Analgesics in Patients With Hepatic Impairment .6-3 Ita
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Gli analgesici in pazienti con insufficienza epatica
Implicazioni farmacologiche e cliniche
Marija Bosilkovska¹, Bernhard Walder², Marie Besson¹, Youssef Daali¹ and Jules Desmeules¹
1 division of Clinical Pharmacology and Toxicology, Geneva University Hospitals, Geneva, Switzerland
2 Division of Anesthesiology, Geneva University hospital, Geneva, Switzerland
____________________________________________________________________
RIASSUNTO
Le variazioni fisiologiche che accompagnano l’insufficienza epatica alterano la
biodisponibilità dei farmaci. Lo shunt porto-sistemico potrebbe far diminuire il
metabolismo di primo passaggio di un farmaco e portare ad un’aumentata
biodisponibilità dei farmaci assunti per via orale ad estrazione epatica elevata.
L’alterata distribuzione può essere dovuta ad una diminuita produzione di proteine
plasmatiche o a variazioni nelle diverse componenti dell’organismo. Inoltre l’attività
e la capacità degli enzimi microsomiali epatici potrebbe risultare alterata con
differenti livelli di gravità in quei pazienti affetti da epatopatie croniche. Queste
variazioni possono esitare in un aumento delle concentrazioni e in una riduzione della
clearance plasmatica dei farmaci, spesso difficile da prevedere.
Anche l’azione farmacologica degli analgesici è ridotta negli epatopatici. La gestione
del dolore nei pazienti affetti da insufficienza è difficile in quanto mancano le linee
guida cliniche per l’impiego dei farmaci analgesici in questo segmento della
popolazione. Infatti è più probabile che dopo somministrazione di FANS i pazienti
affetti da insufficienza epatica grave possano sviluppare complicanze quali
sanguinamento da aumentata attività antiaggregante piastrinica, da irritazione gastrica
e insufficienza renale. Per cui sarebbe opportuno che questi pazienti evitassero di
assumere questa classe di farmaci.
I parametri farmacocinetici del paracetamolo sono alterati nei pazienti con gravi
patologie epatiche, tuttavia un trattamento a breve termine e con dosaggio ridotto (< 2
g/die) può essere indicato anche nei pazienti epatopatici non alcolici.
La biodisponibilità di un elevato numero di farmaci oppiacei risulta alterata
dall’insufficienza epatica. Ad esempio alcuni oppiacei come la codeina o il tramadolo
sono biotrasformati a livello epatico in metaboliti attivi. Da ciò si deduce una
possibile riduzione della loro efficacia come conseguenza farmacodinamica attesa
indotta da un’insufficienza epatica. Alcuni oppiacei invece come la meperidina
producono metaboliti tossici. La rallentata eliminazione di questi metaboliti può
quindi esitare in un pericoloso aumento del rischio di sviluppare un effetto tossico nei
pazienti epatopatici, tale da consigliare di evitare l’uso di questi farmaci in questo
segmento di popolazione.
La clearance del farmaco nel caso di svariati oppioidi quali la morfina, l'ossicodone,
il tramadolo e l'alfentanil, potrebbe essere diminuita nell'insufficienza epatica
moderata o grave. Per la morfina, l'idromorfone e l'ossicodone, tutti farmaci
massivamente escreti, dopo la somministrazione orale in pazienti con insufficienza
epatica si riscontra un importante aumento della loro biodisponibilità. Quando questi
oppioidi vengono somministrati a pazienti epatopatici, per evitare il rischio di
accumulo e il probabile aumento degli effetti avversi si dovrebbero usare dosi minori
e/o intervalli più lunghi di somministrazione. Da ultimo, negli epatopatici non
sembrano esserci alterazioni nella farmacocinetica degli oppiodi fenilpiperidinici
quali fentanil, sufentanil e remifentanil. Tutti i farmaci oppioidi possono esacerbare o
aggravare un'encefalopatia epatica in pazienti con grave epatopatia, per cui
richiedono un uso cauto e un monitoraggio attento.
1. Introduzione
Il fegato ha un ruolo precipuo nella farmacocinetica della maggior parte dei farmaci.
Per cui nei pazienti con insufficienza epatica la biodisponibilità dei farmaci potrebbe
risultare alterata. La disfunzione epatica ha spesso natura progressiva, e quanto
peggiora la disfunzione epatica, tanto maggiori sono i disordini nell'eliminazione dei
farmaci. Nei pazienti con determinati tipi di disfunzione epatica, quali l'epatite attiva
cronica o il cancro al fegato senza cirrosi, l'eliminazione dei farmaci risulta alterata
solo in lieve misura.[1,2]
Contrariamente all'insufficienza renale, in cui le stime del tasso di filtrazione
glomerulare (TFG; clearance della creatinina o dell'inulina) trovano utilità nel
determinare i parametri farmacocinetici dell'eliminazione dei farmaci, non è
disponibile nessun biomarcatore della funzione epatica e della capacità di
eliminazione dei farmaci da parte del fegato. Sono stati sviluppati vari schemi di
classificazione e test dinamici di funzionalità epatica per predire la maniera con cui
gestire un farmaco nei pazienti epatopatici. I sistemi più comunemente usati per
stadiare la gravità di un'insufficienza epatica sono la classificazione di Child-Pugh e
il sistema previsto dal modello di epatopatia terminale (MELD .[3] Il sistema di Child-
Pugh incorpora tre variabili misurabili in laboratorio (bilirubina sierica, albumina e
tempo di pro-trombina) e due variabili cliniche (presenza di asciti e di encefalopatia).
La gravità della malattia è classificata come leggera, moderata o grave
(rispettivamente, classi A, B e C secondo Child-Pugh). Il sistema MELD è basato
sulla bilirubina sierica e sulle concentrazioni di creatinina, sul rapporto normalizzato
internazionale del tempo di pro-trombina, e sulla causa alla base dell'epatopatia. [3]
Negli Stati Uniti la Food e Drug Administration e in Europa l'Agenzia per i
Medicinali hanno rilasciato direttive per incoraggiare le industrie a condurre studi
farmacocinetici nei pazienti con insufficienza epatica, per farmaci il cui uso è
probabile in questi pazienti o per farmaci la cui farmacocinetica potrebbe essere
significativamente alterata nei pazienti epatopatici. [4,5] Malgrado queste direttive,
mancano ad oggi raccomandazioni per regolare il dosaggio di farmaci nei pazienti
con insufficienza epatica, specie per i farmaci meno recenti come ad esempio la
maggior parte degli analgesici comunemente usati.
La riduzione della sintomatologia dolorosa ha un ruolo centrale nel miglioramento
della qualità della vita di ogni paziente, compresi i pazienti epatopatici. Per cui nei
pazienti con insufficienza epatica è probabile l'uso frequente di analgesici. Il
metabolismo e l'eliminazione della maggior parte degli analgesici, quali il
paracetamolo, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e gli oppioidi,
possono essere alterati nei pazienti epatopatici. Tale deficit potrebbe provocare
l'accumulo del farmaco e l'aumento dell'incidenza di effetti collaterali. Oltre a
modificare la farmacocinetica, l'epatopatia può anche alterare in maniera
considerevole gli effetti farmacodinamici. Un esempio esposto dettagliatamente più
avanti in questa review è la maggiore sensibilità agli oppioidi, che può causare una
disfunzione cerebrale o aggravare un'encefalopatia epatica preesistente.[6]
L'epatopatia altera la farmacocinetica, ma anche gli stessi farmaci possono peggiorare
la funzione epatica. Il danno epatico indotto da farmaci è una possibile complicazione
della maggior parte dei farmaci, analgesici inclusi.[7] L'insufficienza epatica acuta è
un effetto sfavorevole ben noto di dosi elevate di paracetamolo, uno degli analgesici
più largamente usati.[8] L'epatotossicità è stata anche descritta in pazienti che
assumono acido acetilsalicilico o FANS.[9] Alcuni farmaci di questa classe, come
nimesulide o diclofenac, provocheranno più probabilmente un danno epatico che
altri.[10,11] I nuovi inibitori più selettivi della cicloossigenasi (COX)-2, come
lumiracoxib, sono stati anch'essi associati a un'epatotossicità. [12] Sebbene raro, il
danno epatico indotto da FANS non deve essere sottovalutato, proprio in ragione
dell'uso comune e molto diffuso di questi farmaci nella popolazione.
Vi sono poche evidenze riguardo sicurezza ed efficacia delle terapie farmacologiche
del dolore in pazienti con insufficienza epatica.[13] I medici hanno una significativa
variabilità nelle loro raccomandazioni per l'uso degli analgesici in questa
popolazione. I fornitori di assistenza sanitaria considerano spesso pericoloso l'uso
degli analgesici nei pazienti con cirrosi, con conseguente sotto-trattamento della
sintomatologia dolorosa in questa popolazione.[14] Lo scopo di questa review è
riprendere e analizzare i dati pubblicati riguardanti vari analgesici in pazienti con
insufficienza epatica e fornire evidenze per l'uso sicuro di questi farmaci in questo
segmento di popolazione.
