ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking...

28
ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI OFFPRINT XXXIII 2008 ROMAE MMVIII

Transcript of ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking...

Page 1: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 1

ANALECTA ROMANA

INSTITUTI DANICI

OFFPRINT

XXXIII

2008

ROMAE MMVIII

Page 2: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI XXXIIIAccademia di Danimarca Via Omero, 18 - 00197 Rome© 2008 Accademia di Danimarca

Analecta Romana Instituti Danici. — Vol. I (1960) — . Copenhagen: Munksgaard. From 1985: Rome, «L’ERMA» di Bretschneider. From 2007 (online): Accademia di DanimarcaISSN 2035-2506

REdaktionskomité/sciEntific BoaRd/comitato sciEntifico

Ove Hornby (Bestyrelsesformand, Det Danske Institut i Rom)

Jesper Carlsen (Syddansk Universitet)Astrid Elbek (Det Jyske Musikkonservatorium)Karsten Friis-Jensen (Københavns Universitet)

Helge Gamrath (Aalborg Universitet)Hannemarie Ragn Jensen (Københavns Universitet)

Mogens Nykjær (Aarhus Universitet)Gunnar Ortmann (Det Danske Ambassade i Rom)

Marianne Pade (Aarhus Universitet)Bodil Bundgaard Rasmussen (Nationalmuseet, København)

Lene Schøsler (Københavns Universitet)Poul Schülein (Arkitema, København)

Anne Sejten (Roskilde Universitet)

REdaktionsudvaLg/EditoRiaL BoaRd/comitato di REdazionE

Erik Bach (Det Danske Institut i Rom)

Patrick Kragelund (Danmarks Kunstbibliotek)Gert Sørensen (Københavns Universitet)Birgit Tang (Det Danske Institut i Rom)

Maria Adelaide Zocchi (Det Danske Institut i Rom)

The journal ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI (ARID) publishes studies within the main range of the Academy’s research activities: the arts and humanities, history and archaeology.

Intending contributors should get in touch with the editors. For guidelines, cf. home-page.Accademia di Danimarca, 18 Via Omero, I - 00197 Roma, tel 0039-06 32 65 931 fax 06 32 22 717. E-mail: [email protected]

Page 3: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

Contents

antonELLa mEzzoLani: I materiali lapidei nelle costruzioni di età fenicia e punica a Cartagine

gittE LønstRup: Constructing Myths: The Foundation of Roma Christiana on 29 June

JEns viggo niELsEn: ”L’Esistenzialismo non è un umanesimo” La dialettica come approccio all’esistenzialismo di Luigi Pareyson

LisE BEk: Innocence Lost. Symbolism to Rhetoric in Architecture and the Renaissance Concept of Invention

7

27

65

91

Page 4: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

i. intRoduzionE

Il filosofo italiano Luigi Pareyson (1918-1991) è poco noto all’interno del mondo filo-sofico ed accademico nordico (scandinavo); questo vale in generale per il suo pensiero, e per il suo rapporto con l’esistenzialismo in particolare. Più conosciuti sono i suoi allie-vi Gianni Vattimo e Umberto Eco, nonché

Mario Perniola: Quando il prof. Pareyson si ammalò nel 1971, condizione in cui rima-se per il resto della vita, dovette in qualche modo rinunciare anche alla fama all’estero che avrebbe sicuramente meritato (fama a cui peraltro nemmeno prima di essere col-pito dalla malattia aveva dimostrato di esse-re interessato). Nonostante ciò va ricordata la riconoscenza con cui Gadamer fa riferi-

”L’Esistenzialismo non è un umanesimo” La dialettica come approccio all’esistenzialismo di Luigi

Pareyson

di JEns viggo niELsEn

Det at være et fuldkomment Menneske er dog det Høieste. Nu har jeg faaet Ligtorne. Det er dog altid Noget til Hjælp

Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I

Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the article treats Luigi

Pareyson’s relations with existentialism. In fact, this early interest on behalf of Pareyson is rooted in his attempt

to reach a philosophical founding of personal freedom, which avoids Sartre’s arbitrary definition of freedom on

one hand, as well as Jaspers’ and Heidegger’s negation of freedom on the other hand. More precisely, the article

deals with and discusses Pareyson’s understanding of the inevitable personal choice for or against Christianity in

modern culture, the necessity of which he presents in his early works on existentialism: Positioned in between two

unacceptable alternatives, i.e. the arbitrary concept of freedom on one side and the denial of freedom and choice

on the other, the individual must try to navigate and ultimately make a fundamental decision. Nevertheless, in his

concluding discussion of Pareyson’s early philosophical outlook the author argues that Pareyson’s criticism of

Sartre remains imprecise, and that his relations with Jaspers and Heidegger are more ambiguous, than he himself

is willing to acknowledge.

Page 5: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

66 JEns viggo niELsEn

mento alla filosofia di Pareyson in Wahrheit und Methode, che attesta il vivo interesse da parte di Gadamer per l’opera pareysoniana Estetica – teoria della formatività (1954). Gadamer era perciò consapevole del fatto che prima di lui (e prima di Ricoeur) Parey-son aveva elaborato una vera e propria teoria non solo di estetica, ma anche interpretativa.1 L’argomento di questo articolo non è però l’ermeneutica di Pareyson, ma il già accen-nato rapporto con l’esistenzialismo visto attraverso la concezione e l’uso della dia-lettica di Pareyson, essendo in breve la mia tesi quella che sarà anzitutto la lettura di Kierkegaard a far comprendere fino in fon-do questi aspetti del pensiero pareysoniano.2

Il primo pensiero di Pareyson non è a mio parere meno degno di nota della sua ermeneuticà successiva e della sua tarda on-tologia della libertà; anzi c’è da dire che il primo costituisce e rimane il presupposto per poter capire gli ulteriori sviluppi all’in-terno della sua opera. Più precisamente il compito sarà qui di leggere il primo Pa-reyson che si rapporta all’esistenzialismo con Pareyson e contro lo stesso Pareyson: in primo luogo cercherò di dare conto dei punti fondamentali della sua interpretazio-ne dell’esistenzialismo in generale e della dialettica, e di Kierkegaard in particolare; in secondo luogo discuterò quelle ambivalen-ze sia produttive che problematiche che vi si esprimono. Forse in questo modo si potrà anche dire qualcosa sull’eventuale attualità dell’esistenzialismo oggi, incluse le opere degli stessi Kierkegaard e Pareyson.

ii. L’EsistEnziaLismo comE sintomo E cosciEn-za dELLa cRisi: iL pRoBLEma E La soLuzionE

Nicola Abbagnano fu insieme a Pareyson tra i primi a introdurre l’esistenzialismo in Italia: nel 1939 viene pubblicato Struttura dell’esistenza di Abbagnano e contempora-neamente Pareyson sostiene la discussione della sua tesi su Jaspers, La filosofia dell’esi-stenza e Carlo Jaspers, pubblicata l’anno seguente con il titolo Karl Jaspers.3 Durante la seconda metà degli anni trenta più volte Pareyson soggiorna in Germania, dove non solo incontra Karl Jaspers e si occupava del suo pensiero, ma studia anche a fondo Was ist Metaphysik? di Heidegger e il Römer-brief di Karl Barths.4 Lo stesso Pareyson sottolinea di avere

avuto la fortuna di incontrare la filosofia dell’esistenza nel momento giusto, cioè nel punto culminante della sua maturazione: nella seconda metà degli anni Trenta. Qualche anno prima la visione era ancora parziale, qualche anno dopo sarebbe stata deformata: solo allora si poteva avere una visione d’insieme totale e autentica.5

A partire dal 1938, Pareyson, rientrato in Italia, inizia l’elaborazione di una serie di saggi che1943 vengono pubblicati sotto il titolo Studi sull’esistenzialismo, ma già in quest’opera dimostra di essere tanto ambizioso teoricamente quanto lo è da un punto di vista storiografico e e nella sua capacità di dare un ampio quadro introduttivo: è nei saggi compresi in quest’opera che Pareyson

Page 6: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 67

traendo ispirazione da Jean Wahl divide l’esistenzialismo in tre correnti, ognuna con una sua particolarità e origine: una francese, una russa e una tedesca.6 E finalmente nel 1950 esce una collezione di saggi sull’esistenzialismo dal titolo Esistenza e persona, la maggior parte dei quali fu scritta da Pareyson nell’immediato dopoguerra dal 1945 al 1949, e in cui il filosofo cerca con ulteriore enfasi una propria via per entrare e sopratutto per uscire dall’esistenzialismo. In breve sono queste le tre opere a cui qualsiasi studio approfondito sull’interpretazione esistentialistica di Pareyson deve rifarsi, e questo vale anche per il presente articolo.

