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Capire la Fisica Livello intermedio . . Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, PO Box 1866, Mountain View, CA 94042, USA. Andrea de Capoa 4 giugno 2018

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Capire la FisicaLivello intermedio

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Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito webhttp://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, PO Box 1866, Mountain View, CA 94042, USA.

Andrea de Capoa

4 giugno 2018

Scheda 1Introduzione all’opera1.1 La nascita di questo progetto

Questo libro nasce come conseguenza di un mio disagio personale nell’utilizzare ilibri di testo presenti attualmente in commercio. Sebbene molti di essi siano validi,una serie di fattori li rendono comunque difficili da utilizzare con quel livello di effi-cacia che vorrei in una mia classe. Vi elenco brevemente qui di seguito a quali fattorimi riferisco ed in che modo questo libro si ripropone di risolvere tali problematiche

1. Nessuno di essi è esente da errori, sia semplici refusi, che errori di calco-lo, che errori di concetto. Ammesso che nemmeno io sono esente da errori,quest’opera è distribuita gratuitamente online; sono in grado di correggere unerrore in pochi minuti, ricompilare il libro e pubblicare la versione corretta inpochissimo tempo. Se tutti gli utilizzatori del libro vorranno segnalare la pre-senza di un qualunque tipo di errore, essi contribuiranno a mantenere l’operasempre corretta sotto ogni punto di vista.

2. Nessuno di essi è in grado di adattarsi al livello degli alunni o della tipolo-gia di scuola in cui viene utilizzato. Questo libro è una lunga collezione dischede, ognuna delle quali tratta di un singolo specifico argomento. Parti di-verse dello stesso argomento possono inoltre essere scritte su schede differenti.Lo stesso argomento può infine essere ripetuto su schede differenti ma tratta-to ad un livello di complessità più o meno maggiore e con l’utilizzo strumentimatematici più o meno avanzati. Un corso di studi di fisica, per questo libro,corrisponde ad una determinata sequenza di schede ordinate secondo un’op-portuna propedeuticità. A seconda del tipo di scuola, del livello della classeo del livello del singolo alunno, si potranno scegliere le ooportune schede eadattare di conseguenza il libro al livello richiesto dal docente o possibile perlo studente.

3. I libri di testo spesso cambiano edizione o diventano obsoleti. I nuovi librio le nuove edizioni spesso sono differenti senza essere migliori. Nessunodei libri attualmente di mia conoscenza sono libri in continua e perenne evolu-zione e crescita. Se vengo a conoscenza di un nuovo e più efficace metodo dispiegazione di un certo concetto, tale novità entra immediatamente nel libro ed

una nuova versione viene pubblicata. Le schede poco chiare o didatticamentemeno valide vengono via via sostituite. Il tutto per creare un’opera dinamicain continuo miglioramento dove le esperienze didattiche precedenti sarannosempre la base per la scrittura delle schede future.

4. I libri di testo spesso non si concentrano nel modo opportuno sugli esercizi.Lo studio di un concetto è solo il primo passo per l’apprendimento della fisi-ca. La vera competenza sta nel sapere richiamare alla mente quel concetto nelmomento in cui esso è necessario. Lo studio di un concetto di teoria è un ap-prendimento passivo in cui semplicemente immagazzino delle informazioni.Il passo successivo è saper richiamare tali infomazioni ed utilizzarle in modoopportuno per raggiungere un obiettivo. La risoluzione di un esercizio deveavere questo scopo. A quest’opera è associato un libro di esercizi svolti, la cuispiegazione è di fatto una lezione di fisica in cui lo studente viene guidato nelragionamento che lo porta al risultato finale.

1.2 La struttura a schede

Ogni scheda un argomento! La struttura del libro è tutta qui. Le schede sono ovvia-mente connesse tra loro; alcune sono approfondimenti di altre, alcune sono legate dauna relazione di propedeuticità. Un corso di fisica corrisponde ad una certa sequenzadi schede scelte dal docente in funzione del livello del corso di studi.

1.3 La struttura di una scheda

Ogni singola scheda vuole fornire tutto il supporto necessario allo studente per com-prendere il concetto in questione. Oltre alla classica spiegazione scritta tipica di ognilibro, le schede sono affiancate da un video, pubblicato su Youtube, contenente laspiegazione degli stessi concetti. Sono inoltre possibili dei collegamenti a file di Geo-gebra, o di qualunque altro software didattico, così come collegamenti a materialedidattico esterno a quest’opera. Infine in ogni scheda potrete trovare rifermenti adesercizi svolti, sull’argomento trattato nella scheda.

2

3 Scheda1. Introduzione all’opera

1.4 Lo stato dell’arte

In questo momento l’opera è ancora al suo esordio. Molte schede devono esserescritte e le schede presenti devono essere migliorate e completate. se mi scrivereteall’email [email protected] potrete indicarmi quali schede ritenete sia più utile svi-luppare, correggere, sostituire, ampliare, ecc. ecc. Vi sarò grato dell’aiuto che vorretefornire.

Scheda 2Mappa delle schede

Libro I: Introduzionealla fisica

Gli Scalari[5] I0001

Il Sistema Intenazionaledi Misura [6]

Grandezze FisicheDerivate [7]

I Vettori[10]

I Versori[11]

Il metodoScientifico [9]

Sistemi diriferimento [13]

Le LeggiFisiche [8]

La Distribuzionedi Massa [23]

Libro II: Cinematica

Libro II: Cinematica

Grandezzecinematiche [14]

Grafici Spazio-Tempo [16]

Grafici Velocità-Tempo [17]

M.R.U. eM.U.A. [15]

Motoparabolico [18]

Motoarmonico [21]

Moto CircolareUniforme [20]

Moti Periodicie orologi [19]

Libro III: Dinamica

4

5 Scheda2. Mappa delle schede

Libro III: Dinamica

I tre principi delladinamica [24]

Libro XI:Relatività ristretta

Pressione [25]Forza di gravità edi Archimede [26]

Forza elastica [27]

Moto su diun piano

inclinato [30]

Forza diattrito [28]

Reazionivincolari [34]

Forza Peso [29]Momento di

una forza [33]

Legge di GravitazioneUniversale [31]

Analisi disingole forze

[32]

Libro IV: Leggidi conservazione

Autore: Andrea de Capoa 23 Lug 2017

6 Scheda2. Mappa delle schede

Libro IV: Leggidi conservazione

Quantità dimoto [36]

TeoriaDegliUrti[42]

Momentoangolare [35]

Energia eLavoro [38]

Forze Conservative edEnergia Potenziale [39]

Conservazionedell’energia totale [40]

MacchineSemplici [41]

Il moto di unpianeta [32]

[31]

Libro V:Fluidodinamica

Libro VI:Calorimetria

Libro VIII: Fenomeniondulatori

Libro IX:Elettromagnetismo

Libro V:Fluidodinamica

Il principiodi Pascal [44]

La conservazionedella portata [45]

Il principio diBernoulli [46]

7 Scheda2. Mappa delle schede

Libro VI:Calorimetria

Stati dellamateria [48]

La temperatura[49]

Riscaldamento[50]

Dilatazionetermica [51]

Transizionidi fase [52]

Conduzionetermica [53]

Libro VII:Termodinamica

Libro VII:Termodinamica

Ciclo Diesel [60]

Ciclo Otto [59]

Ciclorettangolare [62]

Ciclo diStirling [61]

Distribuzionedi Maxwell [57]

Entropia [63]

Legge dei gas perfettie trasformazioni

termodinamiche [56]

Primo principio dellatermodinamica [55]

Ciclo diCarnot [58]

8 Scheda2. Mappa delle schede

Libro VIII: Fenomeniondulatori

Arcobaleno [75]Diffrazione [69]

Diffusione [71]

Dispersione [72]

EffettoDoppler [73]

Intensità diun’onda [66]

Interferenza [68]

Le lenti [74]

Onde e fenomeniondulatori [65]

Riflessione erifrazione [67]

Risonanza [70]

Fibre ottiche [76]

Libro XII: Introdu-zione alla meccanica

quantistica

9 Scheda2. Mappa delle schede

Libro IX:Elettromagnetismo

ModelliAtomici 01 [82]

Corrente dispostamento [87]

Elettrizzazione[83]

Effetto Punta [84]

Forza diCoulomb [78]

Induzione elet-tromagnetica

[86]

CampoMagnetico [79]

ForzaMagnetica [80]

Magnetismonella Materia [81]

Circuitazione diun campo [85]

ModelliAtomici 02 [99]

Libro X:Elettrotecnica

Libro X:Elettrotecnica

Circuiti elettriciOhmici [90]

Circuiti RC [91]Corrente

elettrica [88]

Circuiti RL [92]

Leggi di Ohm [89]

Libro XI:Relatività ristretta

Relativitàristretta [95]

10 Scheda2. Mappa delle schede

Libro XII: Introdu-zione alla meccanica

quantistica

Modello atomicodi Bohr [100]

Effettofotoelettrico [98]

Radiazione dicorpo nero [97]

Introduzionealla fisica

moderna [101]

Il CERN [102]

Libro XIII:Laboratorio

Libro XIII:Laboratorio

Errori dimisura [104]

Errori di misurae distribuzionegaussiana [105]

Realizzazione diun’esperienza dilaboratorio [106]

Relazione dilaboratorio [107]

Parte I

Introduzione alla fisica

11

Scheda 3Perchè la FisicaLa fisica studia ogni fenomeno naturale. Si preoccupa di osservare come accado-

no le cose, formulare dei modelli matematici che descrivano tali comportamenti eche permettano di prevedere come accadranno le cose, conoscendo le condizioni dipartenza.

La fisica è una scienza sperimentale. Basa cioè tutte le sue affermazioni sui risul-tati di esperimenti scientifici fatti secondo regole ben codificate che permettono achiunque di ripetere tali esperimenti e verificarne i risultati.

Tutto si riduce quindi ad effettuare delle misure e l’oggetto delle misure sonole grandezze fisiche. Fare un esperimento significa definire il valore delle grandezzefisiche coinvolte in un determinato fenomeno naturale.

Si definisce grandezza fisica tutto ciò che può essere misurato.

Autore: Andrea de Capoa 1 Giu 2018

12

Scheda 4Mappe sulle grandezze fisicheSistema

Internazionaledi misura

MassaM [kg]

[kilogrammi]

Tempot [s]

[secondi]

LunghezzaL [m]

[metri]

TemperaturaT [K]

[gradiKelvin]

Intensitadi correnteI [A]

[Ampere]

Intensitaluminosa

[cd]

[Candela]

Quantitàdi sostanza

[mol]

[mole]

SuperficieS

[m2]

VolumeV

[m3]

densitàρ = M

V

[kg

m3]

Baricentro~xB

Momentodi Inerzia

I

[kg · m2]

grandezzederivate

Sistemi di riferimento12

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017

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Scheda 5Gli scalari5.1 Cos’è uno scalare

Fig. 5.1: Guarda il video you-tu.be/jAWfWqjF9VQ

Chiamiamo uno scalare una quantità del tipo L =

10metri. Questa scrittura significa che una qual-che grandezza fisica, che chiamo L, vale 10 me-tri. Essa è costituita da una parte numerica 10 se-guita dalla sua unità di misura metri. Ogni voltache rappresentiamo una grandezza fisica scalare,la dobbiamo scrivere sempre con accanto la suaunità di misura. E’ sempre possibile esprimere lastessa grandezza fisica con una differente unità dimisura purché la nuova unità di misura rappresenti una grandezza fisica omogeneacon quella precedente. Nell’esempio seguente tutte le grandezze indicate sono traloro omogenee e rappresentano lo stesso identico scalare.

7 km = 7000m = 700000 cm

ma anche7 km = 11, 2Migliaterrestri = 7, 4041 · 10−16 anniluce

Ovviamente in tutti questi esempi la parte numerica cambia; visto che lo scalareè sempre lo stesso, ovviamente cambia anche l’unità di misura.

5.2 Prefissi per le unità di misura

Visto che lo stesso scalare lo posso scrivere in molti modi diversi, quale è meglio uti-lizzare? di sicuro è meglio utilizzare il più comodo, per esempio quello con la partenumerica più facile da maneggiare nelle operazioni. Nessuno rappresenterebbe lapropria altezza in kilometri o la distanza tra Sole e Terra in millimetri, perchè quelloscalare avrebbe la parte numerica troppo piccola o troppo grande per essere utiliz-zata con facilità. Per questo motivo sono stati introdotti opportuni prefissi (multiplie sottomultipli) posizionati davanti all’unità di misura con lo scopo di poter scriveregli scalari in una forma adatta agli utilizzi che se ne intendiamo fare. L’elenco dei più

comuni prefissi è riportato in tabella 5.1. Se voglio dire 1000metri dirò 1 kilometro ecioè 1000m = 1 km

Prefisso Simbolo Valoretera T 1012 mille miliardigiga G 109 un miliardo

mega M 106 un milionekilo k 103 milleetto h 102 centodeca da 101 dieci

- - - -deci d 10−1 un decimocenti c 10−2 un centesimomilli m 10−3 un millesimomicro µ 10−6 un milionesimonano n 10−9 un miliardesimopico p 10−12 un millesimo di miliardesimo

Tabella 5.1: Alcuni multipli e sottomultipli per le unità di misura

5.3 Conversioni di unità di misura

Fig. 5.2: Guarda il video you-tu.be/Ctirc_0CGeo

Immaginiamo di convertire in metri la quantità∆S = 10 km oppure in ore la quantità ∆t =

90min. Il procedimento da seguire prevede iseguenti passaggi, rappresentati poi di seguito:

1. Riscrivere la parte numerica lasciandolaimmutata.

2. Al posto delle unità di misura che compaio-no riscrivere il loro equivalente nella nuovaunità di misura: al posto di km scrivo 1000

14

15 Scheda5. Gli scalari

metri (infatti in un kilometro ci sono 1000 metri)

12 km = 12 · 1000m = 12000m

e al posto di min scrivo h60 (infatti per scrivere l’equivalente di un minuto devo

prendere un’ora e dividerla per 60)

90min = 90 · h60

= 1.5h

3. Eseguire le operazioni del caso sui numeririmasti

Nel caso che la conversione sia più complessa il procedimento in realtà non cam-bia. Osserviamo nel dettaglio quanto segue: la parte numerica viene copiata uguale,la linea di frazione viene copiata uguale, al posto di km scrivo 1000 m che rappre-senta la quantità equivalente espressa un metri, al posto di h (ore) scrivo la quantitàequivalente in secondi e cioè 3600 s.

130km

h= 130

1000m

3600 s= 36.11

m

s

Analogamente avremo:

130kg

m3= 130

kg

m ·m ·m= 130

1000 g

100 cm · 100 cm · 100 cm= 0, 13

g

cm3

5.4 Capire gli scalari

Un modo per prendere confidenza con questi argomenti è quello di collegarli con ilmondo che ci circonda; provate a fare quanto indicato qui di seguito

• Prendete in considerazione un qualunque oggetto ed indovinate quali siano lesue dimensioni (altezza, larghezza, profondità). Successivamente, usando unrighello, misurate le reali dimensioni di quell’oggetto e confrontate i risultatiottenuti con quelli da voi ipotizzati. Annotate con cura la vostra ipotesi e ilrisultato della misura, e provate a dare un giudizio delle vostre capacità. Per

ogni misura, é assolutamente molto importante che voi prima annotiate su car-ta la vostra ipotesi e solo successivamente la verifichiate con lo strumento dimisura.

• Prendete in considerazione un qualunque oggetto ed indovinate quale sia lasua massa. Successivamente, usando una bilancia, misurate la sua reale massae confrontate i risultati ottenuti con quelli da voi ipotizzati. Annotate con curala vostra ipotesi e il risultato della misura, e provate a dare un giudizio dellevostre capacità. Per ogni misura, é assolutamente molto importante che voiprima annotiate su carta la vostra ipotesi e solo successivamente la verifichiatecon lo strumento di misura.

• Cercate i valori dei record mondiali di salto in alto e salto in lungo. Per il primofate un piccolo segno sul muro all’altezza corrispondente, mentre per gli altridue segnate a terra due punti alla distanza corrispondente. Vi renderete subitoconto di quanto sia difficile battere tali record!

• Misurate la lunghezza media dei vostri passi.

• Provate a chiudere gli occhi per un periodo di un minuto. Riapriteli e control-late quanto tempo è effettivamente passato.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 6Il Sistema internazionale di misuraIn questa scheda parliamo di alcune delle grandezze fisiche fondamentali con cui

descriviamo la natura. Con queste è già possibile avere una conoscenza di tutti ifenomeni della meccanica, della termologia e dell’elettromagnetismo.

6.1 Con poco costruisci tutto

Fig. 6.1: Guarda il video you-tu.be/hQhH0ODWzN0

Tutte le grandezze fisiche si dividono in grandezzefondamentali e grandezze derivate. Le grandezzefondamentali sono soltanto sette, e sono elencatein tabella 6.1. Esse costituiscono il Sistema Interna-zionale di Misura. Tutte le altre grandezze possonoessere costruite con una combinazione opportu-na di quelle fondamentali, come per esempio unavelocità che, essendo espressa in metri diviso se-condi m

s sono una combinazione delle grandezzefondamentali lunghezza e tempo.

Grandezza fisica unità di misura simbolo

Intensità di corrente elettrica ampere AIntensità luminosa candela cd

Lunghezza metro mMassa chilogrammo kg

Quantità di sostanza mole molTemperatura termodinamica kelvin K

Intervallo di tempo secondo s

Tabella 6.1: Il Sistema Internazionale di Misura

6.2 Intervallo di tempo: la durata

Tutti noi abbiamo un’idea intuitiva di cosa sia un intervallo tempo e sappiamo chelo misuriamo con un cronometro; non banale è però dare una definizione precisa dicosa sia un intervallo di tempo lungo ∆t = 1secondo dove il secondo è l’unità dimisura del tempo nel Sistema Internazionale.

Misurare un intervallo di tempo consiste nello scegliere un fenomeno periodico(che si ripete uguale dopo un certo intervallo di tempo) e contare quante volte talefenomeno periodico si ripete nell’intervallo di tempo che si vuole misurare.

Gli orologi migliori a nostra disposizione sono gli orologi atomici. In un orologioatomico al cesio, un cristallo di quarzo viene fatto oscillare in accordo con la radiazio-ne elettromagnetca (anch’essa un fenomeno periodico) emessa dagli atomi di cesioin particolarissime condizioni. Tale emissione è un fenomeno dalle proprietà moltostabili e precise, riprese dall’oscillazione del cristallo di quarzo e poi utilizzate per lamisura del tempo e per la definizione della sua unità di misura: il secondo.

Il secondo è definito come la durata di 9192631770 periodi della radiazione cor-rispondente alla transizione tra due livelli iperfini, da (F=4, MF=0) a (F=3,MF=0), dello stato fondamentale dell’atomo di cesio-133.

6.3 Lunghezza

Una lunghezza è la distanza tra due punti dello spazio. Il concetto di lunghezza ènecessario per poter definire le dimensioni di un oggetto, la sua posizione rispettoad un punto o rispetto ad altri oggetti. Esso è anche il punto di partenza per poterdefinire superfici e volumi. L’unità di misura di una lunghezza è il metro che èdefinito nel seguente modo:

Un metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in unintervallo di tempo pari a 1

299792458 di secondo.

16

17 Scheda6. Il Sistema internazionale di misura

Questa definizione viene dal fatto di voler definire una lunghezza a partire dalvalore della velocità della luce. La velocità della luce è infatti c = 299792458 m

s edha la particolare caratteristica di avere sempre lo stesso valore in ogni istante e perqualunque osservatore. Avendo prima definito in modo indipendente cosa sia unsecondo, ecco che è adesso possibile definire il metro.

6.4 Massa

La massa è la quantità di materia di cui è fatto un corpo e per misurarla usiamo unabilancia. L’unità di misura della massa è il kilogrammo.

Il kilogrammo è la massa di un particolare cilindro di altezza e diametro paria 0, 039m di una lega di platino-iridio.

Tale cilindro è depositato presso l’Ufficio internazionale dei pesi e delle misure aSèvres, in Francia.

L’errore più comune che si fa quando si comincia a studiare fisica è quello diconfondere la massa di un oggetto con il suo peso. Massa e peso sono due concetticompletamente differenti; senza anticipare la definizione di peso, è comunque suffi-ciente pensare che se prendo una persona di massa m = 80 kg, la quantità di materiadi cui è fatto sarà sempre la stessa sia che si trovi sulla Terra, sia che si trovi sullaLuna, sia che si trovi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale; al contrario ilsuo peso è maggiore sulla Terra rispetto che sulla Luna, mentre è nullo sulla StazioneSpaziale. Se siamo immersi nell’acqua pesiamo di meno... ma di certo la quantità dimateria di cui siamo fatti è sempre la stessa.

6.4.1 La ridefinizione del kilogrammo

Dal 2019 dovrebbe avvenire una rivoluzione nella definizione del kilogrammo. Viconsiglio la visione di questi due video a riguardo:

Fig. 6.2: Guarda il video youtu.be/ZMByI4s-D-Y

Fig. 6.3: Guarda il video youtu.be/Oo0jm1PPRuo

6.5 La Temperatura

Tutti sappiamo che un oggetto può essere più o meno caldo. Il concetto di tempera-tura è infatti comunemente conosciuto essendo parte della nostra esperienza quoti-diana. Dire che un oggetto è caldo oppure è freddo si riferisce soltanto alla nostrasensazione nel caso in cui tocchiamo l’oggetto, e non si riferisce ad una misura esattadella sua temperatura che si esegue con uno strumento chiamato termometro. Comeper tutte le grandezze fisiche avremo che esistono differenti unità di misura dellatemperatura, di cui le principali sono i gradi Celsius, i gradi Fahrenheit, e i gradiKelvin.

6.5.1 Le differenti scale di temperatura

La scala Celsius è stata inventata ponendo la temperatura del ghiaccio fondente paria Tfus−H2O = 0C e la temperatura dell’acqua che bolle in condizioni standard paria Teboll−H2O = 100C . Analogamente la scala Fahrenheit è stata inventata ponen-

18 Scheda6. Il Sistema internazionale di misura

do la temperatura del ghiaccio fondente pari a Tfus−H2O = 32F e la temperaturadell’acqua in ebollizione in condizioni standard pari a Teboll−H2O = 212F .

La più importante scala di temperature, quella da utilizzare in fisica, è però quelladei gradi Kelvin. Essa è identica alla scala Celsius a meno del valore dello zero. Latemperatura del ghiaccio fondente è pari a Tfusione−ghiaccio = 273, 15K. In questascala, non esistono temperature negative.

6.6 Ampère

L’Ampère è l’unità di misura di una corrente elettrica e come tale è il fondamentoper la misura di tutte le grandezze fisiche dell’elettromagnetismo.

Un Ampère è l’intensità di corrente elettrica che è necessario far scorrere in duefili rettilinei infiniti posti ad un metro di distanza affinché tra essi si sviluppiuna forza di un Newton

6.7 La quantità di sostanza

La quantità di sostanza è definita con un semplice numero esattamente come la coppiaindica due elementi, o la dozzina indica dodici elementi. L’unità di misura scelta perla quantità di sostanza è la mole

La mole è una quantità pari ad 6, 022 · 1023 elementi.

Con la mole definiamo il numero di Avogadro A = 6, 022 · 1023 1

moleutile so-

prattutto in chimica in quanto una mole di una certa sostanza chimica ha una massa,misurata in grammi, pari alla massa molecolare della sostanza.

6.8 L’intensità luminosa

L’intensità luminosa è una grandezza fisica fotometrica, legata cioè alla misurazionedella luce. Essa è legata, per un fascio di luce, all’energia che viene irradiata in uncerto angolo solido. L’unità di misura è la candela.

La candela è1

623dell’energia che viene irradiata da una sorgente puntiforme

attraverso un certo angolo solido.

1cd =1

623

W

ster

6.9 altre grandezze

6.9.1 L’angolo

L=r

r

α = 1 rad

Fig. 6.4: α = 1 radiante è l’angolo per cuila lunghezza dell’arco è uguale al raggio.

Un libro di matematica definisce il radian-te come l’angolo il cui arco sotteso in unacirconferenza misura quanto il raggio dellacirconferenza.

α =l

r

Tutti noi siamo abituati ad unsare i gra-di sesagesimali per misurare un angolo, percui dividiamo l’angolo giro in 360 gradi, ognigrado in 60 primi ed ogni primo in 60 se-condi. Sebbene questo possa avere un certovantaggio nella vita quotidiana, risulta inve-

ce complicato nello studio scientifico che preferisce invece un’unità di misura chepermetta di utilizzare il sistema decimale. L’unità di misura del radiante è di fattoun numero puro, visto che è definito come il rapporto tra due lunghezze. Consi-derando adesso che la circonferenza ha lunghezza C = 2πr, risulta evidente chel’angolo giro misura α = 360 = 2π.

Analogalmente si definisce l’angolo solido come la regione di spazio delimitatada un cono. La sua unità di misura è lo steradiante. L’angolo che racchiude tutto sospazio (analogo all’angolo giro su di un piano) vale 4π.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 7Grandezze fisiche derivateUtilizzando le grandezze fisiche fondamentali del Sistema Internazionale di Mi-

sura, è possibile costruirsi tutte le altre grandezze fisiche utilizzate per studiare ifenomeni naturali. Tali grandezze le definiamo di conseguenza grandezze fisiche deri-vate. Non c’è limite al numero di grandezze fisiche derivate che possiamo costruir-ci; qui di seguito ne studiamo alcune. Altre grandeze verranno poi introdotte piùavanti.

7.1 Superficie

Se pensate ad una qualunque figura geometrica, la sua superficie è quella parte dipiano delimitata dal bordo di tale figura geometrica. Se pensate ad un solido, la suasuperficie è quella parte dello spazio che fa da separazione tra l’oggetto ed il mondocircostante. L’unità di misura di una superficie è ilm2, infatti una superficie si ottieneelevando al quadrato una lunghezza.

7.2 Volume

Fig. 7.1: Guarda il video you-tu.be/CwW05sUMJcA

Il volume di un oggetto è lo spazio occupato dalmateriale di cui è fatto. Un volume si misura inm3, infatti un volume si ottiene elevando al cubouna lunghezza. Una unità di misura alternativa peril volume è il litro, dove

1 litro = 1 dm3

Parlando di volume è importante non confonder-lo con la capacità di un contenitore. Quest’ultima è il volume dello spazio vuotoall’interno del contenitore.

7.3 Densità

Fig. 7.2: Guarda il video you-tu.be/ifIDPfAZaBc

La densità di un oggetto è il rapporto tra massa evolume di quell’oggetto.

ρ =m

V

Questa grandezza fisica non dipende da quantol’oggetto sia grande, ma soltanto dal materiale dicui è fatto. La densità indica infatti quanto la ma-teria dell’oggetto è compatta dentro di esso. Tan-to più i singoli atomi hanno massa e tanto più sono vicini tra loro, tanto più quelmateriale è denso.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

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Scheda 8Le leggi fisicheUna legge fisica è una reazione matematica tra grandezze fisiche che descriveun fenomeno fisico

8.1 Capire una legge fisica

Cerchiamo di capire cosa sia una legge fisica attraverso alcuni esempi presi dallageometria. Prendiamo ad esempio la formula del perimetro del quadrato di lato L

P = 4 · L

Non leggete questa formula come la formula per calcolare il perimetro del quadrato bensìcome la relazione che intercorre tra P ed L per un quadrato. Se scrivessi la formulacome

L =P

4

scriverei assolutamente la stessa formula, solo adattata ad una forma utile per calco-lare il lato del quadrato. In questo caso la relazione è una relazione di proporzionalitàdiretta in quanto moltiplicando una delle due grandezze di un fattore α anche l’altragrandezza risulta moltiplicata dello stesso fattore α.

Prendiamo adesso la formula dell’area del quadrato

A = L2

Tra L ed A vi è una relazione di proporzionalità quadratica diretta in quanto moltipli-cando di un fattore α il lato, l’area risulta moltiplicata di un fattore α2.

Prendiamo adesso la formula dell’area del rettangolo che calcoliamo moltiplican-do la base con l’altezza

A = b · h

Se immaginiamo di mantenere costante l’altezza, allora si vede chiaramente che tral’area e la base vi è una proporzionalità diretta. Se immaginiamo di mantenere costantela base, allora si vede chiaramente che tra l’area e l’altezza vi è una proporzionalità di-retta. Se immaginiamo di mantenere costante l’area, allora quando moltiplicando di

un fattore α la base, l’altezza risulta moltiplicata di un fattore 1α , quindi la relazione

tra base ed altezza è una relazione di proporzionalità inversa.Immaginiamo adesso un cilindro1 il cui volume lo si calcola moltiplicando l’area

di base per l’altezzaV = πr2 · h

E’ sufficiente riscriverla nella forma

h =V

πr2

per vedere che tra l’altezza del cilindro ed il lato vi è una relazione di proporzionalitàquadratica inversa.

1Per visualizzare bene questo esempio potete pensare alle lattine di una qualunque bibita. Tutte hannoun volume costante V = 33 cl ma alcune hanno la base più grande e di conseguenza l’altezza minore.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

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Scheda 9Il metodo scientifico9.1 Le parole di Feynmann

Fig. 9.1: Guarda il video you-tu.be/5KcpqLk78YA

Il video qui proposto è in lingua inglese, sot-totitolato in italiano. A lato ho trascritto isottotitoli

”Ora vediamo come si fa a scoprire una nuova leg-ge. In generale, il procedimento per scoprire una nuovalegge è questo: per prima cosa tiriamo ad indovinare...non ridere, è proprio così che facciamo; poi calcoliamole conseguenze della nostra intuizione per vedere qualicircostanze si verificherebbero se la legge che abbiamoimmaginato fosse giusta; infine confrontiamo i risultati dei nostri calcoli con la natura, congli esperimenti, con l’esperienza, con i dati dell’osservazione, per vedere se funziona. Se non èin accordo con gli esperimenti... è sbagliata. In questa piccola affermazione c’è la chiave dellascienza. Non importa quanto bella sia la tua intuizione, non importa quanto intelligente siala persona che l’ha formulata, o quale sia il suo nome: se non è in accordo con gli esperimen-ti... è sbagliata, è tutto qui. Ora, immaginate di aver avuto una buona intuizione e di avercalcolato che tutte le conseguenze della vostra premessa sono in accordo con gli esperimenti,la teoria è giusta? No, semplicemente non si è potuto dimostrare che sia sbagliata, perchè infuturo, un numero maggiore di esperimenti potrebbe scoprire qualche discrepanza e la teoriasi rivelerebbe sbagliata. E’ per questo che le leggi di Newton per il moto dei pianeti sonorimaste valide per così tanto tempo: ha ipotizzato la legge della gravitazione e con questa hacalcolato i moti dei pianeti e li ha confrontati con gli esperimenti, e ci sono volute diversecentinaia di anni prima che un minuscolo errore nel moto di mercurio fosse osservato. Du-rante tutto quel tempo nessuno era stato in grado di dimostrare che la teoria fosse sbagliata, epoteva essere considerata temporaneamente giusta, ma non può mai essere dimostrata giustaperchè le osservazioni di domani possono svelare che quello che credevamo giusto era in realtàsbagliato. Per cui non abbiamo mai la certezza di essere nel giusto, possiamo essere sicurisolo di esserci sbagliati. ”

9.2 Il metodo scientifico

Adesso vorrei sintetizzare queste semplici parole nei concetti chiave che uno studen-te dovrebbe comprendere, scheatizzati in fig.9.2. Seguite le frecce dello schema percomprendere il significato dei singoli passaggi.

La scoperta di una legge fisica avviene in tre passaggi:

1. inventiamo una legge,

2. eseguiamo un esperimento,

3. utilizziamo la legge per provare a predire come avverà un certo fenomenofisico, e confrontiamo la nostra previsione con i risultati degli esperimenti.

Se le nostre previsioni sono in contrasto con gli esperimenti, allora la legge è sbaglia-ta; in caso contrario non possiamo però dire che la legge sia giusta perché potrebberoin futuro esserci nuovi esperimenti che dicono che la legge è sbagliata.

Inventiamo una legge

Facciamo un esperimento

La legge

è in accordo

con esso ?

Si No La legge

è sbagliata

Forse la legge

è giusta

Fig. 9.2: Uno schema del metodo scientifico. Come potete vedere non esiste la possibilità di affermaere che unacerta legge è giusta; inoltre è sempre necessaria una verifica sperimentale di qualunque legge.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

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Scheda 10I vettori10.1 Cos’è un vettore

Fig. 10.1: Guarda il video you-tu.be/j4xqbBirZqY

I vettori sono degli oggetti matematici necessa-ri per descrivere alcune grandezze fisiche per lequali non è sufficiente uno scalare.

Un vettore è rappresentato graficamente conuna freccia. Il punto dal quale facciamo partirela freccia lo chiamiamo punto di applicazione delvettore.

Le caratteristiche che definiscono un vettoresono tre: una riguarda il valore della grandezzafisica, le altre due riguardano la sua orientazione nello spazio.

1. modulo: il valore della grandezza fisica e rappresentato dalla lunghezza dellafreccia

2. direzione: la retta sulla quale si trova la freccia

3. verso: indicato dalla punta della freccia; per ogni direzione sono possibili solodue versi

Per descrivere la grandezza fisica spostamento ∆~S, per esempio, non è sufficientedire di quanti metri mi sposto, ma devo anche indicare lungo quale linea mi spostoe, fissata la linea, in quale dei due versi. Solo con queste tre informazioni possodescrivere completamente uno spostamento.

Modulo

DirezioneVerso

Punto diapplicazione

10.2 Operazioni con i vettori

Definito cosa sia un vettore ed a che cosa serva, vediamo adesso quali operazionipossiamo fare con essi.

10.2.1 Somma di vettori

La somma di due vettori è un’operazione che prende due vettori e da comerisultato un terzo vettore

~c = ~a+~b

che si ottiene con il metodo del parallelogrammo o con il metodo punta-coda

Ecco uno schema per eseguire la regola del parallelogramma:

Metto la penna sulla punta del primo vettore e traccio una rettaparallela al secondo vettore. ~a

~b

Metto la penna sulla punta del secondo vettore e traccio unaretta parallela al primo vettore. ~a

~b

Le due rette si intersecano in un punto. Il vettore somma è ilvettore che parte dal punto di applicazione ed arriva nel puntodi intersezione delle due rette.

~c

~a

~b

Il modulo del vettore somma non dipende solo dai moduli dei due vettori dipartenza, ma dipende anche dall’angolo che c’è tra i due vettori. Se non conosciamol’angolo non possiamo fare alcun tipo di affermazione. E’ facile calcolare quantovalga il modulo del vettore somma in tre casi particolari:

22

23 Scheda10. I vettori

• se i due vettori sono paralleli e nello stesso verso: il modulo del vettore sommasarà la somma dei moduli dei vettori di partenza c = a+ b

• se i due vettori sono paralleli ma con versi opposti: il modulo del vettoresomma sarà la differenza dei moduli dei vettori di partenza c = a− b

• se i due vettori sono a 90: il modulo del vettore somma lo trovo applicandoil teorema di pitagora ad uno dei due triangoli che si formano dalla regola delparallelogrammo c =

√a2 + b2

10.2.2 Prodotto di uno scalare per un vettore

Il prodotto di uno scalare per un vettore è un’operazione che prende unoscalare k ed un vettore ~a e da come risultato un vettore

~w = k~a

che ha stessa direzione di ~a, verso concorde o discorde a seconda che k siapositivo o negativo e modulo pari al modulo di ~a moltiplicato per il valore dik in valore assoluto.

2~a

−2~a

~a

Il prodotto di uno scalare per un vettore siesegue graficamente disegnando un nuovo vetto-re che rispetto al primo ha la stessa direzione, lo stessoverso se lo scalare è positivo e verso opposto se lo sca-lare è negativo, modulo differente pari al valore delloscalare per il modulo del primo vettore. Per cui da-to un vettore ~a, il vettore 2~a avrà lo stesso versoe la stessa direzione ma sarà lungo il doppio; ilvettore −2~a avrà la stessa direzione, verso opposto e lunghezza doppia.

10.2.3 Scomposizione di un vettore

Dato un vettore ~c e due direzioni r ed s, la scomposizione di un vettore sungole due direzioni date consiste nel trovare i due vettori ~a sopra r e~b sopra s taliche

~c = ~a+~b

Dato un vettore e due assi che passino dal suo punto di applicazione, è semprepossibile ricavare su quegli assi i due vettori, chiamati componenti del vettore, chesommati insieme danno il vettore in questione.

1. Dato un vettore e due direzioni...~c

2. Metto la penna sulla punta del vet-tore ~c e traccio una retta parallela alprimo asse. Essa incontra il secondoasse in un punto.

~c

3. Sono ora in grado di disegnare la pri-ma componente ~a: dal punto di ap-plicazione del vettore fino al puntotrovato.

~c

~a

4. Metto adesso la penna sulla punta delvettore ~c e traccio una retta paralle-la al secondo asse. Essa incontra ilsecondo asse in un punto.

~c

~a

5. Sono ora in grado di disegnare la se-conda componente~b: dal punto di ap-plicazione del vettore fino al puntotrovato.

~c

~a

~b

24 Scheda10. I vettori

Fig. 10.2: Guarda il video you-tu.be/4Z5zilM8ozw

Guardate il seguente video e cercate di ricono-scere le operazioni con i vettori che sono state ese-guite. Provate poi ad inventare voi degli esercizida fare sulle operazioni tra vettori.

10.2.4 Prodotto scalare di due vettori

Il prodotto scalare è un’operazione che prende due vettori ~a e ~b, e da comerisultato da uno scalare

C = ~a ·~b

dato dal prodotto del modulo del primo vettore per il modulo del secondovettore per il coseno dell’angolo compreso tra i due vettori.

Il valore dello scalare risultato dell’operazionesi calcola moltiplicando i moduli dei due vettoried il coseno dell’angolo compreso tra essi. Se l’an-golo tra i due vettori è minore di 90 il prodotto scalare è positivo; se l’angolo trai due vettori è maggiore di 90 il prodotto scalare è negativo; se i due vettori sonoperpendicolari il prodotto scalare vale zero.

~a

~b

γ

C = ~a ·~b

C =| ~a | · | ~b | · cos γ

Risulta quindi evidente che il risultato dell’operazione dipende dall’angolo tra idue vettori.

10.2.5 Prodotto vettoriale di due vettori

Il prodotto vettoriale è un’operazione che prende due vettori e come risultatoda un vettore

~c = ~a×~b

le cui caratteristiche saranno:• Direzione perpendicolare ai due vettori dati;

• Modulo pari al prodotto dei moduli dei due vettori per il seno dell’an-golo compreso:| ~c |=| ~a | · | ~b | · sinα

• Verso indicato dalla regola della mano destra: posizionate a 90 pollice,indice e medio della mano destra; orientate il pollice nel verso del primovettore, l’indice nel verso del secondo vettore, il medio indicherà il versodel terzo vettore.

~a

~b~c

γ

Fig. 10.3: Prodotto vettoriale di due vettori: dato un vettore ~a ed un vettore ~b ottengo ~c = ~a ×~b. Il vettore ~c èperpendicolare sia al vettore ~a, sia al vettore~b.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 11I versori11.1 Cos’è un versore

Un versore è un vettore di modulo pari a 1 (senza unità di misura).

~F = 5~u

~u

Un vedrsore è utile per indicare una direzione edun verso ed il suo utilizzo spesso semplifica i conti.Immaginiamo di avere un vettore ~F di cui indichia-mo il modulo con la lettera f . utilizzando i versoripossiamo scrivere

~F = f · ~u

dove il versore ~u è un vettore che ha la stessa direzione e verso del vettore ~F . Nellafigura è rappresentato a titolo di esempio un vettore di modulo |~F | = f = 5 indicatoutilizzando il versore ~u.

11.2 Versori su di un piano cartesiano

Ogni vettore è facilmente rappresentabile su di un piano cartesiano utilizzando iversori associati ai due assi cartesiani. L’asse delle x è identificato dal versore ~i.L’asse delle j è identificato dal versore ~j. Ogni vettore sul piano cartesiano sarà unacombinazione lineare dei versori~i e ~j.

Autore: Andrea de Capoa 5 Nov 2016

−2 2 4 6 8 10

−2

2

4

6

8

10

~F = 4~i+ 3~j

4~i

3~j

~i

~j

x

y

Fig. 11.1: La somma di vettori su di un grafico cartesiano rappresentata utilizzando i versori dei due assicartesiani.

25

26 Scheda11. I versori

−2 2 4 6 8 10

−2

2

4

6

8

10

~F = 4~i+ 3~j

~E = 2~i+ 5~j

~G = ~E + ~F = 6~i+ 8~j

~i

~j

x

y

Fig. 11.2: La somma di vettori su di un grafico cartesiano rappresentata utilizzando i versori dei due assicartesiani.

Parte II

Cinematica

27

Scheda 12Mappe di cinematica

Grandezzecinematiche

I MotiMoto vario

Vm = ∆Stot∆ttot

~Vm = ∆~Stot∆ttot

Moti periodici

Periodo efrequenza

ν =1

T

Velocità angolare~V = ~r × ~ω

ω =∆θ

∆t

Accelerazioneangolare

~α =∆~ω

∆t

Sistemi diriferimentoPosizine ~S

Spostamento∆~S

Intervallodi tempo

∆t

Velocità~V =

∆~S

∆t

Accelerazione

~a =∆~V

∆t

Moto rettilineo uniforme~V = cost

∆S = V · ∆t

Moto uniformementeaccelerato~a = cost

∆S = 12 ·a·∆t

2+Vi ·∆t∆V = a · ∆t

Moto armonico~a = −k · ~x

Motoparabolico

Moto circolare uniformea = V 2

r ; V = ωr

ν = 1T ; ω = 2πν

Moto elicoidale

Legge dicomposizionedelle velocità

4

Moto delpendolo

Autore: Andrea de Capoa 21 Dic 2016

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Scheda 13Sistemi di riferimentoUn sistema di riferimento serve per poter indicare quale sia la posizione di unoggetto e descriverne il movimento.

13.1 Punto di riferimento e assi cartesiani

Se provate ad indicare la posizione di un qualunque oggetto intorno a voi vedreteche per poter dire dove sta siete sempre costretti a fare riferimento ad un qualche altrooggetto. Ciò rispetto al quale vi riferite si chiama punto di riferimento. Provate adessoad indicare dove si trova un certo punto rispetto a quello di riferimento. Notereteche direte frasi come per esempio: si trova tre metri in avanti e due a destra. Per poterdescrivere la posizione di un secondo punto rispetto al primo, avete bisogno di alcu-ne direzionei (avandi-indietro, destra-sinistra, alto-basso) sulle quali indicare delledistanze. Queste direzioni si chiamano assi cartesiani. In figura 13.1 vengono mostra-ti dei punti in un sistema di assi cartesiani. Attenzione: il sistema di riferimento nonserve per far esistere i punti, ma solo per poter dire dove sono.

−1−0.5

00.5

1 −1

0

1

−0.5

0

0.5

xy

z

Fig. 13.1: Punti in tre dimensioni. Gli assi cartesiani ci permettono di indicare, tramite delle coordinate, laposizione di ogni singolo punto.

13.2 Sistemi di riferimento e movimento

Muoversi significa cambiare posizione; se per indicare una posizione serve un si-stema di riferimento, allora questo è necessario anche per descrivere il movimentodi un oggetto. La scelta del sistema di riferimento può influire moltissimo sulladescrizione del movimento.

L’esempio del treno Se mi trovo su di un treno che viaggia, io vedo i miei bagaglifermi di fronte a me; gli stessi bagagli, visti da una persona fuori dal treno, si stannomuovendo insieme al treno. Quei bagagli sono fermi o si muovono? Dire che ibagagli sono fermi, e dire che si muovono, sono due frasi entrambe vere in due sistemidi riferimento differenti. Nel sistema di riferimento della persona sul treno i bagaglisono fermi; contemporaneamente nel sistema di riferimento della persona fuori daltreno i bagagli si muovono.

L’esempio del tavolo Se non siete ancora convinti provate a guardare il tavolo da-vanti a voi: è fermo? Sono sicuro che avete detto di si. Siete sicuri? Sono sicuro cheavete detto di si. Pensate adesso che il tavolo, insieme a tutti gli oggetti sul pianeta,sta girando intorno al Sole! Quindi il tavolo si muove? Si. Nel sistema di riferimen-to della Terra il tavolo è fermo; contemporaneamente nel sistema di riferimento delSole, quel tavolo si muove.

L’esempio della stazione Pensate a quando siete in stazione, su di un treno in at-tesa della partenza. Il treno e fermo e la stazione è ferma. Di solito il vostro cervellovi fa ragionare mettendovi nel sistema di riferimento del treno. Nel momento dellapartenza, per pochissimi istanti, avete la certezza di vedere la stazione muoversi. Lacosa dura poco, fino a quando il vostro cervello non vi riporta nel sistema di riferi-mento della stazione, nel quale la stazione è ferma ed il treno si sta muovendo (dallaparte opposta di dove prima si muoveva la stazione). Dire che la stazione è ferma, edire che si muove, sono due frasi entrambe vere in due sistemi di riferimento differenti.

29

30 Scheda13. Sistemi di riferimento

Attenzione a non cadere nell’errore di dire che in realtà è la stazione che è fer-ma. . . non è vero! In realtà la stazione è contemporaneamente ferma nel sistema diriferimento del pianeta Terra, e in movimento nel sistema di riferimento del treno.

13.3 Videolezioni

Vi invito, per meglio comprendere il concetto di sistema di riferimento, a vedere iseguenti due video:

Fig. 13.2: Guarda il video youtu.be/DejaKlkaVc0

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 14Grandezze cinematichePer descrivere il movimento di un oggetto utilizziamo alcune grandezze fisiche

che nelle prossime sezioni andiamo a spiegare.

14.1 Posizione e Spostamento

Muoversi vuol dire cambiare posizione. Cosa sia la posizione di un oggetto lo abbiamovisto quando abbiamo parlato di sistemi di riferimento.

Uno spostamento è definito come una variazione di posizione, cioè la differenzatra la posizione finale dell’oggetto e la posizione iniziale dell’oggetto.

∆~S = ~Sf − ~Si

Lo spostamento è una grandezza vettoriale e la sua unità di misura è il metro.

14.1.1 Spostamento e distanza percorsa

La distanza percorsa è la lunghezza pel percorso, dal punto di partenza aquello di arrivo.

Fig. 14.1: Nel muoversi dal punto ~Si al pun-to ~Sf un corpo ha seguito il percorso tracciatoin rosso. Il corpo compie uno spostamento ∆~S.La lunghezza del percorsoL è in questo caso piùlunga del valore dello spostamento.

Spostamento e distanza pecorsa sono dueconcetti molto differenti. Il primo tiene so-lamente conto della distanza tra i due pun-ti, di partenza e di arrivo, e non dipende dalpercorso seguito per muoversi; il secondo èinvece una caratteristica del percorso scelto.Immaginiamo, come mostrato in figura 14.1,di muoverci da un punto di partenza ~Si finoad un punto di arrivo ~Sf lungo il percorso in-dicato dalla curva rossa. La lunghezza di talecurva è la lunghezza del percorso, mentre lalunghezza del vettore ∆~S = ~Sf−~Si è il valoredello spostamento.

14.2 Intervallo di tempo

La descrizione di un qualunque movimento inizia in un certo istante e finisce in unistante successivo. Il tutto dura un certo intervallo di tempo ∆t, misurato in secondie calcolabile come:

∆t = tf − ti

dove ti è l’istante iniziale dell’intervallo e tf l’istante finale.

14.3 Velocità

La velocità di un oggetto è definita come il rapporto tra lo spostamento effettuato daun oggetto e l’intervallo di tempo impiegato ad effettuare quello spostamento.

~V =∆~S

∆t

La velocità di un oggetto è una grandezza vettoriale; non basta dire quanto forte staiandando, ma devi anche dire su quale direzione ti muovi e in quale verso.

14.3.1 Velocità media e istantanea

La definizione di velocità data in precedenza deve però essere approfondita. Cosìcome è stata scritta si basa su di un intervallo di tempo di lunghezza non specificata.Se tale intervallo di tempo ha una lunghezza determinata, allora la definizione èquella della velocità media nell’intervallo di tempo in questione. Questo significa chenon possiamo avere informazioni su quale sia stata la velocità negli istanti all’intenodell’intervallo ∆t, ma abbiamo solo informazioni su un valore medio tenuto durantel’intervallo ∆t.

Se poi immaginiamo di rendere quell’intervallo di tempo sempre più piccolo,tanto piccolo da non essere quasi nullo e poterlo definire un istante, allora parleremodi velocità istantanea, e cioè di velocità in un certo istante.

31

32 Scheda14. Grandezze cinematiche

14.4 Accelerazione

Fig. 14.2: Guarda il videoyoutu.be/pZ-jen14BI4

L’accelerazione è una grandezza vettoriale conmodulo, direzione e verso, definita come unavariazione di velocità nel tempo.

~a =∆~V

∆t

La sua unità di misura è ms2 . Ogni volta che

un’accelerazione agisce su di un oggetto ne con-segue che cambia nel tempo la velocità di quel-

l’oggetto. Attenzione anche alle parole: chiamiamo accelerazione una variazione delvettore velocità, non un aumento del suo modulo. Se cambia anche una sola del-le caratteristiche del vettore velocità (modulo, direzione o verso) allora c’è stataun’accelerazione.

14.4.1 Capire l’accelerazione

Capire cosa sia un’accelerazione1 significa capire in che modo un oggetto cambia lasua velocità quando su di esso viene applicata un’accelerazione. Cominciamo conl’analizzare tre casi particolari nei quali l’angolo tra l’accelerazione e la velocità èrispettivamente 0, 90 e 180.

Attenzione a non farvi trarre in inganno dalle figure... l’accelerazione non si som-ma mai alla velocità! Sono grandezze non omogenee. L’accelerazione genera unvettore ∆~V = ~a ·∆t; la velocità finale la si trova facendo

~Vf = ~Vi + ∆~V = ~Vi + ~a ·∆t

1Per provare a visualizzare un’accelerazione potete per cominciare pensare all’accelerazione comead una spinta. Sebbene ciò non sia propriamente corretto, capirete studiando il primo principio delladinamica come questo possa comunque fornire una conoscenza intuitiva corretta.

Prima

~Vi

~a

Dopo

~VfAccelerazione parallela alla velocità. Quan-do l’angolo tra accelerazione e velocità è 0

significa che i due vettori hanno stessa dire-zione e verso. In questo caso il vettore veloci-tà mantiene costante la direzione ed il verso,ma aumenta il valore del modulo.

Prima

~Vi

~aDopo

~Vf

Accelerazione antiparallela alla velocità.Quando l’angolo tra accelerazione e velocitàè 180 significa che i due vettori hanno stessadirezione ma verso opposto. In questo caso ilvettore velocità mantiene costante la direzio-ne ed il verso, ma diminuisce il valore delmodulo.

Prima

~Vi

~aDopo

~Vf

Accelerazione perpendicolare alla velocità.Quando l’angolo tra accelerazione e veloci-tà è 90 significa che i due vettori sono per-pendicolari. In questo caso il vettore velocitàmantiene costante il modulo ma varia la suadirezione.

14.4.2 Accelerazione centripeta su un percorso circolare

Un caso particolare di grande importanza è quello in cui il corpo in questione viaggia vlocità V lungo una traiettoria circolare di raggio r. Indipendentemente da quantovalga l’accelerazione parallela alla velocità del corpo, l’accelerazione perpendicolarealla velocità del corpo sarà

a =V 2

r

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 15Moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato15.1 Moto rettilineo uniforme

Il moto rettilineo uniforme è un moto con il vettore velocità costante: ~V =

costante

Fig. 15.1: Guarda il video you-tu.be/LMMTZTwZPKY

Questo vuol dire che modulo, direzione e ver-so della velocità sono costanti e quindi non cam-biano mai. Ne consegue che in questo motol’accelerazione è nulla:

~a = 0

Se non cambia mai la direzione della veloci-tà, allora l’oggetto deve muoversi sempre lungo lastessa retta e non può fare delle curve. Ogni curva implica un cambio della direzione,quindi un cambio della velocità e quindi un’accelerazione non nulla.

Nel muoversi lungo una linea retta, l’oggetto non tornerà mai indietro perché ècostante il verso. Tornare indietro implica infatti un’inversione del vettore che di perse è una variazione ed implica quindi un’accelerazione.

Un oggetto che si muova di moto rettilineo uniforme avrà sempre lo stesso valoredella velocità. Questo significa che l’oggetto percorrerà spazi uguali in tempi uguali.

Per calcolarci quanto spazio percorre possiamo utilizzare la formula:

∆S = V ·∆t

15.2 Moto uniformemente accelerato

Il moto uniformemente accelerato è il moto con accelerazione costante: ~a =

costante

Questo vuol dire che modulo, direzione e verso dell’accelerazione sono costanti equindi non cambiano mai. Essendoci un’accelerazione, allora la velocità dell’oggettoche si muove cambia in continuazione. Le equazioni del moto sono:

Fig. 15.2: Guarda il video you-tu.be/QducxjKp_UU

∆S =1

2· a ·∆t2 + Vi ·∆t

∆V = a ·∆t

In queste due equazioni voglio sottolineare ilsignificato di Vi: essa è la velocità iniziale dell’og-getto. Visto che ∆t è un intervallo di tempo, ov-viamente ha un inizio ed una fine, quindi Vi è lavelocità che ha l’oggetto nell’istante in cui inizial’intervallo di tempo preso in considerazione.

15.2.1 La caduta dei gravi

Fig. 15.3: Guarda il videoyoutu.be/m7lm7u-JomY

Ogni oggetto sul pianeta subisce l’accelerazione digravità che ha sempre lo stesso valore, è sempreverticale e sempre verso il basso. Il vettore acce-lerazione di gravità è quindi un vettore costante.Un oggetto che cade, in assenza di attrito con l’a-ria, subisce quindi un’accelerazione costante e simuove quindi di moto uniformemente accelerato.Se guardate ora le equazioni del movimento note-rete che non contengono il valore della massa del-l’oggetto che si muove... questo significa che il valore della massa non influisce sul

33

34 Scheda15. Moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato

movimento dell’oggetto. Osservate questo video girato dagli astronauti dell’apollosulla Luna.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 16Grafici spazio-tempoUn grafico spazio-tempo rappresenta il moto di un oggetto lungo un certopercorso lineare.

16.1 Sugli assi cartesiani

In un grafico spazio-tempo l’asse delle ascisse indica il trascorrere del tempo e l’assedelle ordinate indica la distanza percorsa dall’origine. Supponiamo che il moto di unoggetto sia descritto indicando con x = 0m il punto di partenza dell’oggetto, e cont = 0 s l’istante di partenza di un oggetto1. La posizione dell’oggetto nel tempo saràindicata da un punto di coordinate (t, x) che indicano istante per istante la distanzadell’oggetto dall’origine del sistema di riferimento.

16.2 Lettura del movimento

Il movimento dell’oggetto al passare del tempo è quindi indicato dal movimento delpunto nel grafico. Tale punto si sposterà sempre verso destra a causa dello scorreredel tempo, in alto se l’oggetto si muove in avanti lungo il suo percorso, in basso setorna indietro lungo il suo percorso, e rimane ad altezza costante se l’oggetto è fermo(mantiene infatti costante la sua distanza dall’origine).

16.3 Lettura della velocità

La velocità dell’oggetto è definita dalla formula

V =∆S

∆t

Questo significa che per conoscere la velocità media dell’oggetto in un certo in-tervallo di tempo devo dividere tutto la distanza percorsa con l’intervallo di tempo

1Ovviamente l’unità di misura di distanza e tempo può essere qualunque e non necessariamente metrie secondi

trascorso. Questo valore sul grafico corrisponde alla pendenza della curva disegna-ta. Una curva ripida indica che l’oggetto ha fatto tanta strada in poco tempo e quindiha avuto una grande velocità. Una linea orizzontale rappresenta di conseguenza unoggetto fermo con velocità V = 0

16.4 Grafici di esempio

Vediamo adesso alcuni grafici di esempio attraverso i quali meglio comprenderequanto scritto fino ad ora.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

2

4

6

8

t(h)

S(km)

Fig. 16.1: Questo grafico rappresenta il moto di un corpo che percorre in avanti tre kilometri in tre ore, successi-vamente percorre in avanti un kilometro in due ore, poi rimane fermo per due ore ed infine torna al punto di partenzanelle successive due ore. In tutto ha viaggiato nove ore ed ha percorso quattro kilometri in avanti e quattro indietro.Dalle pendenze delle linee si nota che il corpo ha viaggiato alle velocità di V1 = 1 km

h, V2 = 0, 5 km

h, V3 = 0 km

h

e V4 = −2 kmh

nei rispettivi quattro tratti di strada.

Autore: Andrea de Capoa 30 Gen 2017

35

36 Scheda16. Grafici spazio-tempo

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

2

4

6

8

t(h)

S(km)

Fig. 16.2: Questo grafico rappresenta il moto di un corpo che percorre in avanti quattro kilometri in due ore,successivamente rimane fermo tre ore, poi torna indietro di due kilometri in due ore ed infine rimane fermo successivedue ore. In tutto ha viaggiato nove ore ed ha percorso quattro kilometri in avanti e due indietro. Dalle pendenze dellelinee si nota che il corpo ha viaggiato alle velocità di V1 = 2 km

h, V2 = 0 km

h, V3 = −1 km

he V4 = 0 km

hnei

rispettivi quattro tratti di strada.

Scheda 17Grafici velocità-tempoUn grafico velocità-tempo rappresenta l’andamento del moto di un oggettolungo un certo percorso lineare.

17.1 Sugli assi cartesiani

In un grafico velocità-tempo l’asse delle ascisse indica il trascorrere del tempo e l’assedelle ordinate indica la velocità assunta in ogni istante. Supponiamo che il moto diun oggetto sia descritto indicando con Vi = 0 m

s la velocità iniziale dell’oggetto, e cont = 0 s l’istante in cui noi azioniamo il nostro cronometro1. La velocità dell’oggettonel tempo sarà indicata da un punto di coordinate (t, V ) che indicano istante peristante la velocità dell’oggetto.

17.2 Lettura del movimento

L’andamento del moto dell’oggetto al passare del tempo è quindi indicato dal mo-vimento del punto nel grafico. Tale punto si sposterà sempre verso destra a causadello scorrere del tempo, in alto se l’oggetto aumenta la sua velocità, in basso se di-minuisce la sua velocità, e rimane ad altezza costante se l’oggetto mantiene costantela sua velocità muovendosi di moto rettilineo uniforme.

Valori positivi rappresentano un movimento in avanti; valori negativi rappresen-tano un movimento indietro.

17.3 Lettura dell’accelerazione

L’accelerazione dell’oggetto è definita dalla formula

a =∆V

∆t

1Ovviamente l’unità di misura di velocità e tempo può essere qualunque e non necessariamente metrial secondo e secondi

Questo significa che per conoscere l’accelerazione media dell’oggetto in un certointervallo di tempo devo dividere la variazione di velocità con l’intervallo di tempotrascorso. Questo valore sul grafico corrisponde alla pendenza della curva disegnata.Una curva ripida indica che l’oggetto ha cambiato di molto la velocità in poco tempoe quindi ha avuto una grande accelerazione. Una linea orizzontale rappresenta diconseguenza un oggetto che viaggia con velocità costante V = cost

Ogni volta che il grafico presenta una line retta, significa che la variazione divelocità è direttamente proporzionale al tempo trascorso, e questo implica un motouniformemente accelerato.

17.4 Grafici di esempio

Vediamo adesso un grafico di esempio attraverso il quale meglio comprendere quan-to scritto fino ad ora.

Autore: Andrea de Capoa 30 Gen 2017

37

38 Scheda17. Grafici velocità-tempo

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

−2

2

4

6

8

t(h)

V (kmh )

Fig. 17.1: Questo grafico rappresenta il moto di un corpo che subisce un’accelerazione costante in avanti per treore; poi si muove in avanti a velocità costante per tre ore; successivamente accelera all’indietro per due ore arrivandoa fermarsi e quindi a muoversi all’indietro; per un’ora ha viaggiato di moto rettilineo uniforme all’indietro per poiaccelerare in avanti rallentando il suo movimento all’indietro fino a fermarsi. In tutto ha viaggiato nove ore. Dallependenze delle linee si nota che il corpo ha viaggiato con accelerazioni il cui modulo è a1 = 1 km

h2 , a2 = 0,a3 = 2 km

h2 e a4 = 0 ed a5 = 1 kmh2 nei rispettivi quattro tratti di strada.

Scheda 18Moto parabolico18.1 Moto parabolico

Il moto parabolico è una combinazione del moto rettilineo uniforme e del motouniformemente accelerato su due assi perpendicolari tra loro.

Fig. 18.1: Guarda il videoyoutu.be/xfLZ2Y0FM-k

Il moto parabolico è un moto nel piano. Que-sto significa che prese due direzioni perpendico-lari tra loro, mentre l’oggetto si muove lungo unodei due assi, contemporaneamente si muove an-che lungo l’altro asse. Immaginate di cammina-re a velocità costante e contemporaneamente lan-ciare un oggetto verticalmente in aria: tale ogget-to, mentre si muove come voi in orizzontale dimoto rettilineo uniforme, contemporaneamente simuove di moto uniformemente accelerato in verticale. Le equazioni saranno quindi:

∆Sy = 1

2ay ·∆t2 + Viy ·∆t

∆Vy = ay ·∆t

∆Sx = Vx ·∆t

In queste equazioni, l’indice y indica il movimento dell’oggetto sull’asse verticalee l’indice x indica il movimento sull’asse orizzontale.

18.1.1 Moto di un proiettile

Se trascuriamo le forze di attrito, un proietile che si muove subisce unicamente l’acce-lerazione di gravità che è costante con direzione verticale. In verticale il suo moto sa-rà quindi uniformemente accelerato in verticale e rettilineo uniforme in orizzontale.In figura 18.2 viene rappresentata tale traiettoria.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

1

2

3

4

5

6

∆Sx

∆Sy

Fig. 18.2: Traiettoria di un proiettile che si muove di moto parabolico. In arancione è rappresentato il vettorevelocità, sempre tangente alla traiettoria del proiettile. In blu la componente orizzontale della velocità: visto che inorizzontale il moto è rettilineo uniforme, allora il vettore è costante. In rosso la componente verticale della velocità:visto che in verticale è moto uniformemente accelerato, allora il vettore velocità varia nel tempo.

A partire dalle equazioni del moto possiamo ricavare diverse informazioni ag-giuntive: gittata, massima altezza, tempo di volo1.

Tempo di volo

Dalla prima equazione, imponendo che lo spostamento su y sia nullo, otteniamo gliintervalli di tempo corrispondenti ai punti in cui il proiettile si trova al livello del

1Quanto scritto in questo paragrafo non è da studiare a memoria. Sforzatevi di capire invece in chemodo le informazioni riportate sono state ricavate, in modo da poter ricalcolarvi le stesse formule inqualunque momento.

39

40 Scheda18. Moto parabolico

suolo0 =

1

2ay ·∆t2 + Viy ·∆t

0 = ∆t ·(

1

2ay ·∆t+ Viy

)da cui otteniamo due soluzioni che corrispondono all’istante di partenza e all’istantein cui il proiettile impatta al suolo.∆ti = 0

∆tf = − 2Viyay

Massima altezza raggiunta

Il punto di massima altezza viene raggiunto a metà del tempo di volo

∆tm = −Viya

Tale intervallo di tempo corrisonde ad uno spostamento in verticale

∆Sy =1

2ay ·

V 2iy

a2y

− Viy ·Viyay

∆Sy = −1

2·V 2iy

ay

Gittata

La gittata, cioè la massima distanza raggiunta dal proiettile, la si calcola conoscendoil moto rettilineo uniforme in orizzontale

∆Sx−max = Vix ·∆tf = −2VixViyay

Le due componenti della velocità iniziale, tenendo conto che tale vettore è incli-nato rispetto all’orizzontale di un angolo α, sonoVix = Vi · cosα

Viy = Vi · sinα

Di conseguenza la gittata diventa

∆Sx−max = −2V 2i cos(α) sin(α)

ay

∆Sx−max = −V2i sin(2α)

ay

Tale gittata assume il valore massimo per un angolo α = 45

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 19Moti periodici e orologi19.1 Moto periodico e misura del tempo

Un movimento si definisce periodico quando si ripete uguale dopo un certoperiodo di tempo T .

Un oggetto che si muove di moto circolare uniforme percorre sempre la stessa tra-iettoria circolare ritrovandosi dopo un intervallo di tempo fisso, nello stesso punto,con la stessa velocità e con la stessa accelerazione. Lo stesso accade per esempio conl’oscillazione di un pendolo o di un oggetto appeso ad una molla.

Definiamo frequenza (indicata con ν) il numero di periodi al secondo

ν =1

T

La frequenza è quindi il numero di volte in cui il moto si ripete ogni secondo.

19.2 La misura del tempo

La misura di un intervallo di tempo consiste nel contare quante volte un certomoto periodico si ripete in quell’intervallo di tempo.

Per sottolineare il concetto precedente consideriamo cosa siano il giorno, l’anno, lelune: il giorno è la durata del moto periodico della Terra intorno al suo asse; l’anno èla durata del moto periodico della Terra intorno al Sole; le lune (pensate agli indianiamericani nei film western) sono la durata del moto periodico della Luna intornoalla Terra.

19.3 Orologi

Gli orologi (o più esattamante cronometri) sono strumenti che contano quante volteun certo moto periodico si ripete: gli orologi a pendolo utilizzano il moto periodico

del pendolo, gli orologi da polso a molla utilizzano il moto periodico delle oscilla-zioni di quella molla, gli orologi elettrici utilizzano le oscillazioni (quindi un motoperiodico) indotte dal passaggio della corrente elettrica in un cristallo di quarzo.

Autore: Andrea de Capoa 11 Giu 2017

41

Scheda 20Moto circolare uniforme20.1 Definizione

Un oggetto si muove di moto circolare uniforme quando:• il modulo della velocità è costante

• il modulo dell’accelerazione è costante

• il vettore velocità è perpendicolare al vettore accelerazione

Fig. 20.1: Guarda il video youtu.be/-v25CUFTS1o

Ne consegue che un oggetto che si muovedi moto rettilineo uniforme segue una traiettoriacircolare con raggio r e accelerazione:

a =V 2

r

Sappiamo che in un qualunque movimento ilvettore velocità è sempre perpendicolare alla tra-iettoria. In questo caso l’accelerazione è sempreperpendicolare alla velocità e quindi è sempre rivolta verso il centro della traiettoriacircolare. L’accelerazione è quindi detta centripeta.

~V

~a

Fig. 20.2: Vettori nel moto circolare uniforme

Una volta compiuto un giro inte-ro della circonferenza, il movimento siripete uguale ed è quindi un moto pe-riodico. il tempo per fare un giro in-tero della circonferenza è detto perio-do. Essendo il modulo della velocitàun valore costante, possiamo scrivereche il tempo impiegato a fare un giro,detto periodo, vale

T =2πr

V

L’inverso del periodo è detta frequenza:

ν =1

T

La frequenza è il numero di cicli del moto periodico fatti dall’oggetto ogni secondo.

20.2 La velocità angolare

Per indicare nel modo migliore quanto velocemente gira un oggetto devo fare riferi-mento alla velocità angolare. Se immaginate una ruota ruotare intorno al suo asse,punti sulla ruota a distanze differenti dal centro si muovono con velocità differenti;tanto più sono distante dal centro di rorazione, tanto più devo muovermi veloce sevoglio percorrere un giro nello stesso tempo di un punto posto vicino all’asse di ro-tazione. Tutti i punti della ruota, cioè, hanno la stessa velocità angolare; e per averladevono viaggiare a velocità differenti. La velocità angolare ω è definita come unavariazione di angolo δα nel tempo

ω =∆α

∆t

L’angolo percorso in un giro è appunto un angolo giro di 360 che misurato in ra-dianti vale 2π Se consideriamo un intervallo di tempo pari ad un periodo, e teniamoconto della definizione di frequenza avremo che

ω =2π

T= 2πν

Come la velocità lineare, anche la velocità angolare è un vettore. La direzione delvettore velocità angolare è l’asse di rotazione, mentre il verso indica se la rotazioneavviene in senso orario o antiorario.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

42

Scheda 21Moto armonico21.1 Definizione

Il moto di un oggetto si dice armonico quando tra accelerazione e spostamentovale la seguente relazione:

~a = −ω2∆~S

cioè quando abbiamo un’accelerazione di richiamo, direttamente pro-porzionale allo spostamento dell’oggetto e sempre rivolta dalla parteopposta.

Il moto armonico è un moto periodico che possiamo descrivere come un’oscilla-zione intorno ad un punto di equilibrio. Quando l’oggetto si sposta da quel puntodi equilibrio l’accelerazione è tale da richiamarlo in modo da farlo tornare verso ilpunto di equilibrio. Il valore del parametro ω dipende in generale dalla natura dellaforza di richiamo e dalle caratteristiche dell’oggetto che oscilla.

~F

~V

~F

~VFig. 21.1: Un oscillatore armonico creato utilizzando unamolla. Sono rappresentate la forza di richiamo e la velocitàdel corpo in due istanti del moto: nel primo l’oggetto accele-ra verso il punto di equilibrio; nel secondo l’oggetto rallentain quanto si sta allontanando dal punto di equilibrio.

Un esempio di moto armonico èquello che si ottiene facendo oscilla-re un oggetto attaccato ad una mol-la. Se inizialmente la molla è a ri-poso, sull’ogetto non agisce alcunaforza. Spostanzo l’oggetto di unaquantità |∆~S| = A, la molla lo tire-rà dalla parte opposta a tale sposta-mento. Nel momento in cui lascia-mo l’oggetto comincia il suo motoarmonico. Di quel movimento A sa-rà l’ampiezza, cioè la massima distan-za dell’oggetto dal punto di equili-brio. Essendo il moto armonico unmoto periodico, possiamo definire ilperiodo T del moto come la durata di un’oscillazione completa.

Fig. 21.2: L’oggetto attaccato alla molla sta oscillando dimoto armonico. In arancione è rappresentata la forza cheesercita la molla; in blu la velocità dell’oggetto.

Di conseguenza possiamo defi-

nire la frequenza ν =1

Te la pul-

sazione ω = 2πν. In particola-re la pulsazione è proprio il para-metro che incontriamo nella defi-nizione dell’accelerazione del motoarmonico.

Ipotizzando di cominciare a mi-surare il tempo nell’istante in cuil’oggetto si trova alla massima di-stanza dal punto di equilibrio, avre-mo che la legge orario del moto el’equazione per la velocità del corposono:∆S = A cos

(2π∆t

T

)V = − 2πA

T sin(2π∆t

T

).

