4/2011 - Movimento Domenicano del Rosario · Luis Alonso Schokel in una dotta meditazione sul...

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLIV - n. 4 - III trimestre Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia” è mezzanotte, l’ora solenne... 4/2011

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Alla redazione dell’inserto per i bambini hanno collaborato

Ilaria Giannarelli con Massimiliano,Serena e Daniela Guerrini

ROSARIUMPubblicazione trimestrale del

Movimento Domenicano del Rosario

Proprietà:Provincia Domenicana S. Domenico in Italia

via G.A. Sassi 3 - 20123 MilanoAutorizzazione al Tribunale di Bologna

n. 3309 del 5/12/1967

Editore: Edizioni Studio Domenicanocodice fiscale 00827210378

Direttore responsabile:fr. Mauro Persici o.p.

Rivista fuori commercio

Le spese di stampa e spedizione sono sostenute dai benefattori

Anno 44°- n. 4stampa: Grafiche Lusar srl

Novate - via Vialba 75

Natale: la Messa di Mezzanotte 3La gioia del Natale nel mondo 7

I misteri della vita di Cristo contemplati alla scuoladella Beata Vergine Maria. III e ultima parte 23Usare bene internet 26

SPECIALE: La Messa di Mezzanotte

La Messa di Natale: non un punto di arrivo... 19

Per ragioni di spazio le testimonianze degli incontri del Rosario verranno pubblicate nel prossimo numero

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Natalela Messa di Mezzanotte

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Minuit! Chrétiens, c’est l’heure solemnelleOù l’homme Dieu descendit jusqu’à nous…

Mentre scrivo questo articolo sulla Liturgia della Notte di Natale ascolto in sottofondo il‘Cantico di Natale’ di Adam composto nel 1847, che comincia con un invito potente e pieno dimeraviglia a rendersi conto di quel che avviene: “È mezzanotte! Cristiani, è l’ora solenne in cuil’Uomo-Dio è disceso fino a noi…”.

Lasciamo il fascino della musica e vediamo brevemente la storia della celebrazione natalizia.Quasi trentacinque anni fa Mons. Mariano Magrassi, prima abate di Noci e poi arcivescovo diBari, grande maestro in Liturgia, scriveva in una sua riflessione sul tempo di Natale:

”La Chiesa primitiva ha conosciuto un sola festa: la Pasqua settimanale (domeni-ca) e annuale. Solo nel IV secolo appare la solennità dell’avvento del Signore tragli uomini. La data non è scelta per la sua coincidenza con l’evento storico… Quisi tratta piuttosto di “cristianizzare” le feste pagane del solstizio invernale chefesteggiavano il ‘Sol invictus’, la rinascita del sole. Il persistere di quelle feste eraun po’ il simbolo dell’ultima resistenza del paganesimo. La Chiesa ne trionfasostituendovi la festa del nuovo “Sole invincibile”, Cristo, “Sole di giustizia”e“Luce del Mondo”, immensamente più risplendente di quella che emana dagli ele-menti del cosmo” (M. Magrassi, Cristo ieri oggi sempre, Ecumenica ed., pag.103).

Mi permetto una sola osservazione: da un punto di vista liturgico molto probabilmente aveva ragio-ne Mons. Magrassi, ma per quanto riguarda la data della nascita di Gesù c’è discussione fra gli stu-diosi dopo le ricerche svolte non da un cattolico tradizionalista con mire apologetiche ma dal prof.Talmon Shemaryahu, docente alla Hebrew University di Gerusalemme, ebreo convinto e studiosodei testi di Qumran, morto il 15 dicembre 2010. Al termine dei suoi studi il professore concludesostenendo: “la data del 25 dicembre per la nascita di Cristo è la più verosimile”.

Torniamo alla liturgia e in particolare all’origine delle celebrazioni eucaristiche nataliziePrima della costruzione a Roma della basilica di S. Maria Maggiore, tutta la preghiera liturgicaera svolta dal Papa nella chiesa di S. Pietro in Vaticano. Dopo aver celebrato, la sera precedente

La Santa Messadi Mezzanotte a Natale nella liturgia

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fra Daniele Mazzoleni op

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al Natale, la conclusione del digiuno con l’ufficio vigilare e con una santa Messa riportata dalSacramentario Veronese, il Papa celebrava con il suo clero la preghiera della notte con le pre-ghiere proprie della festa e poi la santa Messa che introduceva nel giorno di Natale. Il contestooriginario, fin dalla metà del 300, è quello dell’alba: della notte che viene illuminata dal Cristo(sole) che sorge. Più tardi, la costruzione della basilica di S. Maria Maggiore (432), il ricordo del presepio, laCrip ta-grotta sotto l’altare maggiore che custodiva le reliquie della ‘culla’ di Gesù (alcuni pezzidella mangiatoia) ma anche l’influsso di una preghiera prolungata a Betlemme della comunitàcristiana di Gerusalemme (chiamata stazione) hanno portato a Roma una “Stazione” a metà dellanotte nella basilica di S. Maria Maggiore sull’Esquilino.Alla fine del VI secolo è documentato un parziale cambiamento: per ricordare presso la delega-zione bizantina sul Palatino la martire Anastasia, il Papa celebrava a Roma nella notte a S. MariaMaggiore la S. Messa che prima veniva celebrata all’alba in S. Pietro, poi si trasferiva a S. A -nastasia per celebrare una S. Messa all’alba che presto perse la memoria della Santa per acqui-stare un tono natalizio e, per non affrontare il viaggio fino a S. Pietro, nuovamente una celebra-zione in S. Maria Maggiore corrispondente alla nostra attuale S. Messa del giorno di Natale.Ecco l’origine delle tre S. Messe Natalizie: della notte, dell’aurora e del giorno.Cosa possiamo dire riflettendo su questo cammino delle celebrazioni a Natale? Motivi nobili eteologicamente profondi si intrecciano a ragioni pratiche concrete nel celebrare la nascita delSalvatore. Tuttavia questo esprime anche liturgicamente la logica sublime dell’Incarnazioneche unisce il divino all’umano assumendolo a strumento per la salvezza e la divinizzazione del-l’uomo: “essa ci eleverà alla natura di Colui che adoriamo nella nostra” (S. Leone Magno) erealizzerà nell’Eucarestia quel mirabile scambio tra la nostra povertà e la sua grandezza, “si èfatto ciò che siamo per renderci partecipi di ciò che Egli è”(S. Cirillo di Alessandria).