2. Disfunzione epatica e farmacocinetica
2.1 Clearance epatica
Il metabolismo epatico è la principale via di eliminazione della maggior parte dei
farmaci lipofili. L'efficienza nella rimozione dei farmaci da parte del fegato, la
cosiddetta clearance epatica, è determinata dal flusso sanguigno epatico, dal legame
alle proteine plasmatiche e dalla clearance intrinseca, i quali sono tutti appannaggio
dell'attività metabolica degli enzimi epatici. La clearance epatica può essere descritta
dall'equazione 1:
CLH = QH _EH (Eq. 1)
in cui QH è il flusso sanguigno epatico ed EH è il rapporto di estrazione epatica, che è
subordinato al flusso sanguigno epatico (QH), alla clearance intrinseca (CLint) e alla
frazione di farmaco non legato (fu). Quindi, l'equazione 1 può essere rappresentata
dall'equazione 2:
CLH = QH x fu x CLint
QH +fu_CLint (Eq. 2)
La clearance epatica di farmaci con rapporti di estrazione elevati (EH > 0,7) dipende
in gran parte dal flusso sanguigno epatico. Una diminuzione del flusso sanguigno
epatico o la presenza intra- ed extra-epatica di uno shunt porto-sistemico potrebbe
incidere fortemente sulla clearance di questi farmaci. Contrariamente a quella dei
farmaci la cui estrazione è elevata, la clearance epatica dei farmaci che vengono
scarsamente estratti (EH < 0,3) è principalmente influenzata da variazioni nel legame
alle proteine plasmatiche e nella clearance metabolica intrinseca, come si evince
dall'equazione 2. L'effetto dell'epatopatia su questi parametri è discusso a seguire. La
clearance epatica dei farmaci con un rapporto di estrazione intermedio può essere
influenzata dal flusso sanguigno epatico, dal legame alle proteine plasmatiche e
dall'attività metabolica. [3,15]
2.2 Variazioni farmacocinetiche nell'epatopatia
I farmaci somministrati per via orale assorbiti dal tratto gastrointestinale passano
nella vena porta e possono essere sottoposti a un elevato metabolismo epatico prima
di raggiungere la circolazione sistemica, un fenomeno noto come effetto di primo
passaggio. La cirrosi può causare shunt porto-sistemici e lo sviluppo di una
circolazione collaterale. Una frazione non trascurabile di sangue, che di norma
raggiungerebbe la vena porta, può scorrere in questa circolazione collaterale
riducendo in questo modo il flusso sanguigno mesenterico che passa per il fegato. I
farmaci con rapporti di estrazione epatica intermedia o elevata presentano
un'aumentata biodisponibilità orale in pazienti con cirrosi nei quali il metabolismo di
primo passaggio è ridotto.[16,17] La maggiore biodisponibilità assieme alla minore
clearance epatica qui di seguito trattata possono provocare un aumento importante
dell'area sottesa dalla curva concentrazione plasmatica-tempo (AUC).[18]
Una caratteristica dell'epatopatia, con particolare riguardo alla cirrosi, è una minore
produzione di proteine carrier per i farmaci quali l'albumina e la α-1 glicoproteina
acida. Livelli inferiori di queste proteine sono associati a un aumento della frazione
libera dei farmaci, cosa particolarmente importante per i farmaci ad alto legame (fu <
0,1). Poiché soltanto la frazione non legata di un farmaco può entrare o lasciare i
comparti tissutali, eventuali diminuzioni delle proteine plasmatiche variano la
distribuzione dei farmaci, aumentandone in alcuni casi il volume di distribuzione
(Vd).[3,15] La differenza tra clearance plasmatica totale e clearance plasmatica della
frazione non legata è d'importanza cruciale nell'interpretare i dati farmacocinetici
relativi a farmaci ad alto legame in pazienti con epatopatia. Talvolta in questi pazienti
la clearance del farmaco totale può risultare normale, ancorché la clearance della
frazione non legata risulti notevolmente ridotta. In effetti, la diminuzione della
capacità metabolica presente nell'epatopatia è controbilanciata dall'aumento della
frazione libera di farmaco, sicché si potrebbe propendere erroneamente per un non
interessamento del metabolismo del farmaco. Sebbene i valori delle concentrazioni
plasmatiche totali e della clearance dei farmaci siano normali, la clearance della
frazione non legata risulta ridotta perché nei tessuti entra una maggiore quota di
farmaco libero (maggiore distribuzione).[3,19,20] Al progredire dell'epatopatia si hanno
variazioni della composizione del corpo, come un maggiore fluido extracellulare
(asciti, edema) e una minore massa muscolare con conseguente alterazione del Vd.[6]
Il metabolismo epatico dei farmaci viene suddiviso due tipi e passaggi di
biotrasformazioni: la fase I e la fase II. Le reazioni di fase I sono processi
ossidoriduttivi principalmente catalizzati dalle monoossigenasi, come gli enzimi
citocromo P450 (CYP), mentre le reazioni di fase II sono catalizzate da enzimi di
coniugazione. La funzione e l'espressione di questi enzimi possono essere alterate in
pazienti con epatopatia. Nell'epatopia gli enzimi della fase I si considerano
generalmente più compromessi rispetto agli enzimi della fase II, ciò probabilmente
per la maggiore sensibilità degli enzimi della fase I all'ipossia causata dallo shunting,
la capillarizzazione sinusoidale e la minore perfusione.[21,22] Le isoforme di CYP sono
variamente compromesse secondo la gravità dell'epatopatia. Frye et al.[23] hanno
mostrato come nei pazienti con epatopatia lieve sia presente una forte diminuzione
dell'attività metabolica di CYP2C19, mentre, sempre in questi pazienti, l'attività di
CYP1A2, CYP2D6 e CYP2E1 sembrava relativamente normale. Tuttavia, i pazienti
con epatopatia da moderata a grave presentavano una minore attività metabolica di
tutte le isoforme di CYP studiate. Il tipo di epatopatia (colestatica, epatocellulare o
metastatica) ha altresì un impatto sul grado di insufficienza dell'attività metabolica di
CYP.[19]
Come sopra menzionato, le reazioni della fase II, in particolare la glucuronidazione,
sono quelle meno compromesse da un'insufficienza epatica. Alla base di questa
differenza potrebbe essere una sovra-regolazione dell'attività della 5'-difosfato uridina
glucuronosiltransferasi (UGT) negli epatociti rimanenti,[24] una localizzazione
favorevole delle glucuroniltransferasi nei microsomi,[20] o un maggiore metabolismo
extraepatico.[25] Nel caso di alcuni farmaci, tuttavia, la glucuroconiugazione può
essere normale in presenza di un'epatopatia leggera o moderata, ma può risultare
alterata in pazienti con malattia grave.[20] La clearance biliare di alcuni farmaci o
metaboliti eliminati via escrezione biliare può essere ridotta in pazienti con
epatopatia, rendendo necessaria una riduzione della dose o la non somministrazione
di questi farmaci. Tuttavia è limitato il numero di studi che hanno studiato tale
effetto.[1,3]
Nei pazienti con epatopatia grave si ha spesso lo sviluppo di una compromissione
della funzionalità renale. L'insufficienza renale riscontrata nel corso di una grave
epatopatia senza nessuna evidenza strumentale, anatomica o clinica di altra causa
prende il nome di sindrome epatorenale.[26] I pazienti con tale sindrome possono
presentare una clearance renale dei farmaci significativamente diminuita. Una
funzionalità renale compromessa e una clearance dei farmaci insufficiente possono
anche presentarsi in pazienti con epatopatia leggera-moderata, e sono spesso
sottovalutate perché in questi pazienti i livelli di creatinina sierica non aumentano
anche quando la GFR è molto bassa.[27] Questo fenomeno potrebbe essere secondario
ad una dimunuita produzione di creatinina quando la massa muscolare si riduce o a
seguito della minore produzione epatica di creatina, ossia del substrato da cui la
creatinina viene prodotta.[28] Oltre al livello della creatinina sierica, la clearance della
creatinina, sia quella misurata sia quella calcolata (usando il metodo di Cockcroft e
Gault[29]), ha un potere predittivo adeguato sulla GFR nei pazienti cirrotici con
funzionalità renale normale; tuttavia, nei pazienti cirrotici con insufficienza renale si
ha una sovrastima della GFR.[30] Queste informazioni debbono essere considerate
quando si valuta la funzionalità renale e si prescrivono farmaci che vengono eliminati
prevalentemente a livello renale nei pazienti con epatopatia.
Le variazioni farmacocinetiche di cui sopra si osservano soprattutto nei pazienti
cirrotici. Nei pazienti con epatopatia cronica ma senza fibrosi significativa, la
farmacocinetica dei farmaci risulta normale o modificata solo in lieve misura.[2]
3. Gli analgesici nei pazienti con insufficienza epatica
Considerando la mancanza di linee guida evidence-based per l'uso degli analgesici in
questa popolazione di pazienti, è ardua la gestione del dolore nei pazienti con
epatopatia. La Tabella I riassume le evidenze sulla biodisponibilità degli analgesici
nell'insufficienza epatica e dà consigli pratici per l'uso di questi farmaci in questa
popolazione di pazienti.
3.1 Paracetamolo (Acetaminophen)
3.1.1 Epatotossicità e problemi di sicurezza
Il paracetamolo viene comunemente consigliato come analgesico di prima scelta per
varie condizioni nocicettive di dolore acuto o cronico, e rimane uno degli analgesici
accessibili più sicuri nei pazienti sindromici. Tuttavia, nei pazienti con epatopatia
spesso si evita l'uso di paracetamolo, probabilmente per la ben nota associazione tra
sovradosaggio ed epatotossicità del paracetamolo. Il paracetamolo viene
principalmente metabolizzato in coniugati nella forma di glucuronidi e solfati, e una
piccola proporzione (<5 %) viene ossidata, via CYP, soprattutto CYP2E1, in un
intermedio epatototossico, la N-acetil-p-benzochinone immina (NAPQI). Questo
metabolita è detossicato dalla coniugazione con il glutatione (figura 1).[62] Alcuni
studi hanno mostrato come i pazienti con epatopatia alcolica o non alcolica abbiano
livelli inferiori al fisiologico di glutatione.[63,64] Tuttavia, in una review della
letteratura, Lauterburg[65] riporta che, fatte salve le evidenze nei pazienti con
alcolismo cronico, nulla supporta che esista un maggiore rischio di effetti avversi
secondari al paracetamolo in pazienti in cui si osservano livelli diminuiti di
glutatione, ad esempio in pazienti con epatite C cronica o cirrosi non alcolica.
Studi retrospettivi che hanno analizzato le ospedalizzazione per un sovradosaggio del
paracetamolo hanno rilevato un rischio aumentato di danno epatico acuto nei pazienti
nei quali era già presente un'epatopatia. L'epatopatia alcolica, la steatosi epatica non
alcolica e l'infezione da virus dell'epatite C risultano tutte fattori di rischio allo
sviluppo di un danno epatico acuto, di un'insufficienza epatica grave, e di una
maggiore mortalità dopo un sovradosaggio di paracetamolo.[66,67] Da questi studi, dai
quali si evince la maggiore vulnerabilità di questa popolazione di pazienti in caso di
sovradosaggio di paracetamolo, non è possibile escludere la possibile maggiore
tossicità di dosi terapeutiche di paracetamolo nei pazienti con epatopatia cronica o
cirrosi.[66,68]
Table I. Pharmacokinetic alterations and recommendations for the use of analgesics in hepatic impairment
Analgesic Pharmacokinetics changes in patients with liver disease
Recommendations and dose adjustmentsa
Paracetamol
(acetaminophen)b50–100% ↑ t½; ↑ AUC; ↓ CL[31-34] Reduce doses to 2 g/daily
Nonsteroidal anti-inflammatory drugsc
Aspirin(acetylsalicylic acid)
2-fold ↑ AUC of salicylic acid fu; higher
risk of salicylate toxicity[35]
Naproxen ↓ CLU by 60%[36] Reduce doses by 50%
Ibuprofen No significant changes[37] No adjustment
Etodolac No significant changes[38] No adjustment
Sulindac 3-fold ↑ AUC for sulindac and 4-fold ↑ AUC for sulindac sulfide (active
metabolite)[37]
Reduce doses
Diclofenac No changes or possible ↑ AUC in alcoholic cirrhosis
No adjustment
Celecoxib 40% ↑ AUC in mild and 140% ↑ AUC
in moderate liver disease[39]Moderate liver disease: reduce doses by 50%
OpioidsCodeine Reduced transformation to morphine Avoid use, possible lack of analgesic
effectsTramadol 3.2-fold ↑ AUC and 2.6-fold ↑ t½,
lack of transformation to O-demethyl
tramadol[40]
Prolong dosage intervals or reduce doses. Analgesic effects not evaluated in this population
Tapentadolb 1.7- and 4.2- fold ↑ AUC and 1.2- and 1.4-fold ↑ t in mild and moderate liver
disease, respectively[41]
Moderate liver disease: low doses and prolonged dosing intervalSevere liver disease: no data available
Morphineb ↑ Oral bioavailability; ↑ t ; ↓ CL[42-
45]
2-fold prolongation in dosage intervals. If administered orally also reduce doses
Oxycodone ↑ AUC; ↑ t½; ↓ CL[46,47] use lower doses with prolonged dosage intervals
Hydromorphoneb ↑ Oral bioavailability; no changes in
moderate liver disease[48]Reduce doses, consider dosage interval prolongation only in severe liver disease
Pethidine ↑ oral bioavailability; 2-fold ↑ t½; 2-
fold ↓ CL[49-52]
Avoid repeated use, risk of neurotoxic metabolite accumulation
Methadone ↑ t½; possible risk of
accumulation[53,54]
No changes needed in mild and moderate liver diseaseCareful titration in severe liver disease
Buprenorphine No data. Possible ↓ of its metabolism No recommendationsFentanyl No changes after single IV dose
in moderate liver disease[55]Dose adjustment usually not needed, might be necessary if continuous infusion or transdermal patches are used
Sufentanil No changes after single IV dose
in moderate liver disease[56]Dose adjustment usually not needed, might be necessary in continuous infusion
Alfentanil ↓ Protein binding; ↑ t½; ↓ CL even in
patients with mild liver disease[57-59]Reduce dose and prolong dosing intervalPrefer another phenylpiperidine opioid
Remifentanil No changes[60,61] No adjustment
a Refers to dose adjustment in severe liver disease unless indicated otherwise.b Analgesics metabolized by conjugation.
c Dose adjustments refer to patients with mild to moderate liver disease. In patients with severe liver disease NSAIDs should be avoided due to their antiplatelet activity, gastrointestinal irritation and increased renal toxicity.