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

43

Parte III

Dinamica

44

45

46 Scheda22. Mappe di dinamica

Scheda 22Mappe di dinamica

Principi delladinamica

Primo principio~Ftot = 0 ⇔ ~V = cost

Secondo principio~F = m · ~a~F = ∆~P

∆t

Terzo principio~Fab = −~Fba

Legge di conservazionedella quantità di moto

Forze apparenti esistemi di riferimento

non inerziali

Tipi di forze~F

[Newton]

forza di gravità

forza elastica~Fel = −k ~∆l

forza di Archimede~FArc

= ρf · Vfs · g

forza di attrito

radente staticoFa = µsFschiaccia

radente dinamicoFa = µdFschiaccia

volventeFa = µvFschiaccia

viscosoFa = C1 · V + C2 · V 2

sulla superficiedi un pianetaFg = m · g

Legge di gravitazioneuniversale

F = GM ·mr2

Momento di una forza~M = ~r × ~F

Quantità di moto~P = m · ~V

Momento angolare~L = ~r × ~P

Legge di conservazionedel momento angolare

forze viscose~F = −α~V

forze centripete

F = mV 2

r

forzeconservative

47 Scheda22. Mappe di dinamica

Risoluzione di unproblema di equilibrio

Disegno tutte le forze

Equilibrio traslazionale

Per ogni asse, orizzontale everticale, scrivo l’equazione

dell’equilibrio traslazionale: ~Ftot = 0

Metto le formule e risolvo

Equilibrio rotazionale

Metto il punto di rotazione(su di una forza che non conosco)

Per ogni forza scrivo il relativo momentoindicando se orario o antiorario

Scrivo l’equazione dell’equilibriorotazionale ~Mtot = 0

Metto le formule e risolvo

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017

Scheda 23La distribuzione di massaOgni oggetto è fatto di materia. Due elementi molto importanti per avere infor-

mazioni su come la massa dell’oggetto è disposta sono il baricentro ed il momento diinerzia

23.1 Il baricentro di un corpo

Di un corpo o di un sistema di corpi è utile definire un punto detto baricentro. Talepunto ha proprietà particolari ed è quindi qui utile darne una definizione. Il bari-centro di un sistema di corpi è un punto geometrico che definisce quale sia il centrodel sistema tenendo conto della distribuzione delle masse. Li doce c’è più massa siavvicina la posizione del baricentro. Per poterne calcolare la posizione è necessarioprendere in considerazione un’opportuno sistema di riferimento. In tale sistema laposizione del baricentro sarà la media, pesata sui valori delle masse, delle posizionidelle masse stesse. Per cui

Xb =m1x1 +m2x2 +m3x3 + ...+mnxn

m1 +m2 +m3 + ...+mn

Yb =m1y1 +m2y2 +m3y3 + ...+mnyn

m1 +m2 +m3 + ...+mn

Nella figura 23.1 il baricentro è stato calcolato nel seguente modo:

Xb =9 kg · 10m− 6 kg · 10m+ 7 kg · 4m

9 kg + 6 kg + 7 kg= 2, 64m

Yb =9 kg · 10m+ 6 kg · 7m− 7 kg · 7m

9 kg + 6 kg + 7 kg= 3.77m

Se abbiamo invece un corpo rigido, il discorso si dovrebbe ripetere per ognu-na delle molecole che costituiscono il corpo. La posizione del baricentro dipenderàquindi dalla geometria del corpo stesso e non è detto che il baricentro sia un puntoche si trova all’interno dell’oggetto. Ovviamente, però, non è possibile procederein questo modo per trovare la posizione del baricentro. Sperimentalmente si puòagire nel seguente modo: prendiamo il corpo rigido e appendiamolo per un suoqualunque punto, e tracciamo sul corpo una retta verticale che passa per tale punto;

metri

metri

−10

−10

−8

−8

−6

−6

−4

−4

−2

−2

2

2

4

4

6

6

8

8

10

10 9 kg

6 kg

7 kg

Fig. 23.1: Nella figura sono rappresentate tre masse posizionate rispettivamente in posizione (10;10), (-10;7),(4;-7) misurate in metri e aventi rispettivamente massa di 9 kg, 6 kg e 7 kg. In rosso è rappresentata la posizione delbaricentro del sistema. In nero è indicato il centro geometrico del sistema.

ripetiamo l’operazione per un secondo punto; il baricentro si trova sull’intersezionedelle due rette trovate.

48

49 Scheda23. La distribuzione di massa

23.2 Il momento di inerzia di un corpo

Il momento di inerzia di un oggetto è una grandezza scalare definita rispetto adun particolare asse di rotazione. Preso un oggetto puntiforme di massa m ad unadistanza r dall’asse di rotazione, il momento di inerzia è definito dalla quantitá

I = m · r2

Qualora l’oggetto non sia puntiforme, ogni molecola che lo compone si troverà aduna distanza differente dall’asse di rotazione, per cui il momento di inerzia del-l’oggetto sarà la somma dei momenti di inerzia delle singole i − esime molecoledell’oggetto contenente n molecole.

I =

n∑i=1

mi · r2i

A

O

ri

mi

Fig. 23.2: Nella figura sono rappresentate due piccole porzioni di un oggetto che sta ruotando intorno ad un suoasse, indicando con ri le loro distanze dall’asse e con mi le loro masse. Il momento di inerzia di tutto l’oggetto saràla somma dei momenti di inerzia di tutte le piccole porzioni del oggetto.

Se l’oggetto ha una forma geometrica regolare, e viene calcolato rispetto ad unsuo asse di simmetria, allora questo conto è semplice e può essere eseguito analiti-

camente1. In caso contrario per il calcolo del momento di inerzia ci si può servire didue teoremi: il teorema degli assi paralleli ed il teorema degli assi perpendicolari.

23.2.1 Momenti di inerzia di figure geometriche note

I mimenti di inerzia di figure geometriche solide che supponiamo avere tutte massam, oltre che dall’asse di rotazione scelto , dipenderanno dalla massa e dalle grandez-ze che descrivono la loro geometria.

Figura geometrica Momento di inerzia

r

Il momento di inerzia della sfera è ovvia-mente sempre lo stesso per qualunque as-se di rotazione che passi per il centro dellasfera.Per una sfera piena avremo

I =2

5mr2

Per un guscio sferico (con tutta la massasulla superficie della sfera) avremo

I =2

3mr2

1All’indirizzo web http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_moments_of_inertia trovatei valori dei momenti di inerzia di alcune figure solide

50 Scheda23. La distribuzione di massa

Figura geometrica Momento di inerzia

r

h

Il momento di inerzia del cilindro pieno è

I =1

2mr2

Da notare che non dipende dall’altezza delcilindro, infatti se immaginiamo di taglia-re il parallelepipedo con piani perpendico-lari all’asse di rotazione, otteniamo sempresezioni della stessa forma geometrica.

Figura geometrica Momento di inerzia

ab

h

Per un parallelepipedo non serve analizza-re diversi assi di simmetria, in quanto pos-siamo utilizzare la stessa formula sempli-cemente dando i nomi a, b, e h sempre ri-spettivamente ai valori dei lati di base edell’altezza.Il momento di inerzia del parallelepipedopieno è

I =1

12m(a2 + b2

)Da notare che non dipende dall’altezza delparallelepipedo; come per il cilindro se im-maginiamo di tagliare il parallelepipedocon piani perpendicolari all’asse di rotazio-ne, otteniamo sempre sezioni della stessaforma geometrica.

Figura geometrica Momento di inerzia

rmax

h

rmin

Il momento di inerzia del cilindro cavo è

I =1

2m(r2max + r2

min

)Notiamo come nel caso che il raggio mi-nore tenda a diventare uguale al raggiomaggiore

rmin− > rmax

alora si ottiene il momento di inerzia di untubo cilindrico (con tutta la massa sulla su-perficie del cilindro e senza le superfici dibase). Avremo quindi che tutte le molecolesi trovano alla stessa distanza r dall’asse dirotazione, quindi

I = mr2

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 24I tre principi della dinamica

Fig. 24.1: Guarda il video you-tu.be/hevrh7nQMoE

Introduciamo adesso per la prima volta il con-cetto di forza, quello che fino ad ora avevate in mo-do intuitivo quando parlavate di spinte. Il concettodi forza è interamente definito dai tre principi del-la dinamica, proposti da Newton nel 1687. Nellostudiare quanto segue, non cercate semplicemen-te di ricordarli, o saperli ripetere, ma cercate piutto-sto di comprendere il loro significato e capire inche modo essi descrivono molti dei fenomeni cheaccadono intorno a voi.

24.1 Primo principio

Un corpo rimane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se e solo se la somma ditutte le forze che agiscono su di esso è nulla.

~V = cost⇔ ~Ftot = 0

Se vedo un oggetto che si muove con velocità costante, allora posso affermareche la forza complessiva su di esso è nulla; allo stesso modo se la forza complessivaè nulla allora posso affermare che l’oggetto non sta cambiando la sua velocità. Leforze non sono ciò che fa muovere gli oggetti... le forze sono ciò che fa cambiare lavelocità degli oggetti. É sbagliato affermare che un oggetto si sta muovendo perchéqualcuno lo spinge; anche se nessuno spinge l’oggetto, esso può sempre muover-si di moto rettilineo uniforme con velocità costante! Se invece vedo che l’oggettocambia la sua velocità, cioè sta subendo un’accelerazione, allora posso affermare chequalcuno l’ha spinto!

Nel rileggere il primo principio notate inoltre che esso parla di velocità costante;il caso di un oggetto che rimane fermo rientra in questa definizione, in quanto unoggetto che rimane fermo ha una velocità che non cambia e vale sempre V = 0 m

s .

24.1.1 Equilibrio traslazionale

Il primo principio della dinamica permette di enunciare il concetto di equilibrio tra-slazionale.

Un oggetto è in equilibrio traslazionale se la somma di tutte le forze cheagiscono su di esso è nulla

~Ftot = 0

24.2 Secondo principio

Che le accelerazioni siano la conseguenza di una forza ce lo dice il primo principio;stabilito questo, chiediamoci: “se spingo un corpo, quanto varrà l’accelerazione chene consegue?” Il fattore di proporzionalità tra la forza totale e l’accelerazione subiti da uncorpo è la massa di quel corpo.

~F = m~a

Il valore dell’accelerazione dipende dalla massa del corpo. A parità di forza subita,oggetti con piccola massa subiranno una grande accelerazione, e oggetti con grandemassa subiranno una piccola accelerazione.

24.3 Terzo principio

Fig. 24.2: Guarda il video you-tu.be/ox4q3XD91eo

Se su di un corpo A agisce una forza dovuta allapresenza di un corpo B, sul corpo B agirà una forzauguale ed opposta dovuta alla presenza del corpoA.

~Fab = − ~Fba

Per vederlo con un semplice esperimento Pren-dete un chiodo di ferro ed una calamita: tutti sap-piamo che se teniamo la calamita in mano essa attira il chiodo, ma è sicuramentealtrettanto vero che, se teniamo il chiodo fermo in mano, esso attira la calamita. Nel-l’esperienza quotidiana questo avviene molto spesso: quando nuotiamo spingiamo

51

52 Scheda24. I tre principi della dinamica

indietro con le braccia per poter andare avanti; quanto saltiamo spingiamo in bas-so con le gambe per poter andare in alto; quando camminiamo spingiamo indietrocon le gambe per andare avanti; se diamo una spinta a qualcuno noi subiamo comediretta conseguenza una spinta indietro.

Se lascio cadere una penna, essa cade perchè subisce la forza di gravità (versoil basso) generata dal pianeta; il terzo principio ci insegna che anche la penna stafacendo una forza sul pianeta, e che tale forza è uguale (ha lo stesso valore) e opposta(diretta verso l’alto).

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 25Pressione25.1 Definizione

Fig. 25.1: Guarda il video you-tu.be/I1oqX6uby7A

Immaginiamo di premere contro della neve fresca,sempre con la stessa forza, ma in tre modi differen-ti: la prima volta con il palmo della mano aperto,la seconda con il pugno chiuso e la terza volta conla mano piatta ma immersa nella neve di punta.L’esperienza vi dirà che, nonostante la forza fattasia sempre la stessa, la capacità di penetrare nellaneve non è la stessa. Ciò che cambia è che la forzache fate viene distribuita su superfici differenti.

La pressione è una grandezza scalare definita come il rapporto tra la forza per-pendicolare fatta su di una superficie ed il valore della superficie stessa.

P =F⊥S

Quando facciamo una forza su di un oggetto che preveda di doverlo toccare, taleforza si distribuisce su tutta la superficie di contatto; se tale superficie è grande, ognicentimetro quadrato della superficie subisce una piccola forza e quindi la pressionesull’oggetto è piccola.

25.2 Video di esempio

É possibile dormire su di un letto di chiodi? I chiodi hanno una punta, chiamata inmodo tale in quanto la sua superficie è molto piccola. Se il chiodo viene premuto sudi un oggetto, od in modo equivalente un oggetto viene premuto contro un chiodo,la pressione che consegue sarà necessariamente grande. Ma se un oggetto lo premia-mo non su uno, ma su moltissimi chiodi, la superficie di contatto sarà grande e lapressione di conseguenza piccola. la risposta alla domanda iniziale è si: è possibiledormire su di un letto di chiodi se i chiodi sono tantissimi. Guardate i seguenti vi-deo, ma attenzione: non ci provate perchè se sbagliate a calcolare il numero minimodi chiodi necessari potreste farvi molto male!

Fig. 25.2: Guarda il video youtu.be/JoDvQdChocA

Fig. 25.3: Guarda il video youtu.be/uV8c7p9JDhw

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

53

Scheda 26Forza di gravità e forza di Archimede26.1 Forza di gravità

Fig. 26.1: Guarda il video you-tu.be/vOKL3vcfxfg

La forza di gravità è quella che ci attrae verso ilbasso o, più precisamente, verso il centro della Ter-ra. Ogni volta che un oggetto si trova sulla su-perficie di un pianeta subiamo una forza verso ilbasso descritta dalla formula seguete, dove Fg èla forza di gravità, m la massa dell’oggetto e g

l’accelerzione di gravità.

Fg = mg

Per il pianeta Terra il valore dell’accelerazione di gravità è g = 9, 8 ms2 . Se voi

avete una massa di 60 kg allora in questo momento venite attratti verso il basso dauna forza

Fg = mg = 60 kg · 9, 8 ms2

= 58, 8kgm

s2= 58, 8Newton

Il valore dell’accelerazione di gravità è una costante per il pianeta Terra; se an-diamo su di un altro pianeta esso cambia, perché dipende dalla massa del pianeta edalle sue dimensioni.

26.2 Forza di Archimede

Un oggetto immerso in un fluido subisce una spinta verso l’alto pari al peso del fluido spo-stato. Questo é l’enunciato della legge di Archimede che spiega come mai alcunioggetti, se immersi in un fluido, galleggiano. La formula per la forza di Archimedeé:

FArchimede = ρfluidoVfluidospostatog

dove F è la forza di Archimede1, ρ indica la densitá del fluido, V il volume di fluidospostato (tanto più immergo l’oggetto tanto più fluido sposto) e g è l’accelerazionedi gravità. Questo principio vale sia per tutti i fluidi, cioè sia per i liquidi che per igas. Ognuno di noi è immerso nell’aria, perciò riceve una spinta verso l’alto pari alpeso dell’aria spostata.

26.2.1 Il problema del galleggiamento

Se studiamo lo schema di forze che agisce su di un oggetto immerso in un fluidopossiamo chiederci in quali casi l’oggetto galleggi. Le forze alle quali è sottopostosono la forza di gravità verso il basso e la forza di Archimede verso l’alto; a secondadi quale sia la forza maggiore avremo che l’oggetto andrà a fondo o salirà in super-ficie per poi galleggiare. Se confrontiamo le formule delle due forze vediamo che,scrivendo la forza di gravità come

Fg = mg = ρoggVoggg

dove con ρogg intendo indicare la densità media dell’oggetto, otteniamo

ρoggVogg = ρfluidoVfluidospostato

Se si prende in considerazione un oggetto completamente immerso in un liquido,per cui Vogg = Vfluidospostato, allora il confronto tra le due forze si riduce a confronta-re le densità dell’oggetto e del fluido. Gli oggetti la cui densità media sia superiore aquella dell’acqua andranno a fondo, gli altri saliranno in superficie. Se le due densitàsono uguali allora l’oggetto rimarrà fermo nel punto in cui è stato messo.

Consideriamo tre palline di circa egual volume, una da ping-pong di massa m =

3g, una di legno di massa m = 26g, e una da golf di massa m = 46g, immerse nel-l’acqua. Come si può vedere nella figura 26.2 sia la pallina da ping-pong che quelladi legno galleggiano, ma visto che quella di legno ha più massa ed è più pesante,deve subire una spinta di Archimede maggiore e quindi deve spostare più acqua

1La formula indicata vale nel caso in cui possiamo confondere il concetto di peso con il concetto diforza di gravità sulla superficie di un pianeta. Questa formula deriva da questa assunzione, ma in realtàil principio parla di “peso”

54

55 Scheda26. Forza di gravità e forza di Archimede

immergendosi di più rispetto a quanto non si immerga la pallina da ping-pong. Lapallina da golf invece, pur immergendosi completamente, son subisce una spintadi archimede sufficiente per poter galleggiare. Ci aspettiamo inoltre che la pallinada ping-pong sposti in volume Vfluidospostato = 3 cm3 e che quella di legno spostiin volume Vfluidospostato = 26 cm3. Tenendo conto delle incertezze sperimentali, leimmagini in figura 26.2 confermano tale previsione.

(a) Livello iniziale del-l’acqua

(b) La pallina da ping-pong galleggia

(c) La pallina di legnogalleggia

(d) La pallina da golfnon galleggia

Fig. 26.2: Oggetti diversi galleggiano in modo differente o non galleggiano affatto. Il liquido nel quale le pallinesono immerse è acqua con l’aggiunta di un colorante rosso.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 27Forza elastica27.1 L’aggettivo elastico

Fig. 27.1: Guarda il video you-tu.be/02nommN6u6c

Un oggetto viene detto elastico quando, se defor-mato, tende a tornare della sua forma iniziale. Seprendiamo una molla e la tiriamo con la mano, ov-viamente la deformiamo; la molla cercherà di ri-prendere la sua forma iniziale e per fare questoeserciterà sulla mano una forza. Quella forza vienedetta forza elastica.

Tutti i materiali, entro certi limiti magari anchemolto stretti, sono dotati di una certa elasticità. Al-cuni, come per esempio le molle, possono essere deformati molto senza che perdanole loro caratteristiche elastiche.

27.2 Le molle e la legge di Hooke

Consideriamo una molla ed immaginiamo di allungarla. La forza che la molla faràdipenderà dal tipo di molla e dall’allungamento della stessa

Fel = K ·∆l

dove K è la costante elatica della molla e dipende soltanto dal tipo di molla edalle sue caratteristiche quali per esempio la sua lunghezza, lo spessore, il materiale,la temperatura, ecc.; ∆l è invece l’allungamento della molla. Se scriviamo la stessaformula in forma vettoriale avremo

~Fel = −K · ~∆l

Il meno sta ad indicare che il vettore Forza esercitata dalla molla è sempre oppostoal vettore allungamento. La molla spinge dalla parte opposta di dove viene allungata!

27.2.1 Campo di elasticità

Ogni materiale elastico, se troppo deformato, perde le sue proprietà elastiche e nonritorna più della sua forma originaria. Chiamo Campo di elasticità quell’insieme dideformazioni che non modificano le proprietà elastiche dell’oggetto.

27.3 Modulo di Young

Anche un filo di metallo, se posto in trazione, si allunga. In realtà un qualunquemateriale compresso o posto in trazione si deforma leggermente in campo elastico.Se prendiamo un oggetto di lunghezza L e sezione S ed applichiamo perpendicolar-mente a tale sezione una forza F , allora la sua lunghezza cambierà di un fattore ∆L

Definendo la deformazione ε =∆L

Le lo sforzo, in questo caso una compressione

semplice, σ =F

S, possiamo definire il Modulo di Young come

Y =σ

ε

cioèY =

F · LA · δL

Il modulo di Young è una caratteristica del materiale di cui è fatto l’oggetto.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

56

Scheda 28Forza d’attritoLe forze di attrito sono forze che si oppongono sempre al movimento di un og-

getto, sia che l’oggetto sia fermo, e quindi lo mantengono fermo, sia che l’oggettosi muova, e quindi lo rallentano. Una forza di attrito quando un oggetto si muovein un fluido la chiamiamo attrito viscoso); una forza di attrito quando due superficistrisciano una contro l’altra la chiamiamo attrito radente; una forza di attrito quandoun oggetto rotola su di una superficie la chiamiamo attrito volvente.

28.1 Forza d’attrito radente statico

Parliamo di forza di attrito radente statico solo per oggetti fermi. Consideriamo unoggetto fermo su di un tavolo e proviamo a spostarlo facendolo strisciare sul tavolo:sicuramente devo applicare all’oggetto una certa forza; ma se la forza che applicoè troppo piccola l’oggetto sta fermo. Quando la forza che applico supera una certasoglia, allora l’oggetto comincia a muoversi. La forza di attrito radente statica è laforza che si oppone alla spinta subita dall’oggetto; ha un valore massimo oltre ilquale l’oggetto sicuramente si muove. Questo valore massimo dipende dal tipo disuperfici che strisciano una contro l’altra e da quanto è grande la forza che schiacciaqueste superfici una contro l’altra.

Fas = µsFschiaccia

Il coefficiente µs è chiamato coefficiente di attrito statico ed è un numero senza untà dimisura, che dipende unicamente dai materiali di cui sono fatte le due superfici chestrisciano. La forza che schiaccia Fschiaccia è quella forza che preme le due superficiuna contro l’altra. la grandezza delle superfici che strisciano tra loro non è rilevante.

28.2 Forza d’attrito radente dinamico

Parliamo di forza di attrito radente dinamico per oggetti in movimento. La forzadi attrito radente dinamico si ha sempre quando due superfici stanno strisciandouna contro l’altra; tale forza fa rallentare il movimento e quindi è sempre oppostaal vettore velocità. L’attrito radente è quindi una forza che si oppone sempre allospostamento dell’oggetto, ed è causato dallo strisciare di due superfici una contro

l’altra. Il valore di tale forza dipende da come sono fatte le due superfici, ma anchedalla forza con cui le due superfici sono schiacciate una contro l’altra.

Fad = µdFschiaccia

dove Fad è la forza d’attrito radente dinamico, µd il coefficiente d’attrito dinamico eFschiaccia la forza che preme le due superfici a contatto una contro l’altra.

~Fg (schiaccia)

~v (velocità)~Fa (attrito)

Fig. 28.1: Un oggetto su di un piano si sta muovendo verso destra. Necessariamente si genera una forza di attritoopposta alla direzione del moto, causata dallo strisciare dell’oggetto sul piano, proporzionale alla forza che schiaccial’oggetto contro il piano (in questo esempio la forza di gravità) e dal tipo di superfici che strisciano.

Il coefficiente di attrito dinamico è sempre minore del coefficiente di attrito statico

µd < µs

28.3 Forza d’attrito volvente

Parliamo di forza di attrito olvente ogni volta che un oggetto rotola su di un altro.Anche questa volta, come per l’attrito radente dinamico, l’attrito dipende dal tipodi superfici e dalla forza che le schiaccia una contro l’altra. Il coefficiente di attritodipende però anche dal raggio della ruota che sta rotolando.

Fav = µvFschiaccia

doveFav è la forza d’attrito volvente, µv il coefficiente d’attrito volvente e laFschiacciaè la forza che preme le due superfici a contatto una contro l’altra. Il coefficiente di

57

58 Scheda28. Forza d’attrito

attrito volvente è sempre minore del coefficiente di attrito dinamico

µv < µd < µs

28.4 Forza d’attrito viscoso

Un oggetto che si muove immerso in un fluido subisce una forza d’attrito. Tale forzadipende dalla velocità V dell’oggetto, e da due coefficienti che dipendono sia daltipo di fluido che dalla forma e dal materiale dell’oggetto, che dal modo con cui ilfluido scorre intorno all’oggetto, secondo la seguente formula

F = α1V + α2V2

Una più dettagliata trattazione dell’attrito viscoso esula per il momento dagliscopi di queste dispense. Facciamo solo alcune importanti considerazioni:

1. Sicuramente l’attrito aumenta all’aumentare della velocità dell’oggetto, per cuii valori di α1 e α2 sono entrambi positivi.

2. L’attrito aumenta all’aumentare della densità del fluido (per questo motivomuoversi nell’acqua è sicuramente più faticoso che muoversi nell’aria)

3. L’attrito aumenta all’aumentare delle dimensioni dell’oggetto (questo è il mo-tivo per cui le auto sportive le fanno basse ed i paracadute li fanno grandi)

4. L’attrito aumenta se la forma dell’oggetto è tale da generare vortici dietro diesso al suo passaggio (per questo motivo è molto importante la forma deglioggetti)

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 29Forza peso29.1 Definizione

Il peso di un oggetto è pari e opposto alla forza che devo fare per sorreggerlo.

Questa è una definizione molto semplice... vediamo di capirla illustrando nellesezioni seguenti una serie di esempi specifici. Ovviamente il peso di un oggetto,essendo una forza, si misura in Newton.

29.2 Un oggetto su di un tavolo

Immaginate di avere un oggetto di ferro di massa m = 1 kg

appoggiato su di un tavolo. Se trascuriamo l’effetto dell’a-ria, sull’oggetto agisce la forza di gravità ~Fg verso il bas-so. Per sorreggere l’oggetto il tavolo deve fare una forza ~T

verso l’alto, pari alla forza di gravità.

T = Fg

T = mg = 1 kg · 9, 8 ms2

= 9, 8N

In questo caso il peso P dell’oggetto vale P = 9, 8N .

29.3 Un oggetto immerso nell’acqua

Immaginate di avere un oggetto di ferro di massa m = 1 kg

appoggiato sul fondo di una piscina piena d’acqua. In que-sto caso il fondo della piscina fa una forza ~T che sorreg-ge l’oggetto. Le altre forze che agiscono sono la forza digravità ~Fg verso il basso e la forza di Archimede ~F

Averso

l’alto.Il volume dell’oggetto di ferro vale

V =m

ρf=

1 kg

7874 kgm3

= 0, 000127m3 = 127 cm3

La forza per sorreggere l’oggetto vale

T = Fg − FArc

T = mg − ρfVfsg = 1 kg · 9, 8 ms2− 1000

kg

m3· 0, 000127m3 · 9, 8 m

s2∼ 8, 6N

Il valore della forza T è pari al peso P dell’oggetto, dove ora P = 8, 6N , meno diquanto pesava appoggiato sul tavolo.

29.4 Un oggetto in un sistema accelerato

29.4.1 Un oggetto che ruota

Immaginate di far ruotare un oggetto di ferro di massam = 1 kg appeso ad una catena. La frequenza con cuiruota vale ν = 2Hz ed il raggio del cerchio che percor-re vale r = 1m. Esso subisce la forza di gravità verso ilbasso e la forza centrifuga verso l’esterno del percorso cir-colare. Le due forze sono quindi perpendicolari tra loroed entrambe contribuiranno a creare il peso dell’oggetto.La catena che sorregge l’oggetto, esprime una forza, corri-spondente al peso dell’oggetto, pari alla somma delle due

forze precedenti.

T =√F 2g + F 2

c =

√(mg)

2+ (2mπν)

2

T =

√(1 kg · 9, 8 m

s2

)2

+ (2 · 1 kg · 3, 14 · 2Hz)2 ∼ 15, 9N

Il valore della forza T è pari al peso P dell’oggetto, dove ora P = 15, 9N , piùdi quanto pesava appoggiato sul tavolo. In questo caso è anche utile notare che ilpeso dell’oggetto non è parallelo alla forza di gravità. Il peso agisce lungo la catena;l’inclinazione della catena è poi determinata dai valori delle due forze di gravità ecentrifuga.

29.4.2 La caduta libera

59

60 Scheda29. Forza peso

Immaginiamo un oggetto in un ascensore che si sta muo-vendo con accelerazione ~a verso il basso. Una persona al-l’interno subisce la sola forza di gravità ~Fg verso il basso,mente il pavimento dell’ascensore sorregge la persona edesprime quindi una forza ~T verso l’alto pari al peso dellapersona.

Per il secondo principio della dinamica avremo che

Fg − P = ma

P = Fg −ma = mg −ma = m (g − a)

Se a = 0 ad indicare che l’ascensore si muove con velocità costante, allora lapersona ha un peso coincidente con la forza di gravità. Se a < 0 ad indicare chel’ascensore accelera verso l’alto, allora la pesona ha un peso superiore alla forza digravità che subisce. Se a > 0 ad indicare che l’ascensore accelera verso il basso, allorala pesona ha un peso inferiore alla forza di gravità che subisce.

Questo è esattamente quello che si prova in ascensore quando saliamo. All’iniziol’ascensore parte verso l’alto e per un istante ci sentiamo più pesanti; successivamen-te durante il tragitto l’ascensore viaggia a velocità costante e noi percepiamo il nostroconsueto peso; infine l’acensore si ferma ed in quell’istante ci sentiamo più leggeri.

Nel caso che l’acensore sia in caduta libera, avremo che ~a = ~g per cui risulta cheil peso della persona sia rigorosamente nullo. Questo è anche il caso di un astro-nauta in orbita intorno alla Terra, infatti l’astronauta in orbita si trova nella stessasituazione fisica della caduta libera.

Autore: Andrea de Capoa 3 Mag 2016

Scheda 30Moto su di un piano inclinato30.1 Una prima considerazione

Quando studiate la fisica del moto di un oggetto lungo un piano inclinato, cercate diricordare che non c’è nulla da studiare! In questa scheda semplicemente applichiamoconcetti e principi già studiati nelle precedenti schede. IN questa scheda impariamoad applicare dei principi generali ad una situazione particolare, per cui dopo averstudiato la scheda non saprete più cose di quante ne sapevate prima, ma sarete piùabili ad utuilizzare le conoscenze già aquisite.

30.2 Il piano inclinato

θ~Fg

~Rv

Immaginiamo un piano inclinato senza attrito che formi un angolo α con l’oriz-zontale, ed un oggetto di massa m posto sul piano. In una situazione come questal’oggetto subisce soltanto due forze: la forza di gravità e la reazione vincolare delpiano inclinato.

La forza di gravità esiste per il fatto che l’oggetto ha massa. La reazione vincolareesiste in quanto la forza di gravità schiaccia l’oggetto contro il piano inclinato. Perpoter capire bene cosa stia davvero succedendo è necessario studiare la situazionelungo le sue due linee principali: quella del piano inclinato e quella perpendicolareal piano inclinato.

θ~Fg⊥

~Fg‖

~Rv

Scomponendo la forza di gravità lungo le due linee principali del sistema ci sirende conto che la forza di gravità, contemporaneamente, spinge l’oggetto lungo ilpiano inclinato e lo schiaccia contro di esso. La reazione vincolare del piano inclinatosemplicemente si adegua alla forza che schiaccia l’oggetto contro il piano. Questosignifica che lungo la direzione perpendicolare al piano inclinato la forza totale ènulla, mentre rimane diversa da zero la forza totale parallela al piano inclinato. Lacomponente della forza di gravità parallela al piano inclinato è

Fg‖ = Fg · sin(θ)

quella perpendicolare al piano inclinato, uguale alla reazione vincolare del piano,vale

Rv = Fg⊥ = Fg · cos(θ)

30.3 Il moto sul piano inclinato

Abbiamo appena visto che sull’oggetto agisce una forza totale diretta lungo la dire-zione del piano inclinato, ed il cui valore dipende dalla forza di gravità e dall’incli-nazione del piano, entrambi costanti. Quindi l’accelerazione che subisce il corpo ècostante ed il corpo si muove di moto rettilineo uniformemente accelerato.

61

62 Scheda30. Moto su di un piano inclinato

30.4 Il piano inclinato in presenza di attrito

Qualora il corpo strisci sul piano inclinato, bisogna semplicemente aggiungere alloschema delle forze la forza di attrito il cui valore è direttamente proporzionale allaforza che schiaccia l’oggetto contro il piano inclinato.

Fa = µFg⊥ = µFg sin θ

θ

~Fa

~Fg⊥

~Fg‖

~Rv

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 31Legge di gravitazione universale31.1 La forza di gravità

Tra due oggetti di massaM1 edM2 posti ad una distanza r si genera una forzadi gravità attrattiva data dalla formula

F = GM1 ·M2

r2

dove G è detta costante di gravitazione universale. Essa è una delle costantifondamentali del nostro universo e vale

G = (6, 67684± 0, 00080) · 10−11Nm2

kg2

Fig. 31.1: Guarda il video you-tu.be/uUGpF3h3RaM

Due oggetti, solo per il fatto che hanno mas-sa, si attraggono a causa della forza di gravità. ta-le forza ha un raggio di azione infinito, il che si-gnifica che non importa quanto i due oggetti sianodistanti, essi si attrarranno per la forza di gravità!

La misura della costante di gravitazione uni-versale è stata fatta utilizzando la bilancia di Caven-dish. Essa è realizzata con due masse ai lati di unasbarra appesa ad un filo. Mettendo altre masse vi-cine a quelle appese al filo si può vedere che il filo subisce una torsione. Tale torsioneevidenzia la presenza della forza di gravità.

31.1.1 L’accelerazione di gravità di un pianeta

La forza di gravità che un oggetto di massa m subisce sulla superficie di un pianeta(ad esempio la Terra) è data dalla formula

F = mg

dove g è l’accelerazione di gravità di quel pianeta. Per un oggetto sulla superficiedel pianeta Terra, la legge di gravitazione universale ci dice:

F = GMT ·mR2T

dove MT è la massa della Terra, ed RT è il raggio della Terra. confrontando le dueequazione otteniamo

g = GMT

R2T

Se eseguite i conti otterrete il valore dell’accelerazione di gravità sulla Terra.

31.2 Energia potenziale gravitazionale

Visto che la forza di gravità è conservativa, esiste una energia potenziale gravitazio-nale la cui formula è

U = −GM ·mr

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

63

Scheda 32Il moto di un pianeta32.1 Le basi

Fig. 32.1: Guarda il video you-tu.be/QTOCG4mKLQI

Innanzi tutto bisogna dire che un pianeta orbitaintorno al sole solo grazie alla forza di gravità. Ilsole attira il pianeta ed il pianeta attira il sole. Perquanto possa sembrare strano orbitare e cadere sonolo stesso concetto, come mostrato in modo efficacedal video 32.1.

La comprensione profonda delle caratteristichedel moto di un pianeta intorno al Sole passa neces-sariamente dalla comprensione delle leggi di con-servazione dell’energia meccanica e di conserva-zione del momento angolare. Storicamente fu Ke-plero il primo che descrisse il moto di un pianeta attraverso la tre leggi da lui for-mulate. Tali leggi di fatto contengono al loro interno la legge di conservazione delmomento angolare e la formula per la forza di gravità che, per le sue caratteristi-che, è una forza conservatica e quindi implica la legge di conservazione dell’energiameccanica.

32.2 Energia e momento angolare

L’energia potenziale gravitazionale di un oggetto di massa m che orbita intorno aduno di massa M è

U = −GM ·mr

nella quale, per convenzione, assumiamo che l’oggetto ha energia potenziale gravi-tazionale nulla quando si trova ad una distanza infinita dall’altro oggetto.

2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

−10

−5

5

Distanza

Energia

Tenendo conto che sia l’energia totale del sistema che il suo momento angolare siconservano, avremo che

Etot =1

2mV 2 −GM ·m

r= cost

L = m · V · r · sen(α) = cost

da cui

V =L

m · r · sen(α)

Etot =1

2

L2

m · r2 · sen2(α)−GM ·m

r

La funzione rappresentata in figura 32.2 rappresenta l’andamento dell’energiatotale di un oggetto in orbita in funzione della distanza tra i due corpi e dell’ango-lo tra il vettore velocità ed il vettore posizione del corpo in orbita. Per un corpo inorbita l’energia totale deve essere una costante; quindi, stabilita quale sia l’energiatotale del corpo, definendo l’angolo tra la velocità del corpo e la sua posizione pos-siamo determinare le due possibili posizioni del corpo nello spazio. Se per esempioci chiediamo a quale distanza minima e massima si possa trovare il corpo in orbita,è sufficiente imporre α = 90 e tracciare sul grafico una retta orizzontale rappresen-tante l’energia totale del sistema. Dalle intersezioni si risale alle due distanze cheverranno effettivamente occupare dal corpo.

64

65 Scheda32. Il moto di un pianeta

2 4 6 8 10 12

−10

−5

5

Distanza

Energia

Etot =1

2

L2

m · r2 · sen2(α)−GM ·m

r

Fig. 32.2: L’energia totale di un oggetto in orbita intorno ad un’altro, in funzione della loro distanza per unparticolare angolo tra il vettore velocità ed il vettore posizione del corpo in orbita.

−1 1 2 3 4 5

−10

−5

5

Distanza

Energia

Fig. 32.3: Le intersezioni della curva con la linea orizzonatle indicano le due possibili distanze del corpo.

Alcune considerazioni Come potrete osservare, qualunque angolo si consideri trala velocità del corpo e il suo vettore posizione, se l’energia totale del sistema è ne-gativa, allora avremo sempre una posizione di minima distanza ed una di mas-sima distanza. Se invece l’energia totale del sistema è positiva, il corpo non or-biterà, ma dopo essere arrivato nella posizione di minima distanza, si allontaneràindefinitamente.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 33Momento di una forza33.1 Definizione

Immaginiamo di applicare una forza su di un oggetto che sia tenuto fermo in unpunto e libero di ruotare intorno a quel punto. La forza che applichiamo tenderàa far ruotare l’oggetto. La capacità di farlo ruotare dipenderà non solo da quantola forza è intensa, ma anche dalla distanza tra il punto di rotazione e la linea dellaforza. La grandezza fisica che descrive questo è il momento di una forza.

~M = ~r × ~F

Il momento di una forza è quindi un vettore perpendicolare a ~r e a ~F ; può avereverso orario o antiorario; il suo modulo vale

M = F · b

dove b è chiamato braccio ed è la distanza del punto di rotazione dalla direzione dellaforza.

~F

~rb

Fig. 33.1: Momento di una forza.

33.2 Equilibrio rotazionale

Il primo principio della dinamica, applicato in una situazione nella quale, invecedi parlare di traslazione parliamo di rotazione, permette di enunciare il concetto diequilibrio rorazionale.

Un oggetto è in equilibrio rotazionale se la somma di tutti i momenti cheagiscono su di esso è nulla

~Mtot = 0

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

66

Scheda 34Reazioni vincolari34.1 Definizione

Una reazione vincolare è una forza che adatta il suo valore allo scopo dimantenere un oggetto in equilibrio traslazionale

Immaginiamo di avere un bicchiere vuoto appoggiato su di un tavolo: la forza digravità lo tira verso il basso ma il bicchiere rimane fermo. La forza totale che agiscesull’oggetto è nulla visto che l’oggetto rimane fermo, quindi il tavolo sta facendo unaforza verso l’alto pari alla forza di gravità subita dal bicchiere. Se adesso riempiamoil bicchiere con dell’acqua, la forza di gravità che agisce su di esso aumenta, in quantoè aumentata la massa del bicchiere. Il bicchiere rimane fermo, quindi la forza totalesul bicchiere è ancora nulla. Questo si spiega ammettendo che la forza fatta daltavolo è aumentata in modo tale da far si che la forza totale rimanesse zero.

Detto in modo poco scientifico, i vincoli sono cose che tengono fermi gli oggetti...quindi sono ciò che rende pari a zero la forza totale su tali oggetti.

Come in tutte le situazioni reali esistono dei limiti; in particolare con i vincoliesiste un limite massimo alla forza fatta dal vincolo, oltre il quale tale vincolo sirompe.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

67

Scheda 35Momento Angolare35.1 Definizione

Il momento angolare di un corpo è definito come il momento della quantità dimoto rispetto ad un determinato punto. Definiti ~r il vettore dal punto al corpoe ~P la quantità di moto del corpo, avremo

~L = ~r × ~P

Prendiamo per esempio un corpo puntiforme di massa m che ruota di moto cir-colare uniforme su di un piano orizzontale a distanza r dal centro di rotazione. Ladirezione ed il verso del vettore ~L sono definiti dalle proprietà del prodotto vettoria-le e quindi nel nostro esempio la direzione è verticale, mentre il verso è determinatocon la regola della mano destra e quindi stabilisce se il verso della rotazione sia orarioo antiorario. Il modulo del vettore è

L = rmv sinα

dove α è l’angolo tra i vettori ~r e ~P e quindi v sinα = v⊥ è la componente dellavelocità perpendicolare al raggio. Definendo ω la velocità angolare del corpo, e I =

mr2 il momento di inerzia del corpo rispetto all’asse di rotazione, avremo quindi

L = rmV⊥ = mr2ω

L = Iω

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

68

Parte IV

Leggi di conservazione

69

Scheda 36Quantità di moto36.1 La quantità di moto

Una grandezza fisica particolarmente importante per descrivere una grande quantitàdi fenomeni è la quantità di moto ~q. Essa è una grandezza vettoriale legata allamassa ed alla velocità di un oggetto.

La quantità di moto di un oggetto è definita come il prodotto della massadell’oggetto per la sua velocità

~q = m~V

La quantità di moto di un oggetto è quindi una grandezza vettoriale che ha stessadirezione e verso della velocità dell’oggetto. L’unità di misura della quantità di motoè quindi kg·ms

36.1.1 Forza e quantità di moto

Partendo dal secondo principio della dinamica possiamo scrivere:

~F = m~a = m∆V

∆t=

∆(m~V )

∆t=

∆~q

∆tUna forza corrisponde quindi ad una variazione di quantità di moto nel tempo.

Analogalmente possiamo affermare che

~F ·∆t = ∆~q

l’effetto di una forza applicata per un certo intervallo di tempo causa una varia-zione di quantità di moto nel tempo. La grandezza

~I = ~F ·∆t

viene chiamata Impulso. Chiamo forza impulsiva una forza, generalmente moltointensa, che agisce per un brevissimo arco di tempo. Un esempio di forza impulsivalo possiamo vedere negli sport che si praticano con una palla: ogni volta che col-piamo tale palla applichiamo una forza molto intensa per il brevissimo intervallo ditempo pari alla durata del colpo.

36.2 Conservazione della quantità di moto

Immaginiamo di studiare un sistema isolato nel quale ci siano molti oggetti tra i qualiagiscono delle forze. Tali forze sono tutte interne al sistema, per cui se un oggettoesercita una forza su di un secondo oggetto, per il terzo principio della dinamica,all’interno del mio sitema vedrà anche la forza uguale e contraria che il secondooggetto esercita sul primo. In formule scriverò

~F1 = −~F2

Riscrivedo ora queste forze come variazioni di quantità di moto nel tempo otter-remo

∆~q1

∆t= −∆~q2

∆t

∆~q1

∆t+

∆~q2

∆t= 0

da cui

∆~q1 + ∆~q2

∆t= 0

∆~qtot∆t

= 0

∆~qtot = 0

Questo significa che

In un sistema isolato la quantità di moto totale si conserva.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

70

Scheda 37Mappe sull’energia

Legge di conservazionedell’energia totaleEtoti = Etotf

Energia cineticatraslazionaleEc =

1

2m · V 2

Energia cineticarotazionaleEcr =

1

2I · ω2

Energia potenzialegravitazionale

U = m · g · h

U = −GM ·mrEnergia

potenziale elastica

V =1

2k · ∆l2

Energia potenzialeelettrostatica

U = −Kq1 · q2

r

Calore∆Q

Joule

Lavoro∆L = ~F · ∆~S

Joule

Potenza [Watt]

P =∆E

∆t

Tipi di energie[Joule]

Modi discambiare energia

43

F = m · g

F = G M ·mr2

Autore: Andrea de Capoa 21 Dic 2016

71

Scheda 38Energia e Lavoro38.1 Energia cinetica

Un oggetto che si muove ha energia cinetica solo per il fatto che si sta muovendo.L’energia cinetica Ec di un oggetto di massa m che si muove con velocità ~V vale

Ec =1

2mV 2

Come si vede dalla formula l’energia cinetica dipende dalla massa dell’oggettoe dal quadrato della sua velocità. L’unità di misura di una qualunque energia è ilJoule

Joule =kg ·m2

s2

38.2 Energia cinetica rotazionale

Prendiamo in considerazione una particella di massa mi che si muove di moto cir-colare uniforme con velocità Vi, raggio ri e velocità angolare ω. Ovviamente la suaenergia cinetica potrà essere scritta, tenendo in considerazione le equazioni del motocircolare uniforme, come

Ecr−i =1

2mi V

2i =

1

2mr2

i ω2

La quantità Ii = mir2i è definita momento d’inerzia della particella rispetto all’asse

di rotazione. In questo modo possiamo scrivere l’energia cinetica della particelladovuta alla rotazione della stessa come

Ecr−i =1

2Iiω

2

Nel caso della rotazione di un oggetto esteso, l’energia cinetica rotazionale del-l’oggetto sarà la somma dell’energia cinetica rotazionale di ognuna delle sue mole-cole; visto però che tutte le molecole dell’oggetto hanno la stessa velocità angolarepotremo scrivere

Ecr =∑ 1

2Iiω

2 =1

2(∑

Ii)ω2

Definendo I come il momento d’inerzia dell’oggetto esteso, calcolabile in linea diprincipio come la somma dei momenti di inerzia di ogni singola particella dell’og-getto, otteniamo l’energia cinetica rotazionale dell’oggetto

Ecr =1

2Iω2

Anche in questo caso il valore di I dipende non solo dalla forma e dalla massadell’oggetto, ma anche dal suo asse di rotazione.

38.3 Energia interna

Se osserviamo un oggetto fermo, non è difficile affermare che la sua energia cineticaè zero. Questo perchè il baricentro dell’oggetto ha velocità Vb = 0 e rispetto al bari-centro la velocità di rotazione vale ω = 0. Le singole molecole di cui è fatto l’oggettoperò non sono ferme, ma si buovono con una velocità che dipende dalla temperatu-ra dell’oggetto. La somma di tutte le energie cinetiche delle molecole, nel sistema diriferimento dell’oggetto fermo, è detta Energia Interna dell’oggetto.

38.4 Il Lavoro di una forza

Immaginiamo di avere un oggetto che si sposta da un punto A ad un punto B sottol’azione di una forza.

Il lavoro fatto da una forza su di un oggetto che si sposta da un punto A ad unpunto B è definito come il prodotto scalare della forza per lo spostamento dell’og-getto. Se applico una forza costante ~F su di un oggetto e questo si sposta effettuandouno spostamento ~∆S allora il lavoro effettuato sarà:

L = ~F × ~∆S = F ·∆S · cos(α)

É importante notare che quando l’angolo tra i due vettori è di 90 (cioè i duevettori sono perpendicolari) allora il coseno dell’angolo vale zero ed il lavoro fattodalla forza è nullo. Una forza perpendicolare allo spostamento non fa lavoro. Seinvece la forza avesse verso opposto allo spostamento (cioè l’angolo tra i due vettori

72

73 Scheda38. Energia e Lavoro

~∆S

~F

α

Fig. 38.1: In figura è schematicamente rappresentato un oggetto sottoposto ad una forza ~F , e che compie unospostamento ~∆S. La forza forma un angolo α con lo spostamento, ed il lavoro compiuto dalla forza è indicato nellaformula rappresentata.

fosse di 180) allora il coseno dell’angolo varrebbe−1 ed il lavoro della forza sarebbenegativo. Il lavoro di una forza opposta allo spostamento è negativo. In altre parole,soltanto la componente della forza che sia parallela allo spostamento può compiereun lavoro.

38.4.1 Il teorema dell’energia cinetica

Immaginiamo di applicare una forza costante ~F ad un oggetto di massa m, e sup-poniamo che esso si sposti di una quantità ~∆S nella stessa direzione e nello stessoverso della forza. Il Lavoro fatto dalla forza può essere calcolato come

L = F ·∆S = ma∆S = m∆V

∆t∆S = m(Vf − Vi)Vmedia

Visto che stiamo considerando una forza costante, possiamo affermare che ilmoto dell’oggetto è uniformemente accelerato; per questo motivo possiamo scrivere

L = m(Vf − Vi)Vmedia = m(Vf − Vi)(Vf + Vi)

2=

=1

2mV 2

f −1

2mV 2

i = Ecf − Eci

L = ∆Ec

In altre parole il lavoro fatto dalla forza ha incrementato l’energia cinetica del-l’oggetto. Se la forza fosse stata opposta allo spostamento, il lavoro sarebbe statonegativo e di conseguenza lo sarebbe stata la variazione di energia cinetica dell’og-getto.

38.5 La Potenza

Precedentemente abbiamo parlato del lavoro fatto da una forza. Se applico una forzaad un oggetto mentre si sposta, allora compio su quell’oggetto un lavoro e quindi glifornisco (o tolgo) energia. Il concetto di potenza è legato alla rapidità con la qualefornisco del lavoro ad un oggetto. La potenza è infatti definita come il rapporto tra illavoro fatto su di un oggetto e l’intervallo di tempo nel quale questa energia è statadata.

P =∆E

∆t

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 39Forze conservative ed Energia Potenziale39.1 Forze conservative

Una forza è definita conservativa quando il lavoro che compie lungo un percorsochiuso è pari a zero. Tipici esempi di forze conservative sono la forza di gravità e laforza elastica; un tipico esempio di forza non conservativa è la forza d’attrito. Imma-giniamo un oggetto che si muova sotto l’azione di una forza conservativa lungo unpercorso chiuso che lo porti da un punto A ad un punto B e successivamnte lo portiindietro dal punto B al punto A seguendo una strada differente. Visto che il lavorolungo il percorso chiuso deve valere zero, avremo

L′A→B + L′′B→A = 0

da cui

L′A→B = −L′′B→A

L′A→B = L′′A→B

Questa equazione dice che qualunque percorso si scelga il lavoro della forza con-servativa per andare da A a B deve essere sempre uguale, indipendentemente dalpercorso scelto.

L’indipendenza dal percorso ci permette di definire una grandezza U detta ener-gia potenziale che dipende solo dalla posizione dell’oggetto. in questo modo per leforze conservative varrà

LA→B = UA − UB = −∆U

Tenendo anche presente il teorema dell’energia cinetica, possiamo quindi inter-pretare questo risultato dicendo che il lavoro di una forza conservativa trasformaenergia potenziale gravitazionale in energia cinetica. L’Energia potenziale è l’ener-gia che un oggetto ha in potenza e che potrebbe essere trasformata in energia cineticada una forza che fa lavoro. Esistono moltissimi tipi differenti di energia potenziale,una per ogni tipo di forza conservativa.

39.1.1 L’Energia potenziale gravitazionale

Quanto detto in questo paragrafo vale nel caso di oggetti che si trovino vicino allasuperficie del pianeta. Consideriamo un oggetto qualunque: esso ha una energiapotenziale gravitazionale dovuta alla sua posizione. L’energia potenziale gravita-zionale U per un oggetto di massa m ad una altezza h dalla superficie della Terravale

U = mgh

Come si vede dalla formula il valore dell’energia potenziale dipende dalla massadell’oggetto, dalla sua altezza dal suolo e dal valore dell’accelerazione di gravità cheper il pianeta Terra vale g = 9, 81 m

s2 . Se un oggetto ha una massa di 5Kg e si trovaad una altezza di 10metri dal suolo allora la sua energia potenziale gravitazionalevarrà 490 Joule (fate i conti e verificate la loro esattezza). Su di un diverso pianetacambia il valore di g.

Immaginiamo di portare un oggetto da un’alterzza hA ad un’alterrza hB differen-te e calcoliamo il lavoro della forza di gravità; questo conto ci permetterà di capirecome mai l’energia potenziale gravitazionale ha quella formula.

LA→B = −mg∆h = mghA −mghB = −(UB − UA) = −∆U

39.1.2 L’energia potenziale elastica

Una molla a riposo, che non venga ne compressa ne estesa, ha energia potenzialeelastica nulla. Se la stessa molla la si comprime o la si estende, essa acquista ener-gia potenziale elastica proporzionale all’estensione o alla compressione rispetto allalunghezza a riposo della molla. L’energia potenziale elastica Uel immagazzinata dauna molla con costante elastica k e compressa (o estesa) di una lunghezza ∆l rispettoalla posizione a riposo varrà

Vel =1

2k(∆l)2

74

75 Scheda39. Forze conservative ed Energia Potenziale

Se una molla con costante elastica k = 30 Nm viene compressa di ∆l = 0, 2metri,

l’energia potenziale elastica immagazzinata dalla molla vale Vel = 0, 6 Joule (fate iconti e verificate la loro esattezza).

39.1.3 Altre forme di energia potenziale

A seconda dei vari casi che di volta in volta si analizzano, ogni oggetto può imma-gazzinare energia in molte forme; un oggetto ha energia in base alla temperatura acui si trova, in base ai legami chimici tra le varie molecole o atomi, in base ai legamitra i costituenti degli atomi, ecc. Sarà compito di chi analizza un certo sistema ca-pire quali tipi di energia devono essere considerati per una corretta descrizione delfenomeno.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 40Legge di conservazione dell’energia totale40.1 Le parole di Feynmann

C’è un fatto, o se volete una legge, che governa i fenomeni naturali sinora noti. Non ci sonoeccezioni a questa legge: per quanto ne sappiamo è esatta. La legge si chiama conservazionedell’energia, ed è veramente una idea molto astratta, perché è un principio matematico: diceche c’è una grandezza numerica, che non cambia qualsiasi cosa accada. Non descrive unmeccanismo, o qualcosa di concreto: è solo un fatto un po’ strano: possiamo calcolare uncerto numero, e quando finiamo di osservare la natura che esegue i suoi giochi, e ricalcoliamoil numero, troviamo che non è cambiato... [Richard Feynmann, Le Lezioni di Feynmann,VolI]

40.2 Legge di conservazione dell’energia totale

La legge di conservazione dell’energia è uno dei concetti più importanti nell’analisidi un fenomeno fisico. In un sistema isolato (che quindi non ha alcuno scambio conl’esterno) la quantità totale di energia è costante. Questo significa che non importaquali o quante trasformazioni subisca l’energia presente nel sistema, la sua quantitàcomplessiva è sempre costante. Se ci limitiamo a considerare l’energia meccanica(per cui ci limitiamo alle forze conservative ed assumiamo che non ci siano forzenon conservative) la dimostrazione di questo principio è semplice, infatti per unqualunque oggetto, nello spostarsi da un punto A ad un punto B avremo sempreche

LA→B = −∆U = ∆Ec

da cui ricaviamo

∆U + ∆Ec = 0

∆Etot = 0

In un caso più generale, nel quale siano presenti ogni tipo di forza, il principio diconservazione dell’energia continua a essere valido, semplicemente introducendo

nuove ed opportune forme di energia. Nel caso di uno spostamento in presenza diattrito, parte dell’energia cinetica dell’oggetto in moto viene convertita in calore equindi dovrà aggiungere nel bilancio energetico anche questa forma di energia.

∆Etot = ∆U + ∆Ec + ∆Q = 0

40.3 Trasformazione dell’energia

Ogni volta che su di un oggetto agisce una forza e quell’oggetto si muove alloraquella forza ha compiuto un lavoro sull’oggetto. Se quel lavoro è positivo allo-ra vuol dire che quella forza ha dato energia cinetica all’oggetto trasformando unaqualche energia potenziale; al contrario se il lavoro è negativo vuol dire che quellaforza ha sottratto energia cinetica all’oggetto convertendola in una qualche energiapotenziale.

Un esempio Per capire bene in che modo l’energia si trasforma da una sua formaall’altra analizziamo adesso una particolare situazione nella quale un peso si trovasulla cima di un piano inclinato e poi scende lungo il piano inclinato per arrivarecontro una molla posta al fondo del percorso.

1. Un oggetto si trova fermo ad una certa altezza: ha energia potenziale gravi-tazionale; non ha energia cinetica. Nella molla al fondo del percorso non èimmagazzinata energia.

hi

θ

2. L’oggetto sta rotolando verso il basso: sta trasformando la sua energia poten-ziale gravitazionale in energia cinetica. Nella molla al fondo del percorso nonè immagazzinata energia.

76

77 Scheda40. Legge di conservazione dell’energia totale

hi~Vi

θ

3. Adesso l’oggetto si muove in orizzontale al fondo della discesa. Ha trasformatotutta la sua energia potenziale gravitazionale in energia cinetica. Non variandopiù la sua altezza, non varia nemmeno la sua energia cinetica. Nella molla alfondo del percorso non è immagazzinata energia.

hi~Vi

θ

4. L’oggetto è arrivato a comprimere la molla. Sta convertendo energia cineti-ca in energia potenziale elastica. l’oggetto quindi rallenta fino a fermarsi ecomprime la molla fino ad un valore massimo.

hi

θ

5. La molla, raggiunta la sua massima compressione, comincerà adesso a restitui-te all’oggetto energia cinetica perdendo energia potenziale elastica. La mollariprenderà la lunghezza iniziale.

hi~Vi

θ

6. L’oggetto ricomincia a salire lungo il piano inclinato. Perde energia cinetica pertrasformarla in energia potenziale gravitazionale.

hi~Vi

θ

7. L’oggetto, una volta fermo, ha convertito tutta la sua energia cinetica in energiapotenziale gravitazionale raggiungendo la massima altezza.

hi

θ

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 41Macchine sempliciUna macchina semplice è uno strumento che permette di fare del lavoroesercitando una piccola forza.

Fig. 41.1: Tavola sulle macchine semplici dallaCyclopaedia di Chambers del 1728.

Ogni volta che spostiamo un og-getto esercitando direttamente su diesso una forza, compiamo un certolavoro. Utilizzando una macchinasemplice, noi riusciamo ad ottene-re per l’oggetto lo stesso spostamen-to e lo stesso lavoro, ma esercitandouna forza minore lungo un percorsomaggiore.

Le macchine semplici che tratte-remo sono: il piano inclinato, la leva,la carrucola e il torchio idraulico.

41.1 Il piano inclinato

Immaginate di dover spingere unoggetto lungo un piano inclinatoper sollevarlo di una certa altezza.Ammettendo che sul piano inclinatol’attrito sia nullo, è evidente che sa-rà molto più facile sollevare l’ogget-to spostandolo lungo il piano incli-nato che non sollevare lo stesso og-getto lungo un percorso verticale. Illavoro necessario per spostare l’og-getto dipende soltanto dalla massadell’oggetto stesso e dal dislivello dacoprire. Infatti, per la legge di conservazione dell’energia totale, avremo che

L+mghi = mghf

L = mg(hf − hi) = mg∆h

Il lavoro che facciamo noi applicando una forza ~F dipende però dalla lunghezzadel piano inclinato, infatti

F ·∆S = mg∆h ⇒ F =mg∆h

∆S

Per cui, tanto più lungo è il piano inclinato, tanto minore è la forza da impiegareal fine di fare una certa quantità di lavoro.

~F∆h

∆S

Fig. 41.2: Il piano inclinato

41.2 La leva

Una leva è un’asta con un perno fisso intorno al quale l’asta ruota. Il perno non è nelcentro dell’asta; per questo motivo, in una condizione di equilibrio, la forza fatta adun estremo dell’asta non è uguale alla forza fatta sull’altro estremo dell’asta.

Fb1 = Fgb2 ⇒ F =Fgb2b1

Qualunque lavoro venga fatto su di un oggetto posizionato sul lato corto dellasbarra, sarà uguale al lavoro fatto dalla forza posizionata sul lato lungo. La forza fat-ta sul lato lungo è però sempre più piccola dell’altra, e di qui il concetto di macchinasemplice.

78

79 Scheda41. Macchine semplici

~Fg

~Fb2 b1

Fig. 41.3: La leva

41.3 La carrucola

Una carrucola è un oggetto costituito da una ruota con una scanalatura sui bordiper permettere il passaggio di una corda. La ruota è libera di ruotare intorno al suoperno centrale. Il punto chiave per comprenderne il funzionamento sta nel notareche la forza esercitata dal filo è sempre doppia in quanto il filo è avvolto intorno allaruota. A bilanciare tale forza è la reazione del perno che, di conseguenza, sarà doppiarispetto alla tensione del filo. Montando una carrucola o più carrucole avremo che laforza necessaria a tenere in equilibrio un peso è minore della forza esercitata dal pesostesso. In figura 41.4, facendo una forza ~T sulla corda, tale forza si propaga su tuttala corda. Sulla carrucola mobile, la corda esercita due forze verso l’alto, bilanciatedalla forza ~F verso il basso. La forza ~T risulta quindi la metà della forza ~F .

r

41.4 Il torchio idraulico

Per questo paragrafo vedi 44.1.1.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

∆h

~T ~T

~F

~T

m

~Fg

~T ~T

m

~Fg~F

~T

∆s

Fig. 41.4: Un sistema a carrucola mobile.

Fig. 41.5: Guarda il video youtu.be/zM5riV9kQJ0

Scheda 42Teoria degli urtiTutti sappiamo che se due oggetti si dirigono uno contro l’altro, si urtano e poi

proseguono il loro moto con direzioni e velocità differenti.Studiare un urto tra due corpi significa, conoscendo le masse e le velocità iniziali

dei corpi, prevedere quali saranno le velocità finali dei corpi.Per studiare un urto ci serviamo della legge di conservazione della quantità di

moto e della legge di conservzione dell’energia totale scritte nella sequeste forma:~Pi1 + ~Pi2 = ~Pf1 + ~Pf2

Eci1 + Eci2 = Ecf1 + Ecf2 + ∆Q

dove i vari termini delle equazioni indicano le quantità di moto iniziali e finali deidue oggetti, le esergie cinetiche iniziali e finali dei due oggetti e la quantità di caloreliberata durante l’urto.

Noi studieremo due situazioni estreme: la prima riguarda gli urti completamenteanelastici nei quali si ha la massima dispersione di calore; la seconda riguarda gliurti completamente elastici nei quali non c’è dispersione di calore. In entrambi i casici limitiamo a trattare problemi monodimensionali, nei quali supponiamo che glioggetti siano puntiformi e si muovano unicamente su di una linea1.

42.1 Gli urti completamente anelastici

In un urto completamente anelastico i due oggetti rimarranno attaccati edavranno la stessa velocità finale. In tali urti si ha la massima dispersione dienergia sotto forma di calore

∆Q 6= 0

I due oggetti che urtano tra loro dopo l’urto rimarranno attaccati e si muoverannoquindi con la stessa velocità.

1Un urto su di un piano viene trattato esattamente in modo analogo, semplicemente imponendo lalegge di conservazione della quantità di moto separatamente per entrambi gli assi cartesiani del sistemadi riferimento sul piano.

La legge di conservazione della quantità di moto, applicata a questo caso, cipermette di scrivere

m1Vi1 +m2Vi2 = (m1 +m2)Vf

dove m è la massa degli oggetti, V è la loro velocità prima dell’urto e Vf la velocitàdei due oggetti dopo che si sono attaccati. In questo modo sono in grado di calcolarela velocità finale del blocco

Vf =m1Vi1 +m2Vi2

m1 +m2

Calcolando poi l’energia cinetica del sistema prima e dopo l’urto porriamo avere unastima del calore liberato durante l’urto

∆Q = Ecf − Eci =1

2(m1 +m2)V 2

f −1

2m1V

2i1 −

1

2m2V

2i2 = ... =

m1m2

m1 +m2Vi1Vi2

42.2 Gli urti elastici

In un urto elastico non si ha dispersione di calore

∆Q = 0

I due oggetti dopo l’urto non rimarranno attaccati. Per descrivere questo tipo di urtidovremo impostare un sistema di due equazioni, la prima riguardante la conserva-zione della quantità di moto e la seconda riguardante la conservazione dell’energia.Il modo più comodo di risolvere il problema rimane però quello di mettersi nel si-stema di riferimento nel quale uno dei due oggetti (per esempio quello con indice 2)sia fermo. Avremo quindi:

m1Vi1 = m1Vf1 +m2Vf2m1V

2i1

= m1V2f1

+m2V2f2

dove m indica la massa degli oggetti, V indica la velocità degli oggetti; con gliindici i intendo i valori delle grandezze prima dell’urto e con gli indici f i valoridelle grandezze dopo l’urto. Risolvendo questo sistema per trovare i valori di V1f eV2f otteniamo

80

81 Scheda42. Teoria degli urti

Vf1 = m1−m2

m1+m2Vi1

Vf2 = 2m1

m1+m2Vi1

42.2.1 Casi particolari di urti elastici

I due oggetti hanno la stessa massa Nel caso di due oggetti con la stessa massa,otteniamo

Vf1 = 0

Vf2 = Vi1

Questo significa che l’oggetto colpito parte con la stessa velocità che aveva l’altro, ilquale, dopo l’urto, si ferma.

L’oggetto fermo ha una massa molto maggiore di quello in moto Se l’oggettocolpito, inizialmente fermo, ha una massa enormemente maggiore di quello che locolpisce, per cui possiamo del tutto trascurare la massa dell’altro oggetto, otteniamo

Vf1 = −Vi1Vf2 = 0

Questo significa che l’oggetto colpito non si sposta, mentre l’altro torna indietro conla stessa velocità che aveva inizialmente.

L’oggetto fermo ha una massa molto minore di quello in moto Se l’oggetto colpitoha una massa molto minore, e quindi trascurabile, rispetto a quello che lo colpisce,otteniamo

Vf1 = Vi1Vf2 = 2Vi1

Questo significa che l’oggetto colpito parte con una velocità doppia rispetto a quellache aveva inizialmente l’altro oggetto. L’altro oggetto invece procede nel suo motosenza cambiare la sua velocità.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Parte V

Fluidodinamica

82

Scheda 43Mappe di fluidodinamica

Principio di Bernoulli12ρV

2 + ρgh + P = cost

Legge di Stevin∆P = −ρg∆h

Legge di conservazionedella portataS · V = cost

Principio di Pascal

Fluidiincomprimibili

ρ = cost

Legge di conservazionedell’energia

37

fluidi fermi

Autore: Andrea de Capoa 21 Dic 2016

83

Scheda 44Il principio di Pascal44.1 Il principio di Pascal

Prendiamo un fluido in una situazione di quiete. Il principio di Pascal afferma che:

La pressione esercitata su di una parte della superficie di un fluido si trasmetteinvariata su ogni porzione della superficie del fluido stesso.

Fig. 44.1: Guarda il video youtu.be/-_l8_sD4NFA

Questo significa che se in un punto del fluidoesercitiamo una pressione, questa pressione si tra-smetterà attraverso il fluido su tutte le pareti chelo contengono. Ogni superficie del fluido, quindi,eserciterà su tali pareti una forza ad essa perpen-dicolare causata dalla pressione che inizialmenteabbiamo esercitato. Possiamo vedere questo se im-maginiamo di mettere un palloncino all’interno diun contenitore pieno di un liquido. Se aumentia-mo la pressione del liquido premendo sulla sua superficie, vedremo il palloncinorimpicciolirsi a causa dell’aumento di pressione.

44.1.1 Il torchio idraulico

Abbiamo detto che se in un punto di un fluido applico una pressione, essa si trasmet-te invariata in ogni punto del fluido. Se applico quindi una piccola forza su di unapiccola superficie del fluido, la pressione che si trasmette permetterà di avere unagrande forza su di una grande sezione della superficie del fluido. Questo permettedi costruire dispositivi in grado di esercitare grandi forze in certi punti del fluidocome conseguenza dell’applicazione di piccole forze in altri punti del fluido. Questoprincipio viene illustrato in figura 44.2.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

~Fgrande ~Fpiccola

Fig. 44.2: La forza esercitata sul lato stretto dell’apparato genera una pressione che corrisponde ad una grandeforza sul lato largo dell’apparato. Questo poiché la pressione esercitata dall’esterno si trasmette identica in tutti ipunti del fluido.

84

Scheda 45La conservazione della portata45.1 Portata di un tubo

La portata di un tubo è la quantità di fluido (intesa come volume di fluido) cheattraversa quel tubo nell’unità di tempo. Essa si misura, a seconda dei casi, in m3

s .

45.2 Portata per fluidi incomprimibili

Fig. 45.1: Guarda il video you-tu.be/6bbXsASWK5M

Per fluidi incomprimibili intendiamo fluidi la cuidensità non cambia. Una certa quantità di fluido,con un determinato volume, avrà sempre lo stessovolume. Se in un certo intervallo di tempo entra inun tubo una certa quantità di fluido, allora in undiverso punto del tubo la stessa quantità di fluidodeve uscire. Questo concetto è rappresentato infigura 45.2.

Il volume della parte di liquido nella partestretta del tubo è quindi uguale al volume del liquido nella parte larga del tubo.

V1 = V2

da cuiS1 · l1 = S2 · l2

dove S è la sezione del tubo e l il percorso fatto dal liquido in un tempo ∆t viaggian-do alla velocità v. Avremo quindi

S1 · v1 ·∆t = S2 · v2 ·∆t

S1v1 = S2v2

Questa indicata è la legge di conservazione della portataQ = S ·v valida per tuttii fluidi incomprimibili che scorrono in un tubo. Questa legge può essere commentatadicendo che, essendo il liquido incompressibile, in un tubo il liquido scorre tanto piùvelocemente quanto più piccola è la sezione del tubo.

l2 = v2 ·∆t

l1 = v1 ·∆t

S1

S2

Fig. 45.2: Il liquido che scorre nella parte stretta del tubo passa poi nella parte più larga cambiando velocità. I duevolumi di liquido devono essere uguali a causa dell’incomprimibilità del liquido.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

85

Scheda 46Il principio di Bernoulli46.1 L’equazione di Bernoulli

Fig. 46.1: Guarda il video you-tu.be/XrAbLKiuZ7c

Immaginiamo adesso di seguire il movimento diun certo volume di fluido incomprimibile. Du-rante il suo movimento vale di sicuro la legge diconservaziuone dell’energia. Applicando tale leg-ge, trascurando ogni effetto dovuto alle forze diattrito, otteniamo l’equazione seguente:

1

2mv2 +mgh+ Uint = cost

dove v è la velocità del fluido, g l’accelerazione di gravità e h l’altezza a cui sitrova il fluido. In quest’equazione il primo termine rappresenta l’energia cineticadel fluido, intesa come l’energia legata al movimento del baricentro. Questo termineconsidera il fluido come se tutta la sua massa fosse concentrata nel baricentro, e nontiene conto dell’energia cinetica legata al movimento delle singole molecole intornoal baricentro.