Le caratteristiche dell’evento celebrato e non solo ricordato Vale la pena ribadirlo: non è solo memoria di un fatto passato, non è solo celebrazione del‘com pleanno di Cristo Gesù’. Certamente è anche questo, ci ricorda S. Agostino. “E poiché solodi chi è vivo si festeggia il compleanno, allora festeggiare il Natale significa riconoscere, maga-ri solo implicitamente, che Gesù è vivo oggi e non è un personaggio del passato” completa ilcard. Giacomo Biffi. L’evento celebrato viene misticamente ripresentato e il frutto di grazia con-tinuamente donato.Quali sono le caratteristiche di questo ‘Dono’ che vengono ricordate soprattutto nelle preghiereliturgiche (all’inizio la colletta, sopra le offerte, alla fine dopo la comunione e anche nel prefazioprima della consacrazione) della S. Messa della notte? Ne voglio ricordare soprattutto tre: laLuminosità che vince le tenebre di ogni notte, la Sorpresa che supera ogni attesa, la gioiositàper una salvezza regalata nell’unione con il Redentore e che va testimoniata con una degnacondotta di vita.Vediamole una per volta un po’ più estesamente e tentando anche qualche aggancio alla vita.

La Luce di Cristo ha fatto splendere questa santissima notteIl famoso esegeta gesuita p. Luis Alonso Schokel in una dotta meditazione sul Natale lega quellanotte a dieci notti descritte nella Bibbia in cui Dio crea, interviene, guida, protegge, libera, esa-mina, scruta… e “mentre un silenzio sereno tutto avvolgeva e la notte era a metà del suo corso,la Tua Parola scese dal trono regale dei cieli”( cfr. Sap. 18,14) in un bambino inerme che nonspaventa nessuno, non impugna una spada, ma è avvolto in fasce da una Madre tenerissima chelo porta nel mondo per la gioia di tutti. È audace per la liturgia prendere quei versetti del librodella Sapienza e applicarli al Natale. Da quella notte ogni notte può essere rischiarata da Cristo,

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Luce del mondo che raggiungerà il suo pieno splendore la notte di Pasqua con la Risurrezione. Ogni notte: quella dei delusi e dei disperati, quella degli annoiati e degli uomini affaticati, quelladegli smarriti e scoraggiati, dei confusi e dubbiosi; notte di chi vaga nelle tenebre dell’errore edella menzogna, quella di chi è ammalato, disprezzato, solo o calpestato perché da nessuno con-siderato; viene per brillare anche in quella di chi sciupa la propria vita o la “rovescia” negli af -fanni, negli affari e negli affetti di questo mondo, esclusivamente di questo mondo chiuso su disé. È una Luce calda, è una Luce che non si lascia spegnere dalle tempeste e dalle bufere, non siesaurisce come le fiammelle quando finisce lo stoppino o la cera (le nostre piccole risorseumane), si posa con delicatezza su tutto e permette ai colori di manifestarsi, rallegra gli occhisani e ben disposti ma ‘bussa’ agli occhi chiusi e disturba quelli malati invitando a una cura ade-guata per la guarigione, per una vera conversione.

Una sorpresa che supera ogni attesa Tanti lo aspettavano ma li ha sorpresi tutti. Il nostro è un Dio che ci sorprende.Lo attendevano Potente, che viene a mettere a posto ogni cosa, il “castigamatti” a cui non sipuò resistere. Il capo, il leader, il condottiero. E invece sorprendentemente viene fragile, vulne-rabile, mite.Lo aspettavano Giudice senza pietà che rivelava i progetti occulti e malvagi: condannava subi-to, senza timori, senza appelli, senza recuperi. E invece venne per salvare chi era perduto, com-patire, convertire…Lo aspettavano Ricco, benedetto da Dio con ogni fortuna, con ogni bene. Da sempre gli uominisono sensibili al denaro e a quello che si può fare con i soldi, con l’abbondanza di mezzi. E Luivenne libero e povero, per annunciare una buona notizia ai poveri, usando dei beni di questomondo senza diventarne schiavo, condividendo ciò che aveva di più prezioso: “spogliò se stessoassumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini”. Lo aspettavano Grande, capace di abbagliare e di farsi applaudire e anche rincorrere da tantipronti a strisciare per trovare un posto fra suoi cortigiani adulatori. E invece venne comeBambino deposto in una mangiatoia in una disadorna grotta. Anche chi non vuole lo deveammettere: ha fatto di testa sua e ci ha spiazzato tutti, a bocca aperta ci ha lasciato… E non hamandato un suo rappresentante, ma proprio suo Figlio. Il suo stile non cambia: continua a sorprenderci e sono sorprese incantevoli, imprevedibilianche nella vita spirituale più matura e avanzata. E potremmo continuare ancora…

La gioia della Salvezza regalata, a tutti e ciascuno, che va testimoniata con una degna con-dotta di vitaA questo punto mi fermo perché altre voci, più autorevoli della mia, negli articoli che seguonovi possono mostrare come questo già sia avvenuto e avvenga per molti discepoli di GesùBambino che nella notte di Natale adoreremo e porteremo all’altare. Spiritualmente ancora civiene incontro con braccia allargate per poterci stringere in un amabile e tenero abbraccio, l’uni-co che può scaldare la nostra vita nel gelo dell’indifferenza e dell’egoismo del mondo, l’unicoche la può trasformare in vita degna di essere vissuta. Anche la musica e il canto dolcissimo di Adam raggiunge il suo punto più alto ed espressivo:“Qui Lui dira notre reconnaisance? C’est pour nous tous qu’il nait, qu’il souffre et meurt.Peuple, Debout! Chante ta déliverance, Noël, Noël, chantons le Redempteur!”. (Chi potràesprimergli la nostra riconoscenza? È per noi tutti che nasce, che soffre e muore. Popolo sveglia-ti, in piedi! Canta la tua liberazione. Natale, Natale cantiamo il Redentore!). Se ritorneremo a casa con un po’ di questa gioia, di questa luce, di questo ardore nel cuore nonavremo partecipato invano alla Messa di Natale.

