svolge all’internodella soggettiva strutturazione psicologica (le riso-nanze emotive e affettive, le valenze simboliche:aspetti qualitativi). Descriviamo di seguito alcunepossibili linee d’intervento (potenzialmente artico-late e commiste fra di loro).

Page 34: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G. MANAROLO516

Con soggetti particolarmente compromessi sul pia-no della relazione oggettuale, vale a dire quadri cli-nici caratterizzati dal ritiro, dall’isolamento, daaspetti autistici. Una gratificante attivazione sen-so/motoria prodotta dalle proposte sonoro /musi-cali può sollecitare un reinvestimento corporeo esensoriale e quindi avviare una ‘rianimazione psi-cocorporea’ del soggetto. L’interazione con il suo-no inoltre può consentire una ridefinizione dellapercezione spazio/temporale in quanto l’elementosonoro propone una direzione, uno sviluppo e inquesto senso può attivare e indirizzare. Le poten-zialità attivanti e stimolanti dell’elemento s/m, e lapossibilità di fruirne positivamente anche da unaposizione sostanzialmente passiva, in sintesi le suevalenze regressogene e la gratificazione narcisisti-ca che può sollecitare (senza richiedere un parti-colare investimento) ne fanno uno strumento ade-guato in casi clinici caratterizzati per l’appunto dal-la fragilità, dal ritiro, dalla passività, dal disinvesti-mento. La musica, si potrebbe affermare, dà senzachiedere (cosa che non avviene con uguale inten-sità nelle altre forme espressive) e in virtù di taleaspetto può costituire un approccio adeguato incasi che ‘chiedono’ senza ‘dare’. In questi casi ilrapporto che si instaura con l’elemento s/m acqui-sta quindi valenze prevalentemente fusionali o ade-sive.In soggetti meno regrediti può emergere un rap-porto con la dimensione musicale caratterizzato daalcune qualità protosimboliche se non simbolichee fonte di gratificazione personale. Il fare musica(confrontandosi con precisi codici) e il fruirne inquanto oggetto estetico (ponendosi in rapportocon condivisi valori storico/culturali) possono di-venire allora la metafora di un possibile rapportocon un ‘reale’ limitato, definito e riconosciuto inquanto tale. Inoltre la produzione s/m all’internodi un ‘gruppo musica’ può consentire l’espressio-ne e la parziale strutturazione di contenuti internievidenziando talora sensibilità e attitudini inaspet-tate. A questo livello acquista particolare interessela costruzione di un ‘oggetto musicale’ che neisuoi aspetti estetici ed espressivi rimandi al sogget-to un’immagine integrata e gratificante, acquistan-do così valenze strutturanti. La conduzione dellesedute (individuali o di gruppo) oscillerà tra aspet-ti più o meno direttivi in relazione al livello di de-strutturazione dei diversi pazienti. Questo tipo diintervento può essere pertinente a pazienti carat-terizzati da un’insufficiente struttura egoica, da unrapporto con il reale problematico, conflittuale;sono pazienti che presentano un rapporto mondointerno/mondo esterno disarmonico, con il preva-

lere talora di modalità proiettive. La relazione conl’elemento s/m potrà esprimere ‘idealizzazione’,‘adesività’, ‘razionalizzazione’ (tali modalità po-tranno essere distinte o variamente articolate fra diloro).La dimensione temporale fa della musica l’arte delricordo, della nostalgia, della reminiscenza, l’artedella presenza/assenza. Tutta l’arte ci parla di chinon c’è, ma nella musica questa presenza/assenzasi fa particolarmente presente e drammatica; lamusica non si limita a farci ricordare, la musica cifa sentire, ci fa rivivere (in virtù della sua dimen-sione temporale e della sua dimensione corporea);la musica rievoca e fa sperimentare una conoscen-za corporea, che, proprio perché tale, viene avver-tita come viva e concreta. Relativamente a taliaspetti i disturbi psichici che trovano una loro ma-trice nella perdita, nel ricordo, nella nostalgia, po-tranno trovare (se non troppo intensi) nella musicaun ‘cantò di consolazione. L’ascolto e/o le produ-zioni musicali, quando congruenti con l’identitàs/m del soggetto, risuonano interiormente amplifi-cando tematiche latenti o misconosciute che emer-gono e si impongono alla soggettività con la forzadelle emozioni. La dimensione musicale può con-tenere e strutturare tali tematiche. I contenuti no-stalgici e depressogeni espressi da un brano posso-no rappresentare per il soggetto la riattualizzazio-ne di un lutto, di una separazione; d’altra parte inalcuni casi l’ascolto può consentirne una parziale etemporanea rielaborazione attraverso un’esperien-za estetica che li rappresenta e simbolicamente lisostituisce. Questo tipo di intervento può esserepertinente a pazienti caratterizzati da sufficientistrutture egoiche e sofferenti per disturbi di naturaaffettiva. La relazione con l’elemento s/m potràesprimere ‘commozione’, ‘idealizzazione’, ma an-che rifiuto, ‘negazione’ (tali modalità potranno es-sere distinte o variamente articolate fra di loro).In contesti clinici caratterizzati come il precedenteda un rapporto con il musicale connotato da va-lenza culturali e simboliche e dalla permanenza diadeguate strutture egoiche, il dialogo sonoro, l’im-provvisazione musicale (ma anche l’ascolto) pos-sono sollecitare un’evidente risposta emotiva; ilnostro approccio può consentire l’elicitazione el’amplificazione di contenuti emotivo-affettivi, faci-litando la loro manifestazione e l’avvio di un pro-cesso integrativo. Inoltre può essere avviato un la-voro di riflessione e di analisi relativo alle persona-li modalità comunicative e relazionali. Il rapportoche la spontanea produzione s/m mantiene conuna comunicazione emotiva diretta, meno condi-zionata da aspetti culturali e meno filtrata da un

Page 35: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E PSICHIATRIA, ASPETTI TEORICI E APPLICATIVI 517

La musicoterapia rientra nell’ambito delle terapieespressive, vale a dire quell’insieme di interventiessenzialmente non verbali che utilizzano media-tori artistici allo scopo di favorire processiespressivi e relazionali. In ambito psichiatricol’approccio musicoterapico appare indicato so-prattutto nelle condizioni cliniche caratterizzateda tratti autistici e nei disturbi psichici connotatida una coartazione e/o disregolazione emotiva.L’intervento musicoterapico è preceduto da una

approfondita analisi della soggettiva identità so-noro/musicale da cui deriva una congruente ipo-tesi d’intervento. Nel presente contributo vengo-no presentate alcune tipologie di fruizione dell’e-lemento sonoro/musicale e sono descritti diffe-renti modalità di trattamento.

Parole chiave: Musicoterapia • Regolazione delleemozioni

controllo cosciente, può facilitare l’avvio di unprocesso espressivo; le qualità di tale espressionepossono evidenziare e amplificare stili e tratti rela-zionali. Il livello dell’intensità, la presenza o menodi aspetti melodici, le caratteristiche timbriche, lavelocità di esecuzione, i ritmi osservabili, i tempid’interazione evidenziano le qualità della relazionee i rispettivi tratti personologici. A partire da taliaspetti può essere avviata una riflessione finalizza-ta all’acquisizione di una maggiore consapevolezzarispetto al proprio mondo emotivo e alle propriemodalità relazionali. Si tratta di facilitare una mi-gliore regolazione della dimensione emotiva mo-

dulando la comunicazione emotiva diretta attraver-so le forme simboliche dell’espressività artistica edella comunicazione verbale.Questo tipo di intervento, come già detto, può es-sere pertinente a pazienti caratterizzati da suffi-cienti strutture egoiche e sofferenti per una coar-tazione dell’emotività o per una sua disregolazio-ne, per una soggettiva difficoltà ad esprimersi emanifestarsi o a modulare la propria espressività.La relazione con l’elemento s/m potrà esprimere‘commozione’ ma anche razionalizzazione, adesi-vità, tratti ossessivi (tali modalità potranno esseredistinte o variamente articolate fra di loro).

BIBLIOGRAFIA

1 Giordano E. Fare Arteterapia. Torino: Cosmopolis 1999.2 Montinari G. Postfazione. In: Giordano E, ed. Fare Artete-

rapia. Torino: Cosmopolis 1999.3 Ricci Bitti PE, Caterina R. Regolazione delle Emozioni e

Artiterapie. Roma: Carocci 1997.4 Schon A. Ascolto Musicale e Ascolto Clinico. In: Gosso S, a

cura di. Paesaggi della Mente. Milano: Angeli 1997.

5 Piana G. Filosofia della Musica. Milano: Guerini e Associa-ti 1996.

6 Di Benedetto A. Prima della Parola. Milano: Angeli 2000.7 Rosolato G. La Haine de la Musique. In: Psychanalyse et

Musique. Paris: Le Belles Lettres 1982.8 Gaita D. Il Pensiero del Cuore. Milano: Bompiani 1991.9 Meltzer D. La Comprensione della Bellezza e Altri Saggi

di Psicoanalisi. Torino: Loescher 1981.

Page 36: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:518-527

LA MUSICOTERAPIA

Musicoterapia e anziani

Music-therapy with old people

R. BELLAVIGNA

Casa di Riposo “Rossi-Sidoli” Compiano Parma

The applicative view of music-therapy with old people, offers a variety of situa-tions as much as from an institutional point of view as from an applicative case.This operating diversity turns out to be to be, in my opinion, a point of force ofthe discipline. A Richness of interests emerges and an unquestionable effort to-wards common values of action. More and more informative channels are open-ing useful for a cohesion of intentions, in Italy and in foreign countries. Centerof the objective are obviously the old people in their relationship with thesonorous material. Old people meant as witnesses of a lived musical life, projec-tual elaboration of a sonorous identity in dialogical communication with theworld. The most effective projects turn out to be those with self-sufficient per-sons which have as objective the integration of the person in homogenousgroups. In the existing literature though, in this case quite often, it turns out tobe difficult to distinguish the difference between a systematic participation of themusic-therapy and approaches of musical animation. Other experiences consid-er practical music-therapy of heterogenous groups which through songs, the useof the rhythm as a support to the voice, the use of musical instruments in musi-cal improvisation, converge to giving life to the therapeutic relation. A good partof the literature regards Parkinson disease and the potentialities of music as asupport to muscular distension therefore help physical rehabilitation and coor-dination of movement. Wide space is given to the research and application ofmusic-therapy with dementia. In this case the session is in prevalence with indi-viduals, however there are examples of (small) groups with Alzheimers. In preva-lence non recorded music is used. Employed as proposal, accompanyment, con-duction are the actual musical instruments (at times self-made).

Keyword: Old people • Alzheimer • Music-therapy • Dementia • Parkinson

Introduzione

Parlare di “musicoterapia con anziani” è discutere essenzialmente di un argomen-to che ha acquisito un interesse specifico. Sempre più numerose e documentateinfatti sono le esperienze attuate nel panorama mondiale. Bisogna ricordare peròche solo una trentina di anni fa in Italia poche erano le strutture disposte ad inve-stire con convinzione risorse e personale sul campo. Differente era invece la si-tuazione all’estero dove con la figura del musicoterapeuta istituzionalmente rico-nosciuto e una valida letteratura di supporto si potevano monitorare avviate si-tuazioni di utilizzo della musica in ambito geriatrico. L’interesse e la fiducia checirconda l’argomento oggi anche in Italia deriva a parer mio da differenti situazio-ni che hanno condotto nel tempo ad un “pensiero positivo” riguardo le potenzia-lità della musica nei confronti del settore della terza età.Cerco di esaminarne brevemente le motivazioni:

n Corrispondenza: dott. Roberto Bellavigna, Casa di Riposo “Rossi-Sidoli”, via Duca degli Abruzzi27, 43053 Compiano, Parma - Tel. +39 0525 825116 - Fax +39 0525 825374 - E-mail: [email protected]

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 37: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E ANZIANI 519

– una crescente consapevolezza sociale che lavecchiaia non è una malattia e che l’anziano èancora soggetto attivo con potenzialità da attua-re anche in campo musicale;

– una esplicita richiesta da parte dei famigliari diazioni di intervento volte alla prevenzione e almantenimento di una buona qualità di vita dellapersona, non solo fisica ma anche intellettuale,affettiva e relazionale;

– l’inserimento sistematico di attività di animazio-ne nelle case di riposo. L’animazione e più pro-priamente l’animazione musicale, hanno espli-citato nel contesto le potenzialità intrinsechedella musica come valido aggancio con il vissu-to dell’anziano stesso;

– una pressante richiesta progettuale da parte de-gli enti ed un bisogno interno di ricerca dellamusicoterapia stessa hanno prodotto pubblica-zioni a tema, siti internet di riferimento, scambidi informazioni fra operatori;

– maggiore interesse per una letteratura stranieradi riferimento (in particolar modo in lingua in-glese). L’esperienze compiute in altri paesi so-no stati per molti in Italia punto di partenza emomento di riflessione di percorsi formativi.