Il secondo termine rappresenta l’energia potenziale gravitazionale del fluido. Ilterzo rappresenta invece l’energia interna del fluido, cioè l’energia cinetica legata almovimento delle singole molecole intorno al baricentro del fluido. Dividere l’ener-gia cinetica del fluido nella somma dell’energia cinetica del baricentro più l’energiainterna è necessario in quanto misurare la prima non è complicato, mentre per misu-rare la seconda dovrei conoscere con precisione massa e velocità di tutte le molecoledel fluido.

Dal momento che trattiamo fluidi incomprimibili, allora la massa di fluido consi-derata ha anche un volume costante; posso quindi dividere l’equazione per il volumedel fluido ottenendo:

12mv

2

V+mgh

V+UintV

= cost

ottenendo l’equazione di Bernoulli

1

2ρV 2 + ρgh+ P = cost

Dove P è la pressione del fluido, ρ la sua densità. La pressione in un certo volu-me di fluido può infatti essere vista come la quantità di energia interna per unità divolume. Se controlliamo le unità di misura di ognuno di questi tre termini possiamoconstatare che si tratta di un’energia per unità di volume, cioè Joule

m3 . Allora l’equa-zione di Bernoulli può essere letta come la legge di conservazione dell’energia perunità di volume, cioè afferma che un particolare volume di fluido mantiene costantela sua energia, supponendo tale volume costante.

~v2

~v1

S1

S2

h1 h2

Fig. 46.2: Il liquido che scorre nella parte stretta del tubo passa poi nella parte più larga cambiando velocità. I duevolumi di liquido devono essere uguali a causa dell’incomprimibilità del liquido.

46.1.1 La legge di Stevin

Fig. 46.3: Guarda il video you-tu.be/SGVEECG23Q4

Se applichiamo l’equazione di Bernoulli in un casoin cui il fluido sia fermo, cosa otteniamo?

Immaginiamo di trovarci immersi in un fluidofermo e spostarci da un punto A ad un punto B

a differente profondità. L’equazione di bernoullidiventa:

86

87 Scheda46. Il principio di Bernoulli

PB + ρghB = PA + ρghA

nella quale sono stati annullati i termini legati alla velocità del fluido. Con sem-plici passaggi si ottiene

PB − PA = ρghA − ρghB

PB − PA = −(ρghB − ρghA)

∆PA→B = −ρg∆hA→B

che è appunto la legge di Stevin. Essa afferma che tanto più vado in profonditàin un fluido, tanto maggiore sarà la pressione che sento, in base anche alla densitàdel fluido.

46.1.2 Il tubo di Venturi

Come varia la pressione in un condotto orizzontale di sezione variabile? Se appli-chiamo l’equazione di Bernoulli ad un condotto orizzontale ed otilizziamo poi lalegge della portata otteniamo quanto segue, dove indichiamo con S1 e S2 i valoridelle sezioni del condotto in due suoi punti distinti.

P1 +1

2ρv2

1 = P2 +1

2ρv2

2

In questa equazione i termini con l’altezza sono stati semplificati in quanto le duealtezze sono uguali essendo il tubo orizzontale..

P1 +1

2ρv2

1 = P2 +1

2ρv2

1

S21

S22

P1 − P2 = −1

2ρv2

1 +1

2ρv2

1

S21

S22

∆P = −1

2ρv2

1

(1− S2

1

S22

)Da questa equazione si vede chiaramente che all’aumentare della velocità del

fluido si crea una differenza di pressione tra due punti del tubo con sezioni differenti.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Fig. 46.4: un tubo di Venturi nel quale sta scorrendo dell’acqua. E’ possibile notare come l’altezza delle duecolonnine d’acqua sia differente, a dimostrare che la pressione nei due punti del condotto Ú differente.

Parte VI

Calorimetria

88

Scheda 47Mappe di calorimetriaCalore fornito

∆Q

TemperaturaT

Trasporto di calore∆Q

∆t= ρ · S

l· ∆T

Riscaldamento∆Q = cs · m · ∆T

Dilatazione termicalineare

∆l = λ · li · ∆T

Equilibrio termico

Teq =cs1m1T1i + cs2m2T2i

cs1m1 + cs2m2

Transizione di fase∆Q = Qlat · m

Dilatazione termicasuperficiale e volumica

∆S = 2λ · Si · ∆T∆V = 3λ · Vi · ∆T

∆T 6= 0

∆T= 0

Autore: Andrea de Capoa 03 Dic 2016

89

Scheda 48Stati della materia48.1 Stati della materia

Fig. 48.1: Guarda il video you-tu.be/I9jqUUbeuog

La materia si trova in tre stati: Solido, Liquido, Gas-soso. La differenza sta nel come le molecole o gliatomi della sostanza in questione sono legati traloro.

Solidi I solidi hanno forma e volume propri; lemolecole sono molto legate tra loro e non sonolibere di muoversi attraverso il materiale

Liquidi I liquidi hanno volume propro ma assu-mono la forma del contenitore; le molecole sonolegate tra loro, ma con legami sufficientemente deboli da permettere alle molecole dimuoversi attraverso il materiale.

gas I gas assumono sia il volume che la forma del contenitore che li contiene; le mo-lecole non sono legate tra loro (a meno di debolissimi legami che in genere possonoessere trascurati) e sono libere di muoversi attraverso il materiale

48.2 Cambiamenti di stato

Fig. 48.2: Guarda il video you-tu.be/rC3CloIZHtA

Ogni materiale, a temperature ben precise, puòpassare da uno stato ad un altro. Il cambiamen-to di stato avviene perchè i legami tra le molecolesi spezzano o si formano. Per esempio alla tempe-ratura T = 0C il ghiazzio fonde. Nella fusione,dando calore i legami tra le molecole del solido sispezzano e il materiale diventa liquido; al contra-rio quando abbiamo acqua liquida alla temperatu-ra T = 0C, togliendo calore i legami tra le mole-cole si formano ed il liquido diventa solido. Durante la transizione di fase il calore è

utilizzato per spezzare i legami tra le molecole; la temperatura del materiale rimanecostante.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

90

Scheda 49La TemperaturaLa temperatura di un oggetto indica l’energia cinetica media delle molecole dicui è fatto quell’oggetto.

Ogni oggetto è infatti fatto di molecole, le quali si muovono all’interno dell’og-getto, fossanche per vibrare intorno ad punto di equilibrio. Visto che per l’energiacinetica di una particella esiste un limite inferiore pari a zero, allora esiste un limiteinferione anche per la temperatura.

49.1 Le scale di temperatura

Le due principali scale di temperatura che studiamo sono la scala dei gradi centi-gradi1 e la scala dei gradi Kelvin. Per creare una scala di temperature è necessariodeterminare due punti fissi sulla scala.

49.1.1 I gradi centigradi

Per determinare la scala dei gradi centigradi si è presa prima la temperatura di fu-sione del ghiaccio è si è stabilito in modo arbitrario che tale valore corrispondeva aTfus = 0C; successivamente si è presa la temperatura di ebollizione dell’acqua èsi è stabilito in modo arbitrario che tale valore corrispondeva a Teb = 100C. Conqueste due affermazioni è di fatto stata inventata questa scala di temperatura.

49.1.2 I gradi Kelvin

Stabilito che il concetto stesso di temperatura prevede l’esistenza di un limite in-feriore al suo valore, allora risulta sicuramente più efficace l’utilizzo della scala ditemperatura dei gradi Kelvin. Essa infatti stabilisce che il valore minimo di tempe-ratura sia Tmin = 0K corrispondente al valore Tmin = −273, 15 C. inoltre stabilisceche il valore della temperatura di fuzione del ghiaccio sia Tfus = 273, 15K e cheil valore della temperatura di ebollizione dell’acqua sia Teb = 373, 15K. essendocianche qui 100 gradi di differenza tra le due temperature di transizione dell’acqua,

1La scala dei gradi centigradi è altrimenti chiamata scala Celsius dal nome del fisico che la creò.

ne consegue che l’ampiezza di un grado Kelvin sia uguale all’ampiezza di un gradocentigrado.

49.1.3 conversioni di temperature

Per come sono state determinate le due scale di temperatura bisogna stare atten-ti quando si eseguono le conversioni di unità di misura. Se devo convertire dueintervalli di temperatura, la conversione è

∆T = 1K = 1 C

Se devo invece convertire il valore di una temperatura allora

t = 300K = 26, 85 C

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

91

Scheda 50Riscaldamento

Fig. 50.1: Guarda il video you-tu.be/sjsoUnjBeEM

Riscaldare un oggetto significa aumentarne latemperatura; raffreddare un oggetto significa dimi-nuirne la temperatura. Per ottenere questo dob-biamo dare o togliere del calore all’oggetto. Se dia-mo del calore all’oggetto, questo calore aumental’energia interna dell’oggetto e quindi ne aumentala temperatura.

50.1 Calore e temperatura

Di quanto la temperatura aumenti quando fornia-mo del calore dipende dal tipo di materiale e dalla sua massa secondo la seguenteformula:

∆Q = csm∆T

dove ∆Q indicha il calore fornito al corpo, ∆T la sua variazione di temperatura,m la sua massa e cs il suo calore specifico. Il calore specifico è un parametro chedipende solo dal tipo di materiale di cui è fatto l’oggetto. La grandezza C = csm èdetta capacità termica di quel particolare corpo. Nel caso in cui stiamo dando calorela grandezza ∆Q sarà positiva; viceversa sarà negativa. L’unità di misura del caloreè il Joule o la caloria = 4,186 Joule.

50.2 Scambi di calore ed equilibrio termico

Cosa succede se metto a contatto due oggetti con temperatura differente? Ciò chesuccede è che del calore passa dall’oggetto più caldo (che quindi si raffredda) all’og-getto più freddo (che quindi si riscalda); questo avviene fino a quando i due oggettiraggiungono la stessa temperatura e sono quindi in equilibrio termico. Per calcolarequale sia la temperatura di equilibrio che verrà raggiunta dai due corpi possiamoutilizzare la seguente formula:

Tf =cs1Ti1 + cs2Ti2

cs1 + cs2

Qualora vengano messi a contatto molti oggetti con temperature differenti, allorala formula sopra scritta diventa

Tf =cs1Ti1 + cs2Ti2 + ...+ csnTin

cs1 + cs2 + ...+ csn

dove n è un generico indice che indica il numero di oggetto messi a contatto.

Fig. 50.2: Guarda il video you-tu.be/xr_ftQWMVOQ

Dimostrazione Immaginiamo di avere due og-getti di massa m1 ed m2, calore specifico cs1 ecs2 , temperatura Ti1 e Ti2 . Mettendo i due ogget-ti a contatto essi si scambieranno calore. Il calo-re in ingresso nell’oggetto più freddo sarà ugualema con segno opposto rispetto al calore in uscitadall’oggetto più caldo. Per cui avremo

∆Q1 + ∆Q2 = 0

cs1m1∆T1 + cs2m2∆T2 = 0

cs1m1 (Tf − Ti1) + cs2m2 (Tf − Ti2) = 0

cs1m1Tf − cs1m1Ti1 + cs2m2Tf − cs2m2Ti2 = 0

Tf · (cs1m1 + cs2m2)− cs1m1Ti1 − cs2m2Ti2 = 0

Tf =cs1m1Ti1 + cs2m2Ti2

cs1m1 + cs2m2

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

92

Scheda 51Dilatazione termicaQuando scaldiamo un oggetto solido o liquido, esso aumenta il suo volume. Le

molecole dell’oggetto, agitandosi, occupano infatti più spazio. Questo è un fenome-no molto piccolo, e quindi difficilmente visibile ad occhio nudo.

51.1 Dilatazione lineare

Fig. 51.1: Guarda il video youtu.be/rDvg8eaMdbY

L’aumento del volume dell’oggetto è dovuto all’aumento di ognuna delle tre di-mensioni dell’oggetto. Prendiamo per esempio una sbarra di lunghezza l; di quantoaumenterà la lunghezza della sbarra quando viene scaldata? La formula che descrivequesto fenomeno è

∆l = λl0∆T

dove ∆l è l’allungamento della sbarra, l0 la lunghezza iniziale della sbarra, ∆t lavariazione di temperatura e λ il coefficiente di dilatazione termica lineare tipico delmateriale dell’oggetto. Il valore di tale coefficiente è dell’ordine di grandezza di10−6 1

K , cioè le dimensioni dell’oggetto scaldato aumentano di un milionesimo perogni grado di variazione di temperatura.

Nei seguenti video viene mostrato come misurare il coefficiente di dilatazionelineare dei metalli

Fig. 51.2: Guarda il video youtu.be/9l41WAjrAa4

Fig. 51.3: Guarda il video youtu.be/pfdy2R3Ixu4

51.2 Dilatazione superficiale e volumetrica

A seconda della forma dell’oggetto può essere necessario parlare di dilatazione ter-mica superficiale o volumetrica, essendo necessario calcolarci di quanto aumenta lasuperficie od il voume di un oggetto. Le formule per farlo sono:

∆S = 2λS0∆T

∆V = 3λV0∆T

Per meglio comprendere il fenomeno guardate l’immagine in figura 51.4

(a) La sfera, fredda, è sufficientemente piccolada passare nel foro

(b) La sfera, calda, è troppo grande per poterpassare nel foro

Fig. 51.4: Una sfera di metallo, riscaldata, si dilata.

93

94 Scheda51. Dilatazione termica

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 52Transizioni di fase

Fig. 52.1: Guarda il video you-tu.be/aH4vm84KJFk

Se diamo o togliamo calore ad un corpo quan-do ci troviamo ad alcune precise temperature tipi-che di ogni materiale, succede che quel corpo su-bisce una transizione di fase e cambi quindi stato. Itre stati in cui si può trovare la materia sono lo sta-to solido, liquido e gassoso. Un qualunque passaggiotra uno stato e l’altro si dice transizione di fase. Nel-la tabella 52.1 sono indicate le transizioni di faseesistenti.

Stato iniziale→ Stato finale Transizone di faseSolido→ Liquido FusioneSolido→ Gassoso Sublimazione

Liquido→ Gassoso EvaporazioneGassoso→ Liquido CondensazioneGassoso→ Solido BrinamentoLiquido→ Solido Solidificazione

Tabella 52.1: Tabella delle transizioni di fase esistenti

Ma quanta energia mi serve per far compiere una transizione di fase ad un certoquantitativo di materia? Per ogni transizione di fase esiste un parametro tipico diogni materiale detto calore latente. La sua unità di misura è J

Kg . Questa grandezza midice quanta energia devo fornire ad ogni kilogrammo di materiale per fare avvenireuna certa transizione di fase. Per cui, per ogni materiale, avremo un calore latentedi fusione ed un calore latente di ebollizione. Il calore necessario alla transizione difase sarà quindi:

∆Qfusione = Qlatente−fusione ·m

∆Qeboll. = Qlatente−eboll. ·m

Mentre forniamo calore ad un materiale e questo sta subendo una transizione difase, la temperatura del materiale rimane sempre costante durante tutta la transizio-

ne. Questo avviene perchè il calore fornito viene utilizzato per rompere (o formare) ilegami tra le molecole e quindi non può essere impiegato per variare la temperaturadel materiale. Da un punto di vista microscopico, infatti, le differenze tra i tre statidipendono dall’intensità dei legami molecolari tra le varie molecole della sostanza.In un solido i legami sono molto forti, tali da vincolare le molecole in una ben pre-cisa posizione le une rispetto alle altre; in un liquido i legami sono meno forti, e lemolecole sono libere di muoversi all’interno del liquido; in un gas i legami sono statispezzati e le molecole sono libere di allontanarsi indefinitamente le une dalle altre.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

95

Scheda 53Conduzione termica53.1 La teoria

Fig. 53.1: Guarda il video you-tu.be/SGaXGaU5qN8

Il calore si muove all’interno dei materiali. La ve-locità con la quale si muove dipende da fattoriquali il materiale, la forma e la temperatura. Im-maginiamo di avere una sbarra di lunghezza l esezione S e che tra i due estremi della sbarra cisia una differenza di temperatura ∆T . Il calore simuove dal lato più caldo verso il lato più freddodella sbarra; la quantità di calore che nell’unità ditempo passa da una parte all’altra della sbarra lacalcoliamo

∆Q

∆t= ρ

S

l∆T

dove ρ è la conducibilità termica tipica del materiale di cui è fatta la sbarra, e ∆Q∆t

è la potenza trasmessa attraverso la sbarra.

53.2 La sensazione di caldo e freddo

Fig. 53.2: Guarda il video you-tu.be/vqDbMEdLiCs

Guardatevi intorno e trovate un oggetto di metalloed uno di legno. Toccateli. Troverete che l’oggettodi metallo è freddo e quello di legno è più caldo. Seora provate a misurare la loro temperatura trove-rete che i due oggetti hanno la stessa temperatura!del resto è ovvio che abbiano la stessa temperaturain quanto sono in equilibrio termico con l’aria cheli circonda e con gli oggetti con cui sono a contatto,e noi sappiamo che gli oggetti a contatto raggiun-gono la stessa temperatura. Ma allora perchè abbiamo la percezione di due tempe-rature differenti? Il fatto è che il nostro corpo non è un termometro e non misura latemperatura degli oggetti; il nostro corpo misura la velocità con cui il calore esce da

esso. Se tocchiamo un oggetto freddo, la sensazione che stiamo provando significa:il calore esce velocemente dal nostro corpo. Se tocchiamo un oggetto caldo la sensazioneche stiamo provando significa: il calore esce lentamente dal nostro corpo o addirittura vientra.

La velocità con cui il calore entra o esce dal nostro corpo dipende certo dallatemperatura dell’oggetto toccato, da dipende anche dal materiale di cui è fatto. Imetalli sono ottimi conduttori di calore, mentre il legno è un ottimo isolante termi-co... ecco perchè i due oggetti che avete prima toccato vi sembra che abbiano la stessatemperatura.

53.3 Un semplice esperimento

Fig. 53.3: Guarda il video youtu.be/Jfqp6rZLc4Y

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

96

Parte VII

Termodinamica

97

Scheda 54Mappe di termodinamica

Calore fornitoδQ

Lavoro fattoδL

Energia internaU

PressioneP

VolumeV

TemperaturaT

Entropia

∆S =δQ

T

Trasformazionitermodinamiche

Isoterma∆T = 0

∆U = 0

Isocora∆V = 0

δL = 0

Isobara∆P = 0

δL = P · ∆V

AdiabaticaδQ = 0

Primo principiodella termodinamica

∆U = δQ − δL

Legge dei gas perfettiP · V = N · K · T

Trasformazioni ciclicheη =

δL

δQass

Secondo principiodella termodinamica

η < 1

Terzo principio dellatermodinamica

∆S ≥ 0

U =n

2NKT

Autore: Andrea de Capoa 19 Dic 2016

98

Scheda 55Primo principio della termodinamica55.1 Videolezione

Fig. 55.1: Guarda il video youtu.be/KzwaYi0CtNs

55.2 L’energia interna di un gas

Un gas è fatto di molecole che si muovono, e le molecole hanno massa. Questo vuoldire che le molecole di ogni gas hanno energia cinetica. La somma delle energie cine-tiche di tutte le molecole del gas la chiamiamo energia interna del gas e la indichiamocon la lettera U

U =

n∑i=1

1

2miV

2i

Visto che la temperatura è un indice dell’energia cinetica media delle moleco-le, l’energia interna del gas è di conseguenza direttamente legata alla temperatu-ra del gas. per cui se cambia l’energia interna del gas, di conseguenza cambia latemperatura del gas

∆U ←→ ∆T

55.3 Principio zero

Un principio fondamentale della termodinamica è che il calore si muove sempredagli oggetti più caldi verso gli oggetti più freddi. Per questo motivo, se un gas èpiù caldo del suo contenitore, gli cederà calore; se è più freddo riceverà calore daesso.

55.4 Il lavoro fatto da un gas

Ogni gas preme sulle pareti del contenitore che lo contiene, cioè esercita su di esseuna forza. Se le pareti si spostano, allora tale gas di conseguenza fa un lavoro. Se ilgas aumenta il suo volume, ne consegue che il gas cede del lavoro al mondo esterno;se il gas diminuisce il suo volume, il gas riceve del lavoro dall’esterno.

δL←→ ∆V

55.5 Il primo principio

Un gas può essere quindi pensato come un contenitore di energia interna. Un gaspuò però anche cedere o ricevere energia, sia sotto forma di lavoro che sotto formadi calore. Se il gas riceve energia, la sua energia interna aumenterà, mentre se il gascede energia la sua energia interna diminuirà.

Definiamo la grandezza δQ come il calore che entra nel gas. Se il calore uscissedal gas δQ avrebbe un valore negativo.

Definiamo la grandezza δL come il lavoro che esce dal gas. Se il lavoro entrassenel gas δL avrebbe un valore negativo.

Detto questo possiamo affermare il primo principio della termodinamica

∆U = δQ− δL

che possiamo leggere come: La variazione dell’energia interna di un gas è ugale atutto il calore che entra meno tutto il lavoro che esce1. Questa formula comunque altronon è se non la legge di conservazione dell’energia applicata ad una trasformazionetermodinamica di un gas.

1δQ e δL sono stati scritti con la delta minuscola per un motivo preciso che per il momento è fuoridagli scopi di questa scheda

99

100 Scheda55. Primo principio della termodinamica

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 56Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche56.1 La legge dei gas perfetti

Consideriamo un gas, per esempio l’aria contenuta in una stanza chiusa. Quali gran-dezze fisiche dovrò utilizzare per definire lo stato fisico in cui si trova quel gas?Cominciamo a considerare le seguenti quattro:

• il volume V

• la pressione P

• la temperatura T

• il numero di molecole N

L’insieme dei valori di queste quatto grandezze definisce lo stato fisico in cui sitrova quel gas. L’esperienza quotidiana ci dice che se facciamo variare una di questegrandezze, automaticamente una o più di una delle altre cambia di conseguenza. Lalegge fisica che lega insieme le quattro variabili dei gas sopra citate è la legge dei gasperfetti

P · V = N ·K · T

dove K = 1, 3806488(13) · 10−23 JouleKelvin è la costante di Boltzmann.

Questa si chiama legge dei gas perfetti in quanto vale per quei gas fatti di parti-celle puntiformi che non hanno alcuna interazione tra di loro. I gas reali non sonocerto così fatti, ma nella maggior parte dei casi ci si avvicinano tanto da poter essereconsiderati perfetti.

56.2 Lo stato di un gas

Una volta fissato il numero di molecole di cui è composto il gas che stiamo studiando,il suo stato è identificato dalle restanti tre: volume, pressione e temperatura. Definitipressione e volume si può dedurre il valore della temperatura. Un ottimo modoper rappresentare lo stato in cui si trova un il gas è quello di utilizzare il piano diClapeyron.

0.5 1 1.5 2

0.5

1

1.5

2

V

P

Fig. 56.1: il piano di Clapeyron

Esso altro non è se non un dia-gramma cartesiano con i valori dipressione e volume sui due assi. Unpunto all’interno del grafico defini-sce in modo univoco un valore dipressione e di volume, e quindi, peril nostro gas, anche di temperatu-ra. In figura 56.1 è rappresentato ilpiano di Clapeyron; le linee punti-nate all’interno del piano rappresen-tano stati nei quali il gas ha sem-pre la stessa temperatura. Tantopiù la linea in questione è lontana

dall’origine degli assi, tanto maggiore è la temperatura a cui corrisponde.

56.3 Trasformazioni termodinamiche

Fig. 56.2: Guarda il video you-tu.be/NQ3JWLhCb4g

Si dice trasformazione termodinamica un qualunquecambiamento dei valori delle variabili del gas. Ta-le cambiamento corrisponde nel piano di Clapey-ron in uno spostamento del punto che rappresen-ta lo stato del gas. Ogni trasformazione termodi-namica è sempre causata da uno scambio di ener-gia tra il gas ed il mondo esterno. Noi studiere-mo quattro tipi di trasformazioni: isocore, isobare,isoterme ed adiabatiche.

56.3.1 Isocore

Una trasformazione isocora è una trasformazione a volume costante. Nel piano diClapeyron è rappresentata da una linea verticale. All’aumentare della pressioneaumenterà la temperatura in modo direttamente proporzionale.

101

102 Scheda56. Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche

0.5 1 1.5 2

0.5

1

1.5

2

V

P

Fig. 56.3: trasformazione isocora

56.3.2 Isobare

Una trasformazione isobara è una trasformazione a pressione costante. Nel pianodi Clapeyron è rappresentata da una linea orizzontale. All’aumentare del volumeaumenterà la temperatura in modo direttamente proporzionale.

56.3.3 Isoterme

Una trasformazione isoterma è una trasformazione a temperatura costante. Nelpiano di Clapeyron è rappresentata da un ramo di iperbole equilatera riferita agliasintoti. All’aumentare della pressione diminuirà il volume in modo inversamenteproporzionale.

56.3.4 Adiabatiche

Una trasformazione adiabatica è una trasformazione in cui non avvengono scambidi calore. Nel piano di Clapeyron è rappresentata da una curva un po’ più ripi-

0.5 1 1.5 2

0.5

1

1.5

2

V

P

Fig. 56.4: trasformazione isobara

da dell’isoterma. All’aumentare della pressione diminuirà il volume. Nella realtàuna trasformazione adiabatica può essere realizzata facendo trasformare il gas tantovelocemente da non dargli il tempo di scambiare calore con il mondo esterno.

56.3.5 Come ragionare con i gas perfetti

Per affrontare un qualunque problema sulle trasformazioni termodinamiche è pos-sibile utilizzare la mappa concettuale in figura 56.7.

Gli elementi che servono per eseguire i ragionamenti sono pochi:

1. la legge dei gas perfetti

2. il primo principio della termodinamica

3. il concetto per cui la temperatura di un gas è direttamente legata all’energiainterna del gas

103 Scheda56. Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche

0.5 1 1.5 2

0.5

1

1.5

2

V

P

Fig. 56.5: trasformazione isoterma

4. il concetto per cui il gas cede lavoro all’esterno se si espande e lo riceve dall’e-sterno se si comprime

Tutto ruota intorna a due gruppi di tre variabili:

1. pressione, volume e temperatura

2. energia interna, lavoro scambiato e calore scambiato

In base alle informazioni che avete i ragionamenti da fare di volta in volta sonopochi e semplici:

1. se avete informazioni sulla temperatura del gas automaticamente ricavate in-formazioni sulla sua energia interna e viceversa

2. se avete informazioni sul volume del gas automaticamente ricavate informa-zioni sullo scambio di lavoro, e viceversa

0.5 1 1.5 2

0.5

1

1.5

2

V

P

Fig. 56.6: trasformazione adiabatica

3. se conoscete le variazioni di due variabili tra pressione, volume e temperatu-ra, allora avrete informazioni sulla terza variabile utilizzando la legge dei gasperfetti

4. se conoscete i movimenti di energia legati a due delle tre variabili energetiche(energia interna, lavoro scambiato, calore scambiato), allora avrete informazio-ni sulla terza variabile utilizzando il primo principio della termodinamica

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

104 Scheda56. Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche

Fig. 56.7: Una mappa concettuale per affrontare ogni problema sulle principali trasformazioni dei gas perfetti.

Scheda 57Distribuzione Maxwell Boltzmann57.1 Il concetto

Abbiamo visto che la temperatura di un gas è legata all’energia cinetica media dellemolecole del gas e quindi alla loro velocità quadratica media. Se affermiamo che uncerto gas ha una certa temperatura, di fatto stiamo definendo un valore per l’energiacinetica media delle molecole. Conoscere il valore medio dell’energia cinetica dellemolecole, non significa però conoscere il valore dell’energia cinetica di ogni singolamolecola. Se la media dell’energia cinetica ha un certo valore, l’energia cinetica diogni singola molecola può essere molto differente. Per cui, qualunque sia il valoredell’energia cinetica media delle molecole, ci saranno comunque molecole con pocaenergia e molecole con molta energia.

57.2 La distribuzione delle velocità

Se prendiamo un gas, ogni molecola ha una certa energia cinetica e quindi una cer-ta velocità. Alcune molecole, viaggeranno piano, altre molto veloci. Conoscere ladistribuzione delle velocità, significa conoscere, per ogni valore di velocità, quan-te molecole viaggiano a quella velocità. la distribuzione in questione si chiamadistribuzione di Maxwell-Boltzmann la cui equazione è

1

N

dn

dv= 4π

( m

2πkT

) 32

v2e−mv22kT

In figura 57.1 è rappresentata tale distribuzione per tre diversi valori di tempera-tura. Come si può vedere, per ogni valore di temperatura le molecole del gas posso-no avere molti differenti valori di velocità e quindi di energia cinetica. Per ogni va-lore di temperatura del gas, l’unico valore sicuro è quello dell’energia cinetica mediadelle molecole.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

2 4 6 8

0.2

0.4

0.6

0.8

1

Talta

Tmedia

Tbassa

v

1Ndndv

Fig. 57.1: Distribuzione maxwellinana delle velocità.

105

Scheda 58Il ciclo di Carnot58.1 Trasformazioni cicliche

0.5 1 1.5 2

0.5

1

1.5

2

V

P

Fig. 58.1: Un esempio di un ciclo termodinamico

Una trasformazione è detta ciclica se,partendo da un ben definito stato dipressione, volume e temperatura, arri-vo dopo un certo tempo nello stesso sta-to di pressione, volume e temperatura.Non importa quale sia il percorso segui-to, ma conta solo che il punto di parten-za e quello di arrivo coincidano. In figu-ra 58.1 vediamo un esempio di un ciclotermodinamico di Carnot. Immaginatelo stato del gas che percorre tale ciclo insenso orario.

Adesso, per capire l’utilità e le ca-ratteristiche dei cicli termodinamici, co-minciamo con l’analizzare un ben preciso ciclo termodinamico: il ciclo diCarnot.

58.2 Il ciclo di Carnot

Fig. 58.2: Guarda il video you-tu.be/xUsKuyw0_6A

Il ciclo di Carnot è una particolare trasformazioneciclica composta da due trasformazioni isoterme edue trasformazioni adiabatiche come mostrato infigura 58.3.

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare iflussi di energia tra il gas e l’esterno; prendiamocome punto di partenza per l’analisi lo stato cheha maggiore pressione, minore volume e maggioretemperatura.

0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

a

c

b

d

V

P

Fig. 58.3: Il ciclo di Carnot: il gas subisce una espansione isoterma (a) ad alta temperatura Talta; successiva-mente una espansione adiabatica (b) che lo porta alla temperatura inferiore Tbassa, poi una compressione isoterma(c) alla temperatura Tbassa, ed infine una compressione adiabatica (d) che lo riporta alla temperatura Talta.

1. Durante la prima trasformazione, l’espansione isoterma (a), il gas ha energiainterna costante (∆Ua = 0). Ne consegue che il lavoro fatto dal gas è uguale alcalore assorbito δLa = δQass ad alta temperatura.

2. Durante la seconda trasformazione, l’espansione adiabatica (b), il gas non scam-bia calore con l’esterno (δQb = 0). Quindi il lavoro fatto verso l’esterno fadiminuire l’energia interna del gas, raffreddandolo ∆Ub = −δLb.

3. Durante la terza trasformazione, la compressione isoterma (c), il gas non cam-bia la sua energia interna (∆Uc = 0). Ne consegue che il lavoro ricevuto du-

106

107 Scheda58. Il ciclo di Carnot

rante la compressione è uguale al calore ceduto a bassa temperatura δLc =

δQced.

4. Durante la quarta trasformazione, la compressione adiabatica (d), il gas nonscambia calore con l’esterno (δQd = 0). Ne consegue che il lavoro ricevu-to durante la compressione farà aumentare l’energia interna e la temperatura:∆Ud = −δLd.

58.3 Il rendimento di un ciclo

Sorgente ad alta temperatura

Pozzo a bassa temperatura

δL

δQa

δQc

Fig. 58.4: In un ciclo di Carnot viene prelevato dall’e-sterno del calore ad una alta temperatura, trasformato unaparte di esso in lavoro disperdendo come conseguenza delcalore ad una temperatura più bassa.

Durante tutto il ciclo del calore edel lavoro vengono scambiati con ilmondo esterno, alla fine del ciclo l’e-nergia interna del gas non è peròcambiata, perchè lo stato finale delgas è uguale a quello iniziale. Inparticolare del calore è stato assor-bito ad alta temperatura; una partedi quel calore è stata poi ceduta almondo esterno a bassa temperatura.Se andiamo poi a considerare tuttoil lavoro fatto e ricevuto nelle quat-tro trasformazioni, troveremo che laparte di calore assorbito che non èstata poi ceduta a bassa temperatu-ra, è stata in realtà trasformata inlavoro fatto verso il mondo esterno.

L’immagine 58.4 mostra qualesia stato il flusso di energia durante un intero ciclo di Carnot. Questo è un concettogenerale valido per ogni ciclo termodinamico che venga percorso in senso orario:sempre verrà assorbito del calore ad alta temperatura, sempre una parte di quel ca-lore viente trasformato in lavoro e sempre la parte rimanente viene ceduta a bassatemperatura. Un ciclo termodinamico serve infatti a trasformare del calore in lavoro.

Un ciclo termodinamico è tanto migliore quanto maggiore è la percentuale dicalore assorbito che viene trasformata in lavoro. Tale percentuale viene chiamatarendimento ed è definita come:

η =δLfatto

δQassorbito

La formula precedente è la definizione generale di rendimento, la quale, applicata adogni specifico ciclo, assume poi forme diverse. In particolare per il ciclo di Carnot, ilcalcolo del rendimento fornisce la seguente formula:

η = 1− TbassaTalta

58.4 Secondo principio della termodinamica

Il secondo principio della termodinamica è stato enunciato con due formulazionidifferenti che si è dimostrato in seguito essere del tutto equivalenti. Esse vanno sottoil nome di principio di Kelvin e principio di Clausius.

Il principio di Kelvin afferma che è impossibile realizzare una trasformazione ciclicache trasformi integralmente una certa quantità di calore in lavoro. Questo implica quindiche il rendimento di un ciclo sia sempre minore di 1. Non importa quanto caloreassorbi, non riuscirai mai a trasformarlo tutto in lavoro.

Il principio di Clausius afferma che è impossibile che una macchina, agendo separa-tamente dall’ambiente esterno, trasferisca del calore da un corpo che si trova a temperaturaminore ad uno che si trova a temperatura maggiore. Questo significa che è impossibileche una certa macchina sposti del calore da un luogo freddo in uno caldo senza uti-lizzare del lavoro per poterlo fare. il calore si sposta naturalmente da luoghi caldiverso luogi freddi; per spostarlo nel verso contrario è necessario che la macchinatermica in questione utilizzi del lavoro dall’esterno.

58.4.1 La qualità dell’energia

Se analizziamo in dettaglio gli scambi di energia in un ciclo termodinamico, succedesempre che del calore viene assorbito ad alta temperatura, ed una parte di esso viene

108 Scheda58. Il ciclo di Carnot

ceduto a bassa temperatura. La differenza è stata trasformata in lavoro. La nostracapacità di estrarre del lavoro dal calore assorbito, cioè il rendimento del ciclo, ètanto più alta quanto più alta è la temperatura a cui assorbo il calore e quanto piùbassa è la temperatura a cui lo cedo. Il calore assorbito ad alta temperatura possiamodefinirlo molto pregiato; estraendo da esso l’energia in assoluto più pregiata che esiste,il lavoro, ciò che rimane e che scartiamo è calore ceduto a bassa temperatura chepossiamo definire poco pregiato.

58.5 Cicli frigoriferi

I cicli termodinamica di cui abbiamo parlato sono tutti percorsi in senso orario. Seli eseguiamo in senso antiorario avremo che tutti i passaggi di energia avverrannoanche loro al contrario. Il gas riceverà quindi una piccola quantità di lavoro e loutilizzerà per spostare del calore da un luogo freddo verso un luogo caldo. In na-tura questo non avviemne mai spontaneamente, ecco perchè c’è bisogno di un certoquantitativo di lavoro per riuscire a farlo.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Luogo ad alta temperatura

Luogo a bassa temperatura

δL

δQc

δQa

Fig. 58.5: In un ciclo frigorifero un po’ di lavoro vie-ne utilizzato per poter spostare del calore da un luogo atemperatura bassa in un luogo a temperatura alta.

Scheda 59Il ciclo Otto59.1 Le trasformazioni del ciclo

Il ciclo Otto è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasformazioniadiabatiche e due trasformazioni isocore come mostrato in figura 59.1. Questo cicloè quello utilizzato per far funzionare i motori a quattro tempi delle automobili.

0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

a

bc

d

V

P

Fig. 59.1: Il ciclo Otto: il gas subisce una compressione adiabatica (a), successivamente un riscaldamento isocoro(b), poi una espansione adiabatica (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volumee minore pressione (il vertice n basso a destra). Questo è il momento nel quale nelmotore, all’interno del cilindro e a contatto con il pistone, si trova una miscela di ariae benzina.

1. Durante la prima trasformazione, la compressione adiabatica (a), il gas ricevelavoro dall’esterno aumentando la sua energia interna (∆Ua > 0; δLa < 0 ). Neconsegue che il volume del gas diminuisce e la temperaura aumenta. Questa èla fase in cui il pistone comprime la miscela di aria e benzina e la prepara perla combustione.

2. Durante la seconda trasformazione, il riscaldamento isocoro (b), il gas rice-ve calore (δQb > 0) e ne consegue un aumento di energia interna e quindi ditemperatura. Questa è la fase in cui la candela infiamma la benzina. La combu-stione produce il calore che scalda il gas tanto velocemente che il pistone nonha avuto il tempo di spostarsi, mantenendo quindi il volume del gas costante.

3. Durante la terza trasformazione, l’espansione adiabatica (c), il gas diminui-sce la sua energia interna (∆Uc < 0) con la conseguente produzione di lavoroδLc > 0. Questa è la fase in cui il gas espandendosi spinge il pistone e famuovere l’automobile.

4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cedecalore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-ratura ∆Ud < 0. In questa fase si aprono le valvole e si eguaglia la pressionedella miscela combusta alla pressione atmosferica. Il gas verrà espulso dal ci-lindro attraverso i tubi di scarico e poi una nuova miscela di aria e benzinaverrà introdotta nel cilindro.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

109

Scheda 60Il ciclo diesel60.1 Le trasformazioni del ciclo

Il ciclo diesel è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasforma-zioni adiabatiche, una trasformazione isocora ed una isobara come mostrato in fi-gura 60.1. Questo ciclo è quello utilizzato per far funzionare i motori diesel delleautomobili.

0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

a

b

c

d

V

P

Fig. 60.1: Il ciclo diesel: il gas subisce una compressione adiabatica (a), successivamente una espansione isobara(b), poi una espansione adiabatica (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volumee minore pressione (il vertice n basso a destra).

1. Durante la prima trasformazione, la compressione adiabatica (a), il gas riceve

lavoro dall’esterno aumentando la sua energia interna (∆Ua > 0; δLa < 0 ). Neconsegue che il volume del gas diminuisce e la temperaura aumenta.

2. Durante la seconda trasformazione, l’espansione isobara (b), il gas riceve calore(δQb > 0) e ne consegue sia un aumento di energia interna sia una produzionedi lavoro (∆Ub > 0; δLb > 0 ).

3. Durante la terza trasformazione, l’espansione adiabatica (c), il gas diminui-sce la sua energia interna (∆Uc < 0) con la conseguente produzione di lavoroδLc > 0.

4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cedecalore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-ratura ∆Ud < 0.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

110

Scheda 61Il ciclo di Stirling61.1 Le trasformazioni del ciclo

Il ciclo di Stirling è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasfor-mazioni isoterme e due trasformazioni isocore come mostrato in figura 61.1.

0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

a

bc

d

V

P

Fig. 61.1: Il ciclo di Stirling: il gas subisce una compressione isoterma (a), successivamente un riscaldamentoisocoro (b), poi una espansione isoterma (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volumee minore pressione (il vertice in basso a destra).

1. Durante la prima trasformazione, la compressione isoterma (a), il gas ricevelavoro dall’esterno cedendo una eguale quantità di calore (∆Ua = 0; δQa < 0

). Ne consegue che il volume del gas diminuisce mentre la temperaura rimanecostante.

2. Durante la seconda trasformazione, il riscaldamento isocoro (b), il gas ricevecalore (δQb > 0) e ne consegue un aumento di energia interna e quindi ditemperatura.

3. Durante la terza trasformazione, l’espansione isoterma (c), il gas riceve caloredall’estermo (∆Qc > 0) con la conseguente produzione di lavoro δLc > 0.

4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cedecalore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-ratura ∆Ud < 0.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

111

Scheda 62Il ciclo rettangolare62.1 Le trasformazioni del ciclo

Il ciclo rettangolare è una particolare trasformazione ciclica composta da due trasfor-mazioni isobare e due trasformazioni isocore come mostrato in figura 62.1.

0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

a

b

c

d

V

P

Fig. 62.1: Il ciclo rettangolare: il gas subisce una compressione isobara (a), successivamente un riscaldamentoisocoro (b), poi una espansione isobara (c), infine un raffreddamento isocoro (d).

Per studiare tale ciclo è necessario analizzare i flussi di energia tra il gas e l’ester-no; prendiamo come punto di partenza per l’analisi lo stato che ha maggiore volumee minore pressione (il vertice n basso a destra). Questo è il momento nel quale nelmotore, all’interno del cilindro e a contatto con il pistone, si trova una miscela di ariae benzina.

1. Durante la prima trasformazione, la compressione isobara (a), il gas riceve la-

voro dall’esterno e diminuisce la sua energia interna (∆Ua < 0; δLa < 0 ). Neconsegue che il volume del gas e la sua temperaura diminuiscono.

2. Durante la seconda trasformazione, il riscaldamento isocoro (b), il gas ricevecalore (δQb > 0) e ne consegue un aumento di energia interna e quindi ditemperatura.

3. Durante la terza trasformazione, l’espansione isobara (c), il gas aumenta la suaenergia interna (∆Uc > 0) con la conseguente produzione di lavoro δLc > 0.

4. Durante la quarta trasformazione, il raffreddamento isocoro (d), il gas cedecalore all’esterno (δQd < 0) diminuendo la sua energia interna e la sua tempe-ratura ∆Ud < 0.

Autore: Andrea de Capoa 22 Mar 2017

112

Scheda 63EntropiaL’entropia è una variabile di stato di un gas, la cui comprensione non è banale ma

è fondamentale per capire l’evoluzione di un sistema fisico complesso.

63.1 Definizione di entropia

L’Entropia di un gas, che indichiamo con la lettera S è definita dall’equazione

∆S =δQ

T

La variazione di entropia in un gas è quindi data dal rapporto tra il calore scambiatodal gas e la temperatura a cui viene scambiato.

63.2 Irreversibilità di una trasformazione

Alcuni fenomeni fisici accadono sponteneamente in natura, altri devono essere in-dotti tramite un lavoro fatto dall’uomo.

Vediamo tre semplici esempi:

• Pensiamo ad un pendolo ideale in assenza di attrito: ci aspettiamo che se ilpendoolo scende e poi risale, compiendo mezza oscillazione, di sicuro poi ef-fettuerà il percorso esattamente opposto per ritornare esattamente al puntodi partenza. Il fenomeno è sicuramente reversibile, in quanto può accaderespontaneamente in entrambe le direzioni.

• Immaginiamo un oggetto caldo messo a contatto con un oggetto freddo; quellocaldo cede calore a quello freddo fino a quando non raggiungono la stessatemperatura. Questo fenomeno è irreversibile; noi non vedremo mai accaderespontaneamente il contrario. Se vogliamo che di due oggetti a contatto con lastessa temperatura uno scaldi l’altro, dobbiamo assere noi che, con del lavoro,lo facciamo accadere.

• Immaginate due stanze di casa vostra separate da una porta, ed immaginateche in una stanza ci sia aria e nell’altra il vuoto. Se aprirete la porta il gas simuoverà da una stanza all’altra riempiendo entrambe le stanze. Il fenomeno

è irreversibile, infatti non vedrete mai accadere che il gas di una stanza ritornisopntaneamente tutto nell’altra.

Prendiamo il secondo esempio e vediamo cosa succede all’entropia del sistema1.L’oggetto caldo cede una certa quantità di calore all’oggetto freddo; quindi

δQf = −δQc

dove δQc è il calore ceduto dall’oggetto caldo ed ha valore negativo, e δQf è il ca-lore assorbito dall’oggetto freddo ed ha valore positivo. Sappiamo inoltre che latemperatura dell’oggetto caldo è maggiore di quella dell’oggetto freddo

Tc > Tf

Ne consegue cheδQfTf

> −δQcTc

δQfTf

+δQcTc

> 0

Utilizzando adesso la definizione di entropia

∆Sf + ∆Sc = ∆Stot > 0

L’entropia totale di un sistema fisico in cui avvengono trasformazioniirreversibili aumenta sempre

1Anche se nell’esempio non parlo di gas, l’entropia è comunque un concetto che può essere applica-to. Concedetemi in questa scheda di non essete troppo rigoroso ed approfondito per preservare quellasemplicità di ragionamento necessaria per farvi comprendere un principio generale molto complesso.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

113

Parte VIII

Onde

114

Scheda 64Mappe sui fenomeni ondulatoriOnde

Caratteristichedi un’onda

Lunghezza d’ondaλ[metri]

AmpiezzaA[metri]

PeriodoT [secondi]

Frequenzaν = 1

T[Hz = 1

secondi

]

VelocitàV [ms ]

IntensitàI =

∆E

S ·∆t

Ondemeccaniche / E.M.

Ondelongitudinali / trasversali

fenomeniondulatori

V = λ · ν

Riflessionei = i′

complanarità

Rifrazionesin i

sin r=

ViVr

complanarità

Diffusione

Diffrazione

DispersioneV = V (λ)

InterferenzaOnde stazionarie

Battimenti

Arcobaleno

Assorbimento

Attenuazione

onde superficialiIa · ra = Ib · rb

onde in un volumeIa · r2

a = Ib · r2b

Effetto Doppler

Otticageometrica

legge dei punticoniugati

1

f=

1

p+

1

q

fattore diingrandimento

G =f

f − p

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017

115

Scheda 65Onde e fenomeni ondulatoriLe onde sono delle perturbazioni che si propagano nello spazio. Luce e suono ne

sono due esempi.

65.1 Definizione

Immaginiamo di lanciare un sasso in uno stagno: vedremo delle onde di forma cir-colare, che, propagandosi, diventano sempre più grandi. Osservando il fenomeno,notiamo inoltre che, al passaggio dell’onda, le molecole dell’acqua non si muovo-no in avanti, ma soltanto in basso e in alto. Le molecole dell’acqua compiono cioèun’oscillazione in torno ad un punto di equilibrio fisso.

In un’onda le uniche cose che si propagano in avanti sono l’energia e la quantitàdi moto.

65.1.1 Onde meccaniche ed elettromagnetiche

Un’onda in uno stagno è un’onda meccanica, in quanto l’onda è un’oscillazione dellemolecole dell’acqua sulla quale l’onda stessa si propaga. Allo stesso modo il suonoè un’onda meccanica, in quanto ad oscillare sono le molecole dell’aria. Per questomotivo, senza il materiale nel quale l’onda si propaga, l’onda stessa non esiste.

Un’onda è detta meccanica, quando è data dall’oscillazione delle molecole delmateriale nel quale si propaga.

Un diverso tipo di onde sono le onde elettromagnetiche, come per esempio laluce. Ad oscillare è un campo elettromagnetico e non il materiale entro cui si propagal’onda, per cui le onde elettromagnetiche possono propagarsi nel vuoto.

In un’onda elettromagnetica ad oscillare è un campo elettromagnetico.

65.1.2 Onde trasversali e longitudinali

Prendiamo ad esempio un’onda meccanica; le molecole del materiale, all’arrivo del-l’onda, oscillano intorno ad un punto di equilibrio. La linea sulla quale oscillano puòessere parallela o perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda.

In un’onda trasversale l’oscillazione è perpendicolare alla direzione di pro-pagazione dell’onda; in un’onda longitudinale l’oscillazione è parallela alladirezione di propagazione dell’onda.

Fig. 65.1: Guarda il video youtu.be/Rbuhdo0AZDU

Fig. 65.2: Guarda il video youtu.be/CswoSQC_NX0

65.1.3 Variabili dell’onda

Le variabili con cui descrivo le onde sono: la lunghezza d’onda, la frequenza, l’am-piezza, il periodo, la velocità, l’intensità.

• λ: la lunghezza d’onda è la distanza tra un picco ed il picco successivo.

• ν: la frequenza è il numero di oscillazioni al secondo. L’unità di misura èl’Hertz: Hz = 1

s

• A: per un’onda meccanica l’ampiezza è la massima distanza delle molecoledal punto di equilibrio della loro oscillazione. In un’onda elettromagnetica è ilmassimo valore del campo elettrico o magnetico.

• T : il periodo è la durata di una oscillazione completa.

116

117 Scheda65. Onde e fenomeni ondulatori

• V : la velocità dell’onda è il numero di metri percorsi ogni secondo.

• I : l’intensità dell’onda è la quantità di energia che ogni secondo incide su unmetro quadrato di superficie I = ∆E

S·∆t

λ

A ~V

Fig. 65.3: Variabili di un’onda.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 66Intensità di un’ondaParlando di onde in tre dimensioni, l’intensità I di un’onda è definita come l’e-

nergia ∆E che incide su di una certa superficie S in un certo intervallo di tempo∆t

I =∆E

S ·∆tLa sorgente di un’onda nell’intervallo di tempo ∆t emette una certa quantità di

energia ∆E. In un’onda in tre dimensioni questa energia è distribuita sulla superficiesferica dell’onda. Man mano che l’onda si propaga in avanti, la superficie sperica inquestione aumenta; la stessa energia ∆S si distribuisce su superfici sempre maggiorie di conseguenza l’intensità dell’onda diminuisce man mano che l’onda di propaga.

Consideriamo la sorgente di un’onda sferica, e chiediamoci come cambia l’inten-sità dell’onda per due osservatori posti a distanza r1 ed r2 dalla sorgente.

Dal momento che una sfera ha una superficie S = 4πr2 e che l’energia ∆E

dell’onda è costante durante la propagazione, avremo che

I1 · S1 ·∆t = I2 · S2 ·∆t

da cuiI1 · r2

1 = I2 · r22

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

118

Scheda 67Riflessione e RifrazioneOgni volta che un’onda passa da un materiale ad un’altro accadono due fenome-

ni distinti: l’onda si divide in due onde, la prima ritorna indietro, mentre la secondaprosegue nel nuovo materiale. L’onda che ritorna indietro è l’onda riflessa e parlia-mo del fenomeno della riflessione; l’onda che prosegue nel nuovo materiale è dettaonda rifratta e parliamo del fenomeno della rifrazione. I fenomeni di riflessione e ri-frazione avvengono nel momento in cui l’onda incide sulla superficie di separazionetra i due materiali. L’angolo con cui l’onda incide su tale superficie è detto angolodi incidenza ed è l’angolo compreso tra il raggio dell’onda e la perpendicolare allasuperficie di separazione. Molto importante:

Il raggio dell’onda, il raggio riflesso, il raggio rifratto e l’asse perpendicolarealla superficie di separazione sono tutte rette sullo stesso piano

Vi aria

Vr acqua

r

i i′

Fig. 67.1: Riflessione e rigrazione di un’onda nel momento di incidenza sulla superficie di separazione tra duemateriali che a titolo di esempio abbiamo indicato come aria e acqua nei quali l’onda viaggia con velocità Vi e Vr .

67.1 Riflessione

Facciamo riferimento alla figura 67.1: il raggio riflesso forma con la perpendicolarealla superficie di separazione, un angolo i′ uguale all’angolo di incidenza i

i′ = i

67.2 Rifrazione

Quando un’onda passa da un mezzo nel quale viaggia alla velocità Vi in un mezzonel quale la velocità è Vr avremo che conseguentemente cambia la lunghezza d’ondarimanendo invariata la frequenza. Una diretta conseguenza è che, incidendo sul-la superficie di separazione tra due materiali, cambia la direzione di propagazionedell’onda; con riferimento alla figura 67.1 avremo che

sin(i)

sin(r)=ViVr

(67.1)

67.2.1 Riflessione totale

Prendiamo un’onda che si propaga da un materiale in cui viaggia lenta in un materia-le in cui viaggia più veloce; in questo caso, dall’equazione 67.1 avremo che l’angolodi rifrazione sarà maggiore dell’angolo di incidenza.

Chiamiamo angolo limite l’angolo di incidenza corrispondente ad un angolo dirifrazione pari a 90.

Se un’onda incide con un angolo maggiore dell’angolo limite, il raggio rifratto nonpuò esistere e di conseguenza esiste solo il raggio riflesso; questa situazione vienedefinita riflessione totale, in quanto tutta l’energia dell’onda viene riflessa.

67.3 Videolezioni

119

120 Scheda67. Riflessione e Rifrazione

Fig. 67.2: Guarda il video youtu.be/ccmbt-if9kY

Fig. 67.3: Guarda il video youtu.be/k7ohfaMmTKg

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Fig. 67.4: Guarda il video youtu.be/nqCQBA2r4DQ

Scheda 68Interferenza68.1 Il fenomeno dell’interferenza

Quando in uno stesso punto ci sono contemporaneamente due o più onde differenti,l’onda complessiva presente in quel punto indurrà oscillazioni pari alla somma alge-brica delle oscillazioni indotte dalle singole onde. Questo significa, come mostratoin figura 68.1 che se le onde inducono oscillazioni nello stesso verso, l’oscillazione ri-sultante sarà molto ampia e parleremo di interferenza costruttiva; nel caso contrario,oscillazioni opposte tendono a cancellarsi e parleremo di interferenza distruttiva.

−10 −5 0 5 10

−2

0

2

metri

Am

piez

za(m

)

Interferenza

Fig. 68.1: Due onde presenti nello stesso luogo; l’onda complessiva che effettivamente vediamo, disegnata in nero,rappresenta la somma algebrica delle due onde.

68.2 Onde stazionarie

Un’onda stazionaria è data dall’interferenza di due onde identiche che viaggiano indirezione opposta. Su una corda si vede bene che le onde stazionarie hanno alcuni

punti, detti nodi, che rimangono fermi e non oscillano, ed altri, detti ventri, la cuioscillazione è massima.

Fig. 68.2: Guarda il video youtu.be/ic73oZoqr70

Fig. 68.3: Guarda il video youtu.be/3BN5-JSsu_4

68.2.1 Onde stazionarie su corde bloccate agli estremi

Se una corda bloccata agli estremi sta vibrando, la vibrazione sarà un’onda sta-zionaria con due nodi coincidenti con gli estremi della corda. Questo vuol direche la lunghezza della corda deve necessariamente essere un multiplo intero dellasemilunghezza d’onda.

l = nλ

2

68.3 Il fenomeno dei battimenti

Fig. 68.5: Guarda il video you-tu.be/i7gcaDXdr94

Il fenomeno dei battimenti è dato dall’interferenzadi onde con stessa ampiezza ma frequenza legger-mente differente. Il risultato è un’onda di frequen-za pari alla media delle frequenze delle due onde

121

122 Scheda68. Interferenza

iniziali, e di ampiezza di valore che oscilla nel tem-po. L’oscillazione del valore dell’ampiezza è lega-ta alla differenza tra le frequenze delle due ondeiniziali. Il fenomeno dei battimenti, per un’ondasonora, si manifesta con un suono di volume chevaria nel tempo, come mostrato nel video 68.5.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

λ = 2l5

λ = l2

λ = 2l3

λ = l

λ = 2l

Fig. 68.4: Onde stazionarie su di una corda fissata ai due estremi.

123 Scheda68. Interferenza

−40 −20 0 20 40

−2

0

2

metri

Am

piez

za(m

)

Interferenza

Fig. 68.6: Rappresentazione grafica del fenomeno dei battimenti.

Scheda 69Diffrazione69.1 Il fenomeno

Quando un’onda attraversa una fenditura di dimensioni paragonabili alla sualunghezza d’onda, il fronte d’onda diventa circolare.

Immaginate un’onda con il fronte d’onda lineare, per esempio le onde del mare;immaginate adesso che tali onde passino attraverso lo spazio tra due file di scogli;dopo tale passaggio vedrete che il fronte d’onda dell’onda assumerà forma circolare.

Fig. 69.1: Immagine di un fenomeno di diffrazione fotografato nella cittadina marittima di Termoli.

Fig. 69.2: Guarda il video youtu.be/BH0NfVUTWG4

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

124

Scheda 70Risonanza70.1 Il fenomeno

Quando un’onda incide contro un oggetto, tale oggetto comincia ad oscillare.L’oscillazione avrà la stessa frequenza dell’onda incidente, ma ampiezza mol-to maggiore. Il fenomeno avviene solo se la frequenza dell’onda incidente èuguale ad una delle frequenze di risonanza dell’oggetto.

Fig. 70.1: Guarda il video youtu.be/fuLpeRPCTfc

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

125

Scheda 71Diffusione71.1 Il fenomeno

Quando un’onda interagisce con un oggetto, se l’oggetto non è riflettente otrasparente, allora tale onda viene assorbita e riemessa in tutte le direzioni.

Se immaginiamo per esempio un raggio di luce laser che incide su di un muro, sap-piamo tutti che chiunque nella stanza è in grado di vedere il puntino luminoso dellaser sul muro. Questo vuol dire che la luce laser che incide contro il muro, vieneriemessa dal muso in tutte le direzioni, diventando quindi visibile a chiunque nellastanza.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

126

Scheda 72Dispersione72.1 Il fenomeno

La dispersione è quel fenomeno derivante dalla dipendenza, dalla frequenzadell’onda, della velocità dell’onda in un certo materiale.

Noi sappiamo che un raggio luminoso, quando cambia materiale nel quale sipropaga, automaticamente cambia velocità e quindi devia dalla sua traiettoria; se lavelocità del raggio luminoso dipendesse soltanto dal materiale, ogni colore deviereb-be nello stesso modo; in realtà l’indice di rifrazione di un materiale ha una leggeradipendenza dalla frequenza della luce che lo attraversa; per questo motivo il feno-meno della rifrazione avviene in modo differente a seconda del colore della luce. Unfascio di luce bianca, formato cioè dalla combinazione di tutti i colori, nel passaggioda un materiale all’altro verrà separato in tutte le sue componenti di colore, in quan-to ogni colore devierà dalla sua traiettoria in modo differente. Questa dipendenzadel fenomeno della rifrazione dalla frequenza della luce incidente è detto dispersione.

Fig. 72.1: Gif animata che spiega la dispersione della luce

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

127

Scheda 73Effetto Doppler73.1 Il fenomeno

L’effetto Doppler è un fenomeno per il quale data una sorgente che emet-te un’onda di una determinata frequenza, un osservatore percepisce unafrequenza differente a seconda del moto della sorgente e dell’osservatorerelativamente al mezzo in cui l’onda si propaga.

In questa scheda chiameremo λ, ν, T e V le variabili riferite all’onda emessa dallasorgente; chiameremo λo, νo e T0 le variabili dell’onda percepita dall’osservatore.Chiameremo poi Vs e Vo rispettivamente la velocità della sorgente e dell’osservatorerispetto al mezzo di propagazione dell’onda.

73.2 Se l’osservatore è in moto

Fig. 73.1: Guarda il video you-tu.be/4mUjM1qMaa8

Consideriamo il caso di un osservatore in mo-to verso una sorgente ferma rispetto al mezzo dipropagazione dell’onda: avremo che i vari fron-ti d’onda verranno raggiunti dall’osservatore adintervalli di tempo inferiori rispetto al caso di unosservatore fermo. L’osservatore percepirà quindiun’onda di maggiore frequenza e quindi minorelunghezza d’onda.

Detto T il periodo dell’onda, cioè l’intervallotemporale tra l’emissione di due creste successive dell’onda, il periodo To sarà

To =λ

V + Vo=

λ

V(1 + Vo

V

)moltiplicando per V otterremo quindi1

1Attenti al fatto che V = λν è un’equazione riferita alle onde in cui i termini sono grandezze fisichedell’onda in questione. In questa formula quindi il termine di velocità sarà sempre la velocità dell’onda,indipendentemente da chi misura tali grandezze.

λo =λ(

1 + VoV

)da cui

νo = ν

(1 +

VoV

)Lo stesso ragionamento lo si può ripetere per un osservatore che si stia allonta-

nando dalla sorgente, ottenendo

νo = ν

(1− Vo

V

)

73.2.1 Se la sorgente è in moto

Fig. 73.2: Guarda il video you-tu.be/Gz8JxhosvW8

Consideriamo il caso di un osservatore fermo eduna sorgente in moto rispetto al mezzo di propa-gazione: avremo che i vari fronti d’onda sono crea-ti in punti differenti istante per istante. Tali frontid’onda saranno più ravvicinati tra loro davanti al-la sorgente, ottenendo così per l’osservatore la per-cezione di un’onda di minore lunghezza d’onda equindi maggiore frequenza. Tali fronti d’onda sa-ranno più lontani tra loro dietro alla sorgente, otte-nendo così per l’osservatore la percezione di un’onda di maggiore lunghezza d’ondae quindi minore frequenza.

Detto T il periodo dell’onda, cioè l’intervallo temporale tra l’emissione di duecreste successive dell’onda, allora la lunghezza d’onda percepita da un osservatoreche vede la sorgente venirgli incontro sarà

λo = λs − Vs · T = λs − Vs ·λ

V

λo = λ ·(

1− VsV

)128

129 Scheda73. Effetto Doppler

λoVs · TSt=0 St=T

λo λoVs · (2T )

St=0 St=T St=2T

Fig. 73.3: Nel caso la sorgente si muova più lentamente dell’onda, la lunghezza d’onda percepita dall’osservatorein quiete è la distanza rappresentata in blu. Essa sarà uguale alla lunghezza d’onda dell’onda emessa dalla sorgentemeno la distanza percorsa dalla sorgente in un periodo dell’onda. La circonferenza rappresenta la posizione del fronted’onda dopo un periodo dell’onda. Nella seconda immagine è rappresentata la situazione dopo due periodi quandosono stati già emessi due fronti d’onda.

e quindi

νo =ν(

1− VsV

)Lo stesso ragionamento lo si può ripetere per l’osservatore dietro la sorgente otte-nendo

νo =ν(

1 + VsV

)

Onde d’urto

Fig. 73.4: Guarda il video you-tu.be/SKlLgbvF1Bw

Quando la sorgente si muove ad una velocità mag-giore di quella dell’onda che produce, si genera unfenomeno molto particolare detto onda d’urto. Tut-ta l’energia dell’onda è localizzata su di una su-perficie conica che vede come vertice la sorgente.L’ampiezza dell’angolo del cono dipende dal rap-porto tra la velocità della sorgente e la velocità del-l’onda. Nel video qui a fianco è possibile visualiz-zare tale fenomeno. L’aereo ha generato un’ondasonora di pressione tale da condensare il vaporeacqueo presente nell’aria. Lo stesso fenomeno è il motivo dello schiocco di una fru-sta. I video qui di seguito mostrano molto bene come si forma un’onda d’urto, datadalla somma di tutte le onde emesse dalla sorgente in momenti differenti.

Fig. 73.5: Guarda il video youtu.be/35goU1SlAXE

Fig. 73.6: Guarda il video youtu.be/uHJ4_dW3890

Autore: Andrea de Capoa 21 Nov 2017

130 Scheda73. Effetto Doppler

A B

C

Vo ·∆t

Vs ·∆t

α = 90

sin β =V0

Vs

Fig. 73.7: Nel caso la sorgente si muova più velocemente di quanto non viaggi l’onda, avremo la formazione dionde d’urto. Lo schema geometrico di questo fenomeno fisico è rappresentato in figura. In rosso lo spostamentodell’onda in un certo intervallo di tempo ∆t. In blu lo spostamento della sorgente nello stesso intervallo di tempo.L’angolo in B dipende quindi dal rapporto tra le velocità dell’onda e della sorgente.

Scheda 74Le lenti

Fig. 74.1: Guarda il video you-tu.be/7BQnCyutdWs

Analizzeremo in questa scheda come una lentesferica si comporta con i raggi luminosi che l’attra-versano e quindi come crea le conseguenti imma-gini. Una lente è un oggetto di vetro che, avendoun indice di rifrazione maggiore di quello dell’a-ria, devia i raggi luminosi. In questa scheda ci li-mitiamo per semplicità a trattare delle lenti sferi-che, cioè di lenti formate da due superfici sferichesimmetriche rispetto ad un asse centrale detto asseottico della lente. Tratteremo inoltre solo lenti sottili, cioè lenti il cui spessore è tantopiccolo da poter essere considerato trascurabile. Distinguiamo tra due tipi di lenti:le lenti convergenti e le lenti divergenti rappresentate nelle figure 74.2 e 74.3.

Una lente si dice convergente quando devia il percorso di un raggio luminosoparallelo all’asse ottico della lente indirizzandolo verso un punto detto fuocodella lente

Una lente si dice divergente quando devia il percorso di un raggio luminosoparallelo all’asse ottico della lente indirizzandolo come se provenisse da unpunto detto fuoco della lente

La distanza del fuoco della lente dal centro della lente è detta distanza focale.

74.1 Immagine generata da una lente convergente

Mettendo un oggetto davanti ad una lente, i raggi luminosi che partono da esso,attraversano la lente e generano un’immagine dell’oggetto. Chiamiamo p la distanzadell’oggetto dalla lente, q la distanza dell’immagine dalla lente ed f la distanza focaledella lente.

Per costruire l’immagine di un oggetto generata da una lente dobbiamo seguireil percorso di due raggi luminosi che partono dall’oggetto:

• Il primo è il raggio parallelo all’asse ottico, il quale passerà per il fuoco.

Fig. 74.2: Lenti convergenti.

• Il secondo è il raggio che passa per il centro della lente e prosegue non deviato.

Nel punto in cui i due raggi si incontrano, li si forma l’immagine. Qualora i raggiluminosi non si incontrassero, allora si incontrano dalla parte opposta i prolunga-menti dei raggi luminosi; li dove si incontrano si forma l’immagine.

74.2 Immagine generata da una lente divergente

Mettendo un oggetto davanti ad una lente, i raggi luminosi che partono da esso,attraversano la lente e generano un’immagine dell’oggetto. Chiamiamo p la distanzadell’oggetto dalla lente, q la distanza dell’immagine dalla lente ed f la distanza focaledella lente.

Per costruire l’immagine di un oggetto generata da una lente dobbiamo seguireil percorso di due raggi luminosi che partono dall’oggetto.

• Il primo è il raggio parallelo all’asse ottico, il quale attraverserà la lente e verràdeviato come se provenisse dal fuoco.

• Il secondo è il raggio che passa per il centro della lente e prosegue non deviato.

Nel punto in cui il raggio che passa per il centro ed il prolungamento dell’altroraggio si incontrano, li si forma l’immagine.

131

132 Scheda74. Le lenti

Fig. 74.3: Lenti divergenti.

74.2.1 La legge dei punti coniugati

La posizione dell’oggetto, del fuoco e dell’immagine sono legate tra loro dalla leggedei punti coniugati

1

f=

1

p+

1

q

dove f è la distanza focale, p è la distanza dell’oggetto dal centro della lente, e q è ladistanza dell’immagine dal centro della lente.

74.2.2 Il fattore di ingrandimento

Abbiamo visto che l’immagine generata da una lente può essere sia più grande chepiù piccola. Se indichiamo con h la dimensione dell’oggetto e con h′ la dimensionedell’immagine, il fattore di ingrandimento è definito come

G = −h′

h

F

F

p

f

q

Fig. 74.4: Costruzione dell’immagine di una lente convergente. Con F sono indicati i fuochi della lente, con f ladistanza focale, con p la distanza dell’oggetto dalla lente, con q la distanza dell’immagine dalla lente. In questo casol’immagine risulta invertita e reale.

Se adesso osservate l’immagine 74.7 vedrete che i segmenti lungghi h e h′ sono duecateti di due triangoli rettangoli simili, per cui posso scrivere

G = −h′

h= −q

p

Utilizzando poi la legge dei punti couniugati avremo

G = −h′

h= −q

p=

f

f − p

Il fattore di ingrandimento dipende quindi dalla distanza focale della lente e dal-la distanza dell’oggetto dalla lente. SE il fattore di ingrandimento viene negativo,significa che l’immagine viene capovolta.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

133 Scheda74. Le lenti

F

F

p

f

q

Fig. 74.5: Costruzione dell’immagine di una lente convergente. Con F sono indicati i fuochi della lente, con f ladistanza focale, con p la distanza dell’oggetto dalla lente, con q la distanza dell’immagine dalla lente. L’immaginerisulta dritta e virtuale.

F

F

p f

q

Fig. 74.6: Costruzione dell’immagine di una lente divergente. Con F sono indicati i fuochi della lente, con f ladistanza focale, con p la distanza dell’oggetto dalla lente, con q la distanza dell’immagine dalla lente. L’immaginerisulta dritta e virtuale.

F

F

p

f

q

h

h’

Fig. 74.7: Calcolo dell’ingrandimento ottenuto con l’utilizzo di una lente. I due triangoli evidenziati in rossosono triangoli simili, in quanto hanno l’angolo al vertice uguale e sono entrambi rettangoli.

Scheda 75L’arcobaleno75.1 Osservare un arcobaleno

Tutti voi avete sicuramente visto un arcobaleno, ma probabilmente pochi di voi lohanno guardato. Provate per esempio a leggere le seguenti domande riguardantigliarcobaleni, e dite a quante di queste sapete rispondere.

1. Il rosso si trova all’interno o all’esterno?

2. Quanto vale il suo raggio (espresso in gradi)?

3. Quanto vale la sua lunghezza?

4. Quanto vale la sua ampiezza (espressa in gradi)?

5. E’ più luminosa la parte interna o esterza dell’arco?

6. In quali momenti della giornata lo possiamo osservare?

7. In quale direzione lo possiamo osservare (Nord - Sud - Ovest - Est)?

8. Quanti archi ci sono?

(a) Dove si trova il secondo?

(b) Il rosso del secondo arco si trova all’interno o all’esterno?

(c) Quanto vale il raggio del secondo arco?

(d) Quanto vale l’ampiezza del secondo arco?

9. La luce dell’arcobaleno è polarizzata?

10. Qual è la direzione della polarizzazione?

11. La luce è molto o poco polarizzata?

75.2 Il principio di base

L’arcobaleno si forma quando la luce del sole attraversa una goccia d’acqua. Co-me mostrato in fig.75.1, ogni singolo raggio luminoso entra nella goccia d’acqua inaccordo con le regole della riflessione e rifrazione della luce; esso si propaga all’in-terno della stessa, per poi uscirne con un angolo differente rispetto alla direzione diprovenienza.

i

r

r

r

r

δ

φ

i

Fig. 75.1: Percorso di un raggio luminoso attraverso una goccia d’acqua.

