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Facolt` a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Matematica Tesi di Laurea Triennale La disuguaglianza isoperimetrica Candidato: Annalisa Massaccesi Relatore: Controrelatore: Prof.Giovanni Alberti Dott.ssa Maria Stella Gelli Anno Accademico 2005/2006

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Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Triennale in Matematica

Tesi di Laurea Triennale

La disuguaglianza isoperimetrica

Candidato:

Annalisa Massaccesi

Relatore: Controrelatore:

Prof.Giovanni Alberti Dott.ssa Maria Stella Gelli

Anno Accademico 2005/2006

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“[...] dux femina facti.Devenere locos, ubi nunc ingentia cernis

moenia surgentemque novae Karthaginis arcem,mercatique solum, facti de nomine Byrsam,

taurino quantum possent circumdare tergo.”

(Virgilio, Aeneis, Liber I)

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Indice

Introduzione iii

1 Il problema isoperimetrico 11.1 Preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Il problema isoperimetrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

2 La disuguaglianza isoperimetrica nel piano 52.1 La dimostrazione con le serie di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52.2 Una disuguaglianza di tipo Bonnesen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

3 La dimostrazione di F. Helein 113.1 La calibrazione nel piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113.2 La disuguaglianza di Sobolev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143.3 La disuguaglianza isoperimetrica sulla sfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

4 Le dimostrazioni classiche 234.1 L’area di un insieme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 234.2 La simmetrizzazione di Steiner . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 254.3 La disuguaglianza di Brunn-Minkowski . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

Bibliografia 38

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Introduzione

Virgilio narra che la principessa fenicia Didone giunse come fuggiasca in Libia durante ilregno di Jarba. Questi, non volendo dare ne asilo ne terra alla donna e al suo seguito,per schernirla le propose tanta terra quanta potesse contenerne una pelle di bue. Didone,tagliando la pelle di bue in piccole strisce cucite insieme e partendo da un punto sullacosta, recinto tanta terra da poter fondare Cartagine.

Il problema matematico a cui il mito allude e noto come problema isoperimetrico: nelcaso di Didone ci si interroga su quale sia, tra tutte le curve piane di fissato perimetro, lacurva che racchiude la massima area.Tuttavia il modo classico, ed equivalente, di formulare il problema consiste nel ricercaretra tutti gli aperti connessi del piano di fissata area quello che minimizzi la lunghezza dellafrontiera.Come e intuitivo, la risposta e il cerchio, ma la dimostrazione non e ovvia come si potrebbepensare di primo acchito.Frequentemente si parla anche di disuguaglianza isoperimetrica, ossia di una stima dell’a-rea di un dominio del piano con un multiplo del quadrato del perimetro: si tratta dellostesso problema isoperimetrico esposto in maniera tale da porre l’attenzione sul controllodell’area di un dominio mediante il perimetro piuttosto che sul fatto che il cerchio realizzal’uguaglianza.Si immagina naturalmente che l’area si stimi proprio con il quadrato del perimetro, molti-plicato per un’opportuna costante, perche questi esponenti danno la giusta invarianza perriscalamento.Quanto alla costante ottimale, essendo il cerchio l’insieme minimizzante, e proprio 1/4π.La disuguaglianza isoperimetrica e una stima piu fine del cosiddetto difetto isoperimetrico,cioe della differenza tra quadrato del perimetro e multiplo dell’area, saranno l’oggetto dellatrattazione nel secondo capitolo.

Per quanto la citazione dell’Eneide possa essere suggestiva, essa non puo essere consi-derata la proposta di un problema matematico.Nella storia della matematica la prima comparsa del problema isoperimetrico nel pianoavvenne nel IV sec. d.C. grazie alla Synagoge di Pappo di Alessandria, nota anche colnome di Collectiones Mathematicae.Dal XV secolo in poi il coinvolgimento del cerchio nella soluzione del problema costi-tuı una bizzarra ispirazione per filosofi e scienziati umanisti, che trassero dal principioisoperimetrico argomenti per le loro dissertazioni cosmologiche e astrologiche.

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La prima dimostrazione della disuguaglianza isoperimetrica, peraltro incompleta, giun-se nel 1838 con Jacob Steiner, grazie a un metodo geometrico che in suo onore sara chia-mato simmetrizzazione di Steiner (per una descrizione intuitiva del metodo si possonoconsultare [22], [23] e [26]).In questo lavoro di tesi il metodo di simmetrizzazione di Steiner e stato esposto in manierarigorosa nel capitolo 4 (si veda anche [7]).Cio che mantiene vivo l’interesse nei confronti di questo tipo di dimostrazione e da un latoil forte impatto sull’immaginazione geometrica, dall’altro la validita del procedimento indimensione qualsiasi.E restrittivo, infatti, limitarsi ad enunciare il problema isoperimetrico e la relativa disugua-glianza per il piano: in qualsiasi spazio euclideo si ha che la palla e l’insieme compatto dimassimo volume ad area del bordo fissata e vale una disuguaglianza di tipo isoperimetricoche stima il volume di un compatto con un opportuno multiplo di una potenza dell’areadel bordo. Come prima, questa potenza e l’unica che renda la disuguaglianza invarianteper riscalamento.Mentre e chiaro che cosa sia il volume in Rn, ossia la misura di Lebesgue, e stato necessarioprecisare che cosa si intenda per area di un bordo, non necessariamente regolare, definendol’area di Minkowski come in 4.1.

Con la stessa fondamentale definizione di area di Minkowski nella sezione 4.3 riot-terremo la disuguaglianza isoperimetrica in dimensione qualsiasi, nonche la caratteriz-zazione del caso dell’uguaglianza, dalla disuguaglianza di Brunn-Minkowski, che si puoapprofondire nel bellissimo articolo [10].Pietra miliare della Geometria Convessa (si veda anche [2]), la disuguaglianza di Brunn-Minkowski e pure profondamente legata a disuguaglianze di tipo funzionale come la disu-guaglianza di Prekopa-Leindler.

Come sara risultato evidente da queste poche righe, l’Analisi Matematica degli ultimidue secoli e feconda di dimostrazioni della disuguaglianza isoperimetrica; e quasi parados-sale che un problema di tale elementare formulazione richieda strumenti matematici moltopotenti e non poche forzature concettuali: nel secondo capitolo, ad esempio, abbiamo il-lustrato l’argomento classico di Hurwitz per trattare il problema isoperimetrico nel piano,con largo impiego delle serie di Fourier, inoltre in [3], [24], [17] e [8] sara possibile trovarela dimostrazione degli stessi fatti mediante metodi della geometria integrale e del calcolodelle variazioni, o mediante l’uso di poliedri approssimanti.

Una dimostrazione interessante della disuguaglianza isoperimetrica e stata fornitarecentemente dal matematico francese Frederic Helein (si vedano [14], [13]).Come riportiamo nel capitolo 3, i semplici mezzi impiegati (il teorema della divergenza eil teorema di Fubini) rendono la dimostrazione particolarmente elastica, tanto da potersiadattare alla sfera e al piano iperbolico.E questa una formulazione del problema isoperimetrico di cui ancora non si era parlato:mettendo da parte gli spazi euclidei si ripropone il problema analogo sulle superfici (siveda [5]) o nelle varieta astratte.

Le varianti del problema isoperimetrico e le loro dimostrazioni costituiscono tuttoraproblemi aperti molto interessanti.

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Capitolo 1

Il problema isoperimetrico

1.1 Preliminari

E senz’altro prudente premettere un po’ di notazione.

Osservazione 1.1.1. In questa tesi, dominio si riferira ad un insieme aperto e connesso.In generale si prende in considerazione il problema isoperimetrico per dominı relativamentecompatti, sara percio naturale passare a considerare, nel Capitolo 4, compatti e chiusuredi dominı.

Osservazione 1.1.2. In tutto il lavoro abbiamo ristretto il problema isoperimetrico aidominı di Rn, tuttavia potremmo considerare anche il caso di aperti con un numero arbi-trario di componenti connesse, purche il volume complessivo fosse finito, riconducendocifacilmente alla soluzione per un solo dominio.

Osservazione 1.1.3. Con la notazione Vn si intendera la misura di Lebesgue n-dimen-sionale. Non e in discussione la misurabilita degli oggetti con cui si avra piu a che fare:dominı e compatti sono boreliani.

Osservazione 1.1.4. Spesso abbrevieremo con ωn il volume della palla unitaria n-dimen-sionale. Si dimostra induttivamente che

ωn =πn/2

Γ(n/2 + 1),

mentre l’area della superficie Sn−1 e

nωn =2πn/2

Γ(n/2).

Per Γ si intende la funzione Gamma di Eulero.

1

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1.2 Il problema isoperimetrico

Teorema 1.2.1. L’area A e la lunghezza L di un dominio del piano con frontiera rettifi-cabile soddisfano la disuguaglianza

L2 ≥ 4πA . (1.2.1)

L’uguaglianza vale se e soltanto se il dominio in questione e un cerchio.

Questo teorema inaugura una famiglia di tematiche raccolte sotto il nome di problemaisoperimetrico.

Nel piano si hanno tre formulazioni equivalenti del problema isoperimetrico:

i. Tra tutti i dominı limitati di R2 di fissato perimetro (lunghezza della frontiera),trovare quello di area piu grande.

ii. Specularmente, tra tutti i dominı di area fissata, trovare quello che minimizza ilperimetro.

iii. Vale la disuguaglianza isoperimetrica enunciata in (1.2.1).