Scrivono Lorenzetti e Piatti 1 nel 1984 “Un proble-ma vero e urgente è quello del rapporto uomo/suo-no (…) Così pure per l’ambito gerontologico si po-ne la necessità di disinquinarlo da pregiudizi e dastereotipie riferite alla condizione di vita dell’adul-to e dell’anziano, che ne danno una immagine ne-gativa (…) la musica come arte e scienza ha in séanche il proposito di dare il suo contributo a que-sto genere di sforzo …” Queste parole vengonoposte all’inizio di una pubblicazione che raccogliegli atti di un convegno tenutosi ad Assisi nel Luglio1983 dal titolo “Musica Adulti Terza età”. In quellasede molteplici furono i contributi. Alcuni brevispunti emersi dalle relazioni:– la musica coinvolge non solo la componente af-

fettiva ma anche quella razionale e relazionaleed essendo un’operazione complessa è in gradodi attivare le varie zone del cervello;

– la musicoterapia ha grandi potenzialità nel cam-po preventivo;

– musica come scelta culturale, vivere la culturacome gusto e l’arte come gioia;

– linguaggio simbolico della musica come ambitodella fantasia e del piacere all’arte;

– pratica Corale come concezione interdisciplina-re dell’estetica in musicoterapia;

– ascolto musicale nel suo rapporto con l’analisidel vissuto delle persone.

Ritengo di particolare interesse in quella sede la re-

lazione di Elene Odell 2.Nel suo articolo cita alcune finalità di un interven-to musicoterapico con anziani:1) è fonte di attività socializzante;2) stimola i ricordi e le associazioni attraverso re-

pertori di vecchie canzoni;3) libera energia e tensione attraverso l’uso del

suono degli strumenti veicolando stimolazionied espressioni emotive;

4) stimola l’esercizio fisico;5) è Utile nella terapia del ricordo;6) utilizzabile in ambito preventivo.Dando un rapido sguardo alla letteratura esteraM.R. Toombs 3 descrive l’attività musicale con pa-zienti geriatrici come valido supporto alla socializ-zazione, all’esercizio, fonte di gratificazione e pre-sa di contatto con la realtà, sollievo all’ansia e svi-luppo della sensibilità. L’approccio del musicote-rapeuta deve essere duttile e paziente con varietàdi proposte che siano in grado di avvicinarsi allapersona. R. Bright 4 segnala come la musica favori-sca il raggiungimento della motivazione e sia fontedi nuovo apprendimento, induca il rilassamento eal controllo della respirazione. C. Beggs 5 descrivel’uso della musica come rivisitazione della vita conun violinista dilettante di ottantasei anni in curapalliativa. In questo caso dato il ricco bagaglio mu-sicale al quale attingere, questa tecnica ha permes-so all’anziano di rivivere il suo amore per il violino,di suonare il suo repertorio per sé, per la sua fami-glia e di recuperare i suoi ricordi attraverso le can-zoni. Sempre nel campo della Musicoterapia alla fi-ne della vita J.A. Martin 6 descrive la vicenda di unadonna malata di cancro che testimonia la sua vitacon canzoni scritte come lascito a parenti e amici.In America A. Clair e B. Bernstein 7 con i loro studihanno accertato la diminuzione dei comportamen-ti canori negli stadi più avanzati della malattia diAlzheimer. Restano però attive le capacità e le in-tenzionalità ritmiche di accompagnamento allecanzoni in particolar modo quando il tamburo ve-niva posto sulle ginocchia amplificando in questomodo gli stimoli vibro-tattili. Il vantaggio di utiliz-zare musica è da ricercare anche nel suo ruolo le-nivo allo stress, con la capacità di poter produrreinterazione attraverso un linguaggio non verbale.Questa caratteristica sembra appunto essere digrande presa in particolar modo con le personeche hanno perduto la capacità di elaborare un lin-guaggio verbale complesso, quali ad esempio i ma-lati di Alzheimer. Musica in questo caso intesa co-me comunicazione analogica. Mentre la comunica-zione digitale è univoca e quindi usa solamente loschema affermativo-negativo e può trasmettere so-

Page 38: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

R. BELLAVIGNA520

Tab. I. La voce agli anziani nel loro incontro con la musicoterapia. (quasi un diario …).

– Oggi Francesca nel suo vagare si è soffermata ad ascoltare la musica … ho cercato di leggere la sua postura e i suoi movimenti nella miaimprovvisazione … ha alzato gli occhi e mi ha sorriso … è la prima volta che accade tutto ciò da quando è ospite della struttura, al suo in-gresso era molto sospettosa e diffidente. Ho colto il suo sorriso e ho battuto il tempo con la mia mano sulla sua spalla … non si è allonta-nata da me. Si è seduta con gli altri e mi ha ascoltato mentre suonavo.– Francesca è una delle tante persone che ho conosciuto qui alla Rossi Sidoli. Probabile malattia di Alzheimer difficilmente si avvicina allepersone, passa quasi tutta la sua giornata in piedi vagando senza meta fra corridoi e camere.

– Mi avvicino ad un anziano che accompagna le canzoni battendo ripetutamente sul tamburello due colpi veloci con la mano destra ed uncolpo lungo con la sinistra. Bruno mi dice: “Sai io facevo l’artigiano e spesso preparavo i ferri dei cavalli per i carrettieri … questo era il mo-vimento che avevo al lavoro due colpi corti sul ferro e uno lungo più forte … certi ritmi non si dimenticano se si ripetono tutti i giorni …”– Bruno è una vecchia conoscenza, quando ero piccolino lo incontravo nei giorni di mercato in paese. Ci si salutava, penso fosse un amicodi mio nonno. Ora è in casa di riposo non ha figli, solo qualche parente in Francia. Nella sua vita si è adattato a fare di tutto. Per un breveperiodo è stato contadino con i suoi genitori, poi è partito emigrante in Francia dove ha fatto i lavori più umili. Poi la guerra ed il ritorno acasa per ricostruirsi un lavoro: il fabbro.

– Adriana: “Quando ero giovane avrei voluto sposare un fisarmonicista … lei vuole sposarmi?”Adriana invece non la conosco affatto è entrata oggi in struttura e già mi ha chiesto di sposarla … Paolo (il direttore) l’ha accompagnatada me, … di solito l’attività di musicoterapia è una delle prime ad essere frequentata. Devo comunque chiedere sue notizie ai famigliari eal personale per avere un quadro più preciso della persona. Mi pare una signora distinta, mi hanno detto che non è dei nostri posti, forseviene dalla città?

– Carla: “Da giovane mi ero innamorata di un alpino … lui però è partito per il fronte e prima di lasciarmi sola mi ha detto, trovati un ma-rito perché io non tornerò più … da quel momento non l’ho mai più rivisto … mi cantava sempre questa canzone che ora mi canta lei …”– Penso che sia ospite della struttura da circa 17 anni. È stata sposata ma è ancora perdutamente innamorata di quel bel giovane che nonha mai più rivisto. Il suo era stato un matrimonio combinato, aveva sposato un cugino di primo grado, un matrimonio di interesse come lodefinisce lei. Alla morte del marito ha preferito prendersi una cameretta in Casa di riposo, non se la sentiva di continuare la vita in solitudi-ne. Ama ascoltare le canzoni e collegare i testi ad avvenimenti vissuti. La sua salute peggiora di giorno in giorno e ricorda sempre menoquello che … vorrebbe ricordare.

– Giovanni: “ Mi è piaciuto quel che ha suonato oggi … (mi dice con voce aspra e decisa) si è ripetuto qualche volta però … anche se so-no sordo ho sentito che ha suonato due volte “Sul cappello”. Giovanni è un malato di Parkinson. Dalla sua sedia a rotelle guarda attentotutto ciò che gli è intorno. Ama comandare ed imporsi, non può muoversi senza l’aiuto degli altri, è costantemente isolato dal gruppo. Conlui ho frequentemente lavorato in équipe con la fisioterapista.

– Domenica: “Guarda la Monica non parla mai ma la musica la capisce … guarda come va a tempo …”– Domenica e Monica sono due inseparabili amiche sempre mano nella mano. Soggiornano nella stessa camera, si sono conosciute da po-co tempo, Monica non parla più da tempo anche se ha la capacità di pronunciare le parole. Saltuariamente canta e ama suonare i tambu-relli. A fine attività se non le chiedo di riconsegnarmeli li porta decisa in camera. Nel suo armadietto forse c’è, fra i cassetti, qualche miostrumento che ancor oggi sto cercando …

lo contenuti univoci, la trasmissione analogica simuove nel campo dei simboli e i simboli amplifica-no i contesti e le aggregazioni di significati 8. Alcu-ni autori indagano sulle potenzialità della musicacon i malati di Parkinson 9, altri invece propongo-no attività di costruzione di strumenti musicali dautilizzare nelle sedute di musicoterapia con validiesemplificazioni anche sul nostro territorio nazio-nale (vedi esperienza di Nicola Corti) 10. Sempreaperta rimane la discussione fra un’analisi dei datidi tipo quantitativo o qualitativo. In molti casi si ri-scontra una notevole resistenza ed ostilità nei con-fronti di modelli scientifici tendenti a ridurre i fe-

nomeni interni alle arti terapie a mere grandezzemisurabili a cui corrispondono risultati certi, spo-gliate però del linguaggio “poetico” e artistico” del-la musica stessa. Nella letteratura estera suggeriscosul tema le ricerche di Odell-Miller nella musicote-rapia in psichiatria con persona anziane 11 e il Resi-dual Music Skills Test (RMST) di E.F. York 12.In Italia illuminante e pionieristica è la pubblica-zione di Francesco Delicati 13 su un’esperienzacompiuta negli anni 1989-92. Questo testo, è la sto-ria di un’esperienza che testimonia come interven-ti come questo aiutino a contrastare il decadimen-to e il deterioramento fisico, mentale e psicologico

Page 39: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E ANZIANI 521

Tab. II. Schede di valutazione. Scheda ideata da Roberto Bellavigna 2003 casa di Riposo “Rossi Sidoli” Compiano Parma.

In questa sezione inserisco alcune schede parte di un corpo più esteso di schede che utilizzo in struttura raccolti in un apposito software.Scheda da sottoporre ad un conoscente che frequenta il paziente da almeno 10 anni.

Nome e Cognome paziente _______________________________ Età ______________ Data odierna__________________________

Istruzioni: Le domande seguenti hanno lo scopo di confrontare il comportamento attuale del suo parente/amico rispetto a quello che aveva10 anni fa. Esse intendono esaminare la memoria, la prassi e la discriminazione dei parametri sonoro-musicali. A tal proposito le chiediamodi indicare se la situazione è migliorata, peggiorata o se è rimasta invariata nel tempo. Se non è in grado di rispondere a una o più doman-de non dia per queste nessuna risposta.