L’esistenzialismo è una filosofia di crisi Un punto centrale per Pareyson è la sua visione dell’esistenzialismo, considerato come filosofia di crisi, che, come tale, co-stituisce l’analisi e la coscienza migliore di quella crisi che colpisce il mondo occiden-tale nel periodo durante e immediatamen-te seguente alla seconda guerra mondiale. Così scrive nel 1949 in un saggio che tratta proprio l’attualità dell’esistenzialismo:

Indissolubilmente unito alla cultura, di cui dichiara il fallimento, l’esistenzialismo è l’unica tra le filosofie contemporanee ch’è veramente la coscienza della crisi, l’unica che offre veramen-te una chiave per interpretare la crisi attuale, l’unica che rappresenta nella forma più chiara e profonda i problemi più tipici e più urgenti del giorno d’oggi.7

Molto evidente è qui il nesso tra il modo in

cui Pareyson si concentra sull’esistenziali-smo visto allo stesso tempo come sintomo di crisi e come la migliore presa di coscien-za disponibile della crisi, e sugli eventi sto-rici contemporanei, cioè con l’esperienza dell’inferno della seconda guerra mondiale, con la paura di pronunciarsi sul regime in Italia, e con la difficile costruzione della republica dopo gli anni di Mussolini e del fascismo. Ciò nonostante è, però, prima di tutto negli articoli scritti nel dopoguer-ra, vale a dire in Esistenza e persona, che Pareyson adopera esplicitamente il con-cetto di crisi, confermandone così l’utilità analitica nella situazione a lui contempo-ranea, mentre è invece quasi assente negli altri due scritti sull’esistenzialismo, ossia la dissertazione su Jaspers del ‘39 e gli studi sull’esistenzialismo del ‘43. Tuttavia il con-cetto di crisi fa da sottofondo latente delle analisi sia storiche sia filosofiche dell’esi-stenzialismo e delle analisi sulla sua nascita dalla dissoluzione dell’hegelianismo e del razionalismo metafisico. In altre parole non c’è nessun accettazione tacita, tanto meno sostegno attivo al fascismo da parte di Pa-reyson. Al contrario egli fu attivo nella lotta di resistenza del “Partito d’Azione”, cor-rendo in più occazioni rischi considerevoli, malgrado la sua salute fosse già allora ca-gionevole: e infatti come conseguenza nel 1944 il regime lo liberò dai suoi impegni da insegnante al liceo di Cuneo.8

Nonostante ciò l’analisi di Pareyson dell’esistenzialismo come filosofia della e sulla crisi va attribuita a cause “interiori” alla filosofia stessa, ed è fra altro una risposta

Page 7: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

68 JEns viggo niELsEn

a Norberto Bobbio che insieme ad altri fi-losofi giudicavano l’esistenzialismo in toto come parte di una forte corrente dell’epoca, incapace di confrontarsi in maniera deci-siva e profonda con i residui problematici del fascismo e del totalitarismo.9 Pareyson tenta qui – e in opposizione all’esigenza di Bobbio di un rinnovo attraverso il posi-tivismo e in opposizione all’ ateismo delle stesso Sartre – una distinzione tra le diverse “decadenti” tendenze all’interno dell’esi-stenzialismo da una parte, e le sue forze più positive dall’altra.10 Davanti alle diver-se versioni che Sartre e Abbagnano danno dell’esistenzialismo, Pareyson insiste sul-lo sforzo di un ripensamento del vincolo ontologico e del cristianesimo moderno all’interno dell’esistenzialismo stesso, e sottolinea in questo modo una certa misura di “decadenza” nella radicale coscienza del-la crisi come condizione per poter, se mai, trovare una soluzione valida ai problemi dell’epoca. Detto in altro modo bisogna ve-ramente entrare nel mondo dell’esistenzia-lismo per poterne uscire di nuovo dall’altra parte: “L’esistenzialismo è qualcosa di più d’una mera espressione della crisi, e qual-cosa di meno della soluzione della crisi.”11

Torniamo su quest’ultimo punto. Per ades-so basta notare che Norberto Bobbio non fu af-fatto l’unico allora a sottolineare criticamente, insieme a Pareyson, la deplorevole attualità del concetto di crisi e la sua intricata correlazione con l’esistenzialismo: l’argomento era già stato sviluppato, ad esempio, all’inizio degli anni Trenta da parte del ”maestro” Karl Jaspers, più precisamente nell’opera Die geistige Si-

tuation der Zeit, così come Edmund Husserl - mutatis mutandis –nel suo ultimo libro del 1938 adoperò questa espressione mettendo adirittura la parola ”Krisis” nel titolo: per l’ultimo Husserl la crisi della scienza è il sintomo di una radicale e più comprensiva “crisi di vita” nell’insieme dell’umanità eu-ropea.12 Il concetto della crisi non diventa importante soltanto nel dopoguerra; lo era già durante gli anni precedenti alla guer-ra, e per motivi ovvi si può assumere che Pareyson, nel rilevare che bisogna entrare nella crisi per poterne uscire, attinge dalla sua conoscenza di Jaspers, che già nel 1932 sosteneva che

Wer in der Krise zum Ursprung finden will, muss durch das Verlorene gehen, um aneignend zu erinnern; die Ratlosigkeit durchmessen, um zur Entscheidung über sich zu kommen; die Ma-skerade versuchen, um das Echte zu spüren.13

È comunque un fatto che Pareyson ben co-nosceva lo scritto di Jaspers sulla costituzio-ne spirituale del tempo.14

Ma in che cosa consiste più precisamente la concezione della crisi in Pareyson? In bre-ve, essa consiste in un’analisi sia storica sia filosofica della crisi intesa come la dissolu-zione del ”problema della conclusione” ere-ditato da Hegel e dal razionalismo, nonché nella questione del nuovo inizio che da qui nasce: “La definizione rigorosa del concet-to di crisi mi sembra questa: crisi significa dissoluzione di una conclusione e problema di un nuovo principio”.15 Il punto interessan-te è che il problema della conclusione ed il

Page 8: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 69

nuovo inizio non è per niente un problema nuovo; consiste piuttosto in una ripetizione del passato, e soltanto per questo non è equi-parabile alla fine della guerra o alla ricostru-zione della repubblica o simili; al contrario è necessario cercare le origini del problema del presente nel passato, cioé nell ’800, in Hegel e Kierkegaard:

Se la filosofia che ha teorizzato la conclu-sione è la filosofia hegeliana, l’esistenzialismo, che è radicato nella dissoluzione dell’hegelismo, sorge con l’intento esplicito di porre in questio-ne la conclusione hegeliana e quindi di porre in luce la problematicità della crisi.16

Lo stesso interesse delle origini storiche della crisi conferma però paradossalmente il fatto che non sarà facile uscire dalla crisi, essendo la coscienza del tempo, invece, un suo sintomo: la crisi si esprime fra altro nel-la ricerca di una via d’uscita dalla crisi nella sua origine storica, o nel cercare una solu-zione rivolta in avanti guardandosi indietro. Detto con Jaspers:

Seit mehr als einem Jahrhundert ist immer dringender nach der Situation der Zeit gefragt worden; jede Generation har die Frage für ihren Augenblick beantwortet. War es aber früher ein Nachdenken weniger Menschen, die die Bedro-hung unserer geistigen Welt fühlten, so steht seit dem Kriege jedermann in diesem Fragen.17

Non è quindi meramente nel suo uso del concetto di crisi, ma anche nel rendere con-

to delle origini storiche di essa, che c’é una vera e propria identità tra l’ottica di Parey-son e Jaspers:

Il fatto che l’esistenzialismo odierno ripeta non soltanto i problemi, ma anche le soluzioni di Kierkegaard e Feuerbach conferma appunto che il significato della crisi contemporanea non è se non ciò che s‘è detto: crisi dell’hegelismo, iniziata cent’anni addietro.18

Da questo punto di vista diventa anche chiaro perché Pareyson non può non considerare la crisi del presente come una crisi sostanzial-mente filosofica, il che non vuol dire che ri-guarda soltanti i filosofi “professionisti”, ma ogni uomo pensante che desideri rapportarsi al presente storico e alla propria esistenza individuale: “L’esistenzialismo”, sottolinea Pareyson, “è l’affermazione più vigorosa del personalismo contemporaneo”,19 e per cui i problemi che mette in rilievo trattano anche secondo Pareyson, esattamente come ai tempi di Kierkegaard, della persona stessa nella sua storicità insostituibile, del rappor-to col cristianesimo, nonché del ruolo della filosofia nell’interpretazione di tali aspetti.20 Ed è questo che ora guarderemo più da vi-cino.

Il problema: l’eredità kierkegaardiana come dialettica dell’implicanzaSecondo il primo e molto importante sag-gio in Esistenza e persona, “Kierkegaard e Feuerbach – due possibilità”, lo scontro dei due filosofi con Hegel diventa centrale per

Page 9: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

70 JEns viggo niELsEn

la comprensione dello sviluppo nell’ambito della filosofia moderna, dato che la “situa-zione speculativa” ne è ancora influenzata. In questo senso entrambi si presentano come ”profeti” o come critici del presente dopo la conclusione del passato, e come annuncia-tori dell’avvenire come inizio di una nuova età:

Di fronte alla crisi del tempo Kierkegaard vuol essere colui ch’è consapevole della crisi e che senza autorità attrae l’attenzione su questo punto. […] Anche Feuerbach si attribuisce un compito negativo e profetico. Nel tempo presente si tratta non soltanto di scrivere, ma anche di agire.21

In breve Kierkegaard diventa il padre dell’esistenzialismo, mentre Feuerbach anti-cipa il marxismo: laddove Kierkegaard dis-socia la conciliazione hegeliana tra filosofia e cristianesimo dissipandone l’equivoco, e ritrovando il senso della scelta fra una spe-culazione ambigua e una fede apertamente dichiarata come tale, Feuerbach capovolge la stessa conciliazione hegeliana proprio per dissiparne l’equivoco, conducendo sino in fondo la negazione del cristiane-simo che vi è implicita, eliminando in tal modo l’equivoco del cristianesimo laico.22 Secondo Pareyson in tal senso si può sotto-dividere la dissoluzione dell’hegelianismo in tre problematiche contemporaneamen-te distinte e legate tra loro: 1) Il rappor-to tra il pensiero e l’essere, 2) tra il finito e l’infinito, nonché 3) tra l’uomo e Dio.23 1) In quanto al primo punto Kierkegaard af-ferma che Hegel con il suo sistema riduce

la realtà alla necessità e alla possibilità, per-dendo così di vista la realtà; ma la realtà non può essere sistematizzata perchè dipende dall’esistenza, e cioè dalla vera realtà e dalla contingenza. Feuerbach conferma, per parte sua, che Hegel riduce l’essere a predicato e il pensiero a soggetto, conciliando soltanto il pensiero e l’essere nel pensiero, e per cui non riesce ad eliminare quel contrasto tra di essi da lui stesso creato: bisogna invece co-gliere l’essere della realtà come un soggetto che ha il pensiero come predicato.24