AUC = area under the plasma concentration-time curve; CL = total plasma clearance; CLU = clearance of the unbound drug fraction;fu = unbound drug fraction; IV = intravenous; t½ = elimination half-life; ↑ indicates increase; ↓ indicates decrease.
NHCOCH3 NHCOCH3 NHCOCH3
UGT 60% Sult 30%
O-
G
lucuronide
OH O-Sulfate
Acetaminophen
CYP2E1
5%
NCOCH3
O
NAPQI
GST
NCOCH3
S-Glutathione
OH
Cysteine and N-acetyl cysteine conjugates
Fig. 1. Simplified presentation of paracetamol (acetaminophen) major metabolic pathways. CYP= cytochrome P450; GST= glutathione S-transferase; NAPQI = N-acetyl-p-benzoquinone imine, toxic intermediate metabolite; SULT = sulfotransferase; UGT = uridine 5’-diphosphate glucuronosyltransferase.
Uno studio in doppio cieco e crossover è stato condotto in 20 pazienti con epatopatia
cronica per analizzare lo sviluppo di reazioni avverse e il peggioramento dei test
strumentali di funzionalità epatica (ad esempio livelli di bilirubina, fosfatasi alcalina,
acidi biliari sierici, creatinina, albumina e tempo di pro-trombina). I pazienti sono
stati randomizzati a 4 g di paracetamolo o placebo/die per la durata di 13 giorni, dopo
di che sono stati passati al trattamento alternativo (placebo o paracetamolo) sempre
per la durata di 13 giorni. Rispetto al placebo, l'uso del paracetamolo durante questo
periodo non ha apparentemente avuto nessun effetto significativo sulle caratteristiche
cliniche o i test strumentali.[69] I risultati di uno studio caso-controllo, che ha voluto
valutare l'eventuale ruolo degli analgesici nella decompensazione acuta in pazienti
con cirrosi non suggerirono nessuna associazione tra l'uso occasionale di
paracetamolo alla dose bassa (2-3 g/die) e la decompensazione della cirrosi. [70] Il
numero di studi che hanno valutato la sicurezza del paracetamolo in pazienti con
epatopatia senza cirrosi è piuttosto limitato. In uno studio randomizzato controllato,
Dargere et al.[71] non hanno trovato nessuna differenza nella variazione dei livelli
sierici di alanina transaminasi (ALT) tra pazienti con epatite C cronica non cirrotica
che ricevevano 3 g/die di paracetamolo o placebo per la durata di 7 giorni.
Particolarmente delicati e spesso controversi sono l'uso e l'epatotossicità di dosi
terapeutiche di paracetamolo negli etilisti cronici. È noto che nelle persone che
abusano d'alcol e nei soggetti a digiuno i livelli di glutatione sono ridotti. [72,73] È altresì
noto che l'isoenzima CYP2E1, responsabile della trasformazione metabolica del
paracetamolo nell'intermedio tossico NAPQI, è indotto dal consumo cronico d'alcol.
[74] Non sorprende quindi che la produzione di NAPQI, stimata dalla concentrazione
urinaria dei coniugati con cisteina e N-acetilcisteina, sia maggiore nei consumatori
cronici d'alcol non cirrotici rispetto ai soggetti astemi. [75] Ciò rende più vulnerabili i
soggetti etilisti (cirrotici o non) alle dosi elevate di paracetamolo. Molti risultati, per
lo più da studi retrospettivi o casi clinici, hanno rilevato un'associazione tra uso
d'alcol e aumentata tossicità del paracetamolo in casi di sovradosaggio, anche quando
il paracetamolo veniva usato alle dosi terapeutiche.[76-79] Uno studio controllato con
placebo, randomizzato, non ha rilevato alcun aumento delle aminotransferasi sieriche
o del INR in soggetti etilisti che ricevevano dosi terapeutiche di paracetamolo (4
g/die) nel corso di 48 ore.[80] Tuttavia, uno studio randomizzato controllato con
placebo più recente ha mostrato un lieve, tuttavia significativo, aumento di ALT alla
fine del trattamento in consumatori d'alcol moderati che ricevevano 4 g di
paracetamolo/die per un periodo di 10 giorni. I livelli sierici di ALT aumentavano da
21,3 – 7,6 UI/l prima del trattamento a 30,0 – 19m6 UI/l alla fine del periodo di
trattamento di 10 giorni.[81] Sebbene le implicazioni cliniche di questo aumento non
siano del tutto chiare, è necessario prendere precauzioni laddove il paracetamolo
venga somministrato ai pazienti consumatori d'alcol, in particolare sul lungo periodo.
Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration richiede un'etichetta di
avvertimento sui prodotti contenenti paracetamolo, in cui si consiglia ai soggetti che
consumano tre o più bevande alcoliche al giorno di consultare il proprio medico
prima di usare il farmaco.
3.1.2 Variazioni farmacocinetiche
Gli studi farmacocinetici nei pazienti con cirrosi epatica hanno mostrato un aumento
dell'emivita di eliminazione (t½) del paracetamolo dal 50% al 100% rispetto a quella
dei soggetti di controllo. La AUC era significativamente maggiore e la clearance
plasmatica del farmaco era ridotta, mentre non differivano i valori medi della
concentrazione plasmatica massima (Cmax) del farmaco né il tempo alla Cmax (tmax).[31-
34] In due di questi studi è stata trovava una correlazione tra la t½ del farmaco[34] o la
clearance plasmatica[31] e il tempo di protrombina e anche i livelli di albumina
plasmatica. In uno di questi studi, la t½ aveva un valore doppio nei pazienti nei quali
si avevano sia livelli bassi di albumina (<35 g/L), sia rapporti di tempo di
protrombina aumentati (>1,4).[34] L'altro studio ha illustrato che una riduzione del
10% del livello di protrombina diminuiva la clearance plasmatica del 10%.[31] La
correlazione con i livelli di albumina era statisticamente meno importante. Nessuno
degli studi ha riportato una correlazione tra la t½ e la clearance plasmatica del
farmaco e i livelli di bilirubina plasmatica.
In due studi è stata valutata la possibile accumulazione del paracetamolo a
somministrazione ripetuta in soggetti con epatopatia cronica.[ 31,69] In entrambi gli
studi, sei soggetti hanno ricevuto 1 g di paracetamolo quattro volte al dì per 5 giorni.
Non è stata evidenziata nessuna accumulazione progressiva di paracetamolo nel
plasma di pazienti cirrotici, malgrado un leggero aumento del suo t½.
La produzione dell'intermedio epatotossico reattivo NAPQI, stimato dalla
concentrazione urinaria dei coniugati con cisteina e N-acetilcisteina, risulta a un
livello maggiore nei soggetti che abusano d'alcol senza cirrosi, ma a un livello
normale nei soggetti cirrotici astemi.[75] Un altro studio ha confermato che la modalità
con cui avviene l'escrezione nel sangue e nelle urine non differiva tra soggetti
cirrotici e sani dopo la somministrazione di una singola dose di 1 g di paracetamolo.
[82]
In uno studio che ha valutato la farmacocinetica del paracetamolo in bambini con
steatoepatite non alcolica sono state osservate maggiori concentrazioni di
paracetamolo glucuronide; nonostante ciò, non si aveva un effetto apparente sulla
velocità di eliminazione del paracetamolo, vista l'assenza di qualsivoglia differenza
dei parametri farmacocinetici dello stesso paracetamolo tra bambini con steatoepatite
non alcolica e bambini sani. Le concentrazione dei coniugati con cisteina e acido
mercapturico non sono state determinate, e pertanto è difficile valutare se l'uso del
paracetamolo in questa popolazione di pazienti aumenti il rischio di danno epatico.[83]
La farmacocinetica del paracetamolo in pazienti con epatite virale acuta senza cirrosi
non risultava significativamente alterata rispetto a quella dei soggetti di controllo.
Tuttavia, contrariamente a ciò che si poteva osservare durante la convalescenza,
durante la fase acuta dell'epatite dei soggetti il t½ e la AUC erano più elevati e la
clearance plasmatica era minore. Gli autori suggeriscono che i pazienti con epatite
possano assumere dosi convenzionali di paracetamolo, e intervalli di dosaggio
prolungati sono necessari solo nei casi gravi, laddove il tempo di protrombina risulti
prolungato.[84]
3.1.3 Riassunto
Riassumendo, i pochi studi disponibili suggeriscono che l'uso di dosi terapeutiche a
breve termine di paracetamolo in pazienti con epatopatia cirrotica non alcolica non
provoca nessun accumulo o peggioramento dei test di laboratorio della funzionalità
epatica, e ciò indica che tale farmaco può essere usato in questi pazienti alle dosi
normali. Tuttavia, considerando le variazioni delle farmacocinetica e la vulnerabilità
di questa popolazione, sembra ragionevole limitare la dose giornaliera per adulti a 2
g, pari alla metà della dose terapeutica suggerita. I medici dovrebbero porre
attenzione al sopraggiungere di qualsiasi sintomo che potesse far pensare a un
aggravamento della funzionalità epatica. In coloro che abusano d'alcol, le dosi
dovrebbero essere ridotte a 2 g/die, oppure il paracetamolo dovrebbe essere del tutto
evitato, ove questo fosse possibile.