Rispetto a 10 anni fa, come si comporta il Suo parente/amico nel: 1 2 3 4 5

1) Utilizzo radio, mangianastri, dischi ecc.2) Ricordarsi le musiche ascoltate recentemente3) Ricordarsi le musiche ascoltate nei tempi passati4) Ricordarsi quando ha appreso una musica a lui cara5) Ricordarsi quando cantava questa musica (a lui cara)6) Ricordarsi il titolo o/e autore esecutore delle musiche preferite7) Intonare e/o le canzoni conosciute8) Imparare nuove canzoni/musiche9) Interesse e attenzione nell’ascolto musicale.10) Sapersi integrare in un gruppo di persone che cantano11) Essere in grado di capire/raccontare il significato di una canzone12) Saper distinguere l’intensità dei suoni (forte-piano)13) Saper individuare la provenienza dei suoni14) Uso di strumenti musicali15) Sapersi muovere a tempo

Media dei risultati – Totale punteggio

Se il punteggio è media 3 situazione non modificataÈ importante che ci sia sempre un confronto della situazione attuale con quella di 10 anni fa. Se ad esempio 10 anni fa il soggetto non uti-lizzava strumenti musicali e adesso continua a non utilizzarli si dovrebbe indicare “nessun cambiamento”. In ultimo la preghiamo di com-pilare la sezione dedicata alle informazioni aggiuntive. Le notizie da Lei scritte verranno da noi utilizzate nell’attività di musicoterapia.Punteggio da attribuire alle risposte: 1 Sicuramente meglio, 2 Leggermente meglio, 3 Nessun cambiamento, 4 Leggermente peggio, 5 Sicu-ramente peggio

Informazioni aggiuntivea) Suoni significativi della vita della persona:b) Elenco delle canzoni/musiche presumibilmente conosciute:c) Strumenti suonati:d) Difficoltà di movimento:e) Descrizione comportamenti vocali, frasi ricorrenti:e) Apparecchi acustici utilizzati per l’udito (Si, No):f) Note significative:

di anziani ricoverati. Nell’esperienza gli anziani diuna casa-albergo vengono invitati a narrare la pro-pria storia, la storia di sé, della propria gente, delproprio paese, facendola riemergere attraverso i ri-cordi personali e soprattutto attraverso il canto.L’ipotesi di lavoro musicoterapico si sviluppa quin-di nella relazione tra canto e narrazione, dove il

canto è considerato nella sua dimensione simboli-ca e semantica come linguaggio degli affetti, delleemozioni e della memoria, come stimolo per vei-colare ricordi offuscati e come mezzo che puòcreare la motivazione al narrare. Sempre nei primianni novanta da menzionare le esperienze di C. Bo-nanomi, M. Vitali, D. Gajani 14 e di M. Marti 15 (an-

Page 40: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

R. BELLAVIGNA522

Tab. III. Scheda ideata da Roberto Bellavigna (2003 casa di Riposo “Rossi Sidoli” Compiano Parma).

Scheda percezione musicale

Musicoterapeuta Nome:_____________________________________________

Nome e Cognome paziente ___________________ Età ______ Data odierna_______________

Istruzioni: Le domande seguenti hanno lo scopo di monitorare i parametri discriminatori della percezione musicale. Questo test dovrà esse-re compilato personalmente dal musicoterapeuta e riproposto integralmente in più occasioni. Le somministrazioni del test per una chiaracomparazione dei dati dovranno avere una cadenza sistematica temporale (es: ogni 3 mesi) In casi eccezionali le consegne possono esserenon esplicite ma indotte dal musicoterapeuta all’interno del dialogo sonoro. In ogni caso si consiglia di utilizzare gli strumenti riproduttivipiù consoni alla situazione con le dimensioni, peso, materiale adeguate alle necessità. Non effettuare l’ascolto ad alto volume.Scheda ideata da Roberto Bellavigna nel 2003 per uso musicoterapia con anziani. [email protected]

Memoria musicaleIl musicoterapeuta propone l’ascolto di una musica/canzone molto conosciuta.(Utilizzare per la scelta le schede repertorio paziente)Il paziente è invitato a dire se conosce il brano e se ricorda il titolo. Al termine della prova se il paziente non è in grado di dare risposta ilmusicoterapeuta dichiara in modo esplicito quale è il titolo.

Non riconosce 0 Riconosce ma non dichiara il titolo 1 Dichiara il titolo 2

Riconoscere alternanza – Suono/SilenzioUtilizzando il materiale musicale appena esposto il musicoterapeuta spiega che quando la musica si interromperà il paziente dovrà compie-re una azione specifica. Variante: All’ascolto della musica si cammina in cerchio come se fosse un ballo. Ci si ferma immediatamente quan-do la musica si interrompe, si riprendere a camminare o a muoversi quando la musica reinizia.Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1Riconoscere la provenienza dei suoniIl paziente chiude gli occhi. Deve indicare la provenienza della voce del musicoterapeuta che parlerà a media distanza alternativamente al-la sua destra e alla sua sinistra.Il paziente sa decifrare la provenienza dei suoni?

No 0 Si 1

Discriminazione TimbroIl paziente deve descrivere se la voce proposta all’ascolto è quella di un uomo o di una donna. Eseguire il test o ad occhi chiusi o con l’au-silio di fonti registrate.(È possibile utilizzare anche strumenti musicali differenti) Per rinforzare questo dare utilizzare scheda specifica di discriminazione timbro)Proporre voci maschili e femminili. Il paziente sa rispondere correttamente?

No 0 Si 1

Attenzione musicale e calcoloUtilizzando una campana (tubolare o battente) o un triangolo il musicoterapeuta impersona il campanile. Egli scandisce un numero defini-to di colpi con uguale intensità e velocità e il paziente dovrà contare i suoni e dire l’ora corrispondente.(Prova 1 tre colpi. Prova 2 sette colpi. Prova 3 dieci colpi)

Prova 1 Risposta errata 0 Risposta corretta 1Prova 2 Risposta errata 0 Risposta corretta 1Prova 3 Risposta errata 0 Risposta corretta 1

Discriminazione IntensitàIl musicoterapeuta suona uno strumento aumentando e diminuendo in modo progressivo l’intensità. Il paziente deve seguire queste varia-zioni di volume con movimenti coordinati. Es: Alzare abbassare le mani, aprire o chiudere la bocca ecc.Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

(continua)

Page 41: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E ANZIANI 523

Tab. III. Scheda ideata da Roberto Bellavigna (2003 casa di Riposo “Rossi Sidoli” Compiano Parma) (segue).

Discriminazione Stile musicaleIl musicoterapeuta propone al paziente l’ascolto di brani ispirati a balli. I brani devono essere scelti se possibile fra quelli di probabile co-noscenza del paziente. Chiede al paziente se riconosce lo stile del ballo.(Primo ascolto Valzer, Secondo ascolto Tango, Terzo ascolto Polka)Prova 1 Risposta errata 0 Risposta corretta 1Prova 2 Risposta errata 0 Risposta corretta 1Prova 3 Risposta errata 0 Risposta corretta 1

AltezzaIl musicoterapeuta invita il paziente a compiere movimenti differenti sui suoni acuti o sui suoni gravi che lui produrrà ad uguale intensitàsul metallofono.Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

Memoria musicale recenteRiproporre la canzone già ascoltata al punto 1 chiedere se il paziente la riconosce e se ricorda il titolo.Non riconosce 0 Riconosce ma non dichiara il titolo 1 Dichiara il titolo 2

Max punteggio 15

ziani non in struttura) e l’attività di G. Downie 16 17

(anziani in casa di riposo). Contributo alla lettera-tura del settore è arrivato poi dalle numerose ricer-che documentate sul campo dagli studenti delle va-rie scuole di musicoterapia e da altre pubblicazionidi questi ultimi anni.Da questo contesto storico e da questo rinnovatointeresse anche in Italia dell’argomento nasce nel-l’Agosto 1999 il Progetto Anziani Musicoterapia(PAM). In questa sigla si racchiude un progetto indivenire, destinato a tutti coloro che lavorano conle persone anziane, da quelle sane e ancora effi-cienti a quelle ricoverate in case di riposo, a quellemalate di demenza. I fondatori sono un gruppo dipersone che provengono da esperienze e da for-mazioni differenti, lavorano in città ed in situazionie contesti diversi, hanno una propria specifica mo-dalità di lavorare e sono tutte accomunate dall’in-teresse per il rapporto anziano/musica. Il lavoro diricerca e di confronto del gruppo ha prodotto inquesti ultimi anni convegni, incontri di formazio-ne, un sito internet sempre aggiornato di riferi-mento (www.pamonline.it), raccolta documenta-le, pubblicazioni a tema, collaborazioni con impor-tanti associazioni nazionali.

Esperienza personale

A Compiano (PR) nel settembre del 1996 ho inizia-to la mia attività di musicoterapia in una strutturache è luogo di residenza tuttora per circa 80 anzia-ni. È un’esperienza che ritengo molto valida per la

mia formazione professionale che dopo una primarichiesta di intervento a breve termine ha inveceavuto prosecuzione sino ad oggi. Quale musicote-rapia quindi alla “Rossi Sidoli”? Musicoterapia co-me incontro fra identità musicali 18: Musicotera-peuta, anziano/i. In un’ottica relazionale i bisognisono punto di partenza di percorsi che attraversole intrinseche potenzialità della musica elaboranoobiettivi riabilitativi, cognitivi, sociali a breve me-dio e lungo termine. In questo contesto il termineMusica è da intendersi come mezzo intermediario,elemento utile a promuovere l’indagine e la rela-zione fra identità sonoro musicali differenti. Il ma-teriale musicale diviene oggetto plasmabile che seutilizzato nei suoi componenti costruttivi e sup-portato da un setting e da uno strumentario dina-mico può veicolare al/il dialogo sonoro 19. La rela-zione musicale in questo contesto pur nel distin-guo e nella specificità dei ruoli pone i soggetti nel-la dinamica della proposta e della risposta, dell’ac-compagnare e del condurre in un’ottica di condivi-sione di intenti. È un tipo di intervento che si èstrutturato nel tempo cresciuto con la volontà dicollaborare con tutti gli operatori della casa di ri-poso e con i famigliari degli ospiti. Tenuto contodelle differenti caratteristiche patologiche e psico-logiche in cui si vengono a trovare gli anziani dellastruttura, un piano di lavoro che intende utilizzarele potenzialità della musica per migliorare la qua-lità di vita nella terza età deve perseguire nel parti-colare i seguenti obiettivi:– incentivare la condivisione di interessi comuni

per facilitare i rapporti sociali;

Page 42: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

R. BELLAVIGNA524

Tab. IV. Scheda ideata da Roberto Bellavigna (2003 casa di Riposo “Rossi Sidoli” Compiano Parma).

Scheda produzione musicale

Musicoterapeuta Nome:_____________________________________________

Nome e Cognome paziente ___________________ Età ______ Data ________

Istruzioni: Il test seguente ha lo scopo di monitorare i parametri discriminatori della produzione musicale. Questo test dovrà essere compi-lato personalmente dal musicoterapeuta e riproposto integralmente in più occasioni. Le somministrazioni del test - per una chiara compa-razione dei dati - dovranno avere una cadenza sistematica temporale (Es.: ogni 3 mesi) In casi eccezionali le consegne possono essere nonesplicite ma indotte dal musicoterapeuta all’interno del dialogo sonoro. In ogni caso si consiglia di utilizzare gli strumenti riproduttivi piùconsoni alla situazione con le dimensioni, peso, materiale adeguate alle necessità. Non effettuare l’ascolto ad alto volume.Scheda ideata da Roberto Bellavigna 2003 per uso musicoterapia con anziani. [email protected]

Coordinazione percettivo motoriaIl musicoterapeuta spiega che mentre si ascolta il brano musicale si batteranno le mani o i piedi a tempo con la musica. Utilizzare una pul-sazione di base che si avvicini il più possibile alla velocità più agevole per la persona. Per questa prova si consiglia una musica eseguita“Dal vivo”. Controllare la regolarità e sincronia della produzione sonora.Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

Movimento AlternatoMovimento alternato delle mani o piedi a tempo con la musica. Stesse modalità sopra esposte.Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

Variazioni ritmicheMentre si suona insieme al paziente la pulsazione introdurre nel dialogo sonoro variazioni semplici della pulsazione (Es: cellule ritmiche pun-tate). Il paziente esegue la variazione?Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

Controllo velocità tempoIl musicoterapeuta aumenta in modo volontario e progressivo la pulsazione base di un brano in esecuzione. Il paziente segue con il propriomovimento il cambio di velocità?Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

Il musicoterapeuta diminuisce in modo volontario e progressivo la pulsazione base di un brano in esecuzione. Il paziente segue con il pro-prio movimento il cambio di velocità?Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

ControlloIl musicoterapeuta invita il a produrre 1 solo suono con lo strumento scelto dal paziente.Non esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

Improvvisazione strumentaleIl musicoterapeuta invita il paziente ad iniziare insieme a lui una sessione di improvvisazione musicale. Il paziente produce suoni per alme-no 30 sec?No 0 Si 1

StrumentarioIl musicoterapeuta invita il paziente a utilizzare più strumentiNon esegue correttamente 0 Esegue correttamente 1

Movimenti nello spazio sullo strumentoIl musicoterapeuta invita il paziente di riprodurre sul metallofono movimenti che spaziano dalle note gravi alle note acute dello strumento.Non esegue 0 Esegue 1