2) Sia per Kierkegaard che per Feuerbach la conciliazione di finito e infinito è teocen-trica, cosa che tuttavia non gli impedisce di concepire il finito nello stesso modo di He-gel, e cioè come una vera e propria nega-tività (che in Hegel viene appunto mediata o, in tedesco, aufgehoben). Ma mentre Kier-kegaard pone il finito davanti all’infinito, in Feuerbach al primo viene ascritto il carattere dell’infinitezza pur mantenendo le sue qua-lità di finitezza:

[...] mentre per Kierkegaard la passione è ciò che si presenta nella dialettica di finito e infinito, tempo e eternità, dialettica che è priva di mediazione perché si realizza nell’istante, e quindi è fede, impegno, scelta, interesse, invece per Feuerbach il finito, infinitizzato come tale, è sensibilità, af-fettività, amore, vita, carne e sangue, sentimento, piacere, bisogno, esaltazione vitale [...]25

3) Ma la filosofia di Hegel non è soltanto teocentrica, poiché umanizza Dio pur senza azzardarsi ad una completa divinizzazione dell’uomo; Hegel ha rovesciato il teismo in

Page 10: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 71

un panteismo che in realtà è una forma di ateismo teologico, tuttavia non si confessa apertamente ateo. Di fronte a ciò sia Kierke-gaard che Feuerbach non prendono in consi-derazione l’autocoscienza di Dio nel sapere assoluto di Hegel, ma la sostituiscono invece con l’autocoscienza dell’uomo, poiché Kier-kegaard fonda l’esistenza nel rapporto con Dio, e Feuerbach in quella alienazione prov-visoria che risulta dalla proiezione umana del divino. Il merito filosofico di Kierkegaard è di aver condotto dalla teologia al teandrismo - ”Subjektiviteten er sandheden” (“la sogget-tività è la verità”) -; la via di Feuerbach por-ta invece dalla teologia all’antropologia.26

Il punto interessante è dunque che, men-tre Kierkegaard secondo Pareyson può ser-virsi di Feuerbach, quest’ultimo, invece, non può servirsi di Kierkegaard. Con ciò si intende che Kierkegaard per motivi “tatti-ci” può servirsi di Feuerbach come “pedina usabile” perché la posizione di Feuerbach è già stata contenuta e comtemplata in an-ticipo in Kierkegaard, ma non inversamen-te. L’alternativa di Kierkegaard è: o essere schiettamente cristiani, e cioè fedeli, contro ogni speculazione, o essere schiettamen-te pagani, e cioè speculanti, dissolvendo il cristianesimo nella filosofia, vale a dire cristiani secolarizzati. Feuerbach ignora invece per parte sua la versione kierkega-ardiana del cristianesimo come alternativa possibile al proprio materialismo radicale.27 Il retroscena di questa lettura che presuppo-ne in ultima analisi una teoria classica degli stadi in Kierkegaard (argomento su cui tor-

nerò in seguito) si trova in quello che per Pareyson rimane il punto chiave dell’opera kierkegaardiana: l’autorelazione come rela-zione ad altro:

Il principio ontologico dell’esistenza come

coincidenza di relazione con se e relazione con altro, o di autorelazione e relazione con l’essere [...] fu la prima cosa che vidi nell’esistenziali-smo, sin dal mio primo articolo del 1938 “Note sulla filosofia dell’esistenza” [...] Sin da allora lo trovavo comune a Heidegger e Jaspers, e ne mettevo in luce la radice kierkegaardiana.28

In altre parole Kierkegaard concepisce, secondo Pareyson, l’autoscienza dell’uomo come fondata nella relazione con Dio, poiché l’uomo è determinato dalla sua contemporanea auto- ed eterorelazione. L’autocoscienza umana non è divina, ma mantiene la relazione a Dio che ancora rende possibile che l’uomo si rapporti con se stesso:

Kierkegaard spezza la mediazione hegelia-

na del rapporto con se e del rapporto con Dio; rapporto con se è la “soggettività” e “l’interiori-tà” dell’esistenza, e l’esistenza è tale in quanto è rapporto con Dio, vale a dire si rapporta a se stessa in quanto si rapporta a Dio. Vi sono sem-pre due relazioni, ma senza mediazione.29

Per chiunque abbia una conoscenza, anche soltanto scarsa, di Kierkegaard è ovvio che il luogo decisivo per una lettura come quella di Pareyson sarànno le prime pagine di Syg-dommen til døden (La malattia per la Mor-

Page 11: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

72 JEns viggo niELsEn

te), là dove scrive che L’ uomo è spirito. Ma che cos’è lo spirito? Lo

spirito è l’io Ma che cos’è l’io? È un rapporto che si mette in rapporto con se stesso, oppure è nel rapporto il fatto che il rapporto si metta in rapporto con se stesso; l’io non è il rapporto, ma il fatto che il rapporto si mette in rapporto con se stesso. L’uomo è una sintesi dell’infinito e del finito, del temporale e dell’eterno, di possibilità e necessità, insomma, una sintesi.30

Non è vana, infatti, la ricerca nei testi di Pa-reyson di diverse riformulazioni del passag-gio qui citato, ovviamente a patto che non si vada alla ricerca di citazioni esatte e letterali delle parole di Kierkegaard: abbiamo già vi-sto un esempio di tale parafrasi in Esistenza e persona, e come altro esempio possiamo prendere la dissertazione su Jaspers:

Secondo Kierkegaard l’io è rapporto con se

stesso, e, in quanto tale, rapporto con Dio. L’io è un rapporto che, rapportandosi a se, si rapporta a un altro. L’io è io proprio in quanto, rapportan-dosi a se, si rapporta a Dio.31

Intanto la domanda fondamentale per Pareyson diventa se Kierkegaard, po-nendo l’autorelazione e l’eterorelazio-ne come punto chiave della propria in-dagine, riesce a elaborare o indicare un fondamento assiologico del singolo.32 E la netta e semplice risposta è che non ne è capace né Kierkegaard e insieme a lui ne-anche Feuerbach, rimanendo entrambi he-geliani nella loro risoluta critica anti-hege-

liana.33 È la già menzionata concezione del finito come pura negatività che costituisce il problema in entrambi, legandoli, secondo Pareyson, a Hegel al di là di ogni loro critica al sistema hegeliano. Pareyson attinge qui a Jean Wahl che nei suoi Etudes Kierkegaar-diennes sosteneva che la libertà in Kierke-gaard sia minacciata da quella necessità che assumerebbe e dalla tendenza nella scelta verso la non-scelta, la quale soltanto si rag-giunge attraverso la grazia. Per cui la dispe-razione finisce nella luce.34 Pareyson nomina questa dialettica – che anch’egli intravede in Kierkegaard – “dialettica dell’implicanza”, e nel suo complesso spiega come Kierkegaard nei confronti della sintesi hegeliana costitui-sce l’implicanza paradossale degli opposti, non nella forma di una mediazione su un li-vello superiore, ma proprio nelle forma di una implicazione o di un “rovescio” o di una inversione, dove la negatività presuppone e infine suscita la positivitá, il finito l’infini-to e viceversa.35 Sia in Kierkegaard che in Hegel le opposizioni sono in ultima analisi unite, o nella sintesi del superamento (He-gel) o nell’implicanza di positivo e negativo (Kierkegaard):

Per il primo l’«o» diventa «e», per il secon-do il «malgrado» diventa «perché». Le due dialettiche dell’opposizione finiscono per risolvere la giustificazione [della persona; aggiunta mia] in «necessitazione» .36

Detto in altro modo il risultato della dialettica dell’implicanza sarà che Kierkegaard, come Hegel, perde

Page 12: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 73

di vista la validità e la libertà concreta della persona, eliminando quest’ultima nell’identità necessaria della sintesi. Ma questa interpretazione problematizzante del concetto di libertà in Kierkegaard implica allo stesso tempo che perfino il paradosso kierkegaardiano, che si trova formulato dapprima nelle Briciole filosofiche (Philosophiske Smuler, 1844) e nel Poscritto (Poscritto concludente non scientifico alle Briciole filosofiche; Afsluttende uvidenskabelig efterskrift til de philosophiske smuler, 1846), viene interpretato alla luce della teoria di autorelazione e eterorelazione tratto da La Malattia per la morte (1849), e quindi come un elemento della dialettica dell’implicanza. Secondo la teoria kierkegaardiana del paradosso, Pareyson afferma che

l’esistenza è a un tempo chiusa e aperta, l’in-vocazione è a un tempo soggettiva e trascen-dente, il legame ontologico è, simultaneamente, il rapporto più intimo e un rapporto con altro.37

Questo vale anche in maniera identica per le altre categorie kiergaardiane come ad esempio ”L’istante” (”Øjeblikket”) che, nell’interpretazione di Pareyson, diventa una teoria dell’implicanza tra l’io e la propria si-tuazione, che in ultima analisi rende inspie-gabile la temporalità della persona intesa come un proseguimento concreto nel tempo esposto alla finitezza e alla contingenza.38 Nella sua lettura dell’esistenzialismo con-temporaneo Pareyson ritrova nella filosofia di Jaspers la stessa struttura che già aveva

trovato in Kierkegaard, anche se riemerge in lui in un’atmosfera ben diversa, sia per quan-to concerne il tempo sia per quanto concerne lo stile: pur essendo la lettura del Römerbrief di Karl Barth ad attirare l’attenzione di Pa-reyson verso il significato e la portata della dialettica dell’implicazione,39 e pur essendo la constellazione Barth-Heidegger per certi versi una “ripetizione” della constellazione di cento anni prima tra Kierkegaard e Feuer-bach (!),40 è comunque Jaspers che, nella sua ottica “criptohegeliana” rimane più fedele alla pretesa kierkegaardiana, in quanto il suo concetto della situazione limite esprime il nocciolo dell’esistenza come incarnazione e partecipazione.41 Se sia Barth che Heidegger deviano dalla linea kierkegaardiana, perché il finito in Barth viene assorbito dall’infini-to, mentre nel primo Heidegger di Sein und Zeit è l’infinito che si lascia assorbire dal finito, solo Jaspers vi rimane fedele e cer-ca di seguirla.42 E mentre Kierkegaard par-la dell’esistenza come un dilemma e come una rafforzata contraposizione tra due re-gni il finito e l’infinito, che si escludono a vicenda essendo pur fondamentalmente il presupposto l’uno dell’altro, Jaspers trat-ta la struttura antinomica dell’esistenza in modo uguale e conserva gli opposti proprio in quanto accentua la loro contraposizione. Infatti la negatività si trasforma tanto più in positività quanto più la negatività viene ap-profondita.43 Il capovolgimento o il rovescio da negativo in positivo avviene inoltre in Kierkegaard nell’angoscia che è compagna fedele della scelta,44 così come il naufragio in Jaspers implica il salto e viceversa:45