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La Messa di Mezzanotte a Betlemme

Il 24 dicembre, nella città di Betlemme, una processione di scout che avanza al suono dei flauti, deitamburi e delle cornamuse dà il via alle festività di Natale: sfilano lungo la Piazza della Mangiatoia– Piazza della Natività – dove regna un’atmosfera carnevalesca, coi mercanti dalla barba lunga e ipalloncini. Sulla sinistra della piazza si erge l’impressionante basilica della Natività, eretta nel IVsecolo ma costantemente rimaneggiata ed ingrandita nelle epoche successive. È da là che vengonoritrasmesse in tutto il mondo le immagini della Notte di Natale.Nella basilica della Natività, che si affaccia sulla piazza, alcuni monaci cantano, mentre centinaia dipellegrini aspettano di poter entrare nella grotta dove Maria diede alla luce Gesù. I credenti vengo-no qui tutto l’anno, a commemorare la nascita di Cristo: nel periodo di Natale, nelle cappelle dellachiesa sfilano genti provenienti da ogni continente del mondo, mentre i canti e le preghiere in ognilingua si mescolano susseguendosi senza sosta. Nella cripta, chiamata “la Grotta della Natività”,una stella d’argento recante in latino la scritta: “Qui è natoGesù Cristo dalla Vergine Maria” segna sul suolo il punto incui venne alla luce Gesù. Lì di fianco c’è il punto dove sareb-be stata posta la mangiatoia.A Betlemme le festività natalizie raggiungono il culmine lanotte del 24 dicembre, con la tradizionale Messa di Mez -zanotte, che viene celebrata nella chiesa di Santa Caterina dalPatriarca Latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal, allapresenza del Presidente palestinese Mahmoud Abbas, delPrimo Ministro Salam Fayyad e dei Consoli Generali di vari Paesi venuti dalla città santa di Ge ru -salemme, nonché di una folla numerosa di fedeli.

Apertura della Festa di NataleSin dalla metà del 24 dicembre, la Piazza della Mangiatoia è piena di pellegrini e turisti che si ac -calcano a migliaia. Il Patriarca Latino di Gerusalemme è in arrivo. Frattanto, gli scout invadono lapiazza: giovani in uniforme, ragazze, cornamuse, trombe e grancasse. Il sole splende, si canta: pas-sando da “Viva il vento d’inverno” ai canti tradizionali palestinesi. L’atmosfera è molto più festosadi quanto ci si possa immaginare...Il Patriarca Latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal, la più alta autorità cattolica romana in

La gioia del Natale nel mondoMESSA DI MEZZANOTTE

PALESTINA

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Terra Santa, fa il suo ingresso solenne nella città palestinese di Betlemme, assolata e inghirlandatadi festoni, di bandiere palestinesi e di striscioni nei colori della Santa Sede. La Palestina cristiana e isuoi scout dalle uniformi colorate, con le fanfare e le cornamuse in testa al corteo, accompagnano ilPatriarca fino alla Piazza della Mangiatoia in un’atmosfera da festa popolare.Molti di loro rimarranno là ad aspettare per partecipare alla Messa di Mezzanotte celebrata dalPatriarca Latino.

Messa di MezzanotteLa folla sulla piazza non si disperde. La notte scende su Betlemme. I primi pellegrini iniziano adentrare poco dopo le nove di sera. La folla preme fuori dalla porta esterna della chiesa di SantaCaterina, che si trova vicino alla chiesa della Natività. Le persone entrano camminando con reve-renza, e con loro vi sono numerosi sacerdoti; bisogna far loro capire che la chiesa non può contene-re tutti quei fedeli. Ma c’è tutto il tempo: infatti si deve aspettare che arrivi la mezzanotte.L’ assemblea – un mare di teste – resta in silenzio, in ascolto, o canta inni nell’attesa.Quest’atmosfera sospesa e raccolta è un’esperienza che non si può vivere altro che qui, a Betlem -me: questa notte, in questo luogo confinato dietro al muro costruito dagli israeliani, nel cuore di unacittà che soffre, abitata da una piccola minoranza cristiana, il mondo intero si è dato appuntamentoper inchinarsi davanti al Bambino.L’emozione si fa palpabile: è giunto il momento dell’ingresso del Coro. I cantori si dispongono at -torno all’organo, mentre la folla attende, osservando affascinata il Coro, così numeroso, vestito diblu. Davanti a loro, tanti bambini vestiti di bianco. Il Coro è composto da alunni e insegnanti cri-stiani, mussulmani, ebrei: conta solo il posto che si fa alla bellezza e alla musica. E questa notte, quia Betlemme, canteranno insieme.La celebrazione ha inizio. Dalla sacrestia escono in processione i celebranti, in abito solenne, con laCroce e il Vangelo tenuti con le braccia ben tese verso l’alto, e preceduti dall’incenso. Si intona l’Uf -ficio delle Letture. La folla è in piedi da ormai quasi due ore, ma l’aria pare quasi vibrare di gioia, amostrare la fine dell’attesa. Sono tutti qui insieme per ringraziare Dio di essersi fatto Bambino.

Alle prime note del Gloriaviene sollevato il drappo chena sconde la statua di GesùBam bino, e il Gloria cantatodal Coro pare davvero il primoGloria che fu cantato dagli an -geli. Le voci dei cantori innal-zano i cuori e l’assemblea si u -nisce al canto. A mezzanotte ilPatriarca Latino esce dalla sa -crestia della chiesa vicina allabasilica della Natività (dove of -ficiano i greci ortodossi), re -cando in mano l’effigie delBambino Gesù, e va a deporlaal centro dell’altare.

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Chi lo sa quanto dura la Messa di Mezzanotte a Betlemme? Nessuno mostra i segni della fatica. Al -la fine della celebrazione, l’attenzione si concentra sulla processione dei sacerdoti concelebranti,che accompagnano il Patriarca, il quale porta il Bambino Gesù nella Grotta della Natività. Lo ada-gerà nella Mangiatoia, e là resterà fino al giorno dell’Epifania, disteso nella culla su un drappo diseta, come vuole la tradizione.Quando la processione rientra, i pellegrini hanno quasi svuotato la chiesa, e l’ultima strofa del TeDeum annuncia la benedizione finale. Sono passate due, forse tre ore: a Betlemme è Natale.

Il giorno di NataleNella Grotta, all’altare della Mangiatoia, e nelle grotte sotto la Basilica, si celebrano Messe senzainterruzione, fino al pomeriggio del 25 dicembre. E qui, nella chiesa di Santa Caterina, le Messe peri gruppi numerosi ricominceranno tra poco.Molti degli abitanti di Betlemme e della regione circonvicina, che non hanno potuto prendere partealla Messa di Mezzanotte per via delle migliaia di pellegrini, vengono il giorno dopo. Quella è laloro Messa: pigiati gli uni contro gli altri, famiglia accanto a famiglia, partecipano cantando in coroin modo toccante e davvero commovente. Niente riuscirà a distrarli: è il loro Natale, e i bambinivestiti di rosso – come tanti piccoli Babbi Natale – aspetteranno di poter salutare, uno per uno, ilPatriarca Latino, che sarà tutto per loro. E andranno tutti, grandi e piccini, a baciare la statua diGesù Bambino, Bambino di Betlemme.