3.2 Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS)
3.2.1 Complicazioni farmacodinamiche
I pazienti con grave epatopatia, in particolare quelli con cirrosi e asciti, presentano
un'emodinamica renale instabile. Sebbene la GFR e il flusso sanguigno renale siano
normali, in questi pazienti la perfusione renale è sensibile a riduzioni modeste del
volume plasmatico. In questi pazienti, il deterioramento della funzionalità renale e gli
effetti degli ormoni vasocostrittori sono compensati dalla maggiore produzione di
prostaglandine renali ad azione vasocostrittrice.[85] I FANS inibiscono le azioni
compensative delle prostaglandine inibendo la loro sintesi. Questa inibizione
diminuisce la GFR e il flusso sanguigno renale. Questi agenti riducono anche
l'escrezione di sodio e acqua, e possono quindi essere responsabili della formazione
di asciti.[86-88] Il peggioramento della funzionalità renale, con una riduzione della GFR,
del flusso sanguigno renale e della escrezione di sodio e acqua, si presentano nei
pazienti con epatopatia che assumono ibuprofene,[89,90] indometacina,[91] aspirina
(acido acetil salicilico),[92] naproxene[93] e sulindac.[94] I soggetti più sensibili a un
deterioramento acuto della funzionalità renale dopo l'uso di FANS erano coloro con
asciti e una significativa ritenzione di sodio. Una riduzione importante della natriuresi
dopo la somministrazione di diuretici è stata osservata in pazienti con asciti che
avevano ricevuto due dosi (con un intervallo di 6 ore) di 50 mg di indometacina, 250
mg di naproxene o 900 mg di aspirina. I livelli di sodio urinario erano minori per il
78% nei pazienti cirrotici che avevano ricevuto furosemide (frusemide) e
indometacina rispetto ai pazienti che avevano ricevuto solo furosemide. La riduzione
dei livelli di sodio urinario era del 49% nei soggetti sotto naproxene e del 17% nei
pazienti sotto aspirina. Tale riduzione non avveniva o avveniva in misura molto
ridotta nei soggetti sani, confermando la maggiore vulnerabilità dei pazienti cirrotici
agli effetti avversi dei FANS.[95] Nei precedenti studi la riduzione della natriuresi è
stata soppressa dall'interruzione del farmaco. Tuttavia in questi studi i FANS
venivano solitamente somministrati per un tempo molto breve. Non è noto se anche
la compromissione della funzionalità renale sia reversibile nei pazienti cirrotici
trattati con FANS per periodi più lunghi.
Informazioni limitate sono disponibili sull'uso e l'effetto degli inibitori selettivi di
COX-2 sulla funzionalità renale nei pazienti cirrotici. Uno studio in doppio cieco,
randomizzato, controllato non ha mostrato nessun peggioramento apparente della
funzionalità renale in pazienti con cirrosi e asciti ai quali veniva somministrato
celecoxib per 2,5 giorni. Non risultavano ridotti né i valori medi di GFR, del flusso
plasmatico renale e dell'escrezione di prostaglandina E2, né la risposta alla
furosemide.[93] In uno studio pilota in nove pazienti cirrotici che ricevevano celecoxib
per 4 giorni non si è osservato nessun cambiamento significativo dei valori medi di
creatinina sierica, GFR, prostaglandina E2, volume urinario o escrezione di sodio,
prima o dopo la somministrazione del farmaco. Tuttavia, quattro pazienti mostravano
una diminuzione della GFR maggiore del 20%.[96] È ben consolidata l'evidenza
sperimentale dell'espressione di COSX-2 nel rene e della sua importanza
nell'omeostasi renale.[97] È quindi difficile immaginare che gli inibitori di COX-2
presentino meno problemi renali rispetto ai FANS non selettivi nei pazienti cirrotici.
Questi risultati, considerando anche la riduzione della GFR riscontrata in numerosi
pazienti e l'assenza di studi sull'uso a lungo termine, permettono di concludere che la
prescrizione degli inibitori di COX-2 dovrebbe essere particolarmente limitata nei
pazienti epatopatici.
Le anomalie dell'emostasi e le coagulopatie presenti nell'epatopatia aumentano, in
questi pazienti, il rischio di emorragia.[98] Uno dei meccanismi responsabili del
presentarsi della coagulopatia è la ridotta sintesi piastrinica del trombossano A2 ad
azione proaggregante. I FANS inibiscono la produzione piastrinica del trombossano
A2 e quindi aumentano il rischio di emorragia.[99]
Il sanguinamento acuto di varici esofagee è una grave complicazione della cirrosi
epatica. Uno studio caso-controllo ha dimostrato l'associazione significativa tra l'uso
di farmaci antinfiammatori e i primi episodi emorragici associati a varici esofagee o
cardiache in pazienti cirrotici. Lo studio ha suggerito che nei pazienti cirrotici sotto
FANS la probabilità di presentare tale complicazione è maggiore di circa tre volte
quella dei pazienti cirrotici ai quali non vengono somministrati questi farmaci. [100] In
virtù dell'inibizione selettiva di COX, il rischio di sanguinamento acuto da varici
esofagee potrebbe essere minore quando vengono usati inibitori di COX-2. Tuttavia
non è stato ancora studiato l'effetto di questi farmaci sui primi episodi emorragici
associati a varici esofagee o cardiache nei pazienti cirrotici.
3.2.2 Danno epatico indotto da FANS
L'epatotossicità è considerata una caratteristica peculiare dei FANS. Il 10% circa di
tutti i danni epatici indotti da farmaci è correlato all'uso di FANS. [101] Per la maggior
parte dei FANS il meccanismo alla base del danno epatico è considerato
idiosincratico, dose-indipendente e subordinato alla suscettibilità individuale.
Un'eccezione è rappresentata dall'acido acetil salicilico, che presenta un'epatotossicità
dose-dipendente intrinseca.[9] Sebbene l'epatotossicità sia inserita negli effetti avversi
della classe di questi agenti, il rischio di danno epatico differisce da un FANS
all'altro. FANS come bromfenac, ibufenac e benoxaprofene sono stati ritirati dal
mercato per la loro epatotossicità. Questo serio effetto avverso è stato anche il motivo
del ritiro dal commercio o della mancata approvazione della nimesulide e del
lumiracoxib in diversi Paesi.[101,102] Una maggiore epatotossicità correlata al farmaco è
stata anche osservata con acido acetil salicilico, diclofenac e sulindac. [103] Sebbene il
rischio di epatotossicità non sia stato valutato in pazienti con sottostante epatopatia,
l’uso di questi FANS dovrebbe essere evitato in questa popolazione di pazienti.
3.2.3 Farmacocinetica di FANS specifici nell’insufficienza epatica
La maggior parte dei FANS viene eliminata dal metabolismo epatico attraverso
reazioni ossidative (in gran parte catalizzate da CYP2C9) e reazioni di coniugazione.
La minore attività enzimatica osservata nell’epatopatia potrebbe indurre alterazioni
della biodisponibilità di questi farmaci. Nei decenni passati sono stati condotti studi
farmacocinetici per svariati FANS in soggetti con insufficienza epatica.
Acido acetil salicilico
Le proprietà farmacocinetiche dell’acido acetil salicilico non risultano modificate nei
pazienti epatopatici che abusano d’alcool. Tuttavia, a causa del ridotto legame alle
proteine plasmatiche, si ha un aumento della frazione non legata del suo metabolita
idrolizzato, l’acido salicilico. Questa riduzione comporta valori di AUC raddoppiati
del salicilato libero, indicando in questi pazienti un maggiore rischio di tossicità da
salicilato.[35]
Naproxene
Allo stesso modo, nessuna differenza della clearance plasmatica totale del naproxene
è stata osservata tra individui con cirrosi alcolica e controlli sani, dopo una singola
somministrazione o più somministrazioni di una dose del farmaco. Il legame alle
proteine plasmatiche del farmaco risulta essere significativamente ridotto in soggetti
cirrotici, in cui si aveva un aumento di 2-4 volte della concentrazione plasmatica del
farmaco libero. È stata osservata una riduzione della clearance del farmaco non legato
di circa 60%. Considerando che la concentrazione del farmaco non legato determina
l'effetto farmacologico, le dosi di naproxene nei pazienti con cirrosi alcolica
dovrebbero essere ridotte di almeno 50%.[36]
Ibuprofene
Gli studi farmacocinetici sull’ibuprofene hanno suggerito che l'insufficienza epatica
ha solo un effetto trascurabile sulla biodisponibilità del farmaco. L'epatopatia alcolica
ha una piccola influenza, tuttavia non statisticamente significativa, sulla t½ e la AUC
dell’ibuprofene.[37] Un altro studio ha dimostrato come la t½ quasi raddoppiasse dopo
la somministrazione di una singola dose orale di ibuprofene racemato.[104]
Etodolac
Malgrado l'elevato legame alle proteine e l’esteso metabolismo epatico dell’etodolac,
non è stata notata nessuna differenza significativa della farmacocinetica di questo
farmaco tra pazienti con cirrosi stabile e volontari sani dopo la somministrazione di
una singola dose orale.[38]
Sulindac
Il sulindac è un profarmaco la cui bioattivazione crea il corrispondente metabolita
attivo, sulindac solfuro. Uno studio ha mostrato come l'assorbimento fosse ritardato
nei pazienti con disfunzione epatica. Lo studio ha mostrato che i pazienti
presentavano aumenti di 3 e 4 volte della AUC, rispettivamente di sulindac e sulindac
solfuro, indicando la necessità di ridurre la dose di questo farmaco nei pazienti con
insufficienza epatica.[37]
Diclofenac
Il diclofenac è soggetto a un significativo metabolismo epatico e ha un alto legame
alle proteine plasmatiche. Quindi ci si potrebbe attendere una modifica della sua
farmacocinetica nel contesto di un’insufficienza epatica. Tuttavia, si è osservato
come la farmacocinetica del diclofenac non fosse modificata dopo una singola dose
orale di diclofenac di 100 mg in dieci pazienti con epatite cronica o cirrosi epatica
compensata.[105] Uno studio più recente ha dimostrato un aumento di 3 volte della
AUC in pazienti con cirrosi alcolica, ma nessun cambiamento nei pazienti con epatite
cronica, rispetto ai soggetti sani.[106] Poiché nello studio non sono state fatte
misurazioni farmacodinamiche e non è stato osservato alcun aumento degli effetti
collaterali, gli autori hanno suggerito che le dosi dovrebbero essere titolate sulla
risposta del paziente e non sulla base della gravità della compromissione della
funzionalità epatica.
Celecoxib
Le proprietà farmacocinetiche del celecoxib vengono notevolmente alterate da una
sottostante malattia epatica. Un aumento del 22% della Cmax e un aumento del 40%
della AUC sono stati osservati in pazienti con epatopatia di grado leggero. Nei
pazienti con malattia epatica moderata si sono avuti aumenti del 63% e del 140%,
rispettivamente della Cmax e della AUC.[39] La velocità del metabolismo è correlata ai
livelli sierici di albumina. Nei pazienti con malattia epatica moderata (livelli sierici di
albumina tra 25 e 35 g/L) viene consigliata la metà della dose abituale. Non sono stati
condotti studi su pazienti con epatopatia di grado severo perché celecoxib è
controindicato in questa popolazione di soggetti.[107]
Sebbene le proprietà farmacocinetiche di certi FANS non sembrino essere alterate in
presenza di un’epatopatia leggero-moderata, visto il maggiore rischio di effetti
sfavorevoli tali sostanze dovrebbero essere evitate nei pazienti con epatopatia
avanzata. Se usati in pazienti affetti da epatopatia leggero-moderata, ibuprofene,
etodolac e diclofenac possono essere somministrati alle dosi normali, mentre si rende
necessaria una riduzione della dose nel caso di naproxene, sulindac e celecoxib.