Quest’ultima puo essere generalizzata naturalmente a Rn: ci si riconduce cioe a dimostrareper un generico dominio Ω ⊂ Rn che

Mink(Ω)

Vn(Ω)(n−1)/n≥ Mink(B(0, 1))

Vn(B(0, 1))(n−1)/n, (1.2.2)

dove Mink indica l’area di Minkowski1.Si noti che gli esponenti che compaiono nella disuguaglianza sono, ancora una volta, gliunici che la rendano invariante per riscalamento e la costante e quella ottimale dal momentoche le palle realizzano l’uguaglianza.

Estendendo il problema agli spazi a curvatura costante la trattazione si complica, siveda ad esempio [1]. Tuttavia, per n = 2, la disuguaglianza isoperimetrica mantiene unaformulazione semplice per le sfere e gli spazi iperbolici. Se κ e la curvatura dello spazio,si ha che

L2 ≥ 4πA− κA2 . (1.2.3)

Tornando a R2, una versione classica del problema isoperimetrico ci e infine fornita dalcosiddetto problema di Didone: nel semipiano delimitato da una generica retta l si cerca lacurva di lunghezza L con estremi in l che delimiti l’area piu grande possibile2. Naturalmen-te la soluzione e costituita dal semicerchio avente diametro contenuto in l. Per provarlo esufficiente prendere la riflessione della curva rispetto a l e usare la proprieta isoperimetricadel cerchio, oppure semplici argomenti variazionali portano alla stessa conclusione, comeriportato in [6].

1Si veda la definizione 4.1.12Il problema di Didone e leggermente diverso da quello isoperimetrico perche Cartagine si affaccia sul

mare!

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Rimanendo nell’ambito della disuguaglianza isoperimetrica ci si puo riproporre infinedi quantificare il difetto isoperimetrico di un qualunque dominio: si ha una stima dal bassodel difetto isoperimetrico L2−4πA quantificando in qualche senso opportuno la differenzadella forma dominio in questione da quella circolare. Sono note molte disuguaglianze diquesto tipo, una di queste verra riproposta nella Sezione 2.2, in generale vale il seguente

Teorema 1.2.2 (Disuguaglianza di Bonnesen). Sia Ω un dominio del piano, di perimetroL e area A. Siano poi r, R rispettivamente il raggio del cerchio inscritto e il raggio delcerchio circoscritto, allora

L2 − 4πA ≥ π2(R− r)2 .

Per le dimostrazione si rimanda a [4], [20], [21].

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Capitolo 2

La disuguaglianza isoperimetricanel piano

2.1 La dimostrazione con le serie di Fourier

Proponiamo qui sotto l’argomento classico di Hurwitz (1901-1902) per provare la disugua-glianza isoperimetrica usando le serie di Fourier, questo stesso argomento e riportato in[7], [16] e [3].Sia Ω ⊂ R2 un dominio con frontiera di classe C2, possiamo considerare l’area A e ilperimetro L.Sia inoltre σ : [−π, π] → C una parametrizzazione di ∂Ω che percorre il bordo in sensoantiorario. Senza ledere la generalita possiamo supporre che la curva σ sia parametrizzatarispetto a un multiplo della lunghezza d’arco, cioe che |σ| ≡ L/2π, percio

L = 2π|σ| =∫ π

−π|σ(s)| ds

e dunque

L2 = 2π

∫ π

−π|σ(s)|2 ds. (2.1.1)

Poiche σ e una funzione a valori complessi con

σ(−π) = σ s−1(0) = σ(−π) = σ(π) = σ s−1(L) = σ(π)

possiamo scriverne lo sviluppo in serie di Fourier

σ(s) =∑n∈Z

cneins,

ovviamente con (cn)n∈Z coefficienti di Fourier

cn =12π

∫ π

−πσ(s)e−ins ds. (2.1.2)

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Per il prossimo passaggio ricordiamo che lo sviluppo in serie di Fourier della derivatae

σ(t) =∑n∈Z

incneint. (2.1.3)

Siccome le funzioni continue si immergono in modo naturale in L2([−π, π]) 1 e siccomei polinomi trigonometrici costituiscono un sistema ortonormale completo per L2, valel’identita di Bessel2 e, ricordandoci di (2.1.1), otteniamo che

L2

4π2=

12π

∫ π

−π|σ(s)|2 ds =

∑n∈Z

n2|cn|2. (2.1.4)

Contemporaneamente ci occupiamo di dare una scrittura in serie di Fourier anche perl’area A di Ω.Identifichiamo i punti di C con le coppie (x, y) di numeri reali e, naturalmente, chiamiamoσx = <(σ) e σy = =(σ).Utilizzando il teorema della divergenza

A =∫

Ω1 =

12

∫σ(x dy − y dx) =

∫ π

−π

12

(σx(s)σy(s)− σy(s)σx(s)) ds, (2.1.5)

d’altra parte

σx(s)σy(s)− σy(s)σx(s) = < ((σx(s) + iσy(s)) (σy(s) + iσx(s))) = < (iσ(s)¯σ(s)) ,

percio, grazie alla formula di derivazione della serie di Fourier di una funzione di classe C1

e ricordando che abbiamo a che vedere con serie assolutamente convergenti, con le quali epossibile operare algebricamente, da (2.1.5) ricaviamo che

A =12

∫ π

−πσx(s)σy(s)− σy(s)σx(s) ds

=12<

(∫ π

−πi∑n∈Z

cneins∑k∈Z

−ikcke−iks ds

)

=12<

∫ π

−π

∑n,k∈Z

kcnckei(n−k)s ds

;

tuttavia ∫ π

−πei(n−k)s ds = 2πδnk,

1In L2([−π, π]) consideriamo l’ovvio prodotto scalare:∀ f, g ∈ L2([−π, π]), (f, g) = 1

R π

−πf(x)g(x) dx.

2Sia H uno spazio di Hilbert e qii ∈ I un sistema ortonormale completo, allora, ∀x ∈ H, ‖x‖2 =Pi∈I |(x, qi)|2.

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percioA = π

∑n∈Z

n|cn|2. (2.1.6)

In conclusione sono proprio gli sviluppi in serie di Fourier fatti sopra, cioe i risultatiottenuti in (2.1.4) e in (2.1.6), a garantirci che

4πA = 4π2∑n∈Z

n|cn|2 ≤ 4π2∑n∈Z

n2|cn|2 = 2π

∫ π

−π|σ(s)|2 ds = L2.

Questa disuguaglianza e vera perche

∀n ∈ Z, n|cn|2 ≤ n2|cn|2 .

L’ovvia considerazione che∀n ∈ Z \ 0, 1, n < n2

ci procura anche il caso dell’uguaglianza, cioe

4πA = L2 ⇐⇒ ∀n ∈ Z \ 0, 1, cn = 0 ⇐⇒ σ(s) = c0 + c1eis .

Si conclude che vale l’uguaglianza se e solo se σ parametrizza una circonferenza, cioe se Ωe un cerchio.

2.2 Una disuguaglianza di tipo Bonnesen

Con lo stesso approccio basato sull’impiego delle serie trigonometriche si puo dare unastima del difetto isoperimetrico, ossia della differenza L2 − 4πA.Come si e appena visto nella Sezione 2.1, il cerchio e il solo dominio che realizzi l’ugua-glianza L2−4πA = 0, questo motiva la ricerca di versioni quantitative della disuguaglianzaisoperimetrica che coinvolgano una misura della differenza tra il dominio regolare3 Ω e ilcerchio ottimale.In questo caso si considera il cerchio di centro c0 e raggio |c1|, dove c0 e c1 sono i coefficientidi Fourier dati in (2.1.2).

Definizione 2.2.1 (Distanza di Hausdorff). Sia A un dominio del piano e sia D il discocentrato nell’origine di raggio unitario, denoteremo equivalentemente

A + hD = [A]h = x ∈ R2 : d(x,A) ≤ h.

Siano ora A1, A2 dominı del piano limitati, chiameremo distanza di Hausdorff la quantita

distH(A1, A2) = infε > 0 : A2 ⊂ [A1]ε, A1 ⊂ [A2]ε .

3Chiediamo cioe, come nella Sezione 2.1, che la frontiera sia una curva di Jordan regolare di classe C2.

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Osservazione 2.2.2. Sui dominı a chiusura compatta la distanza di Hausdorff coincidecon la distanza

dist(A1, A2) = supx(1)∈A1

d(x(1), A2) ∨ supx(2)∈A2

d(x(2), A1) . (2.2.1)

Lemma 2.2.3 (Stima della norma L∞). Sia f : [a, b] → R2 una funzione almeno di classeC1, allora

‖f‖∞ ≤∣∣∣∣∫– f

∣∣∣∣+√b− a‖f ′(t)‖L2 , (2.2.2)

dove∫− indica l’integrale medio della funzione.

Dimostrazione. Fissato x ∈ [a, b], si ha che

|f(x)| =∣∣∣∣∫– f(x) dy

∣∣∣∣ = ∣∣∣∣∫– f(x)− f(y) + f(y) dy

∣∣∣∣≤

∣∣∣∣∫– f(y) dy

∣∣∣∣+ ∫– ∣∣∣∣∫ x

yf ′(t) dt

∣∣∣∣ dy ≤∣∣∣∣∫– f(y) dy

∣∣∣∣+ ∫–(∫ b

a|f ′(t)| dt

)dy

≤∣∣∣∣∫– |f(y) dy

∣∣∣∣+√b− a

(∫ b

a|f ′(t)|2

) 12

,

dove l’ultima disuguaglianza segue dalla disuguaglianza di Holder.

Lemma 2.2.4 (Stima della distanza). Siano A1, A2 aperti limitati le cui frontiere, curvedi Jordan regolari, siano parametrizzate in senso antiorario rispettivamente dalle curveσ1, σ2 definite sul medesimo intervallo. Posto d := ‖σ1 − σ2‖∞, si ha che

dist(A1, A2) ≤ d .