Natale, la gioia dei bambiniOgni anno, a qualche centinaio di bambini che vivono nella zona di Betlemme vengono distribuitidei doni. Se poteste vedere i sorrisi sui volti di questi bambini, quando ricevono i loro regali, esulte-reste di gioia anche voi per loro. È un gesto tanto piccolo ma al contempo tanto importante, per ibambini di Betlemme. Riuscire a fare un regalo che porti gioia nella vita di un bambino nel periododi Natale, e vedere il sorriso sul suo visetto prezioso, trasforma ogni sforzo in una vera opera d’a-more. È un vero dono di Dio.Quando suona la campana di Natale, il grigiore del quotidiano è chiamato a trasformarsi; e lasciapo sto alla gioia. Di che è fatta questa festa? È prima di tutto una grande Presenza che si percepiscenella fede, nella speranza e nella carità. E tale presenza è insieme il Bambino di Betlemme e il glo-rioso Redentore. Betlemme, che quasi duemila anni orsono vide la nascita del Nostro SalvatoreGesù Cristo, è oggi una città circondata da un muro, come una prigione, e la festa è intaccata dallerestrizioni causate dall’occupazione israeliana. Per entrare in città bisogna attraversare i check-point, e vengono messe in atto importanti misure di sicurezza. A pochi palestinesi cristiani vieneconcesso di visitare i parenti fuori Betlemme. Malgrado ciò, la Luce di Cristo non si spegne. Dellepersone di buona volontà offrono il loro aiuto affinché, in questo momento di bisogno, questa Lucecontinui a brillare in tutto il suo splendore. Ovunque, in Terra Santa, tanto in Palestina che inIsraele, ci sono persone che intrattengono prospettive di pace, e nella preghiera vi è una mobilita-zione della fede e della speranza che canta un inno alla carità.

fra Guy Tardivy, O.P.Gerusalemme

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A Smirne, una Messa alla Vigilia di Natale non basta mai!

Ogni anno, mentre accendiamo la prima candela dell’Avvento, cominciano le attività natalizienella piccola comunità latina di Smirne.Le signore cosiddette “levantine”, di origine europea ma residenti nel territorio dell’ex Impero otto-mano, preparano con grande impegno oggetti di regalo adatti al Natale e li offrono alla comunitànella kermesse natalizia. Sono in vendita libri in tutte le lingue parlate nella nostra comunità: italia-no, francese, greco, turco… Poi dei cd, rosari, marmellate… Queste signore hanno imparato dallelo ro madri a preparare i dolci tipici della tradizione levantina che portano nomi greci. Il ricavatovie ne donato alla Caritas Diocesana.

La più grande e numerosa parrocchiadi Smirne, la parrocchia del S. Ro -sario, tenuta dai padri domenicani, hapure un piccolo, ma bravissimo coro.Sono incaricati loro di animare leMesse più solenni di questa parroc-chia, ma anche quelle presiedute da S.E. Mons. Ruggero Franceschini, ar -civescovo metropolita di Smirne, unarcivescovo italiano, di origine mo - denese. Il maestro del co ro, il si gnorUgo Braggiotti, prepara ogni an no congrande cura i canti delle ce lebrazioninatalizie e pasquali, so prattutto i canticlassici. Il giorno di Na tale, alla Messa

solenne presieduta dal l’Arcivescovo, si canta tradizionalmente la “Missa de Angelis”.A Smirne, tutta la comunità cattolica appartiene al rito latino e vi è un solo arcivescovo. Tradi -zionalmente la gente partecipa alla celebrazione della santa Messa della notte di Natale e della Ve -glia Pa squale nella propria parrocchia. Il giorno di Natale e di Pasqua non si celebrano però leMesse nelle parrocchie, ma tutti i fedeli vanno al bellissimo Santuario di San Policarpo, dove risie-de l’arcivescovo. Questo santuario, costruito dai Cappuccini francesi nel 1620, è sicuramente lachiesa cattolica più bella di tutta la Turchia.Possiamo dire che è una grandissima gioia vedere i presepi creati dal frate domenicano Paolo Ron -co, nella nostra parrocchia del S. Rosario di Smirne. Ci fa vivere la notte santa di Betlemme, offren-do alla contemplazione dei fedeli almeno tre scene sacre preparate sui vecchi altari laterali usandoogni anno delle diverse stoffe, nuove luci, a volte mettendo anche un sistema di acqua corrente percreare un fiume dove i re magi passeranno… È assolutamente vietato cercare di vedere l’opera difra Paolo prima che sia pronta… Nessuno può intervenire, eccetto Omar, il bravo giovane accolito,al servizio dell’Arcidiocesi.

TURCHIA

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Le chiese sono le case di Dio e i luoghi del culto. Per le comunità delle minoranze come la nostra,la chiesa ha anche un’altro significato. La chiesa nel quartiere di Alsancak, la zona in cui abita lamaggior parte dei fedeli, è testimone dei nostri giorni felici e tristi… Possiamo dire che la maggiorparte delle famiglie cattoliche di Smirne ha stretti legami di parentela a causa dei matrimoni lungoil corso dei secoli… È questo il luogo che ci unisce.A Natale e a Pasqua, tuttii figli della Chiesa diSmirne, dispersi nelmon do per diversi motivitra cui il lavoro e lo stu-dio, si sforzano di tornarenelle loro famiglie e nellaloro culla culturale. Siriuniscono così in comu-nità tutti coloro che eranoda tempo assenti. Du -rante le omelie di PadreSte fano e Padre Giovannirinasce dentro ognuno dinoi la speranza di unanuo va vita, eterna, felice,in sieme con le nostre fa -miglie. Ecco, in quel mo -mento, ci sentiamo già in Paradiso, siamo già con i no stri cari!Abbiamo detto che, per le comunità della diaspora, le chiese funzionano come punto di ritrovo perle famiglie e persone che non si vedono da lungo tempo… Dopo la Messa della Notte di Natale coni nostri cari padri Domenicani, che tradizionalmente inizia verso le ore 19.00, molti dei fedeli parte-cipano alla Messa di mezzanotte celebrata nelle altre parrocchie della città. Ci sono diversi motiviper questa doppia celebrazione… Alcuni di questi fedeli fanno parte al tempo stesso di più cori,altri desiderano ritrovare gli amici che ritornano a Smirne solo per questa occasione di Festa.Dopo la celebrazione della Messa, tutti rimangono tradizionalmente insieme… Nel grande cortiledella chiesa dei padri Domenicani, ci si saluta e ci si augura buon Natale… Nelle altre chiese dovela Messa inizia più tardi, alla fine della celebrazione viene offerto tradizionalmente il “vin brulé”,caldo e con l’aggiunta di cannella. Si parla di quelli che non ci sono più… Si ritorna a volte all’in-fanzia. Tutti sono felici e nessuno si lamenta del freddo umido di Smirne. Però non si fa tardi, per-ché l’indomani, alle 11.00, il vescovo celebra per tutti la Messa! I giovani devono recarsi di buon’o-ra per dare una mano per i fiori da mettere sopra l’altare maggiore e per l’incenso! Spesso in queste occasioni si assiste a scenette come queste:- Padre Giovanni, dove sono i camici dei cherichetti e le partiture del coro?- Li ho dimenticati, ma... nessuno me l’aveva ricordato!- Opsss- Scherzo! Sono ancora in macchina, adesso li porta padre Stefano…