3.3 Oppioidi
Gli oppioidi trovano largo uso nel trattamento del dolore di grado moderato-severo in
una popolazione variegata di pazienti. Quando usati in pazienti con epatopatia severa
o anamnesi di encefalopatia epatica, gli oppioidi possono precipitare o aggravare
l'encefalopatia.[108] Questa comune e grave complicazione riscontrabile nei pazienti
con malattia epatica severa è caratterizzata da anomalie dello stato mentale, che
vanno da lievi alterazioni cognitive al coma.[109] Nell’encefalopatia epatica si registra
un aumento della neurotrasmissione GABAergica inibitoria. Dagli studi si è osservato
come tale aumento portasse a una riduzione dell'espressione dell’RNA messaggero
per la proencefalina nel cervello, con conseguente minore rilascio di METencefalina.
La diminuzione dei livelli endogeni degli oppioidi porta a una sovra-regolazione
compensativa dei recettori μ degli oppioidi nel cervello e a una maggiore sensibilità
agli analgesici oppioidi esogeni.[110] Oltre a queste modifiche, le alterazioni della
barriera emato-encefalica riscontrabili nei pazienti con grave epatopatia possono dare
luogo a maggiori concentrazioni del farmaco nel sistema nervoso centrale.[111]
Sebbene non possa essere trascurato il rischio di precipitare la condizione dei soggetti
affetti da encefalopatia, è importante un’appropriata gestione del dolore nei pazienti
con epatopatia. Quando una terapia analgesica alternativa non è disponibile, o è
insufficiente, in questi pazienti si dovrebbe prendere in considerazione un cauto uso
degli oppioidi.[112,113] La farmacocinetica di questi farmaci nei pazienti con
insufficienza epatica viene presentata qui di seguito per offrire una guida alla scelta
degli oppioidi idonei. Le vie enzimatiche e gli enzimi principali coinvolti nel
metabolismo di ogni oppioide sono mostrati nella figura 2.
Main metabolic pathway
Minor metabolic pathway
Metabolic pathway leading to active metabolite formation
Opioid CYP2B6 CYP2C19 CYP2D6
CYP3A4
UGT Sulfotransferase Esterases
Codeine
Tramadol
Tapentadol
Oxycodone
Morphine
Hydromorphone
Pethidine(meperidine)
Methadone
Buprenorphine
Fentanyl
Sufentanil
Alfentanil
Remifentanil
Fig. 2. Major enzymes involved in opioid drug metabolism. CYP= cytochrome P450; UGT= uridine 50-diphosphate glucuronosyltransferase.
3.3.1 Codeina
La codeina è un oppioide a debole attività analgesica chimicamente correlato alla
morfina. È metabolizzata dal fegato principalmente in codeina-6-glucuronide e
norcodeina, e una piccola frazione (circa 10%) viene O-demetilata in morfina.[114] La
codeina ha di per sé un'affinità molto bassa per i recettori μ degli oppioidi. [115] Come
dimostrano diversi studi, la sua attività analgesica è in gran parte dovuta alla
conversione in morfina.[116-118] CYP2D6 è l’enzima implicato nella biotrasformazione
della codeina in morfina. Come precedentemente descritto, la capacità degli enzimi
ossidativi è ridotta nei pazienti con insufficienza epatica. In questo caso, il risultato
sarà una ridotta produzione di morfina e pertanto una diminuzione o un’assenza di
effetto analgesico dopo la somministrazione della codeina. Sebbene nell’epatopatia
leggera possa essere conservata una certa attività CYP2D6, tale conservazione
diminuisce man mano che la patologia progredisce.[23] Ad esempio, si osserva una
diminuzione di circa 80% dell'attività metabolica di CYP2D6 nei pazienti affetti da
epatite cronica C con anticorpi anti-microsomiali del fegato/rene di tipo I.[119]
Attualmente, nessuno studio clinico riporta l'effetto analgesico o il metabolismo della
codeina in pazienti con insufficienza epatica. Per la mancanza di studi e la possibile
assenza di effetti analgesici, la codeina sembra essere un’opzione terapeutica
subottimale nel trattamento del dolore nei pazienti epatopatici.
3.3.2 Tramadolo
Più dell’80% del tramadolo viene metabolizzato dal fegato[120] La biotrasformazione
del tramadolo nel suo metabolita principale, l’O-demetil tramadolo, è catalizzata dal
CYP2D6. Il tramadolo è caratterizzato da un meccanismo d'azione bimodale: la
modulazione delle vie monoaminergiche centrali e l'attivazione dei recettori μ degli
oppioidi. Il tramadolo ha di per sé una maggiore attività monoaminergica, mentre il
suo metabolita O-demetil tramadolo possiede una maggiore affinità per, e attiva in
maniera più potente i recettori μ degli oppioidi.[121-123] Nei pazienti con malattia
epatica, in cui si ha quindi una minore attività di CYP2D6, il tramadolo dovrebbe
agire più da modulatore monoaminergico che da agonista degli oppioidi. Uno studio
controllato randomizzato prospettico ha mostrato che, rispetto ai soggetti con elevata
attività metabolica da CYP2D6, gli scarsi metabolizzatori consumano più tramadolo e
hanno un minore miglioramento del dolore post-operatorio.[124] Vista la ridotta
capacità metabolizzante nei pazienti con epatopatia, gli effetti analgesici del
tramadolo potrebbero essere inferiori alle attese in questo gruppo di pazienti.
Tuttavia, questa teoria non è stata finora dimostrata nell’epatopatia. Inoltre, l’azione
monoaminergica del tramadolo in sé sembra avere effetti analgesici, perché le soglie
di tolleranza al dolore dopo la stimolazione del nervo surale in scarsi metabolizzatori
sono risultate significativamente aumentate dopo un’iniezione di tramadolo.[125]
Differenze significative sono state osservate tra i soggetti sani e i pazienti con
insufficienza epatica in uno studio di confronto della farmacocinetica del tramadolo.
[40] In pazienti con cirrosi epatica, la AUC aumentava, in media, di un fattore 3,2 e la t
½ di un fattore 2,6. Queste variazioni sono soprattutto dovute alla riduzione della
clearance epatica. Simili variazioni della farmacocinetica del tramadolo sono state
osservate in pazienti con carcinoma epatico primario con pregressa epatite cronica C.
La biodisponibilità e la AUC del tramadolo risultavano aumentate, ma in misura
minore nei pazienti con neoplasie secondarie metastatizzate al fegato. [126] A motivo di
tali cambiamenti metabolici e al fine di prevenire il possibile accumulo del farmaco,
il consiglio è di prolungare gli intervalli tra le somministrazioni nei pazienti con
insufficienza epatica.
3.3.3 Tapentadolo
Il tapentadolo è un nuovo analgesico ad azione centrale, il cui meccanismo d'azione è
una combinazione tra agonismo dei recettori μ degli oppioidi e inibizione della
ricaptazione della noradrenalina (norepinefrina).[127] Tale farmaco è soggetto a un
importante metabolismo di primo passaggio, che spiega una biodisponibilità di
appena il 32%. Questo analgesico subisce un forte metabolismo, principalmente con
la coniugazione in tapentadolo-O-glucuronide (55%) e tapentadolo solfato (15%).[41]
Gli enzimi di fase I CYP2C9, CYP2C19 e CYP2D6, sono responsabili del 15% del
metabolismo del tapentadolo.
In uno studio condotto dal produttore si osservavano maggiori concentrazioni sieriche
di tapentadolo nei soggetti con epatopatia da leggera e moderata che nei soggetti con
funzionalità epatica normale. La AUC aumentava di un fattore 1,7 – 4,2 e la t½ di un
fattore 1,2 – 1,4 nei soggetti con epatopatia leggero-moderata. Queste variazioni sono
probabilmente dovute a un aumento della biodisponibilità del farmaco. Sebbene la
glucuronidazione sia in un certo qual modo preservata nell’epatopatia, la velocità di
formazione del tapentadolo-O-glucuronide era minore nei soggetti con maggiore
compromissione della funzionalità epatica. Nei pazienti con epatopatia leggera non è
stata suggerita la necessità di regolare la dose. Nei pazienti con epatopatia moderata è
stato raccomandato di iniziare il trattamento con la più bassa dose disponibile (50
mg) e con intervalli di dosaggio più lunghi (un massimo di tre dosi in 24 ore). Non è
stato condotto nessuno studio in soggetti con grave insufficienza epatica e perciò
l'uso del tapentadolo non è raccomandato in questa popolazione di pazienti.[41,128]
Al momento non vi sono raccomandazioni per l'uso di questo farmaco nei pazienti
con sindrome epato-renale. Sarebbero quindi necessari un numero maggiore di studi e
una maggiore esperienza nell'uso di questo farmaco per confermare la sua sicurezza
in questi pazienti.
3.3.4 Ossicodone
L’ossicodone è un agonista semi-sintetico del recettore μ degli oppioidi che ha una
potenza farmacodinamica simile a quella della morfina. Rispetto alla morfina,
l'ossicodone possiede una simile capacità di legame alle proteine, ma una maggiore
biodisponibilità orale (60-87%). Il metabolismo dell’ossicodone dipende dagli
enzimi ossidativi, in particolare da CYP3A4 e CYP2D6, che trasformano
l’ossicodone nel suo metabolita attivo, rispettivamente, norossicodone e ossimorfone.
[129] Un'alterazione del metabolismo dell’ossicodone nell’epatopatia potrebbe
verificarsi a seguito della riduzione del flusso sanguigno e/o della diminuzione della
clearance intrinseca del fegato, in quanto l'attività metabolizzante degli enzimi
ossidativi è ridotta nell’epatopatia cronica. In tal caso potrebbe esservi una ridotta
formazione del metabolita attivo ossimorfone, con possibili effetti analgesici inferiori
come si osserva negli scarsi metabolizzatori CYP2D6.[130,131]
Nei pazienti con insufficienza epatica, la Cmax dell’ossicodone era aumentata del 40%
e la AUC del 90% dopo la somministrazione di una compressa di ossicodone 20mg a
rilascio controllato. Si registravano anche riduzioni del 15% della Cmax e del 50%
della AUC del metabolita attivo ossimorfone. La t½ dell’ossicodone si prolungava di
2 ore.[46] Questi dati suggeriscono che la somministrazione dell'ossicodone orale
dovrebbe essere iniziata a dosi più basse nei pazienti con insufficienza epatica.
Differenze importanti dei parametri farmacocinetici sono state osservate prima e
dopo un trapianto di fegato in pazienti cirrotici terminali, quando l’ossicodone veniva
somministrato per via endovenosa. La t½ mediana era 13,9 ore (intervallo 4,6-24,4
ore) prima del trapianto e 3,4 ore (intervallo 2,6-5,1 ore) dopo il trapianto, e la
clearance aumentava da 0,26 l/min prima a 1,13 l/min dopo il trapianto. In questi
pazienti si è osservata una maggiore depressione ventilatoria prima del trapianto,
ritenuta essere il risultato della maggiore sensibilità agli effetti sfavorevoli degli
oppioidi nei pazienti cirrotici.[47] A causa del rilevante aumento della t½ e della AUC
mediana, l'intervallo tra i dosaggi dell’ossicodone dovrebbe essere prolungato e/o le
dosi dovrebbero essere ridotte nei pazienti con cirrosi epatica grave.