Dimostrazione. Dato un generico x(0) ∈ (A1∆A2), dimostriamo che

d(x(0), ∂A1) ≤ d e d(x(0), ∂A2) ≤ d . (2.2.3)

Supponiamo per assurdo che, ad esempio, d(x(0), ∂A1) > d, allora

x(0) 6= (1− λ)σ1(t)− λσ2(t) ∀λ ∈ (0, 1), ∀ t ,

percio e possibile costruire un’omotopia Σ tra σ1 e σ2 che non assume mai il valore x(0)

ponendoΣ(t, λ) = (1− λ)σ1(t)− λσ2(t). (2.2.4)

Consideriamo ora il campo di vettori

F (x) =(− x2

x21 + x2

2

,x1

x21 + x2

2

);

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e noto che F soddisfa la condizione delle derivate incrociate, dunque l’integrale del campotraslato F (x−x(0)) su ∂A1 coincide con quello su ∂A2 grazie all’omotopia esibita in (2.2.4).Cio significa che x(0) e interno a ∂A1 se e soltanto e interno a ∂A2, ossia x(0) /∈ (A1∆A2),da cui l’assurdo.Essendo dimostrata (2.2.3), se x(0) appartiene ad esempio a A1 \A2, si ha che

d(x(0), A2) = infx(2)∈A2

d(x(0), x(2)) = d(x(0), ∂A2) ≤ d .

Per concludere facciamo notare che (2.2.3) e equivalente alla tesi, infatti per applicare ladefinizione data in (2.2.1) possiamo considerare d(x(1), A2) con x(1) ∈ A1 (o, analogamente,d(x(2), A1) con x(2) ∈ A2), ma se x(1) ∈ A1∩A2 allora d(x(1), A2) = 0 e siccome la distanzae in generale non negativa il contributo di x(1) ai fini del calcolo del sup e ininfluente.

Teorema 2.2.5. Sia σ : [−π, π] → C una curva di Jordan di classe C2 parametrizzatarispetto a un multiplo della lunghezza d’arco e sia Ω la sua parte interna, se chiamiamoL la lunghezza di σ e A l’area di Ω otterremo che

L2 − 4πA ≥ 12

infx∈Cr>0

dist(Ω, B(x, r))

2

. (2.2.5)

Dimostrazione. Grazie al lemma 2.2.4 sara sufficiente provare che

L2 − 4πA ≥ 12

dist(∂Ω, ∂B0)2 ,

con B0 = B(c0, |c1|) e c0, c1 dati da (2.1.2).Grazie ai conti gia fatti in (2.1.4) e in (2.1.6) sappiamo che

L2 − 4πA = 4π2∑n∈Z

(n2 − n)|cn|2 ≥ 2π2∑

n6=0,1

n2|cn|2 . (2.2.6)

D’altronde se σ0 : [−π, π] → C e la parametrizzazione rispetto a un multiplo dellalunghezza d’arco di B0, vale a dire

σ0(t) = c0 + c1eis,

possiamo considerare la differenza σ − σ0 come funzione su cui applicare il lemma 2.2.3:e noto che la media integrale di una funzione coincide col coefficiente di indice 0 dellosviluppo in serie di Fourier, percio∫

– σ(s)− σ0(s) ds = 0 .

Otteniamo quindi che

dist(∂Ω, ∂B0) ≤ sups∈[−π,π]

|σ(s)− σ0(s)| = ‖σ − σ0‖∞

≤(

∫ π

−π|σ′(s)− σ′0(s)|

2ds

) 12

=

4π2∑

n6=0,1

n2|cn|2 1

2

. (2.2.7)

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Le disuguaglianze (2.2.6) e (2.2.7) insieme danno proprio che

L2 − 4πA ≥ 2π2∑

n6=0,1

n2|cn|2 ≥12

dist(∂Ω, ∂B0)2 ,

questo conclude la dimostrazione.

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Capitolo 3

La dimostrazione di F. Helein

La dimostrazione fornita da Frederic Helein della disuguaglianza isoperimetrica nel pianosi avvale della tecnica delle calibrazioni. Per maggiori approfondimenti si consigliano [14]e [13].

3.1 La calibrazione nel piano

Sia Ω un dominio liscio del piano R2, denotiamo con x, y i punti di Ω, la chiusura diΩ. Per semplicita omettiamo la parametrizzazione di ∂Ω e indichiamo con t(y), n(y)rispettivamente il vettore tangente e il vettore normale a ∂Ω, con la convenzione che(n(x), t(x)) sia una base positivamente orientata 1.

Si cerca ora una forma quadratica simmetrica Q(x, y) che si comporti appunto comeuna calibrazione. In particolare fissiamo uno “schema dimostrativo” della disuguaglianzae di conseguenza poniamo della condizioni su Q affinche quest’ultimo funzioni.Grazie al teorema della divergenza e grazie al teorema di Fubini e nota la seguenteuguaglianza:∫

∂Ω

(∫∂Ω〈Q(x, y)n(x),n(y)〉 dy

)dx =

∫∂Ω

(∫Ω

divy (Q(x, y)n(x)) dy

)dx

=∫

Ω

(∫∂Ω

divy (Q(x, y)n(x)) dx

)dy =

∫Ω

(∫∂Ω〈divyQ(x, y),n(x)〉 dx

)dy

=∫

Ω

(∫Ω

divx (divyQ(x, y)) dx

)dy . (3.1.1)

Vorremmo completare a (3.1.1) la disuguaglianza isoperimetrica nella maniera che segue:

L2 ≥∫

∂Ω

(∫∂Ω〈Q(x, y)n(x),n(y)〉 dy

)dx (3.1.2)

=∫

Ω

(∫Ω

divx (divyQ(x, y)) dx

)dy = 4πA . (3.1.3)

1Vale a dire che, percorrendo il bordo in senso antiorario, la normale sia diretta verso l’esterno deldominio.

11

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A questo scopo richiediamo che valgano le seguenti condizioni sulla forma quadraticaQ:

(i) ∀x, y ∈ R2, ∀u, v ∈ R2 〈Q(x, y)u, v〉 ≤ |u||v|, affinche sia verificata (3.1.2);

(ii) se C e un cerchio e x, y ∈ ∂C, allora 〈Q(x, y)nC(x),nC(y)〉 = 1;

(iii) divx (divyQ(x, y)) = 4πδ0(x − y) in senso distribuzionale2, affinche sia verificata(3.1.3).

Se esiste Q siffatta, le prime due condizioni sono sufficienti ad identificarla univoca-mente.Innanzitutto possiamo notare che, per le prime due condizioni, Q deve avere ovunquenorma3 unitaria. Infatti, grazie a (i), si ha che

∀x, y ∈ R2, ∀u ∈ R2 \ 0 |Qu|2 = 〈Qu, Qu〉 ≤ |u||Qu|,

percio‖Q(x, y)‖ ≤ 1;

in piu, grazie a (ii), ∀x, y ∈ R2 ‖Q(x, y)‖ = 1.Fissati ora x, y nel piano, consideriamo C1, C2 rispettivamente il cerchio che ha per dia-metro il segmento congiungente x, y e la retta passante per x, y (cioe il cerchio per x, y didiametro “infinito”):

1. relativamente a C1 le normali n1(x) = −n1(y) sono, a meno del segno,

n1(x) = −n1(y) =x− y

|x− y|;

siccome si deve avere che

〈Q(x, y)n1(x),n1(y)〉 = 1,

inevitabilmenteQ(x, y)n1(x) = n1(y) = −n1(x),

cioe 〈n1(x)〉 e un autospazio di autovalore −1;

2. relativamente a C2 le normali n2(x) = n2(y) sono il versore ortogonale a x − y conil verso opportuno, con un argomento analogo a quello del punto 1. si ha che

Q(x, y)n2(x) = n2(y) = n2(x),

cioe 〈n2(x)〉 e un autospazio di autovalore +1.2Con δ0(x− y) si intende la distribuzione che ϕ 7→

RΩϕ(x, x) dx, ∀ϕ ∈ D(Ω× Ω).

3Intendiamo per norma matriciale di un’applicazione lineare A : Rm → Rn il seguente estremo superiore:‖A‖ = supx∈Rm\0

|Ax||x| = sup|x|=1 |Ax|.

12

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Essendo noti i due autospazi di dimensione 1 della forma quadratica Q(x, y) per ogni puntocon i relativi autovalori, siamo in grado di scriverla:

Q(x, y) = I − 2(x− y)⊗ (x− y)

|x− y|2, (3.1.4)

infatti〈Q(x, y)u, v〉 = 〈u, v〉 − 2

〈x− y, u〉〈x− y, v〉|x− y|2

≤ |u||v| ,

inoltre se C e un cerchio, per certi c1, c2 ∈ R avremo che nC(x) = c1n1(x) + c2n2(x) enC(y) = c1n1(y) + c2n2(y), percio si realizza l’uguaglianza

〈Q(x, y)nC(x),nC(y)〉 = c1〈n1(y),nC(y)〉+ c2〈n2(y),nC(y)〉 = c21 + c2

2 = 1 .

Notiamo infine che la forma Q(x, y), come era ragionevole immaginare, e invariante pertraslazioni, cioe dipende soltanto dalla differenza (x− y).