Giovanni Bugra (Poyraz)

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La Messa di Natale in BrasileDevo confessare che il primo Natale che ho passato in Brasile è stato un po’ traumatico! Si canta-va che Gesù è nato “al freddo e al gelo” e si grondava di sudore! Sì, perché in Brasile l’estate è indicembre e gennaio; e il Natale si celebra come se da noi fosse celebrato in pieno Ferragosto!Sappiamo che la terra è rotonda, e nell’emisfero Sud le cose vanno al contrario dell’emisfero Nord.Così succede che in Italia il giorno dei Morti concide con l’autunno, quando la natura inizia a ‘mo -rire’, le foglie ingialliscono e cadono, e cominciano le prime nebbie e i primi freddi. La natura aiutacosì a celebrare il mistero della morte. Qui in Brasile invece il giorno dei Morti si celebra in pie naprimavera. In Italia la Pasqua coincide con il periodo in cui la natura ricomincia il suo ciclo di nuo -va vita, gli alberi si rivestono delle prime foglioline, e i primi tepori risvegliano la vita addormenta-ta. In Brasile la Pasqua si celebra in autunno. Per fortuna qui da noi il contrasto tra le stagioni non ècosì forte come nell’altro emisfero, e così non si sente tanto l’incongruenza del calendario li tur -gico... al rovescio. E il commercio non si lascia certo intimidire per queste incongruenze liturgiche.Così da noi il Natale è celebrato come in Italia, con tante luci per le strade e sugli alberi, facendo ti -mida concorrenza al solleone estivo. I Babbi Natale, poveretti, vanno in giro tutti “intabarrati” diros so e incapucciati, come vuole la tradizione. La neve artificiale cade lentamente sui regali e suipro dotti di consumo esposti nei negozi. Il tutto in perfetta conformità con la sacrosanta tradizioneoc cidentale! Ma è giusto riconoscere che, nonostante questa situazione anomala, il nostro Natale brasiliano nonha nulla da invidiare a quello del Nord, quanto a poesia e bellezza. Anche qui è la festa più sentita

dell’anno, è la festa del cuore, dei rega-li, della famiglia. Qui da noi la Messadi Natale si celebra realmente a mezza-notte! E non c’è bisogno di intabarrarsitanto per andare in chiesa. Anzi, si go -de un po’ di freschetto, dopo una gior-nata di calore intenso. Una delle più belle Messe di Nataleche ho celebrato in Brasile è stato qual-che anno fa a Santa Cruz do Rio Pardo,dove abbiamo la grande Opera delCen tro Social e Casa do Menor, fonda-ta dal confratello domenicano freiFrancisco Pessuto. La chiesa parroc-chiale era strapiena di gente. Il grande

presbiterio rigurgitava di bambini e adolescenti. Erano i ragazzi dell’Opera di frei Francisco. Erabel lo vedere tutte quelle faccette piene di vita, che facevano corona al Bambino Gesù adagiato nellaculla, tra Maria e Giuseppe, ai piedi dell’altare. Li avevo voluti io in quel posto, i nostri ragazzi: afa re festa al Bambino nato povero nella grotta di Betlemme. Era quello il loro posto nella chiesa!Erano lì per dire qualcosa a tutti noi. Di fatto la gente contemplava con lo stesso sguardo, pieno di

BRASILE

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tenerezza, il Bambino e i bambini. Erano i bambinidel Bambino; ed erano, allo stesso tempo, i bambinidi tutta quella brava gente che ora riempiva la chiesaparrocchiale. Era la stessa gente che, in mille modi,ci sta aiutando ad accogliere, a proteggere dallascuola della strada, alimentare, istruire, educare,preparare alla vita tutti quei ragazzi, fratellini predi-letti del Bambino!Non mi sono certo lasciato scappare quella occasio-ne preziosa per dire una cosa importante alla gentedi Santa Cruz. Ho ricordato loro che quel Bambinonon era povero, ma impoverito! Lui si era lasciato‘im poverire’ per amore, facendosi vittima dell’egoismo umano, fin dal momento della sua nascita,quando nessuno aveva voluto accogliere la mamma incinta, e così Lui era nato in una stalla, scalda-to dal fiato di due animali! Il Bambino ci ricordava che anche quei bambini che gli stavano attornonon erano poveri, ma erano stati resi poveri: erano stati ‘impoveriti’. Perché Dio aveva collocato inognuno di loro uno scrigno pieno di cose belle, di qualità, di doni, di dignità e di valori. Ma qualcu-no, o tanti insieme, tutti noi insieme, come società, li stavamo escludendo, e marginalizzando e u -miliando, e opprimendo: li stavamo impoverendo! E loro erano lì in chiesa, attorno al Bambino im -poverito, per ricordarci quello che il Bambino ci aveva insegnato con tutta la sua vita, con le sue pa -role e con le sue azioni, con il suo Vangelo. Ma tutti i nostri ragazzi erano lì, assieme a Gesù, ancheper ringraziare le tante persone buone di Santa Cruz che, come i pastori, li stavano aiutando, attra-verso l’Opera di frei Francisco, a rompere quella logica di impoverimento e a costruirsi un futuromigliore. Quei bambini, tutti insieme, erano come gli angeli che cantavano sulla grotta di Betlemmeil “Pace in terra agli uomini di buona volontà”! Fu una commozione generale, fu una grande festa per tutti, quella Messa di Natale! La gente diSanta Cruz è tornata a casa portando nel cuore questo messaggio importante del Bambino. E anchei nostri ragazzi hanno sentito, ancora una volta, che non erano soli, che tanta gente voleva loro be ne,che Gesù era realmente il loro Fratellino che li amava e che, con il suo esempio, aveva insegnato atutta quella buona gente di Santa Cruz, e anche dell’Italia, ad amarli e aiutarli. Quella fu realmenteuna bella Messa di Natale, uno di quei momenti della vita del missionario che restano nella memo-ria e che fanno bene al cuore!