3.3.5 Morfina
La morfina è soggetta a un significativo metabolismo di primo passaggio dopo la
somministrazione orale, e la sua biodisponibilità media è 30-40%. Il farmaco si lega
debolmente alle proteine plasmatiche (20-40%).[132] Il metabolismo della morfina
nella forma attiva morfina-6-glucuronide e nella forma inattiva, ma neurotossica,
morfina-3-glucuronide, avviene principalmente a livello epatico.[132] La morfina è un
farmaco sottoposto a un’estrazione intermedio-elevata, con un rapporto di estrazione
epatica pari a circa 0,7.[133] Pertanto, la possibile riduzione della clearance della
morfina nei pazienti cirrotici dovrebbe essere principalmente dovuta a una
diminuzione del flusso sanguigno epatico e, in misura minore, a una diminuzione
della capacità metabolizzante intrinseca. Sebbene il legame alle proteine plasmatiche
della morfina sia minore nell’epatopatia,[134] la maggiore quantità della frazione libera
non dovrebbe avere nessun effetto significativo sulla Vd, proprio perché la morfina è
solo debolmente legata alle proteine.
Svariati studi hanno esaminato la biodisponibilità della morfina in pazienti con
insufficienza epatica. Patwardhan et al.[135] non hanno trovato una significativa
alterazione dell’eliminazione e della clearance plasmatica della morfina in pazienti
cirrotici (A o B secondo Child-Pugh) dopo la somministrazione per via endovenosa.
Per contro, pochi altri studi hanno mostrato un peggioramento del metabolismo della
morfina endovenosa in pazienti con epatopatia.[42-44] In uno studio di Mazoit et al.[44],
la t½ terminale di pazienti cirrotici era 2 volte maggiore e la clearance diminuiva del
37% rispetto a quelle di soggetti normali. Gli autori suggeriscono che, per evitare
l'accumulo del farmaco, l'intervallo tra le somministrazioni della morfina dovrebbe
essere prolungato di 1,5-2 volte nei pazienti cirrotici. La variazione di questi
parametri farmacocinetici era ancora più marcata in uno studio di Hasselström et al.
[43] che include pazienti con insufficienza epatica B o C secondo Child-Pugh. Crotty
ad al.[42] hanno riportato una riduzione del 25% del rapporto di estrazione della
morfina nei pazienti cirrotici. Gli autori hanno concluso che tale riduzione è dovuta a
una minore clearance epatica intrinseca (riduzione dell'attività enzimatica o shunting
intraepatico), visto l’assenza di qualsivoglia riscontro di differenza del flusso
sanguigno epatico. Tale studio ha altresì dimostrato che la clearance sistemica era
significativamente maggiore della clearance epatica, suggerendo indirettamente un
possibile metabolismo extra-epatico della morfina. I coniugati extraepatici in sede
renale e intestinale potrebbero avere un ruolo più importante nell’eliminazione della
morfina nell’insufficienza epatica.[19]
Le differenze dei valori di eliminazione della morfina nello studio di Patwardhan et
al.[135] rispetto a quelle di altri studi[42-44] sono per lo più dovute a differenze nella
gravità della malattia epatica dei soggetti studiati. Come menzionato nella sezione
2.2, la glucuronidazione, che viene relativamente preservata nell'epatopatia leggero-
moderata, potrebbe essere compromessa nell’epatopatia grave.[20]
In conseguenza del ridotto metabolismo di primo passaggio, la biodisponibilità orale
della morfina nei pazienti con insufficienza epatica sarà probabilmente aumentata.
Questo è stato dimostrato in uno studio di Hasselström et al. [43], in cui la
biodisponibilità orale della morfina nei pazienti cirrotici era 100%, rispetto al 47%
nei soggetti di controllo, dopo una singola dose orale. In un altro studio, la
biodisponibilità dopo la somministrazione di compresse di morfina a rilascio
controllato in pazienti cirrotici era 27,7%, mentre nei controlli 16%. [45] Questi studi
hanno anche illustrato un prolungamento della t½ e una diminuzione della clearance
della morfina nei pazienti cirrotici.
Un importante aumento della biodisponibilità della morfina a rilascio controllato è
stato anche notato in uno studio condotto su pazienti con carcinoma epatico. La
biodisponibilità era 64,8 % nei pazienti con carcinoma epatico primario, 62,1% nei
pazienti con carcinoma secondario metastatico, e 16,8% nei controlli. Di
conseguenza, la AUC era aumentata di 4 volte nel carcinoma primario e di 3 volte nel
carcinoma metastatico.[136]
I dati presentati sopra indicano che se la morfina viene data per via endovenosa in
pazienti con grave epatopatia, l'intervallo tra i dosaggi dovrebbe essere
corrispondentemente prolungato. Nel caso di una somministrazione orale, il
prolungamento dell'intervallo tra le somministrazioni deve essere anche associato a
una riduzione della dose. La morfina dovrebbe essere evitata nei pazienti con
sindrome epato-renale, ciò in ragione del maggiore rischio di neurotossicità derivante
dall’accumulo di morfina-3-glucuronide e morfina-6-glucuronide nella
compromissione renale di grado severo.
3.3.6 Idromorfone
L'idromorfone è un oppioide semi-sintetico soggetto a un importante metabolismo di
primo passaggio, con conseguente bassa biodisponibilità orale.[137] Tale molecola
viene prevalentemente metabolizzata mediante glucuronoconiugazione in
idromorfone-3-glucuronide. Svariati altri metaboliti vengono formati in quantità
minori: idromorfone- 3-glucoside, diidromorfina e diidroisomorfina non coniugata e
coniugata.
Nei pazienti con insufficienza epatica moderata, Cmax e AUC risultano aumentate di 4
volte dopo la somministrazione di una singola dose di idromorfone orale a rilascio
immediato. Tale aumento era probabilmente dovuto a un ridotto metabolismo di
primo passaggio. La t½ del farmaco nei pazienti con insufficienza epatica era
equivalente a quella dei controlli.[48] In base ai risultati, una riduzione della dose di
idromorfone con il mantenimento di un intervallo standard tra le dosi è necessaria nei
pazienti con malattia epatica moderata. Possibili diminuzioni della capacità
metabolizzante degli enzimi coniuganti ma mano che l’epatopatia progredisce
possono portare a un aumento della t½ nei pazienti con epatopatia grave. Tuttavia, non
è in corso nessuno studio diretto alle farmacocinetiche dell’idromorfone in pazienti
epatopatici gravi. In presenza di insufficienza renale è stato osservato l’accumulo del
metabolita neurotossico idromorfone-O-glucuronide.[138-139] È pertanto necessario
evitare l’uso dell’idromorfone nei pazienti con sindrome epato-renale.
3.3.7 Petidina (meperidina)
La petidina (meperidina) è stata il primo oppioide sintetico ad azione analgesica. [140]
Tale molecola viene prevalentemente metabolizzata per idrolisi in acido
meperidinico, che viene coniugato ed escreto, ma viene anche N-demetilata da
CYP3A4 in normeperidina (norpetidina). Questo metabolita ha effetti neurotossici ed
è stato implicato nello sviluppo di irritabilità neuromuscolare e attacchi convulsivi.
[141,142] La biodisponibilità orale della petidina è di 50%circa.[49,50] Pertanto, per ottenere
un’equianalgesia le dosi orali dovrebbero essere due volte superiori alle dosi
endovenose, di modo da generare concentrazioni plasmatiche di normeperidina più
elevate dopo somministrazione orale rispetto a quelle dopo somministrazione
endovenosa.
Nei pazienti cirrotici è stato osservato un aumento del 60–80% della biodisponibilità.
[49,50] Un disturbo significativo della biodisponibilità della petidina avviene anche dopo
somministrazione endovenosa, con una diminuzione di circa 50% della clearance
plasmatica e un aumento di 2 volte del t½.[50,51] La minore formazione di norpetidina
nei pazienti cirrotici potrebbe portare alla conclusione che questi pazienti siano
relativamente protetti dalla sua tossicità. Tuttavia, la più lenta eliminazione del
metabolita potrebbe aumentare il rischio di tossicità cumulativa in caso di
somministrazione di dosi ripetute.[50,52] In conclusione, le dosi orali di petidina, se
somministrate a un paziente con epatopatia, dovrebbero essere ridotte. Dosi ripetute
di petidina dovrebbero essere evitate a causa del rischio dell’accumulo e della
neurotossicità della norpetidina. Nei pazienti con insufficienza renale avviene un
ulteriore accumulo di norpetidina, e pertanto tale analgesico deve essere evitato nei
pazienti con sindrome epato-renale.[142]
3.3.8 Metadone
Il metadone è un oppioide sintetico prevalentemente usato nel trattamento di
mantenimento di individui con dipendenza da oppioidi. Tale molecola ha un’elevata
biodisponibilità media, di circa 70-80%, tuttavia è stata riportata una grande
variabilità (36-100%).[143] Il legame alle proteine del metadone è elevato (60–90%). Il
metadone si lega principalmente alla α1-glicoproteina acida, e la sua distribuzione
non è significativamente alterata dall’ipoalbuminemia.[143] Il metadone viene
metabolizzato tramite ossidazione, soprattutto attraverso CYP3A4 e CYP2B6.
L'eliminazione del metadone e dei suoi metaboliti è urinaria e fecale.[144]
Come menzionato prima, il metadone è soprattutto usato nel trattamento di
mantenimento dei pazienti con dipendenza cronica dagli oppioidi. Una parte
significativa di questi pazienti è affetta da epatite C cronica, che può progredire in
cirrosi. La prevalenza degli anticorpi contro il virus dell’epatite C in pazienti reclutati
nei programmi di mantenimento sotto metadone è molto elevata, tra il 67% e il 96%.
[145,146] In uno studio condotto su 14 pazienti sotto terapia di mantenimento con
metadone, la biodisponibilità del metadone non risultava alterata nei soggetti con
lieve o moderata epatopatia cronica. Nei pazienti con epatopatia più grave, il t½ era
prolungato di 19-35 ore, ma la clearance del farmaco e la AUC non erano
significativamente alterate.[53] Risultati simili sono stati osservati in pazienti con grave
cirrosi alcolica,[54] il che porta a ritenere che non sia necessario alcun aggiustamento
della dose in questi pazienti. Inoltre, per spiegare la necessità di dosi maggiori di
metadone nei pazienti con epatite C, è stata suggerita la possibile induzione di
CYP3A4.[147] Non è stato ancora studiato l’uso del metadone come analgesico e non
nel trattamento di mantenimento nei pazienti con insufficienza epatica. La
biodisponibilità del metadone sembra essere relativamente inalterata
nell’insufficienza renale;[148] pertanto la sua clearance non dovrebbe essere
ulteriormente ridotta in soggetti con sindrome epato-renale. Tuttavia, in ragione
dell'importante variabilità interindividuale della farmacocinetica del metadone e
anche del suo lungo t½, questo farmaco non dovrebbe essere usato come trattamento
analgesico di prima linea nei pazienti con epatopatia.