Indicati con i l’ingolo di incidenza della luce sulla superficie della goccia d’ac-qua, con r il relativo angolo di rifrazione, e con δ l’ampiezza della deviazione delraggio luminoso rispetto alla sua direzione di provenienza, tale angolo può esserefacilmente calcolato e si ottiene

δ = 180 + 2i− 4r

134

135 Scheda75. L’arcobaleno

Tenendo conto che l’indice di rifrazione dell’acqua è circa n = 1, 336, se andia-mo a calcolare il valore dell’angolo δ in funzione dell’angolo di incidenza i della luce,scopriamo che l’angolo δ ha un valore minimo di circa δmin ∼ 138, e di conseguenzal’angolo φ ha un valore massimo di circa φmax ∼ 42. Teniamo anche in considera-zione che il problema che stiamo analizzando ha simmetria cilindrica; esso è infattiidentico per qualunque rotazione attorno all’asse, parallelo alla direzione della luceincidente, e che passa attraverso il centro della goccia d’acqua.

Angolo di incidenza Angolo di rifrazione Deviazione del raggioi r δ

0 0 180, 0

10 7, 5 170, 0

20 14, 8 160, 8

30 22, 0 152, 0

40 28, 7 145, 2

50 35, 0 140, 0

60 40, 4 138, 4

70 44, 7 141, 2

80 47, 4 150, 4

90 48, 4 166, 4

Tabella 75.1: Andamento del valore dell’angolo di deviazione della luce, in funzione dell’angolo di incidenza,quando un raggio luminoso attraversa una goccia d’acqua. E’ stato assunto n = 1, 336 quale indice di rifrazionedell’acqua.

Se immaginiamo adesso un fascio di luce che investe tutta la goccia d’acqua, avre-mo tanti raggi luminosi paralleli che incidono sulla goccia d’acqua con tutti gli angolidi incidenza possibili. Ne segue che la luce che esce dalla goccia d’acqua dopo una ri-flessione all’interno della stessa, esce tornando indietro verso la fonte di luce, formandoun cono dell’ampiezza di circa 42 rispetto all’asse della luce incidente.

Andiamo adesso a considerare il fatto che l’indice di rifrazione dell’acqua è diffe-rente a seconda che si tratti di luce rossa o luce blu. Di conseguenza il valore φmax èdifferente per i due colori ed il cono della luce di ritorno ha un’ampiezza differente.

Fig. 75.2: La luce che attraversa una goccia d’acqua ritorna indietro all’interno di un cono la cui ampiezza cambiaa seconda del valore dell’indice di rifrazione dell’acqua differente per ogni colore.

In particolare avremo che

nrosso = 1, 331→ φmax ∼ 42, 4

nblu = 1, 343→ φmax ∼ 40, 7

All’interno del cono della luce blu ci saranno quindi tutti i colori e di conseguen-za vedremo luce bianca; al contrario all’esterno del cono di luce rossa non ci saràluce. Intuite facilmente che l’arcobaleno lo si vede nella zona compresa tra i due co-ni. Bisogna comunque sotolineare che, se andiamo a calcolare l’intensità luminosadella luce di ogni singolo colre, troviamo che la maggiore intensità luminosa si trova

136 Scheda75. L’arcobaleno

proprio sul bordo di tale cono. E’ questo il motivo per cui i colori ci appaiono cosìnettamente separati.

Fig. 75.3: Il cono di luce emesso da una singola giccia d’acqua, se proiettato su di uno schermo, darebbeun’immagine di questo tipo.

Immaginiamo ora (vedi fig.75.4) che il sole si trovi alle nostre spalle esattamenteal livello dell’orizzonte, e che di fronte a noi ci sia un temporale, o più in generaleuna zona d’aria con miliardi di goccioline d’acqua in sospensione. I raggi luminosi,incontrando le goccioline d’acqua formerebbero i coni di luce precedentemente de-scritti nella nostra direzione. Se osserviamo in una direzione a più di 42 rispettoall’asse dei raggi luminosi non arriva luce colorata ai nostri occhi. Se osserviamo inuna direzione a meno di 42 rispetto all’asse dei raggi luminosi arriva ai nostri occhiluce bianca. Per direzioni intorno ai 42 osserviamo luce colorata.

Immaginiamo adesso che il sole si sollevi sull’orizzonte; la nostra ombra ci forni-sce la misura dell’inclinazione dei raggi luminosi. L’asse che passa dai nostri occhied arriva alla punta della nostra ombra rappresenta proprio l’asse centrale dell’ar-cobaleno. I 42 di ampiezza dell’arcobaleno di devono sempre calcolare rispetto aquesto asse. Ne segue di conseguenza che quando il sole sorge, dalla parte opposta

Fig. 75.4: Un osservatore, se ha alle spalle il sole all’orizzonte, e di fronte a se un temporale, vede un arcobaleno.In particolare se guarda ad angoli grandi non vede la luce proveniente dalle goccioline d’acqua, se guarda ad angolipiccoli vede luce bianca, se guarda ad angoli intorno ai 42 vele i colori dell’arcobaleno.

l’arcobaleno scende. Una volta che il sole supera l’inclinazione di 42 allora l’arcoba-leno necessariamente scompare. L’esatto opposto capita quindi al tramonto: mentreil sole scende verso l’orizzonte, l’acobaleno sorge dalla parte opposta.

75.3 L’arco secondario

Se osservate bene l’arcobaleno, vedrete anche un secondo arco, più grande del pri-mo, anche se di intensità inferiore. Per spiegare l’esistenza di questo secondo arcoè sufficiente considerare non il raggio luminoso che all’interno della goccia d’acquasubisce una riflessione, ma quello che ne subisce due. Ricalcolando quindi gli angoliφmax per il colore rosso e per il colore blu, avremo che

nrosso = 1, 331→ φmax ∼ 50, 4

nblu = 1, 343→ φmax ∼ 53, 5

137 Scheda75. L’arcobaleno

Fig. 75.5: Rispetto alla figura 75.4 adesso il sole si è sollevato sull’orizzonte. I raggi luminosi arrivano inclinati,e l’asse che passa dai nostri occhi fino alla punta della nostra ombra è proprio l’asse centrale dell’arcobaleno.

Notate che adesso è il rosso a generare un cono di luce più stretto e quindi icolori dell’arcobaleno risultano essere in sequenza invertita rispetto a quella dell’arcoprimario.

75.4 Polarizzazione dell’arcobaleno

La luce bianca che entra nella gocciolina d’acqua subisce una riflessione all’internodi essa. Di tutta la luce che esce dalla gocciolina, quella che va poi a formare l’arcoba-leno è quella che esce con un angolo φmax che abbiamo visto essere (vedi tab.75.1) dicirca 40. L’angolo di Brewster per un raggio luminoso che passa dall’acqua all’ariasi calcola nel seguente modo:

tan(θbr) =narianacqua

=1

1, 33

θbr = 37

Visto che la riflessione avviene ad un angolo che differisce di soli 3 dall’angolodi Brewster, la luce riflessa deve necessariamente essere fortemente polarizzata, equindi lo sarà la luce dell’arcobaleno che noi vediamo. Per essere più precisi la lucedell’arcobaleno è polarizzata al 90% circa. Questo significa che se olete vedere unarcobaleno non dovete indossare occhiali da sole polarizzati!

75.5 La risposta alle domande

Siamo adesso in grado di rispondere alle prime otto domande presentate all’iniziodel capitolo.

1. Il rosso si trova all’interno o all’esterno? Visto che per osservare la luce rossa devosollevare lo squardo di un angolo maggiore rispetto a quello che devo fare perla luce blu... il rosso si trova all’esterno.

2. Quanto vale il suo raggio (espresso in gradi)? Il suo raggio nella parte centrale è dicirca 41

3. Quanto vale la sua lunghezza? La sua lunghezza dipende dalla porzione di arcoche si trova sopra il livello del terreno. Esso è massimo all’inizio del sorgeredel sole ed alla fine del suo tramonto.

4. Quanto vale la sua ampiezza (espressa in gradi)? L’ampiezza dipende dalla dif-ferenza degli angoli che formano il rosso ed il blu: circa 1, 7. Bisogna peròprecisare che il sole non è una sorgente luminosa puntiforme. IL fatto che ilsole abbia una dimensione nel cielo di circa 0, 5 fa si che l’arcobaleno risultiun po’ più ampio esattamente di una quantità pari alla dimensione angolaredel sole nel cielo.

5. E’ più luminosa la parte interna o esterza dell’arco? La luce rifratta dalle goccioli-ne d’acqua è tutta contenuta all’interno del cono delimitato dall’arcobaleno...quindi la parte interna di esso è molto più luminosa.

6. In quali momenti della giornata lo possiamo osservare? L’arcobaleno può essereosservato solo se il sole si trova a meno di 42 sopra l’orizzonte... quindi allamattina ed alla sera.

138 Scheda75. L’arcobaleno

7. In quale direzione lo possiamo osservare (Nord - Sud - Ovest - Est)? L’arcobalenopuò essere osservato solo se si guarda in direzione opposta a quella del sole...verso est la sera e verso ovest la mattina

8. Quanti archi ci sono? Ci sono due archi: il primario ed il secondario.

(a) Dove si trova il secondo? Il secondo si trova all’esterno del primo.

(b) Il rosso del secondo arco si trova all’interno o all’esterno? I colori dell’arcosecondario sono invertiti rispetto a quelli dell’arco primario.

(c) Quanto vale il raggio del secondo arco? Il raggio medio dell’arco secondarioè circa 52

(d) Quanto vale l’ampiezza del secondo arco? L’ampiezza dell’arco secondario èdi circa 3 a cui bisogna però aggiungere circa 0, 5 a causa delle dimen-sioni non puntiformi del sole.

9. La luce dell’arcobaleno è polarizzata? Si, la luce dell’arcobaleno è polarizzata.

10. Qual è la direzione della polarizzazione? La luce dell’arcobaleno è polarizzata sudi un piano tangente all’arcobaleno stesso.

11. La luce è molto o poco polarizzata? La luce dell’arcobaleno è fortemente polariz-zata.

75.6 Altri arcobaleni

75.6.1 Rifrazione in cristalli di ghiaccio

Il fenomeno dell’arcobaleno è anche osservabile a causa della rifrazione della lucenei piccoli cristalli di ghiaccio presenti nell’alta atmosfera. Visto l’indice di rifrazionedel ghiaccio, l’ampiezza di tale arcobaleno è di circa 22. A differenza di quello gene-rato dalle goccioline d’acqua, per vedere questo arcobaleno bisogna guardare nelladirezione della fonte luminosa. Non si vede facilmente perchè guardando nella dire-zione del sole l’intensità luminosa è tale da bruciarci la retina e renderci ciechi. Unasoluzione può essere quella di guardare nella direzione della luna, la cui luminositànon è altrettanto rischiosa per la salute dei nostri occhi.

75.6.2 Diffrazione su gocce d’acqua

A volte capita di osservare un arcobaleno quando siamo su di un aereoplano e guar-diamo l’ombra dell’aereoplano. Questo fenomeno è dovuto a goccioline d’acquaestremamente fini ed al fenomeno della diffrazione della luce. In questo caso il fe-nomeno non è legato alla legge di Snell come nel caso comunemente conosciuto. Laspiegazione di questo fenomeno è però decisamente troppo complessa per gli scopidi questo libro. Il raggio di tale arcobaleno dipende dalla dimensione delle gocciolined’acqua; esso è tanto maggiore quanto più piccole sono tali goccioline.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 76Fibre otticheUna fibra ottica è un dispositivo in grado di trasmettere un segnale luminoso al

suo interno, lungo il suo asse. Rispetto ai segnali elettrici che viaggiano lungo un filodi rame, le fibre ottiche permettono di trasmettere una più elevata quantità di daticon una minore perdita di potenza. Una fibra ottica è costituita da un nucleo centralecon indice di rifrazione n1 ed un mantello esterno con indice di rifrazione n2 < n1.Il tutto è poi avvolto in un rivestimento protettivo.

76.1 Propagazione della luce all’interno della fibra

Il principio di funzionamento di base che permette alla fibra di contenere il raggioluminoso al suo interno è quello della riflessione totale. Ogni volta che il raggio lumi-noso incide sulla superficie di separazione tra nucleo e mantello, subisce una rifles-sione totale e rimane quindi all’interno del nucleo. Qualora questo non avvenisse, ilraggio liuminoso si dissiperebbe all’interno del mantello.

76.1.1 Angolo di accettazione

L’angolo di incidenza della luce sul mantello, dipenderà dall’angolo di ingresso dellaluce all’interno della fibra ottica. Sappiamo dalla teoria sulla riflessione totale che perl’angolo limite vale la relazione

sinα =n2

n1(76.1)

Al tempo stesso , per il raggio di luce nel punto di ingresso all’interno della fibraottica vale la relazione

sin γm = n1 sin(π

2− α)

nella quale si è posto l’indice di rifrazione dell’aria naria ∼ 1. Utilizzando la 76.1otteniamo

sin γm = n1 sin(π

2− α)

sin γm = n1 cos(α)

sin γm = n1

√1− sin2 α

sin γm = n1

√1− n2

2

n21

=√n2

1 − n22

L’angolo γm definisce quindi il massimo valore che può assumere l’angolo di in-gresso della luce nella fibra ottica, definendo di conseguenza l’ampiezza del conodi accettazione della luce. L’angolo γm è detto angolo di accettazione e la grandezzaNA = sin γm è detta apertura numerica della fibra.

76.1.2 Modi di propagazione

Di tutti gli angoli di ingresso accettabili, in realtà solo alcuni valori discreti sonoeffettivamente possibili. La condizione di propagazione implica infatti che la lucenon esca dalla fibra ottica e che quindi il campo elettrico agli estremi della fibra siaidenticamente nullo. Questo implica di conseguenza che la propagazione del segnaleavvenga solo se perpendicolarmente alla direzione di propagazione si formino ondestazionare identificate da un numero intero. Indicando con M ∈ N il numero deimodi di propagazione presenti nella fibra, si ricava che

M =π2d2N2

A

2λ2

Nel caso di una fibra ottica monomodale avremo M = 1; in caso contrario avremouna fibra multimodale.

76.1.3 Dispersione modale

A seconda del percorso fatto dalla luce all’interno della fibra ottica, la componentedella velocità lungo l’asse di propagazione è differente tra i vari raggi luminosi. Dueraggi luminosi che entrano contemporaneamente nella fibra ne possono uscire quin-di sfasati di un certo intervallo di tempo. Il massimo sfasamento che si può avereavviene quando confrontiamo il raggio luminoso che entra nella fibra con un angoloγ = 0, la cui velocità lungo l’asse della fibra è massima, con il raggio luminoso la cuivelocità lungo l’asse della fibra è minima in quanto entra nella fibra con un angoloγ = γm pari all’angolo di accettazione della fibra. Le velocità delle due onde lungol’asse della fibra saranno

Vx,min = V0 sinα =c

n1· n2

n1=cn2

n21

Vx,max = V0 =c

n1

139

140 Scheda76. Fibre ottiche

Conoscendo la lunghezza L della fibra, possiamo calcolare gli intervalli di temponecessari a percorrerla

Tmin =L

Vx,max=Ln1

c

Tmax =L

Vx,min=Ln2

1

n2c

Infine possiamo ricavare il ritardo dell’onda più lenta rispetto a quella con velo-cità massima

∆T = Tmax − Tmin =Ln2

1

n2c− Ln1

c=Ln1

n2c(n1 − n2)

Si può osservare che tale ritardo dipende dalla differenza tra gli indici di rifrazionedel nucleo e del mantello. Ecco perchè nella realizzazione di una fibra ottica vengonoscelti materiali i cui indici di rifrazione siano molto simili tra loro.

76.1.4 Dispersione cromatica

Sappiamo che l’indice di rifrazione di un materiale dipende dalla lunghezza d’ondadella luce che lo attraversa secondo la legge empirica

n = A+B

λ2

con A e B parametri. Se la luce utilizzata nella fibra è monocromatica, questo feno-meno non è rilevante; se invece il segnale è policromatico, formato da un insieme dilunghezze d’onda all’interno di un intervallo ∆λ, avremo che il ritardo temporale trail raggio più veloce ed il più lento sarà proporzionale all’intervallo ∆λ. Tale ritardoè detto ritardo di gruppo.

76.1.5 Fenomeni di attenuazione

Il segnale luminoso, durante il suo propagarsi lungo la fibra, può perdere potenza acausa di vari fenomeni. Se la perdita di potenza è troppo alta, il segnale non arrivaal fondo della fibra.

Attenuazione per diffusione

La presenza di impurità di qualunque tipo, purchè di dimensioni paragonabili al-la lunghezza d’onda del segnale luminoso, crea fenomeni di diffusione. A partiredall’impurità la luce viene diffusa in tutte le direzioni, la maggior parte delle qualinon è compatibile con il corretto propagarsi del segnale. Alcuni raggi si perdono nelmantello; altri tornano indietro a formare un eco. La potenza dissipata per questofenomeno è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda

P =k

λ4

Attenuazione per le curvature della fibra

Curvando la fibra ottica, alcuni raggi luminosi non incidono più sul mantello con unangolo superiore all’angolo limite, e quindi si perdono nel mantello.

Perdite dovute all’interconnessione di fibre

Quando il segnale luminoso passa da un materiale con indice di rifrazione n0 ad unocon indice di rifrazione n1 parte della luce viene riflessa. La riflettanza, definita comeil rapporto tra intensità luminosa riflessa e incidente, vale

r =I1I0

=

(n1 − n0

n1 + n0

)2

76.2 Fibre monomodali e multimodali

76.2.1 Fibre monomodali

Una fibra monomodale è tanto stretta che solo il primo modo di propagazione èpossibile, quello parallelo all’asse della fibra. Esse presentano una bassissima atte-nuazione del segnaleed una lunga durata nel tempo.

141 Scheda76. Fibre ottiche

76.2.2 Fibre multimodali

In una fibra multimodale, differenti raggi luminosi seguono differenti percorsi chesono caratterizzati da differenti lunghezze. Avendo l’accorgimento di costruire la fi-bra con indice di rifrazione del nucleo decrescente dall’asse centrale verso l’esterno,avremo che i raggi luminosi che percorrono più strada sono anche quelli che si muo-vono più velocemente, diminuendo in modo sensibile il fenomeno della dispersionemodale.

Autore: Andrea de Capoa 9 Giu 2016

Parte IX

Elettromagnetismo

142

143 Scheda76. Fibre ottiche

Magnetismo: concetti di base

Una carica elettrica qche si muove emetteun campo magnetico

~B =µ0

4πq~V × ~urr2

Una carica Q che simuove dentro uncampo magneticosubisce una forza

~F = Q~V × ~B

Forza subitada un filo

~F = i ~∆l × ~B

Campo magneticogenerato un filo:

~B =µ0

4πi~∆l × ~urr2

Campo magne-tico di un filo

rettilineo infinito

B =µ0

i

R

Campo magnetico alcentro di una spira

B =µ0

2

I

R

Campo magneticodi un solenoide

B = µ0ni

Circuitazione delcampo magnetico∮

Γ

~B · ~dl = µ0i+??

Flusso del campomagnetico∮Ω

~B · ~dS = 0

Forza tra due filipercorsi da corrente

F =µ0

i1i2dL

Momento torcentesu di una spira

~m = i~S

Magneti naturali

Magnetizzazione del-la materia: magneti

artificiali, ciclo diisteresi, ferro-para-

dia-magnetismo

Moto di unacarica in un

campo magnetico ∫d ~B lin

ee di campo chiuse

Scheda 77Mappe sull’elettromagnetismoCarica elettrica

Campo Elettrico~E = K

Q

r2· ~ur

Campo Magnetico

~B =µ

4πQ~V × ~urr2

Forza elettrostatica~F = q · ~E

Forza magnetica~F = q · ~V × ~B

Equazionidi Maxwell

Onde elettro-magnetiche

circuitazione delcampo elettrico∮

Γ

~E · d~l = −dΦ( ~B)Sdt

circuitazione delcampo magnetico∮

Γ

~B · d~l = µi − µεdΦ( ~E)Sdt

flusso del campo elettrico∮S

~E · d~S =qintε

flusso del campo magnetico∮S

~B · d~S = 0

Legge di conservazionedella carica elettrica

77

77

144

145 Scheda77. Mappe sull’elettromagnetismo

Corrente elettricai =

∆Q

∆t

Prima legge di Ohm∆V = R · i

Secondalegge di Ohm

R = ρ · LS

Resistenze in serieReq = R1 + R2

Resistenze in parallelo1

Req=

1

R1+

1

R2

CondensatoriC =

Q

V

Condensatoripiani

C = εS

d

Condensatoriin parallelo

Ceq = C1 + C2

Condensatori in serie1

Ceq=

1

C1+

1

C2

Primo principio di Kirchoffnodi

n∑α=1

iα = 0

Secondo principio di Kirchoffmaglie

n∑α=1

∆Vα = 0

Circuiti elettrici Ohmici 77

77

Somma di resistenze

Somma dicondensatori

Circuiti RC

Autore: Andrea de Capoa 26 Gen 2017

Scheda 78Forza di Coulomb78.1 La carica elettrica

Una delle caratteristiche fondamentali della materia è la carica elettrica. Essa puòessere positiva o negativa, ma soprattutto vale la legge di conservazione della caricaelettrica.

In un sistema isolato la carica elettrica complessiva è costante

L’unità di misura della carica elettrica è il Coulomb.

78.2 La forza di Coulomb

Tra due cariche elettriche Q1 e Q2, poste ad una certa distanza r, si genera una forza,attrattiva tra cariche di segno opposto e repulsiva tra cariche di segno uguale. Taleforza è detta anche Forza di Coulomb.

F = KQ1 ·Q2

r2

la costante K = 9 · 109 Nm2

C2 è detta costante di Coulomb.

78.3 Il campo elettrico

Come tutte le interazioni a distanza, anche la forza di Coulomb avviene tramitel’emissione di un campo.

Una carica elettrica Q emette un campo elettrico ~E in ogni punto dello spazio.

~E = KQ

r2~ur

dove r è la distanza del punto in questione dalla carica. Il campo elettrico èuna grandezza vettoriale, il cui verso è sempre dalla parte opposta della carica percariche positive, e dalla stessa parte rispetto alle cariche negative.

Vale il principio di sovrapposizione, per cui se ci sono più cariche, il campoelettrico in un punto è la somma vettoriale dei campi elettrici delle singole cariche.

Q+ Q−

Fig. 78.1: Campo elettrico di una singola carica positiva (a sinistra) o negativa (a destra).

78.4 Linee di campo

Le linee di campo, utili per raffigurare un campo, sono linee sempre tangenti alvettore campo.

Fig. 78.2: Linee di campo per due cariche uguali e di stesso segno e per due cariche opposte e di stesso segno.

78.4.1 Linee di campo di un dipolo elettrico

Un dipolo elettrico è un sistema costituito da due cariche elettriche di segno oppostoposte ad una certa distanza. Nel seguente video sono mostrate le linee di campo diun dipolo elettrico

146

147 Scheda78. Forza di Coulomb

Fig. 78.3: Guarda il video youtu.be/bG9XSY8i_q8

78.5 La forza Elettrostatica

La forza di Coulomb si genera tra due cariche elettrice; la formula, così com’è scritta,non spiega però il reale meccanismo con il quale tale forza si genera. Abbiamo dettoche ogni carica elettrica emette un campo elettrico; la forza nasce dall’interazionedelle cariche elettriche con il campo elettrico generato da altre cariche. Per cui, datoun campo elettrico ~E ed una carica q, la forza che la carica q subisce vale:

~F = q · ~E

La forza non nasce dall’interazione diretta tra le due cariche, ma tra l’inderazionediretta tra una carica ed il campo generato da quell’altra.

~E~Fq−

~E

~Fq+

Fig. 78.4: Forza subita da una carica elettrica a causa del campo elettrico in cui è immersa.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 79Campo magnetico79.1 Il campo magnetico

Una carica che si muove emette un campo magnetico in ogni punto dello spaziointorno alla carica.

~B =µ0

4πq~V × ~urr2

dove ~B è il campo magnetico che la particella di carica q che viaggia alla velocità~V crea nel punto indicato dal versore ~ur ed alla distanza r dalla carica. Il campo ~B èun vettore risultato di un prodotto vettoriale che coinvolge la velocità della carica...quindi il campo magnetico prodotto da una carica in moto è sempre perpendicolarealla velocità della carica.

Questo è il concetto di base sulla causa che genera un campo magnetico. Impor-tante notare come l’andamento del campo in funzione della distanza dalla carica chelo genera sia ∝ 1

r2 esattamente come avveniva per il campo elettrico.

Visto che una corrente elettrica è in generale definita come la quantità di caricache attraversa una certa superficie in un certo intervallo di tempo i = ∆q

∆t , se imma-giniamo di avere un pezzetto di filo di lunghezza ∆l, questa stessa legge può essereespressa come il campo magnetico generato da una corrente elettrica che percorre unpiccolissimo tratto di lunghezza ∆l

Ammettendo che tutte le cariche siano uguali e che viaggino con la stessa velo-cità, il campo magnetico di tutte le cariche, complessivamente indicate con ∆q, checontribuiscono a generare la corrente è

~B =µ0

∆q

∆t

(~V∆t

)× ~ur

r2

da cui

~B =µ0

4πi∆~l × ~urr2

79.2 Campi magnetici e correnti elettriche

Una corrente elettrica è un movimento di cariche elettriche. Ogni volta che attac-chiamo una batteria ad un filo generiamo una corrente elettrica e quindi un campomagnetico. Nei video 79.1 e 79.2 si vede bene come un filo percorso da correntegeneri un campo magnetico in quanto fa muovere l’ago di una bussola.

Fig. 79.1: Guarda il video youtu.be/T2k3OMTYHBc

Fig. 79.2: Guarda il video youtu.be/IW9HUXIjbyE

79.3 Campo magnetico di un filo percorso da corrente

Un filo percorso da corrente contiene ovviamente delle cariche elettriche che si muo-vono, e quindi emette un campo magnetico. Tale campo magnetico deve essere inogni punto perpendicolare al filo, e le linee di campo saranno sempre dei cerchi con-centrici con il filo. Il verso del campo magnetico dovrà essere in accordo con la regoladella mano destra.

148

149 Scheda79. Campo magnetico

−10

1 −1

0

10

1

2

x y

z

Fig. 79.3: Linee di campo magnetico di un filo. A seconda che la corrente elettrica scorra nel filo verso l’alto od ilbasso, le linee di campo saranno orientate in senso orario o antiorario.

79.3.1 La legge di Biot-Savart

... a partire dalla corrente

Calcoliamoci il valore del campo magnetico emesso da un filo, percorso da una cor-rente i, rettilineo e di lunghezza infinita, in un punto P a distanzaR dal filo. Per farloconsidereremo il filo come una infinita successione di segmenti di filo di lunghezzainfinitesima d~l. Per i conti seguenti faremo riferimento alla figura 79.4.

Il campo magnetico di ognuno di tali segmenti è

d ~B =µ0

4πid~l × ~urr2

Chiamando α l’angolo tra il segmanto di filo d~l ed il vettore ~r, il valore del campomagnetico sarà

dB =µ0i

d~l sinα

r2

L’angolo ϕ = π2 −α . Definiamo dϕ l’angolo sotto il quale viene visto il segmento

dl dal punto P . Avremo chedl · sinα

r= dϕ

sinα = cosϕ

r =R

cosϕ

Il contributo al campo magnetico dovuto al singolo segmento dl sarà quindi

dB =µ0i

4πRcosϕdϕ

Integrando

B =µ0i

4πR

∫ π2

−π2cosφdϕ =

µ0i

4πR|sinϕ|

π2

−π2

da cui

B =µ0

i

R

... a partire dal teorema di Ampére

Osserviamo innanzi tutto che per motivi di simmetria il campo deve essere necessa-riamente solo dipendente da R. Se ci calcoliamo la circuitazione del campo magne-tico lungo un percorso intorno al filo, circolare di raggio R e che chiameremo γcr,otteniamo (in assenza di campi elettrici il cui flusso varia nel tempo)∮

γcr

~B · d~l = µ0i

da cui, essendo B costante in quanto sempre calcolato a distanza R dal filo, ottenia-mo

B · 2πR = µ0i

ed infineB =

µ0i

2πR

150 Scheda79. Campo magnetico

79.3.2 Campo magnetico nel centro di una spira circolare

... a partire dalla corrente

Calcoliamoci il valore del campo magnetico emesso da un filo, percorso da una cor-rente i, circolare di raggio R nel suo centro. Per farlo considereremo il filo come unainfinita successione di segmenti di filo di lunghezza infinitesima d~l.

Il contributo del singolo segmento è

d ~B =µ0

4πid~l × ~urr2

Considerato che r = R = cost è costante, che ~ur ⊥ d~l, e che dϕ = dlR è l’angolo al

centro della circonferenza sotteso dal segmento dl, avremo che

B =µ0i

4πR

∫ 2π

0

B =µ0i

2R

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

P

i

R

dl

r

φ

Fig. 79.4: Schema di ragionamento per ricavare la legge di Biot-Savart.

Scheda 80Forza magnetica80.1 La forza magnetica

Fig. 80.1: Guarda il video you-tu.be/7YHwMWcxeX8

Una carica Q che si muove con velocità ~V dentroun campo magnetico ~B subisce una forza

~F = Q~V × ~B

Dalla formula risulta evidente che la forza magne-tica è sempre perpendicolare alla velocità della ca-rica, e di conseguenza è sempre una forza di tipocentripeto e non fa mai lavoro. Nel video 80.1 sivede bene come avvicinando una calamita ad un flusso di elettroni in movimento,essi subiscono una forza.

80.1.1 Moto in un campo magnetico uniforme

Come si muove una carica elettrica che entra in un campo magnetico uniforme?Visto che la forza magnetica è sempre perpendicolare alla velocità della particella,allora il movimento deve essere un moto circolare uniforme

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

~V

~Fm

Fig. 80.2: Moto di una carica elettrica a causa del campo magnetico in cui è immersa.

151

Scheda 81Magnetismo nella materia81.1 Calamite

81.1.1 Calamite naturali

Una calamita naturale è un oggetto che genera naturalmente un campo magnetico.Un campo magnetico è generato dal movimento di una carica; in un magnete le cari-che che si muovono sono gli elettroni che girano intorno agli atomi. Ogni elettrone,girando intorno al suo atomo, genera un piccolo campo magnetco. In un oggetto cisono miliardi di atomi; se gli elettroni girano tutti orientati nello stesso modo, allorai campi magnetici che generano tendono a sommarsi tra loro, generando un fortecampo magnetico, quello che la calamita mostra. Se gli elettroni ruotano in modo di-sordinato, allora il campo magnetico complessivo sarà molto piccolo o nullo, e nonavremo nessuna calamita.

81.1.2 Calamite artificiali

Per creare una calamita partendo da un comune pezzo di ferro è necessario orien-tare il movimento degli elettroni all’interno dell’oggetto in modo che tutti i piccolicampi magnetici che essi producono si sommino tra loro. L’unico modo è quello diimmergere l’oggetto in un campo magnetico esterno; ogni singolo elettrone, muo-vendosi, subisce quindi una forza magnetica. tale forza fa ruotare i singoli elettroniin modo che si orientino tutti nello stesso modo, ottenendo così una calamita. An-che togliendo il campo magnetico esterno, l’orientamento degli elettroni rimane el’oggetto mantiene le sue proprietà magnetiche.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

152

Scheda 82Modelli atomiciTutta la materia che ci cinrconda è formata da 118 tipi diversi di atomi. Per molto

tempo si è pensato che questi fossero gli elementi fondamentali costituenti la ma-teria... adesso sappiamo che hanno invece una struttura interna. In questa schedaanalizziamo nel dettagli tale struttura.

82.1 I costituenti dell’atomo

Fig. 82.1: Guarda il video youtu.be/ICYhoVfB29c

82.1.1 Particelle

Ogni atomo è costituito da tre tipi di particelle: protoni, neutroni ed elettroni. I protonihanno carica elettrica positiva Qp = +1, 6 · 10−19C e massa Mp = 1, 673 · 10−27kg, ineutroni hanno carica elettrica nulla e massaMp = 1, 675·10−27kg, infine gli elettronihanno carica elettrica negativa Qe = −1, 6 · 10−19C e massa Me = 9, 1 · 10−31kg. Piùche imparare a memoria questi numeri è utile rendersi conto di quanto segue.

La carica dell’elettrone è uguale alla carica del protone ma di segno opposto. Lamassa del protone è simile alla massa del neutrone ed è 1836 volte maggiore dellamassa dell’elettrone.

82.1.2 Forze tra le particelle

Tra le particelle che costituiscono l’atomo agiscono tutte le quattro forze fondamen-tali presenti in natura:

Forza elettromagnetica

Tra le particelle con carica elettrica agisce la forza elettromagnetica: cariche di segnouguale si respingono e cariche di segno opposto si attraggono. Il raggio di azione ditale forza è infinito. L’intensità di tale forza dipende dal valore delle cariche elettrichee dal quadrato della loro distanza

F = KQ1 ·Q2

r2

dove K è la costante di Boltzmann, Q1 e Q2 le cariche delle due particelle, r è ladistanza tra le due particelle.

Forza forte

La forza forte agisce tra protoni e neutroni (ma anche tra protoni e protoni, e traneutroni e neutroni) ed è sempre attrattiva. É estremamente più intensa della forzaelettromagnetica, ed ha un raggio di azione estremamente limitato.

Forza debole

Tale forza agisce su protoni e neutroni nel nucleo causando la radioattività di alcunielementi.

Forza gravitazionale

La forza di gravità agisce tra due masse, e quindi anche tra le particelle dell’atomo.Le masse delle particelle sono però talmente piccole che tale forza è del tutto tra-scurabile; tenerne conto per comprendere le caratteristiche di un atomo sarebbe unerrore.

82.1.3 Un principio fondamentale

Ogni particella del nostro universo ha una doppia natura onda-corpuscolo. Vienechiamato dualismo onda-corpuscolo è ci dice che, nel nostro caso gli elettroni, hanno

153

154 Scheda82. Modelli atomici

sia il comportamento tipico di una particella, sia il comportamento tipico di un’on-da. Vuol dire che tutti i fenomeni fisici che riguardano le particelle (come per esem-pio gli urti) e tutti quelli che riguardano le onde (come per esempio l’interferenza)riguardano tutte le particelle dell’atomo. Questo avrà una conseguenza diretta sullastruttura elettronica degli atomi.

82.2 Struttura dell’atomo

Fig. 82.2: Guarda il video youtu.be/r3SocKj-SXg

82.2.1 Il nucleo

Protoni e neutroni sono raggruppati insieme a formare il nucleo dell’atomo. La suadimensione è dell’ordine di grandezza di 10−14metri e contiene quasi tutta la massadell’atomo. I protoni si respingono tra loro, ma la forza forte, molto più intensa,agendo tra tutte le particelle del nucleo, le tiene insieme. La forza forte, avendo unraggio di azione ristretto, non riesce però a tenere insieme le particelle del nucleose ci sono troppi protoni a respingersi (la forza di repulsione tra essi, sebbene piùdebole, agisce tra tutti i protoni del nucleo). I neutroni hanno in questo caso unruolo importante; pur non avendo niente a che fare con la forza elettromagnetica,tenendo distanziati i protoni indeboliscono la forza di repulsione tra essi.

82.2.2 Struttura elettronica

Le leggi della fisica che descrivono il movimento degli elettroni intorno al nucleosono di gran lunga troppo complicate per essere descritte in questa scheda; ci limi-teremo a coglerne solo gli aspetti essenziali. Gli elettroni ruotano intorno al nucleo.

Tanto più sono distanti dal nucleo tanto più la loro energia è grande. Assumiamoche la loro traiettoria sia circolare; visto che l’elettrone ha un comportamento ondu-latorio, tale onda deve richiudersi perfettamente su se stessa, quindi la circonferenzadell’orbita deve essere un multiplo intero della lunghezza d’onda. Questo significache solo le orbite della giusta lunghezza sono ammissibili. Di qui il concetto di livel-lo energetico, per cui tutti gli elettroni sono disposti su ben precisi livelli energetici.Nel passare da un livello all’altro ogni elettrone cede o riceve energia.

Ogni livello energetico possiede un ben determinato numero di orbitali (ce ne so-no di quattro tipi: s, p, d, f) ed ogni orbitale può contenere al massimo due elettroni.

82.3 la tavola periodica degli elementi

La tavola periodica raggruppa gli elementi chimici a seconda delle loro proprietàchimiche. Tali proprietà sono però conseguenza della struttura elettronica dell’ato-mo, quindi la tavola periodica di fatto riflette quanto scritto nel paragrafo 82.2.2. Inparticolare, le proprietà chimiche dipendono da quanti elettroni ci sono sull’ultimolivello energetico (quello più esterno), quindi la tavola periodica di fatto mostra laconfigurazione degli elettroni nell’ultima orbita. Nel dettaglio:

• Ogni riga rappresenta elementi i cui elettroni estermi occupano un diversolivello energetico; idrogeno ed elio hanno gli elettroni esterni sul primo li-vello energetico, il carbonio ha il primo livello completo e gli altri elettroniriempiono il secondo, l’oro ha gli elettroni esterni nel sesto livello avendo giàcompletamente riempito i primi cinque livelli energetici.

• Tutti gli elementi chimici nella stessa colonna hanno nell’ultimo livello lo stessonumero di elettroni e quindi comportamenti chimici simili

• L’ordine di riempimento degli orbitali è sempre lo stesso: prima l’s, poi l’fquando c’è, poi il d quando c’è, poi il p.

Oltre a leggere quanto scritto, guarda anche questo video:

155 Scheda82. Modelli atomici

Fig. 82.3: Guarda il video youtu.be/ZARY-1zECnk

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 83ElettrizzazioneElettrizzare un oggetto significa fare in modo che la sua carica elettrica comples-

siva non sia nulla. Gli oggetti in natura sono neutri, in quanto fatti di atomi checontengono elettroni e protoni in numero uguale. Se però diamo o togliamo ad unoggetto degli elettroni, esso non sarà più neutro ma avrà carica elettrica. Esistono tremodi per farlo: per strofinio, per contatto e per induzione.

83.1 Elettrizzazione per strofinio

Prendiamo due oggetti isolanti neutri e strofiniamoli tra loro. L’energia dovuta allostrofinio permette ad alcuni elettroni di saltare da un oggetto all’altro. Dopo questopassaggio, uno degli oggetti avrà carica positiva in quanto ha perso elettroni; l’altrooggetto avrà carica negativa in quanto ha ricevuto elettroni. La carica elettrica neidue oggetti sarà uguale in valore, ma di segno opposto.

83.2 Elettrizzazione per contatto

Prendiamo due oggetti di materiale conduttore, uno carico ed uno neutro. Quando idue oggetti sono messi a contatto gli elettroni liberi dentro di essi sono liberi di spo-starsi da un oggetto all’altro. Se l’oggetto inizialmente carico era negativo, allora glielettroni in eccesso si muovono verso l’oggetto neutro, rendendolo anch’esso cariconegativamente. Se l’oggetto inizialmente carico era positivo, allora gli elettroni liberinell’oggetto neutro, si muoveranno verso l’oggetto positivo rendendolo un po’ me-no positivo, e rendendo l’oggetto neutro anch’esso positivo. Dopo l’elettrizzazione idue oggetti avranno la carica elettrica dello stesso segno.

83.3 Elettrizzazione per induzione

Quando avvicino un oggetto carico ad un oggetto neutro, induco nell’oggetto neutrouno spostamento degli elettroni. Gli elettroni, spostandosi nel materiale, generano inesso una distribuzione di carica non omogenea. l’oggetto, seppur complessivamenteneutro, avrà un lato positivo ed un lato negativo. L’oggetto inizialmente carico at-

trarrà sempre il lato più vicino dell’oggetto inizialmente neutro, e respingerà sempre,ma più debolmente, l’altro lato.

Guardate questo video per approfondire l’argomento.

Fig. 83.1: Guarda il video youtu.be/nFtV2tyxsx0

83.3.1 Deviazione di un getto d’acqua

Se avviciniamo una bacchetta elettricamente carica (ad esempio carica positivamen-te) ad un getto l’acqua vedremo che il getto viene deviato dal suo percorso.

Fig. 83.2: Guarda il video youtu.be/g9GU3XpiepM

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

156

Scheda 84Effetto PuntaIn questa scheda descriviamo l’effetto punta, cioè un fenomeno di elettrizzazione

per cui la densità di carica sulla superficie di un conduttore aumenta al diminuiredel raggio di curvatura di tale superficie. Visto che il campo elettrico sulla superficiedi un conduttore è direttamente proporzionale alla densità di carica, al diminuire delraggio di curvatura della superficie aumenta anche il campo elettrico in prossimitàdella superficie.

Costruiamoci un modello Immaginiamo di avere due sfere conduttrici cariche diraggio r1 ed r2 unite da un filo conduttore.

r1

r2

+++

+++

+ +++

++++

+

+

++ + +

+

+

Nella condizione di equilibrio elettrostatico avremo che i potenziali delle duesfere saranno uguali

V1 = V2

Sapppamo che il potenziale di una ditribuzione di cariche su di una superficie diuna sfera è V = Q

4πεr , quindi

Q1

4πεr1=

Q2

4πεr2

Introduciamo la densità superficiale di carica σ = QS = Q

4πr2 ed avremo

σ1r1

ε=σ2r2

εDa questi conti vediamo come le densità di carica sulle due sfere siano inversa-

mente proporzionali ai raggi delle due sfere. Consideriamo adesso il campo elettricoin prossimità delle due sfere. Sappiamo che esso dipende dalla densità superficialedi carica, per cui E = σ

ε e quindi

E1r1 = E2r2

Anche il campo elettrico in prossimità della superficie del conduttore è inversa-mente proporzionale al raggio di curvatura della superficie. Il fenomeno si chiamaeffetto punta ed è grazie a questo fenomeno che funzionano i parafulmini! Infatti inprossimità della punta del parafulmine il campo elettrico è molto intenso e la caricastatica presente in atmosfera si scarica sul parafulmine con grande facilità.

Autore: Andrea de Capoa 28 Set 2017

157

Scheda 85Sulla Circuitazione di un campo vettoriale85.1 Definizione di circuitazione

Un campo vettoriale ~F si definisce conservativo quando la circuitazione delcampo lungo un qualunque percorso chiuso Γ è nulla∮

Γ

~F · ~dl = 0

Questa semplice definizione ha un’importante conseguenza. Immaginiamo ungenerico percorso chiuso Γ che da un punto A porti in un punto B lungo un certotragitto γ1 e poi nuovamente in A lungo un differente tragitto γ2. Se il campo ~F èconservativo, allora possiamo scrivere∮

Γ

~F · ~dl = 0∫ B

Aγ1

~F · ~dl +

∫ A

Bγ2

~F · ~dl = 0

∫ B

Aγ1

~F · ~dl −∫ B

Aγ2

~F · ~dl = 0

∫ B

Aγ1

~F · ~dl =

∫ B

Aγ2

~F · ~dl

•• γ1

γ2

Quindi il risultato dell’integrale da A verso B è sempre lo stesso indipendente-mente dal percorso seguito. Tale risultato deve quindi dipendere soltanto dal puntodi partenza e di arrivo. Il lemma di Poincaré ci dice che deve quindi esistere unafunzione U(~x) definita in ogni punto dello spazio per cui∫ B

A

~F · ~dl = U(A)− U(B) = −∆U

85.1.1 Un caso particolare: il campo di forze

Se il campo di cui stiamo parlando fosse un campo di forze, allora avremo una seriedi interessanti conseguenze.

L’energia potenziale

L’integrale

∫ B

A

~F · ~dl = U(A)− U(B) = −∆U (85.1)

ha le dimensioni di un’energia e la funzione U è detta Energia potenziale.

Il teorema dell’energia cinetica

L’integrale

∫ B

A

~F · ~dl

è di fatto il lavoro della forza lungo un percorso dal punto A al punto B. Avremoquindi

∫ B

A

~F · ~dl =

∫ B

A

md~V

dt· ~dl =

∫ B

A

m~V · d~V =1

2mV 2

∣∣∣∣BA

=

=1

2mV 2

B −1

2mV 2

A = Ec(B)− Ec(A) = ∆Ec

(85.2)

dove Ec è detta Energia cinetica del corpo. Pertanto il lavoro della forza sul corpo,mentre questo si muove dal punto A al punto B, corrisponde ad una variazionedell’energia cinetica del corpo stesso.

In questi passaggi è stato utilizzato il secondo principio della dinamica ~F = m~a

ed assunto che ~dl sia effettivamente lo spostamento infinitesimo fatto dal corpo dimassa m sotto l’azione della forza ~F , per cui

~dl = ~V · dt

Abbiamo quindi limitato i nostri conti matematici ai soli percorsi che la parti-cella effettivamente può percorrere sotto l’azione della forza ~F in base anche allecondizioni iniziali di posizione e velocità.

158

159 Scheda85. Sulla Circuitazione di un campo vettoriale

La legge di conservazione dell’energia

Unendo insieme le equazioni 85.1 e 85.2 avremo la legge di conservazione dell’ener-gia per un corpo immerso in un campo di forze ~F conservativo.

U(A)− U(B) = Ec(B)− Ec(A)

U(A) + Ec(A) = U(B) + Ec(B)

Etot(A) = Etot(B)

Questo ci fa capire che una forza conservativa di fatto trasforma energia potenzialein energia cinetica, in modo tale che l’energia totale rimanga costante.

85.1.2 Un caso particolare: il campo elettrico

Una delle quattro equazioni di Maxwell è∮Γ

~E · ~dl = −dΦ( ~B)Ω

dt

dove Ω è una generica superficie aperta di cui Γ ne è il contorno, e Φ( ~B)Ω è ilflusso del campo magnetico sulla superficie Ω. Questo ci dice che il campo elettricoNON è conservativo e non esiste alcuna funzione di cui esso ne è il gradiente. Dalmomento che la forza elettrica differisce dal campo elettrico solo per una costante~F = q ~E ne segue che non esiste alcuna energia potenziale associata al campo diforze di un campo elettrico. Il campo elettrico diventa conservativo solo se il terminelegato al flusso del campo magnetico è nullo

dΦ( ~B)Ω

dt= 0

Un circuito elettrico e la seconda legge di Kirchoff

Per un circuito puramente Ohmico, non abbiamo campi magnetici e quindi, calco-lando la circuitazione del campo elettrico lungo il circuito, abbiamo∫

Γ

~E · ~dl = 0

che di fatto è la seconda legge di Kirchoff.

La seconda legge di Kirchoff è solo un caso particolare della legge di Faraday

La legge di Kirchoff viene violata ogni volta che ci sono flussi di campi magneticivariabili nel tempo, calcolati attraverso una generica superficie di cui la maglia delcircuito ne è il contorno.

Un circuito elettrico RLC

Prendiamo in considerazione un circuito RLC con una resistenza, un condensatoreed un’induttanza ed applichiamo la legge di Faraday. Assumiamo che il filo siaun conduttore ideale con resistenza nulla. La differenza di potenziale ai capi di ungeneratore è ∆V0 , ai capi di una resistenza è ∆V

R= R · i, ai capi di un condensatore

è ∆VC

= QC . Il campo elettrico all’interno dell’induttanza è ∆V

L= 0. Il risultato

della circuitazione del campo elettrico lungo il percorso chiuso identificato dal filoconduttore in accordo con la legge di Faraday deve essere −L didt .

−∆V0

+Ri+Q

C+ 0 = −Ldi

dt∆V0

+ −Ri

i

+

0

+−

QC

L’ultimo termine non è la differenza di potenziale ai capi dell’induttanza, ma èil risultato della circuitazione del campo elettrico, che in presenza di flussi di campimagnetici variabili nel tempo, non è nulla.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 86Induzione ElettromagneticaPer spiegare il fenomeno dell’induzione elettromagnetica bisogna fare riferimen-

to all’equazione di Maxwell ∮Γ

~E · ~dl = −dΦ( ~B)Ω

dt

Il campo elettrico non è conservativo, per cui la circuitazione del campo non ènulla. Prendiamo ad esempio un certo percorso Γ e prendiamo una qualunque su-perficie Ω che abbia Γ come contorno. Se attraverso Ω abbiamo un flusso del campomagnetico che cambia nel tempo, allora lungo Γ avremo un campo elettrico indottoe quindi una forza elettromotrice indotta.

Pur senza la presenza di alcun generatore, è presente una differenza di potenzia-le. Se su tale percorso sono presenti cariche elettriche, avremo come conseguenzauna corrente elettrica. Il segno meno indica che il verso della forza elettromotriceindotta è tale da generare correnti che a loro volta generano campi magnetici il cuiflusso si deve opporre alla variazione del flusso del campo magnetico iniziale.

86.1 D.d.p indotta dal movimento di un conduttore

Immaginiamo una sbarra conduttrice che si muove con velocità v all’interno di uncampo magnetico costante. Gli elettroni di conduzione presenti nella sbarra subi-ranno una forza magnetica. Man mano che gli elettroni si accumulano ad una delleestremità della sbarra e che cariche positive si accumulano all’altra estremità dellasbarra, avremo che gli elettroni risentono anche di un campo elettrico che su di essiesercita una forza opposta a quella del campo magnetico. Gli elettroni rimarrannoin equilibrio quando

~Fe = e ~E = e~v × ~B = ~Fm

Moltiplicando scalarmente per il vettore ~l indicante la lunghezza della sbarra, avre-mo

~E ·~l =(~v × ~B

)·~l

Consideriamo adesso il prodotto triplo a destra dell’uguale. Esso rappresenta il volu-me con segno individuato dai tre vettori. Dal momento che l’ordine dei vettori è tale

da rappresentare una terna sinistrorsa, e che i vettori sono tra loro perpendicolari,possiamo scrivere

∆V = −vBl

∆V = − (v ·∆t)Bl∆t

∆V = −B∆S

∆t

∆V = −∆ΦS(B)

∆t

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

160

Scheda 87Corrente di spostamentoImmaginiamo di avere un percorso chiuso Gamma nello spazio che concatena

un filo percorso da una corrente elettrica i. Chiamiamo Ω una qualunque superficieche abbia Γ come contorno. Supponiamo che in tale regione di spazio dia presenteun campo elettrico. La circuitazione del campo magnetico lungo il percorso Γ sarà∮

~B · ~dl = µ0i− µ0ε0dΦ( ~E)Ω

dt

Questa equazione ci dice che se abbiamo un flusso di campo elettrico che varianel tempo, esso ha di fatto le caratteristiche di una corrrente elettrica.

87.1 Natura della corrente di spostamento

Immaginiamo due fili conduttori collegato alle due piastre di un condensatore. Sedella corrente elettrica si muove su uno dei due fili, avremo un accunulo di cari-che elettriche su di una piastra del condensatore e di conseguenza un accumulo dicariche elettriche opposte sull’altra piastra del condensatore. Tra le due piastre delcondensatore avremo quindi un campo elettrico. Prendiamo adesso un percorso Γ

circolare intorno al filo e consideriamo la superficie Ω piana da esso racchiusa. Lacircuitazione del campo magnetico lungo Γ sarà∮

~B · ~dl = µ0i

in quanto non c’è nessun campo elettrico intorno al filo. Considerando invece lasuperficie Ω′ che ha sempre come contorno Γ ma che attraversa il condensatore, al-lora per la circuitazione del campo magnetico avremo che nessuna corrente elettricaviene concatenata. Se l’equazione di Ampére-Maxwell non contenesse un terminelegato al campo elettrico avremmo l’assurdo si avere due risultati diversi per la cir-cuitazione lungo la stessa linea. Per la superficie Ω′ la circuitazione lungo Γ devedare ∮

~B · ~dl = µ0ε0dΦ( ~E)Ω

dt

Al variare della corrente elettrica nel filo, varia infatti la carica sul condensato-re e varia di conseguenza il campo elettrico nel condensatore. Immaginiamo un

condensatore piano di capacità1

C = ε0S

l

Il campo elettrico nel condensatore è infatti

E =Q

C · l=

Q

ε0S

Il flusso del campo elettrico sulla superficie Ω′ è

Φ(E)Ω′ =Q

ε0

derivando adesso rispetto al tempo e ricordando che i = dQdt , abbiamo

dΦ(E)Ω′

dt=

i

ε0

da cui

i− ε0dΦ(E)Ω′

dt= 0

che indicheremo comei = is

dove

is = ε0dΦ(E)Ω′

dtIn ingresso nel condensatore abbiamo una corrente elettrica; in uscita da esso

dobbiamo avere una corrente uguale. Dal momento che non possiamo avere unpassaggio materiale di cariche elettriche, la corrernte elettrica tra le due piastre èrappresentata dalla corrente di spostamento dovuta alla variazione nel tempo delflusso del campo elettrico tra le armature del condensatore.

1vedi 91.2

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

161

Parte X

Elettrotecnica

162

Scheda 88Corrente elettricaUna corrente elettrica è definita come la quantità di carica che attraversa una certa

superficie in un certo intervallo di tempo

i =∆Q

∆t

88.1 Corrente in un conduttore

Applicando una differenza di potenziale agli estremi di un conduttore, vedremoscorrere in esso una corrente elettrica. Nel conduttore gli elettroni della banda diconduzione, che sono liberi di muoversi all’interno del conduttore passando da un’a-tomo ad un altro, si muoveranno a formare una corrente elettrica. Immaginiamo unconduttore cilindrico, come un filo. La quantità di carica che nell’unità di tempo at-traversa la sezione del filo è quella contenuta nel volume di un cilindro si area di baseS ed altezza ∆l = vm ·∆t dove v è la velocità media degli elettroni nel conduttore.

∆q = n · e · S · vm ·∆t

dove e è la carica dell’elettrone ed n è la densità di elettroni di conduzione all’in-terno del conduttore. Dividendo per ∆t avremo

i = n · e · S · vm

vm =i

n · e · SPer un conduttore di rame n = 8, 4 · 1028 1

m3 attraversato da una corrente i = 1A

e della sezione S = 1mm2 la velocità media degli elettroni è

vm = 7, 4 · 10−5 m

s

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

163

Scheda 89Leggi di Ohm89.1 Prima legge di Ohm

Prendiamo una qualunque resistenza di valore R che colleghi tra loro due punti a eb; la differenza di potenziale ∆Vba = Vb − Va tra quei due punti equivale al prodottodella resistenza per l’intensità di corrente che la attraversa

∆V = R · i

aR

+ −∆V

ib

89.2 Resistenze in serie e in parallelo

Fig. 89.1: Guarda il video youtu.be/6D7Uduf_Vv4

89.2.1 Resistenze in serie

Due resistenze si dicono in serie quando sono attraversate dalla stessa intensità dicorrente; tutta la corrente che attraversa la prima resistenza attraversa poi la secondaresistenza

La resistenza complessiva si ottiene sommando le resistenze tra loro

Rtot = R1 +R2

aR1

iR2

b

Fig. 89.2: Le resistenze R1 ed R2 sono in serie. La corrente che passa da R1 passa poi tutta anche da R2. Laresistenza complessiva risulta essere R12 = R1 +R2

89.2.2 Resistenze in parallelo

Due resistenze si dicono in parallelo quando ai loro estremi c’è la stessa differenzadi potenziale.

a i

R1i1

R2i2

b

Fig. 89.3: Le resistenze R1 ed R2 sono in parallelo. Le resistenze R1 ed R2 hanno ai loro estremi la stessadifferenza di potenziale ∆V . La resistenza complessiva risulta essere calcolabile con la formula 1

R12= 1

R1+ 1

R2.

La corrente i che entra nel circuito si divide nelle due correnti i1 e i2

La resistenza complessiva si ottiene con la seguente formula

1

Rtot=

1

R1+

1

R2

89.2.3 Resistenze ne in serie ne in parallelo

Attenzione a non credere che se due resistenze non sono in serie allora sono in pa-rallelo o viceversa... non è vero. Nel circuito in figura 89.4 le resistenze R1 ed R2 nonsono ne in serie ne in parallelo.

164

165 Scheda89. Leggi di Ohm

aR1 R3

R2

b

Fig. 89.4: Nel circuito in figura le resistenze R1 ed R2 non sono ne in serie ne in parallelo. La resistenza R2

è infatti in parallelo con l’insieme delle resistenze R1 ed R3 che tra loro sono in serie e che chiameremo R13 =

R1 +R3

Fig. 89.5: Guarda il video youtu.be/j67PEauo2Sk

89.3 Seconda legge di Ohm

Un filo di materiale conduttore ha una sua resistenza. Essa dipende dal materiale,dalla sezione del filo e dalla sua lunghezza

R = ρl

S

dove ρ è la conducibilità elettrica del materiale, l la lunghezza del filo ed S la suasezione.

89.4 Potenza ed effetto Joule

89.4.1 Potenza generata

In un circuito elettrico l’energia fornita alle cariche elettriche dal generatore vienesuccessivamente dissipata dalle stesse sotto forma di calore quando attraversano del-le resistenze. Ogni singola carica che attraversa il generatore passa da un valore di

potenziale ad un altro, ed in particolare da un’energia potenziale minore verso unamaggiore; chiamando ∆V la differenza di potenziale agli estremi del generatore e∆q la quantità di carica elettrica che lo attraversa, il generatore fornisce un’energia

∆E = ∆q ·∆V

Dividendo entrambi i termini per il tempo ∆t avremo

P =∆E

∆t=

∆q

∆t∆V

P = ∆V · i

89.4.2 Potenza dissipata

Se tra gli estremi di una resistenza abbiamo uan differenza di potenziale ∆V , abbia-mo visto che la potenza a disposizione della resistenza è P = ∆V · i; ma utilizzandola legge di Ohm possiamo scrivere

P = ∆V i = Ri · i

P = Ri2

Il meccanismo con cui tale energia viene dissipata è il seguente. Gli elettronidi conduzione, muovendosi, urtamo gli ioni del reticolo cristallino del conduttore,e nell’urto gli trasferiscono dell’energia. Tale energia fa vibrare tali ioni, e questocorrisponde ad un aumento di temperatura.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 90Circuiti elettrici OhmiciUn circuito elettrico ohmico è formato da uno o più generatori, ognuno dei qua-

li introduce tra due punti del circuito una differenza di potenziale ed una serie diresistenze, tutti collegati tra loro da dei conduttori. La corrente elettrica si muove-rà all’interno di tutto il circuito nel verso che porta dai valori di potenziale più altiverso i valori di potenziale più bassi. La legge di Ohm parla però solo di differen-ze di potenziale tra due punti. Per poter conoscere i valori dei potenziali in ognisingolo punto del circuito è necessario fissare un sistema di riferimento, un punto apotenziale VT = 0V olt che chiameremo terra.

90.1 Circuiti con un generatore

Vediamo adesso come analizzare un circuito elettrico che contenga soltanto un ge-neratore ed una serie di resistenze. Prendiamo ad esempio il circuiro in figura 90.1 echiediamoci quanto valgono le correnti i, i1 e i2. Per prima cosa ci calcoliamo la resi-stenza totale del circuito. La resistenza R1 è in parallelo con l’insieme delle resistenzeR2 ed R3 che tra loro sono in serie e che chiameremo

R23 = R2 +R3

La resistenza totale Rtot la troveremo quindi con la formula

1

Rtot=

1

R1+

1

R23

Con la resistenza totale trovo la corrente in uscita dalla batteria

i =∆V

Rtot

La corrente i si divide in i1 ed i2 e potremo quindi scrivere che

i = i1 + i2

La differenza di potenziale agli estremi della resistenza R1 è la stessa della batteria,quindi possiamo scrivere

i1 =∆V

R1

La stessa cosa la possiamo fare nell’altro ramo del circuito

i2 =∆V

R23

Conoscendo adesso la corrente i2 possiamo calcolarci la differenza di potenziale ∆V2

agli estremi della resistenza R2

∆V2 = R2 · i2

Analogalmente possiamo calcolarci la differenza di potenziale ∆V3 agli estremi dellaresistenza R3. Noterete che ∆V = ∆V2 + ∆V3

Per conoscere il valore del potenziale nei punti a, b e T , procediamo come segue.Il potenziale nel punto di terra vale zero per definizione VT = 0V olt. Seguendo ilramo del generatore, vediamo che la batteria aumenta il potenziale in modo da farciscrivere

Va = VT + ∆V

Seguendo adesso il secondo ramo possiamo scrivere

Vb = Va + ∆V2

In questo modo abiamo calcolato tutte le variabili del circuito. Ovviamente que-sto è solo un esempio... provate a ripetere gli stessi procedimenti su circuiti analoghi

90.2 Circuiti con molti generatori e leggi di Kirchoff

90.2.1 Struttura del circuito

Se nello stesso circuito ci sono due o più generatori, per analizzarlo abbiamo bisognodei due principi di Kirchoff. Prendiamo per esempio il circuito in figura 90.2 edosserviamone la struttura. Esso è composto da tre rami tra di loro uniti in due nodidenominati a e b. In ogni ramo è segnato il verso della corrente che vi circola. Questastruttura mi permette di suddividere il circuito in elementi chiamati nodi e maglie. Inodi sono i punti a e b, cioè i punti in cui tre o più rami si uniscono. Le maglie sonopercorsi chiusi all’interno del circuito che coinvolgono due o più rami; nel circuito in

166

167 Scheda90. Circuiti elettrici Ohmici

∆V

i

R1

i1

R2

+

∆V2

i2

R3

+

∆V3

VT

Va

Vb

Fig. 90.1: La resistenza R1 è in parallelo con l’insieme delle resistenze R2 ed R3 che tra loro sono in serie.

figura 90.2 possiamo individuare tre maglie: quella fatta dai rami 1 e 2, quella fattadai rami 2 e 3, quella fatta dai rami 1 e 3.

90.2.2 Equazioni di maglie e nodi

Per ogni nodo e per ogni maglia è possibile scrivere la corrispondente equazione.L’equazione dei nodi si ricava affermando che la somma delle correnti in ingresso èuguale alla somma delle correnti in uscita.

Consideriamo il circuito di esempio in figura 90.2 Per il nodo a avremo

i2 = i1 + i3

e per il nodo b avremoi1 + i3 = i2

Noterete che in questo caso le due equazioni coincidono.L’equazione delle maglie si ricava affermando che la differenza di potenziale tra

un punto e lo stesso punto raggiunto dopo aver percorso una maglia, deve essere

∆V1

i1

R1

R2

i2

b

R3

∆V3

i3

a

Fig. 90.2: Per analizzare questo circuito sono necessari i principi di Kirchoff.

zero. Per la maglia formata dai rami 1 e 2 possiamo scrivere

∆V1 −R1i1 −R2i2 = 0

Per la maglia formata dai rami 2 e 3 possiamo scrivere

∆R2i2 −R3i3 −∆V3 = 0

Per la maglia formata dai rami 1 e 3 possiamo scrivere

∆V1 −R1i1 −R3i3 −∆V3 = 0

Per ottenere queste equazioni si parte da un punto a caso della maglia (per esem-pio il punto a) e si percorre la maglia scrivendo tutte le variazioni di potenzialeincontrate fino a ritornatre nel punto di partenza.

Nuovamente non tutte queste equazioni sono tra di loro indipendenti, in quantola terza si ottiene dalla somma delle prime due. Ad ogni modo l’analisi completadel circuito si otterrà considerando tutte le equazioni tra di loro indipendenti, che in

168 Scheda90. Circuiti elettrici Ohmici

questo caso saranno tre: i2 = i1 + i3

∆V1 −R1i1 −R2i2 = 0

∆R2i2 −R3i3 −∆V3 = 0

90.3 Videolezioni

Consiglio anche la visione di questi video

Fig. 90.3: Guarda il video youtu.be/g73iv9oA5i0

Fig. 90.4: Guarda il video youtu.be/oixDUHYWmpA

Fig. 90.5: Guarda il video youtu.be/Sx0OzrPgpko

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 91Circuiti RC91.1 Condensatori

Un condensatore è un dispositivo costituito da due piastre conduttrici separate dauno strato di isolante. Accumulando carica elettrica Q+ su una delle due piastre, siaccumula carica elettrica di segno opposto Q− sull’altra. Tra le due piastre si generaquindi un campo elettrico. La differenza di potenziale tra le due piastre dipende-rà dalla geometria del condensatore attraverso un parametro C detto capacità delcondensatore, e dalla quantità di carica accumulata

∆V =Q

C

91.2 Condensatore piano

Nelcaso che le due piastre del condensatore siano piane, separate da un dielettricocon costante dielettrica relativa εr, di superficie S e distanti tra loro d, avremo che

C = ε0εrS

d

91.3 Carica e scarica di un condensatore

Immaginiamo di avere un circuito formato da un generatore di tensione continua∆V , una resistenza R ed un condensatore C inizialmente scarico, tutti e tre in se-rie. Quando chiudiamo il circuito il condensatore comincia a caricarsi. Indichiamocon Q(t) la carica presente sul condensatore all’istante t. Indichiamo con i(t), o perbrevità i la corrente che circola nel circuito all’istante t.

Calcolando la circuitazione del campo elettrico, non essendoci campi magneticinella nostra ipotesi, avremo che:

∆V −R · i− Q

C= 0

Derivando rispetto al tempo avremo

∆V

i(t)

R

C

Fig. 91.1: Un circuito RC con in serie un generatore di tensione continua, una resistenza ed un condensatore.

−Rdidt− i

C= 0

di

dt= − i

RC

di

i= − dt

RC

∫ i(t)

i(0)

di

i= − 1

RC

∫ t

0

dt

Il condendatore è inizialmente scarico per cui nel solo istante iniziale esso noninfluisce sul valore della corrente che dall’equazione del circuito risulra essere

i(0) =∆V

R

Risolvendo l’integrale avremo quindi

ln i(t)− ln i(0) = − t

RC

169

170 Scheda91. Circuiti RC

lni(t)

i(0)= − t

RC

i(t) = i(0)e−tRC

ed infine

i(t) =∆V

Re−

tRC (91.1)

La quantità τ = RC è detta costante di tempo del circuito e da una stima dei tempi dicarica e di scarica del condensatore. Osservando l’equazione 91.1 si vede che nel-l’istante iniziale comincia a circolare della corrente elettrica come se il condensatorenon ci fosse. Man mano che il condensatore si carica, esso mette nel circuito una dif-ferenza di potenziale opposta a quella del generatore, che come conseguenza dinmi-nuisce la corrente che circola nel circuito. Nel circuito smetterà di circolare correntequando il condensatore sarà completamente carico ed avrà quindi immagazzinatotutta l’energia possibile.

La carica accumulata nel condensatore si troverà

dQ

dt=

∆V

Re−

tRC

dQ =∆V

Re−

tRC dt

ed integrando ∫ Q(t)

Q(0)

dQ =

∫0

t∆V

Re−

tRC dt

per cui

Q(t) = Q(0)− V Ce− tRC

Per le condizioni al contorno abbiamo che il condensatore nell’istante iniziale è caricocon Q(0) = V C e quindi

Q(t) = V C(

1− e− tRC

)In modo del tutto analogo si trova la curva di scarica del condensatore.

0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

t(τ)

%

Fig. 91.2: Un circuito RC con in serie una resistenza ed un condensatore: in rosso la corrente che passa nelcircuito durante la carica del condensatore; in blu la quantità di carica presente nel condensatore. L’asse dei tempi èindicato in unità della costante di tempo del circuito, τ . L’asse verticale è indicato in percentuale del valore massimodella randezza indicata.

91.4 Energia immagazzinata in un condensatore

Calcoliamoci la circuitazione del campo elettrico per il circuito in figura 91.1. Avremo

∆V −Ri− Q

C= 0

La potenza emessa e dissipata dai vari elementi del circuito sarà

∆V i−Ri2 − Q

Ci = 0

La potenza formita dal generatore viene quindi in parte dissipata dalla resistenzaed in parte accumulata nel condensatore. La potenza accumulata nel condensatore èquindi

Pc =dUdt

=Q

C

dQdt

Istante dopo istante nel condensatore si accumula quindi un’energia

dU = Pcdt =1

CQdQ

171 Scheda91. Circuiti RC

quindi l’energia presente nel condensatore sarà

U =1

2CQ2

che possiamo anche scrivere come

U =1

2C∆V 2

91.5 Energia del campo elettrico

L’energia accumulata nel condensatore può anche essere scritta in funzione del cam-po elettrico presente

U =1

2CE2l2

U =1

2ε0S

lE2l2 =

1

2ε0E

2 · S · l =1

2ε0E

2 · Vol

La densità di energia del campo elettrico è quindi

dUdt

=1

2ε0E

2

L’energia racchiusa nel condensatote è quindi racchiusa nel la regione di spazioin cui è presente il campo elettrico da esso generato.

91.6 Condensatori in corrente alternata

Consideriamo adesso un circuito con un condensatore alimentato da un generatoredi tensione alternata di frequenza ω, per cui

∆V (t) = V0 sinωt

. Ipotizziamo che la resistenza del circuito sia nulla.L’equazione del circuito è sempre

∆V (t)− Q

C= 0

∆V

i(t)

C

Fig. 91.3: Un circuito con un generatore di tensione alternata ed un condensatore.

Deriviamo rispetto al tempo e poi dividiamo per R otteniamo

V0ω

Rcos (ωt)− 1

RCi = 0

Per cuii = V0Cω cos (ωt)

i = V0Cω sin(ωt+

π

2

)Questo significa che tensione e corrente risultano sfasati; in particolare la corren-

te è in anticipo rispetto alla tensione di una fase φ = π2 . Chiamando reattanza la

quanrità Xc = 1ωC avremo

i =V0

Xcsin(ωt+

π

2

)

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

172 Scheda91. Circuiti RC

50 100 150 200 250 300 350

−1

−0.8

−0.6

−0.4

−0.2

0.2

0.4

0.6

0.8

1

t(τ)

Fig. 91.4: Un circuito capacitivo in corrente alternata. Andamento di tensione e corrente; in blu la tensioneapplicata, in rosso la corrente che circola.

Scheda 92Circuiti RL92.1 Autoinduzione

Immaginiamo di dare tensione ad un generico circuito elettrico e di vedere in essocircolare della corrente. Questa corrente elettrica genera un campo magnetico che asua volta genera un flusso attraverso la superficie che ha il circuito stesso come con-torno. Dal momento che assumiamo che la forma del circuito elettrico sia costante,allora il flusso del campo magnetico sarà proporzionale alla corrente elettrica che loattraversa. Per cui

Φ = Li

dove il parametro L è detto autoinduttanza del circuito. L è un parametro definitopositivo, quindi all’aumentare della corrente avremo un flusso che aumenta nel tem-po. Dal momento che il segno del flusso dipende dall’orientamento della superficieattraversata dal campo, allora il vettore superficie deve essere destrorso rispetto alverso della corrente.