Max punteggio 9

Page 43: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E ANZIANI 525

– essere promotrice di attività che implicanoesercizio fisico e mentale;

– promuovere nuovo apprendimento;– rivalutare il soggetto come fonte sonora creati-

va dalla quale attingere idee e insegnamenti;– essere sollievo nella sofferenza.“L’arte come un processo conoscitivo che muovedall’uomo … va nella direzione dell’uomo” 20. Unapproccio terapeutico deve comunque considera-re prioritario il rispetto della persona. Sono da evi-tare atteggiamenti invasivi ed un’ottica votata al

personalismo, all’imposizione e alla ricerca fine ase stessa; è basilare la lettura dei bisogni dell’anzia-no. I progetti di attività sono sempre stati redatti inèquipe. Ho collaborato in stretta sinergia sia conl’animatore, con la fisioterapista, con il personalemedico interno ed esterno alla struttura. I luoghidegli incontri si sono diversificati nel tempo, di-verso il setting e lo strumentario (setting dinami-co). In questi anni ho utilizzato molto le canzoni.Canzoni come canto, reminiscenza, identità 21. Laforma canzone è oggetto sonoro-testuale che seopportunamente plasmato diviene fulcro e mezzointermediario della comunicazione. La comunica-zione non è semplice riproposizione di una lettera-tura musicale, è invece condivisione che partendoda una base conoscitiva comune (la forma e il suolinguaggio) ne diviene una rielaborazione creativa.In questo contesto possono essere prese in consi-derazione le canzoni del passato apprese nel tem-po, la composizione o la riedizione di materialenuovo che tocca il vissuto della persona nel pre-sente o che affronta o descrive una situazione fu-tura. Variabili di questo processo possono essere laforma, lo strumentario, gli abbinamenti, la struttu-ra musicale, le sequenze, le omissioni, le interpola-zioni dei vari parametri musicali o testuali. Stru-mento principe è stata la fisarmonica che mi hapermesso per le sue caratteristiche antropologi-che, organologiche, culturali, di supportare valida-mente la mia azione. Non solo le canzoni sono sta-te il materiale utilizzato. Molti sono stati i momentidedicati all’improvvisazione (gruppo e singoli) eall’ascolto. Ho cercato di seguire la vita dell’anzia-no in casa di riposo dalla sala da pranzo, al salone,alla camera con malati terminali, ai corridoi, allapalestra. Ho lavorato cercando di collegare tutti imiei interventi con i singoli o con i gruppi con uncriterio di circolarità e continuità di azione. Condi-vido le considerazioni di K. Bruscia 22 nel quale siasserisce che la musicoterapia debba essere “siste-matica nel senso che è finalizzata, organizzata e re-golare … Le sue tre componenti procedurale sono:accertamento, trattamento e valutazione” e in que-sto contesto ho cercato sin dall’inizio di muovere imiei passi. Il mio intervento di musicoterapia hainoltre tenuto presente che “… L’arte è qualcosa dipiù che la produzione di oggetti belli o ancheespressivi … è essenzialmente un processo me-diante il quale esploriamo il nostro mondo interio-re ed esteriore e impariamo a vivere in esso” 23. Mu-sica quindi come arte e come aiuto al raggiungi-mento di uno migliore qualità di vita attraversopercorsi riabilitativi e terapeutici.La casa di riposo “Rossi Sidoli” nel Giugno 2002 ha

Tab. V. Scheda ideata da Roberto Bellavigna (2003 casa diRiposo “Rossi Sidoli” Compiano Parma).

Scheda Discriminazione Timbrica

Istruzioni: scheda utilizzabile con persone in grave stato di de-menza. Prima dell’avvio del test se possibile esplicarne i contenu-ti e le finalità. All’avvio del test chiedere alla persona se riconosceil suono appena ascoltato e richiedere una breve descrizione del-la ipotetica fonte sonora. Nell’impossibilità che il soggetto possafornire risposte con la propria voce utilizzare il cartoncino in alle-gato chiedendogli di indicare come risposta l’immagine più ap-propriata. Intervallare ogni ascolto con breve pause. Se necessa-rio ripetere la riproduzione dei singoli suoni. Utilizzare il cd in al-legato e mantenere il volume del riproduttore al medesimo livel-lo. Prova da ripetere in modo sistematico per rilevare le differen-ze dei dati nel tempo.

Elenco suoni Riconosce?

Animali/natura1) Gallo Si No2) Cani Si No

Ambiente domiciliare3) Telefono Si No4) Campanello di casa Si No

Area sociale5) Campane della chiesa Si No6) Veicolo a motore Si No

Persona7) Risate Si No8) Tosse Si No

Strumenti musicali9) Rullo di tamburi Si No10) Tromba Si No

Totale punteggio __________

Ogni domanda se corretta ha valore di 1 puntoMax punteggio 10/10

Page 44: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

R. BELLAVIGNA526

Il panorama applicativo della musicoterapia conanziani offre una varietà di situazioni. Questa di-versità operativa risulta essere un punto di forzadella disciplina. Viene palesata infatti una ric-chezza di interessi ed un’indiscutibile sforzo ver-so valori comuni di azione. Si stanno sempre piùaprendo canali informativi di confronto, utili aduna coesione di intenti, sia in Italia che all’estero.Al centro dell’operare vi è ovviamente la figuradell’anziano nel suo rapporto con il materiale so-noro. Anziano inteso come vita musicale vissuta,elaborazione progettuale di un’identità sonora incomunicazione dialogica con il mondo. Gli ambi-ti di intervento più attuati risultano essere quellicon persone autosufficienti con obiettivi volti al-l’integrazione della persona in gruppi omogenei.Nella letteratura esistente però in questo casomolto spesso risulta difficile distinguere la diffe-renza fra un intervento sistematico di musicote-rapia e approcci di animazione musicale. Altreesperienze prendono in esame pratiche musico-terapiche di gruppi eterogenei, che attraverso ilcanto, l’uso della ritmica a supporto della voce,l’utilizzo degli strumenti nell’improvvisazionemusicale convergono alla veicolazione della rela-zione terapeutica. Una buona parte delle espe-rienze documentate si occupa della malattia di

Parkinson e delle potenzialità della musica di es-sere supporto alla distensione muscolare per po-ter meglio direzionale la riabilitazione e il coor-dinamento del movimento. Ampio spazio è datoalla ricerca e all’applicazione della musicoterapiacon le demenze. Le sedute sono in prevalenza ditipo individuale ma non mancano esempi digruppi (poco numerosi) di malati di Alzheimer.In prevalenza viene scelta musica non registrata,utilizzata come proposta, accompagnamento,conduzione. La musica registrata è spesso pre-sente nell’approccio con malati terminali comerivisitazione della vita e accompagnamento allamorte. Alcuni studi dettagliati analizzano l’ascol-to musicale come proposta coordinata di branimusicali, esperienze specifiche invece lo utilizza-no come supporto a narrazioni guidate. Interes-santi e sempre più menzionate le attività di co-struzione di strumenti musicali a completamentodi attività di musicoterapia complesse. Semprepiù frequente l’abbinamento fra musicoterapia efisioterapia con l’obiettivo di far convergere nel-la medesima attività musica e movimento.

Parole chiave: Anziani • Alzheimer • Demenza •Musicoterapia • Parkinson

promosso il convegno “La musica della vita”. Ilconfronto la riflessione sulla musicoterapia con an-ziani ha evocato l’urgenza di una più attenta anali-si dell’attività in materia. Quali i benefici? Come va-lutare l’attività? Come rilevare i dati da analizzare?In sinergia con altre strutture presenti al convegnoè stata istituita un gruppo di verifica/confronto cheha deciso un protocollo in itinere con schede giàin uso in ambito medico e con l’integrazione dischede da me appositamente elaborate per la rile-vazione dei dati musicali (poi ho inserite in un cor-po unico all’interno di un sotware) che sono

tutt’oggi utilizzate in varie strutture. La ricerca mu-sicoterapica su questo versante abbisogna ancoradi molta strada da compiere per poter trovare uni-voci mezzi validati di verifica anche se alcuni auto-ri hanno prodotto materiale già utilizzabile anchein ambito geriatrico 24.Intravedo infine (… quasi a contraddire il titolodella mia relazione) l’esigenza di convergere tuttiverso una musicoterapia (CON) anziani rispetto aduna musicoterapia (E) anziani a sostegno e a rinfor-zo della centralità e del valore dell’unicità dellapersona umana.

BIBLIOGRAFIA

1 Lorenzetti LM, Piatti M. Musica adulti terza età. Quadernidi musica Applicata Pcc 1984;6:5-7.

2 Lorenzetti LM, Piatti M. Musica adulti terza età. Quadernidi musica Applicata Pcc 1984;6:163-77.

3 Toombs MR, Musical activities for geriatric patients. Mu-sic Therapy 1976:281.

4 Bright R. Music in geriatre care. Angus and Robertson1972.

5 Bruscia K. Casi clinici di musicoterapia (adulti). Ismez1996:361-6.

6 Bruscia K. Casi clinici di musicoterapia (adulti). Ismez1996:367-82.

7 Wigram T, Saperston B, West R. Manuale di arte e scien-

za della musicoterapia. Roma: Ismez 1997:377-97.

8 Watzlawick P. Il linguaggio del cambiamento. Milano: Fel-trinelli 1980.

9 Pacchetti C, Mancini F, Aglieri R, Fundaro C, Martignoni E,Nappi G. Psychomatic Medicine 2000;3:386-93.

10 Altea P, Bellavigna R, Carnaghi R, Corno L, Pozzi L, Corti N,et al. Musicoterapia con il malato di Alzheimer. Milano:Alzheimer Italia 2003.

11 Wigram T, Saperston B, West R. Manuale di arte e scien-

za della musicoterapia. Roma: Ismez 1997:87-116.12 York EF. A Test-retest Reliability study of the Residual Mu-

sic Skills Test. Ed. Society for Research in Psychology ofMusic and Music Education 2000;2:174-80.

13 Delicati F. Il canto fa venire fuori il paese più in fretta.

Esperienza di musicoterapia con gli anziani di una ca-

sa-albergo. Assisi: Pro Civitate Christiana 1997.14 Bonanomi C, Gajani D, Vitali M. Il giallo e il grigio. Ani-

mazione musicale e pensionati. Bologna: 1992.

Page 45: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E ANZIANI 527

15 Marti M. Musica con anziani a domicilio. Progetto Uomo

Musica. Assisi: Edizioni Musicali Pro Civitate Christiana1992;1:59-64.

16 De Luca S, Downie G, Ranieri B. Studenti e anziani. Pro-

getto Uomo Musica. Assisi: Edizioni Musicali Pro CivitateChristiana 1992;2:41-2.

17 Downie G. Musica in una casa di riposo. Progetto Uomo

Musica. Assisi: Edizioni Musicali Pro Civitate Christiana1996;9:38-42.

18 Benenzon R. Manuale di musicoterapia. Roma: Borla1984.

19 Scardovelli M. Il dialogo sonoro. Bologna: Capelli 1992.20 Lorenzetti LM, Piatti M, op. cit.21 Delicati F, op. cit.22 Bruscia K. Definire la musicoterapia. Roma: Gli archetti,

Ismez 1993.23 Small C. Musica, educazione, società. Milano: Feltrinelli

1982:1324 Antonietti A, Lazzati P. Musicoterapia cognitiva schede per

l’attivazione di operazioni mentali di base attraverso il

suono. Omega Edizioni 1992.

Page 46: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:528-532

LA MUSICOTERAPIA

Musicoterapia e demenze: teoria, applicazione ericerca

Music-therapy and dementia: theory, clinical application andresearch

A. RAGLIO, D. VILLANI

Fondazione Sospiro, Cremona

Music-therapy has undertaken a systematization process, which is going to in-crease its scientificity level. This involves important considerations regardingboth the theoretical and the applicative levels, deriving from a severe effort in-tended to make the relationship between theory and practice more coherent aswell as to present scientific research as the essential element of the music-ther-apy discipline. Starting from the biological-affective meaning the sound has ac-quired and from the role it plays as the origin of the individual’s development,the present study describes the theoretical principles of the music-therapy in-tervention, which is primarily based on the sonorous-musical improvisationand on its related application guidelines. The theoretical references can betraced back to the psychological concepts of “intersubjectivity” and “regulationof the emotions”, representing the idea according to which the individual usesthe innate competences getting him in relationship with “the other”, thus con-curring to both the affective and the cognitive development. In this sense, we be-lieve music-therapy is able to create a sort of archaic communication connectedto the sensorial and expressive ways (of which the sound can be the vehicle)which naturally reveal themselves to “the other” and which are also shared andunderstood through the psychological-physical means. In spite of very few con-trolled and/or randomized studies in relation to this issue, in literature there arehowever a number of other studies providing evidence – by means of significantand well-documented data – of the effectiveness of music-therapy in patientswith dementia.