3.3.9 Buprenorfina
La buprenorfina è un agonista parziale dei recettori µ degli oppioidi. Questa molecola
ha una clearance di primo passaggio molto elevata e non viene perciò somministrata
per via orale ma solo per via sublinguale, parenterale o transdermica. La
biodisponibilità della buprenorfina somministrata per via sublinguale è del 50-55%,
con importanti variabilità intersoggettive.[149,150] Tale farmaco si lega fortemente alle
proteine (96%), soprattutto alle globuline α e β.[151]La buprenorfina viene
parzialmente metabolizzata dal fegato, e la via metabolica principale è l'ossidazione
in norbuprenorfina da parte del CYP3A4.[152] Sia la buprenorfina sia la
norbuprenorfina vengono anche glucuronidate.[153] L'eliminazione avviene
principalmente attraverso le feci (80-90%), per lo più sotto forma di buprenorfina e
norbuprenorfina libere. Il rimanente 10-20% viene eliminato nell'urina come
metaboliti.[154,155] È probabile che avvenga il ricircolo enteroepatico del farmaco, con
conseguente prolungamento apparente del t½.[151]
La farmacocinetica della buprenorfina non è stata studiata in pazienti con
insufficienza epatica. La buprenorfina somministrata per via sublinguale teoricamente
bypassa il fegato; tuttavia, il farmaco potrebbe essere parzialmente deglutito e quindi
soggetto al metabolismo epatico di primo passaggio, il che potrebbe spiegare la
biodisponibilità media (50-55%) e la grande variabilità. La minore attività enzimatica
di CYP3A4 nell’epatopatia potrebbe comportare un aumento della biodisponibilità e
una diminuzione della clearance della buprenorfina. Tuttavia, a causa del parziale
metabolismo della buprenorfina e del parziale bypass del fegato con la
somministrazione sublinguale, tali variazioni potrebbero avere scarsa rilevanza
clinica.
Sono stati descritti diversi casi di tossicità epatica da buprenorfina, più
frequentemente dopo l'uso del farmaco per via endovenosa.[156-158] In letteratura sono
presenti risultati contraddittori per quanto concerne l’epatotossicità della
buprenorfina in pazienti che già presentano malattie epatiche, in particolare l'epatite
C. Uno studio ha riportato livelli elevati di transaminasi in pazienti con una storia di
epatite, i quali erano stati trattati con dosi terapeutiche di buprenorfina sublinguale.
L'aumento dei livelli della aspartato aminotransferasi (AST) era dipendente dalla
dose di buprenorfina.[159] Nessuna evidenza di epatotossicità da buprenorfina è stata
trovata in un altro studio che ha incluso adolescenti e giovani adulti, tra i quali il 19%
era positivo per l’epatite C.[160] L'uso sicuro della buprenorfina in pazienti con epatite
C attiva è stato suggerito in uno studio di una serie di casi clinici, in cui non è stato
osservato alcun aumento dei livelli delle transaminasi in quattro pazienti trattati con
buprenorfina.[161] Gli autori di questo studio hanno suggerito che i pazienti con epatite
C non dovrebbero essere esclusi dal trattamento con buprenorfina. Un approccio più
prudente sarebbe tuttavia quello di monitorare con attenzione i livelli degli enzimi
epatici in caso di somministrazione di buprenorfina in questo gruppo di pazienti. La
buprenorfina sembra essere un’opzione sicura per il trattamento del dolore in pazienti
con malattia renale.[162,163] Sebbene la farmacocinetica del farmaco potrebbe essere
relativamente invariata in caso di epatopatia, ad oggi non vi sono studi che confortino
tale ipotesi.
3.3.10 Fentanile
Il fentanile è un oppioide sintetico dalla classe delle fenilpiperidine. Analogamente ad
altri farmaci di questa classe, il fentanile ha una farmacocinetica multi-comparto.
Tale molecola si lega fortemente alle proteine (85%), principalmente all’albumina. Il
fentanile viene in gran parte metabolizzato nel fegato da CYP3A4. Il suo t½ è circa
3,6 ore, tuttavia si ha una grande variabilità interindividuale. Nei pazienti trattati con
un’infusione continua di fentanile si è osservato un forte prolungamento del t½.[164] In
ragione dell’elevato rapporto di estrazione epatica del fentanile (0,8), la clearance
sarà principalmente influenzata dalle variazioni dalla circolazione sanguigna epatica e
non da una riduzione dell’attività enzimatica intrinseca o del legame alle proteine.[165]
La farmacocinetica del fentanile è inalterata in pazienti con cirrosi confermata da
biopsia, dopo una singola dose endovenosa di fentanile.[55] Tuttavia, nessuno di questi
pazienti aveva una forte insufficienza epatica, e il loro flusso sanguigno epatico non
era marcatamente diminuito rispetto a quello dei soggetti sani. Questi risultati
dovrebbero essere interpretati con cautela, quando fentanile viene somministrato a
pazienti con shunting epatico o ridotto flusso sanguigno epatico.
La farmacocinetica di cerotti transdermici con matrice di fentanile in pazienti cirrotici
è stata studiata dal loro produttore. Dopo l’applicazione di un cerotto con matrice di
fentanile (50mg/ora), Cmax e AUC erano aumentate rispettivamente del 35% e 73 %,
mentre il t½ rimaneva invariato.[166]
Non è stata studiata la farmacocinetica del fentanile infuso in modo continuo in
pazienti cirrotici, e non è noto se l'accumulo del fentanile sia più pronunciato in
questi pazienti rispetto ai pazienti con funzionalità epatica normale. Il fentanile è
stato spesso riportato come oppioide di prima scelta nell’insufficienza renale, [167-169]
sebbene la sua clearance possa essere ridotta in presenza di elevati livelli di urea nel
sangue.[170] Questo oppiode sembra essere una buona scelta nei pazienti con sindrome
epato-renale, ma potrebbe essere necessaria una riduzione della dose per evitare
l’accumulo, in particolare in caso di somministrazione continua.
3.3.11 Sufentanil
Il sufentanil è un altro farmaco della classe degli oppioidi piperidinici. Rispetto al
fentanile, sufentanil è più lipofilo, ma ha un Vd leggermente più piccolo e un t½ più
breve. Tale molecola si lega fortemente legame alle proteine (92%), principalmente
alla α1-glicoproteina acida. Il sufentanil viene metabolizzato soprattutto da CYP3A4
nel fegato e ha un rapporto di estrazione epatica che si avvicina a 1.[164]
Analogamente al fentanile, la farmacocinetica del sufentanil non è influenzata dalla
presenza di un’epatopatia dopo una singola dose endovenosa.[56] Alla base di questa
assenza di variazione del profilo farmacocinetico nei pazienti con malattia epatica
lieve possono esservi un possibile risparmio del flusso ematico del fegato o
l'incapacità di rilevare le differenze delle cinetiche di eliminazione in ragione del
grande Vd. Il produttore ha riportato un prolungamento del 30% del t½, un leggero
aumento del Vd e una maggiore clearance nei pazienti cirrotici.[171]
Come per il fentanile, il t½ del sufentanil infuso in modo continuo è maggiore nei
pazienti con funzionalità epatica normale. La farmacocinetica del sufentanil non è
significativamente alterata nella disfunzione renale,[164] e questo oppioide,
analogamente al fentanile, può essere pertanto usato in pazienti con sindrome epato-
renale.
3.3.12 Alfentanile
L’alfentanile è un oppioide a breve durata d’azione, che ha una rapida insorgenza
d’azione ma un effetto analgesico che non dura più di 5-10 minuti. Tale farmaco ha
una Vd significativamente minore e una t½ più breve di fentanil e sufentanil. Il legame
alla α1-glicoproteina acida dell’alfentanile è di circa 92%.[164] Tale farmaco viene
ampiamente e quasi esclusivamente metabolizzato dagli enzimi CYP3A.[172] A causa
del rapporto intermedio di estrazione epatica dell’alfentanile (0,3-0,6),[57,164] la sua
clearance epatica totale potrebbe essere influenzata dai seguenti fattori:il flusso
sanguigno epatico, l’attività enzimatica intrinseca del fegato, e il legame alle
proteine.
Nei pazienti con epatopatia moderata sono stati riportati un aumento sostanziale del
t½ (219 vs 90 minuti) e una diminuzione del 50% della clearance totale. Inoltre, il
legame alle proteine diminuiva dall’88,5% all’81,4%. Quando corretta tendendo
conto del legame alle proteine, la clearance plasmatica della frazione libera nei
pazienti con compromissione epatica subiva un decremento del 70%.[57] Un altro
studio ha mostrato risultati simili per la biodisponibilità dell’alfentanile in pazienti
anestetizzati con epatopatia.[58] La biodisponibilità dell’alfentanile nei bambini con
malattia epatica colestatica non è risultata alterata.[173] La discrepanza tra i risultati di
questo studio condotto nei bambini e quelli di studi precedenti potrebbe essere dovuta
a differenze della sottostante patologia o dell’età dei pazienti. Inoltre, in questo studio
il periodo di campionamento del plasma era solo 2 ore, il che potrebbe spiegare il
fatto che non siano state rilevate potenziali variazioni farmacocinetiche.
Uno studio più recente, in cui è stato osservato un aumento di 3 volte della AUC in
pazienti con cirrosi epatica leggera, ha confermato le importanti alterazioni della
biodisponibilità dell’alfentanile, anche in pazienti con leggera insufficienza epatica.
[59] Pertanto, l’alfentanile sembra essere un’opzione terapeutica di scarso valore nel
trattamento del dolore in pazienti con epatopatia, ciò a causa dei suoi effetti che
possono essere sia di maggiore durata, sia di maggiore potenza.
3.3.13 Remifentanil
Il remifentanil è un oppioide fenilpiperidinico che differisce considerevolmente dagli
altri oppioidi della sua classe per la presenza di legami estere che sono responsabili di
una specifica via metabolica. Nella forma estere, il remifentanil viene
prevalentemente e rapidamente idrolizzato dalle esterasi ematiche e tissutali in un
metabolita (un acido carbossilico) la cui potenza è risultata essere nei modelli animali
solo 1/4.600 della potenza del composto parentale.[174,175] Questa particolare via
metabolica spiega la sua durata d'azione moto breve e l’eliminazione rapida.
Uno studio sui parametri farmacocinetici di remifentanil condotto in soggetti con
grave insufficienza epatica non ha dimostrato nessuna variazione dopo un'infusione
di 4 ore. I pazienti con epatopatia sembrarono essere più sensibili agli effetti
deprimenti la funzione ventilatoria del remifentanil. A causa della breve durata
d'azione di questo farmaco, la maggiore sensibilità che si ha in questa popolazione di
pazienti avrà poco probabilmente una rilevanza clinica.[60]
La clearance di remifentanil nella fase anepatica di un trapianto di fegato è simile a
quella dei volontari sani, confermando il metabolismo extraepatico del farmaco e la
sua indipendenza dalla funzione epatica.[61] Anche la farmacocinetica di remifentanil
in pazienti con insufficienza renale non risulta alterata.[176] Questi risultati
suggeriscono come l'aggiustamento della dose non sia necessaria nei pazienti con
malattia epatica o sindrome epato-renale.