Page 13: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

74 JEns viggo niELsEn

...ma, in fondo, le due idee non sono, a nostro credere, che le faccie opposte di una medesima medaglia, per quella concezione, comune ai due filosofi, della coincidenza dell’autorelazione con la relazione alla trascendenza. Entrambe le relazioni implicano l’altro; la trascendenza del peccato e la trascendenza del bene; ma il negati-vo genera il positivo, nello Jaspers così come nel Kierkegaard e nel Barth.46

Sia Jaspers che Kierkegaard finiscono con ciò in una dialettica della necessità o dell’implicazione, dove si intravvede sem-pre la trascendenza dietro all’esistenza e alla scelta concreta della persona, e dove la presenza della richiesta diventa un’esigenza, poiché la scelta invece di una vera e propria scelta è un “amor fati” o un principio di pre-destinazione in quanto scelta di una situa-zione inevitabile.47 Ma se la scelta è soltanto nel fare della necessità virtù, com’è possibi-le che Jaspers continui a parlare della perso-na come pura possibilità, ed anche della sua “risolutezza”? Non esclude in realtà quella stessa possibilità di cui continua a parlare?

La mia critica intende dimostrare che, se l’esistenza è coincidenza di incarnazione e par-tecipazione, nella filosofia jaspersiana assistia-mo al dissolvimento della persona sotto entram-bi gli aspetti.48

Per questo motivo Jaspers non riesce a com-pletare la propria missione, come non ne era capace Kierkegaard, quanto meno se con questa missione si intende il personalismo, e

cioè l’incontro concreto tra finito e infinito, perché contemplano entrambi il naufragio della persona nel mare della necessità.49 E per conseguenza l’esistenzialismo diventa – e qui Pareyson si riferisce specificamente all’esistenzialismo tedesco, compresa la sua “figura paterna” che è Kierkegaard - alla fine dei conti una filosofia che rispecchia e dà voce ai problemi dell’epoca senza essere capace di indicare una soluzione. Per le pro-prie origini storiche l’esistenzialismo porta necessariamente con sè un’ambiguità o pro-blematicità che lo rende la corrente filosofi-ca più indicativa sia della crisi evidente sia del carattere decisivo della sua soluzione, e che costituisce il fondamento di tutte le sue ramificazioni “decadenti” rispettivemen-te nell’esistenzialismo francese, tedesco e russo e della sua inevitabile instabilità nel singolo autore. Proprio perché intende una rivalutazione del finito, cioè del particolare e individuale nella sua inconfondibile e in-sostituibile singolarità, l’esistentialismo si accontenta di separarla dall’infinito in cui era stata assorbita dalla filosofia hegeliana continuando però ad attribuire alla finitez-za quel carattere puramente negativo che gli veniva attribuito da Hegel (con lo stesso as-sorbimento):

Se per una dialettica di carattere hegeliano vale la tesi: “la colpa sussiste solo come con-tenuto del pentimento”, per la dialettica kier-kegaardiana vige il principio: “la profondità del peccato è la grazia”, il che, detto in termini jaspersiani, e perciò laici, vuol dire che il sé è colpa, e coscienza della colpa è la presenza della

Page 14: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 75

trascendenza.50

Donde il motivo per cui l’esistenzialismo rimane hegeliano e antihegeliano allo stes-so tempo, unito alla filosofia di Hegel come alla propria inevitabile antitesi, e perciò ri-mane dentro quella crisi che si rivela, tra la conclusione e il nuovo inizio, incapace di risolvere la crisi, sebbene continui ad essere la più critica e precisa coscienza di essa.51 E donde anche il motivo per cui l’esistenziali-smo, che si voleva presentare come un’esi-genza personalistica nella concezione della singola e imprendibile persona, non è capa-ce di soddisfare quell’esigenza che muoveva la sua intenzione originaria:52

La persistenza di elementi hegeliani in queste teorie, che pure muovono dall’intento esplicito di eliminare l’ambiguità e l’equivoco hegeliano, conferisce loro non soltanto un carattere di am-biguità, ma anche una vera e propria insufficen-za speculativa.53

La soluzione: dialettica dell’incommensura-bilitàAbbiamo visto che l’esistenzialismo è qual-cosa di più di una mera espressione della cri-si e qualcosa di meno della soluzione della crisi,54 ed anche che ciò accade per via del-la dialettica dell’implicanza che inizia con Kierkegaard e continua nell’esistenzialismo tedesco, il che in realtà significa Jaspers e Heidegger, anche se Pareyson considera Karl Barth e quella crisi che diagnostica nella dia-lettica un presupposto invalicabile per poter capire entrambi.55 Ora, per poter uscire da

quel vicolo cieco in cui è finito l’esistenzia-lismo per via della dialettica di implicanza, Pareyson propone un ripensamento del rap-porto tra finito e infinito nella loro reciproca incommensurabilità, e non come prima nella loro complementarità, perché possa indicare una soluzione a quella crisi che, come so-pra nominato, prima della guerra si conce-pisce sopratutto come una crisi nel tentativo di fondare la persona e la filosofia, mentre dopo la guerra si espande in un concetto più ampio che rispecchia l’intera epoca.56 È per questo motivo che Pareyson, nella sua dis-sertazione su Jaspers, presenta quella che definisce la “dialettica dell’incommensura-bilità”, da lui posta come alternativa ad una qualsiasi concezione implicativa del-la persona e del suo rapporto con la tran-scendenza, e cioè come alternativa ad ogni mediazione “tautologica” tra finito e infini-to.57 L’incontro sempre personale tra finito e infinito, sottolinea Pareyson, si può infatti interpretare come sintesi identificante della reciproca implicanza di finito e infinito, o come incommensurabilità terminologica tra le due istanze:

Se personalismo v’è solo fondando la contin-genza, alle dialettiche della mediazione e dell’im-plicanza, che sboccano della necessità, è forse da sostituire la dialettica dell’incommensurabili-tà, la quale alla sintesi e al paradosso contrappo-ne la scelta, all’inveramento e all’implicanza il giudizio critico, allo svolgimento e al trascen-dimento il movimento nostalgico della storia, così proponendo la contingenza.58

Page 15: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

76 JEns viggo niELsEn

Bisogna allora vedere il processo di implica-zione come il punto chiave dell’esistenziali-smo tedesco; l’incommensurabilità è invece la contingenza. Secondo Pareyson la dot-trina dell’incommensurabilità domina gran parte dell’esistenzialismo francese, e quindi non sorprende quando sostiene che sia que-sta la dottrina che meglio soddisfa l’esigen-za personalistica.59 Durante la prima fase del suo pensiero, mentre sta lavorando alla tesi su Karl Jaspers e agli studi sull’esistenziali-smo, sono filosofi come Le Senne e Lavelle che annovera tra gli esistenzialisti francesi più importanti, ai quali corrispondono i suoi “maestri” italiani Carlini e Guzzo, visto che tutti questi quattro filosofi si muovono a modo loro sul limite tra spiritualismo (o ide-alismo) ed esistenzialismo.60 Ma colui che pratica meglio di tutti la dialettica di incom-mensurabilità nella tensione irrevocabile tra esistentialismo e spiritualismo è, secondo Pareyson, senza alcun dubbio, Gabriel Mar-cel, che con la sua teoria del mistero onto-logico per primo ha saputo accogliere l’esi-genza di una fondazione sia normativa sia ontologica della persona.61 In questo modo, e al contrario di Jaspers e di Kierkegaard, Marcel non elude la possibilità della “infe-deltà” come condizione imprescindibile per la libertà, che infatti rende la scelta antici-patamente indecisa, così come non cerca di recludere l’io in una coscienza (troppo) in-timistica e ottimistica, dove include in sé la trascendenza o si amalgama con l’eternità.62 Mentre la filosofia di Kierkegaard e Jaspers in ultima istanza porta alla negazione della libertà, al fatalismo e alla passività, il miste-

ro ontologico diventa quello che per Marcel vi oppone l’esigenza metafisica e che dà ini-zio ad una libera, creativa e passionale atti-vità; il che non esclude, però, che il mistero ontologico in Marcel contemporaneamente vada inteso come l’incarnazione assiologica dell’essere.63 È quindi necessario che un per-sonalismo, che veramente voglia essere tale, assimili le esigenze jaspersiane e kierkega-ardiane e anche il presupposto esistenziale dell’intimità; ma davanti alla concrezione necessaria, e contrariamente ad essa, oppo-ne una concrezione contingente che è l’in-carnazione di un’iniziativa libera; e davanti all’indentità di io e situazione (l’esistenza in Jaspers) oppone la dualità tra due termi-ni incommensurabili (essenza e esistenza). E infine oppone al ”pensiero chiarificante” di Jaspers (”Existenzerhellung”) una purifi-cazione che trasforma e riscatta il dato, e la decisione che si opera certo nella situazione, ma su di essa e non da essa.64 È allora impor-tante sottolineare che, in Marcel, a differenza di Kierkegaard e Jaspers (oltre a Heidegger), opera una dualità esplicita, poiché distingue tra l’io dato e l’io reattivo, o tra l’io trovato e l’io valutante: zona di prova è il campo della libertà.65 Mentre l’implicazione compromet-te la valutazione normativa della persona, si tratta qui, invece, di spostarsi al di là della tautologia e della decisione interiore, e ciò diventa possibile proprio nel pensiero di Marcel, che non riduce la partecipazione e l’intensità dell’incarnazione ad un’identità tautologica, ma aspira a confermare l’opzio-ne radicale di fronte all’alternativa originale come un’attestazione ontologica; testimo-