Key words: Relationship • Sonorous-musical improvisation • Scientificity

La musicoterapia si sta avviando verso un processo di sistematizzazione volto a de-terminare un incremento di scientificità nella disciplina.Ciò implica riflessioni che si ricollegano ad aspetti teorici e metodologico-appli-cativi, attraverso uno sforzo rigoroso che renda maggiormente coerente il rappor-to teoria e prassi e che introduca la ricerca scientifica come elemento imprescin-dibile a fondamento della disciplina.La musicoterapia, infatti, come ogni ambito di sapere di recente applicazione, si puòmeglio definire come prassi, cioè come intervento che si fonda su aspetti empiriciapplicati a vari contesti patologici attraverso l’utilizzo del suono e della musica.Nonostante la musicoterapia ponga al centro dell’attenzione la relazione terapeu-tica, esistono ancora numerose lacune sul piano della formulazione teorica e del-l’attuazione degli interventi e ciò talvolta li svuota di contenuti terapeutici.Spesso la presenza di musica e di una patologia (nel nostro caso la demenza o la ma-lattia di Alzheimer) inducono a utilizzare il termine “musicoterapia”, senza consi-

n Corrispondenza: prof. Alfredo Raglio, Fondazione Sospiro, piazza Libertà 2, 26048 Sospiro, Cre-mona, Italy - Tel. +39 0372 620264 - E-mail: [email protected]

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 47: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E DEMENZE: TEORIA, APPLICAZIONE E RICERCA 529

derare la specificità terapeutica dell’intervento mu-sicoterapico che è da porre in relazione a una baseteorica, ad aspetti applicativi, a contenuti specificie alla verificabilità dei risultati 1.Quali sono quindi gli obiettivi terapeutici ricondu-cibili all’intervento musicoterapico? Esiste una spe-cificità terapeutica della musicoterapia? Come so-no valutabili il processo e gli esiti dell’interventomusicoterapico?Chi scrive ritiene che il tentativo di risposta a questiinterrogativi sia un significativo punto di partenzaper creare basi scientifiche per la musicoterapia.Ciò modifica sostanzialmente l’impostazione e lastruttura dell’intervento musicoterapico.Nel presente articolo si cercheranno di tracciare leprincipali linee teoriche e applicative di un inter-vento musicoterapico di matrice relazionale.Un punto fondamentale per la musicoterapia è anostro modo di vedere il significato biologico-rela-zionale assunto dal suono che si pone come fonda-mentale principio organizzatore e parte integrantedei processi protocomunicativi che caratterizzanolo sviluppo dell’individuo 2.L’elemento sonoro infatti ha in sé aspetti innati e ar-caici da cui scaturisce la sua potenzialità simbolica.I concetti psicologici di “intersoggettività” e “rego-lazione delle emozioni” esplicitano l’idea secondocui l’individuo utilizza competenze innate che lopongono in rapporto all’altro contribuendo allosviluppo affettivo e cognitivo 3 4.La musicoterapia mette in gioco una comunicazio-ne arcaica legata a percorsi sensoriali ed espressivi(di cui il suono può essere veicolo) che si palesanonaturalmente all’altro e che vengono condivisi ecompresi attraverso canali psico-corporei.Dunque, il suono può essere un elemento di gran-de importanza nel determinare le “sintonizzazioniaffettive” descritte da Stern 2, capaci di creare mo-menti di incontro (meeting moment), che si tra-ducono nel qui e ora della relazione (now mo-ment) 5.Essi fanno rivivere il passato, ma soprattutto crea-no una possibile connessione tra presente e futu-ro, favorendo processi trasformativi e la conserva-zione dell’identità personale.Si sviluppano nuovi campi intersoggettivi che mo-dificano la relazione e inducono a intraprendere in-sieme nuove strade in un logica di co-creazione econdivisione.Tutto questo porta il paziente a modificare il pro-prio mondo interno, stratificando momenti di in-contro e di sintonizzazione che agiscono in funzio-ne riparatoria e attivano un processo di amplia-mento della coscienza.

Il suono e la musica sono particolarmente vicini almomento presente (now moment) poiché sonoqualcosa in divenire, che si realizza nel momentoin cui si sta attuando; analoga vicinanza è riscon-trabile anche a partire dallo schema del tema convariazioni, tipico delle strutture musicali, ma an-che dei dialoghi sonori che caratterizzano l’intera-zione musicoterapica.Tale processo si basa su una relazione di tipo im-plicito, che si attua naturalmente e senza la neces-sità di pervenire a processi di riflessione, elabora-zione e simbolizzazione che normalmente si avval-gono della componente verbale.D’altro canto, come suggerisce la Langer 6, la musi-ca è una “forma significante”, le cui strutture sonoisomorfiche: per questa ragione la musica è unaforma che riflette quella dei sentimenti, con un si-gnificato che può essere colto solo intuitivamente.Il linguaggio musicale è un linguaggio metaforicoche rispetto a quello verbale può articolarsi anchein forme che a quest’ultimo sono negate e per que-sto può acquisire un valore superiore 7.Qual è il punto di contatto tra queste teorie riferitealla psicologia dell’età evolutiva e l’ambito delledemenze?In questo ambito (come per altre patologie in cui,seppure per motivi diversi, sono compromesse lefunzioni comunicative più recenti nell’evoluzioneontogenetica) è ipotizzabile la possibilità di riatti-vare ed ampliare capacità espressive e relazionaliarcaiche ma persistenti per tutta la vita dell’indivi-duo come forme di esperienza interpersonale al-ternative a quella verbale.Ed è su questo terreno che gli elementi sonoro-mu-sicali possono, a nostro avviso, tendere un pontecomunicativo per i dementi.Noi riteniamo che, mediante la musicoterapia, in-tesa come tecnica di comunicazione pre-verbale enon-verbale che può prescindere dal simbolico,dalle capacità di astrazione e dal culturalmente ap-preso, si possano attivare modalità relazionali edespressive di origine e natura arcaica che hannoquindi maggiore probabilità di essere ancora pre-senti anche nella persona con deterioramento co-gnitivo, oltre che naturalmente nel terapeuta.La musicoterapia attraverso tali modalità può favo-rire nel demente il mantenimento del senso diidentità ed il riconoscimento del mondo esterno.In termini psicologici si attua una regressione, con-divisa e guidata dal terapeuta: essa tende a ottene-re un maggiore adattamento del paziente con la co-stituzione di nuovi e più armonici assetti interni ri-spetto ai deficit prodotti dal danno neurologico 1.

Page 48: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

A. RAGLIO, D. VILLANI530

La musicoterapia può inoltre indurre una miglioreorganizzazione delle componenti emotive dellapersonalità 8 e nel contempo, poiché la musica è an-che attività mentale può stimolare, in modo natura-le, funzioni cognitive quali attenzione, coordinazio-ne senso-motoria, capacità di discriminazione 9.Dal punto di vista applicativo la musicoterapia pro-posta da R.O. Benenzon è quella che si avvicinamaggiormente alla dimensione intersoggettiva e im-plica alcuni fondamentali concetti psicodinamici.Per Benenzon 10 la musicoterapia è una disciplinascientifica che indaga l’unità uomo-suono al fine diavviare processi diagnostici e terapeutici.L’applicazione del modello si basa sulla libera im-provvisazione in musicoterapia (musicoterapia at-tiva).Le finalità dell’intervento musicoterapico così con-cepito sono in rapporto alla nascita e allo sviluppodi processi comunicativo-relazionali attraversoaspetti regressivi, catartici e riparatori favoriti dallapresenza dell’elemento sonoro-musicale nel conte-sto non verbale.L’origine psicodinamica del modello implica daparte del musicoterapista l’assunzione di un atteg-giamento di osservazione, attesa, ascolto empaticoe non direttività.Infatti secondo l’orientamento psicoanalitico (acui fanno riferimento le terapie introspettive) l’a-stensione dall’azione contatta le vere emozioni esviluppa il pensiero.Il modello benenzoniano è prevalentemente utiliz-zato in ambiti clinici nei quali sia presente un defi-cit della comunicazione e della relazione di naturapsicogena e/o organica.Al centro dell’approccio benenzoniano troviamo ilconcetto di Iso.Tale principio rappresenta il vissuto sonoro di ogniindividuo, sintetizza la nozione dell’esistenza di unsuono o di un insieme di suoni o di fenomeni so-nori (di natura dinamica) che ci caratterizzano eche di individualizzano.Se l’Iso permette al musicoterapista il contatto conil paziente, l’“oggetto intermediario” diventa l’ele-mento fondamentale per poter sviluppare la rela-zione superando le eventuali resistenze, inibizionie angosce nei confronti dell’altro.L’analisi e l’interpretazione della seduta utilizza co-me chiave di lettura i processi transferali e contro-transferali e ciò richiede una costante supervisionee un adeguato training personale che nel modellodi realizza attraverso la Musicoterapia Didattica(tecnica attraverso la quale il musicoterapista inda-ga la propria identità sonoro-musicale e le propriecaratteristiche intra- e inter-personali attraverso un

percorso assimilabile a un processo musicoterapi-co guidato da un formatore-didatta).Anche dal punto di vista metodologico si sta cer-cando di sistematizzare l’intervento musicoterapi-co rivolto alle demenze 1.Il trattamento terapeutico sopra menzionato appa-re come non invasivo e pertanto non esistono spe-cifiche controindicazioni.Le prescrizioni di trattamento sembrano supporreuna indicazione particolare per persone con CDRda 1 a 3, anche con gravi disturbi psichici e/o com-portamentali.In relazione alla gravità è possibile proporre un in-tervento individuale o di piccolo gruppo (3-4 pa-zienti).È importante accertare la disponibilità del pazientedemente, ma anche verificare l’idoneità al tratta-mento attraverso una specifica valutazione musi-coterapica: si tratta di cogliere la sensibilità e le po-tenzialità evolutive espresse dalla persona nellospecifico setting rispetto all’elemento sonoro-mu-sicale.Dopo il contratto terapeutico, introdotto nei casiin cui ne è possibile la realizzazione e nel quale èimportante sottolineare la valenza e l’impostazioneterapeutica dell’intervento, inizia il trattamento.Le sedute (che hanno una cadenza bi- o tri-settima-nale e una durata massima stabilita che general-mente non supera i trenta minuti) si svolgono inuna stanza di dimensioni equilibrate, isolata acusti-camente e priva di stimoli potenzialmente interfe-renti o disturbanti.Il setting strumentale deve essere essenziale, facil-mente accessibile e possibilmente deve rimanereinvariato nel tempo.Le consegne sono tendenzialmente non verbali enon direttive.Le consegne verbali e in generale le verbalizzazio-ni vengono utilizzate qualora si renda necessarioorientare i pazienti nel setting musicoterapico o as-sumere un atteggiamento contenitivo e tranquilliz-zante.Nella fase operativa il musicoterapista potrà:a) stimolare il paziente nel caso in cui questo non

interagisca attraverso l’impiego di materiale so-noro-musicale; lo stimolo proposto può deter-minare una embrionale forma di comunicazio-ne oppure può facilitare una semplice forma dicoinvolgimento attentivo ed emotivo senza chesi pervenga necessariamente a una vera e pro-pria interazione attraverso l’impiego condivisodel materiale sonoro-musicale;

b) riprendere, elaborare e rimandare le produzionisonoro-musicali spontanee emergenti dal con-

Page 49: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

MUSICOTERAPIA E DEMENZE: TEORIA, APPLICAZIONE E RICERCA 531

testo musicoterapico, nel caso in cui il pazientesia propositivo.