frei Mariano S. Foralosso OP

Il Natale in un angolo della Cina: Hong KongHong Kong, accesso meridionale della Cina, festeggia il Natale con spirito molto commerciale.Ben prima che venga annunciato il tempo di Avvento le vetrine si riempiono di decorazioni e confe-zioni natalizie, le strade di luminarie e alberi addobbati, finti Babbi Natale circolano ovunque. Ledecorazioni appaiono gigantesche e spettacolari facendo bella mostra nelle vie più frequentate,

CINA

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nelle piazze e sugli edifici. Il visitatore occidentale si meraviglia non poco nel trovare questo climafantasmagorico. Per la maggioranza della popolazione cinese, il Natale è un’occasione per fare fe -sta e scambiarsi regali: ben pochi tuttavia conoscono l’autentico significato della ricorrenza cristia-na. L’aspetto estremamente commerciale e superficiale contribuisce comunque a creare un’atmosfe-ra che almeno serve a far inserire la festività in questa cultura tanto diversa. Di positivo c’è il fattoche in questo periodo si sviluppano numerose iniziative di apertura verso il prossimo con gesti dige nerosità che coinvolgono moltissimi cinesi. Centri per anziani, centri di accoglienza, orfanotrofi eistituti per disabili vengono visitati offrendo ai loro ospiti un po’ di distrazione e tanti regali. Fra leva rie iniziative risalta la “Saint Claus Operation” ossia una “Promozione Babbo Natale”, indetta daun giornale e da una tv locali: si tratta di una tra le più conosciute e seguite opere tese a raccoglierefondi per il sostegno degli enti pubblici di beneficenza: il suo impatto sulla società cinese è davveroincisivo, con un crescendo di anno in anno.La comunità cattolica di Hong Kong costituisce il 5% della popolazione (circa 250.000 persone) edappare stabile da lungo periodo, nonostante i 3000 battesimi annuali. La spiegazione sta nel fattoche molti cinesi arrivano in città ma poi se ne allontanano dopo qualche tempo alla ricerca di unasistemazione più consona: soprattutto per tale motivo il numero dei cattolici non riesce a sviluppar-si. Sono tuttavia fedeli impegnati e in occasione del Natale – pur assecondando taluni aspetti piùprofani – i cattolici e i cristiani locali sentono la festa nel suo vero spirito: nelle chiese e nelle scuo-le religiose la ricorrenza del Natale viene preparata ecelebrata con grande partecipazione, allietata nei giorniprecedenti da recite e incontri amichevoli. La Messa diMez zanotte viene celebrata in lingua cantonese in tuttele parrocchie (che sono una quarantina nella diocesi, suf-fraganea di Guang zhou, l’antica Canton) mentre in catte-drale si tengono due riti, nel pomeriggio della vigilia inlingua in glese e a mezzanotte la Messa solenne in canto-nese. Per la minuscola comunità nazionale – ci ri cordasuor Anna Vi ganò di Carate Brianza, dal 1973 attiva sulterritorio cantonese come infermiera e insegnante – tuttele domeniche alle 11 si celebra una Messa in lingua ita-liana presso la chie sa della Canossian Mission di CaineRoad: lo stesso avviene nel giorno di Natale (officiante don Fran co Leo, un sacerdote canadese difamiglia italiana che parla molto bene la nostra lingua) ed è una bella occasione di incontro tra iconnazionali presenti a Hong Kong. Appena superato il giorno di Natale (sin dal 26 dicembre!) luminarie e decorazioni vengono imme-diatamente smontate perché i cinesi intendono prepararsi con largo margine di anticipo (facendonuo vi e tipici addobbi pubblici) alla loro festività più seguita, che è costituita dal Capodanno. La da -ta è assai variabile perché la gente segue l’anno lunare, per cui la ricorrenza cade – a seconda dei ci -cli – tra gennaio e febbraio. Si vive pertanto un lungo periodo di celebrazioni e di festa, in un tripu-dio di luci che rendono sfavillante l’area marittima del Victoria Harbour.

Paola Cico de Antonellis

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Anche in Africa è Natale!Fra le feste cristiane Natale è forse la più popolare e la più coinvolgente. Due ragioni sembranoessere alla radice di questo fatto. Da una parte Natale segna l’inizio della nostra redenzione: questosignifica che Natale è la premessa della Pasqua. Il Dio che soffrirà e risorgerà a Pasqua è quello chenasce a Natale. D’altra parte Natale cade alla fine dell’anno. A meno di sei giorni dalla fine dell’an-

no (il 25 dicembre).

In Camerun, peresempio, Natale èconsiderato co me ilcompleanno di Ge sù.E chi di noi non fe -steggia il suo com-pleanno? La vitaafricana è particolar-mente ritmata dalledanze.Danzare vie ne quasinaturale agli a fricani.In Camerun Nata le èsimbolo di festa per ibimbi. Non potendoac contentarli con iregali, le parrocchiespesso orga niz zano

le feste di Prima Comunione per Natale: così i bambini incontrano Gesù Bambino nei simboli euca-ristici del corpo e del sangue di Gesù Cristo. In Camerun non ci sono gli adobbi di Natale lungo lestrade: le luci molticolori, che vediamo spesso nelle strade in Europa, in Camerun non si vedono,ma sui visi si legge la gioia che vive nei cuori. Nelle grandi città di Yaoundè e Douala, per esempio,il Natale fa aumentare il traffico. Le famiglie che vivono nelle campagne vengono in città perapprovvigionarsi dei prodotti di prima necessità come il sapone, il petrolio per le lampade, il sale;per qualcuno questa è anche l’unica occasione di regalarsi un vestito nuovo.Le donne durante l’anno organizzano piccoli gruppi di risparmio: Natale è il periodo propizio perrestituire a ciascuna il frutto delle proprie economie. Per questo motivo molto cerimonie vengonorinviate verso la fine dell’anno. Nei villaggi il Natale è la festa della solidarietà. Alla sera tutti siradunano intorno al capo villaggio, e ognuno porta la sua cena per condividerla con gli altri: perchéc’è anche qualcuno che non ha nulla e viene a mani vuote. Tutti mangiano e bevono le bevandelocali, il vino di palma (chiamato matango, e bilibili); nei villaggi piu vicini alla città è possibileanche trovare delle birre, il cui costo è di circa un euro.Il pranzo di Natale di una famiglia camerunese è composto di carne di maiale, di pollo, di manzo e