Page 16: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 77

nianza dell’essere che si manifesta come ap-pello nel e al singolo.66 Insomma, tra oppo-sizioni che sono veramente tali, c’è sempre un’alternativa reale, e il fatto che l’alternati-va debba essere fondata sull’iniziativa libera appare tanto più ovvio quanto più si pensa che l’iniziativa è un tal “potere” che impli-ca anche un “poter non”.67 Questo però non significa, secondo Pareyson, che bisogna fare un problema irrisolvibile del rapporto con l’essere, insistendo sul problema come se fosse una soluzione in sè, e che, in ultima analisi, implicherebbe assumere una presun-ta posizione oggettiva “davanti” a quell’es-sere entro cui già ci muoviamo:

Se ricordiamo che per il Marcel l’esistenza è partecipazione all’essere, dovremo concludere che una riflessione approfondita della nozione di problema porta alla convinzione dell’impos-sibilità di porre il problema e una problematica dell’essere, per l’intima contraddizione contenuta nelle parole “problema dell’essere” [...] Dell’es-sere non si pone problema, cioè considerazione indipendente dalla natura e dalla situazione del considerante, perché si tratta non dell’essere, ma di essere. Non si tratta tanto dell’indagine quanto della ricerca dell’essere, e se al problema corri-sponde una soluzione, all’esigenza risponde una affermazione.68

Concludendo si può dire che l’esistenzia-lismo è essenzialmente instabile per via dell’ancoraggio problematico nell’essere che caratterizza la libertà, e ciò implica, se-condo Pareyson, che non può pretendere di presentarsi come soluzione ai problemi e

alle questioni da esso stesso posti e creati: non può sensibilmente chiudersi in sè stesso, perché la sua stessa natura tende a portarlo verso la soluzione in una delle altre filosofie, il cui significato e la cui rilevanza proprio esso rivela; o tende a portarlo in quella che sta per trovare la sua soluzione in un rin-novamento dello spiritualismo, o in quella che sta per trovare la sua (dis)soluzione in una purificata versione dell’umanismo.69 In questo modo Pareyson sottolinea, nella sua critica dell’esistenzialismo, che non si può ricorrere né allo spiritualismo nè all’esisten-zialismo separatamente: senza lo spiritua-lismo l’esistenzialismo diventa distruttivo, e senza l’esistenzialismo lo spiritualismo diventa dogmatico. Invece Pareyson ritiene che soltanto un esistenzialismo che rima-ne aperto o tende verso lo spiritualismo, e che si giustifica rifornendogli una radicale coscienza di crisi (quella coscienza che lo spiritualismo francese spesso sta perdendo in quanto ottimistico e intimistico), possa mantenere la possibilità per affermarsi in un’attualità positiva e valida.70 Che il dog-matismo sia un pericolo, come ad esempio in Lavelle e Le Senne, è un rischio che Pa-reyson intravede presto,71 laddove nell’uma-nismo purificato di Jean-Paul Sartre vede la pura distruttività: “La concezione sartriana della libertà è ispirata da un arbitrarismo as-soluto”, ma “...quella cinica libertà priva di leggi e criteri mi sembra che non risponda per nulla alla reale condizione dell’uomo, e quell’arbitrarismo assoluto non credo che riesca ad esprimere adeguatemente la natura umana”.72 Con questo laconico rifiuto del-

Page 17: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

78 JEns viggo niELsEn

la concezione sartriana della libertà, che si trova ripetutamente in Pareyson, passiamo, dunque, alla discussione in cui cercherò pri-ma di analizzare l’autocritica di Pareyson nella nuova conclusione a Esistenza e per-sona, aggiunta in seguito (1975), e dove poi verranno sollevate un paio di domande criti-che alla concezione pareysoniana della dia-lettica e di Kierkegaard, nonché di Sartre.

iii. LEggERE paREyson con paREyson E con-tRo paREyson: discussionE

Nella conclusione a Esistenza e persona del 1975, “Rettifiche sull’esistenzialismo”, ed anche nei commenti a diversi dei testi del libro, Pareyson solleva una critica alla propria precedente adesione all’esisten-zialismo nella forma qui abbozzata. È più precisamente a quell’amalgama di esisten-zialismo e spiritualismo (o idealismo) che ora si oppone, ritenendo retrospettivamente la propria critica dell’esistenzialismo come almeno parzialmente erronea, e la soluzione appena presentata come problematica. Inve-ce di vedere la soluzione in un rinnovo dello spiritualismo, sottolinea ora, avrebbe dovu-to vederla in un rafforzamento del vincolo ontologico: “Eppure il termine c’era, ed era il più adeguato anche alla mia prospettiva d’allora, ed era “personalismo ontologico”.73 Rispondendo ad Antonio Santucci che, nel-la sua importante opera sull’esistenzialismo e sulla filosofia italiana annovera Pareyson tra gli spiritualisti veri e propri, nota con ra-gione, come abbiamo appena visto, che non

ha mai abbracciato lo spiritualismo intera-mente e senza spirito critico, ma ha soltanto voluto ridefinirlo in una versione che man-teneva la radicale coscienza di crisi apparte-nente all’esistenzialismo.74 Bisogna però qui aggiungere che si può comprendere perchè Santucci ed altri abbiano frainteso il rappor-to di Pareyson con lo spiritualismo nelle sue prime opere, visto che Pareyson sia nella dissertazione su Jaspers sia in Studi sull’esi-stenzialismo, ed anche in Esistenza e perso-na, ripetutamente sottolinea che la soluzione della problematica dell’esistenzialismo vada ricercata al di fuori di esso, nell’abbastan-za vago concetto di un “rinnovo dello spi-ritualismo”; concetto che forse promette di più, in quanto “terra promessa” o in quan-to diretto verso un futuro ignoto, di quanto nei fatti riesca a mantenere. In altre parole è solo durante una fase posteriore a quella pu-ramente esistenzialista, in cui entra a caval-lo degli anni cinquanta, che Pareyson adotta il concetto di un “personalismo ontologi-co”, rappresentando ciò che egli stesso per il resto della sua carriera considererà come l’essenza del proprio “esistenzialismo”.75

Ma ciò non significa comunque, come già dimostrato, che la dimensione ontologica sia assente nè nel primo Pareyson nè in quel Marcel, da cui in questa fase è più ispirato. Intanto è degno di nota il fatto che Pa-reyson, in occasione della ripubblicazione della terza edizione di Esistenza e persona del 1966, non soltanto toglie dall’opera gli articoli che presumibilmente non interessa-no più se non da un punto di vista storico, ma anche quel testo che tratta specifica-

Page 18: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 79

mente l’ultimo sviluppo della filosofia mar-celliana fino al tempo della sua stesura nel 1948. Il che indicherebbe, almeno in manie-ra indiretta, una rivalutazione dell’opinione secondo cui soltanto in Marcel si trova la so-luzione della “miseria” esistenzialista. È qui subito importante ammettere, però, che non si trova nessun rifiuto o riserva esplicita da parte di Pareyson nei confronti di Marcel, e per questo motivo costruisco la mia ipotesi più su quello che non dice (più) che non su quello che in effetti dice del filosofo france-se, nonché su quello che dice retrospettiva-mente dello spiritualismo. In ogni caso è un fatto che la sua valutazione sia di Heidegger che di Jaspers diventa sempre più positiva durante gli anni Cinquanta e Sessanta, e in un articolo del 1969, dal titolo appunto di “Ultimi sviluppi dell’esistenzialismo”, Pa-reyson nomina Jaspers e Heidegger come gli unici veri filosofi assieme a Marcel (pur non dicendo nulla di più su quest’ultimo).76 E lo ripete nella nuova conclusione di Esistenza e persona sei anni dopo, in un passaggio molto significativo per questo articolo, dove contemporaneamente include anche il russo Berdjaev:

Il fatto è che l’esistenzialismo non è un uma-nismo, perché si impernia sul concetto centrale, sul quale si trovano tutti d’accordo, tanto Hei-degger quanto Jaspers, sia Marcel che Berdjaev, d’un rapporto problematico fra uomo ed essere, fra esistenza singola e verità.77

Molto indica quindi che, durante gli anni Cinquanta e Sessante, avviene una graduale

rivalutazione dell’esistenzialismo all’inter-no della filosofia pareysoniana, in una forma che equivale alla sua svolta verso l’erme-neutica e l’ontologia; conferma di ciò sarà anche il fatto che l’ultima analisi positiva e indipendente della filosofia marcelliana, vi-sta come (indicativa della) “soluzione” per un verso, e la corrispondente analisi ridutti-va di Jaspers e Heidegger visti come “il pro-blema” per l’altro verso , si data al 1952.78 Quello che gradualmente svanisce in Parey-son, è esattamente l’opposizione assoluta tra la dialettica dell’implicanza (Jaspers, Hei-degger) per un verso, e la dialettica dell’in-commensurabilità (Marcel) per l’altro verso, poiché i tre filosofi vengono messi sullo stes-so piano. Anche l’alternativa cambia: non si tratta più di una scelta tra esistenzialismo e spiritualismo (o idealismo), ma di una scelta tra umanismo e personalismo ontologico, e ciò provoca contemporaneamente uno spo-stamento dell’alternativa e una rivalutazione della presunta insufficenza dell’esistenziali-smo: mentre prima l’opposizione originaria era fondata sull’instabilità e ambiguità di un esistenzialismo incapace di fornire una soluzione valida ai problemi da esso stesso posti, ora va considerato come l’unica solu-zione genuina allo stesso problema, che in-vece prima di tutto consiste nel confrontarsi con la possibilità di un umanismo purificato (Sartre e il marxismo):