Attraverso il rispecchiamento, che via via si allon-tana sempre più dall’imitazione per diventare con-divisione parziale del messaggio sonoro-musicale econtemporaneamente introduzione di novità (te-ma con variazioni), si può giungere a un dialogo so-noro improntato sull’allargamento del progettoespressivo e sulla condivisione emotiva di uno sta-to d’animo.Si tratta in definitiva di rivestire di significato affet-tivo ed emozionale il messaggio sonoro che diven-ta così strutturante o ri-strutturante.La verifica dell’intervento avviene, a seconda chequesto si attui in un contesto clinico o di ricerca,su vari piani che enfatizzano le osservazioni estra-polate dal “processo” (ciò che accade nella sedutadi musicoterapia) o i dati che derivano dalla valu-tazione degli “esiti” (i risultati dell’intervento chesi riscontrano esternamente al setting).Nel primo caso vengono impiegati protocolli di os-servazione di matrice qualitativa che produconoosservazioni relative alle interazioni sonoro-musi-cali e alle dinamiche relazionali prodotte nella se-duta; nel secondo caso le verifiche si effettuanoutilizzando strumenti clinici di valutazione.La conclusione del trattamento viene messa in evi-denza da alcuni fattori relazionali tra cui la stabiliz-zazione dei cambiamenti, riscontrabile ancheesternamente al setting musicoterapico o, talvolta,da situazioni di disinvestimento attuate dal pazien-te nelle sedute.È importante accertare che questi eventi non sianol’espressione, in itinere, di una crisi della relazionenel trattamento.Ciò quindi richiede un’attenta autoanalisi da partedel musicoterapista oltre che un’approfondita va-lutazione da parte dell’équipe che ha in carico ilpaziente.Frequentemente per il paziente demente il termi-ne del trattamento coincide con l’aggravarsi dellostato generale di salute e dei deficit.Come anticipato uno dei punti fondamentali per lamusicoterapia è rappresentato dalla necessità diacquisire dati che comprovino l’efficacia dei tratta-menti e di analizzare i processi in essi implicati.Nonostante l’esiguità di studi controllati o condot-

ti con rigore scientifico, la letteratura mostra l’effi-cacia della terapia musicale nelle demenze e nellaMalattia di Alzheimer, attraverso dati importanti edocumentati.Oltre alla letteratura ormai nota, di cui si trova trac-cia anche nel Cochrane Database 11, riteniamo par-ticolarmente interessanti gli studi giapponesi rea-lizzati presso la School of Nursing del Mie Prefec-tual College of Nursing che dimostrano, attraversotrials clinici controllati, come la musicoterapia agi-sca positivamente e coerentemente sui disturbicomportamentali e sulla diminuzione del livello distress nei pazienti dementi 12 13.La novità di questi studi è data dall’utilizzo combi-nato di strumenti di valutazione tradizionali (comead es. MMSE, GBS, MOSES) e di indicatori biologiciquali la Cromogranina A della saliva e l’Immuno-globulina A per la rilevazione dello stress e dellostato immunologico.In Italia si ricorda il lavoro di ricerca che si svolgepresso la Fondazione Sospiro (Cremona) dove starealizzando uno studio multicentrico sull’applica-zione della musicoterapia nelle demenze di gradomoderato-severo. Dai risultati emerge che l’inter-vento ha incrementato la relazione con i pazienti eha ridotto (in modo statisticamente significativo) lafrequenza e la gravità dei disturbi comportamenta-li, determinando un complessivo miglioramentodella qualità di vita dei pazienti e facilitando gli in-terventi assistenziali 1.Un altro importante studio è stato promosso dal Di-partimento di Geriatria e Riabilitazione AziendaULSS 13 di Mirano (sede di Dolo) relativamente al-l’incidenza dell’intervento musicoterapico sui sin-tomi ansioso-depressivi in pazienti affetti da de-menza in stadio iniziale.Lo studio, in corso di svolgimento, a cui prendeparte anche la Fondazione Sospiro, sta fornendo iprimi dati dai quali si evince un chiaro effetto be-nefico della musicoterapia sui sintomi sopra men-zionati.Ci auguriamo che il presente scritto possa contri-buire al dibattito relativo all’applicazione della mu-sicoterapia nelle demenze e possa essere considera-to un tentativo di creare le premesse scientifiche diuna disciplina le cui potenzialità terapeutiche emer-gono con crescente evidenza dalle sue applicazioni.

La musicoterapia si sta avviando verso un pro-cesso di sistematizzazione che ne incrementa ilsuo livello di scientificità. Ciò implica riflessionisul piano teorico e applicativo, attraverso unosforzo rigoroso che renda maggiormente coeren-

te il rapporto teoria e prassi e che introduca la ri-cerca scientifica quale elemento imprescindibiledella disciplina. A partire dal significato biologi-co-relazionale assunto dal suono e dal suo ruolodi principio organizzatore dello sviluppo dell’in-

Page 50: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

A. RAGLIO, D. VILLANI532

BIBLIOGRAFIA

1 Raglio A, Manarolo G, Villani D, a cura di. Musicoterapia e

Malattia di Alzheimer: proposte applicative e ipotesi di ri-

cerca. Torino: Cosmopolis 2001.2 Stern D. The Interpersonal World of the infant. New York:

Basic Book 1985.3 Trevarthen C, Aitken KJ. Infant Intersubjectivity: Resear-

ch, theory, and clinical applications. J Child Psychol Psy-ch 2001;1:3-48.

4 Tronick EZ. Emotions and Emotional Communication in

Infants. Am Psychologist 1989;44:112-9.5 Stern D. The Present Moment in Psychotherapy and

Everyday Life. London: Norton & Company Ltd. 2004.6 Langer SK. Feeling and form. New York: Charles Scrib-

ner’s Son 1953.7 Mancia M. Riflessioni Psicoanalitiche sul linguaggio mu-

sicale. In: Carollo R, a cura di. Psicoanalisi e musica. Le

forme dell’immaginario. Bergamo: Moretti e Vitali 1998,pp. 83-92.

8 Benenzon RO. La Nuova Musicoterapia. Roma: Phoenix1997.

9 Alridge D. Alzheimer’s disease: rythm, timing and music

as therapy. Biomed Pharmacother 1994;48:275-81.10 Benenzon RO. Manual de musicoterapia. Barcelona: Pai-

dos Iberica 1981.11 Vink AC, Birks JS, Bruinsma MS, Scholten RJ. Music the-

rapy for people with dementia. Cochrane Database SystRev 2004;CD003477.

12 Suzuki M, Kanamori M, Watanabe M, Nagasawa S, KojimaE, Ooshiro H, et al. Behavioral and endocrinological eva-

luation of music therapy for elderly patients with de-

mentia. Nurs Health Sci 2004;6:8-11.13 Suzuki M, Kanamori M, Nagasawa S, Saruhara T. Behavio-

ral, stress and immunological evaluation methods of

music therapy in elderly patients with senile dementia.

Nippon Ronen Igakkai Zasshi 2005;42:74-82.

dividuo, il lavoro descrive le linee teoriche del-l’intervento musicoterapico basato sull’improvvi-sazione sonoro-musicale e le sue linee applicati-ve. I riferimenti teorici sono riconducibili ai con-cetti psicologici di “intersoggettività” e “regola-zione delle emozioni” che esplicitano l’idea se-condo cui l’individuo utilizza competenze innateche lo pongono in rapporto all’altro, contribuen-do allo sviluppo affettivo e cognitivo. In tal sensosi ritiene che la musicoterapia metta in gioco unacomunicazione arcaica, legata a percorsi senso-

riali ed espressivi (di cui il suono può essere vei-colo) che si palesano naturalmente all’altro e chevengono condivisi e compresi attraverso canalipsico-corporei. Nonostante l’esiguità di studicontrollati e/o randomizzati, nella letteratura so-no tuttavia presenti altri studi che mostrano, at-traverso dati importanti e documentati, l’efficaciadella terapia musicale nelle demenze.

Parole chiave: Relazione • Improvvisazione so-noro/musicale • Scientificità

Page 51: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:533-535

LA MUSICOTERAPIA

Rapporti tra musicoterapia ed arteterapie

Relationship between music therapy and art therapy

C. MARCOTTI

Altana Coop. Sociale ONLUS, Cremona

Music Therapy and the others therapies are essential connected in the area ofinterpersonal relations. Let us look, in the second half of the last century, at thebirth and at the progressive building of methods that revive the expressive ca-pacities (Talent) that exist in every person, with a therapeutic purpose and nolonger only aesthetic. The uniqueness of every individual confirms and drivesthe different methods that exit precisely for responding to human uniqueness.The concept of Therapy recovers at essential value (and not additive) the “Time”and the capacity of the individual.

Key words: Art Therapy • Person • Relation • Expression

Il tema della relazione è già di per sé molto accattivante e stimolante perché po-trebbe anche essere riassunto in un solo minuto e, personalmente, mi piaccionomolto le cose sintetiche e le persone che hanno il dono della sintesi. Credo che sin-tesi sia spesso sinonimo di chiarezza. Anche da musicista ho sempre apprezzatochi non “riempie” troppo, e lascia spazio anche ai silenzi, alle pause. Ma, come avoler mostrare anche l’altra faccia della medaglia, lo stesso tema così ampio e cu-rioso potrebbe tenerci qui un giorno intero a discutere. Iniziamo dicendo che lamusica o meglio il suono come forma di espressione si inserisce naturalmente den-tro il percorso artistico in quanto arte. Va ricordato però che il percorso artisticoin questione è sganciato dal giudizio estetico, perché forma di espressione e co-municazione priva di ogni elemento atto ad essere giudicato. Per intenderci me-glio non esiste possibilità che un prodotto arteterapico sia bello o brutto, sottopo-sto cioè a quella classificazione che tendenzialmente si riserva alle produzioni arti-stiche. Come vedete abbiamo inserito anche il termine terapia ma non è mio com-pito andare a chiarire in profondità perché un’arte può diventare, anzi è una for-ma di terapia. Dobbiamo invece capire perché tutte queste forme esistono, hannouna forma e vita propria, un percorso strutturato, modelli di riferimento e sono traloro uniti da un filo rosso comune. Mi rifaccio ad un concetto semplice, a me mol-to caro, ma spesso, troppo spesso dimenticato: l’unicità della persona! È questo ilpunto focale di tutta la questione, il tema che risponde all’argomento che stiamotrattando. La musicoterapia è in stretto legame con le altre artiterapie in quantoespressione dell’individuo e del proprio talento interno, come il bambino che nelgioco sperimenta se stesso e trova poi una forma più concreta nella sua realtà diadulto, ma arte non totalmente esaustiva e quindi supportata dal percorso tera-peutico. E proprio per quel concetto di unicità della persona, che noi viviamo e di-fendiamo costantemente, le artiterapie non possono che essere differenti forme diesternazione. Ogni forma è linguaggio, una possibilità, un idioma diverso con ilquale la persona sceglie di comunicare una parte di sé. Perché la pietra sulla quale

n Corrispondenza: dott. C. Marcotti, Altana Coop. Sociale srl ONLUS, via XI Febbraio 66A/68,26100 Cremona - Tel. +39 0372 412334 - Fax +39 0372 24617 - E-mail: [email protected] - Sito di ri-ferimento: www.altanacooperativa.com

Società Italiana diGerontologia e

Geriatria

PACINIeditore

Page 52: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

C. MARCOTTI534

poggiano tutti questi tipi di intervento è quella del-la relazione, della comunicazione. Un nuovo terre-no dove i protagonisti parlano un linguaggio con-diviso, nel quale spariscono possibili incompren-sioni ed emergono tratti comuni. La storia delle dif-ferenti culture ci ha dato nel tempo numerosi se-gnali di come questo linguaggio fosse già in uso, ba-sti pensare ai tatuaggi delle tribù Maori o ai dipintinelle grotte della preistoria. Non stiamo scoprendol’America ma stiamo pian piano tornandoci. Perchése nessuno dopo Cristoforo Colombo fosse torna-to, rendendo cioè quel percorso e quell’esperienzauna via conosciuta, ripercorribile con la stessa pos-sibilità di un esito positivo ora avremmo tra le ma-ni solamente il racconto di un bel viaggio. È qui,dove i percorsi prendono valore, dove la parola te-rapia si solidifica rendendo anche il tratto artisticosignificativo. Dobbiamo poter dire che esiste unastrada (che è il metodo) percorribile, misurabile ereplicabile. Ci resta ora da capire come queste artipossano avere un’utilità completa. A questo puntoritengo doverosa una parentesi più tecnica. Fareuna precisa classificazione delle artiterapie non èsemplice, ma si può dire che i percorsi di Musico-terapia, Danza Movimento Terapia, Teatro Terapia,Comico Terapia (ricordate Patch Adams!) Artitera-pie (intendendo chi usa materiale pittorico, sculto-reo ecc.) rimangono i percorsi più conosciuti ed af-fermati. In particolare nelle RSA iniziano a propor-si tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 1, con-temporaneamente ad una crescita di attenzioneverso il “fenomeno” anziano e alle patologie ad es-so connesse. Si è assistito all’epoca ad una modifi-cazione significativa dell’attenzione, iniziando a re-cuperare stabilmente il concetto di “persona nel-l’età anziana” ed abbandonando progressivamentequello di “persona anziana”. Questa è una differen-za sottile ma sostanziale perché nel primo caso par-liamo di un soggetto attivo, nel secondo prevaleuna staticità. Recuperato quindi il concetto sopracitato si iniziano ad approntare percorsi con la pre-cisa finalità di intervenire e modificare stati di disa-gio, recuperando le dimensioni propositiva e affet-tiva. Si iniziano a vedere e toccare con mano “ef-fetti sugli affetti”, si inizia a permettere un’integra-zione fra processi di recupero cognitivo, di azionesui disturbi comportamentali, di modifica del tonodell’umore. È una strada nuova che recupera unconcetto antico! Non mi è possibile soffermarmisull’esposizione di risultati. Per comprendere me-glio nel concreto i risultati delle esperienze sopracitate mi sia concesso di rimandarVi ad un volume“Setting Arteterapeutici e Clinica Sociale” che rac-coglie le esperienze della Cooperativa Altana di