Ω

C1

C2

n1(x)

n2(x)

n2(y)

n1(y)

Figura 3.1: Calibrazione nel piano

Per provare la disuguaglianza isoperimetrica rimane soltanto da verificare che que-st’unica forma quadratica Q soddisfa la condizione (iii), cioe che divx (divyQ(x, y)) =4πδ0(x− y).Per una trattazione rigorosa rimandiamo alla Sezione 3.2, tuttavia, dal fatto che Q(x, y)dipende soltanto da z = x− y, e chiaro che possiamo calcolare

divx

(divy

z ⊗ z

|z|2

),

13

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perche

divx (divyQ(x, y)) = −2 divx

(divy

(x− y)⊗ (x− y)|x− y|2

)= 2div

(div

z ⊗ z

|z|2

). (3.1.5)

La prima divergenza non e in alcun modo problematica:

divz ⊗ z

|z|2=

z

|z|2.

D’altra parte si hadiv(z|z|−2) = 2πδ0

in senso distribuzionale perche, lontano dall’origine, div(z|z|−2) e regolare e coincide con0 e, restringendoci ad una pallina B(0, ε) e vedendo div(z|z|−2) come una distribuzione,possiamo scaricare la divergenza sulla funzione test ϕ e applicare il teorema della diver-genza, quindi calcolare soltanto l’integrale del flusso della funzione test moltiplicata perz|z|−2 su ∂B(0, ε) ottenendo per passaggio al limite 2πϕ(0).

3.2 La disuguaglianza di Sobolev

E interessante notare che la disuguaglianza isoperimetrica e equivalente ad un’altra disu-guaglianza classica dell’Analisi Matematica: la disuguaglianza di Sobolev4.

In questa sezione ci occuperemo di quest’ultima e, per la dimostrazione, faremo dinuovo uso dello schema di Helein, che rivela in questo contesto tutta la sua elasticita.

Teorema 3.2.1 (Disuguaglianza di Sobolev). Sia u una funzione su R2, di classe C1 e asupporto compatto, allora ∫

R2

|∇u(x)| dx ≥ 2√

π‖u‖L2 . (3.2.1)

Dimostrazione. Premettiamo un’osservazione che rendera piu agili i passaggi (3.2.3) e(3.2.4): se f : R2 → R2 e ϕ : R2 → R sono funzioni differenziabili, dalla formula diderivazione del prodotto si ha che

∇ · (fϕ) = 〈f,∇ϕ〉+ (∇ · f) ϕ . (3.2.2)

Sia ora Q la forma quadratica definita in (3.1.4): grazie alle ipotesi che essa soddisfa,4Si tratta in verita di un risultato parziale, esiste tutta una famiglia di disuguaglianze dette di Sobolev

(si veda [18]).

14

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si applica una schema analogo a quello illustrato in (3.1.1), (3.1.2), (3.1.3) e si ottiene(∫R2

|∇u(x)| dx

)2

≥∫

R2

(∫R2

〈Q(x, y)∇u(x),∇u(y)〉 dy

)dx

= −∫

R2

(∫R2

u(y)divy (Q(x, y)∇u(x)) dy

)dx (3.2.3)

= −∫

R2

(∫R2

u(y)〈divy (Q(x, y)) ,∇u(x)〉 dx

)dy

=∫

R2

(∫R2

u(x)u(y)divx (divyQ(x, y)) dx

)dy (3.2.4)

= 4π

∫R2

u(x)2 dx = 4π‖u‖2L2 . (3.2.5)

Tuttavia la dimostrazione del fatto che divx(divyQ(x, y)) = 4πδ0(x − y), che giustifica ilpassaggio (3.2.5), e stata approssimativa, la riproponiamo ora in maniera piu consona.

Avremo bisogno di calcolare derivate in senso distribuzionale, percio notiamo questofatto del tutto generale: sia u ∈ L1

loc(R2) ∩ C1(R2 \ 0), supponiamo che una derivataparziale classica, ad esempio ∂u

∂z2, appartenga a L1

loc(R2 \ 0), allora la derivata classicacoincide con quella distribuzionale, cioe

∀ϕ ∈ D(R2) 〈Dz2u, ϕ〉 = 〈 ∂u∂z2

, ϕ〉 . (3.2.6)

Poiche nei casi regolari le derivate classiche e quelle nel senso delle distribuzioni coincidono,vista (3.1.4), si ha che

divx (divyQ(x, y)) = −2divx

(divy

(x− y)⊗ (x− y)|x− y|2

),

e poiche Q dipende soltanto da (x− y),risulta

divx

(divy

(x− y)⊗ (x− y)|x− y|2

)= −div

(div

z ⊗ z

|z|2

);

in definitiva possiamo ricondurci a mostrare che

∀ z ∈ R2, div(

divz ⊗ z

|z|2

)= 2πδ0. (3.2.7)

Per semplificare la notazione, chiamiamo

F (z) = (Fij(z)) =z ⊗ z

|z|2∈M(2, R).

Siccome

div(div(F )) =∑i,j

DiDjFij =2∑

i=1

Di

2∑j=1

DjFij

,

15

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possiamo calcolare le derivate per passi.In primo luogo, se indichiamo con il simbolo “∇·” la divergenza con derivate classiche:

∇ · (Fi1, Fi2) =2∑

j=1

∂zj

zizj

|z|2=

zi

|z|2. (3.2.8)

Notiamo che zizj |z|−2 ∈ C1(R2 \ 0) ∩ L1loc(R2) perche e addirittura limitata e

zi|z|−2 ∈ L1loc(R2) perche∫ ∣∣∣∣ zi

|z|2

∣∣∣∣ dz1 dz2 ≤∫

1|z|

dz =∫

1ρ2πρ dρ =⇒ zi

|z|2∈ L1

loc(R2) .

Dunque si applica quanto abbiamo osservato in (3.2.6), cioe

div (Fi1, Fi2) =2∑

j=1

DjFij =zi

|z|2. (3.2.9)

In secondo luogo, possiamo calcolare la divergenza nel senso delle distribuzionidiv(z|z|−2) su tutto R2 nella maniera che segue: data ϕ ∈ D(R2),

〈div(z|z|−2

), ϕ〉 = −

∫R2

〈z|z|−2,∇ϕ(z)〉 dz

= − limε→0

∫R2\B(0,ε)

〈z|z|−2,∇ϕ(z)〉 dz

= limε→0

(∫∂B(0,ε)

ϕ(z)〈z|z|−2,n(z)〉 dz +∫

R2\B(0,ε)div(z|z|−2

)ϕ(z) dz

),(3.2.10)

perche si applicano (3.2.6), il teorema della divergenza5 e la formula (3.2.2). D’altra partese consideriamo z|z|−2 lontana dall’origine, la sua divergenza e chiaramente 0, infatti

∇ · z

|z|2=|z|2 − 2z2

1 + |z|2 − 2z22

|z|4= 0,

dunque, sempre per (3.2.6), div(z|z|−2) e 0 come distribuzione applicata alle funzioni asupporto compatto fuori dall’origine e

∀ ε > 0,

∫R2\B(0,ε)

div(z|z|−2

)ϕ(z) dz = 0 .

Al contrario ∫∂B(0,ε)

ϕ(z)〈z|z|−2,n(z)〉 dz =∫

∂B(0,ε)

1ε〈n(z),n(z)〉ϕ(z) dz

=∫

∂B(0,ε)

ϕ(z)ε

dz −→ 2πϕ(0),

5L’apparente incongruenza del segno e dovuta al fatto che il teorema della divergenza si applica con lanormale esterna al dominio, che in questo caso e la normale interna al cerchio!

16

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per il teorema di convergenza dominata. Quindi finalmente si ha che

〈div(z|z|−2

), ϕ〉 = 2πϕ(0),

cioediv (div(F )) = div

(z|z|−2

)= 2πδ0 .

Essendo la δ0 una distribuzione di ordine 0 possiamo applicarla a u che per ipotesi e diclasse C1 e otteniamo il passaggio (3.2.5).

Come preannunciato proveremo adesso l’equivalenza di (3.2.1) con la disuguaglianzaisoperimetrica per dominı relativamente compatti con frontiera C1: abbiamo bisogno diun risultato preliminare ben piu generale (si veda [9]).

Teorema 3.2.2 (Formula di coarea). Sia Φ : Rm → Rn di classe Cr, dove r > m−n > 0.Allora, per ogni funzione misurabile f : Rm → R, che sia non negativa o appartenga aL1(Rm), si ha che∫

Rm

f(x)√

det dΦx (dΦx)∗ dx =∫

Rn

(∫Φ−1y

f

)dy .

Corollario 3.2.3. Sia Φ : Rm → R di classe Cm. Per ogni funzione misurabile f : Rm →R che sia non negativa o appartenga a L1(Rm), si ha che∫

Rm

f |gradΦ| =∫

R

(∫Φ−1y

f

)dy .

A questo punto possiamo provare il seguente

Teorema 3.2.4. La disuguaglianza di Sobolev enunciata in (3.2.1) e equivalente alla di-suguaglianza isoperimetrica per dominı compatti con frontiera C1, vista ad esempio in(1.2.1).

Dimostrazione. Dimostriamo separatamente le due implicazioni.

d.i.=⇒d.S. Sia u : R2 → R una funzione di classe C1 a supporto compatto.

Intendiamo con L e A rispettivamente il perimetro e l’area di un dominio in R2.

Dalla formula di coarea del corollario 3.2.3 otteniamo∫R2

|∇u(x)| dx =∫

RV1(u−1t) dt =

∫ +∞

0L(|u| = t) dt .

Applicando la disuguaglianza isoperimetrica al sopralivello |u| ≥ t otteniamo che∫R2

|∇u(x)| dx =∫ ∞

0L(|u| = t) dt ≥ 2

√π

∫ ∞

0(A(|u| ≥ t))1/2 dt . (3.2.11)

17

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D’altra parte, grazie alla disuguaglianza di Minkowski in forma integrale6 abbiamoche (∫

R2

|u(x)|2)1/2

=

(∫R2

(∫ ∞

0χ|u|≥t(x) dt

)2

dx

)1/2

≤∫ ∞

0

(∫R2

χ|u|≥t(x)2 dx

)1/2

dt

=∫ ∞

0A(|u| ≥ t)1/2 dt ,

la disuguaglianza (3.2.11) ci da la tesi.

d.S.=⇒d.i. Sia Ω ⊂ R2 un dominio con frontiera C1.Si dimostra, ad esempio in [9], che esiste una famiglia di funzioni χε ∈ C∞c tali che

χεL1

−→ χΩ e

L = limε→0+

∫R2

|∇χε(x)| dx .