In ogni modo dal punto di vista delle Rettifi-che la questione è superata, perché vi si rivendi-ca la sostenibilità dell’esistenzialismo come po-sizione autonoma e precisa, non così instabile da

Page 19: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

80 JEns viggo niELsEn

doversi necessariamente risolvere in altre posi-zioni, e in esso si ravvisa lo stesso personalismo esistenziale o ontologico, com’è ribadito ora nell’ ”Introduzione” alla presente edizione.79

Corrispondentemente anche l’interpretazio-ne di Kierkegaard subisce certi cambiamenti dopo la pubblicazione della prima edizione di Esistenza e persona, visto che la filoso-fia kierkegaardiana (e la cristianità) passa in secondo piano in Pareyson durante gli anni Cinquanta e Sessanta: in ogni caso fino al 1975 quando, nella già menzionata conclu-sione a Esistenza e persona, viene di nuovo nominato, e con enfasi, come uno dei gran-di “moderni” pensatori cristiani che hanno posto la domanda decisiva a ognuno: per o contro il cristianesimo?80 Comunque que-sta è senza dubbio una verità contestabile, in quanto Pareyson più di una volta attorno alla metà degli anni Sessanta e a cavallo de-gli anni Settanta svolge una serie di lezioni su Kierkegaard che saranno pubblicate in seguito, e nelle quali cerca di approfondire la sua lettura del filosofo danese per quan-to concerne la fedeltà al testo e la richezza dei dettagli: è qui significativo il fatto che la prospettiva cambi e allo stesso tempo riman-ga identica a se stessa, nel senso di rimanere tutto sommato una lettura implicativa che rappresenta una teoria “classica” dei presun-ti stadi in Kierkegaard, mentre la critica o il rifiuto precedente della dialettica kierkega-ardiana come una dialettica dell’implicanza svanisce. Per farne una descrizione somma-ria si può dire che Pareyson in queste lezioni sottolinea la filosofia kierkegaardiana come

un’indiretta filosofia etica e comunicativa dell’essere trascurando però le intricate e forse perfino irrisolvibili questioni che ri-guardano la controversia kierkegaardiana con l’ironia per un verso, e l’incommensu-rabilità della cristianità con la filosofia per l’altro verso, a causa del peccato che, se-condo Kierkegaard e la teologia cristiana, va oscurando la conoscenza umana etc.81 Ma andiamo avanti. Alla luce di quanto fin qui detto, ed anche in seguito all’investiga-zione fatta della dialettica in Pareyson, ora si fanno urgenti almeno tre domande che si possono ragionevolmente porre a Pareyson, e cioè in merito al rapporto tra dialettica di incommensurabilità da un lato e dialettica di implicanza dall’altro lato. Purtroppo lo spa-zio non ci concede se non di porre le doman-de e poi abbozzare delle risposte plausibili:1) Prima occorre chiedersi, se è l’incom-mensurabilità o l’implicanza che, per così dire, prende il sopravvento in Pareyson, quando, lasciando dietro a sé questa op-posizione e allontanandosi contempora-neamente dalla dicotomia spiritualismo/esistenzialismo, si avvicina al personali-smo ontologico: l’incommensurabilità che vince mettendo in disparte l’implicanza, o è invece l’incommensurabilità che vie-ne assimilata alla dialettica di implicanza? 2) In secondo luogo si presenta anche la domanda, se quella che il primo Pareyson aveva diagnosticato come una dialettica di incommensurabilità, non era in effetti e fin dall’inizio una dialettica dell’implicanza? 3) Infine, e per converso, bisogna anche chiedersi, se quella dialettica di Kierkega-

Page 20: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 81

ard che il giovane Pareyson aveva identi-ficato come una dialettica dell’implican-za, non la si può in realtà con altrettanta ragione – usando la terminologia di Pa-reyson – intendere come una vera e pro-pria “dialettica di incommensurabilità”? Ad 1) La risposta alla prima domanda mi sembra la più facile: è la dialettica di impli-canza che prende il sopravvento dominando o assimilando tendenzialmente l’incommen-surabilità, e la prova di questo è il semplice fatto che Pareyson non mantiene più l’oppo-sizione (!). Tant’è vero che continua a sot-tolineare l’incommensurabilità e il rapporto problematico con l’essere; ma ora lo vede come Jaspers, come una parte integrale del processo filosofico nello svolgimento del personalismo ontologico. A mio parere è qui “profeticamente” significativo il fatto che già nel capitolo su Kierkegaard e Feuerbach in Esistenza e persona, Pareyson conclude richiedendo “una riaffermazione del valore speculativo del pensiero e dell’incommen-surabilità tra finito e infinito”, e mi chiedo come sarebbe, semmai, possibile unire l’in-commensurabilità con la speculazione.82 Detto in altri termini, ciò avviene in mas-sima parte in rapporto al passato, quando Pareyson stesso continua a parlare dell’in-commensurabilità tra finito e infinito soltan-to come “pedina tattica”, e lo stesso sembra accadere quando dopo, nella sua ermeneuti-ca, parla del rischio, dell’insecuritas e della tragicità della condizione umana,83 o ancora quando in seguito dice di incontrare, come Kierkegaard, la fede sul cammino del dub-bio.84 Con ciò non intendo dire che Pareyson

nega la libertà in toto, piuttosto che limita o riduce lo spazio della libertà data. In realtà non sembra esserci molto spazio per un tale dubbio o scetticismo radicale che ha come punto di partenza e riferimento invalicabi-le il detto kierkegaardiano De Omnibus du-bitandum est, e che con Sartre si permette, anzichè parlare di un essere “autentico”, di fare l’obiezione banale - ma non per questo meno rilevante - che forse questo essere non esiste se non nella testa del filosofo stesso. Per Pareyson questa obiezione è equiparabi-le ad una posizione scientistica o immagina-ria oggettivante, rispetto a quella decisione sull’essere entro cui già siamo da sempre, e che certo si può rifiutare o a cui si può esse-re infedeli, ma non senza perdersi e con ciò perdere anche di vista la verità:

Di fronte all’alternativa che emerge da questo problema non è possibile una posizione agnosti-ca, e chi tenta di porla senza deciderla, propo-nendosi di rimanere nella più oggetiva e critica problematicità, non fa se non snaturare i dati del problema, illudendosi di poter isolare i termini puri di un’alternativa senza far cenno alla neces-sità di risolverla, credendo cioè di poter ridurre un dilemma e un’antinomia e di poter fare di una opposizione una contraddizione.85

Rispondendo a ciò bisogna dire che il feno-meno del dubitare non è equiparabile ad una posizione agnostica o oggettiva; piuttosto implica l’essere in movimento costante, o Vorden (divenire) come lo chiamava Kierke-gaard. Rimanere dentro “l’ambiguità incer-ta” (l‘espressione kierkegaardiana famosa

Page 21: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

82 JEns viggo niELsEn

dal Poscritto) non significa non arrivare mai ad una decisione; significa piuttosto che ogni decisione in quanto temporale rimarrà prov-visoria. E già per questo la critica pareyso-niana menzionata in precedenza sembra non valida: egli stesso sottolinea, in effetti, che l’autocoscienza mi rende incapace di essere semplicemente quello che sono...

Perché la mia vita spirituale porti a una con-crezione giudicabile per una sua validità, perché io possa sfidare l’evanescente labilità del tempo per emergerne e assurgere a un’eterna assolutez-za che è il marchio e il sigillo di una vita libera e assetata di libertà, è necessario che io sappia distinto dalla mia situazione.86

Nello stesso contesto aggiungo che manca ancora in Pareyson una chiara spiegazione della differenziazione del concetto di esse-re, poiché distingue ovviamente tra l’essere degli enti e il vero essere, non essendo l’ul-tima determinazione riducibile alla prima. Ma qual è più precisamente la differenza tra l’essere già dato, l’essere indifferente e incontestabile, la cui esistenza bisogna pre-supporre, e a cui Sartre e Jean Wahl cercano entrambi di avvicinarsi in Vers le concret e in L’Être et le néant (anche se in modo di-verso), e l’essere vero o autentico che è per così dire trascendente in seconda potenza?87 È veramente sufficiente constatare, da un punto di vista difensivo, che non si può ri-durre la questione sull’essere all’essere dato, perché sempre elude (qualsiasi definizione)? E infine si deve chiedere a Pareyson se un’alternativa, ineludibile e forzata quanto

si voglia, che veramente escluda l’ateismo (finora) ”preliminare”, e anche la possibi-lità di dubitare dell’esistenza di un essere di seconda potenza, possano porsi come un’alternativa valida. Non è già data in an-ticipo la risposta pareysoniana al dilemma apparentemente irrisolvibile nella scelta tra il cristianesimo e l’umanesimo o “l’anticri-stianesimo”, così come la prossima citazio-ne, secondo me, chiaramente dimostra?:

Di qui l’importanza dell’ateismo (esempio Feuerbach) e del nichilismo (esempio Nietzsche) per un’affermazione attuale di cristianesimo. L’estrema negazione è il ”penultimo gradino”, senza il quale non si può accedere all’ultimo: sino alla fine esso può compromettere la salita e bloccare il passaggio; ma, saputo superare, cede il posto all’affermazione finale.88