3.4 Trattamento del dolore neuropatico
Il dolore neuropatico è molto impegnativo dal punto di vista clinico, visto che è poco
sensibile ai classici analgesici anti-infiammatori o a potenti analgesici ad azione
centrale, come gli oppioidi.[177] Le linee guida evidence-based suggeriscono l'uso di
antidepressivi e anticonvulsivanti come prima linea di trattamento del dolore
neuropatico.[178,179] Sono spesso pochi gli studi che valutino la biodisponibilità, la
sicurezza e l'efficacia dei farmaci per il trattamento del dolore neuropatico in pazienti
con insufficienza epatica. In questa popolazione di pazienti si dovrebbero
incoraggiare interventi alternativi non farmacologici, laddove questo sia possibile.
Tuttavia, in alcuni casi, quando il dolore neuropatico non è sufficientemente
controllato con gli interventi non farmacologici, è possibile considerare la
somministrazione di un farmaco.
3.4.1 Antidepressivi
Antidepressivi triciclici
Diversi studi clinici controllati randomizzati hanno dimostrato l'efficacia degli
antidepressivi triciclici (TCA, TriCyclic Antidepressant) nel trattamento del dolore
neuropatico.[180] Questi farmaci vengono in gran parte metabolizzati dai citocromi
epatici, in particolare da CYP2D6. In pazienti con epatopatia, nei quali si attende una
diminuzione dell’attività dei citocromi, è possibile l’accumulo di questi farmaci. In
questa popolazione di soggetti, il trattamento con TCA dovrebbe essere avviato a dosi
basse e con lenta titolazione. La nortriptilina e la desipramina potrebbero offrire la
stessa efficacia e, quando disponibili, dovrebbero essere preferite ad amitriptilina e
imipramine, poiché sembrano avere un minore effetto sedativo e un migliore profilo
di tollerabilità.
Inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina
È in aumento l’uso degli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina
(SNRI, Serotonin-Norepinephrine Reuptake Inhibitor), come venlafaxina e
duloxetina, nel trattamento del dolore neuropatico. La venlafaxina è soggetta a una
significativa biotrasformazione epatica in diversi metaboliti inattivi e in un metabolita
attivo, principalmente grazie all’azione di CYP2D6 e, in misura minore, di CYP3A4.
In pazienti con insufficienza epatica moderata sono state osservate modifiche
significative del t½ (aumento di 30% e 60%) e della clearance (diminuzione del 50% e
del 30%), rispettivamente della venlafaxina e del suo metabolita attivo. In pazienti
con grave insufficienza epatica è stata osservata una diminuzione massima della
clearance della venlafaxina del 90%. Esistendo un’importante variabilità
intersoggettiva, sono difficili gli eventuali aggiustamenti del dosaggio in questa
popolazione di soggetti.[181] Alterazioni significative della biodisponibilità della
duloxetina (diminuzione della clearance dell’85%) sono state osservate in pazienti
con malattia epatica moderata.[182] Inoltre, è stata evidenziata un’epatotossicità da
duloxetina. I pazienti con epatopatia preesistente sembrano avere un rischio maggiore
di danno epatico indotto da duloxetina. Questi risultati hanno indotto il produttore a
includere un avvertimento nell’etichetta del prodotto, in base al quale la duloxetina
‘‘non dovrebbe essere di abitualmente prescritta a un paziente che abusa d'alcol o che
ha evidenze di epatopatia cronica’’.[183]
Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina
Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI, Selective Serotonin
Reuptake Inhibitor) hanno un’efficacia minore a quella dei TCA nel trattamento del
dolore neuropatico.[177] Questi farmaci possono anche aumentare il rischio di
emorragia gastrointestinale da varici nei pazienti con insufficienza epatica, e quindi
non sono il trattamento di prima scelta per il dolore neuropatico in questi pazienti.[184]
3.4.2 Anticonvulsivanti
Ligandi del canale del calcio α2δ
Gli anticonvulsivanti sono la seconda classe di farmaci più diffusamente usati nel
trattamento del dolore neuropatico. Tra questi, i ligandi del canale del calcio α2δ,
come gabapentina e pregabalina, trovano attualmente vasto uso nel trattamento di
prima linea. La biodisponibilità di gabapentina e pregabalina è probabilmente
normale nei pazienti con insufficienza epatica, in quanto entrambi i farmaci vengono
escreti per via renale, senza un metabolismo preliminare, e non si legano alle proteine
plasmatiche.[185] Inoltre, la gabapentina non è risultata essere chiaramente associata al
danno epatico, e quindi rappresenta probabilmente la scelta più sicura nel trattamento
del dolore neuropatico in pazienti con malattia epatica. Sono stati riportati svariati
casi di epatotossicità da pregabalina. In uno dei casi è stata riportata un’epatotossicità
da pregabalina in un paziente con sottostante malattia epatica.[186] I medici devono
essere al corrente della possibilità, benché rara, di danno epatico indotto o esacerbato
da pregabalina. Come per altri pazienti, nel caso dell’insufficienza epatica, questi
farmaci dovrebbero essere iniziati a dosi basse e titolati cautamente per minimizzare
le vertigini e la sedazione, che sono dose-dipendenti.[187]
Altri anticonvulsivanti
Altri anticonvulsivi usati nel trattamento del dolore neuropatico, come la
carbamazepina, sono controindicati nei pazienti con insufficienza epatica a causa
dell’importante rischio di epatotossicità.[176]
3.4.3 Oppioidi
Le condizioni di dolore neuropatico sono state da lungo tempo considerate resistenti
al trattamento analgesico con oppioidi. Nondimeno, alcuni studi controllati
randomizzati hanno mostrato una diminuzione del dolore neuropatico dopo il
trattamento con oppioidi.[188] L’uso degli oppioidi in pazienti con insufficienza epatica
è discusso nella sezione 3.3. A causa del potenziale rischio di sviluppare tolleranza o
dipendenza con l'uso a lungo termine di questi farmaci e del rischio di aggravare
un’encefalopatia epatica, gli oppioidi dovrebbero essere usati con cautela e soltanto
come trattamento di seconda o di terza linea in questa popolazione di pazienti.
4. Conclusioni e raccomandazioni cliniche
Il timore di aggravare una preesistente epatopatia spesso è responsabile di un sotto-
trattamento del dolore nei pazienti con insufficienza epatica. In generale, gli
analgesici così come altri farmaci ad escrezione epatica o epatotossici dovrebbero
essere evitati in questa popolazione di soggetti e, quando possibile, si dovrebbe dare
preferenza ad interventi non farmacologici. Tuttavia, in alcune situazioni, come nel
dolore post-operatorio, non sarebbe etico evitare l'uso degli analgesici. I farmaci
analgesici possono essere usati in pazienti con insufficienza epatica, ma la scelta del
farmaco e della rispettiva dose dovrebbe essere fatta con attenzione.
Nel numero limitato di studi esistenti su questo argomento sono state omesse le
popolazioni o molto giovani o molto anziane. La selezione del farmaco o della dose
adatta è ancora più difficile in questa popolazione più anziana o nei pazienti con altre
coborbidità.
Le interazioni farmaceutiche sono un altro problema nei pazienti con insufficienza
epatica. Ad esempio, in questa popolazione particolarmente vulnerabile di soggetti si
dovrebbe evitare la co-somministrazione di FANS con altri farmaci che potrebbero
provocare emorragie gastrointestinali, come l’acido acetil salicilico a basse dosi o
SSRI, o con farmaci che potrebbero compromettere la filtrazione glomerulare, come
gli inibitori dell’enzima di conversione dell'angiotensina. Inoltre, gli oppioidi non
dovrebbero essere combinati con nessun sedativo o farmaco ansiolitico, ciò per
ridurre il rischio di esacerbare un'encefalopatia epatica. Da un punto di vista
farmacocinetico, in questa popolazione di soggetti i medici dovrebbero evitare la
prescrizione di farmaci che alterano l'attività di CYP, che può ulteriormente
modificare il metabolismo e l'eliminazione di altri farmaci ad escrezione epatica,
analgesici inclusi.
Quando si sceglie un analgesico, i medici dovrebbero seguire le linee guida per la
gestione del particolare tipo di dolore e poi selezionare, da queste linee guida, un
analgesico che dovrebbe essere adatto e sicuro nei pazienti con insufficienza epatica.
Il paracetamolo a basse dosi (2 g/giorno massimo) e per una breve durata di tempo
può essere usato in pazienti con insufficienza epatica per il trattamento del dolore
nocicettivo di grado lieve. Quando si prescrive il paracetamolo è importante
informare il paziente sulla massima dose giornaliera e sulla presenza di questo agente
attivo in molti farmaci che non necessitano di prescrizione medica. I FANS
dovrebbero essere evitati nei pazienti con epatopatia a causa della loro attività
antipiastrinica, dell’irritazione gastrointestinale, del maggiore rischio di insufficienza
renale acuta, e del rischio potenziale e imprevedibile di danno epatico indotto dal
farmaco (ad esempio con diclofenac, lumiracoxib e nimesulide).
La biodisponibilità della maggior parte degli oppioidi è alterata nell’epatopatia grave.
L'efficacia di alcuni di questi farmaci, quali la codeina e, forse, il tramadolo e
l’ossicodone, potrebbe essere compromessa in ragione della loro minore
biotrasformazione in oppioidi attivi. Altri oppioidi come la petidina dovrebbero
essere evitati a causa del possibile accumulo di metaboliti tossici.
Quando si usano gli oppioidi in pazienti con insufficienza epatica è necessario
stabilire con precisione il regime di dosaggio. Per farmaci con alti livelli di
estrazione, come la morfina o l’idromorfone, la dose orale iniziale dovrebbe essere
ridotta a motivo della maggiore biodisponibilità. Per i farmaci che hanno una
clearance ridotta, al fine di evitare l'accumulo del farmaco si dovrebbero diminuire le
dosi ripetute o si dovrebbero aumentare gli intervalli tra i dosaggi. L'approccio
migliore nei pazienti con funzionalità epatica compromessa è la singola titolazione
con oppioidi a breve durata d’azione per ottenere dosi ottimali per la gestione del
dolore senza effetti sfavorevoli significativi.
La morfina o l’idromorfone glucuroconiugati a dosi ridotte, e il fentanele, il
sufentanil e il remifentanil endovenosi sembrano essere gli oppioidi migliori nei
pazienti con epatopatia. Gli oppioidi quali la morfina, la petidina o l'idromorfone, che
hanno metaboliti attivi o tossici che vengono escreti per via renale, dovrebbero essere
evitati in presenza sindrome epato-renale. Le biodisponibilità degli oppioidi
fenilpiperidinici, quali il fentanile, il sufentanil e il remifentanil, sembrano non essere
alterate in presenza di sindrome epato-renale. Da un punto di vista teorico, la
buprenorfina potrebbe essere un potenziale oppioide da usare nei pazienti con
epatopatia. Tuttavia, altri studi clinici sono necessari per fornire ulteriori dati sulla
biodisponibilità e sulla sicurezza in questo gruppo di pazienti. Ulteriori studi sono
necessari per determinare la biodisponibilità del fentanile e del sufentanil
somministrati in modo continuo e gli effetti analgesici della codeina e del tramadolo
in pazienti epatopatici.
Tutti i pazienti epatopatici sotto oppiodi devono essere accuratamente monitorati per
escludere qualsiasi segno di encefalopatia epatica, indipendentemente dal farmaco
prescritto.
La gabapentina o TCA a basse dosi sembrano essere le opzioni più sicure per la
gestione del dolore neuropatico in pazienti con insufficienza epatica.