Grazie alla disuguaglianza di Sobolev si conclude che

L = limε→0+

∫R2

|∇χε(x)| dx ≥ limε→0+

(4π

∫R2

|χε(x)|2 dx

)1/2

=(

∫R2

χΩ(x) dx

)1/2

=√

4πA .

Vorremmo sottolineare cha la disuguaglianza di Sobolev e vera in Rn, nella forma∫Rn

|∇f(x)| dx ≥ nω1/nn ‖f‖Ln/(n−1) ,

e si dimostra, analogamente a quanto gia fatto, che e equivalente alla disuguaglianzaisoperimetrica in Rn.

6La disuguaglianza di Minkowski in forma integrale ci dice che se k > 1, allora Z „Zf(x, y) dy

«k

dx

!1/k

<

Z „Z(f(x, y))k dx

«1/k

dy .

a meno che f(x, y) = ϕ(x)ψ(y). Si veda anche [12].

18

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3.3 La disuguaglianza isoperimetrica sulla sfera

Impieghiamo ancora una volta l’idea di Frederic Helein, per dimostrare la disuguaglianzaisoperimetrica sulla superficie sferica S2.Con Ω intenderemo un dominio liscio della sfera di area A e con ∂Ω il suo bordo sullasuperficie7, di lunghezza L. Faremo uso di C(Ω), il cono di vertice l’origine e base Ω, valea dire l’insieme

C(Ω) = x ∈ R3 \ 0 : |x| < 1, x/|x| ∈ Ω ∪ 0 ,

della cui superficie laterale indicheremo con N(x) il versore normale.L’intenzione della dimostrazione e di riprodurre nuovamente lo schema (3.1.2)-(3.1.3), conle modifiche obbligate dal cambiamento di ambiente; ricordiamo che, coerentemente conquanto detto in (1.2.3), la disuguaglianza isoperimetrica sulla superficie sferica e

L2 ≥ 4πA−A2 . (3.3.1)

Per ovviare al problema del calcolo della divergenza su S2, mostriamo la disuguaglianzaisoperimetrica per i coni con vertice nell’origine.

Osservazione 3.3.1. Mettiamo in evidenza le relazioni tra le grandezze caratteristichedel dominio Ω e l’area della superficie laterale e il volume di C(Ω). Chiamiamo T l’areadi ∂C(Ω) ∩B(0, 1) e V il volume, dunque

1. T =L

2;

2. V =∫

C(Ω)1 =

∫ 1

0r2A dr =

A

3.

A questo punto (3.3.1) e equivalente a

T 2 ≥ 3πV − 94

V 2 . (3.3.2)

Cerchiamo ancora una volta una forma quadratica Q(x, y): vorremmo che

∀x, y ∈ R3, ∀u, v ∈ R3 〈Q(x, y)u, v〉 ≤ |u||v|

e che valesse l’uguaglianza per i dominı che sono cerchi su S2.Fissati x, y ∈ S2 chiamiamo C1, C2 rispettivamente il cerchio che ha per diametro il seg-mento congiungente x e y e il cerchio massimo per entrambi questi punti. Se indichiamocon n1(x),n2(x) una base ortonormale di TxS2 per cui n1(x) e tangente al cerchio mas-simo C2, possiamo trovare le espressioni esplicite per n1(x),n1(y),n2(x),n2(y), cosicche,come nel caso piano, la forma quadratica Q venga identificata dalle condizioni

〈Q(x, y)n1(x),n1(y)〉 = 1 =⇒ Q(x, y)n1(x) = n1(y)〈Q(x, y)n2(x),n2(y)〉 = 1 =⇒ Q(x, y)n2(x) = n2(y) .

7Non la frontiera topologica in R3, ma quella secondo la topologia di sottospazio della superficie sferica!

19

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Un semplice conto mostra, grazie alla formula di Gram-Schmidt, che

n1(x) =(x− y)− 〈x−y,x〉

|x|2 x∣∣∣(x− y)− 〈x−y,x〉|x|2 x

∣∣∣ =〈x,y〉|x|2 x− y∣∣∣ 〈x,y〉|x|2 x− y

∣∣∣ =〈x, y〉x− y√1− 〈x, y〉2

n1(y) =(y − x)− 〈y−x,y〉

|y|2 y∣∣∣(y − x)− 〈y−x,y〉|y|2 y

∣∣∣ =〈x,y〉|y|2 y − x∣∣∣ 〈x,y〉|y|2 y − x

∣∣∣ =〈x, y〉y − x√1− 〈x, y〉2

n2(x) =x

|x|∧ n1(x) = − x ∧ y√

|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

n2(y) =y

|y|∧ n1(y) =

y ∧ x√|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

.

Imponendo che Q sia 0-omogenea e determini un campo tangente a tutte le sfere centratenell’origine, perche a posteriori i conti saranno piu agevoli, risulta

Q(x, y) =

(〈x,y〉|y| y − |y|x

)⊗(〈x,y〉|x| x− |x|y

)|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

+(x ∧ y)⊗ (x ∧ y)|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

. (3.3.3)

Utilizzando Q per i coni si ha

T 2 ≥∫

∂C(Ω)

(∫∂C(Ω)

〈Q(x, y)N(x), N(y)〉 dy

)dx

=∫

C(Ω)

(∫C(Ω)

divx(divyQ(x, y)) dx

)dy

= 3πV − 94

V 2 , (3.3.4)

perche la matrice Q continua ad avere norma 1.Diamo una spiagazione del motivo per cui vale (3.3.4): calcoliamo separatamente la

divergenza per i due addendi di (3.3.3).Un conto non breve, tuttavia meccanico, mostra che

divx

divy

(〈x,y〉|y| y − |y|x

)⊗(〈x,y〉|x| x− |x|y

)|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

= − 1|x||y|

,

percio

−∫

C(Ω)

(∫C(Ω)

1|x||y|

dx

)dy = −

∫C(Ω)

(A

|y|

∫ 1

0r dr

)dy =

A2

2

∫ 1

0r dr = −9

4V 2 .

Per l’altro membro esponiamo soltanto il ragionamento euristico: la dimostrazione rigorosadi questi fatti e analoga a quella riportata in 3.2.

20

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Si trova che

divy

((x ∧ y)⊗ (x ∧ y)|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

)=

x1x2y2 + x1x3y3 − x22y1 − x2

3y1

|x|2|y|2 − 〈x, y〉2x1x2y1 + x2x3y3 − x2

1y2 − x23y2

|x|2|y|2 − 〈x, y〉2x1x3y1 + x2x3y2 − x2

1y3 − x22y3

|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

, (3.3.5)

dunque la singolarita per x = hy impone che si calcoli la divergenza in x nel senso delledistribuzioni.Dall’espressione (3.3.5) ricaviamo informazioni su divy

((x∧y)⊗(x∧y)|x|2|y|2−〈x,y〉2

)che ci permettono

di riconoscere la distribuzione. Con un procedimento analogo a quello della Sezione 3.2,detta ϕ una funzione test, otteniamo⟨

divx

(divy

(x ∧ y)⊗ (x ∧ y)|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

), ϕ⟩

= 2π

∫ 1

−1hϕ

(h

y

|y|

)dh ,

percio∫C(Ω)

(∫C(Ω)

divx

(divy

(x ∧ y)⊗ (x ∧ y)|x|2|y|2 − 〈x, y〉2

)dx

)dy = 2π

∫C(Ω)

1|y|

(∫ 1

−1h dh

)dy

= 2πA

∫ 1

0r dr = πA = 3πV .

C2

C1

Ω

n1(x)

n2(x)

Figura 3.2: Calibrazione sulla sfera

21

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Capitolo 4

Le dimostrazioni classiche

4.1 L’area di un insieme

L’intento principale di questa sezione e quello di dare una panoramica delle diverse nozionidi area di un insieme, strumenti fondamentali per la trattazione successiva.

Se l’insieme in questione e una varieta differenziabile compatta M di dimensione mimmersa1 in Rn tramite la funzione f : M → Rn di classe Ck con k ≥ 1, si ha che f induceuna metrica Riemanniana su M , inoltre l’area della superficie (M,f) ⊂ Rn, cioe il volumedi dimensione m di M in questa metrica, e data da

A(M,f) =∫

M

√det(gij) dx1 . . . dxm (4.1.1)

dove x1 . . . xm sono coordinate locali di M e gij = 〈∂f/∂xi, ∂f/∂xj〉.Un caso particolare e quello delle ipersuperfici in Rn: ad esempio, se M e un pezzo diiperpiano e (M,f) il grafico di una funzione regolare F : Rn−1 → R, il volume in (4.1.1)assume la forma seguente

A(M,f) =∫

M

√1 + |∇F |2 dx1 . . . dxn−1 . (4.1.2)

Tuttavia una sottovarieta di dimensione n − 1 in Rn e sempre localmente un grafico esi puo applicare la medesima formula tramite partizioni dell’unita. Se la varieta M nondovesse essere compatta la definizione di area della superficie (M,f) si puo ottenere conun processo di limite, espandendo dei compatti che finiscano per invadere M .