Ad 2) Alla seconda domanda darei in breve una risposta affermativa: perché, se Marcel dall’inizio determina l’incarnazione come partecipazione, che cos’è questo se non un’implicazione (nascosta) malgrado tutte le rassicurazioni del contrario? Tutto som-mato Pareyson eredita questa dicotomia da Marcel, anche se bisogna subito ammettere che le letture di Marcel nella dissertazione su Jaspers e negli studi sull’esistenzialismo, la sua interpretazione di Positions et ap-proches concrètes du mystère ontologique (1949) e di Avoir et Être (opere di Marcel), sembrano più interessanti e consapevoli di tale problematicità che non gli scritti dello stesso Marcel. 89 In questa luce diventa anche più comprensibile il motivo per cui Pareyson

Page 22: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 83

in seguito svaluterà sia il proprio precedente sostegno alla filosofia di Marcel sia la cor-rispondente critica di Jaspers e Heidegger, perchè capisce probabilmente ora che non c’è altra via per la filosofia se non quella che porterà verso un rafforzamento della dimen-sione ontologica e verso un corrispondente indebolimento filosofico della soggettività (da lui definito anche “l’intimismo”). Senza però mai cadere nell’eliminazione del con-cetto di soggettività. Nonostante ciò sembra naturale volgere la domanda posta da Parey-son nella dissertazione su Jaspers allo stesso Pareyson, rendendola valida per la sua ado-zione del concetto di incarnazione intesa in Marcel come partecipazione (e sostituendo adeguatamente il termine “necessità” con il termine “personalismo ontologico”): “Ci chiediamo se, per evitare la concezione della libertà come capriccio, lo Jaspers non cada nella teoria della libertà come necessità.”90

Ad 3) Anche sulla terza e ultima domanda darei una risposta affermativa: L’interpreta-zione pareysoniana della dialettica di Kier-kegaard come una dialettica dell’implicanza è, com’è già stato accennato, se non iden-tica almeno vicinissima alla teoria classica sugli stadi in Kierkegaard, dove l’apparen-te alternativa tra i diversi stadi equivalenti (estetico, etico, religioso) in realtà è sospesa in virtù della logica ascendente tra di loro o, per fare riferimento alla citazione di prima, essi vengono appunto superati nel passag-gio all’affermazione (preliminare o finale). Esempi classici di questo tipo di specula-zione schematica sono Gregor Malantschuk o, in una versione più solida e sottile, Jo-

hannes Sløk. Fuori dei paesi nordici si può menzionare Marc C. Taylor, ma in realtà gli esempi possono essere quasi infiniti.91

L’unilaterale enfatizzazione di Pareyson del-le prime pagine di La malattia per la morte, usate come una chiave di lettura per l’inte-ra opera, è, quindi, nei migliore dei casi un problema, e nel peggiore dei casi un errore vero e proprio. Dubbia è qui prima di tutto la sua interpretazione del paradosso kierke-gaardiano visto come una categoria dove il finito implica l’infinito, anziché essere una categoria che mantiene l’incommensurabili-tà delle due istanze:

L’aporia in cui si involge la teoria della sinte-si di eternità e tempo come paradosso, dimostra appunto come non si possa stabilire tra i detti termini rapporto di opposizione. L’eternità non è opposta al tempo, è al di là di esso, o, meglio, è di là da ogni possibile opposizione di temporale e atemporale.92

A mio avviso Pareyson, in questa cita-zione, confonde il livello ontologico con quello esistenziale-logico: una cosa è che il tempo e l’eternità non possono costitu-ire una opposizione ontologica (se si pre-suppone l’esistenza dell’eternità), il che è vero; altra cosa è che difficilmente li si possono capire diversamente da un pun-to di vista esistentiale e anche logico, nè in Kierkegaard nè in linea di principio. Il fatto che la lettura pareysoniana di Kierkegaard non sia del tutto naturale è di-mostrato dagli ultimi vent’anni di ricerca sull’opera kierkegaardiana, sopratutto in

Page 23: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

84 JEns viggo niELsEn

ambito danese: ricercatori come Isak Win-kel Holm, Povl Erik Tøjner e di recente Jacob Bøggild, hanno, in maniera diversa, indicato che la classica teoria sugli stadi è, se non morta, almeno deligittimata come approccio naturale all’opera kierkegaardia-na; infatti Kierkegaard si trovava in una au-tentica lotta con l’ironia che durò per tutta la sua vita, e di cui si perde traccia in una lettura puramente filosofico-concettuale, laddove nei suoi scritti si ignora il comple-mento letterario del filosofico o “Il come della comunicazione” (”Meddelelsens hvor-ledes”). Detto con il vocabolario di questo articolo, si può sostenere, che quello che questi ricercatori hanno accentuato, ciascu-no a modo proprio, è l’incommensurabilità in Kierkegaard, per via del rapporto precario nelle sue opere tra forma e contenuto o tra l’estetica e il religioso, e allo stesso tempo si può appropriatamente annoverare l’interpre-tazione di Pareyson tra quelle “riduttive”.93 Pareyson dice di essere arrivato a Kier-kegaard attraverso Jaspers,94 e questo appare chiaramente da quella doppiezza e da quella doppia prospettiva che applica nei confron-ti di Kierkegaard, e che probabilmente non avrebbe potuto non applicare: per un verso entrambi lo vedono come il grande precur-sore cristiano dell’esistenzialismo, come il filosofo dell’implicanza che arriva alla fede attraverso il cammino del dubbio e alla gra-zia attraverso la disperazione. E per l’altro verso c’è in entrambi una coscienza “catti-va” di tutto ciò che in Kierkegaard non si lascia sisyemare in questo schema, poiché il discorso “particolare” (“Sonderdiskurs”) di

Kierkegaard elude una qualsiasi categoriz-zazione severa. Detto con Pareyson:

…forse ciascuno, fuori dall’esistenzialismo tedesco, ritrova in Kierkegaard, così poliedrico come sfingetico, altrettanto polisenso quanto ambiguo, ciò che gli proviene da una tradizio-ne, perenne e sempre rinascente, che immerge le sue radici nelle esigenze della natura stessa dell’uomo.95

In qualche misura Pareyson è quindi attento alla stessa ”pericolosità” filosofica di Kierke-gaard come lo era Jaspers, e cioè al fatto che il pensatore danese prima di tutto è e rimane un filosofo anti-filosofico e un dialettico anti-dialettico: ad esempio Pareyson, e a mio av-viso in congruenza con questo, disapprova la concezione kierkegaardiana dell’eccezione isolata (“Undtagelsen”) in Timore e tremore che per via del silenzio elude le dimensioni dell’etica e dell’universale (il linguaggio).96 Ma di nuovo: forse quello che Pareyson (e Jaspers) vede come il problema di Kierke-gaard, è esattamente e in ultima analisi il punto, poiché si può argomentare che Kier-kegaard con tutte le sua acrobazie testuali rinvia ogni possibile decisione esistenziale o ”conversione” alla vita fuori del testo.97 E qui “l’infedeltà” (o, con Kierkegaard: “Fo-rargelsen”) è sempre una possibilità ovvia, se non addiritura una condizione inevitabi-le, al punto che è problematico dire se ve-ramente si può parlare del rifiuto dell’as-soluto come di una forma di infedeltà. Ci porterebbe troppo lontano appro-fondire tutti gli aspetti dell’interpretazio-

Page 24: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 85

ne pareysoniana di Kierkegaard, per cui mi debbo accontentare della discussione e dell’analisi precedente, indicando allo stes-so tempo il compito per la ricerca di fornire un più dettagliato svolgimento dell’argo-mento. Concludo invece con una citazione dello scomparso filosofo danese, Hans Jør-gen Thomsen, tratta da un articolo che porta il titolo “Lo scontro di Sartre con Heideg-ger”, e che metterei come un correttivo al probabilmente troppo facile rifiuto di Sartre da parte di Pareyson, ed anche alla sua in-terpretazione della dialettica, inclusa quella kiergaardiana:

Sartre e Kierkegaard sono entrambi scrit-tori di romanzi con una coscienza acuta della tematica epocale che caratterizza la forma del romanzo a partire dal romanticismo della di-sillusione e dal dopo-romanticismo. In questo

senso l’accettazione della modernità realizzata fa parte dell’ordine del giorno, anche nel senso filosofico, così come l’accettazione in entrambi è basato sul rinuncio alle utopie del mondo ro-mantico: queste non sono semplicemente com-patibili con la struttura di una vita finitizzata. Per cui, se il regno di Dio esiste, deve essere nel e non al di fuori del tempo. E nel tempo diventa subito un paradosso: dialettica temporale diven-ta, momentaneamente, dualità coagulata.98

- Rimane de facto una questione aperta, se l’esistenzialismo sia un umanesimo o meno.

Jens Viggo Nielsen,Højmarken 28, 1.

8600 SilkeborgDanmark

[email protected]

Page 25: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

86 JEns viggo niELsEn

Abbagnano, N. 1998 Scritti esistenzialistici, Torino.

Bobbio, N. 1948 The Philosophy of Decadentism, Oxford.

Bøggild, J. 2002 Ironiens tænker – tænkningens ironi,

København.

Gadamer, H. G.1960 Wahrheit und Methode, Gesammelte

Werke 1, Tübingen.

Husserl, E.1996 Die Krisis der europäischen Wissenschaf-

ten, Hamburg, (ed. orig. 1936).

Jaspers, K.1938 Existenzphilosophie – Drei Vorlesungen,

Berlin – NY.

1960 Vernunft und Existenz, München, (ed. orig. 1935).

1999 Die Gestige Situation der Zeit, Berlin – NY, (ed. orig. 1932).

Kierkegaard, S.1963 Sygdommen til Døden, Samlede Værker,

vol. 15, København, (ed. orig. 1849).

Malantschuck, G.1978 Fra individ til den enkelte, København.

Marcel, G.1940 Being and Having – an Existentialist Dia-

ry, Boston, (ed. orig. 1935).