Il valore dell’induttanza di un circuito elettrico dipende quindi dalla geometriadel circuito stesso.

Se la corrente nel circuito varia nel tempo, allora nel circuito ci sarà una differenzadi potenziale indotta

∆Vi = −dΦ(B)

dt= −Ldi

dt

la quale sarà ovviamente orientata in verso opposto alla tensione che ha generato lacorrente nel circuito.

92.2 Il solenoide

Induttanza di un solenoide Per considerare casi reali, il modo più semplice di ave-re un grande valore di induttanza nel circuito è quello di introdurre nel circuito unabobina od un solenoide. Sappiamo infatti che quando in un solenoide (lunghezza l enumero di spireN ) scorre una corrente i, allora in esso abbiamo un campo magnetico

B = µ0N

li

Tale campo genera un flusso

Φ(B) = µ0N2

lSi

e quindi abbiamo una differenza di potenziale indotta

∆V = −µ0N2

lS

didt

Confrontando questa equazione con la definizione di induttanza abbiamo

Lsol = µ0N2

lS

92.3 Carica e scarica di un’induttanza

Immaginiamo di avere un circuito formato da un generatore di tensione continua∆V , una resistenza R ed un’induttanza L tutti e tre in serie. Inizialmente l’inter-ruttore è aperto e non circola corrente. Quando chiudiamo il circuito l’induttanzagenera una differenza di potenziale indotta che si oppone al generatore. Indichiamocon i(t), o per brevità i la corrente che circola nel circuito all’istante t.

∆V

i(t)

R

L

Fig. 92.1: Un circuito RL con in serie un generatore di tensione continua, una resistenza ed un’induttanza.

173

174 Scheda92. Circuiti RL

Carcolando la circuitazione del campo elettrico avremo che la somma di tutte ledifferenze di potenziale compresa anche la f.e.m. autoindotta deve essere nulla:

∆V −R · i+ ∆Vai = 0

∆V −R · i− Ldidt

= 0

Ldi

dt= ∆V −R · i

L

R

diVR − ·i

= dt

Integrando avremo ∫ i(t)

i(0)

L

R

diVR − i

=

∫ t

0

dt

Le condizioni al contorno ci dicono che all’istante iniziale la corrente che circolanel circuito è nulla i(0) = 0, quindi

−LR

[ln

(V

R− i(t)

)− ln

V

R

]= t

da cuiVR − ·i(t)

VR

= e−RL t

1− R

Vi(t) = e−

RL t

i(t) =V

R·(

1− e−RL t)

La corrente bel circuito parte da un valore nullo per poi crescere fino al valoremassimo possibile i = V

R che si ha quando l’induttanza ha immagazzinato tutta

l’energia possibile. La quantità τ =L

Rè chiamata costante di tempo del circuito.

Visto che la corrente cresce esponenzialmente, bastano poche unità di τ per poterconsiderare l’induttanza completamente carica.

In modo del tutto analogo si trova la curva di scarica dell’induttanza.

0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

t(τ)

%

Fig. 92.2: Un circuito RL con in serie una resistenza, un’induttanza ed un generatore di tensione continua:in rosso la corrente che passa nel circuito durante la carica del condensatore. L’asse dei tempi è indicato in unitàdella costante di tempo del circuito, τ . L’asse verticale è indicato in percentuale del valore massimo della grandezzaindicata.

175 Scheda92. Circuiti RL

92.4 Energia immagazzinata nell’induttanza

Consideriamo sempre il circuito in figura 92.1. L’equazione del circuito è

∆V −R · i− Ldidt

= 0

che moltiplicando per la corrente diventa

∆V i−R · i2 − Lididt

= 0

Il primo termine è la potenza erogata dal generatore. Il secondo termine indicala potenza dissipata dalla resistenza per effetto Joule. L’ultimo termine indica lapotenza assorbita dall’induttanza ed è il termine che adesso ci interessa. l’energiaimmagazzinata nell’induttanza in un infinitesimo intervallo di tempo dt sarà

dU = Lididt· dt

e quindi l’energia immagazzinata nell’induttanza è

U =1

2Li2

Energia immagazzinata in un solenoide Immaginiamo di avere l’induttanza delcircuito tutta causata dalla presenza di un solenoide.

U =1

2µ0N2

lSi2 =

1

2µ0µ2

0

N2l

l2Si2 =

1

2µ0B2Vol

Troviamo quindi che l’energia immagazzinata nel solenoide si trova nel volumein cui è presente il campo magnetico. Questo significa cche la densità di energia delcampo magnetico è

dUdVol

=1

2µ0B2

92.5 Induttanze in corrente alternata

Consideriamo adesso un circuito con un’induttanza alimentata da un generatore ditensione alternata di frequenza ω, per cui

∆V (t) = V0 sinωt

. Ipotizziamo che la resistenza del circuito sia nulla.

∆V

i(t)

L

Fig. 92.3: Un circuito con un generatore di tensione alternata ed un’induttanza.

L’equazione del circuito è sempre

∆V (t)− Ldidt

= 0

V0 sinωt = Ldi

dt

V0

Lsin(ωt)dt = di

Soluzione dell’equazione sarà

i(t) =V0

ωLsin(ωt− π

2

)

176 Scheda92. Circuiti RL

50 100 150 200 250 300 350

−1

−0.8

−0.6

−0.4

−0.2

0.2

0.4

0.6

0.8

1

t(τ)

Fig. 92.4: Un circuito capacitivo in corrente alternata. Andamento di tensione e corrente; in blu la tensioneapplicata, in rosso la corrente che circola.

Questo significa che tensione e corrente risultano sfasati; in particolare la corren-te è in aritardo rispetto alla tensione di una fase φ = π

2 . Chiamando reattanza laquanrità Xc = 1

ωC avremo

i =V0

XLsin(ωt− π

2

)

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Parte XI

Relatività ristretta

177

178 Scheda92. Circuiti RL

Teoria dellarelatività

Principio di costanza dellavelocità della luce: c = cost

Principio di relatività: leleggi fisiche sono invariantia seguito di un cambio tra

sistemi di riferimento inerziali

Dilatazione dei tempi

∆t′ = γ∆t

Contrazione delle distanze

∆x′ =1

γ∆x

Composizione delle velocità

u′ =u− v1− uv

c2

(nel caso unidimensionale)

Invarianza di ∆s2 esimultaneità degli eventi

∆s2 = ∆x2 − c2∆t2

Definizione dimassa inerziale:

m =m0√

1− v2

c2

Trasformatedi Lorentz:

t′ = γ(t− v

c2x)

x′ = γ (x− vt)

y′ = y

z′ = z

La massa come manifestazionedi energia confinata

m =E

c2

Relazione tre energia, massa ariposo ed impulso di una particella

E2 = m20c

4 + p2c2

Scheda 93Sistemi di riferimento e punti di vista93.1 Il punto di vista

Quando osserviamo un fenomeno effettuiamo delle misure per poterlo descrivere.Ogni singolo osservatore che osserva lo stesso fenomeno non lo vedrà accadere nellostesso identico modo; molte delle affermazioni che farà sono diverse da quelle che fa-ranno gli altri osservatori. Su alcune cose, però, tutti gli osservatori sono d’accordo, edi conseguenza quelle cose rappresentano proprietà intrinseche del fenomeno osser-vato in quanto non dipendono dall’osservatore. Inoltre le descrizioni delle quantitàrelatice agli osservatori devono essere consistenti tra loro, cioè ognuno dei due osser-vatori deve poter, utilizzando precise regole, sapere in che modo l’altro osservatoredescriverebbe il fenomeno. Per comprendere meglio queste frasi analizziamo, neiparagrafi successivi, due casi particolari sempre riferendoci alla meccanica classica.

93.1.1 Nessun luogo è speciale

Immaginiamo due osservatori che chiameremo Mr.Red e Mr.Blue. Questi due osser-vatori stanno osservando due oggetti e vogliono determinarne la distanza tra loro.Per farlo ognuno di loro determina le coordinate degli oggetti sul proprio sistemadi riferimento e poi calcola la distanza. Con riferimento alla figura 93.1 l’osservatoreMr.Blue identifica le coordinate degli estremi del segmento e calcola la sua lunghezzascrivendo A(1, 1)

B(6, 1)⇒ L = 6− 1 = 5

L’osservatore Mr.red identifica le coordinate degli estremi del segmento e calcolala sua lunghezza scrivendoA(2, 2)

B(6, 5)⇒ L =

√(6− 2)2 + (5− 2)2 =

√25 = 5

Per Mr.Red infatti il segmento è l’ipotenusa di un triangolo rettangolo e come taleviene calcolata.

Come si può constatare, sebbene le singole posizioni siano concetti relativi, ilsemplice cambio di posizione ed orientamento del sistema di riferimento lascia in-

0 1 2 3 4 5 6 7 80

1

2

3

4

5

6

7

8

0

2

4

6

8

01

23

45

67

8

Fig. 93.1: Un segmento di lunghezza 5 visto da due osservatori differenti in posizione differente ed orientati inmodo differente. Le posizioni degli estremi del segmento sono relative ai singoli osservatori, mentre la lunghezza delsegmento è indipendente dall’osservatore.

variata la distanza tra due punti. Tutto questo è una diretta conseguenza delle regoleche utilizziamo per passare da un sistema di riferimento ad un altro. Tali regole, percome sono scritte, implicano necessariamente la conservazione di alcune quantitàcome per esempio la distanza di un segmento. Le regole per passare dal sistema diriferimento blu a quello rosso sono infatti una traslazione ed una rotazione nel piano.

Autore: Andrea de Capoa 17 Mag 2018

179

Scheda 94Trasformate di Galileo e principi di Newton94.1 Le trasformate di Galileo

In meccanica classica, con le trasformate di Galileo noi siamo in grado di osservareun fenomeno passando da un sistema di riferimento ad un altro. Le trasformatedi Galileo di fatto sono quelle che noi utilizziamo nella nostra realtà quotidiana daquando siamo nati. Immaginiamo due osservatori Mr.Blue e Mr.Red che in un certoistante iniziale t0 = 0 si trovano nello stesso punto, ma uno in quiete e l’altro convelocità Vr costante rispetto al primo. Entrambi gli osservatori leggono il tempo conlo stesso orologio. Esse sono scritte comeXr = Xb − Vb · t

tr = tb

94.2 Il principio di relatività

Per descrivere la natura noi utilizziamo delle leggi fisiche formulate in modo tale daessere invarianti sotto l’azione dei cambiamenti di sistema di riferimento. In altre pa-role vogliamo che valga il principio di relatività, e cioè che tutti gli osservatori, indi-pendentemente dalla posizione, dall’orientamento e dalla velocità relativa costanti,formulino le leggi fondamentali della fisica nello stesso modo.

94.3 I principi di Newton

I tre principi della dinamica sono leggi fondamentali della natura invarianti sottol’azione delle trasformate di Galileo. Infatti i tre principi parlano dei valori misuratidelle forze per sistemi di riferimento inerziali passando dal concetto di accelerazione.Se noi prendiamo le trasformate di Galileo e deriviamo due volte rispetto al tempootteniamo:

Xr = Xb − Vb · t

Vr = Vb − Vbar = ab

La velocità di un corpo è infatti data dalla derivata della posizione rispetto altempo, mentre l’accelerazione di un corpo è data dalla derivata della velocità rispettoal tempo.

Come si può vedere sotto le trasformate di Galileo, entrambi gli osservatori mi-sureranno le stesse accelerazioni e di conseguenza le stesse forze. Tutti i sistemi incui capita sono detti sistemi inerziali.

94.4 La velocità della luce

Le trasformate di Galileo di fatto rappresentano il cuore del modo con cui noi de-scriviamo la natura intorno a noi. Esse sono inglobate all’interno della stessa for-mulazione delle leggi fisiche che governano il nostro universo. Nel momento stessoche le evidenze sperimentali hanno cominciato a mostrare che la velocità della luce ècostante in ogni sistema di riferimento inerziale, la struttura stessa dello spazio e deltempo nel modo in cui erano fino a quel punto conosciuti ha cominciato a vacillare.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

180

Scheda 95Relatività ristretta95.1 Postulati di partenza

La teoria della relatività ristretta si basa su due principi fondamentali:

1. il principio di relatività ristretta: Le leggi fisiche hanno la stessa formulazione intutti i sistemi di riferimento inerziali

2. il principio di costanza della velocità della luce: la luce ha sempre la stessa velocitàin tutti i sistemi di riferimento inerziali

Nei paragrafi successivi vedremo quali siano le dirette conseguenze dell’applica-zione di questi due principi. Indicheremo con c la velocità della luce, con v la velocitàrelativa dei due sistemi di riferimento in questione, β la quantità

β =v

c

e γ la quantità

γ =1√

1− v2

c2

95.2 Dilatazione dei tempi

Immaginiamo due astronavi nello spazio che si muovono con velocità v rispetto adun asteroide vicino1. le due astronavi si muovono parallelamente e in linea rettamantenendo, stando una sopra all’altra, una distanza d tra loro. Sulla prima astro-nave uno strumento emette un impulso luminoso verso la seconda astronave; sullaseconda astronave uno specchio riflette l’impulso luminoso e lo rimanda verso laprima astronave. Due osservatori misurano la durata del fenomeno; uno si trovadentro l’astronave che emette il segnale; l’altro si trova sull’asteroide. Entrambi gliosservatori misurano la durata del fenomeno.

1Visitate il sito https://www.geogebra.org/m/tSaxFJkm

La durata del fenomeno che asi vuole misurare è definita come l’intervallo di tem-po trascorso tra due eventi: la partenza dalla prima astronave dell’impulso luminosoe il ritorno alla stessa astronave di tale impulso luminoso.

Vediamo adesso cosa misura l’osservatore sull’astronave. Egli vede l’impulsoluminoso partire dalla sua nave, e percorrere il tragitto di andata e ritorno verso laseconda nave. Egli afferma che la durata dell’evento è

∆t =2d

c(95.1)

L’osservatore sull’astronave può inoltre calcolare quanto dura lo stesso fenome-no per l’osservatore sull’asteroide, in moto rispetto alle due astronavi. Per il secondoosservatore l’impulso luminoso, mentre si muove tra le due astronavi, contempora-neamente si muove in avanti insieme alle due astronavi. Il percorso fatto dalla luceè adesso sicuramente più lungo, ma sappiamo anche la luce lo percorre sempre allastessa velocità c.

La durata del fenomeno risulterà quindi:

∆t′ =2

√d2 +

1

4v2∆t′2

c(95.2)

Eseguendo alcuni passaggi

∆t′ =

√4d2

c2+v2

c2∆t′2

∆t′2 = ∆t2 +v2

c2∆t′2

∆t′2(

1− v2

c2

)= ∆t2

∆t′2 =1(

1− v2

c2

)∆t2

∆t′ =1√

1− v2

c2

∆t

181

182 Scheda95. Relatività ristretta

∆t′ = γ∆t (95.3)

L’intervallo di tempo ∆t è definito tempo proprio in quanto è stato misurato nelsistema di riferimento in cui i due eventi misurati avvengono nel punto in cui sitrova l’osservatore. il secondo osservatore, che si trova sull’asteroide e che vede leastronavi in movimento, misura un intervallo di tempo più lungo di un fattore γ chesappiamo essere sempre maggiore di 1. Questo fenomeno è comunemente chiamatodilatazione dei tempi.

95.3 Contrazione delle distanze

95.3.1 Un primo modo di derivare il fenomeno

Consideriamo adesso il caso in cui si voglia misurare la distanza tra due puntiA eB.Consideriamo un osservatoreO che vede i due punti dello spazio fermi rispetto a lui,ed un secondo osservatore O′ che O vede muoversi a velocità v dal punto A al puntoB. Quando l’osservatore O′ raggiunge il punto A, aziona il suo cronometro; quandoraggiunge il punto B ferma il suo cronometro. La misura della distanza tra A e Bverrà eseguita attraverso una misura del tempo trascorso tra due eventi: il raggiun-gimento del punto A ed il raggiungimento del punto B da parte dell’osservatore O′.Per questa persona l’intervallo di tempo misurato tra i due eventi è il tempo proprio,cioè è l’intervallo di tempo che passa tra due eventi che vengono visti accadere nellostesso luogo. La distanza da lui misurata sarà

∆S′ = v ·∆t′

Allo stesso modo, un secondo osservatore fermo rispetto ai due puntiA eB misureràuna distanza

∆S = v ·∆t

ed utilizzando le trasformate di Lorentz

∆S′ = v · ∆t

γ=

∆S

γ

Per cui∆S = γ∆S′

il che significa che la distanza tra i due punti misurata dalla persona ferma rispettoa tali punti è maggiore, di un fattore γ, della stessa distanza misurata dalla personain movimento rispetto ai due punti. Questo fenomeno è comunemente chiamatocontrazione delle distanze.

95.3.2 Utilizzando le trasformate di Lorentz

Immaginiamo di misurare la lunghezza di un’asticella che vediamo ferma; per far-lo misuriamo la posizione di ognuno dei vertici dell’asticella nello stesso istante edotteniamoA(x1, t1) = (0, 0) eB(x2, t2) = (L, 0) ottenendo per l’asticella la lunghezza

AB = x2 − x1 = L

Utilizzando adesso le trasformate di Lorentz, i due eventi misura della posizione diA e misura della posizione di B vengono visti da un osservatore in movimento comeA′(x′1, t

′1) = (0, 0) e B′(x′2, t′2) = (γL, γ

v

c2L). La lunghezza del segmento deve pe-

rò essere misurata misurando le posizioni dei due estremi dell’asticella nello stessoistante. Se le due misure erano simultanee per il primo osservatore, quelle stessemisure non lo sono per il secondo osservatore.

Per avere la misura dell’asticella scriviamoL′ = ∆x′ = x′2 − x′1 = γ (∆x+ v∆t)

∆t′ = t′2 − t′1 = γ(

∆t+v

c2∆x)

Noi vogliamo che l’osservatore in moto misuri le posizioni degli estremi dell’a-sticella nello stesso istante, quindi ∆t′ = 0 da cui

∆t = − v

c2∆x

e quindi

L′ = ∆x′ = γ

(L− v2

c2L

)= γ

L

γ2

L′ =L

γ

Per l’osservatore in moto l’asticella appare più corta.

183 Scheda95. Relatività ristretta

95.4 Trasformate di Galileo e Lorentz

Appare oramai chiaro che la misura sia dei tempi che delle distanze è qualcosa pro-fondamente legato al sistema di riferimento in cui ci troviamo. Per capire meglio ciòdi cui stiamo parlando è utile analizzare in dettaglio la differenza tra le trasforma-zioni di Galileo, unilizzate nella meccanica classica, e le trasformazioni di Lorentzper la meccanica relativistica. Immaginiamo di rappresentare su di un diagrammaspazio-tempo il sistema di riferimento di una persona che corre. Nello stesso dia-gramma rappresentiamo anche il moto relativo di una persona che non sta correndoed il moto relativo di due fotoni che si muovono, ovviamente alla velocità della luce,in avanti ed indietro rispetto all’osservatore.

95.4.1 Trasformate di Galileo

In figura 95.42 viene mostrato il diagramma spazio-tempo del moto di tre corpi, unapersona e due fotoni, nel sistema di riferimento di una persona che corre ad una ce-ta velocità. Come potete vedere, applicando le trasformazioni di Galileo, otteniamouna traslazione orizzontale dell’asse spaziale. Le linee diagonali, la cui inclinazionerappresenta la velocità dei corpi, ovviamente si inclinano a causa della trasforma-zione. In nessun modo è possibile inclinare gli assi cartesiani e mescolare tra lorole coordinate spaziali e quelle temporali. Notiamo inoltre che, sotto l’effetto dellatrasformazione, le distanze non vengono mai cambiate. Il problema dell’utilizzo diqueste trasformazioni è che i due fotoni risultano avere velocità differenti... cosa incontrasto con gli esperimenti.

95.4.2 Trasformate di Lorentz

Le trasformazioni di Lorentz agiscono in modo profondamente differente rispettoalle trasformazioni di Galileo. Esse prevedono una rotazione nello spaziotempo chemescola tra loro le coordinate spaziali e temporali. Come si può vedere dall’immagi-

2Visitate il sito https://www.geogebra.org/m/p5f26rJC per vedere l’animazione che meglio permettedi comprendere il fenomeno

ne in figura 95.53 per la persona che corre i due fotoni viaggiano alla stessa velocità,esattamente come per la persona che non corre. Questo avviene grazie alla rotazionedell’asse spaziale, sul quale sono rappresentati tutti gli eventi tra loro contempora-nei. E’ importante notare che in questo modo, mantenendo cioè costante la velocitàdella luce, necessariamente eventi simultanei per un certo osservatore non sono piùsimultanei per un differente osservatore. Osservando infatti le linee degli eventi si-multanei per l’osservatore che non corre, esse intersecano il moto dei due fotoni indue istanti che non sono simultanei per l’osservatore che corre.

95.5 Da Galileo a Lorentz

Il modo classico di passare da un sistema di riferimento ad un’altro è quello di utiliz-zare le trasformate di Galileo mostrate dalle equazioni 95.4 per un sistema in motorispetto ad un’altro con velocità v lungo l’asse x

t′ = t

x′ = x− vt

y′ = y

z′ = z

(95.4)

Queste di fatto rappresentano una traslazione dell’origine degli assi lungo l’assedel movimento. In ogni istante l’osservatore in moto vedrà gli eventi accadere inpunti diversi dello spazio, ma verrà sempre preservato l’istante in cui essi accadonoe la distanza spaziale tra loro. Queste trasformazioni violano il principio di costanzadella velocità della luce, quindi non sono corrette.

Appare infatti chiaro che la misura di intervalli di tempo e di lunghezze è in realtàprofondamente influenzata dal movimento. Questo è direttamente causato dal fattoche la velocità della luce è costante in tutti i sistemi di riferimento. Il modo correttoper passare da un sistema di riferimento ad un altro è quindi quello di utilizzare letrasformate di Lorentz che rispettano il primo principio su cui si basa la teoria della

3Visitate il sito https://www.geogebra.org/m/r3wngaDq per vedere l’animazione che megliopermette di comprendere il fenomeno

184 Scheda95. Relatività ristretta

relatività. Tali trasformate erano già state scritte prima del lavoro di Einstain, ma fului che ne comprese il profondo significato.

Le trasformate di Lorentz, indicate dalle equazioni 95.5, per passare da un siste-ma di riferimento inerziale ad un altro che si muove con velocità v lungo l’asse x,sono:

t′ = γ(t− v

c2x)

x′ = γ (x− vt)

y′ = y

z′ = z

(95.5)

Come potete vedere i valori dei tempi e delle posizioni in un sistema di riferimen-to dipendono sia dai tempi che dalle posizioni nell’altro sistema di riferimento. Datidue eventi, osservatori differenti misureranno sia intervalli di tempo che distanzespaziali differenti.

95.5.1 Invarianza della distanza spaziotemporale

Dati due eventi A(xa; ta) e B(xb; tb) che per un certo osservatore accadono in duegenerici punti dello spazio ed in due generici istanti nel tempo, la quantità

s2 = ∆x2 − c2∆t2

risulta invariante sotto l’azione delle trasformate di Lorentz. Infatti se consideriamoun secondo osservatore che vede gli stessi due eventi in punti differenti ed in istanti

differenti A(x′a; t′a) e B(x′b; t′b) avremo che

∆s′2

= ∆x′2 − c2∆t′

2=

= (x′a − x′b)2 − c2 (t′a − t′b)

2=

= [γ (xa − vta)− γ (xb − vtb)]2 − c2[γ(ta − v

c2xa)− γ

(tb − v

c2xb)]2

=

= γ2 [(xa − xb)− v (ta − tb)]2 − γ2c2[(ta − tb)− v

c2 (xa − xb)]2

=

= γ2 [∆x− v∆t]2 − γ2c2

[∆t− v

c2 ∆x]2

=

= γ2[∆x2 − 2v∆x∆t+ v2∆t2

]− γ2c2

[∆t2 − 2 v

c2 ∆x∆t+ v2

c4 ∆x2]

=

= γ2[∆x2 − 2v∆x∆t+ v2∆t2

]− γ2

[c2∆t2 − 2v∆x∆t+ v2

c2 ∆x2]

=

= γ2[∆x2 + v2∆t2 − c2∆t2 − v2

c2 ∆x2]

=

= γ2[(

1− v2

c2

)∆x2 − c2

(1− v2

c2

)∆t2

]=

= γ2(

1− v2

c2

) [∆x2 − c2∆t2

]=

= ∆x2 − c2∆t2 =

= ∆s2

La distanza spaziotemporale è invariante per tutti gli osservatori. Possiamo ades-so distinguere tre casi:

• Se tale distanza è positiva, essa è definita di tipo spazio; nemmeno ciò cheviaggia alla velocità della luce può passare dall’evento A all’evento B per-chè la loro distanza nello spazio è maggiore del percorso che può fare la lucenell’intervallo di tempo tra i due eventi.

• Se la distanza è nulla, allora è definita di tipo luce; solo ciò che viaggia allavelocità della luce può collegare i due eventi.

• Se la distanza è negativa allora è definita di tipo tempo; anche oggetti dotati dimassa (e che quindi viaggiano a velocità inferiori a quelle della luce) possonocollegare i due eventi.

Nel primo caso i due eventi non sono causalmente connessi; questo significa chenessuno dei due eventi potrà mai essere la causa di quell’altro. Osservatori diversipotranno vedere i due eventi accadere in un ordine temporale differente, senza che

185 Scheda95. Relatività ristretta

venga violato il principio di causa ed effetto. Nel secondo e terzo caso i due even-ti sono causalmente connessi e le trasformazioni di Lorentz preserveranno l’ordinetemporale degli eventi in modo da non violare il principio di causa ed effetto.

Questo discorso ci fa comprendere che la velocità della luce è in realtà qualco-sa di molto più profondo legato alla struttura dello spazio-tempo; essa è infatti lavelocità della causalità, cioè la massima velocità a cui le infomazioni posso viaggia-re attraverso lo spazio per connettere differenti eventi in un rapporto di relazionecausa-effetto. Possiamo quindi descrivere la nostra realtà come un insieme di eventiognuno dei quali accade in un certo punto dello spazio ed in un certo istante neltempo, che, sebbene differenti per i vari osservatori, rimangono comunque tali dapreservare le loro relazioni causali.

95.6 Legge di composizione delle velocità

Dalle trasformate di Lorentz possiamo ricavarci la legge di composizione delle ve-locità. Consideriamo due osservatori, il primo O in quiete ed il secondo O′ in motorispetto al primo con velocità v. Immaginiamo un oggetto che si muove rispetto adO con una velocità u. Ci chiediamo a quale velocità u′ si muove l’oggetto rispetto adO′. Limitiamoci per semplicità al caso unidimensionale.

Partendo dalle trasformate di Lorentz e differenziando avremo:dt′ = γ(dt− v

c2dx)

dx′ = γ (dx− vdt)

La velocità u′ si otterrà dividendo la seconda equazione con la prima

u′ =dx′

dt′=

(dx− vdt)(dt− v

c2dx)

Dividendo sopra e sotto per dt

u′ =(u− v)(1− vu

c2

)

Con questa equazione è possibile calcolarsi la velocità con cui l’oggetto vienevisto muoversi dall’osservatore O′.4

95.7 Massa relativistica

Il primo postulato della relatività impone che tutte le leggi fisiche abbiano la stes-sa formulazione per tutti gli osservatori inerziali. Se consideriamo per esempio laseconda legge della dinamica nella formulazione di Newton, l’equazione

~F = m · ~a

significa che un diverso osservatore inerziale, misurando una diversa forza, unadiversa massa e una diversa accelerazione, deve comunque poter scrivere

~F ′ = m′ · ~a′

, senza essere costretto a cambiare la formulazione della legge fisica.La legge in esempio è però invariante solo per le trasformazioni di Galileo, che di

fatto non coinvolgono ne la massa dei corpi ne la loro accelerazione, ma non per letrasformazioni di Lorentz. Per risolvere questo problema, e rendere tale formula in-variante sotto le trasformate di Lorentz, la soluzione è quella di ridefinire la quantitàdi moto di un corpo come

~p = m~v = m0γ~v (95.6)

4Immaginiamo a titolo di esempio che O′ e l’oggetto in questione si muovano, visti da O, uno control’altro con velocità v = 0, 1c e u = −0.1c. Otterremo che

u′ =(−0, 1c− 0, 1c)(

1 + 0,01c2

c2

) = −0, 19802c

Significa che O′ vede l’oggetto venirgli addosso ad una velocità che è un po’ meno della sommaGalileiana delle due velocità.

Se poi supponiamo che l’oggetto sia un fotone che si dirige verso O′ e che quindi viaggi a velocitàu = −c, avremo che

u′ =(−c− v)(1 + vc

c2

) = −c

il che dimostra che il fotone viene visto viaggiare alla stessa velocità anche da parte di O′.

186 Scheda95. Relatività ristretta

e successivamente riscrivere il secondo principio della dinamica come

~F =~∆p

∆t

La quantitàm0 è la massa invariante del corpo, detta anche massa a riposo, quellacioè misurata nel sistema di riferimento in cui è in quiete5.

95.7.1 I principi della dinamica

Per quanto riguarda i tre principi della dinamica, il primo ed il secondo verrannoriscritti in un’unica formula in termini di variazione dell’impulso nel tempo, mentreil terzo viene sostituito con la legge di conservazione dell’impulso.

~F = 0⇔ ~p = cost

~F =d~p

dt∆~p = 0

(95.7)

95.7.2 Energia cinetica relativistica

Per il teorema dell’energia cinetica avremo che il lavoro per portare un corpo dalpunto A al punto B è:

L =

∫ B

A

~F · d~S =

∫ B

A

d~p

dt· d~S =

∫ B

A

d~p · d~S

dt

L =

∫ B

A

d(γm0~v) · ~v = m0

∫ B

A

d(γ~v) · ~v

5In molti testi potreste leggere che la ridefinizione della quantità di moto avviene tramite la definizionedella massa relativistica

m =m0√

1 −v2

c2

= γm0

In realtà questo modo di insegnare l’argomento, sebbene formalmente non scorretto, porta a generare unaconfusione di fondo sul concetto di massa. Si potrebbe infatti pensare che un oggetto in moto, avendouna massa relativistica maggiore, possa anche generare un campo gravitazionale maggiore, il che è falso.L’unico concetto di massa che ha un reale significato è quello di massa a riposo.

L = m0

∫ B

A

v2dγ +m0

∫ B

A

γ~vd~v

Adesso, utilizzando la formula che definisce γ:

v2 = c2(

1− 1

γ2

)da cui

v dv = c21

γ3dγ

avremo che

L = m0c2

∫ B

A

(1− 1

γ2

)dγ +m0c

2

∫ B

A

1

γ2dγ

L = m0c2 (γB − γA)

Per il teorema dell’energia cinetica il lavoro di una forza esterna corrisponde allavariazione di energia cinetica del corpo, per cui

L = m0γBc2 −m0γAc

2 = ∆Ec

Consideriamo il caso di un oggetto inizialmente fermo; avremo che vA

= 0 alloraγA

= 1.

Ec = m0c2(γ − 1)

Questa è l’espressione per l’energia cinetica di un corpo; quando il corpo è fermola sua energia cinetica è nulla esattamente come nel caso classico, ma l’espressionedi questa grandezza differisce dal caso classico.

95.7.3 Energia totale relativistica

Abbiamo visto dai conti precedenti che l’energia cinetica di una particella risultaessere pari alla differenza tra due termini, il primo identificabile con l’energia totaledella particella in movimento, il secondo identificabile con l’energia della particellaa riposo.

187 Scheda95. Relatività ristretta

L’energia totale associata ad una certa particella con massa a riposo m0 saràquindi

E = mc2 (95.8)

Questa equazione ci dice che la massa di una particella e la sua energia sono duequantità equivalenti.

La massa è il modo in cui si manifesta l’energia localizzata in una certa regionedi spazio.

Se in una certa regione di spazio è localizzata dell’energia, allora noi percepiamo lapresenza di tale energia come massa. In generale questo è vero non solo nel casodell’energia cinetica, ma per qualunque forma di energia.

95.7.4 Relazione tra energia ed impulso

Con semplici passaggi, dividendo tra loro l’equazione 95.6 e 95.8, e riutilizzando ladefinizione di γ si ottiene la relazione

E2 = p2c2 +m20c

4 (95.9)

Infatti p2 = m20γ2v2

E2 = m20γ2c4

da cui, moltiplicando la prima per c2, si ottienep2c2 = m20γ2v2c2

E2 = m20γ2c4

e quindi, sottraendo la prima dalla seconda, abbiamo

E2 − p2c2 = m20γ2c2

(c2 − v2

)E2 − p2c2 = m2

0

c2(c2 − v2

)(1− v2

c2

)

E2 − p2c2 = m20

c2(c2 − v2

)1c2 (c2 − v2)

E2 − p2c2 = m20c4

Da cui abbiamo l’equazione 95.9.Questa equazione mette in relazione, per ogni particella, la sua energia ed il suo

impulso. E’ di particolare interesse applicare tale equazione alla luce che ha massa ariposo nulla. Questa equazione ci dice che la luce ha comunque impulso in quantoha energia. Dal momento che la luce ha impulso, fenomeni come la riflessione dellaluce implicano una variazione dell’impulso nel tempo e quindi una forza. La luceche si riflette su di uno specchio o che viene assorbita da un corpo nero, esercita sudi esso una forza.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

188 Scheda95. Relatività ristretta

Fig. 95.1: Nel sistema di riferimento dell’astronave la luce percorre due volte la distanza tra le due astronavi.

Fig. 95.2: Nel sistema di riferimento dell’asteroide la luce percorre un percorso molto più lungo che nel precedentecaso.

Fig. 95.3: La distanza tra due punti viene misurata misurando quanto tempo impiega una persona a muoversidal punto A al punto B conoscendo la sua velocità.

189 Scheda95. Relatività ristretta

Fig. 95.4: Diagramma spaziotempo utilizzando le trasformazioni di Galileo

Fig. 95.5: Diagramma spaziotempo utilizzando le trasformazioni di Lorentz

Scheda 96The Photon BoxLa scatola di fotoni è un ottimo esempio per comprendere la natura della massa

e del tempo. Cos’è la massa? da dove nasce lo scorrere del tempo?

96.1 Cos’è la scatola di fotoni

Immaginiamo una scatola cubica fatta di pareti immaginarie, con all’interno un certonumero di fotoni che si muovono confinati al suo interno. Possiamo fare le seguentiaffermazioni:

• All’interno della scatola è sicuramente contenuta dell’energia, in quanto ognisingolo fotone ha energia;

• Nessuno degli oggetti presenti all’interno della scatola ha massa;

• Ogni volta che un fotone raggiunge una delle pareti viene respinto e quindiesercita sulla parete una forza; se la scatola è in quiete allora la somma di tuttele forze dovute alle interazioni dei fotoni con le pareti è nulla.

• visto che i fotoni viaggiano esattamente alla velocità della luce, essi non hannoesperienza dello scorrere del tempo.

96.1.1 La scatola ha massa

Immaginiamo di esercitare sulla scatola in quiete una forza ~F verso destra. Nel mo-mento in cui la scatola si muove, i fotoni che interagiscono con la parete di sinistraeserciteranno su di essa una pressione maggiore, mentre i fotoni che interagisconocon la parete di destra eserciteranno su di essa una pressione minore. La differenzadi pressione corrisponde ad una forza ~F ′ opposta ad ~F che rappresenta quindi unaresistenza esercitata dalla scatola alla nostra azione iniziale. Di fatto noi interpretia-mo tale resistenza come massa. La scatola ha quindi una massa anche se tutti i suoicostituenti non hanno massa, ne’ le pareti stesse della scatola. L’atto di aver confina-to l’energia dei fotoni all’interno della scatola ha dato alla scatola stessa una massa,calcolabile con l’equazione

m =E

c2

La massa è la proprietà mostrata dall’energia quando viene confinata

96.1.2 La scatola ha esperienza del tempo

Immaginiamo la più semplice scatola di fotoni immaginabile, costituita da un unicofotone che si muove perpendicolarmente tra due pareti della scatola. Questa parti-colare scatola è di fatto un orologio, in quanto il movimento del fotone è un motoperiodico. Un ticchettio dell’orologio corrisponde al tempo che impiega il fotone adurtare due volte la stessa parete della scatola. Di fatto la scatola è un orologio; misu-ra il tempo ed ha quindi esperienza del tempo, sebbene nessuno dei suoi costituentiabbia esperienza del tempo. Infatti i fotoni non hanno massa e quindi per loro iltempo è fermo.

96.1.3 La nascita della massa e del tempo

La massa non è una caratteristica intrinseca della materia, quanto una proprietà cheemerge nel momento in cui confiniamo dell’energia in un luogo definito. Tale confi-namento avviene attraverso continue interazioni che vincolano i costituenti a rima-nere confinati, ed è il flusso causale di tali interazioni che definisce lo scorrere deltempo.

96.2 Il corrispondente della scatola di fotoni nella realtà

Consideriamo un singolo neutrone formato da tre quarks: essi sono descritti dalmodello standard come tre particelle senza massa che acquistano massa interagendocon il campo di Higgs. Interagendo poi tra loro attraverso l’interazione forte, essisono confinati all’interno di una regione di spazio molto piccola che di conseguenzaacquista massa... la massa del neutrone! I singoli quarks sono l’equivalente dei fotonidella scatola, il neutrone è la scatola. Il neutrone ha massa a causa dell’energia diinterazione tra i singoli quarks e di conseguenza il neutrone ha esperienza del tempo,tanto che decade.

190

191 Scheda96. The Photon Box

Autore: Andrea de Capoa 27 Apr 2018

Parte XII

Meccanica quantistica

192

Scheda 97Radiazione di corpo nero97.1 Cosa vuol dire nero?

Noi vediamo un oggetto solo quando la luce lo illumina e la luce da esso diffusaarriva ai nostri occhi. Se un oggetto assorbe tutte le frequanze luminose tranne ilrosso, allora diciamo che quell’oggetto è di colore rosso, in quanto la luce che arrivaai nostri occhi è rossa. Se un oggetto diffonde tutte le frequanze luminose, allora noidiciamo che quell’oggetto è bianco.

Un oggetto è nero quando assorbe tutta la radiazione luminosa incidente sudi essoa.

aL’esempio che ho fatto parla di luce visibile solo per utilizzare concetti comunemente notinella vita quotidiana, ma il concetto deve essere in realtà inteso come esteso all’intero spettroelettromagnetico.

97.2 Emissione di corpo nero

97.2.1 Spettro della radiazione

Consideriamo un corpo nero ad una determinata temperatura costante. Se esso as-sorbe radiazione luminosa, deve necessariamente riemettere la stessa quantità dienergia per poter mantenere la temperatura costante. L’emissione di energia avvienetramite emissione di radiazione elettromagnetica secondo uno spettro di lunghezzed’onda di equazione ben determinato.

R(λ, T ) =2hc2

λ5

1

ehcλKT − 1

97.2.2 Legge di Stefan-Boltzmann

La potenza totale emessa dal corpo nero è proporzionale alla quarta potenza dellatemperatura. Tanto più il corpo è caldo, tanta più energia emette, ogni secondo, sottoforma di radiazione elettromagnetica.

P = σT 4

Fig. 97.1: L’andamento delle curve di Planck per il corpo nero. In ascissa la lunghezza d’onda, in ordinatal’intensità della radiazione.

con σ detta costante di Stefan-Boltzmann

σ =2K4π5

15c2h3

97.2.3 Legge di Wien

Se adesso guardiamo per quale valore di lunghezza d’onda avviene la massimaemissione di energia avremo che

Tλmax = b

193

194 Scheda97. Radiazione di corpo nero

con b detta costante dello spostamento di Wien

b = 2.8977685(51) · 10−3mK

97.3 La spiegazione del fenomeno

La teoria classica dell’elettromagnetismo non è in grado di dare una spiegazione allaradiazione di corpo nero. Come si vede in figura 97.1, la curva corrrispondente al-la previsione classica è completamente differente dalla spiegazione, in accordo coni dati sperimentali, data da Plank. Per ottenere il corretto spettro della radiazione,Max Plank ipotizzò che la radiazione elettromagnetica potesse essere emessa ed as-sorbita dal corpo nero, unicamente in quanti di energia il cui valore era dipendentedalla frequenza della radiazione

E = hν

dove E è l’energia del singolo quanto di radiazione, ν è la sua frequenza e h è lacostante di Plank

h = 6, 62606957(29) · 10−34 J · s

Autore: Andrea de Capoa 17 Mag 2016

Scheda 98Effetto fotoelettrico98.1 Il fenomeno

Mandando un’onda elettromagnetica contro un materiale (tipicamente un metallo),è possibile estrarre da esso un elettrone. L’energia dell’elettrone emesso dipenderàdal tipo di materiale e dalla frequenza della radiazione elettromagnetica incidente.La luce è fatta di particelle chiamate fotoni; l’energia del singolo fotone è

Eγ = hν

come ipotizzato da Max Plank nella spiegazione dello spettro di radiazione del corponero. Detta ψ l’energia di legame dell’elettrone all’interno del materiale, l’energiacinetica dell’elettrone emesso sarà

Ecin = hν − ψ

Questa formula ci dice che l’energia dell’elettrone emesso non dipende dall’intensitàdell’onda elettromagnetica incidente; se la frequenza dell’onda incidente non è taleper cui il singolo fotone sia in grado di estrarre l’elettrone, allora tale elettrone nonpuò essere estratto, indipendentemente dalla quantità totale di energia incidente.Ogni elettrone può assorbile un singolo fotone; se quel singolo fotone ha sufficien-te energia, allora l’elettrone viene estratto, altrimenti no. Aumentando l’intensitàdell’onda elettromagnetica, si aumenta ilnumero di fotoni incidenti sul metallo, nonl’energia del singolo fotone che è invece determinata dalla sola frequenza dell’onda.

Se adesso scriviamo l’energia di legame dell’elettrone nella forma

ψ = hν0

definiamo la frequenza di soglia ν0 olytre la quale una radiazione luminosa è ingrado di estrarre un elettrone da un determinato materiale. L’energia cinetica dell’e-lettrone emesso risulta quindi

Ecin = h (ν − ν0)

98.2 Considerazioni sul fenomeno

La spiegazione di questo fenomeno è possibile solo attraverso l’ipotesi dell’esisten-za del fotone, la particella associata alla radiazione elettromegnetica di energia di-pendente dalla frequenza. Nell’ipotesi classica di un’onda elettromagnetica nonquantizzata, tale fenomeno non sarebbe spiegabile.

Fig. 98.1: L’energia cinetica dell’elettrone emesso da una lamina di zinco in funzione della frequenza dlla luceincidente. Per frequenze al di sotto di un certa frequenza di soglia, l’elettrone non viene emesso.

Autore: Andrea de Capoa 26 Mag 2016

195

Scheda 99Modelli Atomici99.1 Modello atomico di Democrito

Fig. 99.1: Un atomo nelmodello di Democrito

La prima ipotesi dell’esistenza degli atomi fu formulatada Democrito nell’antica Grecia semplicemente immagi-nando un oggetto indivisibile. La stessa parola a-tomo si-gnifica non-divisibile. Tale modello era più che altro un’i-potesi e non la conseguenza di una ricerca scientifica, inquanto a quei tempi non esistevano le capacità tecnicheper fare una tale ricerca. Dovranno passare molti secoliprima che le conoscenze tecnologiche possano essere ta-li da indagare sulla struttura della materia a dimensioni

dell’ordine di grandezza del nanometro.

99.2 Modello atomico di Thomson

99.2.1 Struttura

Fig. 99.2: Un atomo nel modellodi Thomson

Il modello atomico di Thomson descrive l’atomo co-me una sfera carica positivamente con all’interno uncerto numero di elettroni carichi negativamente. Que-sto tipo di modello è stato definito modello a panet-tone in analogia con un panettone nel quale l’uvettaall’interno rappresenta gli elettroni nell’atomo. Tut-ta la massa dell’atomo è uniformemente distribui-ta sul volume occupato; questo ha come conseguen-za che la densità dell’atomo sia relativamente bassa.Esperimenti successivi dimostreranno che questa previsione del modello è falsa.

99.2.2 Formulazione del modello

Thomson fornulò il suo modello studiando i raggi catodici, flussi di particelle caricheestratte da metalli sottoposti all’azione di forti differenze di potenziale. Thomson

verificò che tali raggi erano costituiti sempre dalle stesse particelle, identificate conl’elettrone, indipendentemente dal metallo da cui venivano estratte. Thomson nededusse che tali particelle dovevano essere quindi costituenti di base degli atomi diqualunque sostanza.

99.3 Modello atomico di Rutherford

Fig. 99.3: Un atomo nel modello diRutherford

L’esperimento di Rutherford ha permesso di capireche la quasi totalità della massa dell’atomo è conte-nuta in un volume estremamente piccolo al centrodel volume occupato dall’atomo. Il modello atomi-co proposto da Rutherford descrive l’atomo in ana-logia ad un piccolo sistema planetario nel quale glielettroni negativi ruotano intorno ad un nucleo cen-trale positivo. Le dimensioni del diametro di talenucleo sono state stimate essere minori di circa unfattore 104.

99.3.1 Esperimento di Rutherford

La scoperta dell’esistenza di un nucleo all’interno dell’atomo che contiene quasi tut-ta la massa dell’atomo stesso ed ha un diametro diecimila volte minore di quellodell’atomo, è stata ottenuta con l’esperimento di Rutherford.

Ruterford mandò delle particelle α contro una sottile lamina d’oro. Tali particel-le , formate da due protoni e due neutroni, hanno un diametro diecimila volte piùpiccolo di quello di un atomo ed una massa pari a quella dell’atomo di elio. Cosa cisi aspettava di vedere? Credendo che l’atomo fosse una sfera tutta piena di materia,la sua densità risultava molto bassa; visto che le particelle alpha sono molto piccolee molto dense lo avrebbero attraversato in linea retta senza essere deviate (un po’come sparare un proiettile di fucile contro un cuscino di piume). Quello che peròaccadde è che alcune particelle venivano deviate, mentre altre addirittura tornavanoindietro. L’unica spiegazione possibile è che la massa dell’atomo non sia uniforme-

196

197 Scheda99. Modelli Atomici

mente distribuita al suo interno, ma concentrata in un nucleo molto piccolo al suointerno.

Vi consiglio di guardare i seguenti video per capire meglio ed approfondire l’ar-gomento.

Fig. 99.4: Guarda il video youtu.be/5pZj0u_XMbc

Fig. 99.5: Guarda il video youtu.be/s4rTK3MkmE8

Fig. 99.6: Guarda il video youtu.be/jaqujJOFsRA

99.3.2 Problematiche aperte

In un tale modello atomico rimangono però aperte due problematiche: la prima ri-guardo alla stabilità degli atomi stessi, la seconda relativa agli spettri di assorbimentoed emissione degli atomi. Vediamole adesso nel dettaglio tali problematiche. Esseverranno poi superate con il modello atomico di Bohr.

• Un elettrone che orbita intorno ad un nucleo sta ovviamente subendo un’ac-celerazione centripeta. Ne consegue che deve emettere energia sotto forma diradiazione elettromagnetica detta radiazione di sincrotrone. La conseguente per-dita di energia porterebbe l’elettrone su orbite con raggi sempre minori, fino acollassare sul nucleo. Il fatto stesso che la materia come la conosciamo è stabile,implica che gli atomi di cui è costituita siano stabili.

• Un elettrone che cambia il livello orbitale su cui orbita, emette energia sottoforma di onde elettromagnetiche. Nel modello di Rutherford ogni possibile or-bita ed ogni possibile livellpo energetico sono ammessi, e di conseguenza glielettroni sono in grado di assorbire ed emettere radiazione di ogni possibile fre-quenza. Gli spettri di emissione ed assorbimento degli atomi, invece, mostranochiaramente che la luce è assorbita ed emessa con spettri a righe, ad indicareche solo ed unicamente fotoni di fissata energia possono essere assorbiti odemessi.

198 Scheda99. Modelli Atomici

99.4 Modello atomico di Bohr

Fig. 99.7: Un atomo nel modello diBohr

Il modello atomico di Bohr introduce nel modellodell’atomo il concetto di dualismo onda-corpuscolo,in particolare introducendo la quantizzazione delmomento angolare dell’elettrone su di orbite circo-lari centrate nel nucleo. Questo dava spiegazionesia della stabilità degli atomi, sia degli spettri diemissione ed assorbimento degli stessi, superando iproblemi ancora irrisolti dal modello di Rutherford.

Per una trattazione più approfondita vedi lascheda 100

Autore: Andrea de Capoa 17 Giu 2017

Scheda 100Modello atomico di Bohr100.1 Mappa della scheda

Utilizza questa mappa per studiare questa scheda. I contenuti spiegati nelle variesezioni sono qui organizzati allo scopo di rendere più agevole lo studio.

Modello atomico di Bohr

Quantizzazione delmomento angolare Orbite circolari

Spiegazione deglispettri atomici

Spiegazione dellastabilità degli atomi

Calcolo delraggio dell’orbita

Calcolo dell’energiadell’orbita

100.2 Problematiche sul modello di Rutherford

Il modello atomico di Rutherford, sebbene sia stato un passo in avanti significativorispetto al modello di Thomson, presenta due problemi non trascurabili.

1. L’elettrone dovrebbe collassare sul nucleo. L’elettrone che ruota intorno alnucleo è una carica accelerata e come tale emette radiazione di sincrotrone.Perdendo energia, la sua orbita deve avvicinarsi sempre più al nucleo fino acollassare su di esso.

2. L’elettrone dovremme essere in grado di assorbire ed emettere radiazione elet-tromagnetica di qualunque frequenza. Dal momento che il raggio dell’orbi-ta dell’elettrone nel modello di Rutherford può assumere qualunque valorein modo continuo, allora esso può avere qualunque valore di energia e quin-di, nel passare da un’orbita ad un’altra può assorbire ed emettere radiazioneelettromegnetica di qualunque energia.

Entrambe queste previsioni risultano false. E’ ovvio che le orbite degli elettroni noncollassano sui nuclei, perchè altrimenti la materia come la conosciamo non esiste-rebbe. E’ ovvio dall’analisi degli spettri di emissione ed assorbimento degli atomiche gli elettroni all’interno degli atomi possono scambiare energia soltanto in mododiscreto.

100.3 L’idea di base

Il modello atomico di Bohr1. ipotizza che gli elettroni occupino orbite circolari intorno al nucleo

2. introduce il dualismo onda-corpuscolo associando ad un elettrone diimpulso ~p una lunghezza d’onda λ = h

p

Dal momento che l’elettrone ha un comportamento ondulatorio, allora per evi-tare che l’elettrone faccia interferenza distruttiva con se stesso è necessario che, lun-go l’orbita, l’onda dell’elettrone si richiuda perfettamente su se stessa. Nella figura100.1 è mostrato graficamente il significato di tale relazione. Matematicmente questocomporta che

2πr = nλ con n ∈ N (100.1)

Sostituendo la lunghezza d’onda associata all’elettrone in questa relazione otte-niamo

2πr = nh

pcioè 2πr = n

h

mV

199

200 Scheda100. Modello atomico di Bohr

n=6

e−

n=5e−

P+

Fig. 100.1: In nero due orbite ammesse nel modello di Bohr nei casi con n = 5 ed n = 6; in rosso un’orbitaintermedia non ammessa.

da cuiV =

nh

2πmr=n~mr

o analogalmente

mV r =nh

2π= n~

Quest’ultima relazione mostra in modo esplicito, per orbite circolari, come l’equa-zione 100.1 implichi la quantizzazione del momento angolare dell’elettrone.

Avendo assunto che le orbite degli elettroni siano circolari, e considerando unelettrone che ruota intorno ad un nucleo con numero atomico Z, il raggio dell’or-bita dell’elettrone, corrispondente all’intero n, sarà ottenibile con i seguenti passag-

gi. Cominciamo con l’affermare che, essendo l’orbita circolare, la forza centripetanecessaria è data dalla forza di Coulomb tra l’elettrone ed il nucleo

mV 2

rn= K

Ze2

r2n

da cui

n2~2

mr3n

=KZe2

r2n

rn =n2~2

KZme2=

n2~2

KZme2

Il raggio dell’orbita è quindi quantizzato secondo il numero quantico n ∈ NAnalogalmente anche l’energia dell’elettrone risulta quantizzata. L’energia del-

l’elettrone è data dalla somma della sua energia cinetica e dell’energia potenzialeelettrostatica. Per cui

En =1

2mV 2 −KZe2

rn

En =n2~2

2mr2n

−KZe2

rn

Sostituendo il valore del raggio dell’orbita avremo

En =n2~24π2K2Z2m2e4

8mπ2n4~4−KZe2KZme2

n2~2

En =K2Z2me4

2n2~2− Z2e4K2m

n2~2

En = −K2Z2me4

2~2· 1

n2

Autore: Andrea de Capoa 17 Mag 2016

Scheda 101Introduzione alla fisica modernaUn percorso che dalla Grecia di duemila anni fa ci porta alla scoperta della strut-

tura di base di cui è fatta tutta la materia del nostro universo.

101.1 Poche semplici domande

• Come mai il vapore aqueo, l’acqua del mare ed il ghiaccio hanno proprietàtanto differenti? in fondo sono tutti e tre fatti di sola acqua!

• Come mai i diamanti di un anello e la grafite della mina di una matita han-no proprietà tanto differenti se sono fatte tutte e due dello stesso elemento, ilcarbonio?

• Cos’è il fuoco?

• Perchè nel mondo vediamo che esistono centinaia di migliaia di sostanze dif-ferenti?

• Perchè attraverso l’aria posso muovermi ma non posso attraversare un muro?

Tutte queste sono domande la cui risposta può essere data solo se studiamo com’èfatta la materia nei suoi costituenti di base. Studiando le particelle elementari di cuiè fatta tutta la materia, e studiando il modo con cui esse interagiscono, possiamocapire il comportamento della materia intorno a noi.

101.2 Empedocle e Democrito

Fig. 101.1: Empedocle

Il primo tentativo di spiegare in modo semplice la moltitu-dine di sistanze presenti in natura fu fatto da Empedocleai tempi della Grecia antica. Egli identificò nei quattro ele-menti acqua, acqua, terra e fuoco gli elementi costituentidi ogni cosa. Non era un’idea tanto assurda, visto che ha

identificato proprio quattro degli stati in cui si può trovare la materia: liquido, gas,solido e plasma.

Fig. 101.2: Democrito

Un secondo passo importante fu fatto da Democrito, ilquale ipotizzò che tutta la materia fosse fatta da elemen-ti costituenti indivisibili, che chiamò atomi. Più che unaricerca scientifica, quella di democrito fu un’ipotesi che aquei tempi non c’era modo di verificare sperimentalmente.Quest’idea rimase comunque valida per molti secoli; gli al-chimisti prima ed i chimici successivamente, studiarono lecaratteristiche dei vari elementi chimici e dei loro composti, identificando in essi gliatomi di democrito.

Fig. 101.3: I quattro elementi

201

202 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

101.3 Newton

Fig. 101.4: Newton

Fu Isaac Newton che per primo formalizzò i princi-pi della dinamica e con la formulazione della legge digravitazione universale

F = GM ·mr2

diede una descrizione per quel tempo molto accurata del-la forza di gravità. La forza di gravità che fa cadere glioggetti sulla Terra non era, in linea di principio la stessaforza che fa muovere i pianeti intorno al Sole. Newtonper primo dimostrò invece il contrario ed unificò la de-

scrizione della forza di gravità sulla Terra con la descrizione della forza di attrazionetra corpi celesti, riportando entrambe alla stessa natura: la forza gravitazionale.

Ulteriori progressi nella descrizione della forza grafitazionale saranno poi fatticon Albert Einstain e la sua teroia della relatività generale.

101.4 Mendeleev

Lo studio della chimica e delle differenti reazioni chimiche che potevano avvenire tradifferenti composti, ha permesso di sviluppare l’idea di Democrito, ed identificarepoco più di 100 differenti elementi chimici.

Fig. 101.5: Mendeleev

Attraverso la loro combinazione potevano esserespiegate le caratteristiche di tutte le sostanze chimicheconosciute.

Fu Mendeleev che nel 1869 propose di rappresenta-re tutti gli elementi chimici in uno schema ordinato cheadesso chiamiamo tavola periodica degli elementi. La rap-presentazione di tutti gli elementi conosciuti in tale sche-ma non solo permise di prevedere la scoperta di tre ele-menti chimici al tempo sconosciuti, quali lo scandio, il

gallio e ed il germanio; ma permise anche di prevedernele proprietà chimiche prima ancora della loro scoperta.

La tavola periodica rappresentava gli elementi chimici rappresentando in colon-na gli elementi con proprietà chimiche analoghe; percorrendo le colonne dall’altoverso il basso si ottenevano elementi sempre più massivi e sempre più instabili. Con-tando inoltre gli elementi sulla proma riga essi sono 2 = 2 · 1; sulla seconda e sullaterza sono 8 = 2 · (1 + 3); sulla quarta e sulla quinta sono 18 = 2 · (1 + 3 + 5); sullasesta e sulla settima sono 32 = 2 · (1 + 3 + 5 + 7).

Il fatto che gli elementi fossero organizzabili in una struttura ordinata che rispec-chiava analogie nelle caratteristiche chimiche e fisiche e ricorrenze matimatiche bendefinite, fece supporre che doveva esserci una qualche struttura interna che desseragione di tali analogie.

Fig. 101.6: Tavola periodica

203 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

101.5 Rutherford

Fig. 101.7: Rutherford

L’esperimento di Ruterford per la prima volta dimostrò l’e-sistenza di una struttura interna agli atomi. Utilizzandoparticelle α, le cui dimensioni sono diecimila volte mino-ri di quelle degli atomi, potè indagare la struttura internadegli atomi. Nonostante il nome dato da Democrito, l’ato-mo non era più indivisibile, ma aveva una struttura interna.Con le informazioni di Rutherford e le informazioni sui de-cadimenti radioattivi, fu breve il passo per arrivare a com-prendere che la totalità degli elementi chimici è spiegabile

utilizzando unicamente tre paticelle: protoni, neutroni ed elettroni. A questo puntotutta la materia era descritta da queste tre particelle e da due forze: la forza di gravitàe l’elettromagnetismo.

101.6 Nuove particelle

La capacità di costruire le prime camere a nebbia permise la possibilità di osservarei raggi cosmici e questo fu il primo passo che portò alla scoperta del positrone, delmuone e di molte altre particelle. Queste particelle lasciavano una traccia all’internodel rivelatore; dall’analisi di quella traccia era possibile risalire ai valori di caricaelettrica e di massa, e quindi all’identificazione della particella.

Non solo sempre nuove particelle venicano scoperte, ma si osservavano anche iloro decadimenti. Le particelle ad un certo punto della loro vita, decadono lasciandoil posto ad altre particelle.

La scoperta di nuove particelle, dei loro decadimenti, dell’antimateria, e di tut-ta una serie di fenomeni legati alle particelle, ha portato i ficisi ad approfondire laricerca tramite la costruzione degli acceleratori di particelle. prima dell’era degli ac-celeratori, la fonte primaria di particelle erano i raggi cosmici. All’aumentare delleenergie richieste, i raggi cosmici sono sempre più rari, ed era quindi necessario poterprodurre le particelle in modo controllato nei laboratori. Lo scopo degli accelerato-ri era quello di produrre nuove particelle, creandone la massa a partire dall’energia

Fig. 101.8: La scoperta del positrone, la prima particella di antimateria osservata.

cinetica data alle particelle iniziali, secondo l’equazione E = mc2. La conseguenzadell’utilizzo degli acceleratori è stata la scoperta di letteralmente centinaia di nuoveparticelle, anch’esse soggette a regole ed analogie esattamente come succedeva pergli elementi chimici.

Risultava quindi evidente che un nuovo livello di semplificazione doveva essereraggiunto.

204 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

Fig. 101.9: La scoperta della particella Ω−

101.7 Il dualismo onda-corpuscolo

Fig. 101.10: La radiazione di corpo nero

Nei primi anni del novecendo lo stu-dio della radiazione di corpo nero daparte di Heisemberg, lo studio del-l’effetto Compton da parte del fisicoA. H. Compton, e lo studio dell’ef-fetto fotoelettrico da parte di AlbertEinstain, furono la base della mec-canica quantistica, la quale descrive-va i fenomeni naturali in un modocompletamente differente da quantoprecedentemente fatto fino ad alloracon la meccanica Newtoniana.

In particolare questi tre esperi-

menti mostrarono come la luce si comportasse, a seconda dei vari casi, a volte comeun’onda ed a volte come una particella. Questa fu una delle scoperte che portaronoalla formulazione della meccanica quantistica, nella quale le particelle erano descritteda funzioni di probabilità di misurare, se osservate, determinate caratteristiche.

Allo stesso modo, come la luce, che è ovviamente un fenomeno ondulatorio, mo-stra comprtamenti di particella, analogalmente le particelle mostrano comportamen-ti di onda. Fu il fisico Louis de Broglie che associò ad ogni particella una lunghezzad’onda legata all’impulso della particella ed alla costante di Plank

λ =h

p

101.8 l’ipotesi dei quark

Fig. 101.12:Un protone

Nel 1964 Murray Gell-Mann e George Zweig ipotizzarono che tut-te le particelle potessero essere descritte come combinazioni di tresole particelle fondamentali che chiamarono quark. All’aumenta-re delle energie degli acceleratori, si disponeva quindi di particelledi lunghezza d’onda sempre minore e quindi in grado di indagarela struttura interna dei protoni, analogalmente a quanto fece Ru-therford con gli atomi. Gli esperimenti evidenziarono all’interno

del protone una struttura composta da tre particelle. Le tre particelle sono estre-mamente legate tra loro, tanto che per separale l’energia necessaria sarebbe tale dacreare nuova materia prima ancora che le particelle si separino.

101.9 Le forze come scambio di particelle

La scoperta della natura corpuscolare della luce ed il collegamento della luce conl’elettromagnetismo apre le porte alla formulazione di una descrizione dell’elettro-magnetismo come una interazione che avviene a causa dello scambio di un fotonetra due cariche elettriche. L’idea che un’interazione sia di fatto lo scambio di unaparticella, si ripropone anche per le altre interazione fondametali. La forza elettro-magnetica è descritta dallo scambio di un fotone; l’interazione debole, causa dei de-

205 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

Fig. 101.13: un’interazione tra particelle consiste in uno scambio di un bosone

cadimenti, è mediata dai bosoni W± e Z0; l’interazione forte è mediata da particellechiamate gluoni. Queste particelle, insieme a quelle costituenti della materia, entranoin un’unica teoria delle particelle chiamata Modello standard.

101.10 Il modello standard e il bosone di Higgs

Fig. 101.14: PeterHiggs

Tutta la materia e tre delle quattro interazioni fondamentalisono spiegate da sedici particelle. Quello che ancora non ve-niva spiegato era la massa delle singole particelle. Il modellostandard descrive infatti tutte le particelle come puntiformisenza coinvolgere la loro massa.

Per descrivere anche la massa delle particelle, Peter Higgsnel 1964 avanzò l’ipotesi dell’esistenza di un campo scalare

che pervade tutto l’universo e con il quale le particelle interagiscono. La differentemassa delle varie particelle sarebbe la conseguenza di come queste interagiscono conil campo di Higgs. Come per tutti i campi, al campo di Higgs corrisponde un bosone

la cui individuazione, nel 2012, ha permesso di avere la prima verifica sperimentaledella teoria di Higgs.

R/G/B

2/3

1/2

2.3 MeV

up

u

R/G/B

−1/3

1/2

4.8 MeV

down

d−1

1/2

511 keV

electron

e

1/2

< 2 eV

e neutrino

νe

R/G/B

2/3

1/2

1.28 GeV

charm

c

R/G/B

−1/3

1/2

95 MeV

strange

s

−1

1/2

105.7 MeV

muon

µ

1/2

< 190 keV

µ neutrino

νµ

R/G/B

2/3

1/2

173.2 GeV

top

tR/G/B

−1/3

1/2

4.7 GeV

bottom

b−1

1/2

1.777 GeV

tau

τ

1/2

< 18.2 MeV

τ neutrino

ντ±1

1

80.4 GeV

W±1

91.2 GeV

Z

1photon

γ

color

1gluon

g

0

125.1 GeV

Higgs

H

graviton

strongnuclear

force(color)

electromagnetic

force(charge)

weak

nuclearforce

(weak

isospin)

gravitationalforce(m

ass)

chargecolorsmass

spin

6quarks

(+6anti-quarks)

6leptons

(+6anti-leptons)

12 fermions(+12 anti-fermions)increasing mass→

5 bosons(+1 opposite charge W )

standard matter unstable matter force carriersGoldstone

bosonsoutside

standard model1st 2nd 3rd generation

Fig. 101.15: Il modello Standard con il bosone di Higgs.

206 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

101.11 Sviluppi futuri

Fig. 101.16: Struttura della materia, daicomposti, agli atomi, alle particelle, ai quark,alle stringhe.

Se adesso guardiamo la struttura dello sche-ma del modello standard, troviamo del-le analogie con quanto già succedeva nellatavola periodica.

Muovendosi dall’alto verso il basso nel-lo schema del modello standard otteniamoparticelle dalle differenti caratteristiche; me-tre muovendosi in orizzontale sullo schemale particelle hanno caratteristiche simili (co-me per esempio la carica elettrica o il numerobarionico). Muovendoci in orizzontale, inol-tre, il modello standard prevede particellesempre più massive e sempre più instabili.

Nella tavola periodica questo avveniva inmodo simile, per cui muovendosi in orizzon-tale sullo schema si avevano colonne di ele-menti chimici con propriètà chimiche analo-ghe, mentre muovendosi sullo schema dal-

l’alto verso il basso si ottenevano elementi sempre più massivi e sempre piùinstabili.

Per questo motivo molti fisici avanzano l’ipotesi che esista un nuovo livello disemplificazione che descriva tutte le particelle del modello standard utilizzando unnumero minore di elementi. Di qui l’ipotesi dell’esistenza di particelle fondamentalidette prioni o teorie delle stringhe che descrivono ogni particella come divers stati dioscilazione di oggetti chiamati stringhe. Tutte queste sono belle idee, ma non esisteancora alcuna indicazione sperimentale della loro veridicità.

101.12 Le GUT

Nel modello standard manca la descrizione quantistica dell’interazione gravitazio-nale. Il motivo è che rispetto alle tre precedenti, l’interazione gravitazionale è estre-mamente debole e mal si concilia con le precedenti. Inoltre, l’attuale descrizionedella forza di gravità, data dalla teoria della relatività generale di Einstain, non pre-vede alcun tipo di quantizzazione. Probabilmente la descrizione quantistica dellaforza di gravità avviene ad energie ancora troppo grandi per i nostri acceleratori enon possiamo ancora esplorare tale fenomeno.

Fig. 101.17: Il modello GUT di grande unificazione

101.13 L’oscillazione dei neutrini

Di tutte le particelle del modello standard i neutrini giocano un ruolo particolarmen-te importante. Sono particelle che interagiscono molto poco con la materia, bastipensare che la stragrande maggioranza di loro attraversa in mostro pianeta senzaminimamente interagire con esso. Non conosciamo il valore della loro massa, in

207 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

quanto questa è tanto piccola da essere paragonabile agli errori di misura dei nostristrumenti. Sappiamo però che essi hanno una massa in quanto si è visto che essicambiano sapore quando viaggiano per lunghe distanze.

Fig. 101.18: Il decadimento del pione

In un fascio composto intera-mente da neutrini del muone νµ do-po un certo periodo di tempo è pos-sibile trovare neutrini ντ della parti-cella τ . Per vedere questo i ricercato-ri del CERN hanno prodotto fasci dimuoni utilizzando il decadimento di

pioni. Il fascio di neutrini è stato prodotto in modo tale da essere diretto esattamenteverso i laboratori INFN del Gran-Sasso dove è stato possibile rilevarli. Al Gran-Sassohanno osservato diverso neutrini ντ all’interno del fascio di neutrini νµ provenientidal CERN.

Fig. 101.19: Il percorso dei neutrini dal CERN al Gran Sasso

101.14 Nascita ed evoluzione dell’universo

Fig. 101.20: Storia dell’universo: da wikipedia: Una rappresentazione grafica dell’espansione dell’univer-so, in cui due dimensioni spaziali non sono rappresentate. Le sezioni circolari della figura rappresentanole configurazioni spaziali in ogni istante del tempo cosmologico. La variazione di curvatura rappresental’accelerazione dell’espansione, iniziata a metà dell’espansione e tuttora in corso. L’epoca inflazionaria ècontraddistinta dalla rapidissima espansione della dimensione spaziale sulla sinistra. La rappresentazio-ne della radiazione cosmica di fondo come una superficie, e non come un cerchio, è un aspetto graficoprivo di significato fisico. Analogamente in questo diagramma le stelle dovrebbero essere rappresentatecome linee e non come punti.

Lo studio delle particelle elementari ci ha permesso di comprendere i meccani-smi di funzionamento delle stelle, dalla loro fomazione ed evoluzione fino alla loromorte; gli stessi principi ci hanno permesso di avere un modello dell’evoluzione del-l’universo dai primi istanti di vita fino ai giorni nostri. L’osservazione delle galassielontane ha infatti permesso di determinare che tutte le galassie si stanno all’ntanando

208 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

da noi con una velocità proporzionale alla loro distanza da noi. Questo fatto è statointerpretato come un’espansione dell’universo stesso, piuttosto che un movimentodelle galassie all’interno dell’universo. Questa espansione, ripercorsa indietro neltempo, ci porta ad una contrazione dell’universo fino alle dimensioni di un puntosingolare. nel fare questo percorso al contrario nel tempo, le conoscenze ottenutein laboratorio ci hanno permesso di comprendere ciò che accadde in passato fino altempo t = 10−32 s. Ciò che accadde prima è ancora fuori dalla nostra portata.

Fig. 101.21: Mappa della radiazione cosmica di fondo.

Ciò che accadrà invece nel futuro è molto più incerto. L’universo potrebbe espan-dersi all’infinito raffreddandosi sempre di più; potrebbe invece espandersi asintoti-camente stabilizzandosi verso un determinato valore del suo volume, o riprendere acontrarsi verso una sorta di BigBang al contrario. Un fatto cruciale per determinarequale sarà l’evoluzione del nostro universo, è determinare quanta massa e quantaenergia siano presenti. In un’analogia con il lancio di un satellite intorno alla Ter-ra, se l’energia potenziale gravitazionale del satellite predomina sull’energia cineticadello stesso, allora il satellite è destinato a ricadere sulla superficie. Se l’energia ci-netica è superiore all’energia potenziale gravitazionale, allora il satellite è destinato

a perdersi nello spazio. In modo analogo per il nostro universo, la presenza di mas-sa determina la presenza di energia potenziale gravitazionale e quindi la tendenzaa rallentare l’espandsione; la presenza di energia cinetica determina invece la ten-denza ad aumentare il ritmo dell’espansione. Per determinare il futuro del nostrouniverso è determinante sapere quanta massa e quanta energia ci siano dentro diesso.