Il problema della definizione di area appena proposta e che essa cessa di essere sensatanon appena f perde regolarita, ad esempio nel caso in cui f sia semplicemente una mappacontinua.Le nozioni di area per classi piu estese di oggetti si basano sulla generalizzazione diproprieta specifiche di (4.1.1):

1Dove, ovviamente, 2 ≤ m < n.

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a. Non negativita;

b. Normalita (i.e., l’area di un cubo unitario m-dimensionale e pari a 1);

c. Invarianza per trasformazioni lineari ortonormali di Rn;

d. Additivita;

e. Semicontinuita inferiore.

Infine, e naturale richiedere che ogni altra definizione di area coincida appunto con (4.1.1)per quanto riguarda le superfici regolari.

Nel caso specifico della nostra trattazione, quel che occorre e una definizione di areache, dato un compatto K, inteso come chiusura del dominio limitato Ω ⊂ Rn, si applichialla sua frontiera ∂Ω = ∂K, indipendentemente dalla sua regolarita.

L’area di Minkowski verra definita immediatamente. Siano intanto K un compatto diRn e h > 0, generalizzando 2.2.1, intendiamo

[K]ε = x ∈ Rn : d(x,K) ≤ h . (4.1.3)

Definizione 4.1.1 (Area di Minkowski). Dato un generico K ⊂ Rn compatto, chiameremoarea di Minkowski di K

Mink(K) = lim infh→0+

Vn([K]h)−Vn(K)h

.

Osservazione 4.1.2. Il funzionale K 7→ Mink(K) ha per argomento il compatto K, nonla sua frontiera.

Osservazione 4.1.3. Se n = 1, si ha che

Mink(K) = 2]componenti connesse di R \K − 2 ,

in particolare, se K = x, allora Mink(K) = V1(K) = 2.

Proposizione 4.1.4. Se K e la chiusura di un dominio Ω ⊂ Rn, con frontiera ∂Ω diclasse almeno C2, allora

Mink(K) = A(∂Ω),

dove si intende con A l’area data in (4.1.1).

Dimostrazione. Notiamo che possiamo supporre che ∂Ω sia un’ipersuperficie compattaorientata, denoteremo con N la normale.

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Sia ε > 0 tale da verificare il teorema dell’intorno tubolare2, sia indicato con N∂Ω(ε)l’intorno tubolare e sia

Φ : ∂Ω× [−ε, ε] → N∂Ω(ε)(x, t) 7→ x + tN(x) ,

che, sempre per il teorema dell’intorno tubolare, e un diffeomorfismo.Dunque il differenziale dΦ(x,t) : T(x,t)∂Ω×R → Rn puo essere considerato un automorfismodi T(x,t)∂Ω× Span(N(x)) col comportamento seguente:

T(x,t)∂Ω× Span(N(x)) 3 (δx, δt) dΦ7−→ ((I + tdNx)δx, δt), (4.1.4)

infattiΦ(x + δx, t + δt) = Φ(x, t) + (δx + tdNxδx + δtN(x)) + o(|(x, t)|) .

Dunquedet dΦ(x,t) = 1 + t(tr(dNx)) + o(t)

e, indicando con H(x) la curvatura media nel punto x e con C,C ′ opportune costanti, perla formula di cambio di variabile si ha che

Vn([K]ε)−Vn(K)ε

∼ 12ε

Vn(N∂Ω(ε)) =12ε

∫N∂Ω(ε)

1

=12ε

∫ ε

−ε

(∫∂Ω|det dΦ(x,t)| dx

)dt

=12ε

∫ ε

−ε

(∫∂Ω|1 + t(nH(x)) + o(t)| dx

)dt

=12ε

∫ ε

−εA(∂Ω) + tC + o(t) dt

∼ A(∂Ω) + εC ′ ε→0−→ A(∂Ω) .

4.2 La simmetrizzazione di Steiner

La dimostrazione della disuguaglianza isoperimetrica via simmetrizzazione di Steiner hail grande pregio di essere intuitiva, anche se la prima versione fornita da Steiner erapurtroppo incompleta. Questo non e l’unico schema di simmetrizzazione possibile, mail piu semplice per arrivare in breve alla disuguaglianza isoperimetrica, grazie anche alladefinizione di area di Minkowski data nella definizione 4.1.1.

2Sia S un’ipersuperficie compatta orientata di classe almeno C2, denotiamo con NS(ε) l’unione su p deisegmenti di lunghezza 2ε centrati in p e ortogonali al tangente TpS. Il teorema dell’intorno tubolare ci diceche esiste ε0 > 0 tale che NS(ε) e un intorno tubolare di S per ogni 0 < ε ≤ ε0, ossia segmenti relativi apunti distinti hanno intersezione vuota.

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E necessario premettere un po’ di notazione.Denotiamo con X la classe dei sottoinsiemi compatti di un arbitrario spazio metrico X.Inoltre completiamo la definizione 2.2.1 con la seguente

Definizione 4.2.1 (Distanza di Hausdorff). Sia X un arbitrario spazio metrico, datiE,F ∈ X, chiameremo distanza di Hausdorff la quantita

distH(E,F ) = infε > 0 : E ⊂ [F ]ε, F ⊂ [E]ε .

Osservazione 4.2.2. E immediato verificare che la distanza di Hausdorff e effettivamenteuna distanza su X.

1. E ovvio che distH ≥ 0, inoltre

distH(E,F ) = 0 ⇐⇒ ∀ ε > 0 E ⊂ [F ]ε, F ⊂ [E]ε ⇐⇒ E = F .

2. Per simmetria della definizione distH(E,F ) = distH(F,E).

3. Siano E,F, G ∈ X, siccome

E ⊂ [G]ε, G ⊂ [F ]ε′ =⇒ E ⊂ [F ]ε+ε′

G ⊂ [E]ε, F ⊂ [G]ε′ =⇒ F ⊂ [E]ε+ε′ ,

alloradistH(E,F ) ≤ distH(E,G) + distH(G, F ) .

Proseguiamo con definizioni e strumenti tecnici che saranno utili d’ora in poi. Per ledimostrazioni dei fatti elencati rimandiamo a [7].

Definizione 4.2.3 (Raggio della palla circoscritta). Sia X un arbitrario spazio metrico eK ∈ X, definiamo raggio della palla circoscritta a K il numero

r(K) = infρ > 0 : K ⊂ B(x, ρ) per qualche x ∈ X .

Teorema 4.2.4 (Selezione di Blaschke). Sia X uno spazio metrico con la proprieta che isottoinsiemi chiusi e limitati sono compatti (ad esempio Rn), allora si ha che X e completo.Inoltre se X e compatto anche X e compatto.

Corollario 4.2.5. Se X e uno spazio metrico con la proprieta che i sottoinsiemi chiusi elimitati sono compatti, per ogni K ∈ X esiste un punto xK ∈ X tale che K ⊂ B(xK , r(K)),che chiameremo palla circoscritta a K. 3

3Si verifica che in Rn la palla circoscritta e unica.

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Lemma 4.2.6. Sia µ una misura su X e supponiamo che lo spazio metrico misurato(X, d, µ) sia omogeneo4.Dato K ∈ X, definiamo

M(K) = F ∈ X : µ(F ) = µ(K), µ([F ]ε) ≤ µ([K]ε) ∀ ε > 0 . (4.2.1)

Su M(K) esiste un elemento di minimo raggio della palla circoscritta.Analogamente, definiamo

N(K) = F ∈ X : µ(F ) ≥ µ(K),diam (F ) ≤ diam (K) . (4.2.2)

Su N(K) esiste un elemento di minimo raggio della palla circoscritta.

Definizione 4.2.7 (Simmetrizzazione di Steiner). Sia X la classe dei sottoinsiemi com-patti di Rn con la metrica di Hausdorff data nella definizione 4.2.1 e sia Π un iperpianodi Rn.Per ogni x ∈ Rn sia lx la retta passante per x perpendicolare a Π.Per ogni K compatto di X definiamo la simmetrizzazione di Steiner di K rispetto a Π

stΠK =⋃

w∈Π

w × [−σw, σw] ,

doveσw =

12V1(lw ∩K) .

4Si dice che uno spazio (X, d, µ) e omogeneo rispetto alla metrica e alla misura se, ∀x, y ∈ X, esisteuna isometria Ψ che preserva la misura e tale che Ψ(x) = y.

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K

w

lw ∩K

Π

Figura 4.1: Simmetrizzazione di Steiner

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Osservazione 4.2.8. Si verifica che

1. La simmetrizzazione preserva la proprieta di compattezza: stΠK e compatto.

2. La simmetrizzazione preserva il volume: Vn(stΠK) = Vn(K) perche si puo scrivere

Vn(K) =∫

ΠV1(lw ∩K)dw .

3. La simmetrizzazione e invariante per traslazione: se τ e una traslazione in Rn, allorastτ(Π)(K) = τ(stΠK).

Lemma 4.2.9. Sia K ∈ X, supponiamo che K non sia una palla, cioe che differisca dallapropria palla circoscritta DK , allora esiste un numero finito di simmetrizzazioni di Steinerrispetto agli iperpiani Π1, . . . ,Πk che fanno diminuire il raggio della palla circoscritta, cioe

r(stΠ1 · · · stΠkK) < r(K) .