Cremona con la quale collaboro da anni. Infine mipreme sottolineare il concetto di talento 2 che spes-so noi releghiamo in quel contenitore magico chesolo alcune persone hanno, dal quale senza sforzoe come per incanto, escono capacità musicale,sportive, teatrali, pittoriche e cinematograficheche rendono la persona un personaggio noto e fa-moso. È corretto questo processo ma manca di unpiccolo passaggio: nessuno è privo di talento, ognipersona ha, nella sua parte autentica e più profon-da un talento, una sua vera natura. Chi non haun’”arte” propria? Chi non ha mai provato a dise-gnare, a dipingere, scrivere poesie, recitare, canta-re o suonare senza mai avere il coraggio di esporsitemendo di essere sottoposto a classificazioni di va-lore? Non possiamo negare questa evidenza, nonpossiamo negare che c’è qualcosa in noi di piùprofondo che se ostacolato potrebbe addiritturafarci male. Vorrebbe dire sminuirci, limitarci, pen-sare di avere un valore solo a tratti. Lavoriamo conle persone anziane e questa è una notevole respon-sabilità. Ho trentacinque anni e ogni tanto mi do-mando se è maggiore il tempo che ho vissuto oquello che mi rimarrà da vivere, figuriamoci a ot-tanta anni!!! Ma indipendentemente da questo unacosa non accetto e non accetterò mai: che qualcu-no mi impedisca di esprimermi. Tempo fa ho lettouna bellissima riflessione di Madre Teresa di Cal-cutta diceva:

“Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,i capelli diventano bianchi,i giorni si trasformano in anni …però ciò che è importante non cambia;la tua forza e la tua convinzione non hanno età.Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di par-tenza.Dietro ogni successo c’è un’altra delusione.Fino a quando sei viva, sentiti viva.Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.Non vivere di foto ingiallite … insisti anche setutti si aspettano che abbandoni.Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c’èin te.Fai in modo che invece che compassione, ti por-tino rispetto.Quando a causa degli anni non potrai correre,cammina veloce.Quando non potrai camminare veloce,cammina.Quando non potrai camminare, usa il bastone.Però non trattenerti mai!!!”

Page 53: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

RAPPORTI TRA MUSICOTERAPIA ED ARTETERAPIE 535

L’essenzialità del rapporto tra la musicoterapia ele altre artiterapie va contestualizzato nell’arcorelazionale. Assistiamo, nella seconda metà delsecolo scorso, alla nascita ed alla successiva strut-turazione di percorsi che recuperano le capacitàespressive (talento) insite in ogni persona, con fi-nalità terapeutiche e non più solo estetiche. L’u-nicità di ogni individuo avvalora e dà forza ai dif-

ferenti percorsi, esistenti proprio per risponderealle singolarità umane. Il concetto di terapia re-cupera a valore essenziale (e non aggiunto) il“tempo” e la capacità dell’individuo.

Parole chiave: Arteterapia • Persona • Relazione• Espressione

Se non ci avessero insegnato ad “essere” come sa-rebbe la nostra vita? Voglio recuperare anche que-sto concetto: essere. Potersi esprimere liberamen-te per ciò che si è. Quello che prende valore nelpercorso arteterapico non è la produzione esteticama il beneficio che “l’esposizione” procura al sog-getto praticante. Si recupera cioè il senso di “urlo”della malattia. Ricerca di un senso che passa attra-verso le “arti rinnovate”, in grado di guarire fun-zioni vitali. Ecco che appare chiaro allora quel filerouge che unisce ogni tipo di arte e di percorso ar-teterapico. Espressione del sé più profondo cana-lizzata in un percorso strutturato e riconosciuto ingrado di portare significative modificazioni nellostato di salute psico-fisica della persona. Concludo:

come spesso si dice il mondo va sempre più velo-ce, è moderno. Troppo? Forse sì. Mi piace consi-derare ancora il “tempo dell’altro” 3 perché è sem-pre l’altro che ci dice dove vuole andare, con chivuole andare e soprattutto come ci vuole andare.Non siamo più abituati ad ascoltare, viaggiamo suun binario prestabilito, su un percorso nostro eperciò non abbiamo mai tempo. Non è un buon se-gno. Ho una sola preoccupazione al giorno d’oggi,e credo che sia anche una preoccupazione consciao inconscia che hanno o dovrebbero avere tutti gliarteterapisti. È quella che io chiamo il triplo “che”:che non vuoi essere se non dove sei, che non vuoiessere se non quello che sei, che non vuoi averese non quello che hai.

BIBLIOGRAFIA

1 Setting Arteterapeutici e Clinica Sociale.2 Morelli. Il talento. Riza Edizioni.3 Saint Exupery. Il piccolo principe Edizione Bompiani.

Page 54: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

G GERONTOL 2005;53:536-539536

Corso di ginnastica della mente per anziani condemenza in C.P.

M. Tacchi, S. Gazzola

Istituto E. Andreoli, Borgonovo V.T. (PC)

L’esperienza nasce dalla collaborazione tra professionalitàdiverse: educatore e terapista della riabilitazione e da unaesigenza pratica che era quella di poter utilizzare materia-le adatto ed adattato per le sedute di riabilitazione cogniti-va che noi abbiamo chiamato “Corso di ginnastica dellamente”. Abbiamo, dopo due anni di lavoro, definito il me-todo ed iniziato un percorso formativo rivolto ad altri col-laboratori. I destinatari del corso sono gli anziani, uomini e donne, re-sidenti in Casa Protetta, di età compresa tra 68 e 92 anni,con diagnosi di demenza (G.D.S. stadio 4 e 5 demenza lie-ve-moderata).Scopo della ricerca. È quello di testare il materiale prodot-to all’interno di un setting riabilitativo specifico.Il metodo si inserisce nei programmi di r.c., viene utilizza-to per influenzare positivamente non solo la performancecognitiva ma complessivamente la sfera mentale dei pa-zienti. Materiali e metodi. Il metodo si pone a livello intermediotra ROT e Validation , cercando di inserire stimoli cogniti-vi di orientamento, di allenamento della memoria, di fluen-za verbale, di prassia costruttiva ecc. in un contesto il piùpossibile validante. L’utilizzo di schede opportunamente adattate guida l’an-ziano in un percorso di orientamento e lo stimola alla scrit-tura e lettura, all’attenzione, allo svolgimento di un com-pito dato, vedendo il risultato prodotto. Parte della sedutaè dedicata al riconoscimento di immagini proposte attra-verso 90 disegni e foto (carte della memoria) che possonoessere divise in categorie, messe in relazione tra loro, scel-te e colorate a piacere, inoltre le carte si prestano ad esse-re utilizzate come gioco in una tombola figurata in cui siassociano figure e parole. Il materiale è stato completa-mente auto prodotto avvalendosi dell’aiuto di una dise-gnatrice. La scelta delle immagini da rappresentare è statafatta per tentativi preferendo le immagini più evocativeper gli anziani e vicine al loro mondo.La scelta del gruppo è stata fatta utilizzando il M.M.S.E., ilrange stabilito va da 13 a 24 punti.In due anni si sono tenuti 4 “Corsi di ginnastica della men-te” in cicli bisettimanali di 16 sedute ciascuno. Ciascunaseduta ha una durata di circa 40 minuti. Ciascun gruppocoinvolge non più di 6 anziani guidati da 2 conduttori.Risultati. I casi presi in considerazione sono ad oggi unaventina, quelli trattati almeno in un ciclo sono 6, quelli chesono inseriti nel progetto da più cicli sono 10, 4 non han-no portato a termine l’esperienza, le motivazioni sono dariferirsi nella maggior parte dei casi a problemi di salutegravi ed acuti, 2 di queste hanno ripreso l’attività nei ciclisuccessivi.Conclusioni.Questi dati seppur limitati ci fanno riflettere sui fattori disuccesso ed insuccesso dei corsi. Innanzitutto le patologieassociate hanno condizionato la possibilità di parteciparealle sedute, è evidente che molte assenze diminuiscono le

opportunità di ricevere stimoli positivi. I pz. che hanno ri-cevuto un beneficio evidente, sono anziani in buona salu-te che anche nella quotidianità sono impegnati in attivitàdi animazione ed occupazionali. Non è un caso che le per-sone che mantengono le loro autonomie, riescano a ral-lentare in modo più efficace il decorso della malattia. Perquesto crediamo che il Corso debba essere inserito in unpiù ampio approccio riabilitativo che riguardi gli spazi e itempi di vita. È significativo rilevare che anche l’utilizzo divincoli e le limitazioni motorie possono influire negativa-mente sulla capacità percettiva e quindi sulla cognitività. Iltono dell’umore viene influenzato positivamente, solo inun caso la depressione grave ha inficiato l’intervento. Ab-biamo inoltre osservato che l’ambiente socio-culturale diprovenienza condiziona positivamente la qualità parteci-pativa alle sedute, i pz. che hanno avuto esperienze lavo-rative più varie in ambienti cittadini o di paese sono più at-tivi e produttivi durante le sedute. I risultati ottenuti ci spronano a continuare con il metodo“ginnastica della mente” poiché crediamo che la cogniti-vità, come recupero di identità, sia alla base nel processodi rallentamento della malattia.

Musicoterapia e Malattia di Alzheimer: l’esperienzaclinica in un centro diurno

C. Busonera, R.Todde, V. Putzu, P.F. PutzuCentro Diurno Riabilitativo Alzheimer, Divisione Geria-

tria P. O. SS. Trinità ASL 8, Cagliari

Scopo della ricerca. Valutare la reale efficacia e funzio-nalità della musicoterapia come tecnica riabilitativa nellaMalattia di Alzheimer (AD).Materiali e metodi. Lo studio ha coinvolto 8 pazientiospiti del Centro Diurno Riabilitativo Alzheimer dell’ASL 8di Cagliari affetti da AD probabile o possibile secondo i cri-teri del DSM-IV e del NINCDS-ADRDA.

MMSE iniz. MMSE fin.

F A 17 20C A 20 22M E 14 18F B 17 16M A 15 17O C 16 10P R 17 14Z R 17 23SgM 18 22D E 21 17C L 13 17CC 18 21P P 15 22G E 18 14L R 22 25C G 19 NrS M 12 Nr N C 16 Nr B G 14 Nr

Page 55: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

CORSO RIABILITAZIONE 537

I pazienti sono stati valutati con test neuropsicometrici albaseline, dopo 4 mesi e alla fine dello studio (7 mesi).I test somministrati, creati ai fini della ricerca, valutano di-verse abilità senso-motorie con un punteggio che va da 0(funzioni nulle) ad un massimo di 3 (funzioni buone):- test 1 per la valutazione delle agnosie, aprassie e afasie;- test 2 per la valutazione psicomotoria (percezione del

proprio corpo, dello schema corporeo, orientamentodel proprio corpo nello spazio, percezione e struttura-zione del tempo);

- test 3 per la valutazione delle abilità motorie (equilibriogenerale, conoscenza del proprio corpo, schema cor-poreo, orientamento spaziale).