101.15 La materia oscura

Lo studio della rotazione delle stelle intorno alle galassie è concettualmente piutto-sto semplice. Il movimento delle stelle intorno al nucleo della galassia è un motocircolare la cui forza centripeta è data dall’attrazione gravitazionale tra le stelle dellagalassia stessa.

Fig. 101.22: velocità di rotazione delle stelle intorno alla galassia M33.

209 Scheda101. Introduzione alla fisica moderna

Osservando quindi la luce proveniente dalle stelle è quindi possibile conoscerela loro posizione e la loro velocità, ed è quindi possibile predire il loro movimentointorno al centro della galassia. I dati sperimentali però sono in netta contraddizionecon le previsioni teoriche. Dai dati risulta evidente che c’è molta più massa presentenella galassia di quanta siamo effettivamente di grado di vedere. Si stima che la ma-teria visibile nel nostro universo è poi solo il 5% del totale. Il restante viene chiamatomateria oscura. Determinare la natura della materia oscura, oltre che farci progredirenella conoscenza del nostro universo , può darci informazioni sull’evoluzione futuradello stesso, nonchè aprire nuove finestre sulle leggi di fisica fondamentali.

Scheda 102Il CERNUna breve descrizione dell’acceleratore più grande del mondo

102.1 Un concetto basilare

Una delle formule più famose della storia della fisica è

E = mc2

che stabilisce un semplice principio: l’equivalenza tra massa ed energia.

102.2 Perchè accelerare le particelle?

Molte delle particelle che studiamo nel modello standard hanno masse molto gran-di. Per poterle creare e di conseguenza studiere, dovremo partire da energie moltograndi. Per questo motivo prendiamo delle particelle e gli forniamo energia cinetica.

102.3 Come accelero una particella?

L’accelerazione di una particella avviene in quanto essa viene immersa in un campoelettrico.

Negli acceleratori lineari è sufficiente questo, ma per raggiungere energie semprepiù alte avrei bisogno di acceleratori sempre più lunghi. Il passaggio agli acceleratoricircolari permette di accelerare le particelle ad ogni loro giro; è sufficiente vincolarlia muoversi su di un percorso circolare immergendoli in un campo magnetico.

L’accelerazione di un fascio di particelle è però complicata dal fatto che le parti-celle non hanno tutte la stessa identica velocità, e mentre le accelerano non rimen-gono necessariamente insieme. Ecco perchè all’interno del fascio particelle diversedevono essere accelerate in modo differente per poter rimanere impacchettate nelfascio.

Fig. 102.1: Schema di accelerazione lineare

102.4 Come avvengono le collisioni?

Per avere un numero di collisini sufficiente a generare un numero significativo dieventi, è necessario far collidere un numero molto alto di particelle.

In un esperimento a bersaglio fisso le particelle sono raggruppate in fascio cheva ad incidere contro un bersaglio fisso. Molta dell’energia è racchiusa nel centrodi massa e non può essere utilizzata nell’esperimento. In un esperimento di tipocollider, due fasci vengono fatti scontrare uno contro l’altro; l’energia del centro dimassa è nulla e tutta l’energia può essere utilizzata per creare nuova materia.

102.5 Cosa misuro quando rilevo una particella?

Rivelare una particella che vive pochi miliardesi mi secondo e poi decade, significarivelare i prodotti del suo decadimento. Dall’analisi dei prodotti possiamo capire lecaratteristiche della particella iniziale.

210

211 Scheda102. Il CERN

Fig. 102.2: Schema del rivelatore CMS

102.5.1 Prima fase: tracking

La prima fase della rivelazione delle particelle consiste nel sapere con precisione laloro carica elettrica e il loro impulso. Il modo di ottenere queste informazioni è quellodi osservare il percorso che queste particelle fanno immerse in un campo magnetico.

102.5.2 Seconda fase: I calorimetri

Diversi stadi di calorimetri misurano infine l’energia totale delle particelle. Alcunicalorimetri sono specifici per i protoni; altri per gli adroni carichi o neutri; altri pergli elettroni; altri per i fotoni. A seconda di quale rivelatore registra l’energia dellaparticella ho quindi anche informazione su quale sia la particella.

102.6 L’analisi dei dati

L’analisi dei dati consiste principalmente nel verificare l’esistenza di un picco nelnumero di eventi che presentano un determinato schema nel numero e nel tipo diparticelle del decadimento.

Fig. 102.3: Analisi del numero di eventi che presentano un decadimento in µ+ µ−

Fig. 102.4: Decadimento di un tauone

212 Scheda102. Il CERN

Fig. 102.5: Traccia di un decadimento che ha generato due muoni

213 Scheda102. Il CERN

Fig. 102.6: La creazione del bosone di Higgs, a seconda del tipo di decadimento analizzato.

Parte XIII

Laboratorio

214

Scheda 103Mappe sull’attività di laboratorioErrori dimisura

Propagazionedegli errori

Tecniche di misura

Misure ripetuteT = Tmedio

Ea = Tmax−Tmin2

Misure cumulateT = Tn

n

Ea = Ea−nn

Tipologiedi errori

statistici

sistematici

assoluti

relativiEr = Ea

Mis

Somma digrandezze

Ea+ = Ea1 + Ea2

Prodotto digrandezze

Er· = Er1 + Er2

Propagazionegaussiana

σ2y =

∑i

(∂y∂xi

)2

σ2xi

Autore: Andrea de Capoa 6 Apr 2017

215

Scheda 104Errori di misuraVedi anche il video:

Fig. 104.1: Guarda il video youtu.be/x15bIfYlhys

104.1 Il valore della misura e l’errore assoluto

Fig. 104.2: Misura del diametro di una monetautilizzando un righello.

Prendiamo un righello e misuriamo ildiametro di una moneta da 1 euro. Co-me potete vedere in figura 104.2, si puòsolo affermare che il diametro d vale unnumero compreso tra 23mm e 24mm,visto che il bordo della moneta è po-sto tra le due stanghette corrispondentia tali misure.

23mm < d < 24mm

Utilizzando un semplice righello noinon possiamo dire nulla di più preciso.Il risultato finale della nostra misura sarà

d = 23, 5mm± 0, 5mm (104.1)

La grandezza 23, 5mm è il valore della misura; la grandezza 0, 5mm è detta erroreassoluto sulla misura. Entrambe hanno la loro unità di misura.

Se adesso ripetiamo la stessa misura utilizzando uno strumendo migliore, comeper esempio un calibro ventesimale, il valore della misura del diametro della stessamoneta risulta essere

23, 2mm < d < 23, 3mm

d = 23, 25mm± 0, 05mm (104.2)

Cos’è cambiato? Utilizzando uno strumento molto migliore, è stato possibile ese-guire la misura con un livello di incertezza assoluta molto minore. Se con il righellopotevo solo guardare i millimetri e non potevo dire nulla al di sotto del millimetro,con il calibro posso fare affermazioni anche al livello del ventesimo di millimetro.La misura precedente non è sbagliata, semplicemente è più incerta: le due misure,infatti, sebbene diano valori differenti, sono in realtà in perfetto accordo.

104.1.1 Cifre significative

In tutte le misure precedenti sono state scritte un numero di cifre dopo la virgolain base al valore dell’errore assoluto sulla misura. Se l’errore assoluto riguardava laprima cifra dopo la virgola, allora la misura è stata scritta con una sola cifra dopo lavirgola. Se l’errore assoluto riguardasse la terza cifra dopo la virgola, allora la misuradeve essere scritta con tre cifre dopo la virgola anche se queste cifre sono degli zeri.Per cui sono corrette le seguenti misure:

L = 8, 34m± 0, 02m

L = 8, 345m± 0, 002m

L = 8, 3450m± 0, 0002m

In questo modo soltanto l’ultima cifra dopo la virgola è incerta, mentre tutte lealtre sono esatte. Scrivendo ogni misura in questo modo possiamo introdurre il con-cetto di cifre significative. Il numero di cifre significative in una misura è pari alnumero di cifre del numero con esclusione degli zeri che si trovano davanti alla pri-ma cifra non nulla. Le seguenti misure hanno rispettivamente tre, quattro e cinquecifre significative. Ovviamente se cambiassimo unità di misura non cambierebbe ilnumero di cifre significative della misura.

216

217 Scheda104. Errori di misura

M = 8, 34 kg ± 0, 02 kg

M = 8, 340 kg ± 0, 002 kg

M = 0, 083450 kg ± 0, 000002 kg

104.1.2 Errori di misura

Se prima abbiamo visto che ad ogni misura va associata un’incertezza a secondadi come è fatto lo strumento di misura, introduciamo adesso altri due fattori cheinfluiscono in modo molto significativo sul risultato della misura. Essi sono dettierrore statistico ed errore sistematico.

Errore sistematico

L’errore sistematico è un errore dovuto alla qualità degli stumenti utilizzati o al me-todo di misura seguito. Generalmente questo tipo di errore è sempre per eccesso oper difetto. Immaginate di pesarvi su di una bilancia che inizialmente non ha la lan-cetta che punta bene sullo zero, ma, senza che voi siate saliti, segna un kilogrammo;risulta evidente che chiunque salga su quella bilancia misura la sua massa ottenendoun valore di un kilogrammo più grande del valore corretto. Analogalmente se utiliz-zate un righello senza preoccuparvi di far coincidere lo zero con l’inizio del segmentoda misurare, otterrete nuovamente un valore non corretto. Se misurate un intervallodi tempo con un cronometro che ritarda, otterrete un valore inferiore rispetto al va-lore corretto. Per loro natura tali errori sono in linea di principio riconoscibili ed èpossibile correggerli; in tal caso non creano problemi alla misura. Spesso però nonè facile individuare la presenza di un errore sistematico, richiando quindi di noncancellarlo ed ottenere misure non corrette. Errori sistematici possono essere anchedovuti al metodo di misura utilizzato. Immaginiamo di misurare la profondità di unpozzo misurando in quanto tempo un sasso, lasciato cadere nel pozzo, raggiunge ilfondo dello stesso. Per farlo faremo partire il cronometro quando lasciamo cadereil sasso, e fermiamo il cronometro quando sentiamo il rumore del sasso che tocca ilfondo. L’intervallo di tempo che intendevamo misurare è quello che impiega il sassoa cadere; quello che effettivamente abbiamo misurato è però un po’ più lungo, in

quanto il suono dell’impatto del sasso impiega un certo tempo ad arrivare al nostroorecchio.

Errore accidentale

In un processo di misura, anche ammettendo di aver corretto tutti gli errori sistema-tici, esistono tutta una serie di fattori che non sono sotto il nostro diretto controllo.Se immaginiamo di misurare la durata del rosso ad un semaforo con un cronometro,scopriremo che, ripetendo la misura molte volte, non otteniamo sempre lo stesso va-lore, ma otteniamo invece misure che oscillano tra un minimo ed un massimo chedistano tra loro qualche decimo di secondo. Perchè? Scegliendo un cronometro conuna sensibilità di un centesimo di secondo, ed ammettendo che il circuito elettronicoche regola la temporizzazione del semaforo abbia anch’esso incertezze dell’ordinedel centesimo di secondo, la fonte di un tale errore deve essere cercata nel metodo dimisura. Quando facciamo partire il cronometro e quando lo fermiamo noi introdu-ciamo un errore dovuto alla prontezza dei nostri riflessi; nell’azionare il cronometro,a volte lo facciamo troppo presto, a volte troppo tardi, quindi ogni volta otteniamovalori differenti, sbagliati per eccesso o per difetto, anche misurando sempre la stessacosa. Per questo motivo il tipo di errore che facciamo lo chiamiamo errore accidentale.Per sua natura l’errore statistico è meno problematico dell’errore sistematico, sebbe-ne esso non possa essere cancellato o corretto, è però più facilmente riconoscibile epuò essere facilmente ridotto, anche se non può mai essere cancellato.

104.1.3 Misure ripetute

Stabilito che ripetendo tante volte la stessa misura ci si aspetta di ottenere semprerisultati leggermente differenti, in accordo con quanto indicato dall’errore assoluto,cosa possiamo affermare riguardo al risultato della misura dopo un certo numero diprove effettuate? Per rispodendere a questa domanda cominciamo col considerareche è ragionevole pensare che gli errori accidentali capitino con eguale probabilitàsia per difetto che per eccesso. Ci si aspetta quindi che due o più errori accidentali,sommati tra loro, tenderanno statisticamente a cancellarsi.

La questione si risolve quindi affermando che il valore della misura corrispondeal valor medio delle misure effettuate. Per cui, su un numero n di misure xi avremo

218 Scheda104. Errori di misura

Xm =x1 + x2 + x3 + ...+ xn

n

In questo modo gli errori accidentali tenderanno a cancellarsi tra loro permetten-domi di trovare il valore cercato.

Dobbiamo adesso stimare quale sia l’errore assoluto da assegnare alla misura cosìricavata. Una prima stima la si può ottenere valutando la differenza tra la maggioree la minore delle misure effettuate per cui

Ea =xmax − xmin

2

104.1.4 Precisione ed errore relativo

Definiamo la precisione della misura utilizzando l’errore relativo della misura, defi-nito come il rapporto tra l’errore assoluto ed il valore della misura.

Er =Ea

Misura

che nel caso delle misure 104.1 e 104.2 diventa

Er1 =0, 5mm

23, 5mm' 0, 0213 = 2, 13%

Er2 =0, 05mm

23, 25mm' 0, 00215 = 0, 215%

da cui risulta evidente che la seconda misura è molto più precisa. Notate chel’errore relativo non ha una unità di misura, quindi è possibile confrontare la preci-sione di misure fatte su grandezze fisiche non omogenee. Per esempio se scriviamoleseguenti due misure

M = 1, 3 kg ± 0, 1 kg

d = 23, 5mm± 0, 5mm

calcolandone gli errori relativi avremo

ErM =0, 1 kg

1, 3 kg' 0, 077 = 7, 7%

Erd =0, 5mm

23, 5mm' 0, 0213 = 2, 13%

da cui si vede facilmente che la misura più precisa è quella del diametro della mo-neta. Non importa se le due misure siano una di massa e l’altra di lunghezza: i dueerrori relativi sono omogenei e possono essere confrontati.

104.1.5 Valutazione dell’errore su misure indirette

Immaginiamo di avere un oggetto di forma rettangolare e di misurare con un righel-lo la base e l’altezza di quel rettangolo. Immaginiamo che le due misure siano leseguenti:

h = 150 cm± 3 cm;Er = 2%

b = 200 cm± 6 cm;Er = 3%

Il semiperimetro del rettangolo si calcola sommando le due misure e sommandogli errori assoluti sulle misure.

p = 350 cm± 9 cm

L’errore assoluto sulla somma o sulla differenza di misure è pari alla sommadegli errori assoluti sulla misura.

Il perimetro del rettangolo si calcola moltiplicando per 2 il valore del semiperi-metro

2p = 700 cm± 18 cm

L’errore assoluto sul prodotto di un numero per una misura è pari al prodottodi tale numero per l’errore assoluto sulla misura.

L’area del rettangolo si calcola moltiplicando le due misure e sommando gli errorirelativi sulle misure. Ovviamente è necessario calcolare prima l’errore relativo e poiquello assoluto.

A = 30000 cm2 ± 1500 cm2;Er = 5%

L’errore relativo sul prodotto o sulla divisione di misure è pari alla sommadegli errori relativi sulle misure.

219 Scheda104. Errori di misura

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

Scheda 105Distribuzione GaussianaCosa succede se facciamo tante misure ripetute della stessa grandezza fisica? Si-

curamente non otterremo mai lo stesso valore; possiamo comunque chiederci se ivalori che otteniamo saranno molto vicini al valore corretto della misura, oppure pos-siamo chiederci quanto sia probabile ottenere un valore distante dal valore correttopur avendo eseguito bene l’esperimento. Per rispondere a queste domande dob-biamo innanzi tutto mettere su di un grafico i risultati di uno stesso esperimentoeseguito un numero molto alto di volte. In questa scheda mostriamo i risultati di unesperimento nel quale abbiamo misurato il valore del periodo di oscillazione di unpendolo un numero molto alto di volte.

105.1 La distribuzione Gaussiana

Immaginiamo di eseguire un numero molto alto di volte la misura del tempo di oscil-lazione di un pendolo. Come sappiamo non otteremo sempre lo stesso valore; nellatabella 105.1 sono riportati i valori ottenuti misurando il periodo di oscillazione dellostesso pendolo per 4213 volte. Come potete osservare la maggior parte delle volte ilvalore ottenuto si avvicina molto alla media, e solo poche volte si ottengono valorimolto diversi dal valore media. Possiamo dire che tanto più un valore è distante dalvalore atteso, tanto meno è probabile che tale valore venga ottenuto in una misura.Se mostriamo i dati su di un grafico, dove sulle ascisse mettiamo il valore misuratoe sulle ordinate il numero di volte che tale valore è stato ottenuto, vediamo che ildisegno che otteniamo ha una forma a campana che ha una funzione matematica benprecisa ed è chiamata gaussiana. La curva gaussiana è definita da due parametri: ilvalore medio e la varianza. Il valore medio altro non è se non la media di tutti i datisperimentali ottenuti; la varianza è un parametro legato a quanto la curva si allarga equindi a quanto i dati risultano lontani dal valore medio. Per la gaussiana di questoesperimento avremo che

Tmed = 4, 5 s

σT = 0, 3 s

T n T n T n

3,0 0 4,0 144 5,0 1513,1 0 4,1 244 5,1 653,2 0 4,2 357 5,2 393,3 0 4,3 468 5,3 83,4 0 4,4 498 5,4 33,5 0 4,5 556 5,5 03,6 2 4,6 534 5,6 03,7 18 4,7 420 5,7 03,8 35 4,8 350 5,8 03,9 87 4,9 219 5,9 0

Tabella 105.1: Dati sperimentali raccolti in classi dell’ampiezza di 0, 1 s. Per ogni valore riportato dal crono-metro, nella seconda colonna della tabella viene riportato il numero di volte che tale valore è stato visto compariresul cronometro. In totale sono state fatte 4213 misure. La media delle misure viene Tmed = 4, 5 s; la varianza dellemisure vale σT = 0, 3 s

105.2 Il risultato della singola misura

Chiediamoci: se noi eseguissimo un’altra misura, quale valore ci attendiamo chevenga? Sicuramente potrebbe venire un qualunque valore, ma sarà più probabileche venga un valore vicino al valore medio, e sarà meno probabile che venga unvalore distante dal valore medio.

Data la curva gaussiana che è stata ottenuta a seguito dei dati dell’esperimen-to, avremo che il valore della misura ed il corrispondente errore assoluto dovrannoessere scritti nel seguente modo:

T = 4, 5 s± 0, 3 s

che considerando le caratteristiche della curva gaussiana significa: ho il 68, 3% diprobabilità che la prossima misura venga compresa tra un minimo di 4, 2 s ed un massimo di4, 8 s

220

221 Scheda105. Distribuzione Gaussiana

Se non sono soddisfatto della mia affermazione e voglio dire qualcosa di piùsicuro anche se meno preciso allora posso raddoppiare l’errore assoluto e dire

T = 4, 5 s± 0, 6 s

che considerando le caratteristiche della curva gaussiana significa: ho il 95, 5% diprobabilità che la prossima misura venga compresa tra un minimo di 3, 9 s ed un massimo di5, 1 s

Se non sono soddisfatto della mia affermazione e voglio dire qualcosa di ancorapiù sicuro anche se molto meno preciso allora posso triplicare l’errore assoluto e dire

T = 4, 5 s± 0, 9 s

che considerando le caratteristiche della curva gaussiana significa: ho il 99, 7% diprobabilità che la prossima misura venga compresa tra un minimo di 3, 6 s ed un massimo di5, 4 s Anche in quest’ultimo caso ci sarà comunque la possibilità per quanto piccola,che la prossima misura venga al di fuori dell’intervallo atteso.

105.3 Il risultato delle misure ripetute

Il discorso fatto fin’ora riguarda il risultato ottenuto ripentendo una singola misura.Le considerazioni fatte e le previsioni scritte riguardno quindi cosa succederebbe seripetessimo la singola misura. Se però vogliamo rispondere alla domanda: "quantovale il periodo di oscillazione di quel pendolo?" allora ci stiamo riferendo al valore dellamedia di quelle misure. Il nostro set di dati contiene 4213 misure; è intuitivo imma-ginare che un secondo set di 4213 dati, sebbene i dati possano essere molto differenti,produrrà comunque un valor medio estremamente vicino a quello precedente.

Se il risultato di una singola misura di T ha incertezza σT allora il risultato delcalcolo della media T di N misure ha incertezza σT = σT√

N

Nel nostro esempio σT = 0,3 s√4213=0,0046 s

cioè circa 65 volte minore.Il vantaggio nel ripetere tante volte una misura consiste quindi nel diminuire

l’incertezza sulla media di tutte le singole misure.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

3.5 4 4.5 5 5.5 6

100

200

300

400

500

600

T

n

Fig. 105.1: Rappresentazione dei dati sperimentali: essi si distribuiscono con la forma di una gaussiana.

Scheda 106Realizzazione di un’esperienza di laboratorio

Scopo dell’esperienza

Eseguire una misura

Verificare una teoria

Descrivere un fenomeno

Contesto teorico

Formule e concetti relativialla singola misura

Previsione teorica dei risultati

Descrizione dei materiali

Descrizionedegli strumenti

Descrizione dellaprocedura sperimentale

Analisi dei dati

Valutazione deglierrori sistematici

Conclusioni

106.1 Considerazioni preliminari

Un’esperimento di qualunque genere, per avere valore, deve essere ripetibile. Devecioè poter essere eseguito nello stesso identico modo da altre persone in modo cheesse possano confermare la validità del metodo e delle conclusioni.

106.2 Scopo dell’esperienza

La corretta e precisa definizione dello scopo dell’esperienza è il punto centrale del-l’esperienza stessa. Ogni singola azione svolta durante l’esperimento deve esserefinalizzata alla realizzazione dello scopo. Quelle che saranno le conclusioni dell’e-sperienza dovranno essere perfettamente attinenti a quanto dichiarato nello scopo.

Tipicamente gli scopi di un’esperienza possono essere tre:

• misura di una certa grandezza fisica

• verifica di una determinata previsione teorica

• descrizione di un fenomeno

Se misuriamo una grandezza fisica semplicemente otterremo il suon valore conla relativa incertezza; se verifichiamo una legge, confronteremo che una certa previ-sione teorica sia in accordo con il risultato di una misura; infine se descriviamo unfenomeno fisico allora indichiamo l’andamento del valore di una grandezza fisica alvariare di un’altra.

106.3 Fisica dell’esperienza

Prima di procedere con le misure, è necessario inquadrare il contesto teorico all’in-terno del quale tale misura si svolge. Si parlerà quindi dei concetti e delle formuleche hanno a che fare con la misura che si vuole effettuare. Qualora lo scopo dell’espe-rienza sia la verifica sperimentale di una certa legge, allora sarà necessario svolgeretutti i calcoli necessari per predirre il risultato della misura prima che questa vengaeffettuata.

222

223 Scheda106. Realizzazione di un’esperienza di laboratorio

106.4 Descrizione del materiale utilizzato

Ogni singolo oggetto, sia un materiale o uno strumento di misura, deve essere indi-cato e descritto all’interno dell’esperienza nel seguente modo:

1. di ogni materiale deve essere indicata la quantità, indicando il metodo di mi-sura e le relative incertezze sperimentali

2. di ogni stumento di misura utilizzato, indicare portata e precisione dello stru-mento.

106.5 Realizzazione dell’esperienza

Ogni singola azione svolta deve essere documentata; chi legge la relazione dell’espe-rienza deve poter eseguire gli stessi vostri gesti per verificarne la correttezza. Ognimisura effettuata deve essere accompagnata dall’incertezza sperimentale (consigliodi indicare sia errore assoluto che relativo). Qualora ci siano misure ripetute, essedovranno essere indicate all’interno di un’opportuna tabella.

In particolare dovrà essere posta attenzione a spiegare il motivo di tutti quegliaccorgimenti studiati per ottenere misure con un’incertezza sperimentale statisti-ca minima, e quali sono stati studiati per minimizzare od evitare eventuali errorisistematici.

Effettuate le misure necessarie per la realizzazione dell’esperienza, dovranno es-sere valutate tutte le possibili fonti di errori sistematici e verificato, anche solo conuna stima di ordini di grandezza, che la loro portata sia trascurabile rispetto aglierrori di misura ottenuti sulle grandezze misurate.

106.6 Analisi dei dati

Con l’analisi dei dati si intende l’esecuzione di tutti quei conti necessari per arriva-re, partendo dalle misure effettuate, all’ottenimento dello scopo dell’esperienza. Diogni grandezza fisica calcolata a partire dalle misure effettuate, è importante stimare

l’errore di misura tramite opportuna propagazione degli errori1. Nel caso di misureripetute, non sarà necessario ripetere tutti i conti per ogni singola misura, ma è pos-sibile effettuare i conti una sola volta per un set di misure e poi utilizzare un fogliodi calcolo elettronico.

106.7 Conclusioni

Le conclusioni dell’esperienza altro non sono che la certificazione che il risultatofinale dell’analisi dei dati conferma lo scopo dell’esperienza dichiarato inizialmente.

1A seconda del livello di conoscenze matematiche di chi svolge l’esperienza la gestione degli erroripotrà essere fatta con tecniche matematiche più o meno evolute.

Autore: Andrea de Capoa 12 Maggio 2016

Scheda 107Relazione di laboratorioIn questa scheda vi spiego come realizzare una relazione di laboratorio. Qualun-

que relazione facciate, è opportuno seguire questo schema, che potrete adattare allaspecifica esperienza fatta, ma che non potrete stravolgere nelle sue linee essenziali.La relazione è realizzata da una certa sequenza di punti fissi che dovranno essere svi-luppati nel giusto ordine. Tali punti sono costituiti dalle sezioni indicate di seguito espiegate una ad una.

107.1 Scopo dell’esperienza

Per prima cosa bisogna identificare lo scopo che ci siamo prefissati di raggiunge-re. Questo è molto importante, in quanto ogni singola azione fatta dovrà esserefinalizzata al raggiungimento dello scopo dell’esperienza

107.2 La fisica dell’esperienza

In questa sezione bisogna enunciare, in modo sintetico, quali concetti teorici ver-ranno utilizzati per lo svolgimento dell’esperienza. Se ci sono dei conti teorici dasvolgere, questo è il punto giusto per indicarli.

107.3 Materiale utilizzato

In questa sezione bisogna elencare la totalità del materiale utilizzato, facendo parti-colare attenzione ad evidenziare quali strumenti di misura sono stati usati, indican-do, per ognuno di esso, portata e sensibilità dello strumento.

107.4 Procedimento

In questa sezione dovete descrivere con precisione la sequenza delle azioni svolte,permettendo così a chiunque di poterla ripetere.

107.5 Dati sperimentali

I dati sperimentali raccolti dovranno sempre essere elencati all’interno di una tabella.Ogni colonna della tabella deve indicare una grandezza fisica che avete misurato.ogni volta che ripetete una stessa misura dovete indicarlòa in una nuova riga dellatabella.

107.6 Analisi dei adti sperimentali

Con i dati sperimentali si fanno dei conti per verificare lo scopo dell’esperienza. Iconti vanno chiaramente indicati e, per i conti ripetuti più volte, i risultati vannoindicati in una tabella.

107.7 Conclusioni

Eseguita l’analisi dei dati sperimentali, siete pronti per indicare le conclusioni, chedovranno ovviamente essere perfettamente attinenti a quanto avete scritto nello sco-po dell’esperienza.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

224

Parte XIV

Esercizi svolti

225

Scheda 108Esercizi di Base108.1 Operazioni con gli scalari

[I0001] [1 22 ] Esegui le somme indicate qui di seguito, scegliendo a tuo piaci-mento l’unità di misura del risultato tra le due già presenti.

• 4hm+ 300m =

• 3hm+ 5 cm =

• 3m+ 18mm =

• 9 km2 + 10hm2 =

• 9m2 + 200 cm2 =

• 9m2 + 5 dm2 =

• 12 km3 + 78hm3 =

• 8m3 + 15 cm3 =

• 2m3 + 40 dm3 =

• 45 l + 50 dl =

• 45 l + 50 cl =

• 8 dl + 2 cl =

• 7 kg + 400 g =

• 3 kg + 3hg =

• 3 g + 55mg =

• 3h+ 5min =

• 3min+ 2 sec =

• 3h+ 5 sec =

• 36 kmh + 30 m

s =

• 25 kgm3 + 12 g

cm3 =

• 2 kg·ms2 + 5 g·cm

s2 =

• 8 kg·ms + 5 g·km

h =

[I0003] [1 4 ] In un bicchiere vengono versati un volume VH2O

= 50 cm3 diacqua ed un volume Vo = 50 cm3 di olio. L’acqua ha una densità ρ

H2O= 1 kg

dm3 el’olio ha una densità ρo = 0, 8 g

cm3 . Quanto volume di liquido si trova nel bicchiere?Quanta massa di liquido si trova nel bicchiere? [I0004] [1 2 ] Un oggetto dicui non conosciamo il materiale, occupa un volume V = 8, 75 dm3 ed ha la stessamassa di un blocco di ferro che occupa un volume VFe = 3 dm3. Calcola la massae la densità del materiale. La densità del ferro è ρFe = 7, 874 kg

dm3 . [I0005] [12 ] Un cilindro graduato contiene un volume Vi = 250 cm3 di acqua. Dopo averciimmerso un oggetto di rame di densità ρogg = 8, 92 kg

dm3 , il cilindro segna un volumeVf = 375 cm3. Calcola volume e massa dell’oggetto. [I0006] [1 2 ] Tre libri sonoposizionati uno sull’altro. I libri hanno rispettivamente massa m1 = 1hg, m2 = 2hg,m3 = 3hg ed hanno tutti lo stesso spessore d = 3 cm. A che altezza si trova ilbaricentro del sistema?

[I0017] [2 3 ] Due cubi di lato l = 10 cm, uno di argento (di densità ρAg =

10, 5 kgdm3 ) e l’altro di piombo (di densità ρPb = 11, 3 kg

dm3 ), hanno la stessa massa.

Quanto è grande la cavità che ci deve essere all’interno del cubo di piombo?[I0020] [2 4 ] Un oggetto è fatto da due cubi di lato L = 80mm di legni

differenti, rispettivamente di densità ρ1 = 0, 7 gcm3 e ρ2 = 0, 5 g

cm3 . I due cubi sonoattaccati per una delle facce. Indica su di un opportuno sistema di riferimento dovesi trova il baricentro dell’oggetto.

108.2 Eseguire una misura

[I0010] [1 1 ] Misurate con un righello lo spessore di una moneta da 1 euro[I0012] [2 5 ] Hai misurato con un righello il diametro di base e l’altezza diun cilindro ottenendo d = 20mm ± 1mm e h = 50mm ± 1mm. Quanto vale ilvolume? Quanto vale l’errore assoluto sul volume? [I0012a] [2 5 ] Hai misuratocon un righello i tre spigoli di un parallelepipedo, ottenendo a = 20mm ± 1mm,b = 40mm ± 1mm, e h = 10mm ± 1mm. Quanto vale il volume? Quanto valgonogli errori assoluto e relativo sul volume? [I0014] [2 6 ] Hai misurato conun righello la base e l’altezza di un rettangolo ottenendo b = 10, 0 cm ± 0, 1 cm eh = 5, 0 cm ± 0, 1 cm. Indicando in modo corretto gli errori di misura, calcola l’areaed il perimetro del rettangolo. [I0015] [2 7 ] Un cilindro graduato contiene unvolume Vi = 250 cm3 ± 1 cm3 di acqua. Dopo averci immerso un oggetto di massam = 1, 12 kg ± 0, 01 kg, il cilindro segna un volume Vf = 375 cm3 ± 1 cm3. Calcolavolume e densità dell’oggetto.

[I0016] [1 2 ] Se stai misurando il periodo T di un pendolo utilizzando un cro-nometro (portata P = 10h; precisione E = 0, 01 s) azionato dalla tua mano, quantovale l’errore di misura che fai sulla singola misurazione? Come puoi fare, facendosolo una misura, a migliorare la precisione della misura fino a Ea = 0, 02 s

[I0019] [1 2 ] Un libro di 500 pagine, misurato con un righello, è spessoh = 3, 5 cm ± 0, 1 cm. Quanto è spessa ogni singola pagina? Calcola l’errore as-soluto e relativo sulla misura della singola pagina. [Lab0001] [2 5 ] Ti tro-vi su Marte. Hai misurato con un righello la lunghezza di un pendolo ottenendoL = 98, 5 cm ± 0.5 cm. Hai poi misurato cinque volte il periodo di oscillazione delpendolo ottenendo i valori indicati in tabella. Quanto vale l’accelerazione di gravitàdi Marte?

226

227 Scheda108. Esercizi di Base

T1

3,23 s 3,22 s 3,22 s 3,23 s 3,24 s

[Lab0002] [1 3 ] Hai misurato con un cronometro la durata dell’oscillazione diun pendolo ottenendo i seguenti risultati: T0 = 12, 4 s, T1 = 12, 3 s, T2 = 12, 3 s,T3 = 12, 6 s, T4 = 12, 6 s, T5 = 12, 2 s, T6 = 12, 4 s. Quanto vale il periodo di oscil-lazione di quel pendolo? Quanto vale l’errore assoluto sulla misura? Quanto valel’errore relativo sulla misura? [Lab0003] [2 3 ] Vogliamo misurare la velo-cità di un’auto che viaggia a circa V = 10 m

s con un errore relativo Er−V = 2%.Per farlo cronometriamo in quanto tempo tale auto percorre una distanza ∆S =

20, 0m ± 0, 1m. Quale incertezza assoluta deve avere il cronometro che dovremoutilizzare? [Lab0004] [1 1 ] Su di una bilancia vengono messi tre oggetti lacui massa risulta: m1 = 54 kg,m2 = 22, 8 kg e 2, 48 kg. Scrivi la misura della massacomplessiva di tali oggetti indicando l’errore di misura.

108.3 Operazioni con i vettori

[I0002] [1 2 ] Dati due vettori ~a e ~b rispettivamente di moduli a = 12 e b = 16,disegnateli in modo tale che la loro somma sia un vettore~c il cui modulo valga c = 28.Ripetete l’esercizio in modo tale che c = 4; c ∼ 10; c = 20; c ∼ 24. [I0007] [1 2 ]Esegui le operazioni indicate con i vettori ~a e~b:

~a

~b

~c = ~a+~b

~a

~b

~c = 2~a−~b~a

~b

~c = 3~a− 2~b

[I0008] [1 2 ] Disegna il vettore che annulla i due vettori disegnati qui di seguito

~a

~b

~a

~b

~a

~b

[I0009] [1 1 ] Scomponi i seguenti vettori lungo le direzioni indicate

[I0011] [2 2 ] Disegna, e calcolane il valore, il vettore ~F3 che annulla la sommadei vettori ~F1 e ~F2 di valore rispettivamente F1 = 1, 5 kN e F2 = 800N posti perpen-dicolari tra loro. [I0018] [1 2 ] Una barca attraversa un fiume muovendosi indiagonale con velocità V = 10 m

s . La barca si muove quindi contemporaneamentelungo la direzione del fiume con velocità Vx = 8 m

s e lungo la direzione tra le duesponde. Con quale velocità si sta avvicinando alla sponda opposta? Disegna talevettore.

[I0021] [2 2 ] Dati due vettori ~a e~b, determinare i loro moduli sapendo che laloro somma massima vale 35 e la loro somma minima vale 5.

Scheda 109Esercizi di Cinematica109.1 Grandezze cinematiche

[C0013] [1 1 ] Se mi muovo in avanti di ∆S1 = 600m, e poi a destra di ∆S2 =

800m, quanti metri ho percorso? Di quanti metri mi sono spostato rispetto al puntodi partenza? Disegna i due spostamenti e lo spostamento totale.

[C0013a] [1 1 ] Se mi muovo verso nord di ∆S1 = 600m, e poi verso estdi ∆S2 = 300m, ed infine verso sud di ∆S3 = 200m, quanti metri ho percor-so? Di quanti metri mi sono spostato rispetto al punto di partenza? Disegna i trespostamenti e lo spostamento totale.

109.2 Esercizi banali

[C0015ban] [0 9 ] Esercizi banali di Cinematica:

1. Moto rettilineo uniforme

(a) Quanto spazio percorre in un tempo ∆t = 70 s un oggetto che si muovecon velocità costante V = 80 m

s ?[∆S = 5600m]

(b) Quanto spazio percorre in un tempo ∆t = 70 s un oggetto che si muovecon velocità costante V = 80 Km

h ?[∆S = 1555, 6m]

(c) Quanto tempo impiega un pallone da calcio ad arrivare in porta se calciatoad una velocità V = 25 m

s da una distanza ∆S = 30m? Ipotizziamo che ilpallone viaggi sempre alla stessa velocità lungo il suo tragitto.[∆t = 1, 2 s]

2. Moto uniformemente accelerato

(a) Quanto spazio percorre in un tempo di ∆t = 5 s un oggetto che si muovecon un’accelerazione costante a = 2 m

s2 e che parte con una velocità inizialeVi = 5 m

s nella stassa direzione e nello stesso verso dell’accelerazione?[∆S = 50m]

(b) Un oggetto viene fatto cadere dal tetto di una casa partendo da fermo. Searriva a terra dopo un tempo ∆t = 3 s, quanto è alta la casa?[h = 44, 1m]

(c) Un oggetto viene fatto cadere dentro un pozzo partendo da fermo. Searriva al fondo del pozzo dopo un tempo ∆t = 4 s, quanto è profondo ilpozzo?[h = 78, 4m]

3. Moto circolare uniforme

(a) Un oggetto ruota con una frequenza ν = 4Hz lungo un percorso circolaredi raggio r = 2m. Quale accelerazione centripeta subisce?[ac = 1263, 3 m

s2 ]

(b) Un oggetto si muove di moto circolare uniforme con velocità V = 50 ms

lungo un percorso circolare di raggio r = 2m. Con quale velocità angolareω si sta muovendo? Quanto tempo impiega a fare un giro?[ω = 25 rad

s ; ∆t = 0, 25 s]

(c) Un pilota di Formula1 subisce in curva accelerazioni laterali di circa 4g.Se sta facendo curve ad una velocità V = 150 Km

h , quanto vale il raggiodella curva?[r = 44, 3m]

109.3 Sistemi di riferimento

[C0019] [1 1 ] Un ascensore con dentro una persona comincia la sua corsa insalita partendo con accelerazione a = 2 m

s2 . Quanto vale l’accelerazione complessivasubita dalla persona?[atot = 11, 8 m

s2 ][C0020] [1 1 ] Se in macchina eseguo una frenata con accelerazione a = 6 m

s2 ,quanto vale e verso dove e diretta l’accelerazione totale che subisco?[at = 11, 5 m

s2 ; in diagonale verso il basso.]

228

229 Scheda109. Esercizi di Cinematica

[C0040] [1 1 ] Una persona si trova su di un ascensore. Se l’ascensore simuove con un’accelerazione a = 2 m

s2 verso l’alto, quale accelerazione complessivapercepisce la persona?

[C0041] [1 1 ] Una persona si trova su di un ascensore. Se l’ascensore simuove con un’accelerazione a = 2 m

s2 verso il basso, quale accelerazione complessivapercepisce la persona?

[C0047] [2 3 ] Due automobili si muovono perpendicolarmente tra loro par-tendo dalla stessa posizione con velocità costanti rispettivamente Va = 12 m

s e Vb =

16 ms Quanto distano tra loro dopo un tempo ∆t = 5 s?

[C0051] [2 2 ] Un pendolo su di un ascensore fermo oscilla con un periodoT0 = 1 s. Quanto vale il periodo di oscillazione mentre l’ascensore sale con accelera-

zione a = 1, 2 ms2 ? [Un pendolo semplice ha periodo T = 2π

√l

g, dove l è la lunghezza del

pendolo e g l’accelerazione che muove il pendolo]

109.4 Moto rettilineo uniforme

[C0001] [1 3 ] Un’automobile viaggia alla velocità costante V1 = 120 kmh per un

tempo ∆t1 = 2h; successivamente si ferma per un tempo ∆t = 1h, ed infine riparteviaggiando alla velocità costante V2 = 90 km

h per un tempo ∆t2 = 4h. A qualevelocità media ha viaggiato l’automobile?

[C0002] [2 1 ] Un’automobile viaggia alla velocità costante V1 = 120 kmh e

deve superare un camion che viaggia alla velocità costante V2 = 90 kmh . Sapendo che

il camion è lungo l2 = 11m e che la macchina è lunga l1 = 4m, quanto tempo durail sorpasso?

[C0005] [1 2 ] Un atleta sta correndo una gara sulla distanza L = 10000m

viaggiando a velocità costante V = 5 ms Se ha già corso per un tempo ∆t = 8min

quanto gli manca al traguardo?

[C0006] [2 3 ] In una partita di calcio un attaccante si dirige verso il portiereavversario con velocità costante V1 = 6 m

s ; il pallone si trova tra i due giocatori e simuove verso il portiere con velocità Vp = 2 m

s ; il portiere si muove verso il pallonealla velocità V2 = 5 m

s . La distanza tra l’attaccante ed il pallone è ∆S1 = 4m; la

distanza tra il pallone ed il portiere è ∆S2 = 8m. Chi arriva prima a prendere ilpallone?

[C0007] [1 3 ] Una persona percorre un tragitto lungo ∆Sa = 100m in untempo ∆ta = 20 s; successivamente si ferma per un intervallo di tempo ∆tb = 10 s

e successivamente un tragitto ∆Sc = 50m in un tempo ∆tc = 25 s. A quale velocitàmedia ha viaggiato nel primo tratto ∆Sa? A quale velocità media ha viaggiato nelsecondo tratto ∆Sc? A quale velocità media ha viaggiato complessivamente?

[C0012] [1 2 ] Due automobili stanno percorrendo a velocità costante duestrade che si incrociano. La prima automobile dista dall’incrocio ∆S1 = 600m esta viaggiando ad una velocità V1 = 30 m

s . La seconda automobile dista dall’incrocio∆S2 = 800m. A quale velocità deve viaggiare la seconda macchina affinchè si scontricon la prima?

[C0018] [1 5 ] Un’auto da corsa alla fine di una gara dista dal traguardo∆S1t = 600m e viaggia a velocità costante V1 = 80 m

s ; una seconda auto dista daltraguardo ∆S2t = 500m e viaggia a velocità costante V2 = 50 m

s . Chi vince la gara?Dopo quanto tempo l’auto più veloce sorpassa quella più lenta? Quando l’auto chevince taglia il traguardo, a che distanza dal traguardo si trova l’auto che perde?[∆t1 = 7, 5 s;∆t2 = 10 s;Vince la prima auto; ∆tsorp = 3, 33 s; d = 125m]

[C0021] [1 3 ] Una moto si muove con velocità costante V1 = 72 kmh inseguen-

do un’auto che si muove con velocità costante V2 = 54 kmh . Sappiamo che in un certo

istante iniziale l’auto ha ∆t = 10min di vantaggio sulla moto. Quanti metri di di-stanza ci sono tra l’auto e la moto all’istante iniziale? Dopo quanto tempo la motoraggiunge l’auto?

[C0022] [1 1 ] Due lepri si rincorrono rispettivamente alla velocità costanteV1 = 5 m

s e V2 = 3 ms , e distano inizialmente ∆S = 12m. Dopo quanto tempo il più

veloce raggiunge il più lento?

[C0022a] [1 1 ] Due lepri, distanti tra loro ∆S = 12m, corrono una versol’altra con velocità costanti V1 = 5 m

s e V2 = 3 ms . Dopo quanto tempo si scontrano?

[C0024] [1 4 ] Giorgio percorre ∆S1 = 7hm e successivamente si muoveper un tempo ∆t1 = 3min viaggiando alla velocità V1 = 4

m

s. Marco percorre una

distanza ∆S2 = 0, 6Miglia e successivamente si muove per un tempo ∆t2 = 0, 1h

viaggiando alla velocità V2 = 2m

s. Chi ha percorso più strada?

230 Scheda109. Esercizi di Cinematica

[C0027] [1 2 ] Un atleta corre una gara alla velocità costante V = 4ms . Sapendoche al traguardo manca ∆S2 = 3800m, e che la gara è iniziata da ∆t = 5min, quantimetri è lunga tutta la gara?

[C0028] [1 3 ] Su di un campo da calcio rettangolare di dimensioni l = 100m

e h = 70m, Marco e Luigi si muovono da un vertice del rettangolo a quello opposto.Marco si muove lungo il perimetro, mentre Luigi si muove lungo la diagonale delcampo. Sapendo che Marco corre alla velocità VM = 6 m

s e che Luigi corre più lentoalla velocità VL = 5 m

s , chi arriva prima?

[C0030] [1 3 ] Una bicicletta viaggia per un tempo ∆t1 = 2h alla velocitàV1 = 20 km

h e successivamente per un tempo ∆t2 = 3h alla velocità V2 = 30 kmh .

Quale velocità media ha tenuto?

[C0031] [1 4 ] Un ciclista affronta una salita lunga ∆S1 = 10 km ad una ve-locità media Vm1 = 10 m

s e la successiva discesa lunga ∆S2 = 30 km in un tempo∆t2 = 40min. In quanto tempo ha percorso il tratto in salita? Quale velocità mediaha tenuto in discesa? Quale sull’intero percorso?[∆ts = 1000 s; Vmd = 12, 5 m

s ; Vmd = 11, 76 ms .]

[C0032] [1 1 ] Dopo quanto tempo si scontrano due auto, entrambe cheviaggiano una contro l’altra alla velocità costante V = 80 km

h , se distano tra loro∆S = 2 km?

[C0033] [1 3 ] Un ciclista affronta una salita lunga ∆S1 = 21 km ad una ve-locità media Vm1 = 7 m

s e la successiva discesa lunga ∆S2 = 30 km ad una velocitàmedia Vm2 = 15 m

s . In quanto tempo ha percorso il tratto in salita? In quanto tempoha percorso il tratto in discesa? Quale velocità media ha tenuto sull’intero percorso?[∆t1 = 3000 s; ∆t2 = 2000 s; Vm = 10, 2ms .]

[C0035] [1 1 ] Un atleta corre una gara lunga ∆Stot = 10000m alla velocitàV = 4 m

s . Sapendo che al traguardo manca ∆S2 = 4000m, da quanto tempo la garaè iniziata?

[C0038] [2 3 ] Un treno sta percorrendo a velocità costante V = 160 kmh la

linea ferroviaria Torino-Milano. All’istante ti = 900 s il treno si trova a Si = 50 km

dal punto di riferimento. Scrivi la legge oraria del moto. Dove si troverà il trenoall’istante t1 = 1800 s ? Dove si troverà quando sarà trascorso in tempo ∆t = 1, 5h

dopo l’istante t1?

[C0052] [3 2 ] Un oggetto percorre quattro quinti di un tragitto alla velocitàV = 10

m

se l’ultimo quinto del tragitto a metà di quella velocità. Quale velocità

media ha tenuto?

109.5 Moto uniformemente accelerato

[C0004] [2 5 ] Una automobile, partendo da ferma, percorre un tratto di strada∆S1 muovendosi per un tempo ∆t1 = 10 s con un’accelerazione a = 1, 2 m

s2 . Suc-cessivamente percorre un tratto di strada ∆S2 con velocità costante per un tempo∆t2 = 30 s. Quanto è lungo il tratto di strada complessivamente percorso dallamacchina? A quale velocità media ha viaggiato la macchina?

[C0009] [2 2 ] Un oggetto si trova ad una certa altezza e viene sparato versol’alto con una velocità iniziale Vi = 4 m

s . Sapendo che arriverà a terra dopo un tempo∆t = 2 sec, quanto si trovava in alto?

[C0011] [2 4 ] Un’auto ha velocità Vi = 108 kmh e comincia a rallentare fino

alla velocità Vf = 72 kmh . La frenata dura ∆t = 4 sec. Calcola l’accelerazione subita

dall’auto e indicane il verso. Quanta strada ha fatto l’auto durante la frenata?

[C0016] [2 4 ] Due oggetti vengono lanciati uno verso il basso e l’altro versol’alto, entrambi con una velocità iniziale Vi = 5 m

s . Se entrambi arrivano a terra dopoun tempo ∆t = 4 s, quanto si trovavano in alto?[ha = 98, 4m; hb = 58, 4m]

[C0017] [2 3 ] Un pallone viene lanciato verso l’alto con una velocità inizialeVi = 10 m

s . Dopo quanto tempo non si è spostato?[∆t = 2, 04 s]

[C0025] [2 4 ] Un oggetto viene lanciato verso l’alto da un’altezza hi = 30m

con una velocità iniziale Vi = 5 ms . Dopo quanto tempo arriva a terra?

[∆t = 3 s]

[C0026] [1 2 ] Un oggetto viene lasciato cadere, partendo da fermo, in unpozzo, e ne tocca il fondo dopo un tempo ∆t = 2 s. Quanto è profondo il pozzo?

[C0036] [2 4 ] Un’automobile sta viaggiando alla velocità Vi = 36 kmh e co-

mincia a frenare con accelerazione costante a = 0.5 ms2 . Dopo quanto tempo si ferma?

231 Scheda109. Esercizi di Cinematica

Quanto spazio ha percorso da quando ha cominciato a frenare?[∆t = 20 s; ∆S = 100m.]

[C0034] [2 3 ] Un fucile spara un proiettile orizzontalmente con velocità Vix =

200 ms ; il bersaglio si trova 2 cm sotto la linea di tiro e viene colpito nel centro. Quanto

si trova distante il bersaglio?[∆Sx = 12, 78m]

[C0037] [1 2 ] Un oggetto si sta inizialmente muovendo alla velocità Vi =

10 ms . Esso subisce un’accelerazione costante a = 2 m

s2 nella stessa direzione dellavelocità ma con verso opposto, per un tempo ∆t = 3 s. Quale sarà la sua velocitàfinale?

[C0037a] [1 2 ] Un oggetto si sta inizialmente muovendo alla velocità Vi =

10 ms . Esso subisce un’accelerazione costante a = 2 m

s2 nella stessa direzione dellavelocità e con lo stesso verso, per un tempo ∆t = 3 s. Quale sarà la sua velocitàfinale?

[C0045] [2 4 ] Un’automobile esce da un parcheggio partendo da ferma conuna accelerazione costante. Contemporaneamente un camion le si sta avvicinando,e si trova Sic = 30m dietro di lei viaggiando alla velocità Vc = 20 m

s . Con qualeaccelerazione deve muoversi l’auto per non essere tamponata dal camion?

109.6 Moto circolare

[C0050] [3 3 ] Un’auto di massa m = 700 kg sta percorrendo una curva di rag-gio r = 20m alla velocità iniziale Vi = 6 m

s . Mentre percorre la curva accelera co-stantemente in modo da arrivare dopo un tempo ∆t = 4 s alla velocità Vf = 10 m

s

continuando sulla stessa curva. Quanto vale l’accelerazione complessiva che subiscel’auto nell’istante finale?

[C0053] [2 2 ] Per costruire una base sul suolo di Marte (gm = 3, 711m

s2), i fisici

della NASA hanno pensato ad una stazione circolare rotante attorno ad un asse dirotazione verticale. Quale accelerazione centrifuga è necessaria affinché all’internodella stazione si percepisca un’accelerazione di gravità pari a quella della Terra?

109.7 Moto parabolico

[C0003] [2 3 ] Un fucile spara orizzontalmente un proiettile con velocità inizia-le Vix = 800 m

s contro un bersaglio posto alla distanza ∆Sx = 400m. A quanticentimetri sotto la linea di tiro viene colpito il bersaglio?

[C0008] [2 3 ] Un fucile spara orizzontalmente un proiettile alla velocità ini-ziale Vix = 800 m

s contro un bersaglio alla distanza ∆Sx = 160m. Di quanti cen-timetri sotto la linea di tiro la pallottola colpirà il bersaglio? (Si trascuri l’effettodell’attrito con l’aria)

[C0008a] [2 3 ] Un fucile spara un proiettile orizzontalmente con velocitàVix = 800 m

s ; il bersaglio viene colpito ∆Sy = 19, 6 cm sotto la linea di tiro. Quantosi trova distante il bersaglio? (Si trascuri l’effetto dell’attrito con l’aria)

[C0010] [2 4 ] Un tennista durante il servizio colpisce orizzontalmente la pal-lina all’altezza hi = 2m imprimendole una velocità iniziale Vix = 30 m

s . Sapendoche la rete nel punto più alto è alta hr = 1, 07m e che tale rete si trova alla distanza∆Sx = 11, 89m dalla riga di fondo, calcola a quanti centimetri da terra la pallinapassa sopra la rete.

[C0014] [2 3 ] Un cannone spara orizzontalmente un proiettile da una posta-zione rialzata, con una velocità iniziale orizzontale ~Vix = 200 m

s . Dopo un tempo∆t = 2 s colpisce il suo bersaglio. Quanto distante si trova il bersaglio in linea oriz-zontale? Quanto più in basso rispetto all’altezza del cannone?[∆Sx = 800m; ∆Sy = 19, 6m]

[C0034] [2 3 ] Un fucile spara un proiettile orizzontalmente con velocità Vix =

200 ms ; il bersaglio si trova 2 cm sotto la linea di tiro e viene colpito nel centro. Quanto

si trova distante il bersaglio?

[C0039] [2 2 ] Un cannone spara un proiettile con una velocità iniziale Vi =

500 ms ; nel punto di massima altezza il proiettile ha velocità Vf = 300 m

s . Quantovale il modulo della variazione di velocità? Quanto tempo ha impiegato il proiettilea raggiungere il punto di massima altezza?

[C0042] [2 3 ] Un cannone spara un proiettile con una velocità iniziale Vi =

500 ms ; nel punto di massima altezza il proiettile ha velocità Vh = 300 m

s . Quanto valeil modulo della velocità Vf del proiettile al momento dell’impatto al suolo? Quanto

232 Scheda109. Esercizi di Cinematica

vale il modulo della variazione di velocità? Quanto tempo ha impiegato il proiettilea raggiungere il punto di impatto al suolo?

[C0043] [2 3 ] Un cannone spara orizzontalmente un proiettile con una velo-cità iniziale Vix = 100 m

s . Quanto vale il modulo della velocità Vf del proiettile dopoun tempo ∆t = 15 s?

[C0046] [2 4 ] Un proiettile viene lanciato dal tetto di un palazzo, con unavelocità iniziale Vi = 15 m

s inclinata verso l’alto rispetto all’orizzontale di un angoloα = 30, verso un palazzo di uguale altezza distante ∆Sx = 40m. Quanti metri sottoal tetto viene colpito il secondo palazzo?

[C0048] [3 4 ] Un automobilista sta viaggiando alla velocità Vi = 90 kmh . Ad

un certo punto si accorge di un ostacolo sulla strada alla distanza d = 140m. Acausa dei tempi di reazione, comincia a frenare dopo un tempo ∆t1 = 0, 2 s. Daquando comincia a frenare impiega un tempo ∆t2 = 10 s prima di fermarsi. Colpiràl’ostacolo?

[C0049] [3 4 ] Dalla terrazza di un palazzo, alta Si1 = 40m da terra, vienelanciato un oggetto verso il basso con velocità iniziale Vi1 = 5 m

s . Contemporanea-mente viene lanciato da terra un secondo oggetto con velocità iniziale verso l’altopari a Vi2 = 15 m

s . A quale altezza da terra si scontrano?

109.8 Lettura di grafici del moto

[C0029] [1 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico spazio-tempo.Indica: la massima distanza dal punto di partenza, il numero di ore complessivo incui è stato fermo, la velocità media complessiva, la velocità massima.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

2

4

6

8

t(h)

S(km)

[C0029a] [1 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico spazio-tempo. Indica: la massima distanza dal punto di partenza, il numero di ore comples-sivo in cui è stato fermo, la velocità media complessiva, la velocità massima.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

2

4

6

8

t(h)

S(km)

[C0029b] [1 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico spazio-tempo. Indica: la massima distanza dal punto di partenza, il numero di ore comples-sivo in cui è stato fermo, la velocità media complessiva, la velocità massima.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

2

4

6

8

t(h)

S(km)

[C0044a] [2 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico velocità-tempo. Indica: la velocità massima, il numero di ore in cui l’oggetto ha velocitàcostante, l’accelerazione massima, la distanza percorsa, la velocità media.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

2

4

6

8

t(h)

V (kmh )

[C0044b] [2 4 ] Un corpo si muove come indicato dal seguente grafico velocità-tempo. Indica: la velocità massima, il numero di ore in cui l’oggetto ha velocitàcostante, l’accelerazione massima, la distanza percorsa, la velocità media.

233 Scheda109. Esercizi di Cinematica

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

2

4

6

8

t(h)

V (kmh )

Scheda 110Esercizi di Dinamica110.1 Teoria ed esercizi banali

[D0024] [1 7 ] Domande di teoria di dinamica

1. Principi della dinamica

(a) Se vedo un oggetto che si muove sempre con la stessa velocità ~v, qualeforza agisce su di lui?

(b) Se vedo un oggetto che cambia la sua velocità ~v, quale ne è stata la causa?

(c) Se spingo un oggetto con una forza ~F , quale forza subisco?

(d) Guardando un oggetto, da cosa capisco se sta subendo una forza oppureno?

(e) Se su di un oggetto non agisce alcuna forza, posso dire che è sicuramentefermo?

(f) Se un oggetto è fermo, posso dire che su di lui agisce una forza totalenulla?

(g) Se su di un oggetto agisce una forza totale nulla, posso dire che è fermo?

[D0017ban] [1 18 ] Esercizi banali di Dinamica:

1. Calcolo di forze

(a) Quanto vale la forza di gravità che agisce su di una macchina di massam = 800 kg?[Fg = 7840N ]

(b) Quanto vale la forza di Archimede che agisce su di un oggetto di densitàρ = 0, 7 g

cm3 e di volume V = 5 cm3 completamente immerso nell’acqua?[FArch = 0, 049N ]

(c) Se una molla esercita una forza F = 100N e la vedo accorciarsi di ∆l =

2 cm, quanto vale la costante elastica di quella molla?[k = 50 N

cm ]

(d) Una macchina di massa m = 800 kg sta facendo una curva di raggio r =

20m ad una velocità V = 50ms . Quale forza centrifuga spinge l’auto versol’esterno della curva?[Fc = 10000N ]

(e) Una moto da corsa di massa m = 100 kg viaggia alla velocità V = 70 Kmh

lungo una curva di raggio r = 50m. Quanto vale la forza centripeta chesubisce la moto?[Fc = 756, 17N ]

2. Calcolo di Momenti di una forza

(a) Una forza F = 500N viene applicata ad una distanza r = 2m da un puntofisso e formante un angolo α = 90 con la retta che unisce il punto fissoed il punto di applicazione della forza. Quanto vale il momento di quellaforza?[M = 1000Nm]

(b) Una forza F = 100N viene applicata ad una distanza r = 3m da un puntofisso e formante un angolo α = 30 con la retta che unisce il punto fissoed il punto di applicazione della forza. Quanto vale il momento di quellaforza?[M = 150Nm]

(c) Una forza F = 50N viene applicata ad una distanza r = 3m da un puntofisso e formante un angolo α = 180 con la retta che unisce il punto fissoed il punto di applicazione della forza. Quanto vale il momento di quellaforza?[M = 0Nm]

(d) Ad un pendolo con asta, senza massa, di lunghezza l = 30 cm è appeso unoggetto di massa m = 10 kg. Il pendolo è inclinato di un angolo α = 45

rispetto alla verticale. Quanto vale il momento della forza di gravità cheagisce sull’oggetto?[M = 20, 8Nm]

(e) Immaginate una sbarra orizzontale senza peso con un perno nel suo cen-tro. La sbarra è libera di ruotare intorno al suo centro. Applicate sul lato

234

235 Scheda110. Esercizi di Dinamica

destro della sbarra una forza F1 = 300N verso il basso ad una distanzab1 = 10 cm dal perno. Applicate ora una seconda forza F2 = 60N verso ilbasso sul lato sinistro della sbarra ad una distanza b2 = 30 cm dal perno.Applicate ora una terza forza F3 = 10N verso il basso sul lato destro del-la sbarra ad una distanza b3 = 40 cm dal perno. Indica quanto valgono ein quale verso fanno ruotare: il momento della forza F1, il momento del-la forza F2, il momento della forza F3, il momento totale applicato sullasbarra.[M1−o = 30Nm; M2−a = 18Nm; M3−o = 4Nm; Mtot−o = 16Nm.]

(f) Su di una sbarra verticale, che come punto fisso la sua estremità inferio-re, viene applicata orizzontalmente una forza F1 = 10N verso destra adun’altezza h1 = 2m. Una seconda forza orizzontale F2 = 30N viene ap-plicata verso sinistra ad un’altezza h2 = 70 cm. Quanto vale il momentodella prima forza? Quanto vale il momento della seconda forza? Quantovale il momento totale applicato alla sbarra?[M1−o = 20Nm; M2−a = 21Nm; Mtot−a = 1Nm]

110.2 Baricentro

[D0010] [1 2 ] Tre cubi omogenei di lato l = 10 cm e di massa m1 = 9 kg, m2 =

5 kg, m3 = 2 kg, sono posti nell’ordine uno sopra all’altro. A quale altezza si trova ilbaricentro del sistema?

110.3 Forze

[D0001] [2 6 ] Un blocco di massa m = 20 kg fermo su un piano orizzontale concoefficiente di attrito statico µstatico = 3 viene spinto verso destra. Esso cominciaa muoversi sotto l’azione di una forza F con un’accelerazione totale atot = 5ms2 .Quanto vale il coefficiente di attrito dinamico tra il piano orizzontale e l’oggetto?

1. Calcola la forza di gravità che agisce sull’oggetto.

2. Calcola la massima forza di attrito statico che può agire sull’oggetto.

3. Quanto vale la forza che fa cominciare a muovere l’oggetto?

4. Quale forza totale subisce l’oggetto mentre si muove?

5. Quanto vale la forza di attrito dinamico sull’oggetto

6. Quanto vale il coefficiente di attrito dinamico tra il piano e l’oggetto?

[D0002] [1 4 ] Quale percentuale del volume di una statuetta di legno didensità ρ = 0, 7 g

cm3 rimane immersa nell’acqua quando galleggia?[D0006] [2 3 ] Una slitta di massa m1 = 0, 12 kg scivola senza attrito su un

piano orizzontale tirato da un filo di massa trascurabile che, passando attraversouna carrucola, è a sua volta attaccato ad un peso di massa m2 = 0, 02 kg. Tale pesoviene tirato verso il basso dalla forza di gravità. Con quale accelerazione si muove ilsistema?

[D0014] [1 1 ] Se un oggetto di volume V = 9 cm3 galleggia sull’acqua im-merso per i 2

3 del suo volume, quanto vale la forza di Archimende che agisce su dilui? [ρacqua = 1 kg

dm3 ][D0019] [1 2 ] Quanto vale la forza di gravità che agisce su di un oggetto di

ferro (ρFe = 7, 874 kgdm3 ) di volume V = 5 dm3?

[Fg = 386, 22N ][D0020] [1 3 ] Un oggetto di massa m = 100 kg e volume V = 5 dm3 si trova

sul fondo di una piscina piena di acqua (ρacqua = 1 kgdm3 ). Quanto vale la densità del-

l’oggetto? Quanto valgono la forza di gravità e la forza di Archimede che agisconosull’oggetto? Se sollevo l’oggetto con una forza F2 = 2000N , con quale forza totalel’oggetto si muove?[ρogg = 20 kg

dm3 ; Fg = 980N ; FArc = 49N ; Ftot = 1069N ;][D0021] [1 6 ] Una statua d’oro (m = 19, 3 kg ; V = 1 dm3) viene lanciata in

mare (ρH2O−mare = 1, 02 kg

dm3 ). Calcola la densità dell’oro. Calcola la forza di gravità,di Archimede e totale che agiscono sulla statua. Se attacco alla statua un pallone dimassa mp = 1, 7 kg e volume Vp = 40 dm3, quanto vale la forza totale sulla statua?[ρAu = 19, 3 kg

dm3 ; Fg = 189, 1N ; FA = 10N ; P = 179, 1N ; F = 204, 1N ↑]

236 Scheda110. Esercizi di Dinamica

[D0022] [1 2 ] Un oggetto di massa m = 500 g si muove di moto circolareuniforme di raggio r = 20 cm ad una velocità V = 4 m

s attaccato ad una molla dicostante elastica k = 10 N

cm . Quanto vale la forza centrifuga che tira la molla? Diconseguenza, di quanto si è allungata la molla?[Fc = 40N ; ∆l = 4 cm]

[D0038] [1 1 ] Un oggetto del peso di Fp = 40N si sposta su di un pianoorizzontale con coefficiente di attrito dinamico µd = 0, 02, sotto l’azione di una forzaF = 20N nella direzione del moto. Qual è la forza totale che agisce su di esso?

[D0039] [1 1 ] Un oggetto di massa m = 2 kg si sposta su di un piano oriz-zontale con coefficiente di attrito dinamico µd = 0, 2, sotto l’azione di una forzaF = 20N nella direzione del moto. Qual è la forza totale che agisce su di esso?

[D0042] [2 2 ] Sapendo che la massa di Marte vale M = 6, 39 · 1023kg ed ilsuo raggio vale R = 3390 km, calcola il valore dell’accelerazione di gravità di Marte.Come cambierebbe tale accelerazione se avessimo un pianeta "X" di raggio doppio econ il doppio della massa?

[D0044] [3 4 ] In quale punto, sulla linea tra la Terra e la Luna, deve esseremesso un satellite affinchè subisca a causa dei due corpi celesti una forza di gravitàcomplessiva nulla?

[D0051] [3 4 ] Una navicella spaziale di forma cilindrica con altezza h = 10m

e massa m2 = 500 kg è in orbita intorno alla Terra. La base inferiore si trova aduna distanza d = 408 km dal centro della Terra (di raggio R

T= 6371 km e massa

MT

= 5, 97219 · 1024 kg). Quanto pesa un oggetto di massa m1 = 1 kg su tale base?~F

α

[D0055] [2 4 ] Un oggetto di massa m = 2 kg

viene trascinato su di un piano con coefficiente di attritodinamico µ = 0.2 da una forza F = 5N inclinata di unangolo α = 30 verso l’alto rispetto all’orizzontale. Conquale accelerazione si muove l’oggetto?

[ID0001] [1 3 ] A due chiodi messi alla stessa altezza viene legata una corda.Al centro della corda viene appeso un oggetto. La corda assume quindi una forma aV. Sulla corda c’è una tensione T = 1700N ; La componente orizzontale di tale forzavale Tx = 1500N . Quanto vale la massa dell’oggetto?

[CD0001] [2 7 ] Per un tempo ∆t = 4 s, un oggetto di massa m = 20 kg viene

spinto partendo da fermo da una forza F = 100N strisciando su di un piano concoefficiente di attrito dinamico µd = 0, 1 . Successivamente ~F si annulla.

1. Quanto valgono la forza di gravità e di attrito che agiscono sull’oggetto?

2. Quanto valgono la forza totale che spinge l’oggetto e la sua accelerazione?

3. Quanto spazio avrà percorso e a quale velocità sta viaggiando alla fine dell’in-tervallo di tempo?

4. Con quale accelerazione si muove quando ~F si annulla, e dopo quanto temposi ferma?

[CD0002] [1 3 ] In un giorno di sole, un’automobile sta percorrendo una curvadi raggio r = 48m. Sapendo che il coefficiente di attrito tra la gomma e l’asfaltoasciutto vale µ = 0, 6, a quale velocità massima può viaggiare senza uscire di strada?In caso di pioggia, il coefficiente di attrito scende fino al valore µ = 0, 4; a qualevelocità deve scendere l’autista per rimanere in strada?

[CD0003] [2 4 ] Un ciclista con la sua bicicletta ha una massa complessivam =

60 kg e nel rettilineo (nel quale la bicicletta è in posizione verticale) il suo baricentosi trova ad un’altezza h = 100 cm da terra. Il ciclista affronta poi una curva ad unavelocità V = 10 m

s inclinato di un angolo di α = 30 rispetto alla verticale. Quantovale il momento della forza di gravità che tende a far cadere la bicicletta? Quantovale il momento della forza centrifuga che mantiene in equilibrio il ciclista? Quantovale il raggio della curva che sta facendo?[ Mfg = 294Nm; Mfc = −294Nm; r = 17, 7m]

[CD0004] [1 2 ] Un ragazzo fa roteare un mazzo di chiavi con una frequenzaν = 4Hz; il raggio del cerchio percorso dalle chiavi è lungo r = 0, 2m, a qualevelocità angolare ruotano le chiavi? Se le chiavi hanno una massam = 0, 1 kg, quantovale la forza che mette in tensione il cordino?[ω = 25, 13 rad

s ; F = 12, 6N ][CD0005] [2 2 ] Caronte, satellite di Plutone, ruota intorno ad esso con un’or-

bita circolare di raggio r = 19571 km in un tempo T = 6, 3872 giorni. Quanto vale lamassa di Plutone?

237 Scheda110. Esercizi di Dinamica

[CD0006] [2 2 ] Immaginate di scavare un tunnel che attraversi tutto il pianetaTerra passando per il suo centro. Ipotizziamo che la Terra sia una sfera perfetta edomogenea. Se lasciamo cadere un oggetto nel tunnel, di che tipo di moto si muoverà?

[CD0007] [2 2 ] Un satellite artificiale viaggia su di un’orbita circolare adun’altezza h = 500 km dalla superficie terrestre. Determinare la velocità ed il periododel’orbita.

[CD0008] [2 2 ] Sapendo che un satellite orbita intorno ad un pianeta ad unadistanza R, con periodo T = 150 giorni, quanto vale il periodo di rotazione di unsatellite che ruota intorno allo stesso pianeta ad una distanza R2 = 4R?

[CD0009] [3 2 ] Un sistema binario di stelle è formato da due stelle di massaM1 = 2Ms ed M2 = 8Ms. Sapendo che la massa del nostro Sole è Ms = 2 · 1030 kg

e che le due stelle mantengono tra loro una distanza costante d = 2 · 1010m, quantovale il periodo di rotazione del sistema?