1958 Eksistens og erkjennelse, Oslo, (Tit. orig.: Positions et approches concrètes du mys-tère ontologique, Paris – Louvain, 1949)

1987 The Philosophy of Existentialism, New York, (ed. orig. 1948).

Nielsen, J.V.2001 “Kierkegaards negative æstetik og etik”,

Studi Nordici VIII, Pisa-Roma, 99-120.

Pareyson, L.1988 Estetica – teoria della formatività, Bolo-

gna, (ed. orig. 1954).

1992 “Æstetik – formskabelsens teori”, trad. F.

Frandsen, Slagmark 19, Århus, 35-44.

1993 Prospettive di filosofia contemporanea, Milano.

1995 Ontologia della libertà, Torino.

1997 La filosofia dell’esistenza e Carlo Jas-pers, Genova, (ed. orig. 1940).

1998 Kierkegaard e Pascal, Milano.

2001 Studi sull’esistenzialismo, Milano, (ed. orig. 1943).

2002 Esistenza e persona, Genova, (ed. orig. 1950).

2005 Iniziativa e libertà, Milano.

Santucci, A. 1967 Esistenzialismo e filosofia italiana, Bolo-

gna.

Sartre, J-P2007 Væren og Intet, con un poscritto di Sune

Liisberg, Århus, (ed. orig. 1943).

Sløk, J.1992 Kierkegaards univers – en ny guide til

geniet,Viby.

Taylor, M.C.1980 Journeys to Selfhood: Hegel and Kierke-

gaard, Los Angeles – London.

Thomsen, H-J.1994 “Sartres opgør med Heidegger”, Slagmark

23, Århus, 49-62.

Tomatis, F.2003 Pareyson: vita, filosofia, bibliografia,

Brescia.

Tøjner, P.E.1987 “Om Begrebet Ironi”, Kritik 81, Køben-

havn, 62-83.

Wahl, J.1932 Vers le concret - Études d’histoire de la phi losophie contemporaine, Paris.

1969 Philosophies of Existence, London, (ed. orig. 1959).

Winkel Holm, I. 1998 Tanken i billedet, København.

BIBLIOGRAFIA

Page 26: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 87

L’articolo è stato tradotto dall’autore con l’assistenza linguistica della dott.ssa Adelaide Zocchi.

1 Si veda Gadamer 1960, 66 e 124. 2 Pareyson, parlando senza difficoltà dell’esistenzialismo, nella sua dissertazione su Jaspers condidera, per

esempio, la “filosofia dell’esistenza” preferita da quest’ultimo come parte di un movimento più ampio dell’epoca, che secondo Pareyson sarebbe lo stesso esistenzialismo. Com’è noto Jaspers rifiuta l’ultimo concetto preferendo invece – ma sempre con qualche riserva – di aderire al primo (”Existenzphilosphie”; si veda K. Jaspers 1938, 1). Come Marcel Pareyson, non trova difficoltà nell’usare il concetto di esistenzialismo, ma entrambi definendolo ciascuno a modo proprio, e, come si vedrà, diversamente da Sartre e in polemica con la proposta che quest’ultimo ne fa in L’Esistenzialismo è un umanesimo (cfr. Marcel 1987, 74-90).

3 Le diverse opere e saggi di N. Abbagnano sull’esistenzialismo sono stati uniti in un unico volume; la migliore opera sull’introduzione e sulla diffusione dell’esistenzialismo in Italia è il libro di A. Santucci di 1967 (si veda la bibliografia).

4 Più precisamente si parla degli anni 1936-37. Cfr. Pareyson 1995, 439-441.5 Pareyson 1995, 4396 Si veda il saggio ”Esistenzialismo 1941”, 21-34.7 Pareyson 2002, 78.8 Su questo argomento si veda Tomatis 2003, 13, nonché gli scritti illegali antifascistici in Pareyson 2005,

17-30.9 Bobbio 1948, 42.10 Per la critica di Pareyson su Abbagnano e Sartre, si veda Pareyson 1993, 66-68. 11 Pareyson 2002, 78.12 Husserl 1996, 1-5.13 Jaspers 1999, 7614 Pareyson 2001, n.52 , 216.15 Pareyson 2002, 75.16 Ibid., 76.17 Jaspers 1999, 5.18 Pareyson 2002, 87.19 Pareyson 1997, 170.20 Pareyson 2002, 88.21 Ibid., 70. Tralascio qui il fatto che Pareyson più tardi, nella nuova prefazione a Esistenza e persona del 1975,

”Rettifiche all’esistenzialismo”, enfatizza la critica schellingiana di Hegel e la sua presupposta importanza per Kierkegaard e Feuerbach , 243-46.

22 Ibid., 67.23 Ibid., 52-57.24 Ibid., 54.25 Ibid., 55.26 Ibid., 57.27 Ibid., 72.28 Ibid., 35.29 Ibid., 56.30 Kierkegaard 1963, 73.31 Pareyson 1997, 46, ma si veda anche Pareyson 2002, 57.

NOTE

Page 27: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

88 JEns viggo niELsEn

32 Pareyson 2001, 66.33 Pareyson 2002, 71.34 Pareyson, 2001, 69. Su questo punto si veda anche Wahl 1969, 93, 108. Wahl e Jaspers hanno qui lo stesso

punto di vista su Kierkegaard. 35 Pareyson 1997, 94.36 Ibid., 167.37 Ibid., 138.38 Ibid., 121.39 Pareyson 2001, 26, 115-117.40 Ibid., 5541 Pareyson 1997, 137, 148. Certamente l’espressione ”incarnazione e partecipazione” non è di Jaspers, ma di

Marcel (argomento trattato nel prossimo paragrafo).42 Ibid., 4.43 Pareyson 1997, 153.44 Ibid., 14.45 Ibid., 66.46 Pareyson 2001,7547 Pareyson 1997, 72, 84.48 Ibid., XXXI.49 Ibid., 160.50 Ibid., 168.51 Pareyson 2002, 78.52 Ibid., 80.53 Ibid., 82.54 Ibid., 78.55 Pareyson 2001, 115-40.56 Pareyson 2002, 104.57 Pareyson 1997, XXXIII58 Ibid., 168.59 Pareyson 2001, 20.60 Ibid.. Si veda per esempio il saggio “Idealismo ed esistenzialismo”, 177-94.61 Pareyson 1997, 168.62 Ibid., 98.63 Ibid., 48, 78, 87. Ma Pareyson nota anche dall’inizio che Marcel è disposto a negare quella valutazione

normativa che da un significato concreto alla persona, a favore invece della dimensione ontologica (169). Per un’affermazione o smentita di ciò si veda Marcel 1958 (cfr. la bibliografia; traduzione norvegese del testo famosi sul mistero ontologico). Come andremo a vedere Pareyson aderisce dopo al punto di vista contrario nel vagliare il pro e il contro tra assiologia e ontologia.

64 Pareyson 1997, 131.65 Ibid., 124.66 Ibid., 169.67 Ibid., 165.68 Ibid., 59.69 Pareyson 2002, 89.70 Pareyson 2001, 46-47 e Pareyson 2002, 131-132.

Page 28: ANALECTA ROMANA - acdan.it · Søren Kierkegaard, Diapsalmata, Enten-Eller, vol. I Abstract. Taking its departure from his work, Esistenza e persona, first published in 1950, the

”L’EsistEnziaLismo non è un umanEsimo” 8971 Pareyson 2001, 29, 184-187.72 Pareyson 1993, 66, 6873 Pareyson 2002, 91.74 Ibid., 236. Cfr. l’interpretazione di Santucci dello spiritualismo pareysoniano, 3-14.75 In Esistenza e persona si può seguire la graduale accentuazione della dimensione ontologica a scapito di

quella normativa, ad esempio negli spostamenti tra le prime due parti del libro e i testi della terza parte aggiunti di seguito, che sono rispettivemente da 1953, 1958 e 1963-65.

76 Pareyson 1993, 27.77 Pareyson 2002, 248 (il corsivo è mio).78 Si parla del manoscritto ”Libertà e peccato nell’esistenzialismo”, dove Pareyson ancora mantiene la

schematica differenza tra implicazione e incommensurabilità (si veda Pareyson 1993, 58-70). Ma anche il contributo originario su Marcel in Esistenza e persona, “Il pensiero più recente di Gabriel Marcel” (1948), si trova oggi in Pareyson 1993, 36-57.

79 Pareyson 2002, 91.80 Ibid., 241.81 Si veda ad esempio Pareyson 1998, 91 og 142.82 Pareyson 2002, 73 (il corsivo è mio).83 Pareyson 1971,141.84 Pareyson 2002, 241. Ma questo vale certo soprattutto per Pareyson nella seconda fase del suo pensiero;

quella estetica e ermeneutica degli anni Cinquanta e Sessanta, almeno fino a Verità e interpretazione (1971), e di meno per l’ontologia della libertà nell’ultimo Pareyson.

85 Ibid., 108.86 Pareyson 1997, 12187 Su questo argomento, si veda Wahl 1932, 29-46, e Sartre 2007, di specifico la sua discussione della “prova

ontologica”, 416.88 Pareyson 2002, 10 (il corsivo è mio).89 Si veda Pareyson 1993, 36-57, e Marcel 1940 (cfr. la bibliografia).90 Pareyson 1997, 118.91 Si veda Sløk 1992, Malantschuk 1978 e Taylor 1980 (cfr. la bibliografia).92 Pareyson 1997, 7.93 Su quest’ultimo punto si veda Isak Winkel Holm 1998, 42-46. Holm fa invece riferimento a Villy Sørensen

come appartente a questo gruppo. 94 Pareyson 2002, 23295 Si veda anche Jaspers 1960, 32.96 Pareyson 1998, 142.97 Rimando al mio articolo su quest’argomento, Nielsen 2001. Ma si veda anche Tøjner 1987 e l’eccelente opera

di Jacob Bøggild sull’ironia del pensiero e su Kierkegaard come pensatore dell’ironia (Bøggild 2002).98 Thomsen 1994, 59.