Le sedute di musicoterapia sono state svolte in gruppo concadenza trisettimanale e durata di 60 minuti circa. Le con-segne verbali, direttive e semidirettive sono state scelte ap-positamente per non creare ansia e stress e per facilitare l’a-pertura di canali comunicativi. Ogni seduta è stata divisa indue momenti della durata di circa 30 minuti ciascuno:1) l’elemento sonoro musicale, scelto dal musicoterapista,

è stato utilizzato per stimolare attività psicomotorie spe-cifiche ed introdurre concetti spazio-temporali (lonta-no/vicino, sopra/sotto ecc.); l’utilizzo di ritmi di inten-sità e dinamiche sonore diverse ha permesso di esegui-re esercizi di difficoltà crescenti;

2) in un secondo momento sono state proposte delle rit-miche semplici e complesse da parte del musicoterapi-sta e dei pazienti a turno utilizzando il proprio corpo, lavoce o uno strumento a scelta.

Risultati. Nelle specifiche aree prese in esame abbiamoottenuto i seguenti risultati:- sono migliorate le capacità motorie, l’equilibrio, la cono-

scenza del proprio corpo e dell’orientamento spaziale;- è migliorata la percezione, attraverso i sensi, del mondo

circostante ed interiore;- è migliorata la percezione del tempo e dei parametri del

suono;- è migliorata la capacità di rilassamento del tono musco-

lare.Le sedute di musicoterapia hanno permesso a questi pa-zienti di esprimere, attraverso il corpo, la voce e tutto il lo-ro essere interiore, emozioni, sentimenti e ricordi. L’utiliz-zo di diversi parametri musicali quali l’intensità, la durataetc ha favorito l’apertura di nuovi canali di comunicazioneutilizzabili anche in altre tecniche riabilitative. Il suono, fa-cilitando la creazione di nuove connessioni neuronali, hapermesso l’interiorizzazione di concetti spazio-temporaliutilizzabili fuori dal setting musicoterapico. Le abilità mo-torie e sensoriali, stimolate durante le sedute, hanno avutoripercussioni positive nella vita quotidiana, migliorando ilgrado di autonomia. Le sedute, svolte in un ambiente ri-lassante e conosciuto, hanno favorito la socializzazione e lapartecipazione limitando l’ansia e lo stress da prestazione.Conclusioni. Dai dati raccolti emerge quanto sia impor-tante stimolare la persona affetta da AD con terapie multi-disciplinari che coinvolgano non soltanto la sfera cogniti-va ma tutto il loro essere percettivo. La musicoterapia, co-me le altre tecniche riabilitative, hanno come fine quellodi aiutare i pazienti affetti da AD a mantenere inalterate lecapacità residue e, dove possibile, stabilizzare le capacitàperse. In questi pazienti stimolare una risposta anche mi-

nima è già una conquista importantissima nella comples-sità del quadro clinico.Il nostro compito come musicoterapisti è quello di fornireal paziente un mezzo alternativo per comunicare col mon-do interno ed esterno, migliorando per quanto possibile laqualità della vita quotidiana.

Efficacia dell’ascolto dinamico sul tono dell’umore inpersone affette da Malattia di Alzheimer

C. Croce*, L. Losapio*, C. Tortosa**, L. Scortichini***

* Educatori professionali; ** Psicologa clinica; *** Opera-

tore di musicoterapia; Centro di riabilitazione Alzhei-

mer, Casa Divina Provvidenza, Bisceglie

Introduzione. Il processo riabilitativo nella persona affet-ta da Malattia di Alzheimer (M.A.) punta molto sull’aspettocognitivo. La pratica clinica presso il centro di Riabilita-zione ha permesso di mettere in evidenza come sia possi-bile stimolare il miglioramento del tono dell’umore dellapersona affetta da Alzheimer; in tal senso l’attività di Ascol-to Dinamico (attività musicale terapeutica) permette di ef-fettuare la stimolazione su un gruppo di partecipanti allar-gato fino a 20 persone.La permanenza degli ospiti presso il Centro di Riabilitazio-ne non supera i 105 gg. Scopo della ricerca è dimostrare come nelle persone af-fette da M.A. la partecipazione all’attività di Ascolto Dina-mico sia in grado di modificare il tono dell’umore.Per Ascolto Dinamico si intende l’associazione di melodia,parole, ritmo e movimento finalizzata sia alla stimolazionecognitiva che fisica.Materiali e metodi. È stato studiato un campione di 5soggetti con M.A. in diverse fasi che abbiano effettuatodue ricoveri; al secondo ricovero nel ciclo riabilitativo siacognitivo che motorio è stata aggiunta anche la partecipa-zione all’attività di Ascolto Dinamico.Il gruppo è composto di soggetti con età media di 78 annied una scolarità di 2,6 anni; hanno un M.M.S.E. inferiore a24; a tutti è stata somministrata la scala di Hamilton per ladepressione, ad alcuni anche la Geriatric Depression Sca-le, evidenziando diversi livelli di depressione.Tutti i soggetti hanno partecipato alle sedute svolte confrequenza bisettimanale. I materiali utilizzati consistono inun riproduttore musicale (hi-fi stereo e lettore cd) e cd dimusiche anni ’50-’60 che sono rimaste le stesse per tutto ilciclo delle sedute al fine di favorire l’orientamento dei par-tecipanti.Metodi. La seduta di Ascolto Dinamico si articola in diver-si momenti: (1) saluto cantato: ogni ospite pronuncia ilsuo nome e tutti gli altri lo ripetono cantando un ritornel-lo; (2) canto libero: ogni ospite è libero di cantare con eper gli altri ospiti; (3) canto e movimento: costituisce ilmomento principale in cui si impara o si rievoca una fila-strocca; (4) ballo: momento dedicato all’interazione tra gliospiti e al contatto fisico.Attraverso l’azione sul tono dell’umore si è reso evidentecome la stimolazione di una particolare emozione permet-ta l’accesso al magazzino mnestico o l’immagazzinamentodi nuove informazioni; più precisamente l’ascolto di brani

Page 56: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

COMUNICAZIONI E POSTER538

di anni ’50-’60 stimolano la rievocazione di momenti pas-sati (reminiscenza) mentre a stimolazione di un miglioretono dell’umore associato all’apprendimento di una fila-strocca divertente permette l’immagazzinamento di nuovielementi.Risultati. La partecipazione all’attività di Ascolto Dinami-co favorisce il raggiungimento di un migliore tono dell’u-more. Infatti, come si evince dai risultati al momento delladimissione del secondo ricovero, alla valutazione della de-pressione c’è stato uno scarto di 7 punti in media alla Ha-milton e di 10 punti in media alla G.D.S., che hanno per-messo ai soggetti di passare da una depressione lieve-mo-derata a un punteggio nella norma non indicatore di de-pressione. Non solo, ma anche i risultati ottenuti alM.M.S.E. hanno mostrato una stabilizzazione su punteggipiù alti. Tali risultati sono stati supportati anche da un in-cremento dell’iniziativa personale e una maggiore disponi-bilità all’interazione sociale.

Conclusioni. Nella riabilitazione della persona con M.A. èdi fondamentale importanza unire al processo riabilitativodi tipo cognitivo un’attività che consenta di migliorare iltono dell’umore favorendo l’iniziativa personale, l’intera-zione sociale e stimolando le capacità cognitive residuepuntando maggiormente sulla memoria.

Caffè Alzheimer: integrazione sociale e riabilitazione

F.A. Salvoni, C. Guidi, R. CastelvecchiAssociazione “Don Franco Baroni”, Lucca

La malattia di Alzheimer si caratterizza come una sindromedemenziale ad andamento cronico progressivo di entità ta-le da compromettere inesorabilmente la vita di relazione.Per assistere questo tipo di ammalati è necessario che il ca-regiver riduca progressivamente fino ad interromperlicompletamente, tutti i contatti sociali. L’assistenza occupaa tempo pieno e sembra che non vi possa essere spazioper niente altro. Accanto a questo aspetto osserva anchel’instaurarsi di una sorta di vergogna da parte dei familiarinel mostrare alla società il congiunto ammalato. La sua ina-deguatezza, provocando imbarazzo, tende a favorire l’iso-lamento; il malato, inoltre, non riuscendo d espletare inmodo corretto la comunicazioi tende a rinunciarvi, conconseguente peggioramento funzionale. In particolare vasottolineato che l’isolamento colpisce anche, evidente-mente, chi assiste e questo, avendo ripercussioni sull’e-

quilibrio psicologico, di fatto, peggiora la qualità dell’assi-stenza. Di conseguenza danni per il malato e per chi assi-ste e, più in generale, scadimento della qualità dell’inter-verento assistenziale. L’esperienza del Caffè Alzheimer ènata proprio per combattere l’isolamento sociale e, attra-verso il recupero di contatti e scambi interpersonali, favo-rire il mantenimento di abilità e funzioni altrimenti desti-nate ad essere perdute anche perché non utilizz adeguata-mente. Gli scopi che gli autori del progetto hanno intesoperseguire sono i seguenti: 1. Combattere l’isolamento favorendo il mantenimento di

contatti sociali sia per il malato che per i suoi familiari.2. Riabilitare il malato e i familiari, proprio attraverso que-

sti contatti, per mantenere e migliorare le capacità rela-zionali.

3. Migliore la qualità dell’assistenza.4. Allontanare lo spettro del burnout con possibili scenari

di istituzionalizzazione.

5. Controbattere l’affermazione che la Malattia di Alzheimer,almeno nelle prime fasi, non consenta vita di relazione.

Si tratta di incontri in luoghi pubblici (solitamente esercizicommerciali quali bar o caffè) tra ammalati, familiari e ope-ratori di assistenza, e avvengono alla presenza dei fre-quentatori abituali di tali esercizi. Durante questi incontri,che hanno solitamente cadenza mensile vengono svolte at-tività ludico/ricreative (giochi, balli, canti, karaoke) e, con-temporaneamente, esperti dell’argomento intrattengonosu temi inerenti la malattia. Si parla, in un clima insolito esdrammatizzante, in piena libertà e con il contributo di tut-ti gli astanti, di aspetti particolari e nuovi della patologia.Spesso anche, gli avventori del locale, estranei al proble-ma, si interessano e partecipano. Vi è poi una fase convi-viale in cui si consuma un rinfresco servito dai camerieridel locale. La partecipazione degli ammalati andata via viaaumentando sia dal punto di vista numerico che come in-teresse e disponibilità. Possiamo affermare di aver rag-giunto i seguenti risultati:1. Far uscire, almeno una volta al mese, malati, familiari e

operatori assistenzi dall’isolamento casalingo, predispo-nendo ad un autonomo incremento di scambi interper-sonali.

2. Far recuperare contatti che hanno dimostrato di per-mettere un recupero delle capacità relazionali e quindimettere in atto una attività di riabilitazione.

3. Fare informazione e formazione sull’argomento malattiadi Alzheimer rivolta ai familiari, agli operatori ed estesaanche a soggetti estranei al problema.

OSPITE Trattamento M.M.S.E. M.M.S.E. HAMILTON HAMILTON G.D.S. G.D.S.farmacologico

G.P. Donepezil 14 17 15 15 8 3 6 2 5 2 5 2M.A. Rivastigmina 12,7 15,7 12,7 12,7 12 2 13 2 / / / /D.N.C. Rivastigmina 15,7 16,7 18,7 20,4 12 2 15 0 16 3 18 1P.T Donepezil 17,5 17,5 15,5 16,5 9 7 7 2 / / / /D.S.M. Rivastigmina 12 14 14 14 22 4 14 14 / / / /

Media punteggi 14,3 16,1 15,1 15,7 12,6 3,6 11 4 10,5 2,5 11,5 1,5

In grigio i dati di ammissione e dimissione al primo ricovero senza attività e in bianco i dati del secondo con attività di Ascolto Dinamico.

Page 57: Comunicare con il demente: dalla comunicazione inefficace ... di Gerontologia... · Ne consegue che anche la capacità di comunicare con la pa-rola decade progressivamente. Ci si

CORSO RIABILITAZIONE 539

4. Dimostrare che anche all’interno del pianeta Alzheimerè possibile e proficuo relazionare.

Una valutazione di questi risultati sarà possibile solo quan-do l’esperienza in oggetto sarà consolidata, ma già da ora

possiamo affermare che la sensazione di un “giovamento”globale per ammalati, familiari ed operatori sia da conside-rare fuori discussione.