[CD0010] [2 2 ] Sapendo che Venere orbita intorno al Sole ad una distanzaR = 1, 08 · 1011m, con periodo T = 0, 615 anni, quanto vale la massa del Sole?

110.4 Equilibrio

[D0003] [2 3 ] Un oggetto si muove su di un piano orizzontale con velocità co-stante, sotto l’azione di una forza F = 100N . Se il coefficiente di attrito tra il piano el’oggetto vale µd = 1, 5 quanto vale la massa dell’oggetto?

[D0004] [2 2 ] Un oggetto di ferro di massam = 2 kg è appeso ad una molla dicostante elastica k = 10 N

cm e contemporaneamente viene tirato verso il basso da unacalamita che esercita una forza magnetica Fm = 50N . Visto che l’oggetto è fermo, diquanto si è allungata la molla?

[D0005] [1 2 ] Un oggetto di massa m = 2 kg è appeso ad una molla dicostante elastica k = 10 N

cm . Di quanto si allunga la molla?[D0007] [2 4 ] Una sbarra orizzontale è libera di ruotare intorno ad un perno

centrale. Essa è sottoposta all’azione di tre forze: una forza F1 = 30N verso il bassoposta ad una distanza b1 = 30 cm dal perno sul suo lato sinistro, una forza F2 = 10N

verso il basso posta ad una distanza b2 = 30 cm dal perno sul suo lato destro, ed unaforza F3 = 40N verso il basso posta ad una distanza b3 sul suo lato destro. Calcola

quanto valgono la distanza b3 e la reazione vincolare Rv del perno affinché la sbarrapossa rimanere ferma.

[D0008] [1 3 ] Un vaso di massa trascurabile contenente V = 15 dm3 di acquadi mare (ρ = 1, 03 kg

dm3 ) è appeso al soffitto con una molla di costante elastica k =

100 Nm . Di quanto si allunga la molla?

[D0009] [2 4 ] Due persone stanno sollevando una trave di forma irregolare,di massa m = 50 kg e lunga l = 2m tenendola per i suoi estremi. Il baricentro dellatrave si trova a d = 70 cm da uno degli estremi della trave stessa. Quanto valgono leforze fatte dalle due persone?

[D0012] [2 5 ] Una sbarra di ferro lunga l = 2m il cui baricentro si trova ad = 50 cm da uno degli estremi, viene appoggiata su due molle poste agli estremidella sbarra, le quali si schiacceranno della stessa quantità ∆l = 6 cm. Sapendo chela prima molla ha costante elastica k1 = 1000 N

cm , quanto vale la costante elasticadell’altra molla e quanto vale la massa della sbarra?

[D0013] [1 3 ] Un cubo di ferro di densità ρFe = 7874 kgm3 , e di lato l = 20 cm

si trova sul fondo di una piscina piena di acqua di densità ρH2O

= 1000 kgm3 . Qual è la

minima forza necessaria per sollevarlo dal fondo della piscina?

[D0015] [1 1 ] Un ciclista di massa m = 60 kg corre in pianura alla velocitàcostante V = 35 km

h . Se le forze d’attrito con l’aria hanno un valore Fa = 500N ,quanto vale la forza in avanti che il ciclista fa spingendo sui pedali? Spiegane ilperchè. Quanto vale l’accelerazione con la quale si muove la bicicletta?

[D0016] [2 4 ] Una sbarra orizzontale di massa trascurabile è inchiodata nelsuo centro. Due forze di intensità F1 = F2 = 20N vengono applicate alla sbarraverso il basso rispettivamente alla distanza b1 = 20 cm a sinistra e b2 = 30 cm adestra del centro. Dove devo applicare una forza F3 = 2N veso il basso in mododa ottenere equilibrio rotazionale? Quanto vale e verso dove è diretta la reazionevincolare del chiodo?

[D0018] [2 1 ] A quale velocità minima deve andare una motocicletta per fareil giro della morte su di una pista circolare di raggio r = 10m?[V = 9, 9 m

s ]

[D0023] [1 2 ] Una carrucola sta sorreggendo un oggetto di massa m = 6 kg.L’oggetto è attaccato all’asse centrale della carrucola ed entrambi i capi della corda

238 Scheda110. Esercizi di Dinamica

intorno alla carrucla vengono tirati verso l’alto. Quanto vale la tensione sul filo chetiene la carrucola?[T = 29, 4N ]

[D0025] [1 4 ] Un palloncino è legato con una molla di costante elastica k =

5 Ncm al fondo di una piscina e quindi tenuto fermo sotto l’acqua. Sapendo che il suo

volume è V = 1 dm3 e che la sua massa è m = 400 g, di quanto si allunga la molla?

[D0026] [2 6 ] Una sbarra orizzontale è realizzata unendo quattro cubi di latol = 10 cm e di masse rispettivamente m1 = 1 kg, m2 = 2 kg,m3 = 3 kg,m4 = 4 kg.La sbarra è sorretta da due fili attaccati nel centro del primo e del quarto oggetto.Calcola il baricentro della sbarra e le forze F1 ed F2 che devono fare i due fili affinchèla sbarra stia ferma.

[D0027] [1 2 ] Una sbarra orizzontale è tenuta ferma da un chiodo nel suocentro. Sula lato sinistro, ad una distanza b1 = 18 cm viene applicata una forzaF1 = 30N verso il basso. Sul lato destro, ad una distanza b2 = 12 cm viene applicatauna forza F2 verso il basso. Quanto vale la forza F2 per tenere ferma la sbarra?

[D0028] [2 4 ] Una trave di legno di massa m = 2 kg e di lunghezza l = 1m

è sorretta ai bordi da due persone. Sulla trave si trova un ogetto di massa m2 = 1 kg

ad una distanza b1 = 20 cm dal bordo sinistro della trave. Quanto valgono le forzeche fanno le due persone?[F1 = 11, 76N ; F2 = 17, 64N ]

[D0029] [2 4 ] Una trave orizzontale di massa m = 10 kg e lunga l = 200 cm èlibera di ruotare attorno ad un perno fisso posto nella sua estremità sinistra. La traveviene tirata verso il basso da una forza F1 = 100N posta ad una distanza b1 = 30 cm

dal perno. Una forza F2 viene poi applicata al fondo della trave per equilibrarla enon farla ruotare. La reazione vincolare del perno fisso tiene la trave in equilibriotraslazionale. Quanto valgono e verso dove sono diretti i momenti della forza F1

e della forza di gravità? Quanto deve valere e in quale verso deve essere diretto ilmomento della forza F2? Calcola la forza F2 ed il valore della reazione vincolare.[M1−or = 3000Ncm; Mg−or = 9800Ncm; M2−an = 12800Ncm; F2 = 64N versol’alto; Rv = 132N verso l’alto.]

[D0030] [2 3 ] Una trave orizzontale lunga l = 2m è libera di ruotare attornoad un perno fisso posto nella sua estremità sinistra. La trave viene tirata verso il

basso da una forza F1 = 100N posta ad una distanza b1 = 30 cm dal perno e da unaforza F2 = 200N posta ad una distanza c = 40 cm dalla prima forza. Calcola la forzaF3 da applicare al fondo della trave per equilibrarla e non farla ruotare.

[D0031] [1 4 ] In una giostra dei seggiolini tenuti da una catena si muovonodi moto circolare uniforme in orizzontale con frequenza ν = 0, 25Hz descrivendoun cerchio di raggio r = 3m. Una persona seduta nel seggiolino ha una massam = 70 kg. Quanta forza deve fare la catena per sorreggere quel seggiolino?

[D0032] [2 4 ] Immaginate di tenere in mano un sasso di massa m = 1 kg

mentre tenete l’avambraccio fermo in posizione orizzontale. Il sasso si trova ad unadistanza b1 = 30 cm dal gomito. Il muscolo bicipite, che esprime una forza versol’alto, è attaccato all’avambraccio ad una distanza b2 = 5 cm dal gomito. Quantovale la forza di gravità sul sasso? Quanto vale la forza che deve fare il muscolo persorreggere il sasso? Quale forza agisce sul gomito?[ Fg = 9, 8N ; F2 = 58, 8N ; Rv = 49N . ]

[D0033] [1 2 ] Faccio più fatica a sorreggere un oggetto di ferro di densitàρFe = 7874 kg

m3 e volume VFe = 2 dm3 o ad allungare una molla di costante elasticak = 30 N

cm dalla lunghezza li = 10 cm alla lunghezza lf = 15 cm?

[D0034] [2 2 ] Ad una macchina di Atwood sono appese due massem1 = 2 kg

ed m2 = 5 kg. Con quale accelerazione si muove il sistema?

[D0035] [1 4 ] Se vuoi mantenere un sasso sott’acqua senza che tocchi il fon-do, devi fare una forza verso l’alto o verso il basso? Disegna le forze sull’oggetto emotiva la tua risposta. Immagina adesso di fare la stessa cosa con un pallone di pla-stica, devi fare una forza verso l’alto o verso il basso? Disegna le forze sull’oggetto emotiva la tua risposta.

[D0036] [1 1 ] Ad una molla di costante elastica k = 50 Nm viene appeso un

oggetto di massa m = 4 kg. Di quanto si allunga la molla?[∆l = 0, 784m]

[D0037] [1 2 ] Su di una macchina sale una persona di massa m = 80 kg.Di quanto si abbassa la macchina se le quattro molle su cui poggia hanno costanteelastica k = 100 N

cm?[∆l = 1, 96 cm]

239 Scheda110. Esercizi di Dinamica

[D0040] [1 2 ] Un pendolo di massa m = 300 g viene tirato in orizzontale dauna forza F = 6N . Quanto vale la tensione del filo che sorregge il peso?

[D0041] [3 3 ] Un pendolo di massa m = 700 g e di lunghezza L = 2m vienetirato in orizzontale da una forza F = 8N . Quanto vale la tensione del filo chesorregge il peso? Di quanto si solleva il peso?

[D0043] [1 4 ] Una sfera rotola su di un piano inclinato, senza strisciare e convelocità costante. Sapendo che la reazione vincolare del piano vale Rv = 17N e chele forze di attrito valgono Fa = 9, 8N , calcolate la massa della sfera ed il coefficientedi attrito del piano.

[D0045] [1 2 ] Un’automobile di massa m = 800 kg si appoggia su quattroammortizzatori di costante elastica k = 100 N

cm . Di quanto vengono compressi taliammortizzatori a causa del peso dell’automobile?[∆l = 19, 6 cm]

[D0046] [2 3 ] A due molle identiche, montate in serie, di massa m = 0, 2 kg

e costante elastica K = 2 Ncm è appeso un oggetto di massa M = 1 kg. Di quanto si

allungano complessivamente le due molle?

[D0047] [1 3 ] Una macchina di massa m = 800 kg sta facendo una curvadi raggio r = 20m su asfalto bagnato e con le gomme lisce. Tra l’asfalto e le ruoteil coefficiente di attrito è µ = 0, 2. Quanto vale la forza di gravità che agisce sullamacchina? Quanto vale l’attrito dell’auto sull’asfalto? A quale velocità massima puòandare la macchina per non uscire di strada?[Fg = 7840N ; Fa = 1568N ; Vmax = 6, 261 m

s ]

[D0048] [2 4 ] Un oggetto di massa m = 2 kg si trova fermo su di un pianoinclinato senza attrito, inclinato di θ = 30 rispetto all’orizzontale, bloccato tramiteun cavo inestensibile ad una molla di costante elastica k = 5 N

cm . Di quanto si allungala molla?

[D0049] [3 5 ] Un oggetto di massa m = 2 kg si trova fermo su di un pianoinclinato. Il piano ha un coefficiente di attrito statico µs = 0, 1 ed è inclinato diθ = 30 rispetto all’orizzontale. L’oggetto è bloccato tramite un cavo inestensibile aduna molla di costante elastica k = 5 N

cm . Di quanto si allunga la molla?

θ

[D0050] [2 2 ] Un oggetto di massa m =

2 kg si trova su di un carrello posizionato fermo su

di un piano inclinato inclinato di θ = 30 rispet-to all’orizzontale. Il sistema inizialmente è fermo.L’oggetto è appoggiato ad una molla di costan-te elastica k = 5 N

cm , parallela al piano inclinato.Di quanto si allunga la molla quando si lascia ilcarrello libeo di muoversi?

110.5 Principi della dinamica

[D0052] [2 2 ] Un ascensore si muove verso l’alto con accelerazione a = 2 ms2 .

Una persona di massa m = 70 kg si trova al suo interno in piedi sopra una bilancia.Qunto peso segna la bilancia?

[D0053] [3 4 ] In una gara automobilistica un’auto affronta una curva para-bolica di raggio r = 40m, inclinata di α = 15 rispetto all’orizzontale. Sapendo cheil coefficiente di attrito delle ruote sull’asfalto è µ = 0, 6, quale velocità massima puòtenere l’auto senza perdere aderenza con la strada?

[D0054] [2 3 ] Un oggetto di massa m = 2 kg striscia su di un piano orizzon-tale con coefficiente di attrito dinamico µd = 2 spinto da una forza F = 50N . Conquale accelerazione si sta muovendo??

[D0056] [2 3 ] Un oggetto di mas-sa M = 20 kg striscia senza attrito su diun piano orizzontale. L’oggetto è tirato dauna corda inestensibile che, tramite una car-rucola mobile, sorregge un peso di massam = 10 kg. Con quale accelerazione si stamuovendo il sistema?

[D0057] [2 4 ] Un oggetto di massaM = 20 kg striscia su di un piano orizzontalecon coefficiente di attrito µ = 0, 05. L’oggettoè tirato da una corda inestensibile che, trami-te una carrucola mobile, sorregge un peso di

240 Scheda110. Esercizi di Dinamica

massa m = 10 kg. Con quale accelerazione sista muovendo il sistema?

[D0059] [2 3 ] Due oggetti di massa m1 = 20 kg ed m2 = 30 kg, sono legatida un filo inestensibile e liberi di scivolare su di un piano orizzontale senza attrito.Uno dei due viene tirato orizzontalmete da una forza F = 100N e di conseguenzatrascina l’altro. Con quale accelerazione si muove il sistema?

[D0060] [2 4 ] tre oggetti di massa m1 = 20 kg ed m2 = 30 kg ed m3 = 50 kg,sono legati da un filo inestensibile e liberi di scivolare su di un piano orizzontalesenza attrito. Quello più avanti viene tirato orizzontalmete da una forza F = 100N

e di conseguenza trascina gli altri. Con quale accelerazione si muove il sistema?

[D0058] [3 4 ] Una navicella spaziale di massa m1 = 4000 kg deve recuperareun satellite artificiale di massa m2 = 2000 kg. Per farlo lo aggancia con una fune dilunghezza L = 60m e tira la fune con una forza F = 4N . Il satellite è fermo rispettoalla navicella. Dopo quanto tempo la navicella recupera il satellite?

~F

[D0062] [3 4 ] Due blocchi di mas-sa M = 2 kg ed m = 1 kg, sono posti comemostrato in figura, liberi di scivolare sen-za attrito su di un piano orizzontale spintidalla forza ~F . Tra i due blocchi c’è in veceattrito ed il coefficiente di attrito statico vale µs = 2. Quanto deve valere la minimaforza ~F affinchè il blocco più piccolo non cada?

[D0063] [2 3 ] Un blocco di massam = 10 kg scivola senza attrito su di un pia-no inclinato di un angolo θ = 30 ed è spinto contro il piano da una forza orizzontaleF = 100N . Con quale accelerazione si muove il blocco?

[D0064] [1 1 ]

Se la forza totale che agisce su di un oggetto è nulla allora esso

A è sicuramente fermo B si muove in modo casuale

C decelera fino a fermarsi D accelera in modo costante

E ha velocità costante

Un satellite ruota intorno alla Terra di moto circolare uniforme.

A Il suo vettore velocità è costante B Il moto non è un moto acceleratoC La sua accelerazione è un vettore

costanteD La sua accelerazione è in modulo

costanteE Il modulo della sua velocità varianel tempo

110.6 Legge di gravitazione

[D0065] [2 3 ] A quale velocità deve essere lanciato un satellite artificiale di massam = 100 kg per uscire dall’orbita terrestre?

Scheda 111Esercizi sulle leggi di conservazione111.1 Energia

[L0001] [1 3 ] Un oggetto di massa m = 50 kg viaggia ad una velocità Vi = 10ms .Ad un certo punto viene spinto da una forza F = 100N per una distanza ∆S = 24m

nella stessa direzione e nello stesso verso del movimento.

1. Quanto lavoro ha fatto la forza? Quel lavoro è negativo o positivo?

2. Quanta energia cinetica ha l’oggetto all’inizio e dopo l’azione della forza?

3. A quale velocità finale viaggia l’oggetto?

[L0002] [1 2 ] Se lascio cadere un oggetto inizialmente fermo da un’altezzahi = 8m, con quale velocità arriverà a terra?

[L0003] [1 2 ] Se lascio cadere un oggetto di massa m = 1 kg inizialmentefermo da un’altezza hi = 8m, e arriva a terra con una velocità Vf = 10 m

s ; quantaenergia si è dissipata sotto forma di calore a causa dell’attrito con l’aria?

[L0004] [1 1 ] Un oggetto di massa m = 500 kg si sta muovendo su di unpiano orizzontale con velocità iniziale Vi = 10 m

s . Gradualmente rallenta a causadelle forze di attrito fino alla velocità Vf = 4 m

s . Quanta energia è stata dispersasotto forma di calore?

[L0005] [1 2 ] Un oggetto si sta muovendo in salita su di un piano inclinatocon attrito, con una velocità iniziale Vi = 10 m

s . Gradualmente rallenta fino a fermar-si. Sapendo che l’oggetto si è sollevato, rispetto all’altezza iniziale, fino all’altezzahf = 3m e che il calore generato dalle forze di attrito è stato Q = 2 J , quanto vale lamassa dell’oggetto?

[L0006] [1 4 ] Un blocco di pietra di massa m = 40 kg scivola lungo unadiscesa partendo con una velocità iniziale Vi = 5 m

s . All’inizio si trovava all’altezzahi = 10m per poi scendere fino all’altezza hf = 2m.

1. Calcola le energie cinetica e potenziale gravitazionale iniziali del blocco.

2. Quanta energia cinetica finale avrebbe il blocco se non ci fosse attrito?

3. Se l’energia cinetica finale del blocco fosse metà di quella iniziale, quanta ener-gia si è persa a causa delle forze d’attrito?

[L0007] [1 7 ] Un proiettile di massa m = 15 g viene sparato da un fucilein diagonale verso l’alto posizionato al livello del suolo. Al momento dello sparoriceve una spinta F = 100N per un tragitto ∆S = 60 cm pari alla lunghezza dellacanna del fucile. Quando arriva nel punto di massima altezza ha ancora una velocitàVf = 20ms . trascuriamo gli effetti dell’attrito con l’aria.

1. Quanto lavoro ha ricevuto il proiettile al momento dello sparo?

2. Trascura la variazione di energia potenziale dovuta al percorso della pallotto-la all’interno del fucile; quanta energia cinetica ha il proiettile in uscita dallacanna del fucile?

3. Quanta energia cinetica ha il proiettile nel punto di massima altezza?

4. Quanta energia potenziale gravitazionale ha il proiettile nel punto di massimaaltezza?

5. A quale altezza è arrivato il proiettile?

[L0008] [1 4 ] Un oggetto di massam = 5 kg ha inizialmente un’energia poten-ziale gravitazionale Ui = 100 J e sta cadendo con una velocità Vi = 10ms . Cadendo aterra, cioè fino ad un’altezza hf = 0m, l’oggetto ha colpito e compresso una molla,inizialmente a riposo, di costante elastica k = 200 N

cm . Quando la molla raggiunge lasua massima compressione l’oggetto è nuovamente fermo.

1. A quale altezza si trova inizialmente l’oggetto?

2. Quanta energia cinetica ha l’oggetto inizialmente?

241

242 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

3. Quanta energia potenziale gravitazionale ha l’oggetto quando arriva a terra?

4. Quanta energia potenziale elastica ha la molla inizialmente?

5. Quanta energia cinetica ha l’oggetto alla fine del suo movimento?

6. Quanta energia potenziale elastica ha immagazzinato la molla nel momento dimassima compressione?

7. Di quanto si è compressa la molla?

[L0009] [1 2 ] Un motore di potenza P = 2 kW solleva un oggetto di massam = 500 kg da un’altezza hi = 2m fino ad un’altezza hf = 32m. Quanto tempo ciimpiega?

[L0010] [1 2 ] Un tuffatore salta dalla piattaforma alta hi = 10metri. Conquale velocità l’atleta entra in acqua?[Vf = 14 m

s ][L0011] [1 2 ] In quanto tempo un motore di potenza P = 30W può sollevare

un oggetto di massa m = 4 kg di un’altezza ∆h = 5m?[∆t = 6, 53 s]

[L0012] [1 2 ] Quale altezza raggiunge un oggetto lanciato da terra vertical-mente verso l’alto con una velocità iniziale V0 = 25 m

s ?[hf = 31, 9m]

[L0013] [1 3 ] Un’automobile di massa m = 1000 kg rallenta in uno spazio∆S = 50m dalla velocità Vi = 20ms fino alla velocità Vf = 10ms . Quanto valgonole energie cinetiche iniziale e finale dell’automobile? Quanto lavoro hanno fatto leforze d’attrito? Quanto valgono le forze d’attrito?

[L0014] [1 4 ] Esercizi banali:

1. Quanto lavoro viene fatto su di un oggetto che si é spostato di ∆S = 50m

rallentato da una forza d’attrito F = 100N?[L = −5000 J]

2. Quanto lavoro compie la forza centripeta che fa muovere un oggetto di motocircolare uniforme?[L = 0J]

3. Quanto consuma una lampadina di potenza P = 150W tenuta accesa per untempo ∆t = 2h?[∆E = 300 J]

4. Per quanto tempo deve funzionare un motore di potenza P = 2000W per poterfornire un’energia ∆E = 500 J?[∆t = 0, 25 s]

[L0015] [1 5 ] Un pallone di massam = 0, 4 kg si trova ad una altezza hi = 1m

da terra e viene calciato verticalmente verso l’alto alla velocità Vi = 15 ms .

1. Quanta energia cinetica e quanta energia potenziale gravitazionale ha il pallo-ne all’inizio?

2. Qanto vale l’energia totale che ha quel pallone?

3. Quanta energia cinetica e quanta energia potenziale gravitazionale ha il pallo-ne nel punto di massima altezza?

4. A quale altezza arriva il pallone?

5. Se il pallone avesse avuto una massa doppia a quale altezza sarebbe arrivato?

.[Eci = 45 J ; Ui = 3, 9 J ; Etot = 48, 9 J ; Ecf = 0 J ; Uf = 48, 9 J ; hf = 12, 5m; Allastessa altezza.]

[L0016] [1 2 ] Un proiettile viene sparato in aria con la velocità iniziale Vi =

100 ms . Trascurando l’effetto dell’aria, a quale altezza arriverebbe il proiettile?

[hf = 510m][L0017] [1 2 ] Un pendolo formato da un filo di lunghezza l = 1m ed una

massa legata al fondo, viene inclinato in modo da sollevare la massa di ∆h = 10 cm,e viene tenuto inizialmente fermo. Con quale velocità il pendolo viaggerà quando lamassa avrà raggiunto la sua minima altezza?

[L0018] [1 2 ] Di quanto viene compressa una molla di costante elastica k =

100 Nm se a comprimerla è un oggetto di massa m = 49 kg lanciato orizzontalmente

alla velocità Vi = 10 ms ?

[∆l = 7 cm]

243 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

[L0019] [1 3 ] Su di una catapulta viene posizionata una pietra di massa m =

30 kg, comprimendo di ∆l = 50 cm una molla di costante elastica k = 6000Nm .

1. Quanta energia potenziale elastica è immagazzinata nella molla?

2. Con quanta energia cinetica la pietra viene lanciata?

3. A quale velocità viaggia la pietra nel momento in cui viene lanciata?

.[V = 750 J ; Eci = 750 J ; Vi = 7, 07ms .]

[L0020] [1 4 ] Un oggetto di massam = 5 kg ha inizialmente un’energia poten-ziale gravitazionale Ui = 100 J e sta cadendo con una velocità Vi = 10ms . Cadendo aterra, cioè fino ad un’altezza hf = 0m, l’oggetto ha colpito e compresso una molla,inizialmente a riposo, di costante elastica k = 200 N

cm . Quando la molla raggiunge lasua massima compressione l’oggetto è nuovamente fermo.

1. A quale altezza si trova inizialmente l’oggetto?

2. Quanta energia cinetica ha l’oggetto inizialmente?

3. Quanta energia potenziale gravitazionale ha l’oggetto quando arriva a terra?

4. Quanta energia potenziale elastica ha la molla inizialmente?

5. Quanta energia cinetica ha l’oggetto alla fine del suo movimento?

6. Quanta energia potenziale elastica ha immagazzinato la molla nel momento dimassima compressione?

7. Di quanto si è compressa la molla?

.[hi = 2, 04m; Eci = 250 J ; Uf = 0 J ; Vi = 0 J ; Eci = 0 J ; Vel−f = 350 J ; ∆l =

3, 5 cm.][L0021] [1 2 ] Quanta energia devo dare ad un oggetto di massa m = 2 kg che

si muove con velocità Vi = 10 ms per fargli raddoppiare la velocità?

[L0022] [1 4 ] Un proiettile di massa m = 15 g viene sparato da un fucile indiagonale verso l’alto posizionato al livello del suolo. Al momento dello sparo ri-ceve una spinta F = 100N per un tragitto ∆S = 60 cm pari alla lunghezza dellacanna del fucile. Quando arriva nel punto di massima altezza ha ancora una velocitàVf = 20ms . Quanto lavoro ha ricevuto il proiettile al momento dello sparo? Trascurala variazione di energia potenziale dovuta al percorso della pallottola all’interno delfucile; quanta energia cinetica ha il proiettile in uscita dalla canna del fucile? Quantaenergia cinetica ha il proiettile nel punto di massima altezza? Quanta energia po-tenziale gravitazionale ha il proiettile nel punto di massima altezza, se trascuriamol’attrito con l’aria? A quale altezza è arrivato il proiettile?[L = 60 J ; Eci = 60 J ; Ecf = 3 J ; Uf = 57 J ; hf = 388m]

[L0023] [1 3 ] Un corpo di massa m = 2 kg, sulla cima di una collina, viag-gia con velocità iniziale Vi = 10 m

s ed ha un’energia potenziale gravitazionale Ui =

1000 J . Frenato dalle forze d’attrito, arriva in fondo alla collina ad altezza hf = 0m

con una velocità finale Vf = 20 ms . Di quante volte è aumentata l’energia cinetica

(raddoppiata, triplicata, quadruplicata)? Quanta energia si è trasformata in calore?[L0024] [3 5 ] Ad una molla, di lunghezza a riposo L0 = 20 cm e costante

elastica k = 10 Nm , viene appeso un oggetto di massa m = 100 g. Dalla posizione di

equilibrio raggiunta, l’oggetto viene sollevato di ∆x = +5 cm. Lasciato libero, fino aquale altezza minima si abbassa?

[L0025] [1 4 ] Un oggetto cade da una certa altezza. Trascuriamo l’effettodell’aria. Rispondi alle seguenti domande:

• Come variano l’energia potenziale gravitazionale e l’energia cinetica dell’og-getto? Come varia l’energia totale dell’oggetto?

Consideriamo adesso il caso della presenza dell’aria.

• In che modo la forza di attrito interviene sulle trasformazioni energetiche delfenomeno in questione? Vale ancora la legge di conservazione dell’energiatotale?

[L0026] [1 4 ] Un elastico inizialmente fermo, di massa m = 40 g e costanteelastica k = 5 N

cm , si trova all’altezza hi = 2m e viene lanciato verso l’alto. L’energianecessaria è data dall’elastico stesso essendo stato allungato di ∆l = 10 cm.

244 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

1. Quanta energia potenziale elastica è immagazzinata nell’elastico?

2. Quanta energia cinetica avrà l’elastico nel punto di massima altezza?

3. Calcola l’energia potenziale gravitazionale e l’altezza che avrà l’elastico nelpunto di massima altezza?

.[V = 2, 5 J ; Ecf = 0 J ; U = 3, 284 J ; hf = 8, 38m.]

[L0027] [1 2 ] Un atleta di salto con l’asta durante la sua corsa viaggia aduna velocità Vi = 9ms , quanto salterebbe in alto se riuscisse a convertire tutta la suaenergia cinetica in energia potenziale gravitazionale?[hf = 4, 13m]

[L0028] [1 2 ] Un oggetto di massa m = 4 kg si muove senza attrito su di unpiano orizzontale con la velocità V = 5 m

s . Ad un certo punto l’oggetto incontra unamolla comprimendola di ∆l = 0, 2m. Quanto vale la costante elastica della molla?[k = 2500 N

m ][L0029] [2 3 ] Un oggetto di massam = 2 kg viene lasciato cadere da una certa

altezza. Arrivato a terra, penetra nel terreno per un tratto d = 0, 5m. Assumendoche le forze di attrito con il terreno abbiano un valore medio Fa = 500N , da qualealtezza è caduto l’oggetto?

[L0031] [1 2 ] Un blocco di cemento di massa m = 500 kg è tenuto da unagru ad un’altezza hi = 10m e poi appoggiato dentro un pozzo ad una profondi-tà hf = −5m sotto il livello del terreno. Di quanto è variata l’energia potenzialegravitazionale dell’oggetto a causa del suo spostamento?

[L0032] [2 2 ] Ad una macchina di Atwood senta attrito sono appesi duecorpi di massa m1 = 2 kg e m2 = 3 kg. Il corpo più leggero è inizialmente fermoappoggiato a terra, mentre quello più pesante si trova a h = 2m da terra. Con qualevelocità il più pesante toccherà terra?

[CL0001] [2 3 ] Un proiettile viene sparato verso l’alto con una velocità ini-ziale Vi = 50 m

s inclinata di α = 30 rispetto all’orizzontale. A quale altezza arriva?[DL0004] [4 3 ] Un oggetto è posto sulla cima di una superficie semisferica.

Esso comincia a scivolare senza attrito lungo tale superficie. In quale punto esso sistacca dalla suprficie?

111.2 Quantità di moto

[P0001] [1 2 ] Un oggetto che ha massa m1 = 50 kg viaggia ad una velocità V1 =

11 ms . Ad un certo punto urta contro un oggetto di massa m2 = 100 kg che viaggia

nel verso opposto ad una velocità V2 = 1 ms . Nell’urto di due oggetti rimangono

attaccati. A quale velocità finale si muove il blocco?

111.3 Momento angolare

[LL0001] [2 2 ] Sul bordo di una piattaforma girevole con momento di inerzia I =

100 kgm2 e raggio r = 2m, si trova una persona mi massa M = 60 kg. Inizialmenteentrambe sono ferme. Calcola la velocità angolare con la quale la piattaforma ruota,quando la persona cammina lungo il bordo della piattaforma con una velocità V =

2 ms .

111.4 Complessivi

[CDL0001] [1 3 ] Un’auto viaggia a velocità costante per un tratto di strada ∆S =

600m, spinta da una forza costante F = 500N per un tempo ∆t = 20 s. Comepotresti spiegare perché l’auto viaggia a velocità costante? Quanto vale la potenzaespressa dal motore in quell’intervallo di tempo?

[CDL0002] [2 2 ] Un’auto di massa m = 800 kg, partendo da ferma, vienespinta da una forza costante F = 500 kN per un tempo ∆t = 3 s. Quanto vale lapotenza espressa dal motore?

[DL0001] [2 3 ] Un corpo striscia con velocità iniziale Vi = 20 ms su di un

piano con coefficiente di attrito µd = 0.5. Quale velocità avrà dopo aver percorso∆S = 30m.

[DL0002] [2 5 ] Disegna lo schema di un sistema di sollevamento a carrucolamobile per sollevare un peso di massa m = 10 kg. Indica il valore della forza ~F chedevi esercitare sull’estremità del cavo e lo spostamento ∆S dell’estremità del cavo,sapendo che la massa si solleva di ∆h = 20 cm.

245 Scheda111. Esercizi sulle leggi di conservazione

[DL0003] [3 5 ] Un pendolo di massa m = 900 g e lunghezza L = 1m vienetirato in orizzontale da una forza F = 10N . Quanto vale la tensione del filo chesorregge il peso? Di quanto si solleva il peso? Quanta energia viene fornita al pesoper sollevarlo?

[DL0004] [4 3 ] Un oggetto è posto sulla cima di una superficie semisferica.Esso comincia a scivolare senza attrito lungo tale superficie. In quale punto esso sistacca dalla suprficie?

[DL0005] [3 4 ] Un pendolo di massa m = 300 g e lunghezza L = 1m vienespostato dalla posizione di equilibrio di un angolo θi = 45. Quando è lasciato liberodi oscillare, partendo da fermo, quale tensione esercita la corda quando il peso sitrova ad un angolo θf = 30 dalla posizione di equilibrio?

[DL0011] [3 3 ] Un pendolo semplice è realizzato con una corda di lunghezzaL = 2m con all’estremità una massa m = 2 kg. Tale pendolo sta oscillando attaccatoad un chiodo all’altezza hc = 3m. Il massimo valore dell’altezza raggiunta dal pen-dolo è hi = 1, 4m. Sapendo che la corda può sopportare al massimo una tensioneTmax = 30N , il pendolo si romperà?

[DL0012] [1 4 ] Un’auto di massa m = 500 kg rallenta dalla velocità Vi =

252 kmh fino alla velocità Vf = 108 km

h in uno spazio ∆S = 100m. Quanta energiacinetica ha l’auto prima e dopo la frenata? Quanto lavoro ha fatto la forza d’attritodelle ruote con l’asfalto? Calcola la forza e l’accelerazione d’attrito.[Eci = 1225 kJ ; Ecf = 225 kJ ; L = −1000 kJ ; Fa = 10N ; a = 0, 02 m

s2 ][LP0001] [3 4 ] Un oggetto di massa m1 = 50 kg viaggia ad una velocità

V1 = 11 ms lungo un piano inclinato senza attrito. Inizialmente l’oggetto si trova

all’altezza hi = 5m da terra. Alla fine del piano inclinato si sposta in orizzontalefino a quando urta contro un oggetto di massa m2 = 100 kg inizialmente fermo.Nell’ urto di due oggetti rimangono attaccati. Con quale velocità viaggeranno dopol’urto?

Scheda 112Esercizi di Fluidodinamica112.1 Legge di conservazione della portata

[F0002] [1 2 ] In un tubo di sezione S1 = 10 cm2 scorre dell’acqua con veloci-tà V1 = 3 m

s . Questo tubo ha una strozzatura nel centro, di sezione S2 = 4 cm2.Quanto vale la portata del tubo? Quanto vale la velocità con cui l’acqua scorre nellastrozzatura?

[F0003] [1 2 ] Il letto di un canale di irrigazione è profondo h1 = 2m e largol1 = 10m, e l’acqua al suo interno scorre con una velocità V1 = 0, 2 m

s ; se in un certotratto la profondità e la larghezza del canale si dimezzano, a quale velocità scorreràl’acqua in questo secondo tratto? Quanto vale la portata del canale?

112.2 Principio di Bernoulli

[F0001] [2 3 ] In un tubo orizzontale di sezione S1 = 10 cm2 scorre dell’acquaad una velocità V1 = 8 m

s con una pressione P1 = 150000Pa. Ad un certo punto lasezione del tubo aumenta fino al valore S2 = 16 cm2. Quanto valgono la velocità e lapressione dell’acqua nella parte larga del tubo?

[F0004] [2 2 ] Un vaso cilindrico di sezione S1 = 10 cm2 contiene dell’acquafino ad un certo livello. Nel vaso viene applicato un foro di sezione S2 = 1mm2

ad un’altezza ∆h = 40 cm inferiore al livello dell’acqua. Con quale velocità V2 escel’acqua dal foro?

[F0005] [2 3 ] Un tubo orizzontale di sezione S1 = 10 cm2 è percorso da acquaalla pressione P1 = 150000Pa che si muove alla velocità V1 = 8 m

s . All’altra estremitàdel tubo la pressione vale P2 = 169500Pa. Con quale velocità l’acqua esce dal tubo?Quale sezione ha il tubo in uscita?

[F0008] [2 3 ] Un tubo orizzontale in cui scorre acqua ( ρH2O

= 1000 kgm3 ), ha

una sezione iniziale S1 = 100 cm2. Successivamente il tubo si stringe diventando disezione S2 = 60 cm2. La pressione nel tratto iniziale del tubo vale P1 = 400000Pa,mentre nella sezione più stretta vale P2 = 300000Pa. Quanto valgono le due velocitàdell’acqua nei due tratti del tubo?

[F0012] [2 4 ] Un contenitore cilindrico viene riempito d’acqua fino all’altezzahi = 30 cm dal fondo. All’altezza hf = 5 cm dal fondo viene praticato un piccolo

foro, di dimensione trascurabile rispetto alla superficie della base del contenitore.Con quale velocità l’acqua esce dal foro?[Vf = 2, 21 m

s ]

[F0014] [2 2 ] Nella conduttura di una centrale idroelettrica, realizzata conun tubo di sezione costante, scorre l’acqua che produrrà poi corrente elettrica. Se lasuperficie del lago si trova alla quota h1 = 1500m s.l.m. ed il fondo della condutturasi trova ∆h = 200m più in basso, con quale pressione l’acqua esce dalla conduttura?

[CF0001] [3 5 ] Un contenitore cilindrico è riempito di liquido fino ad un’al-tezza H = 50 cm. Ah un’altezza h = 25 cm è praticato un foro piccolo rispetto allasezione del cilindro. A quale distanza dal cilindro cade il liquido?

[CF0002] [3 4 ] Un contenitore pieno di acqua è appoggiato su di un piattorotante di raggio r = 0, 5m. Il piatto rotante viene messo in rotazione con frequenzaν = 1Hz. Quale pressione si misura ad una profondità h = −30 cm sotto il livellodell’acqua?

112.3 Legge di Stevin

[F0006] [3 2 ] Un tubo a forma di U contiene acqua ( ρH2O

= 1000 kgm3 ) nella

sezione di sinistra e olio ( ρolio = 800 kgm3 ) nella sezione di destra. I liquidi sono

fermi. Sapendo che la colonna di olio ha un’altezza ∆h = 20 cm, di quanti centimetrila colonnina di olio si trova più in alto della colonnina di acqua?

[F0009] [1 3 ] Un subacqueo si trova immerso nelle acque ferme di un lagoalla profondità h1 = −20m rispetto al livello del mare. La pressione atmosferica valePatm = 100000Pa. A quale pressione si trova? A quale profondità deve arrivare perraddoppiare la pressione a cui si trova?

[F0010] [2 4 ] In un cilindro verticale versiamo mercurio, acqua e olio. Lacolonna di mercurio è alta L

Hg= 5 cm; la colonna d’acqua è alta L

H2O= 20 cm

e la colonna d’olio è alta Lolio

= 15 cm. La pressione atmosferica vale Patm =

100000Pa. Trovate la pressione sul fondo della colonna di liquido. Le densità deiliquidi utilizzati sono: ρ

olio= 800 kg

m3 ; ρH2O

= 1000 kgm3 ; ρ

Hg= 13579 kg

m3 .

246

247 Scheda112. Esercizi di Fluidodinamica

[F0011] [1 1 ] Sapendo che un sottomarino in immersione sta subendo unapressione P = 280000Pa, a quale profonditá si trova rispetto alla superficie?[h = −17, 33m]

[F0013] [1 2 ] Un medico misura la pressione sanguigna ad un paziente altroH = 180 cm mentre è sdraiato su di un lettino, ed ottiene Pcuore = 115mmHg.Quando il paziente si alza in piedi, il suo cuore si trova all’altezza hc = 1, 5m da

terra. La densità del sangue è ρs = 1060kg

m3. Quanto vale la pressione del sangue

all’altezza del cervello del paziente?[DF0001] [2 2 ] Su di un bicchiere interamente riempito di acqua, profondo

h = 4, 5 cm e di sezione S = 20 cm2, viene appoggiato un disco di plastica di massam = 3 g. Il bicchiere viene poi capovolto e si vede che il disco non cade. Con quantaforza il disco viene schiacciato contro il bicchiere?

112.4 Principio di Pascal

[F0007] [1 2 ] Le due sezioni di un torchio idraulico valgono rispettivamente S1 =

50 cm2 ed S2 = 5 cm2. Sapendo che sulla sezione maggiore viene appoggiato unpeso di massa m = 50 kg, quale forza devo fare sulla seconda sezione per mantenerel’equilibrio?

Scheda 113Esercizi di Calorimetria113.1 Domande di teoria

[Q0020] [1 4 ]

1. Cos’è il calore? Cos’è la temperatura di un oggetto?

2. Come varia la temperatura di un corpo durante una transizione di fase?

3. Cosa succede alle molecole di una sostanza durante una transizione di fase?

4. Cosa può succedere ad una sostanza solida se le forniamo calore?

[Q0022] [1 4 ]

1. Cosa succede se mettiamo due corpi, con temperatura differente, a contatto traloro? Perchè?

2. Le molecole di un oggetto possono rimanere ferme?

3. Se fornisco energia ad un corpo e lo vedo fondere, come è stata utilizzataquell’energia?

4. Esiste un limite inferiore alla temperatura che può avere un oggetto? Quale?

[Q0035] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande:

1. Cosa indica la temperatura di un oggetto?

2. Perchè esiste un limite inferiore alla temperatura?

3. Un bicchiere d’acqua si trova alla temperatura T = 30 C: cosa posso dire sullatemperatura di una singola molecola d’acqua di quel bicchiere?

113.2 Esercizi banali

[Q0015] [1 17 ] Esercizi banali di:

1. Riscaldamento

(a) Che massa ha un oggetto di rame se dandogli un calore ∆Q = 1000 J lasua temperatura aumenta di ∆T = 20K?[m = 131, 6 g]

(b) Quanta energia mi serve per innalzare la temperatura di un oggetto diferro di ∆T = 50K sapendo che ha una massa m = 10 kg e che si trova aduna temperatura Ti = 300K?[∆Q = 2200 J]

(c) Quanta energia mi serve per innalzare la temperatura di un oggetto diferro fino alla temperatura Tf = 350K sapendo che ha una massa m =

10 kg e che si trova ad una temperatura Ti = 300K?[∆Q = 2200J]

2. Capacità termica

(a) Un oggetto di ferro di massa m1 = 2 kg alla temperatura iniziale T1i =

300K viene messo a contatto con un oggetto di rame di massa m2 = 3 kg

alla temperatura iniziale T2i = 320K. Qual’è la capacità termica dei dueoggetti?[CFe = 880 J

K ;CCu = 1140 JK .]

3. Temperatura di equilibrio

(a) Quale temperatura raggiungono un oggetto di argento di mAg = 0, 1 kg

alla temperatura iniziale Ti,Ag = 350K ed un oggetto d’oro di mAu =

0, 2 kg alla temperatura iniziale Ti,Au = 400K messi a contatto?[Teq = 376, 2K]

(b) Un oggetto di ferro di massa m1 = 2 kg alla temperatura iniziale T1i =

300K viene messo a contatto con un oggetto di rame di massa m2 = 3 kg

alla temperatura iniziale T2i = 320K. Quale temperatura di equilibrioraggiungeranno i due oggetti?[Teq = 311, 3K.]

4. Transizioni di fase

248

249 Scheda113. Esercizi di Calorimetria

(a) Quanta energia serve per far fondere una massa m = 20 kg di ghiaccioalla temperatura di fusione?[∆Q = 6700 kJ]

(b) Quanta energia serve per far fondere una massa m = 10 kg di rame allatemperatura di fusione?[∆Q = 2058 kJ]

(c) Quanta energia serve per far bollire una massa m = 5 kg di acqua allatemperatura di ebollizione?[∆Q = 11360 kJ]

(d) Quanta energia devo dare ad una massa m = 50 kg di oro che si trovanoalla temperatura T = 3129K per farle compiere la transizione di fase?[∆Q = 84850 kJ]

5. Dilatazione termica

(a) Di quanto si allunga una sbarra d’oro della lunghezza iniziale li = 10 cm

se aumentiamo la sua temperatura di ∆T = 20K?[∆l = 2, 8 · 10−5m]

(b) Di quanto si accorcia una sbarra d’oro della lunghezza iniziale li = 10 cm

se diminuiamo la sua temperatura di ∆T = 10K?[∆l = −1, 4 · 10−5m]

(c) Di quanto si allunga una sbarra di rame di lunghezza iniziale li = 30 cm

se aumentiamo la sua temperatura di ∆T = 30K?[∆l = 1, 53 · 10−4m]

(d) Di quanto devo scaldare una sbarra di rame di lunghezza iniziale li =

20m per allungarla di ∆l = 1, 7mm?[∆T = 0, 5K]

(e) Di quanto può aumentare la temperatura di una sbarra di ferro di lun-ghezza iniziale li = 10m se non voglio che la sua lunghezza aumenti dipiù di 1 millimetro?[∆T = 8, 33K]

6. Trasmissione del calore

(a) Una finestra rettangolare di vetro spesso l = 3mm è larga b = 0, 5m e altah = 1, 2m. Se dentro casa c’è una temperatura Tin = 26C e fuori unatemperatura Tout = 12C, quanta energia passa attraverso quella finestraogni ora? La conducibilità termica del vetro è ρ = 1 W

K·m .[∆Q = 30240 kJ]

113.3 Riscaldamento

[Q0001] [2 3 ] Quanta energia mi serve per innalzare la temperatura di un oggettodi ferro di ∆T = 50K sapendo che ha una massa m = 10 kg e che si trova ad unatemperatura Ti = 300K? Se la temperatura iniziale fosse stata Ti = 1800K sarebbeservita più energia? [rispondi indicando anche il perchè] [Q0002] [1 2 ] Qualepotenza ha un fornelletto che sta scaldando una massa m = 5 kg di acqua da untempo ∆t = 60 s facendone aumentare la temperatura di ∆T = 50K, sapendo chequell’acqua si trovava inizialmente alla temperatura Ti = 20C? [Q0013] [1 1 ]Un oggetto di materiale sconosciuto e di massa m1 = 5 kg alla temperatura inizialeTi1 = 350K viene messo a contatto con un oggetto dello stesso materiale e di massam2 = 30 kg alla temperatura iniziale Ti2 = 300K. Quale temperatura di equilibrioraggiungeranno i due oggetti?[Teq = 307, 14K]

[Q0016] [2 2 ] Un fornelletto di potenza P = 1000W sta scaldando una massam = 5 kg di acqua facendone aumentare la temperatura di ∆T = 45K. Quantotempo ci impiega?

[Q0021] [1 2 ] Due oggetti dello stesso materiale, di massa m1 = 5 kg edm2 = 15 kg, e con temperature T1 = 300 C e T2 = 500 C, vengono messi a contatto.Senza fare calcoli, cosa puoi dire della temperatura che raggiungeranno? Perchè?

[Q0021a] [1 2 ] Due oggetti dello stesso materiale, di massa m1 = 5 kg edm2 = 15 kg, e di temperatura T1 = 500 C e T2 = 300 C, sono messi a contatto.Senza fare calcoli, cosa puoi dire della temperatura che raggiungeranno?

250 Scheda113. Esercizi di Calorimetria

[Q0023] [1 2 ] Un oggetto di ferro alla temperatura iniziale Ti1 = 350K vienemesso a contatto con un oggetto di rame alla temperatura iniziale Ti2 = 300K. Qualetemperatura di equilibrio raggiungeranno i due oggetti, sapendo che hanno la stessamassa? [LQ0001] [2 3 ] Un corpo ferro di massa m = 20 kg si trova in unapiccola piscina, fermo ed immerso nell’acqua, all’altezza dal fondo hi = 50 cm. Nellapiscina ci sono m2 = 50 kg di acqua. La piscina è termicamente isolata dal mondoesterno. Ad un certo punto l’oggetto comincia a cadere verso il fondo della piscinafino a fermarsi sul fondo. Di quanto si scalda l’acqua della piscina?

[LQ0002] [2 2 ] Un corpo di ferro ha massa m = 20 kg e temperatura inizialeTi = 400K. Esso striscia, fino a fermarsi, su di un piano orizzontale, con una velocitàiniziale Vi = 4 m

s . Ammettendo che tutto il calore prodotto sia utilizzato per scaldareil corpo, di quanto aumenta la sua temperatura?

113.4 Transizioni di fase

[Q0007] [1 1 ] Un blocco di ferro solido di massa m = 50 kg si trova alla tem-peratura di fusione. Quanto calore devo fornire se voglio fondere una percentualep = 10% del blocco di ferro?

[Q0027] [1 2 ] Le temperature di fusione e di ebollizione del ferro sono:Tfus = 1808K; Teb = 3023K. Le seguenti sostanze sono solide, liquide o gassose?

• 10 kg di ferro a T = 1600K; 20 kg di ferro a T = 1890 C

• 20 kg di ferro a T = 1600 C; 10 kg di ferro a T = 3023K

[Q0028] [1 3 ] Rispondi alle seguenti domande.

1. Perché l’alchool etilico bolle alla temperatura di circa Teb−1 = 80C mentrel’acqua bolle alla temperatura di Teb−2 = 100C

2. Se prendo una certa massa di ferro alla temperatura T = 1600K, è solida,liquida, gassosa o plasma? Spiega perchè.

3. L’acqua alla temperatura T = 327K è solida, liquida, gassosa o plasma? Spiegaperchè.

113.5 Dilatazione termica

[Q0004] [1 2 ] Due sbarre di eguale lunghezza li = 3m, una di ferro e l’altradi alluminio, vengono scaldate di ∆T = 50K. Ammettendo che nessuna delle dueraggiunga il punto di fusione, di quanto una risulterà più lunga dell’altra?

[Q0008] [3 2 ] Di quanto devo scaldare una sbarra di alluminio di lunghez-za iniziale lAl−i = 2000mm ed una sbarra di ferro di lunghezza iniziale lFe−i =

2001mm affinchè raggiungano la stessa lunghezza?[∆T = 38, 5K] [Q0024] [2 3 ] Un termometro a mercurio è costituito da unapiccola ampolla che contiene mercurio. Da tale ampolla esce un tubicino di sezioneS = 0, 2mm2. La quantità totale di mercurio nel termometro è m = 30 g. Inizial-mente il termometro si trova a Ti = 20 C. Il coefficiente di dilatazione termicavolumetrico del mercurio è δ = 0, 18 · 10−3 1

K . Di quanti millimetri sale il livello delmercurio nel tubicino se in una giornata calda siamo a Tf = 35 C

113.6 Conducibilità termica

[Q0025] [1 2 ] Una stufa elettrica mantiene in una stanza una temperatura Tint =

24 C, mentre all’esterno la temperatura è Text = 4 C. Il calore si disperde attraversouna finestra di vetro (ρvetro = 1 W

m·K ) rettangolare (b = 1, 5m e h = 1, 8m) spessal = 3mm. Il costo dell’energia è C = 0, 18 e

kWh ; quanto costa riscaldare la stanzaper un tempo ∆t = 3h? [Q0033] [3 3 ] Un muro è costituito da due strati: ilprimo di intonaco (ρint = 0, 8 W

mK ) spesso Lint = 3 cm; il secondo di mattone forato(ρint = 0, 4 W

mK ) spesso Lint = 10 cm. Sapendo che la temperatura sul lato internodel muro è Tint = 25 C, e sul lato esterno Text = 15 C, trovate la temperaturasulla superficie di separazione tra il mattone ed intonaco. [Q0034] [3 4 ] Unmuro è costituito da tre strati: il primo di intonaco (ρint = 0, 8 W

mK ) spesso Lint =

3 cm; il secondo di mattone forato (ρint = 0, 4 WmK ) spesso Lint = 10 cm; il terzo

di legno forato (ρint = 0, 2 WmK ) spesso Lint = 5 cm. Sapendo che la temperatura

sul lato interno del muro è Tint = 25 C, e sul lato esterno Text = 15 C, trovate latemperatura sulla superficie di separazione tra il mattone e legno.

251 Scheda113. Esercizi di Calorimetria

113.7 Complessivo

[Q0003] [2 2 ] Quanta energia serve per innalzare la temperatura di m = 10 kg

di acqua dal valore iniziale Ti = 80 C fino al valore finale Tf = 130 C? [Q0005][2 3 ] Una sbarra di ferro di massa m = 15 kg, lunga li = 3m alla temperaturaTi = 1600K viene immersa in una vasca riempita con una massa mH2O = 100 kg

d’acqua alla temperatura TH2O = 300K. Di quanto si accorcia la sbarra?

[Q0006] [3 4 ] Ad un oggetto di ferro di massa m = 2kg, alla temperaturainiziale Ti = 600K vengono forniti ∆Qtot = 2000 kJ di calore. Quanti kilogrammidi ferro riesco a fare fondere?

[Q0009] [2 2 ] Quanta energia mi serve per portare una massa m = 5 kg diferro dalla temperatura Ti = 2000 C alla temperatura Tf = 4000 C?[∆Q = 35710 kJ] [Q0010] [2 2 ] Quanta energia mi serve per portare una massam = 5 kg di acqua dalla temperatura Ti = 20 C alla temperatura Tf = 130 C?[∆Q = 13662300 J] [Q0011] [2 2 ] Quanta energia serve per far allungare di∆l = 0, 1mm una sbarra di alluminio di lunghezza li = 200 cm e massa m = 0, 5 kg?[∆Q = 900 J] [Q0012] [1 2 ] In quanto tempo un forno della potenza P = 500W

può far aumentare di ∆T = 20K la temperatura di una massa m = 20 kg di acqua?[∆t = 3348, 8 s] [Q0014] [2 1 ] Posso scaldare una sbarra di ferro della lunghezzali = 50 cm e che si trova alla temperatura Ti = 350K per farla allungare fino allalunghezza lf = 50, 1 cm?

[Q0017] [3 2 ] Ad una sbarra di ferro di massa m = 50 kg alla temperatu-ra Ti = 1500K forniamo ∆Q = 12000 kJ di energia. Quanti kilogrammi di ferroriusciamo a far fondere?

[Q0018] [3 2 ] Un pezzo di ferro di massa m = 5 kg alla temperatura Ti =

1600K viene immerso in un volume V = 2 litri di acqua liquida alla temperatura diebollizione. Quanta massa di acqua diventerà vapore?[m = 1, 19 kg] [Q0019] [2 2 ] Una sbarra di ferro di massa m = 15 kg, lungali = 2m alla temperatura Ti = 1600K viene immersa in una vasca riempita conmH2O = 100 kg d’acqua alla temperatura TH2O = 300K. Di quanto si accorcia lasbarra?[∆l = 0, 031m]

[Q0026] [2 3 ] Fornendo ∆Q = 3000 kJ an un oggetto di piombo alla tempe-ratura iniziale Ti = 280K, riesco a portarlo alla temperatura di fusione e fonderlointeramente. Quanta massa di piombo liquido mi trovo alla temperatura di fusione?[Q0028] [1 3 ] Rispondi alle seguenti domande.

1. Perché l’alchool etilico bolle alla temperatura di circa Teb−1 = 80C mentrel’acqua bolle alla temperatura di Teb−2 = 100C

2. Se prendo una certa massa di ferro alla temperatura T = 1600K, è solida,liquida, gassosa o plasma? Spiega perchè.

3. L’acqua alla temperatura T = 327K è solida, liquida, gassosa o plasma? Spiegaperchè.

[Q0029] [2 3 ] Ad un oggetto di ferro di massa m = 5 kg, ed alla temperaturaT = 300K, fornisco una quantità di calore ∆Q = 4400 J . Di quanto aumenta ilsuo volume? [Q0030] [3 4 ] In un contenitore termicamente isolato sono pre-senti una massa mg = 500 g di ghiaccio alla temperatura Tig = 0C ed una massamv = 600 g di vapore acqueo alla temperatura Tiv = 100C. Calcola la tempera-tura di equilibrio del sistema e quanto vapore rimane. [Q0031] [3 4 ] Unasbarra di ferro di massa m = 3 kg alla temperatura Ti−ferro = 800K viene fatta raf-freddare per immersione in una vasca d’acqua alla temperatura Ti−acqua = 300K.Quale quantità minima di acqua devo usare per raffreddare il ferro senza che l’acquacominci a bollire?

[Q0032] [3 3 ] In un contenitore termicamente isolato sono presenti una massamg = 500 g di ghiaccio alla temperatura Tig = 0C ed una massa mv = 600 g divapore acqueo alla temperatura Tiv = 100C. Calcola la temperatura di equilibriodel sistema e quanto vapore rimane.

Scheda 114Esercizi di Termodinamica114.1 I Gas

[T0001] [2 2 ] Se un certo quantitativo di gas che si trova alla temperatura T1 =

380K compie una trasformazione isobara passando da un volume V1 = 10 cm3 adun volume V2 = 20 cm3, quale temperatura ha raggiunto? [T0002] [1 14 ]

1. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansioneisobara? X) dal suo interno; Y) dall’esterno; Z) dal lavoro che compie; W) laproduce.

2. In un gas, durante una trasformazione isocora, al diminuire della tempe-ratura: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il volume rimaneinvariato; W) il volume puó aumentare quanto diminuire.

3. C’è scambio di calore durante una compressione adiabatica? X) si; Y) no; Z)forse; W) a volte.

4. Il gas cede calore durante una compressione isobara? X) si; Y) no; Z) forse;W) a volte.

5. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansioneadiabatica? X) dal suo interno; Y) dall’esterno; Z) dal lavoro che compie; W) laproduce.

6. Di un gas, durante una trasformazione adiabatica, cambia: X) solo il volume;Y) solo la temperatura; Z) solo la pressione; W) Sia il volume che temperaturache pressione.

7. In un gas, durante una trasformazione isoterma, al diminuire della pres-sione: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il volume rimaneinvariato; W) il volume può aumentare quanto diminuire.

8. In un gas, durante una trasformazione adiabatica, al diminuire della pres-sione: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il voume rimaneinvariato; W) il volume può aumentare quanto diminuire.

9. In un gas, durante una trasformazione isocora, al diminuire della tempera-tura: X) il gas fa lavoro; Y) il riceve lavoro; Z) il gas diminuisce la sue energiainterna; W) la press.

10. In un gas, durante una trasformazione ciclica: X) il volume aumenta; Y) il vo-lume diminuisce; Z) il volume rimane invariato; W) il volume può aumentaree diminuire per ritornare al valore iniziale.

11. Un ciclo di carnot è composto da: X) due isoterme e due isocore; Y) due isocoree due adiabatiche; Z) due isoterme e due adiabatiche; W) quattro isoterme.

12. Una trasformazione ciclica è una trasformazione in cui: X) il gas si muove dimoto circolare uniforme; Y) il gas non scambia calore con l’esterno; Z) gli statiiniziale e finale della trasformazione coincidono; W) Gli stati iniziale e finaledella trasformazione cambiano ciclicamente.

13. Il rendimeno di un qualunque ciclo termodinamico è dato dal: X) lavoro fattofratto calore assorbito; Y) lavoro fatto più calore assorbito; Z) lavoro fatto menocalore assorbito; W) solo lavoro fatto.

14. In un gas, durante una trasformazione isobara, al diminuire della tempera-tura: X) il volume aumenta; Y) il volume diminuisce; Z) il volume non varia;W) il volume sia aumenta che diminuire.

[T0003] [1 12 ]

1. Il rendimeno di un qualunque ciclo termodinamico è: X) minore o uguale a1; Y) maggiore o uguale a 1; Z) uguale a 1; W) nessuna delle precedenti.

2. La legge dei gas perfetti: X) non contiene il volume del gas; Y) non contiene latemperatura del gas; Z) non contiene l’energia interna del gas; W) non contienela pressione del gas.

3. Di un gas, durante una trasformazione isocora, non cambia: X) il volume; Y)la temperatura; Z) la pressione; W) l’energia interna.

4. Di un gas, durante una trasformazione isoterma, non cambia: X) la tempera-tura; Y) il volume; Z) la pressione; W) l’energia interna.

252

253 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

5. Di un gas, durante una trasformazione isobara, non cambia: X) il volume; Y)la temperatura; Z) la pressione; W) l’energia interna.

6. Il rendimeno di un ciclo di Carnot: X) è sempre maggiore di 1; Y) dipendesolo dalla temperatura finale del gas; Z) dipende dalle temperature a cui vienescambiato il calore; W) dipende solo dalla temperatura iniziale del gas.

7. Il calore scambiato ad alta temperatura, rispetto a quello scambiato a bassatemperatura è: X) più pregiato; Y) meno pregiato; Z) egualmente pregiato; W)dipende dai casi.

8. Per aumentare la tempratura di un gas è sufficiente: X) comprimerlo; Y) farloespandere; Z) aumentarne la pressione; W) aumentarne l’energia interna.

9. Per aumentare l’energia interna di un gas è sufficiente: X) comprimerlo; Y)fargli compiere una trasformazione isocora; Z) farlo espandere; W) fargli com-piere una espansione isobara.

10. Un gas compie sicuramente del lavoro se: X) viene compresso; Y) si espande;Z) si scalda; W) nessuna delle precedenti.

11. C’è scambio di calore durante una compressione isoterma? X) si; Y) no; Z)forse; W) a volte.

[T0004] [1 18 ]

1. Da quale variabile di stato dipende l’energia interna di un gas?

2. In quali modi posso fornire energia ad un gas?

3. Come varia l’energia interna di un gas durante una trasformazione isoterma?Perchè?

4. Durante una espansione il gas compie o riceve lavoro? e durante una compres-sione?

5. Quanto calore scambia un gas durante una trasformazione adiabatica?

6. Quando un gas fa lavoro verso l’esterno?

7. Quando un gas riceve del lavoro dall’esterno?

8. Disegna un ciclo di Carnot, indicandone le trasformazioni e i flussi di energiadurante ogni trasformazione.

9. C’è scambio di calore durante una espansione isoterma? Quel calore entra nelgas o esce?

10. Come cambia la temperatura di un gas durante una compressione adiabatica?e durante un’espansione adiabatica?

11. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansioneadiabatica?

12. Da dove prende energia un gas che compie lavoro durante una espansioneisoterma?

13. In una trasf. isocora: δL =?∆U =? Se il gas cede calore, da dove prendequell’energia? Che conseguenza ha questo sulla temperatura?

14. In una trasf. isoterma: ∆U =?δL =? Da dove viene presa l’energia per com-piere lavoro?

15. In una trasf. adiabatica: δQ =?∆U =? Da dove viene presa l’energia percompiere lavoro?

16. Cos’è il rendimento di un ciclo? Quanto vale per il ciclo di Carnot? Disegna ildiagramma che descrive il flusso di calore da una sorgente ad alta temperaturaad una a bassa temperatura durante un ciclo termodinamico. Modifica queldiagramma per descrivere un ciclo frigorifero.

17. Il calore scambiato ad alta temperatura è più o meno pregiato di quello scam-biato a bassa temperatura? Perchè?

18. Cosa rappresenta la superficie dell’area delimitata da una trasformazione cicli-ca in un diagramma Pressione-Volume?

254 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

[T0005] [1 2 ] Un gas compie un ciclo termodinamico formato da due iso-bare e due isocore. Il ciclo comincia con un’espansione isobara che parte dallo statoA(3m3; 8 atm); successivamente abbiamo un raffreddamento isocoro; la compressio-ne isobara inizia invece dallo stato B(5m3; 3 atm); infine un riscaldamento isocoro.Quanto lavoro ha fatto il ciclo?

[T0006] [1 5 ] Un ciclo termodinamico assorbe calore δQass ad alta tempera-tura, cede calore δQced a bassa temperatura, e cede lavoro δL. Il tutto è fatto con uncerto rendimento η. Esegui i seguenti esercizi:

1. Sapendo che δQass = 5000 J e che δQced = 3500 J , quanto valgono δL ed η?

2. Sapendo che δQass = 5000 J e che δL = 2000 J , quanto valgono δQced ed η?

3. Sapendo che δL = 5000 J e che η = 0, 4, quanto valgono δQass e δQced?

[T0007] [2 2 ] Durante una trasformazione isocora, un gas alla pressioneiniziale Pi = 25000Pa passa da una temperatura Ti = 380K ad una temperaturaTf = 450K; quale pressione Pf ha raggiunto?[Pf = 29605Pa] [T0008] [2 2 ] Durante una trasformazione isoterma, un gasalla pressione iniziale Pi = 25000Pa passa da un volume Vi = 10 cm3 ad un volumeVf = 20 cm3; quale pressione Pf ha raggiunto?[Pf = 12500Pa]

[T0009ban] [1 5 ] Esercizi banali:

1. Quanto lavoro fa un gas a pressione P = 5000Pa in una espansione isobarapassando da un volume Vi = 50m3 ad un volume Vf = 66m3?[L = 80 kJ]

2. Una macchina termica funziona seguendo un ciclo di Carnot tra una tempera-tura T1 = 500K ed una inferiore T2 = 300K. Quanto vale il rendimento dellamacchina?[η = 20%]

3. Un gas, espandendosi, produce un lavoro δL = 500 J assorbendo contempora-neamenre una quantitá di calore δQ = 300 J . Di quanto é variata la sua energiainterna?[∆U = −200 J]

[T0010] [1 2 ] Un ciclo di Carnot assorbe δQass = 1000 J alla temperaturaT1 = 1000K e cede calore alla temperatura T2 = 400K. Quanto lavoro viene pro-dotto?[δL = 600 J]

[T0011] [1 6 ] Un gas subisce una trasformazione termodinamica. Le variabi-li coinvolte in tale trasformazione sono sei: la variazione di pressione, la variazionedi volume, la variazione di temperatura, la variazione di energia interna, il lavo-ro scambiato, il calore scambiato. Sapendo se sono positive, negative o nulle duedi queste, trova se sono positive, negative o nulle tutte le altre. le varie coppie diinformazioni da cui devi partire sono elencate qui sotto.

1. Riscaldamento isobaro

2. Riscaldamento isocoro

3. Riscaldamento adiabatico

[T0012] [1 6 ] Un gas subisce una trasformazione termodinamica. Le variabi-li coinvolte in tale trasformazione sono sei: la variazione di pressione, la variazionedi volume, la variazione di temperatura, la variazione di energia interna, il lavo-ro scambiato, il calore scambiato. Sapendo se sono positive, negative o nulle duedi queste, trova se sono positive, negative o nulle tutte le altre. le varie coppie diinformazioni da cui devi partire sono elencate qui sotto.

1. Espansione isobara

2. Espansione isoterma

3. Espansione adiabatica

[T0013] [1 4 ]

1. In quanti e quali modi un gas può scambiare energia con il mondo esterno?

2. Cos’è una trasformazione ciclica?

3. Cosa succede, dal punto di vista energetico, durante una trasformazione cicli-ca?

255 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

4. Perchè la società umana ha bisogno delle trasformazioni cicliche?

5. Cosa posso dire sul valore del rendimento di una trasformazione ciclica?

[T0014] [1 4 ] Domande di teoria

1. In quanti e quali modi un gas può scambiare energia con l’esterno?

2. A cosa serve una trasformazione ciclica?

3. Perchè la società umana ne ha bisogno?

4. Elenca le strategie utili a risolvere i problemi energetici dell’umanità.

5. Quali variabili descrivono lo stato fisico di un gas? Quale formula le lega traloro?

[T0015] [1 3 ] Domande di teoria

1. Se scaldo una pentola chiusa con un coperchio, che tipo di trasformazione stafacendo il gas all’interno? Perchè?

2. Un subacqueo si immerge in apnea scendendo di ∆h = −30m. Che tipo ditrasformazione fa l’aria nei suoi polmoni? Percè?

3. Un ciclo termodinamico assorbe una quantità di calore ∆Qass = 500 J ad altatemperatura, e produce lavoro con un rendimento η = 20 %. Quanto lavoro haprodotto? Quanto calore cede a bassa temperatura?

[T0016] [1 3 ] Domande di teoria

1. Una nebulosa nello spazio si comprime a causa della forza di gravità. Che tipodi trasformazione termodinamica fa? Perché?

2. Un frigorifero raffredda l’aria al suo interno. Che tipo di trasformazione ter-modinamica subisce tale aria? Perché?

3. Un ciclo termodinamico assorbe una quantità di calore ∆Qass = 500 J ad altatemperatura, e produce ∆L = 200 J di lavoro. Quanto vale il rendimento delciclo? Quanto calore viene ceduto a bassa temperatura?

[T0017] [1 3 ] Domande di teoria

1. Del gas compresso esce molto velocemente da una bomboletta e si espande. Chetipo di trasformazione termodinamica subisce tale gas? Perché?

2. Del gas viene compresso molto lentamente dentro una bomboletta. Che tipo ditrasformazione termodinamica subisce tale gas? Perché?

3. Un ciclo termodinamico cede una quantità di calore ∆Qced = 500 J a bassatemperatura, e produce ∆L = 200 J di lavoro. Quanto vale il rendimento delciclo? Quanto calore viene assorbito ad alta temperatura?

[T0018] [2 5 ] Un ciclo termodinamico assorbe calore δQass ad alta temperatura,cede calore δQced a bassa temperatura, e cede lavoro δL. Il tutto è fatto con un certorendimento η. Esegui i seguenti esercizi:

1. Sapendo che δQass = 5000 J e che η = 0, 2, quanto valgono δL e δQced?

2. Sapendo che δL = 4000 J e che δQced = 6000 J , quanto valgono δQass ed η?

3. Sapendo che δQced = 8000J e che η = 0, 2, quanto valgono δQass e δL?

[T0019] [2 2 ] Quant’è la minima quantità di lavoro che bisogna utilizzare, conun ciclo di Carnot, per sottrarre δQ = 180 J da un gas alla temperatura Tb = −3C

e spostarlo in un ambiente alla temperatura Ta = 27C. [T0020] [2 4 ] Unamassa m = 560 g di azoto gassoso (PM = 28 g

mole ) si trova alla temperatura inizialeTi = 270K. Essa è contenuta in un cilindro metallico di sezione S = 1000 cm2 e dialtezza h = 1m. A quale pressione si trova il gas? Se la temperatura aumenta di∆T = 30 C, a quale pressione arriva il gas? [T0021] [3 3 ] Un contenitore è se-parato da una sottile paratia in due volumi uguali nei quali sono contenuti due gas,rispettivamente alla pressione PiA = 1, 5 · 105 Pa e PiB = 3, 3 · 105 Pa. Assumendoche il contenitore sia mantenuto a temperatura costante e che i due gas siano in equi-librio termico con il contenitore, quale pressione si avrà all’interno del contenitoredopo la rimozione della paratia di separazione? [T0022] [3 4 ] Un contenitoreè separato da una sottile paratia in due volumi uguali nei quali sono contenuti duegas, rispettivamente ossigeno O2 alla pressione PiA = 1, 4 · 105 Pa e idrogeno H2

256 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

alla pressione PiB = 2, 8 · 105 Pa. Assumendo che il contenitore sia mantenuto allatemperatura costante T = 200 C e che i due gas siano in quilibrio termico con il con-tenitore, quale pressione si avrà all’interno del contenitore dopo la rimosione dellaparatia di separazione? Quale pressione si avrà poi dopo che un dispositivo elettricofa scoccare una scintilla attraverso la miscela di idrogeno e ossigeno? [T0023] [44 ] Un gas monoatomico (γ = 5

3 ) fa una trasformazione dallo stato

TA = 300K; PA = 100000Pa; VA = 3m3

allo statoTB = 400K; PB = 200000Pa; VB = 2m3

Calcolate la variazione di entropia. [T0025] [1 4 ] Rispondi alle seguentidomande:

1. In quale direzione si muove naturalmente il calore? In che modo possiamoinvertire tale direzione?

2. Indica quali relazioni valgono, tra le variabili energetiche dei gas, durante letrasformazioni: espansione adiabatica, riscaldamento isocoro e compressioneisoterma. Scrivile ed enunciane il significato.