CAMERUN

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di capra, e anche di pesce di acqua dolce. Queste carni sono accompagnate da una grande quantitàdi piatti di verdura, differenti a seconda delle regioni. A Yaoundè, la capitale, dove ci sono i padricarmelitani, il pranzo natalizio tipico è composto dal pollo, riso e una verdura chiamata okoua!!!Molti mangiano bene soltanto una volta all’anno: il giorno di Natale!Anche per i sacerdoti, Natale è un tempo di grande animazione pastorale, i cori preparano i cantipiù gioiosi. Certi canti sono stati tradotti nella lingua del posto. “Tu scendi dalle le stelle” è statotradotto in ewondo, la lingua liturgica della diocesi di Yaoundè (Abiali mbembe Mòn Zamba: oggi ènato per noi il celeste bambino).Nelle chiese si cerca di rendere partecipi tutti alla festa della nascita del nostro Salvatore. InCamerun per esempio man-care alla Messa di Natale ècome saltare una parte delpranzo. Natale comincia inchiesa e continua a casa. Purtroppo, però, ci sono an -che alcuni camerunesi chevan no a Messa solo a Natale.In generale solo i bambinidelle (poche!) famiglie ric-che sanno che a Natale sifanno regali. Per quelli dellefamiglie povere l’abbondanzadel pranzo di Natale è già unregalo, perché non mangianospesso così bene e abbondan-temente. Contrariamente aquanto succede in Occidentenessuno in Camerun ha l’an-sia e la preoccupazione difare i regali agli amici. Un regalo può essere fatto in qualsiasi momento dell’anno.Anche per i missionari il Natale è visto come un tempo di grazia, una festa della grande famiglia diDio. Alcune famiglie invitano i sacerdoti a casa, altre invece portano in processione, insieme alpane e al vino che servono per la consacrazione, i loro doni: banane, pomodori, galline, ananas, olioeccetera... Il tutto è accompagnato da un canto ben ritmato con i balafon: fa venir voglia di cantareanche in chiesa.Ricordiamo però che il Camerun, come d’altronde gran parte del continente africano, vive una diffi-cile situazione sociale, perché la miseria e la povertà colpiscono duramente le popolazioni. Essendoil tenore di vita molto basso e il potere d’ acquisto molto ridotto, si festeggia Natale come si può.La spesa per famiglia in generale è bassa, ma una famiglia camerunse spende quasi 50 euro per ilpranzo di Natale: e si vede sui visi di tutti la gioia di vivere pur in in queste situazioni economichemolto difficili. L’Africa da tempo non vive una sola, ma molte crisi: crisi alimentare, crisi sanitaria,crisi del sistema previdenziale, crisi umanitaria eccetera. La nostra missione di pastori, in questitempi difficili, è seminare la speranza.

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Il fine dell’evangelizzanzione è la conversione della coscienza personale e collettiva degli africani,ma anche il sostegno per migliorare la vita e il contesto socio-politico ed economico dei popoli.Il bambino che nasce a Natale ha qualcosa da dire anche agli africani: ecco perché l’azione evange-lizzatrice si orienta non verso l’individuo isolato, e quasi avulso dal suo contesto, ma piuttostoverso l’uomo che è membro di una comunità e portatore di una cultura. È quanto sosteneva il PapaPaolo VI quando insegnava: «Si tratta ormai di evangelizzare non più in maniera decorativa, comeuna verniciatura superficiale, ma in maniera vitale, in profondità e sino alla radice, la cultura e leculture africane».Così diventa evidente che l’Africa potrà essere pienamente cristiana solo quando il cristianesimosarà pienamente africano. Natale è festa di gioia per tutti i popoli: ognuno con le caratteristichedella propria cultura. Per questo chi viene in Camerun, per esempio, non mancherà di notare chel’Africa ha il suo modo di celebrare Natale e le altre feste con i suoi canti, i suoi balli e le sue abitu-dini alimentari. Natale è un tempo di grazia: è il momento giusto di spendersi per Cristo e costruirerelazioni sociali veramente rinnovate per il bene di tutto il genere umano. Noi cristiani sappiamo ecrediamo che Cristo è la pietra angolare della nostra fede. Cristo è la garazia e il fondamento dellanostra speranza. In Lui, con Lui e per mezzo dello Spirito Santo, cerchiamo tutti insieme di costrui-re – al di là delle differenze culturali – un mondo dove regnino il diritto, la giustizia e la pace.Natale è anche questo!!! Un annunzio di pace a tutti i popoli. Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pacein terra agli uomini di buona volontà!!!

P. Emilio ocd, missionario carmelitano

La gioia della vigilia

In Polonia il Natale è una festa vissuta con particolare intensità e partecipazione ed è ricca di tuttauna serie di usi e riti che risalgono alla millenaria tradizione cristiana di questa terra.La festa ha inizio alla vigilia: ogni famiglia si riunisce la mattina del 24 dicembre per addobbarel’albero di Natale e per preparare il presepe, che viene posto sotto l’albero. Sotto l’albero si collocaanche un tavolo ricoperto con una tovagliabianchissima. Sopra di esso vengono postialcuni rametti freschi di pino e, al centro,il pane eucaristico: si tratta di un’ostia ret-tangolare su cui è raffigurata, in bassorilie-vo, la Natività: esso verrà spezzato all’ini-zio della cena dal membro più anzianodella famiglia e di stribuito a tutti i com-mensali in segno di pace. Sotto al tavoloviene collocato un po’ di fieno che simbo-leggia la mangiatoia.Tutti questi preparativi sono accompagnati

POLONIA

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dai bellissimi canti natalizi che sono tipici della ricca tradizione polacca (si contano addirittura 250canti!); le loro melodie risalgono spesso ai primi tempi dell’evangelizzazione di questa terra. Tuttala famiglia canta in coro e si prepara così alla Messa di mezzanotte.Anche gli animali non vengono dimenticati perché secondo un’antica tradizione essi, in questanotte santa, acquistano la facoltà di parlare come gli uomini. In campagna il capofamiglia si recanella stalla per rivolgere loro un saluto (forse per ringraziare, così, il bue e l’asinello che hanno ri -scaldato Gesù).La sera si avvicina: quando in cielo compare la prima stella (che viene chiamata “stella di Be -tlemme”) ci si mette a tavola.Il pranzo è molto ricco ed è preparato con grande cura e amore. È composto di dodici portate inmemoria dei dodici apostoli. Non bisogna poi dimenticare di preparare un posto per un ospite: lanotte di Natale ogni famiglia apre la sua casa ad una persona sola, perché la festa di Natale sia dav-vero una festa di amore, di solidarietà, di condivisione.