Dimostrazione. La dimostrazione del lemma si basa su questo fatto preliminare: data unapalla D in Rn di centro x0 e Π un iperpiano passante per x0, se, ∀x ∈ D, indichiamo conx1, x2 = lx ∩ ∂D, allora si ha che

∀ ε > 0 ∃ δ > 0 t.c. D \ stΠ(D \B(x, ε)) ⊃ B∂D(x1, δ) ∪B∂D(x2, δ) ,

dove B∂D(x1, δ) e la calotta sferica di centro x1 e raggio δ. Questo significa che allasimmetrizzazione di Steiner di D a cui e stata tolta una pallina anche molto piccolamancheranno due piccole calotte sferiche.Si ha per ipotesi che K 6= DK : senza ledere la generalita si puo supporre ∂K 6= ∂DK ,infatti se cosı non fosse, ∃x ∈ DK ,∃ η > 0 t.c. B(x, η) ⊂ DK ∩ Kc, e, grazie al fattoosservato preliminarmente, basterebbe una simmetrizzazione di Steiner per ricondurci alcaso ∂K 6= ∂DK .Poiche DK \ K e relativamente aperto nella topologia di sottospazio di DK la tesi eequivalente a dimostrare che esistono Π1, . . . ,Πk iperpiani tali per cui

stΠ1 · · · stΠkK ∩ ∂DK = ∅ . (4.2.3)

Dato un x ∈ ∂DK \ K esistera sicuramente un ρ > 0 per cui B∂DK(x, ρ) ⊂ ∂DK \ K,

d’altronde, per compattezza, K ∩ ∂DK si puo ricoprire con un numero finito di calottesferiche di raggio ρ che supporremo centrate nei punti x1, . . . , xk; dunque per ciascun xj

consideriamo l’iperpiano Πj che biseca la corda tra x e xj . Con questa scelta degli iperpianiciascuna simmetrizzazione rispetto a Πj si occupa di “staccare” la calotta K∩B∂DK

(xj , ρ)dal bordo, percio queste k simmetrizzazioni verificano (4.2.3), da cui la tesi.

Teorema 4.2.10 (Disuguaglianza isodiametrica). Per ogni K ⊂ Rn, K ∈ X, si ha che

Vn(K) ≤ ωn

(diam K

2

)n

.

Inoltre la palla minimizza il diametro di un compatto di volume assegnato.

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Π1

∂DK

K

x

x1

Figura 4.2: Dimostrazione del lemma

Dimostrazione. Mostriamo innanzitutto che la simmetrizzazione di Steiner rispetto ad unqualunque iperpiano Π fa diminuire il diametro, cioe che, qualunque sia F ∈ X

diam stΠF ≤ diam F .

Supponiamo, a meno di un cambio di coordinate ortonormale, che Π = xn = 0 escriviamo Rn = Π× l0; siano poi (u, a), (v, b) ∈ Π× l0 due punti di stΠF che realizzino5

diam stΠF = d((u, a), (v, b)) =√

(u− v)2 + (a− b)2 ,

avremo indifferentemente che a = −σu, b = σv o che a = σu, b = −σv. Siano ora

ξu = min lu ∩ F, ζu = max lu ∩ F,ξv = min lv ∩ F, ζv = max lv ∩ F ,

allora, per come e stata definita la simmetrizzazione, 2|a| = ξu + ζu, 2|b| = ξv + ζv, percio2(|a|+ |b|) = ζu − ξu + ζv − ξv e almeno una tra le somme “incrociate” ζv − ξu o ζu − ξv epiu grande di |a|+ |b|: nel caso in cui, ad esempio, ζu − ξv ≥ |a|+ |b| ≥ |a− b|, questo cidice che

diam stΠF =√

(u− v)2 + (a− b)2 ≤√

(u− v)2 + (ζu − ξv)2 ≤ diam F .

Per concludere la dimostrazione, dato K, consideriamo il compatto E′ in N(K) che mi-nimizza il raggio della palla circoscritta come nel lemma 4.2.6. Se per assurdo E′ 6= DE′ ,

5Questi punti esistono per la compattezza di K e, volendo essere precisi, per il teorema di Tychonoff.

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allora, per il lemma 4.2.9, esisterebbero delle simmetrizzazioni di Steiner per le quali il rag-gio della palla circoscritta diminuisce, ma abbiamo appena constatato che F ∈ N(K) =⇒stΠF ∈ N(K), percio siamo nella situazione, contraddittoria per la minimalita di E′, incui

stΠ1 · · · stΠkE′ ∈ N(K)

r(stΠ1 · · · stΠk

E′) < r(E′) .

D’altra parte 2r(E′) ≤ diam K, percio

ωn

(diam K

2

)n

≥ ωn(r(E′))n = Vn(E′) ≥ Vn(K) .

Introduciamo qui la disuguaglianza di Brunn-Minkowski, della quale si puo trovare unenunciato standard nel teorema 4.3.4.Storicamente la disuguaglianza, dimostrata per i convessi prima da Brunn nel caso n = 3,poi da Minkowski per n generico (per le osservazioni storiche si veda [25]), fu ispiratadall’interesse per il problema isoperimetrico e per lungo tempo venne considerata un risul-tato dal carattere spiccatamente geometrico, tuttavia negli ultimi anni e stato valorizzatoil suo ruolo di strumento analitico ed e stata messa in luce la forte connessione con le altredisuguaglianze analitiche.

In questo contesto non ci preoccuperemo di approfondirla perche verra trattata com-pletamente nella Sezione 4.3.

Teorema 4.2.11 (Disuguaglianza di Brunn-Minkowski). Sia K ∈ X e sia D una pallachiusa con lo stesso volume di K, cioe Vn(K) = Vn(D), allora

∀ ε > 0, Vn([D]ε) ≤ Vn([K]ε) .

Dimostrazione. Notiamo per prima cosa che l’asserto e vero per n = 1.In generale, se n > 1, adottiamo la stessa strategia della dimostrazione del teorema4.2.10, cioe mostriamo che la simmetrizzazione di Steiner di un compatto F rispetto adun qualsiasi iperpiano Π e tale che

∀ ε > 0, Vn([stΠF ]ε) ≤ Vn([F ]ε) . (4.2.4)

Come prima, a meno di un cambio di coordinate, possiamo supporre Π = xn = 0 escrivere Rn = Π × l0; denoteremo inoltre con π la proiezione su l0, con τu dove u ∈ Π latraslazione di u e con BΠ(u, ε) la palla di dimensione n− 1 in Π, ovviamente centrata inu con raggio ε. Dunque risulta che

lu ∩ [F ]ε =⋃

v∈BΠ(u,ε)

τu

(π[(lv ∩ F )]√

ε2−|v−u|2

).

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Contemporaneamente, siccome l’asserto e vero per n = 1, notiamo che

V1(lu ∩ [F ]ε) ≥ supv∈BΠ(u,ε)

V1

(τu

([π(lv ∩ F )]√

ε2−|v−u|2

))= sup

v∈BΠ(u,ε)V1

(π[(lv ∩ F )]√

ε2−|v−u|2

)≥ sup

v∈BΠ(u,ε)V1

([π([−σv, σv])]√ε2−|v−u|2

)= V1(lu ∩ [stΠF ]ε) . (4.2.5)

Siccome, come gia sapevamo,Vn(K) =∫Π V1(lu ∩K)du, (4.2.5) ci da (4.2.4). Per conclu-

dere la dimostrazione consideriamo il compatto E ∈ M(K) che minimizza il raggio dellapalla circoscritta, E esiste per il lemma 4.2.6. Se per assurdo E 6= DE , avendo appenadimostrato che la simmetrizzazione di Steiner di un compatto F e ancora un elementodi M(K), grazie al lemma 4.2.9 sapremmo ottenere un compatto di raggio del cerchiocircoscritto minore di quello di E, contro la minimalita di E.

Teorema 4.2.12 (Disuguaglianza isoperimetrica). Sia K ∈ X, la simmetrizzazione diSteiner non aumenta l’area di Minkowski, ossia, dato un qualunque iperpiano Π ⊂ Rn,

Mink(stΠ(K)) ≤ Mink(K) . (4.2.6)

Inoltre, detto R il raggio per cui la palla B(0, R) abbia pari volume, otteniamo

A(∂B(0, R)) = Mink(D) ≤ Mink(K) .

Percio se K e la chiusura di un dominio Ω ⊂ Rn con frontiera C1, poiche, per la proposi-zione 4.1.4 Mink(K) = A(∂Ω), si vede che

A(∂Ω)Vn(Ω)1−1/n

≥ nω1/nn . (4.2.7)

Dimostrazione. Il teorema 4.2.11 implica che

∀h > 0,Vn([B(0, R)]h)−Vn(B(0, R))

h≤ Vn([K]h)−Vn(K)

h

e questa da la tesi.

Il problema principale di questa dimostrazione e che, pur essendo relativamente sem-plice e intuitiva, non permette di caratterizzare il caso dell’uguaglianza.

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4.3 La disuguaglianza di Brunn-Minkowski

In questa sezione dimostreremo di nuovo la disuguaglianza di Brunn-Minkowski, alla qualeseguira di nuovo la disuguaglianza isoperimetrica. La caratterizzazione del caso dell’ugua-glianza e possibile, con questi mezzi, tuttavia molto complicato, percio sara presentataomettendone una parte.

La dimostrazione della disuguaglianza di Brunn-Minkowski che daremo qui non e quel-la classica, che pure si dimostra “in una pagina” e viene proposta, ad esempio, in [5]:la introdurremo attraverso la disuguaglianza di Prekopa-Leindler, come accade in [10].Per dimostrare la disuguaglianza di Prekopa-Leindler, pero, ci avvarremo della stessadisuguaglianza di Brunn-Minkowski in dimensione 1.

Teorema 4.3.1 (Disuguaglianza di Brunn-Minkowski in R). Sia λ ∈ (0, 1) e siano X, Y ⊂R insiemi compatti, allora

V1 ((1− λ)X + λY ) ≥ (1− λ)V1(X) + λV1(Y ) .