3. Perchè un gas ideale esercita sempre una certa pressione sulle pareti del conte-nitore che lo racchiude?

4. Lo pneumatico di un’automobile, una volta gonfiato fino ad un certo livello,non aumenta più il suo volume. Perchè immettendo altra aria al suo internoaumenta la pressione?

[T0026] [2 5 ] Disegna un ciclo termodinamico formato da due isoterme e dueisocore. Indica per ogni trasformazione se gli scambi di calore e di lavoro sono inuscita od in ingresso nel gas. Indica per ogni trasformazione se l’energia interna delgas aumenta o diminuisce. [T0026a] [2 5 ] Disegna un ciclo termodinamicoformato da due isoterme e due adiabatiche. Indica per ogni trasformazione se gliscambi di calore e di lavoro sono in uscita od in ingresso nel gas. Indica per ognitrasformazione se l’energia interna del gas aumenta o diminuisce. [T0026b] [2

5 ] Disegna un ciclo termodinamico formato da due adiabatiche, una isobara edun’isocora. Indica per ogni trasformazione se gli scambi di calore e di lavoro sonoin uscita od in ingresso nel gas. Indica per ogni trasformazione se l’energia internadel gas aumenta o diminuisce. [T0026c] [2 6 ] Disegna un ciclo termodinamicoformato da due adiabatiche e due isocore. Indica per ogni trasformazione se gliscambi di calore e di lavoro sono in uscita od in ingresso nel gas. Indica per ognitrasformazione se l’energia interna del gas aumenta o diminuisce. [T0027] [22 ] Alla partenza di un viaggio, quando la temperatura è Ti = 15, le ruote diun’auto sono gonfiate alla pressione Pi = 2 atm. Dopo molti kilometri le ruote sisono scaldate fino alla temperatura Tf = 45. Quale pressione hanno raggiunto?[T0028] [2 3 ] Un frigorifero ha una porta di superficie S = 1, 5m2. Inizialmentespento e aperto, l’aria al suo interno ha una temperatura Ti = 22. Una volta infunzione l’aria al suo interno raggiunge la temperatura Tf = 4. Con quale forza laporta viene schiacciata conto il frigorigero e tenuta chiusa? [T0028] [3 3 ] Uncontenitore cilindrico di superficie di base S = 10 cm2 contiene una mole di gas allapressione Pi = 2 · 105 Pa ed alla temperatura Ti = 300K. Il cilindro è chiuso da unpistone tenuto in posizione da una molla di costante elastica k = 100 N

mm . Di quantosi solleva il pistone se scaldiamo il gas fino alla temperatura Tf = 400K? [DT0001][1 5 ] Un contenitore cilindrico è chiuso in verticale da un pistone mobile dimassa m = 1 kg e di superficie S = 1 dm3. All’inizio il contenitore è alto hi =

3 dm. Nel contenitore è presente un gas perfetto alla temperatuta T = 27C. Quantemolecole ci sono nel gas? Se sul pistone appoggiamo un peso di massa M = 19 kg,mantenendo costante la temperatura del gas, quanto risulterà alto il contenitore allafine? [DT0002] [1 2 ] Un contenitore cilindrico è chiuso in verticale da unpistone mobile di massa m = 10 kg e di superficie S = 2 dm2. Il contenitore è altoh = 4 dm. Nel contenitore è presente un gas perfetto alla temperatuta T = 27C.Quante molecole ci sono nel gas? [FT0001] [2 3 ] Un subacqueo con capacitàpolmonare Vi = 5 dm3 sta per andare a hf = −30m di profondità sul livello delmare. Quanti litri d’aria si troverà nei polmoni a quella profondità? [LT0001][2 5 ] Una macchina termica funziona con un ciclo di Carnot tra le temperatureTb = 20C e Ta = 600C. Tale macchina brucia una massa m = 100 g di benzinadal potere calorifico C = 43, 6 · 106 J

kg , per sollevare un peso M = 10 kg. Di quanto

257 Scheda114. Esercizi di Termodinamica

si riesce a sollevare tale peso? [QT0001] [2 4 ] In un contenitore di ferrochiuso, di massa mFe = 1 kg, ci sono maria = 3 kg di aria. La temperatura inizialedel ferro è Ti−Fe = 10 C, e quella dell’aria è Ti−aria = 30 C. Il calore specificodell’aria a volume costante è cs−aria = 0, 72 J

kgK . Calcola il rapporto tra le pressioni

finale ed iniziale x =PfPi

al raggiungimento dell’equilibrio termico. [QT0002][3 5 ] Una centrale elettrica di potenza P = 500MW funziona con un ciclotermodinamico di rendimento η = 0, 35. Per raffreddarla viene utilizzato un piccolofiume dal quale si preleva una portata d’acqua C = 5 · 104 kg

s . Di quanto si scaldaquell’acqua? [QT0003] [2 3 ] Una macchina termica di rendimento η = 0, 2

viene utilizzata come frigorifero per raffreddare una massa m = 2 kg di acqua dallatemperatura iniziale Ti = 20 C alla temperatura finale Tf = 4 C. Quanto lavoroimpiega? [QT0004] [2 3 ] Una macchina termica di rendimento η = 0, 2

viene utilizzata come frigorifero per raffreddare una massa m = 2 kg di acqua dallatemperatura iniziale Ti = 20 C alla temperatura finale Tf = −18 C. Quanto lavoroimpiega? [QT0005] [3 5 ] Una macchina termica di rendimento η = 0, 2

e potenza P = 100W viene utilizzata come frigorifero per raffreddare una massam = 2 kg di acqua dalla temperatura iniziale Ti = 20 C alla temperatura finaleTf = 4 C. Quanto tempo ci impiega? [QT0006] [3 4 ] Una macchina termicadi rendimento η = 0, 2 e potenza P = 100W viene utilizzata come frigorifero perraffreddare una massa m = 2 kg di acqua dalla temperatura iniziale Ti = 20 C allatemperatura finale Tf = −18 C. Quanto tempo ci impiega?

Scheda 115Esercizi sui fenomeni ondulatori115.1 Teoria

[O0011] [1 4 ]

1. Cos’è un’onda?

2. Indica la differenza tra onde trasversali ed onde longitudinali

3. Indica la differenza tra onde meccaniche ed onde elettromagnetiche

4. Disegna un’onda ed indicane tutte le variabili che la descrivono

[O0019] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande:

1. Quali differenze ed analogie ci sono tra la luce visibile, i gaggi X con cui fai unalastra e le onde radio per le telecomunicazioni?

2. Perchè d’estate preferisco indossare vestiti bianchi e non neri?

3. Come mai d’estate in generale le temperature sono alte, mentre d’inverso ingenerale le temperature sono basse?

4. Qual’è la principale differenza tra la luce diffusa da un muro e la luce riflessada uno specchio?

[O0020] [1 3 ] Rispondi alle seguenti domande.

1. Indica quale grandezza fisica dell’onda determina: il colore della luce visibile;la luminosità della luce visibile; il volume di un suono; la tonalità del suono?

2. Con un puntatore laser indico un punto su di un muro. Tutti nella stanza ve-dono quel punto. Sto parlando di un fenomeno di riflessione o di diffusione?Perchè?

3. Descrivi un fenomeno fisico in cui sia presente l’effetto Doppler.

[O0027] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande:

1. Come determini la direzione del raggio riflesso in una riflessione?

2. Che differenza c’è tra riflessione e diffusione?

3. In quale istante avviene la riflessione di un’onda?

4. Nel fenomeno della riflessione, perchè non cambia la velocità dell’onda?

[O0028] [1 4 ] Rispondi alle seguenti domande:

1. Quali fenomeni fisici sono legati al funzionamento di lenti e specchi?

2. Come si forma un’onda stazionaria?

3. Per quale motivo se una persona si sta allontanando da noi, sentiamo la suavoce di un volume minore?

4. In che modo cambia il suono di una sirena se tale sirena si sta avvicinando odallontanando da noi? Per quale motivo?

115.2 Oscillazioni

[O0025] [4 5 ] In un tubo a forma di "U" aperto da entrambi i lati è presentedell’acqua. Inizialmente la differenza di livello dell’acqua nei due bracci del tubo è∆hi = 10 cm. Il tubo è pieno di acqua per una lunghezza L = 1m. Inizialmentel’acqua è ferma. Calcolate la frequenza con cui il livello dell’acqua comincerà adoscillare all’interno del tubo.

115.3 Riflessione e rifrazione

[O0003] [1 1 ] L’eco di un forte urlo viene percepito dalla persona che ha urlatodopo un intervallo di tempo ∆t = 0, 2 s. Sapendo che il suono in aria viaggia allavelocità Vs = 344 m

s , quanto è distante la parete sulla quale il suono si è riflesso?[O0012] [1 1 ] Un raggio di luce passa dall’aria all’acqua con un angolo di

incidenza i = 45. L’indice di rifrazione dell’aria è naria = 1, 0003, mentre quellodell’acqua è n

H2O= 1, 33. Con quale angolo di rifrazione il raggio entra nell’acqua?

258

259 Scheda115. Esercizi sui fenomeni ondulatori

[O0029] [1 1 ] Una nave manda un impulso sonar verso il basso per misurarela profondità del fondale. L’impulso torna alla nave dopo un tempo ∆t = 1, 2 s.Sapendo che il suono in acqua viaggia alla velocità Vs = 1400 m

s , quanto è profondoil fondale?

115.4 Interferenza e risonanza

[O0005] [1 2 ] Quanto vale la terza frequenza di risonanza su di una corda, fissataai due estremi, lunga l = 6m, sulla quale le onde viaggiano alla velocità V = 50 m

s ?Disegna l’onda sulla corda.

[O0010] [1 2 ] Calcola la velocità di un’onda su una corda fissata ai due estre-mi e lunga l = 12m, sapendo che la quinta frequenza di risonanza è ν5 = 9Hz?Disegna l’onda sulla corda.

[O0017] [2 2 ] Un’asticella lunga l = 150 cm, oscilla con un’estremo fisso l’al-tro libero. La velocità di un’onda nell’asticella è V = 24 m

s . Calcola la terza frequenzadi risonanza dell’asticella.

[O0031] [2 2 ] In figura è mostrato lo spettro di frequenze (con le frequenzeindicate su scala logaritmica) di un suono prodotto da aria che passa in un tubo aper-to ad entrambe le estremità. Le due linee evidenziate corrispondono alle frequenzeν1 = 829Hz e ν2 = 2088Hz. Sapendo che il suono viaggia ib aria alla velocitàV = 340 m

s , quanto è lungo il tubo?

115.5 Propagazione

[O0004] [1 1 ] Un suono emesso da un altoparlante viene percepito da una per-sona ad una distanza r1 = 20m con un’intensità I1 = 120 J

m2s . con quale intensitàverrà invece percepito da una persona alla distanza r2 = 30m?

[O0006] [1 1 ] Un suono emesso da un altoparlante viene percepito da Andreaad una distanza rA = 20m con un’intensità IA = 120 J

m2s . Marco si trova alla distan-za d = 5m da Andrea, sulla line tra Andrea e l’altoparlante. Con quale intensità ilsuono verrà percepito da Marco?

[O0007] [1 1 ] Un suono emesso da un altoparlante viene percepito da Andreaad una distanza rA = 20m con un’intensità IA = 120 J

m2s . Dietro ad Andrea il suonoprosegue ed incontra un muro alla distanza d = 40m dalla sorgente, riflettendosisu di esso e raggiungendo nuovamente Andrea. Con quale intensità Andrea sente ilsuono riflesso?

[O0015] [1 2 ] Un raggio di luce verde (ν = 6 · 1014Hz) attraversa perpen-dicolarmente una lastra di vetro con indice di rifrazione n = 1, 4. Sapendo che lalastra di vetro è spessa d = 3mm, quante oscillazioni compie il raggio luminosonell’attraversare tale lastra?

[O0018] [1 2 ] Sapendo che gli indici di rifrazione di aria e acqua sono rispetti-vamente na = 1, 00029 e n

H2O= 1, 33 calcola lo spessore di aria che un raggio di luce

deve attraversare per impiegare lo stesso tempo che impiegherebbe ad attraversareuno spessore ∆L

H2O= 20 cm.

[O0026] [1 1 ] Una lampadina ad incandescenza di potenzaP = 100W emetteluce in maniera isotropa. Se viene posta al centro di una stanza cubica di lato L =

7m. Quanta energia arriverà in un tempo ∆t = 10min sul soffitto della stanza?

[O0032] [2 2 ] Un’ambulanza dista da una persona r1 = 200m e si muoveverso di essa a velocità costante V = 15 m

s . Sapendo che l’intensità sonora percepitaè I1 = 0, 5 W

m2 , quale intensità sonora verrà percepita dopo un tempo ∆t = 4 s?

260 Scheda115. Esercizi sui fenomeni ondulatori

115.6 Ottica geometrica

[O0001] [1 1 ] Calcola l’angolo limite per riflessione totale per un raggio lu-minoso che passa dall’acqua all’aria. Gli indici di rifrazione di acqua e aria sonorispettivamente nH2O = 1.33 e naria ∼ 1

[O0002] [1 3 ] Costruisci l’immagine di un oggetto generata da una lentesferica convergente, sia nel caso che l’oggetto si trovi tra la lente ed il fuoco, sia nelcaso che si trovi oltre il fuoco.

[O0008] [1 2 ] Un oggetto è posto ad una distanza da una lente sferica con-vergente tale per cui l’immagine generata risulta di dimensioni doppie rispetto al-l’oggetto. Sapendo che la distanza focale della lente vale f = 30 cm, a quale distanzadalla lente si trova l’oggetto?

[O0009] [1 2 ] Un oggetto è posto di fronte ad una lente convergente ad unadistanza p = 20 cm. La distanza focale della lente è f = 15 cm. A quale distanzadalla lente si forma l’immagine? Quanto vale il fattore di ingrandimento?

[O0016] [1 1 ] Costruisci l’immagine di un oggetto generata da una lentesferica divergente. Indica se l’immagine è dritta e se è reale.

115.7 Ottica applicata

[O0021] [1 6 ] Rispondi alle seguenti domande.

1. Immaginiamo di irradiare la superficie di un metallo con un fascio di luce mo-nocromatica. L’energia dei singoli fotoni è E = 5, 0 · 10−19 J . Il lavoro diestrazione è Ψ = 3, 6 · 10−19 J . Quale delle seguenti affermazioni è vera?

(a) Dal metallo non escono elettroni

(b) Dal metallo escono elettroni con energia cinetica nulla

(c) Dal metallo escono elettroni con energia cinetica Ec = 1, 4 · 10−19 J

(d) Dal metallo escono elettroni con energia cinetica Ec = 6, 4 · 10−19 J

2. In una fibra ottica monomodale un segnale viene attenuato man mano che sipropaga lungo la fibra stessa. Quale di questi fattori NON determina un’atte-nuazione del segnale?

(a) La presenza di impurità all’interno della fibra

(b) La presenza di curve nel percorso della fibra

(c) La presenza di interconnessioni tra fibre

(d) La scelta dei valori degli indici di rifrazione del nucleo e del mantello dellafibra

3. Un raggio luminoso passa da un materiale con indice di rifrazione n1 = 1, 41

verso un materiale con indice di rifrazione n2. Affinchè possa esserci riflessionetotale quali delle seguenti affermazioni è vera?

(a) n2 sia minore di n1

(b) n2 sia maggiore di n1

(c) n2 sia uguale a n1

(d) n2 può assumere qualunque valore.

4. Riguardo ai fenomeni della fluorescenza e della fosforescenza, indica qualedelle seguenti affermazioni è FALSA:

(a) Il fenomeno della fluorescenza non ha la stessa durata del fenomeno dellafosforescenza

(b) Entrambi i fenomeni iniziano con il salto energetico di un elettrone da unlivello energetico inferiore ad uno superiore.

(c) A differenza della fluorescenza, il fenomeno della fosforescenza coinvolgeanche le cariche elettriche del nucleo dell’atomo.

(d) In entrambi i fenomeni la radiazione luminosa emessa ha energia inferioredella radiazione eccitante iniziale

[O0024] [2 10 ] Una fibra ottica immersa in aria ha le seguenti caratteristiche:diametro del nucleo dc = 50µm, indice di rifrazione del nucleo n1 = 1, 527, diametro

261 Scheda115. Esercizi sui fenomeni ondulatori

del mantello dm = 125µm, indice di rifrazione del mantello n2 = 1, 517. Nella fibrasi propagano segnali luminosi di lunghezza d’onda λ = 1300nm. Determinare ilnumero dei modi di propagazione ed il cono di accettazione. Indicare in modo sin-tetico perchè la presenza di più modi di propagazione determina una attenuazionedel segnale e come dovrebbe essere modificata la fibra per renderla monomodale.

115.8 Effetto fotoelettrico

[O0022] [2 4 ] Da una lastra di zinco irradiata con luce ultravioletta, vengo-no estratti degli elettroni. Il lavoro di estrazione degli elettroni dallo zinco è L =

6, 84 · 10−19 J . Calcolare il valore della frequenza di soglia della radiazione inciden-te. Calcolare inoltre la velocità degli elettroni estratti da una radiazione incidente dilunghezza d’onda λ = 271nm

115.9 Atomo di Bohr

[O0023] [1 5 ] Dopo aver brevemente illustrato le caratteristiche del model-lo atomico di Bohr, calcolare la frequenza della radiazione emessa da un atomocorrispondente alla terza riga della serie di Balmer.

Scheda 116Esercizi di Elettromagnetismo116.1 Elettromagnetismo

[E0001] [2 3 ] Due sfere con carica elettrica C = 10µC sono poste alla distanzad = 30 cm. Calcolare la forza con la quale le sfere si respingono quando sono inquiete e quando si muovono parallelamente con velocità costante V = 90000kms .[E0003] [1 2 ] Due protoni si trovano alla distanza d = 2 · 10−9m; tra loro si trovaun elettrone posto alla distanza r1 = 8 · 10−10m. Quanto vale la forza complessivache agisce sull’elettrone?

[E0003a] [1 2 ] Un protone ed un nucleo di elio si trovano alla distanza d =

2 · 10−9m; tra loro si trova un elettrone posto alla distanza r1 = 8 · 10−10m dalprotone. Quanto vale la forza complessiva che agisce sull’elettrone?

[E0005] [2 3 ] Quattro cariche elettriche si trovano ai vertici di un quadrato dilato l = 2m. tre di queste valgono Q+ = +8µC ed una Q− = −8µC. Quanto valeil campo elettrico nel centro del quadrato? Quanto vale la forza che agirebbe su diuna carica q = 2µC posta nel centro del quadrato? [E0007] [1 2 ] Disegna sultuo foglio un campo elettrico ~E uniforme verso destra ed uno magnetico uniforme~B verticale entrante nel foglio. Disegna adesso un elettrone che si muove paralleloal vostro foglio e verso l’alto. A quale velocità deve andare affichè si muova convelocità costante? [E0008] [1 2 ] Quattro cariche elettriche identiche, tuttepositive del valure q = 4µC si muovono sul tuo foglio, come mostrato in figura,lungo un percorso circolare di raggio r = 10 cm e con velocità V = 10 m

s . Quanto valee dove è diretto il campo magnetico che generano nel centro della spira? Quanto valela forza magnetica che subisce una carica negativa che entra perpendicolarmente altuo foglio?

[E0009] [1 4 ] Due cariche elettriche Q1 = 4µC e Q2 = −4µC si trovano sudi una linea orizzontale alla disanza d = 2m. Sulla stessa linea, ad altri due metridalla carica negativa, una carica di prova q3 = −2µC. Quanto vale il campo elettricototale sulla carica q3? Quanto vale la forza che subisce la carica q3.

[E0011] [1 1 ] Tre sfere conduttrici identiche hanno carica elettrica rispetti-vamente Q1 = 12µC e Q2 = Q3 = 0. La prima sfera sarà messa a contatto con laseconda e poi da essa separata. La seconda spera sarà infine messa a contatto conla terza e poi separata. Quale sarà la carica elettrica della terza sfera? [E0012]

q+

q+q+

q+

q−

Fig. 116.1: Figura esercizio E0008

[1 2 ] Un elettrone si muove con un’energia E = 3000 eV perpendicolarmente alcampo magnetico terrestre B = 50µT . Quanto vale la forza magnetica che subisce?[E0018] [2 3 ] Sono dati quattro lunghi fili conduttori A, B, C e D percorsi dauna corrente i = 10A e disposti tra loro parallelamente; essi sono perpendicolariad un piano (per esempio quello del tuo foglio). I quattro fili intersecano il pianoin quattro punti disposti ai vertici di un quadrato di lato l = 5m, come mostrato infigura. Le correnti diA eB escono dalla superficie, quelle dei fili C eD entrano nellasuperficie. Calcolare il campo magnetico prodotto dai quattro fili nel punto centraledel quadrato.

A B

D C

[E0019] [3 5 ] Sono dati quattro lunghi fili conduttori A, B, C e D percorsida una corrente i = 10A e disposti tra loro parallelamente; essi sono perpendicolariad un piano (per esempio quello del tuo foglio). I quattro fili intersecano il piano

262

263 Scheda116. Esercizi di Elettromagnetismo

in quattro punti disposti ai vertici di un quadrato di lato l = 5m, come mostrato infigura. Le correnti diA eB escono dalla superficie, quelle dei fili C eD entrano nellasuperficie. Calcolare il campo magnetico prodotto dai quattro fili nel punto mediodel segmento CD.

A B

D CM

[E0020] [3 3 ] Un lungo filo orizzontale trasporta una corrente i = 60A. Unsecondo filo costituito di rame (densità ρ = 8930 kg

m3 ), avente il diametro d = 3, 00mm

e percorso da una corrente, è mantenuto sospeso in equilibrio sotto il primo filo. Se idue fili si trovano a una distanza di h = 5, 0 cm, determina il verso di circolazione el’intensità della corrente che percorre il secondo filo affinchè esso rimanga in sospen-sione sotto il primo filo. [E0021] [3 3 ] Un solenoide indefinito è costituito di 800

spire per metro di lunghezza e ha un diametro d = 20, 0 cm. All’interno del solenoideun protone si muove di moto spiraliforme con velocità di modulo V = 2, 00 · 105 m

s

e direzione inclinata di un angolo α = 30 rispetto all’asse del solenoide. Calcola laminima intensità di corrente che deve circolare nel solenoide se si vuole che il pro-tone lo percorra senza mai urtare le sue pareti. [CE0001] [2 2 ] Quanto valeil raggio della traiettoria circolare di un elettrone che entra perpendicolarmente inun campo magnetico B = 10−6 T alla velocità V = 90000 m

s ? [CE0002] [2 2] Quanto vale la velocità con cui si muove un elettrone all’interno di un atomo diidrogeno?

[DE0010] [1 1 ] Due cariche elettriche uguali, con eguale carica elettrica emassa, di carica Q = 4µC si trovano alla disanza d = 2m. Quale massa devono ave-re affinchè l’attrazione gravitazionale tra loro equilibri la repulsione elettrostatica?[K = 9 · 109 Nm2

C2 ; G = 6, 67 · 10−11 Nm2

kg2 ]

Q Q

Fig. 116.2: Figura esercizio DE0010

[DE0022] [3 4 ] Due sfere di massa m = 15 g, elettrizate con la stessa caricaQ, sono appese con due fili entrambi lunghi l = 20 cm. nella condizione di equilibriotali fili formano un angolo θ = 60. Quanto vale la carica elettrica sulle due sfere?

116.2 Elettrotecnica

[E0002] [2 7 ] Un circuito elettrico è formato da due resistenze R2 = 6 Ω edR3 = 12 Ω in parallelo, messe in serie con altre due resistenze R1 = 6 Ω ed R4 = 2 Ω.il circuito è alimentato da un generatore ∆V = 24V olt. Calcola le differenze dipotenziale agli estremi di ogni resistenza e la corrente elettrica che le attraversa

∆V

R1i1

R2

i2

R3

i3

R4i4

Fig. 116.3: Figura esercizio E0002

[E0004] [2 5 ] Un circuito elettrico, alimentato da un generatore ∆V = 24V olt,è formato dalle resistenze R1 = 6 Ω in serie con il parallelo tra R2 = 8 Ω ed R3 = 4 Ω.Calcola la corrente elettrica che attraversa ogni resistenza ed i potenziali nei puntiA, B e T [E0006] [2 15 ] Dato il circuito elettrico in figura, determinarne il fun-zionamento per ogni configurazione degli interruttori. Le resistenze hanno valoreR0 = 36 Ω, R1 = 12 Ω, R2 = 6 Ω, R3 = 18 Ω; ∆V = 240V . [A seconda di come so-

264 Scheda116. Esercizi di Elettromagnetismo

∆V

i

R1i1

R2

+− ∆V2

i2R3

+− ∆V3

VT

VA

VB

Fig. 116.4: Figura esercizio E0004

no messi gli interruttori dovere calcolare le correnti elettriche in tutti i rami, ed i valori delpotenziale nei punti A e B.]

[E0010] [1 2 ] Un impianto elettrico è alimentato da una tensione ∆V = 220V .Per rispettare il contratto di fornitura, l’alimentazione viene staccata quando nel cir-cuito entra una corrente maggiore di Imax = 15A. Se nella casa sono accesi unalavatrice di potenza Plav = 1, 5 kW , due stufe elettriche di potenza Ps = 700W

ed un televisore di potenza Pt = 200W , quante lampadine da Pl = 30W possonoancora accendere?

[E0013] [1 4 ] Una lampadina di resistenza R1 = 48 Ω è montata in serie conuna seconda resistenza R2. Il circuito è alimentato con una batteria ∆V = 12V olt.Quanto deve valere R2 affinchè la potenza dissipata dalla lampadina sia P1 = 2W ?[E0014] [1 4 ] Una lampadina da 24V ; 6W è collegata ad una batteria con deicavi elettrici di rame di resistività ρ = 0, 17 · 10−7 Ωm e di sezione S = 0, 1mm2. Ilcircuito è alimentato con una batteria ∆V = 24V olt. Quanto deve essere lungo ilfilo affinche la potenza dissipata dalla lampadina sia P = 5W ? [E0015] [1 3] Due lampadine identiche R = 120 Ω sono alimentate da un generatore di tensione∆V = 12V . Calcola la corrente che le attraversa nel caso siano montate in seriee nel caso siano montate in parallelo. In quale caso le lampadine risulteranno piùluminose? [E0016] [1 3 ] Nel ramo di circuito in figura, viene montata unalampadina di resistenza R = 6 Ω; le tensioni sui due morsetti sono VA = 28V e

VB = 4V . Il costo dell’energia è C = 0, 18e

kWh. Quanto spendo per tenere la

∆V

i

t0

R0i0

t2

t1

R1

i1

R2

+

∆V2

i2

R3

+

∆V3

VT

VA

VB

Fig. 116.5: Esercizio: E0006

lampadina accesa un tempo ∆t = 4h ? Quanta carica elettrica ha attraversato laresistenza in questo intervallo di tempo?

Ri

VA VB

Fig. 116.6: Figura esercizio E0016

[E0017] [2 6 ] Nel circuito in figura R0 = 4 kΩ, R1 = 3 kΩ, R2 = 4 kΩ, R3 =

2 kΩ, ∆V = 12V , VT = 0V . Calcola la resistenza totale Rtot, la corrente i in uscitadal generatore, il valore di tensione VA nel punto A. Verificato che VA = 4V , calcolapoi le correnti i1 e i2 nei due rami senza il generatore, e il valore di tensione VB nelpunto B.

[EQ0001] [2 2 ] Un riscaldatore elettrico è fatto da resistenza R = 10 Ω ali-mentata da una differenza di potenziale costante ∆V = 24V olt. Se immersa in una

265 Scheda116. Esercizi di Elettromagnetismo

∆V

i

R0

R1

i1

R2i2

R3

VT

VA VB

massa m = 2 kg di acqua, in quanto tempo la scalda di ∆T = 20K? [Comincia con ilcalcolare quanta energia deve essere data all’acqua e a disegnare il circuito del riscaldatore.]

Scheda 117Esercizi di Relativita117.1 Domande di Teoria

1. [R0001] [2 15 ]

(a) Quali sono i due principi su cui si fonda la teoria della relatività ristrettae in che modo essi determinano tale teoria?

(b) Sappiamo che con le trasformate di Lorentz la luce ha sempre la stessavelocità in tutti i sistemi di riferimento. Mostra a partire dalle trasformatedi Lorentz tale affermazione.

(c) Oltre alla velocità della luce, quale grandezza fisica è invariante sottol’azione delle trasformate di Lorentz?

(d) Ridefinendo la massa, si è arrivati a comprenderne la vera natura. Qual ètale natura e come si è arrivati a comprenderla?

(e) Cosa si intende per dilatazione dei tempi e contrazione delle distanze?

2. [R0002] [2 49 ]

4 Su quali principi fondamentali si fonda la teoria della relatività ristretta?In che modo essi determinano la teoria?

4 L’esperimento del treno colpito da due fulmini: in cosa consiste e qualefenomeno vuole spiegare?

4 Dimostra l’invarianza della distanza spazio-temporale tra due eventi sot-to l’azione delle trasformate di Lorentz

4 Le trasformate di Lorentz non preservano necessariamente la sequenzatemporale degli eventi. Approfondisci questo concetto in relazione alladistanza spazio-temporale tra quei due eventi.

4 Spiega, ricavandone l’equazione, il fenomeno della dilatazione dei tempi.

4 Spiega, ricavandone l’equazione, il fenomeno della contrazione delle di-stanze.

4 Dopo aver ricavato la legge di composizione delle velocità, dimostra chele trasformate di Lorentz mantengono invariata la velocità della luce.

4 Introducendo la massa relativistica di un corpo si arriva a formulare unadelle più famose leggi fisiche mai enunciate. Enunciala e spiegane il si-gnificato.

4 Introducendo la massa relativistica di un corpo si arriva a formulare unarelazione tra energia e impulso di una particella. Enuncia e ricava talelegge.

2 Posso utilizzate la teoria della relatività per passare dal mio sistema diriferimento ad uno in accelerazione ridpetto al mio? Giustifica la risposta

2 Cosa si intende per intervallo di tempo proprio tra due eventi?

1 Perchè un atomo di idrogeno ha meno massa di un protone ed un elettro-ne separati?

1 Perchè un protone ha più massa della somma della massa dei singoliquark?

1 In quale sistema di riferimento la massa di una particella assume valoreminimo?

2 Nel sistema di riferimento della stazione, un treno in movimento lungoL = 83m viene colpito simultaneamente da due fulmini ai suoi due estre-mi. Quanto vale la distanza spazio-temporale s tra i due eventi nel sistemadi riferimento dei passeggeri del treno? Giustifica la risposta.

2 Un muone, vive mediamente a riposo un tempo di circa τ = 2, 2µs Quan-ta strada percorre quel muone, nel sistema di riferimento del laboratorio,sapendo che viaggia alla velocità v = 0, 99 c?

2 Quanto vale l’energia cinetica di un muone (m0 = 105, 66 Mevc2 che viaggia

alla velocità v = 0, 9c?

117.2 Risposte

266

Scheda 118Esercizi di Meccanica quantistica118.1 Domande base di Teoria

[H0001] [2 19 ] Rispondi alle seguenti domande.

1. Cos’è un corpo nero?

2. Nomina alcuni fenomeni fisici che hanno condotto alla quantizzazione delleonde elettromagnetiche

3. Quale idea innovativa è stata introdotta da Max Plank per spiegare lo spettrodi radiazione di corpo nero?

4. Cosa accomuna la descrizione della radiazione di corpo nero e dell’effetto fo-toelettrico?

5. Nell’effetto fotoelettrico troviamo l’equazione E = hν − φ. Indica il significatodi ognuno dei quattro termini presenti.

6. Ipotizziamo di far incidere un’onda elettromagnetica di determinata intensitàe frequenza, sulla superficie di un metallo, e di non vedere alcun elettrone inuscita dal metallo. Cosa devo fare, e perchè, al fine di riuscire ad estrarre unelettrone dal metallo?

7. Descrivi sinteticamente quali problematiche presenta il modello atomico diRutherford.

8. Quale idea di base permette di spiegare gli spettri a righe di emissione e assor-bimento degli atomi?

9. Come si giustifica il fatto che, ipotizzando orbite circolari, il raggio dell’orbitadi un elettrone intorno al nucleo è proporzionale a n2 con n ∈ N?

10. Quale semplice equazione mostra un legame tra il comportamento corpusco-lare ed ondulatorio di una particella?

11. Perchè nell’esperimento delle due fessure misurare da quale fessura passa l’e-lettrone fa sparire la figura di interferenza sullo schermo?

12. Nell’esperimento delle due fessure si vede che gli elettroni che attraversano lacoppia di fessure formano sullo schermo di rivelazione una figura di interfe-renza. Esattamente quali sono le due cose che hanno interferito tra loro?

13. In quale modo la meccanica quantistica descrive un sistema fisico?

14. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso unoschermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Cosa posso affer-mare sullo stato fisico della particella, riguardo alla fessura che ha attraversato?

15. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso unoschermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Se misuro la po-sizione della particella per sapere da quale fessura effettivamente passa, cosasuccede allo stato fisico della particella?

16. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L. Il fatto chela particella abbia attraversato la fessura è una misura della sua posizione?

17. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L, ed immagi-nate di stringere tale fessura. cosa succede alla componente dell’impulso lungotale fessura?

18. In meccanica quantistica si parla di sovrapposizione di stati. E’ corretto afferma-re che se uno stato fisico è rappresentato dalla sovrapposizione dello stato A edello stato B, con funzione d’onda φ = φA + φB allora significa che noi nonsappiamo in quale stato si trova il sistema, e solo dopo aver fatto una misu-ra possiamo sapere in quale dei due stati si trovava effettivamente il sistemaprima della misura?

19. Cosa afferma il principio di indeterminazione di Heisemberg?

267

268 Scheda118. Esercizi di Meccanica quantistica

118.2 Risposte

Problema di: Meccanica quantistica - H0001

Testo [H0001] [2 19 ] Rispondi alle seguenti domande.

1. Cos’è un corpo nero?

2. Nomina alcuni fenomeni fisici che hanno condotto alla quantizzazione delleonde elettromagnetiche

3. Quale idea innovativa è stata introdotta da Max Plank per spiegare lo spettrodi radiazione di corpo nero?

4. Cosa accomuna la descrizione della radiazione di corpo nero e dell’effetto fo-toelettrico?

5. Nell’effetto fotoelettrico troviamo l’equazione E = hν − φ. Indica il significatodi ognuno dei quattro termini presenti.

6. Ipotizziamo di far incidere un’onda elettromagnetica di determinata intensitàe frequenza, sulla superficie di un metallo, e di non vedere alcun elettrone inuscita dal metallo. Cosa devo fare, e perchè, al fine di riuscire ad estrarre unelettrone dal metallo?

7. Descrivi sinteticamente quali problematiche presenta il modello atomico diRutherford.

8. Quale idea di base permette di spiegare gli spettri a righe di emissione e assor-bimento degli atomi?

9. Come si giustifica il fatto che, ipotizzando orbite circolari, il raggio dell’orbitadi un elettrone intorno al nucleo è proporzionale a n2 con n ∈ N?

10. Quale semplice equazione mostra un legame tra il comportamento corpusco-lare ed ondulatorio di una particella?

11. Perchè nell’esperimento delle due fessure misurare da quale fessura passa l’e-lettrone fa sparire la figura di interferenza sullo schermo?

12. Nell’esperimento delle due fessure si vede che gli elettroni che attraversano lacoppia di fessure formano sullo schermo di rivelazione una figura di interfe-renza. Esattamente quali sono le due cose che hanno interferito tra loro?

13. In quale modo la meccanica quantistica descrive un sistema fisico?

14. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso unoschermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Cosa posso affer-mare sullo stato fisico della particella, riguardo alla fessura che ha attraversato?

15. Considera un sistema fisico formato da una particella che si muove verso unoschermo dotato di quattro differenti fessure e lo attraversa. Se misuro la po-sizione della particella per sapere da quale fessura effettivamente passa, cosasuccede allo stato fisico della particella?

16. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L. Il fatto chela particella abbia attraversato la fessura è una misura della sua posizione?

17. Considera una particella che attraversa una fessura di larghezza L, ed immagi-nate di stringere tale fessura. cosa succede alla componente dell’impulso lungotale fessura?

18. In meccanica quantistica si parla di sovrapposizione di stati. E’ corretto afferma-re che se uno stato fisico è rappresentato dalla sovrapposizione dello stato A edello stato B, con funzione d’onda φ = φA + φB allora significa che noi nonsappiamo in quale stato si trova il sistema, e solo dopo aver fatto una misu-ra possiamo sapere in quale dei due stati si trovava effettivamente il sistemaprima della misura?

19. Cosa afferma il principio di indeterminazione di Heisemberg?

Spiegazione Queste sono domande di teoria... l’unico modo per rispondere cor-rettamente è aver studiato.

269 Scheda118. Esercizi di Meccanica quantistica

Svolgimento

1. Definisco corpo nero un qualunque sistema fisico in grado di assorbire ogniradiazione elettromagnetica incidente.

2. Lo spettro di emissione del corpo nero, l’effetto fotoelettrico e l’effetto Comp-ton

3. L’idea di Plank consiste nell’ipotizzare che la radiazione elettromagnetica scam-bi energia solo in quantità discrete in funzione della frequenza della radiazione.L’energia dei singoli pacchetti energetici è data da E = hν

4. La descrizione della radiazione di corpo nero e dell’effetto fotoelettrico sonoaccomunate dal descrivere l’energia del fotone come E = hν

5. Nell’equazioneE = hν − φ

E rappresenta l’energia cinetica dell’elettrone emesso, h è la costante di plank,ν è la frequenza della radiazione incidente, φ è l’energia di estrazione dell’elet-trone dal metallo.

6. Se non vedo elettroni estratti dalla superficie del metallo significa che l’energiadei singoli fotoni legati alla radiazione elettromagnetica non è sufficientementeelevata. Aumentare l’intensità dell’onda non risolve il problema in quanto si-gnificherebbe aumentare il numero di fotoni. Ciò che bisogna fare è aumentarela frequenza della radiazione in modo che aumenti l’energia del singolo fotoneE = hν

7. Nel modello atomico di Rutherford gli elettroni ruotano intorno ad un nucleocentrale e non ci sono vincoli sull’energia, e di conseguenza sul raggio del-l’orbita, che tale elettrone può avere. Le problematiche di tale modello sonoprincipalmente due:

(a) L’elettrone intorno al nucleo si muove di moto accelerato e quindi deveemettere radiazione di sincrotrone; l’elettrone perderebbe in tal caso ener-gia e diminuirebbe il raggio dell’orbita fino a collassare sul nucleo. Ovvia-

mente questo non accade in quanto la materia, per come la conosciamo,esiste.

(b) Potendo, nel modello di Rutherford, assumere valori di energia in modocontinuo, l’elettrone può assorbire ed emettere radiazione elettromagne-tica di qualunque energia. L’analisi degli spettri di emissione ed assorbi-mento mostrano invece che la radiazione viene assorbita ed emessa in va-lori discreti. Ogni elemento assorbe ed emette fotoni solo in determinatefrequenze.

8. Gli spettri di emissione ed assorbimento a righe sono giustificati dal fatto chegli elettroni in un atomo si trovano su livelli energetici discreti e ben determina-ti. Gli elettroni emettono/assorbono energia passando da un’orbita ad un’altrae quindi da un’energia ben determinata ad un’altra. L’energia della radiazio-ne emessa/assorbita è pari alla differenza di energia tra le orbite dell’elettroneprima e dopo l’assorbimento/emissione della radiazione.

9. Il raggio dell’orbita è quantizzato in quanto l’elettrone può trovarsi solo suorbite la cui circonferenza sia pari ad un numero intero di volte la lunghezzad’onda1

2πrn = nλ

con n ∈ N

10. Ad ogni particella è associabile una lunghezza d’onda λ, detta lunghezza d’on-da di De Broglie, dipendente dall’impulso p della particella

λ =h

p

11. Nell’esperimento delle due fessure, la figura di interferenza si forma grazie allapresenza contemporanea di due stati fisici, ognuno dei quali rappresentantel’eletrone che passa in una determinata fessura, che interferiscono tra loro. Nelmisurare in quale fessura passa l’elettrone, noi lo facciamo transire in uno statofisico in cui è presente solo uno dei due stati, quindi non è più possibile alcunfenomeno di interferenza.

1Qui la domanda va completata indicando tutti i passaggi matematici utilizzati.

270 Scheda118. Esercizi di Meccanica quantistica

12. Nell’esperimento delle due fessure gli elettroni coinvolti si trovano in uno statofisico di sovrapposizione dello stato di elettrone che attraversa la prima fessurae dello stato di elettrone che attraversa la seconda fessura. I due stati sonocontemporaneamente presenti e possono interferire tra loro.

13. In meccanica quantistica un sistema fisico è descritto da una funzione d’on-da. Eseguendo una misura su tale stato fisico, con la funzione d’onda pos-siamo ricavare la probabilità di ottenere per tale misura un determinato risul-tato. L’evoluzione nel tempo di tale stato fisico è descritta dall’equazione diSchrodinger applicata alla funzione d’onda di tale stato fisico.

14. Non avendo eseguito alcuna misura di posizione, la particella si trova in unostato fisico dato dalla sovrapposizione di quattro differenti stati fisici, ognunoche descrive la particella che passa da una determinata fessura. Indichiamocon a, b, c, d le quattro fessure. Assumendo che la probabilità di passare daogni fessura sia equivalente, la funzione d’onda della particella sarà

ψ =1

2ψa +

1

2ψb +

1

2ψc +

1

2ψd

15. Prima della misura lo stato fisico della particella è la sovrapposizione di quattrostati, ognuno che descrive la particella passante per una determinata fessura

ψ =1

2ψa +

1

2ψb +

1

2ψc +

1

2ψd

Misurare la posizione della particella fa transire lo stato fisico in uno degli statiche descrivono la particella che passa da una determinata fessura. Ipotizzandoche il risultato della misura sia che la particella è passata dalla fessura a, lafunzione d’onda della particella sarà ora

ψ = ψa

16. Se affermo che in un certo istante una particella ha attraversato una determina-ta fessura, di fatto sto dicendo che sapevo dove si trovava, quindi di fatto ho ef-fettuato una misura della sua posizione. Visto che la fessura ha una lunghezzaL, allora la misura presenta un’incertezza sulla posizione pari a

∆x =L

2

17. Far passare una particella attraverso una fessura equivale a misurarne la po-sizione con una certa incertezza proporzionale alla larghezza della fessura.Stringendo la fessura, diminuisce l’incertezza sulla misura della posizione, edi conseguenza, per il principio di indeterminazione di Heisemberg, aumental’incertezza sulla misura contemporanea della componente dell’impulso lungoil piano della fessura.

18. No, quanto affermato nella domanda non è corretto. Per come è posta la do-manda, infatti, sembra che la particella si trovi sempre o nello stato A o nellostato B, e sembra che il concetto di sovrapposizione sia legato alla nostra igno-ranza (non-conoscenza) sull’effettivo stato della particella. In realtà se uno sta-to fisico è descritto dalla sovrapposizione di due stati, entrambi gli stati sono ef-fettivamente contemporaneamente presenti in determivate proporzioni; è soloa seguito di una nostra misura che lo stato transisce verso uno solo dei due statiche prima si sovrapponevano, con probabilità che dipende dalle proporzionicon cui sono presenti i due stati.

19. Il principio di indeterminazione di Heisemberg afferma che esistono coppie digrandezze fisiche tali per cui non è possibile misurarle contemporaneamentecon arbitraria precisione. Se per esempio consideriamo la posizione e l’impulsodi una particella, il prodotto delle loro incertezze di misura sarà sempre

∆x∆p ≥ h

Autore: Andrea de Capoa 27 Mag 2016

Scheda 119Esercizi non risoltiLa soluzione e spiegazione dei seguenti esercizi verrà scritta al più presto.[DP0001] [2 4 ] Un pattinatore di massa M = 80 kg è in piedi sul ghiaccio e

lancia orizzontalmente una pietra di massa m = 2 kg con velocità iniziale Vi = 10 ms .

Di quanto si sposterà se il coefficiente di attrito dinamico tra i pattini ed il ghiaccio èµd = 0.02 ?

[LP0001] Un oggetto di massam1 = 2 kg, che si muove con una velocità V1 = 4 ms ,

urta orizzontalmente con un secondo oggetto di massa m2 = 5 kg fermo appeso adun cavo. Nel caso di urto anelastico, di quanto si solleva il sistema dopo l’urto?

[LP0002] Un oggetto di massam1 = 2 kg, che si muove con una velocità V1 = 4 ms ,

urta orizzontalmente con un secondo oggetto di massa m2 = 5 kg fermo appeso adun cavo. Nel caso di urto elastico, di quanto si solleva il sistema dopo l’urto?

[O0030] [2 2 ] Nell’immagi-ne è raffigurato un aereoplano chesupera la barriera del suono. Si ve-de chiaramente il cono di vapore ac-queo condensato corrispondente al-la superficie dell’onda d’uro. Cal-cola la velocità dell’aereo sapendoche il cono dell’onda d’urto ha unangolo al vertice α = 120.

[CL0001] [2 3 ] Un proiettileviene sparato verso l’alto con una velocità iniziale Vi = 50 m

s inclinata di α = 30

rispetto all’orizzontale. A quale altezza arriva?

271

Parte XV

Matematica per la fisica

272

Scheda 120Matematica per la fisica120.1 Introduzione

La matematica è la lingua con la quale si parla di fisica, ed è quindi molto importan-te. In questa scheda mi limito ad approfondire solo alcuni semplici aspetti utili peraffrontare lo studio della fisica di base, senza pretendere di essere rigorosissimi nelleaffermazioni..

120.2 Equazioni di primo grado

Ogni formula di fisica è di fatto un’equazione. Nella maggior parte dei casi saran-no equazioni di primo grado, che si risolvono semplicementre trovando quella chespesso chiamiamo formula inversa. Per trovare la formula inversa di una data for-mula bisogna isolare la variabile che si vuole trovare e per farlo soltanto due tipi diazioni possono essere svolte: sottrarre o sommare, oppure moltiplicare o dividere.Consiglio di capire e provare a ripetere gli esempi riportati nella sezione 120.3

120.2.1 Sottrarre o sommare

Sea = b

allora anchea+ c = b+ c

Sommando la stessa quantità sia a destra che a sinistra di un’equazione, l’equa-zione rimane vera.

120.2.2 Moltiplicare o dividere

Sea = b

allora anchea · c = b · c

Moltiplicando per la stessa quantità sia a destra che a sinistra di un’equazione,l’equazione rimane vera.

120.3 Esempi di formule inverse

Secondo principio della dinamica

F = m · a

Voglio trovare m, quindi divido per a

F

a=m · aa

F

a= m

Oppure, se voglio trovare a divido per m

F

m=m · am

F

m= a

Legge di conservazione dell’energia

1

2mV 2

i +mghi =1

2mV 2

f +mghf

Voglio trovare hi, per cui prima sottraggo da ambo i membri

1

2mV 2

i +mghi−1

2mV 2

i =1

2mV 2

f +mghf−1

2mV 2

i

mghi =1

2mV 2

f +mghf −1

2mV 2

i

ed ora divido ambo i membri

mghimg

=12mV

2f +mghf − 1

2mV2i

mg

273

274 Scheda120. Matematica per la fisica

e semplificamdo ottengo

hi =12V

2f + ghf − 1

2V2i

g

Se invece voglio trovare Vi allora

1

2mV 2

i +mghi−mghi =1

2mV 2

f +mghf−mghi

1

2mV 2

i =1

2mV 2

f +mghf −mghi

e successivamente divido ambo i membri

12mV

2i

12m

=12mV

2f +mghf −mghi

12m

V 2i =

12mV

2f +mghf −mghi

12m

Vi =

√12mV

2f +mghf −mghi

12m

Legge di conservazione della portata

SiVi = SfVf

Per trovare Vi divido ambo i membri

SiViSi

=SfVfSi

Vi =SfVfSi

120.4 Funzioni trigonometriche

120.5 La circonferenza trigonometrica

Le funzioni trigonometriche sono definite a partire dalla circonferenza trigonome-trica. La circonferenza trigonometrica ha raggio r = 1. Su di essa indichiamo dei

raggi-vettore definiti dall’angolo che formano con la verticale. Il raggio-vettore ver-ticale verso l’alto rappresenta un angolo di zero gradi. Gli angoli si contano crescentiin senso orario1.

Come vedete in figura, la lunghezza dei segmanti colorati indica il valore diseno, coseno, tangente e cotangente dell’angolo α: sen(α), cos(α), tg(α), ctg(α).Conseguenza della definizione è che

−1 < sen(α) < 1

−1 < cos(α) < 1

sen2(α) + cos2(α) = 1

La tangente dell’angolo è definita come

tg(α) =sen(α)

cos(α)

La cotangente dell’angolo è definita come

ctg(α) =cos(α)

sen(α)

1La circonferenza così definita viene utilizzata in topografia... leggermente diversa, ma senzacambiarne il significato, quella usata negli altri campi scientifici.

Autore: Andrea de Capoa 17 Feb 2016

275 Scheda120. Matematica per la fisica

α

sin(α)

cos(α)

tg(α)

ctg(α)

Fig. 120.1: la circonferenza trigonometrica con indicate le funzioni trigonometriche.

276 Scheda120. Matematica per la fisica

Indice

1 Introduzione all’opera 21.1 La nascita di questo progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 La struttura a schede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.3 La struttura di una scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.4 Lo stato dell’arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

2 Mappa delle schede 4

I Introduzione alla fisica 11

3 Perchè la Fisica 12

4 Mappe sulle grandezze fisiche 13

5 Gli scalari 145.1 Cos’è uno scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145.2 Prefissi per le unità di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145.3 Conversioni di unità di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145.4 Capire gli scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

6 Il Sistema internazionale di misura 166.1 Con poco costruisci tutto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166.2 Intervallo di tempo: la durata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166.3 Lunghezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166.4 Massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

6.4.1 La ridefinizione del kilogrammo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176.5 La Temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

6.5.1 Le differenti scale di temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176.6 Ampère . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186.7 La quantità di sostanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186.8 L’intensità luminosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186.9 altre grandezze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

6.9.1 L’angolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

7 Grandezze fisiche derivate 197.1 Superficie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197.2 Volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197.3 Densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

8 Le leggi fisiche 208.1 Capire una legge fisica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

9 Il metodo scientifico 219.1 Le parole di Feynmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219.2 Il metodo scientifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

10 I vettori 2210.1 Cos’è un vettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2210.2 Operazioni con i vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

10.2.1 Somma di vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2210.2.2 Prodotto di uno scalare per un vettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2310.2.3 Scomposizione di un vettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2310.2.4 Prodotto scalare di due vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2410.2.5 Prodotto vettoriale di due vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

11 I versori 2511.1 Cos’è un versore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2511.2 Versori su di un piano cartesiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

II Cinematica 27

12 Mappe di cinematica 28

13 Sistemi di riferimento 2913.1 Punto di riferimento e assi cartesiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2913.2 Sistemi di riferimento e movimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2913.3 Videolezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

277 Scheda120. Matematica per la fisica

14 Grandezze cinematiche 31

14.1 Posizione e Spostamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

14.1.1 Spostamento e distanza percorsa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

14.2 Intervallo di tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

14.3 Velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

14.3.1 Velocità media e istantanea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

14.4 Accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

14.4.1 Capire l’accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

14.4.2 Accelerazione centripeta su un percorso circolare . . . . . . . . . . . . 32

15 Moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato 33

15.1 Moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

15.2 Moto uniformemente accelerato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

15.2.1 La caduta dei gravi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

16 Grafici spazio-tempo 35

16.1 Sugli assi cartesiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

16.2 Lettura del movimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

16.3 Lettura della velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

16.4 Grafici di esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

17 Grafici velocità-tempo 37

17.1 Sugli assi cartesiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

17.2 Lettura del movimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

17.3 Lettura dell’accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

17.4 Grafici di esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

18 Moto parabolico 39

18.1 Moto parabolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

18.1.1 Moto di un proiettile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

19 Moti periodici e orologi 41

19.1 Moto periodico e misura del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

19.2 La misura del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

19.3 Orologi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

20 Moto circolare uniforme 4220.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

20.2 La velocità angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

21 Moto armonico 4321.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

III Dinamica 44

22 Mappe di dinamica 45

23 La distribuzione di massa 4823.1 Il baricentro di un corpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

23.2 Il momento di inerzia di un corpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

23.2.1 Momenti di inerzia di figure geometriche note . . . . . . . . . . . . . . 49

24 I tre principi della dinamica 5124.1 Primo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

24.1.1 Equilibrio traslazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

24.2 Secondo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

24.3 Terzo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

25 Pressione 5325.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

25.2 Video di esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

26 Forza di gravità e forza di Archimede 5426.1 Forza di gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

26.2 Forza di Archimede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

26.2.1 Il problema del galleggiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

27 Forza elastica 5627.1 L’aggettivo elastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

27.2 Le molle e la legge di Hooke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

27.2.1 Campo di elasticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

27.3 Modulo di Young . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

278 Scheda120. Matematica per la fisica

28 Forza d’attrito 5728.1 Forza d’attrito radente statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5728.2 Forza d’attrito radente dinamico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5728.3 Forza d’attrito volvente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5728.4 Forza d’attrito viscoso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

29 Forza peso 5929.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5929.2 Un oggetto su di un tavolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5929.3 Un oggetto immerso nell’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5929.4 Un oggetto in un sistema accelerato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

29.4.1 Un oggetto che ruota . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5929.4.2 La caduta libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

30 Moto su di un piano inclinato 6130.1 Una prima considerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6130.2 Il piano inclinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6130.3 Il moto sul piano inclinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6130.4 Il piano inclinato in presenza di attrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

31 Legge di gravitazione universale 6331.1 La forza di gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

31.1.1 L’accelerazione di gravità di un pianeta . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6331.2 Energia potenziale gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

32 Il moto di un pianeta 6432.1 Le basi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6432.2 Energia e momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

33 Momento di una forza 6633.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6633.2 Equilibrio rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

34 Reazioni vincolari 6734.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

35 Momento Angolare 6835.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

IV Leggi di conservazione 69

36 Quantità di moto 7036.1 La quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

36.1.1 Forza e quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7036.2 Conservazione della quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

37 Mappe sull’energia 71

38 Energia e Lavoro 7238.1 Energia cinetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7238.2 Energia cinetica rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7238.3 Energia interna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7238.4 Il Lavoro di una forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

38.4.1 Il teorema dell’energia cinetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7338.5 La Potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

39 Forze conservative ed Energia Potenziale 7439.1 Forze conservative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

39.1.1 L’Energia potenziale gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7439.1.2 L’energia potenziale elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7439.1.3 Altre forme di energia potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

40 Legge di conservazione dell’energia totale 7640.1 Le parole di Feynmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7640.2 Legge di conservazione dell’energia totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7640.3 Trasformazione dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

41 Macchine semplici 7841.1 Il piano inclinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7841.2 La leva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7841.3 La carrucola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7941.4 Il torchio idraulico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

42 Teoria degli urti 8042.1 Gli urti completamente anelastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8042.2 Gli urti elastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

42.2.1 Casi particolari di urti elastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

279 Scheda120. Matematica per la fisica

V Fluidodinamica 82

43 Mappe di fluidodinamica 83

44 Il principio di Pascal 8444.1 Il principio di Pascal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

44.1.1 Il torchio idraulico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

45 La conservazione della portata 8545.1 Portata di un tubo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8545.2 Portata per fluidi incomprimibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

46 Il principio di Bernoulli 8646.1 L’equazione di Bernoulli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86

46.1.1 La legge di Stevin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8646.1.2 Il tubo di Venturi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87

VI Calorimetria 88

47 Mappe di calorimetria 89

48 Stati della materia 9048.1 Stati della materia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9048.2 Cambiamenti di stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

49 La Temperatura 9149.1 Le scale di temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

49.1.1 I gradi centigradi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9149.1.2 I gradi Kelvin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9149.1.3 conversioni di temperature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

50 Riscaldamento 9250.1 Calore e temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9250.2 Scambi di calore ed equilibrio termico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

51 Dilatazione termica 9351.1 Dilatazione lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9351.2 Dilatazione superficiale e volumetrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

52 Transizioni di fase 95

53 Conduzione termica 96

53.1 La teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

53.2 La sensazione di caldo e freddo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

53.3 Un semplice esperimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

VII Termodinamica 97

54 Mappe di termodinamica 98

55 Primo principio della termodinamica 99

55.1 Videolezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

55.2 L’energia interna di un gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

55.3 Principio zero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

55.4 Il lavoro fatto da un gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

55.5 Il primo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

56 Legge dei gas e trasformazioni termodinamiche 101

56.1 La legge dei gas perfetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

56.2 Lo stato di un gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

56.3 Trasformazioni termodinamiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

56.3.1 Isocore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

56.3.2 Isobare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

56.3.3 Isoterme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

56.3.4 Adiabatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

56.3.5 Come ragionare con i gas perfetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

57 Distribuzione Maxwell Boltzmann 105

57.1 Il concetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

57.2 La distribuzione delle velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

280 Scheda120. Matematica per la fisica

58 Il ciclo di Carnot 106

58.1 Trasformazioni cicliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106

58.2 Il ciclo di Carnot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106

58.3 Il rendimento di un ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

58.4 Secondo principio della termodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

58.4.1 La qualità dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

58.5 Cicli frigoriferi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

59 Il ciclo Otto 109

59.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109

60 Il ciclo diesel 110

60.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110

61 Il ciclo di Stirling 111

61.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

62 Il ciclo rettangolare 112

62.1 Le trasformazioni del ciclo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112

63 Entropia 113

63.1 Definizione di entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

63.2 Irreversibilità di una trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

VIII Onde 114

64 Mappe sui fenomeni ondulatori 115

65 Onde e fenomeni ondulatori 116

65.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

65.1.1 Onde meccaniche ed elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

65.1.2 Onde trasversali e longitudinali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

65.1.3 Variabili dell’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

66 Intensità di un’onda 118

67 Riflessione e Rifrazione 119

67.1 Riflessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

67.2 Rifrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

67.2.1 Riflessione totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

67.3 Videolezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119

68 Interferenza 121

68.1 Il fenomeno dell’interferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

68.2 Onde stazionarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

68.2.1 Onde stazionarie su corde bloccate agli estremi . . . . . . . . . . . . . 121

68.3 Il fenomeno dei battimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

69 Diffrazione 124

69.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124

70 Risonanza 125

70.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

71 Diffusione 126

71.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126

72 Dispersione 127

72.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

73 Effetto Doppler 128

73.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128

73.2 Se l’osservatore è in moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128

73.2.1 Se la sorgente è in moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128

74 Le lenti 131

74.1 Immagine generata da una lente convergente . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

74.2 Immagine generata da una lente divergente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

74.2.1 La legge dei punti coniugati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132

74.2.2 Il fattore di ingrandimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132

281 Scheda120. Matematica per la fisica

75 L’arcobaleno 13475.1 Osservare un arcobaleno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13475.2 Il principio di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13475.3 L’arco secondario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13675.4 Polarizzazione dell’arcobaleno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13775.5 La risposta alle domande . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13775.6 Altri arcobaleni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138

75.6.1 Rifrazione in cristalli di ghiaccio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13875.6.2 Diffrazione su gocce d’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138

76 Fibre ottiche 13976.1 Propagazione della luce all’interno della fibra . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139

76.1.1 Angolo di accettazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13976.1.2 Modi di propagazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13976.1.3 Dispersione modale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13976.1.4 Dispersione cromatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14076.1.5 Fenomeni di attenuazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140

76.2 Fibre monomodali e multimodali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14076.2.1 Fibre monomodali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14076.2.2 Fibre multimodali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141

IX Elettromagnetismo 142

77 Mappe sull’elettromagnetismo 144

78 Forza di Coulomb 14678.1 La carica elettrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14678.2 La forza di Coulomb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14678.3 Il campo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14678.4 Linee di campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146

78.4.1 Linee di campo di un dipolo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14678.5 La forza Elettrostatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147

79 Campo magnetico 14879.1 Il campo magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14879.2 Campi magnetici e correnti elettriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148

79.3 Campo magnetico di un filo percorso da corrente . . . . . . . . . . . . . . . . 14879.3.1 La legge di Biot-Savart . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14979.3.2 Campo magnetico nel centro di una spira circolare . . . . . . . . . . . 150

80 Forza magnetica 15180.1 La forza magnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151

80.1.1 Moto in un campo magnetico uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151

81 Magnetismo nella materia 15281.1 Calamite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152

81.1.1 Calamite naturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15281.1.2 Calamite artificiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152

82 Modelli atomici 15382.1 I costituenti dell’atomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

82.1.1 Particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15382.1.2 Forze tra le particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15382.1.3 Un principio fondamentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

82.2 Struttura dell’atomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15482.2.1 Il nucleo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15482.2.2 Struttura elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154

82.3 la tavola periodica degli elementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154

83 Elettrizzazione 15683.1 Elettrizzazione per strofinio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15683.2 Elettrizzazione per contatto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15683.3 Elettrizzazione per induzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

83.3.1 Deviazione di un getto d’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

84 Effetto Punta 157

85 Sulla Circuitazione di un campo vettoriale 15885.1 Definizione di circuitazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158

85.1.1 Un caso particolare: il campo di forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15885.1.2 Un caso particolare: il campo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159

86 Induzione Elettromagnetica 16086.1 D.d.p indotta dal movimento di un conduttore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160

282 Scheda120. Matematica per la fisica

87 Corrente di spostamento 161

87.1 Natura della corrente di spostamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161

X Elettrotecnica 162

88 Corrente elettrica 163

88.1 Corrente in un conduttore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163

89 Leggi di Ohm 164

89.1 Prima legge di Ohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

89.2 Resistenze in serie e in parallelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

89.2.1 Resistenze in serie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

89.2.2 Resistenze in parallelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

89.2.3 Resistenze ne in serie ne in parallelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

89.3 Seconda legge di Ohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

89.4 Potenza ed effetto Joule . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

89.4.1 Potenza generata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

89.4.2 Potenza dissipata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

90 Circuiti elettrici Ohmici 166

90.1 Circuiti con un generatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166

90.2 Circuiti con molti generatori e leggi di Kirchoff . . . . . . . . . . . . . . . . . 166

90.2.1 Struttura del circuito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166

90.2.2 Equazioni di maglie e nodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167

90.3 Videolezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168

91 Circuiti RC 169

91.1 Condensatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

91.2 Condensatore piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

91.3 Carica e scarica di un condensatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

91.4 Energia immagazzinata in un condensatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170

91.5 Energia del campo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171

91.6 Condensatori in corrente alternata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171

92 Circuiti RL 17392.1 Autoinduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17392.2 Il solenoide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17392.3 Carica e scarica di un’induttanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17392.4 Energia immagazzinata nell’induttanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17592.5 Induttanze in corrente alternata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175

XI Relatività ristretta 177

93 Sistemi di riferimento e punti di vista 17993.1 Il punto di vista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

93.1.1 Nessun luogo è speciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

94 Trasformate di Galileo e principi di Newton 18094.1 Le trasformate di Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18094.2 Il principio di relatività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18094.3 I principi di Newton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18094.4 La velocità della luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180

95 Relatività ristretta 18195.1 Postulati di partenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18195.2 Dilatazione dei tempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18195.3 Contrazione delle distanze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182

95.3.1 Un primo modo di derivare il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . 18295.3.2 Utilizzando le trasformate di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182

95.4 Trasformate di Galileo e Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18395.4.1 Trasformate di Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18395.4.2 Trasformate di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183

95.5 Da Galileo a Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18395.5.1 Invarianza della distanza spaziotemporale . . . . . . . . . . . . . . . . 184

95.6 Legge di composizione delle velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18595.7 Massa relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185

95.7.1 I principi della dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18695.7.2 Energia cinetica relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18695.7.3 Energia totale relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18695.7.4 Relazione tra energia ed impulso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187

283 Scheda120. Matematica per la fisica

96 The Photon Box 19096.1 Cos’è la scatola di fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190

96.1.1 La scatola ha massa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190

96.1.2 La scatola ha esperienza del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190

96.1.3 La nascita della massa e del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190

96.2 Il corrispondente della scatola di fotoni nella realtà . . . . . . . . . . . . . . . 190

XII Meccanica quantistica 192

97 Radiazione di corpo nero 19397.1 Cosa vuol dire nero? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193

97.2 Emissione di corpo nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193

97.2.1 Spettro della radiazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193

97.2.2 Legge di Stefan-Boltzmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193

97.2.3 Legge di Wien . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193

97.3 La spiegazione del fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194

98 Effetto fotoelettrico 19598.1 Il fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195

98.2 Considerazioni sul fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195

99 Modelli Atomici 19699.1 Modello atomico di Democrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196

99.2 Modello atomico di Thomson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196

99.2.1 Struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196

99.2.2 Formulazione del modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196

99.3 Modello atomico di Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196

99.3.1 Esperimento di Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196

99.3.2 Problematiche aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197

99.4 Modello atomico di Bohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198

100Modello atomico di Bohr 199100.1Mappa della scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199

100.2Problematiche sul modello di Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199

100.3L’idea di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199

101Introduzione alla fisica moderna 201101.1Poche semplici domande . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201101.2Empedocle e Democrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201101.3Newton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202101.4Mendeleev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202101.5Rutherford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203101.6Nuove particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203101.7Il dualismo onda-corpuscolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204101.8l’ipotesi dei quark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204101.9Le forze come scambio di particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204101.10Il modello standard e il bosone di Higgs . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205101.11Sviluppi futuri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206101.12Le GUT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206101.13L’oscillazione dei neutrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206101.14Nascita ed evoluzione dell’universo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207101.15La materia oscura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208

102Il CERN 210102.1Un concetto basilare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210102.2Perchè accelerare le particelle? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210102.3Come accelero una particella? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210102.4Come avvengono le collisioni? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210102.5Cosa misuro quando rilevo una particella? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210

102.5.1 Prima fase: tracking . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211102.5.2 Seconda fase: I calorimetri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211

102.6L’analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211

XIII Laboratorio 214

103Mappe sull’attività di laboratorio 215

104Errori di misura 216104.1Il valore della misura e l’errore assoluto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216

104.1.1 Cifre significative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216104.1.2 Errori di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217104.1.3 Misure ripetute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217

284 Scheda120. Matematica per la fisica

104.1.4 Precisione ed errore relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218104.1.5 Valutazione dell’errore su misure indirette . . . . . . . . . . . . . . . . 218

105Distribuzione Gaussiana 220105.1La distribuzione Gaussiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220105.2Il risultato della singola misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220105.3Il risultato delle misure ripetute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221

106Realizzazione di un’esperienza di laboratorio 222106.1Considerazioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222106.2Scopo dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222106.3Fisica dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222106.4Descrizione del materiale utilizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223106.5Realizzazione dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223106.6Analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223106.7Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223

107Relazione di laboratorio 224107.1Scopo dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224107.2La fisica dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224107.3Materiale utilizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224107.4Procedimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224107.5Dati sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224107.6Analisi dei adti sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224107.7Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224

XIV Esercizi svolti 225

108Esercizi di Base 226108.1Operazioni con gli scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226108.2Eseguire una misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226108.3Operazioni con i vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227

109Esercizi di Cinematica 228109.1Grandezze cinematiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228109.2Esercizi banali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228

109.3Sistemi di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228

109.4Moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

109.5Moto uniformemente accelerato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 230

109.6Moto circolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231

109.7Moto parabolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231

109.8Lettura di grafici del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232

110Esercizi di Dinamica 234

110.1Teoria ed esercizi banali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 234

110.2Baricentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235

110.3Forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235

110.4Equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237

110.5Principi della dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239

110.6Legge di gravitazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240

111Esercizi sulle leggi di conservazione 241

111.1Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241

111.2Quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244

111.3Momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244

111.4Complessivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244

112Esercizi di Fluidodinamica 246

112.1Legge di conservazione della portata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246

112.2Principio di Bernoulli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246

112.3Legge di Stevin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246

112.4Principio di Pascal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247

113Esercizi di Calorimetria 248

113.1Domande di teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 248

113.2Esercizi banali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 248

113.3Riscaldamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249

113.4Transizioni di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250

113.5Dilatazione termica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250

113.6Conducibilità termica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250

113.7Complessivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 251

285 Scheda120. Matematica per la fisica

114Esercizi di Termodinamica 252114.1I Gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252

115Esercizi sui fenomeni ondulatori 258115.1Teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258115.2Oscillazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258115.3Riflessione e rifrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258115.4Interferenza e risonanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259115.5Propagazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259115.6Ottica geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260115.7Ottica applicata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260115.8Effetto fotoelettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261115.9Atomo di Bohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261

116Esercizi di Elettromagnetismo 262116.1Elettromagnetismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262116.2Elettrotecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263

117Esercizi di Relativita 266117.1Domande di Teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266

117.2Risposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266

118Esercizi di Meccanica quantistica 267

118.1Domande base di Teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267

118.2Risposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268

119Esercizi non risolti 271

XV Matematica per la fisica 272

120Matematica per la fisica 273

120.1Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273

120.2Equazioni di primo grado . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273

120.2.1 Sottrarre o sommare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273

120.2.2 Moltiplicare o dividere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273

120.3Esempi di formule inverse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273

120.4Funzioni trigonometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274

120.5La circonferenza trigonometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274