Dimostrazione. Possiamo supporre per semplicita che entrambi X e Y siano compatti.Anche la somma X+Y e un compatto, infatti, data una qualunque (xn + yn)n∈N, possiamoestrarre una sottosuccessione convergente

(xnk

)k∈N a x ∈ X e una sotto-sottosuccessione

convergente(ynkh

)h∈N a y ∈ Y , allora

(xnkh

+ynkh

)h∈N converge a (x+ y) ∈ X +Y perche

|(xnkh+ ynkh

)− (x + y)| ≤ |xnkh− x|+ |ynkh

− y|.Poiche la misura di Lebesgue e invariante per traslazione possiamo altresı supporre cheX ∩ Y = 0 e che X ⊂ x ≤ 0 e Y ⊂ y ≥ 0. Percio X ∪ Y ⊂ X + Y e finalmente

V1(X + Y ) ≥ V1(X ∪ Y ) = V1(X) + V1(Y ) .

Per λ generico sara ora sufficiente scegliere X ′ = (1− λ)X e Y ′ = λY . Poiche i compattiapprossimano qualunque misurabile limitato le tesi e provata.

Teorema 4.3.2 (Disuguaglianza di Prekopa-Leindler). Sia λ ∈ (0, 1) e siano f, g, hfunzioni su Rn non negative, integrabili e limitate che inoltre soddisfino

∀x, y ∈ Rn, h((1− λ)x + λy) ≥ f(x)1−λg(y)λ , (4.3.1)

allora ∫Rn

h(x) dx ≥(∫

Rn

f(x) dx

)1−λ(∫Rn

g(x) dx

.

Dimostrazione. Procediamo per induzione sulla dimensione dello spazio.

n = 1 Senza ledere la generalita possiamo assumere che ‖f‖∞ = ‖g‖∞ = 1.Rinominati i sopralivelli di ciascuna funzione con Xt = x ∈ R : f(x) ≥ t,Yt = y ∈ R : g(y) ≥ t, Zt = z ∈ R : h(z) ≥ t, l’ipotesi (4.3.1) fornisce

∀ t ∈ [0, 1), Zt ⊃ (1− λ)Xt + λYt ,

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siccome Xt, Yt sono non vuoti si applica 4.3.1 e, grazie alla disuguaglianza di Young6,si ottiene che∫

Rh(x) dx =

∫ 1

0V1(Zt) dt ≥

∫ 1

0V1((1− λ)Xt + λYt) dt

≥ (1− λ)∫ 1

0V1(Xt) dt + λ

∫ 1

0V1(Yt) dt = (1− λ)

∫R

f(x) dx + λ

∫R

g(x) dx

≥(∫

Rf(x)

)1−λ(∫R

g(x) dx

. (4.3.2)

n− 1 ; n Volendo sfruttare l’ipotesi induttiva fissiamo una variabile t ∈ R definendoht(ξ) = h(ξ, t) funzione su Rn−1 e ft, gt analogamente. Dati a, b ∈ R e c = (1−λ)a+λb una loro combinazione convessa, si ha per ipotesi che

hc((1− λ)ξ + λζ) = h((1− λ)(ξ, a) + λ(ζ, b)) ≥ f(ξ, a)1−λg(ζ, b)λ = fa(ξ)1−λgb(ζ)λ ,

quindi, per ipotesi induttiva su fa, gb, hc,∫Rn−1

hc(ξ) dξ ≥(∫

Rn−1

fa(ξ) dξ

)1−λ(∫Rn−1

gb(ξ) dξ

. (4.3.3)

Chiamiamo rispettivamente H(c) =∫

Rn−1 hc(ξ) dξ, F (a) =∫

Rn−1 fa(ξ) dξ,G(b) =∫Rn−1 gb(ξ) dξ, cosicche (4.3.3) diventa

H(c) = H((1− λ)a + λb) ≥ F (a)1−λG(b)λ ,

cioe diventa l’ipotesi per cui si realizza (4.3.2) percio, per il teorema di Fubini,∫Rn

h(x) dx =∫

RH(c) dc ≥

(∫R

F (a) da

)1−λ(∫R

G(b) db

=(∫

Rn

f(x) dx

)1−λ(∫Rn

g(x) dx

.

Teorema 4.3.3 (Disuguaglianza di Brunn-Minkowski in Rn). Sia λ ∈ (0, 1) e sianoX, Y ⊂ Rn insiemi compatti7, allora

Vn((1− λ)X + λY ) ≥ (1− λ)Vn(X) + λVn(Y ) .

6La disuguaglianza di Young e una conseguenza della concavita del logaritmo e asserisce che, dati a, bpositivi e dato λ ∈ (0, 1), a1−λbλ ≤ (1− λ)a+ λb.

7Nella disuguaglianza di Brunn-Minkowski generale non si richiede che gli insiemi siano convessi.

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Dimostrazione. Siano f = χX , g = χY , h = χ((1−λ)X+λY )

.Per verificare di essere nell’ipotesi di 4.3.2 consideriamo x, y ∈ Rn: siccome

f(x)1−λg(y)λ > 0 ⇐⇒ x ∈ X e y ∈ Y

eh((1− λ)x + λy) = 1 ⇐⇒ (1− λ)x + λy ∈ (1− λ)X + λY ,

le ipotesi sono verificate e dunque

Vn((1− λ)X + λY ) =∫

Rn

h(x) dx ≥(∫

Rn

f(x) dx

)1−λ(∫Rn

g(x) dx

= Vn(X)1−λVn(Y )λ .

Corollario 4.3.4 (Disuguaglianza di Brunn-Minkowski standard). Sia λ ∈ (0, 1) e sianoX, Y ⊂ Rn insiemi compatti, allora

Vn((1− λ)X + λY )1/n ≥ (1− λ)Vn(X)1/n + λVn(Y )1/n .

Dimostrazione. Semplicemente poniamo

λ′ =Vn(Y )1/n

Vn(X)1/n + Vn(Y )1/n

X ′ = Vn(X)−1/nX

Y ′ = Vn(Y )−1/nY ,

per cui8 Vn(X ′) = Vn(Y ′) = 1.Se applichiamo il teorema 4.3.3 a X ′, Y ′ col parametro λ′ otteniamo

Vn((1− λ′)X ′ + λ′Y ′) ≥ 1 ,

d’altra parte, per costruzione,

Vn((1− λ′)X ′ + λ′Y ′) = Vn

(X + Y

Vn(X)1/n + Vn(Y )1/n

)=

Vn(X + Y )

Vn(X)1/n + Vn(Y )1/nn ,

percioVn(X + Y )1/n ≥ Vn(X)1/n + Vn(Y )1/n ,

e rimpiazzando X, Y con (1− λ)X, λY si ottiene la tesi.8La misura di Lebesgue in Rn e n-omogenea, ossia Vn(rA) = rnVn(A) ∀ r ≥ 0, per qualsiasi A

misurabile.

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Una volta provata la disuguaglianza di Brunn-Minkowski, per alcune classi di insiemie facile dedurne la disuguaglianza isoperimetrica: ci occuperemo del caso in cui gli insiemisono convessi.Rienunciamo, pur avendolo dimostrato senza la caratterizzazione dell’uguaglianza, il se-guente

Teorema 4.3.5 (Disuguaglianza di Brunn-Minkowski per convessi). Siano X, Y ⊂ Rn

insiemi limitati e misurabili, con parte interna non vuota e convessi, allora, fissato λ ∈(0, 1), si ha che

Vn((1− λ)X + λY )1/n ≥ (1− λ)Vn(X)1/n + λVn(Y )1/n .

L’uguaglianza vale se e soltanto se X e Y sono omotetici.

Prove di questo teorema si trovano in [25], [19], [15] e [11].Con questi strumenti e semplice concludere.

Teorema 4.3.6 (Disuguaglianza isoperimetrica per convessi). Sia K ⊂ Rn un sottoin-sieme compatto e convesso, con parte interna non vuota, se B ⊂ Rn e la palla unitariachiusa centrata nell’origine, si ha che(

Vn(K)Vn(B)

)1/n

≤(

Mink(K)Mink(B)

)1/(n−1)

.

L’uguaglianza vale se e soltanto se K e una palla.

Dimostrazione. Usiamo una sostituzione del tipo h = t1−t che poi si rivelera comoda,

perche

Mink(K) = limh→0+

Vn([K]h)−Vn(K)h

= limh→0+

Vn(K + hB)−Vn(K)h

= limt→0+

Vn((1− t)K + tB)− (1− t)nVn(K)t(1− t)n−1

= limt→0+

Vn((1− t)K + tB)−Vn(K)t

+ limt→0+

(1− (1− t)n)Vn(K)t

= limt→0+

Vn((1− t)K + tB)−Vn(K)t

+ nVn(K) .

Se studiamo la funzione ausiliaria f(t) = Vn((1− t)K + tB)1/n definita su [0, 1] scopriamoche

f ′(0) =Mink(K)

nVn(K)(n−1)/n−Vn(K)1/n .

A questo punto la tesi e equivalente a dimostrare che f ′(0) ≥ f(1)− f(0), ma la disugua-glianza di Brunn-Minkowski ci dice proprio che f e concava.

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Quanto alla caratterizzazione dell’uguaglianza, se f ′(0) = f(1)− f(0), per concavita

∀ t ∈ (0, 1],f(t)− f(0)

t= f(1)− f(0) ,

e questa e proprio l’uguaglianza per Brunn-Minkowski, dunque K e B devono essereomotetici, cioe K deve essere una palla.

In modo analogo e possibile assumere che K sia la chiusura di un dominio Ω confrontiera almeno di classe C1: impiegando la disuguaglianza di Brunn-Minkowski per in-siemi con frontiera C1 e l’argomento della dimostrazione del teorema 4.3.6 si giunge allamedesima conclusione, vale a dire la disuguaglianza isoperimetrica.

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