Questa è, anche, la sera deidoni e si pensa soprattutto aibambini, che attendono conansia questo momento. IlBabbo Natale della tradizioneoccidentale non è mai arrivatoin Polonia: i bambini sannoche è la stella di Betlemme aportare loro i doni!Si avvicina, così, la mezza-notte. Le famiglie, unite, sirecano in chiesa: questo èforse uno dei momenti piùsuggestivi di tutta la festa. Ifedeli trovano infatti unachiesa buia e silenziosa. Amezzanotte in punto le cam-

pane iniziano a suonare, la chiesa si illumina e la santa Messa ha inizio. Una Messa che ha unacaratteristica particolare e ricca di spiritualità: è interamente cantata da tutti i fedeli (e non da uncoro più o meno professionale) tranne che nel momento del l’Eu caristia. La comunità testimoniacosì che la gioia per la nascita di Gesù è autentica solo se è condivisa e se esprime l’amore e la fra-tellanza che Gesù ci insegna e ci dona.Così il giorno di Natale accoglie i fedeli un po’ stanchi, ma ricchi di quella fede e di quella speranzache il Bambino ha portato sulla terra.La Polonia, terra profondamente cristiana, ha conservato queste tradizioni anche nei tempi bui delladittatura. Forse soltanto ai personaggi cosiddetti “pubblici” o comunque noti era richiesto un atteg-giamento discreto, ma tutta la popolazione celebrava comunque la festa di Natale con entusiasmo esincera partecipazione. Le chiese, sempre stracolme, testimoniavano che nessuno poteva spegnerela luce di Gesù.

R.S.

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Nel Salmo 113 [112], 5s ci viene detto che “Dio si china a guardare nei cieli e sulla terra”.Ma Benedetto XVI, nell’omelia pronunciata per la Messa di Natale di tre anni fa, ci invita aconsiderare come questo sguardo non sia privo di conseguenze, poiché “il guardare di Dio –

commentò il Santo Padre – è un agire”. In che modo? “Il fatto ch’Egli mi veda, mi guardi, trasformame ed il mondo intorno a me”. Ci solleva, ci prende benevolmente per mano e ci aiuta a salire. Non acaso, infatti, la Scrittura precisa: “Dio si china”, cioè “viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nellamiseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende real-mente”. Concetto, questo, che non a caso ritroviamo anche in Padre Tomas Tyn op e proprio in unasua omelia per il Santo Natale: “San Giovanni aggiunge che il Verbo era la vita – afferma – che ilVerbo possiede la vita. Vedete, la vita non significa soltanto esistere, durare nell’esistenza. Significaagire, è agire in sé”.Per fare che cosa? A cosa siamo chiamati? “Il mondo diventa cinico – prosegue Padre Tyn – “ilmondo diventa morto, privo dell’anima, cari fratelli! Ma noi cristiani, noi abbiamo la vita, noiabbiamo la luce, noi abbiamo la gioia, abbiamo la gioia, cari fratelli, la gioia che nessuno mai potràprenderci! Vedete miei cari, questo nostro obbligo, l’obbligo della carità, tenere accesa la fiaccoladella fede. Il mondo, cari fratelli, che orrore, il mondo non sa celebrare il Santo Natale!”. Ecco per-ché e per chi tenere accesa la fiaccola della fede... “Tutti sentiamo un certo disagio – prosegue PadreTyn – Talvolta si sente dire: Natale consumistico. Mangiare bene a Natale è un dovere, sanTommaso lo dice chiaramente. San Tommaso dice così: ‘come peccherebbe un uomo che non digiuniin Quaresima, cioè che mangia e banchetta in Quaresima, così peccherebbe un uomo che digiunassenelle grandi solennità della Chiesa”. Dove, allora, alberga la colpa? Dove viene snaturato, deforma-to, deturpato il vero senso del Natale? Nel fatto che “tutte queste Tradizioni, tutte queste osservanze,tutti quei riti, così commoventi, così belli, così profondi” vengano privati “dell’anima della fede! Senon c’è fede – afferma Padre Tyn – non c’è vita, perché non c’è il Verbo della vita”. Allora: “noisiamo credenti, dobbiamo esserlo con sicurezza, con convinzione, con gioia, che esulta in Dio permezzo del Cristo e che si fa propagatrice della fede su tutta la faccia della terra!”. Attenzione, però,perché le nostre opere vanno alimentate. Scrive san Bernardo di Chiaravalle, nel primo sermone nel

Dallo stupore e dalla gioia si giungeall’agire: col Verbo, fattosi uomo, nullaper noi è più come prima

La Messa di Natale:non un punto di arrivo,anzi, tutto ha il proprioinizio lì nell’Eucaristia

San Bernardo ci invita a diventare “un’altra Betlemme di Giuda”. Ed a vivere, rivestiti difede e di bellezza, la dimensione della testimonianza. San Domenico ci spiega come: dive-nendo missionari, per rievangelizzare i popoli. Per questo ci offre due armi formidabili: ladevozione mariana con la recita del santo Rosario e la preghiera di intercessione per il suc-cesso del lavoro apostolico.

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Natale del Signore: “Le opere buone devono essere condite con il fervore della devozione e con ladolcezza della grazia spirituale”. Nella dimensione del Natale si vive il senso più autentico e profon-do della misericordia, dunque. La potenza del Signore già si è manifestata nella creazione delle cosee nel governarle, segni e prodigi l’hanno resa evidente ai Giudei; la maestà del Signore già si è mani-festata ai filosofi, “poiché, secondo le parole dell’Apostolo, ciò che di Dio si può conoscere è loromanifesto (Rm 1,19)”. Ma la potenza esige sottomissione e la maestà ammirazione, “nessuna delledue vuole l’imitazione”, commenta san Bernardo. Per questo, “la bontà della misericordia si manife-stò soprattutto ora, nell’umanità”. Affinché l’uomo, creato a Sua immagine, “possa conformarsi”. Èla misericordia ad averci salvati, ad aver salvato tutta l’umanità. Ieri, oggi e domani. Poiché “è unasorgente che non potrà mai essere esaurita”, è la sorgente “da cui ci siamo lavati, come sta scritto:

‘Egli ci ha amati e ci ha lavati dai nostri peccati’ (Ap 1,5)” attraverso il perdono. È la sorgente, cheestingue la sete: “L’acqua della sapienza gli darà da bere” (Sir 15,3). Ed ancora: “La sapienza dellacarne, voluttuosa, non pura, è morte – precisa l’Abate di Chiaravalle – la sapienza del mondo, agi-tata, non pacifica, è nemica di Dio. Solo la sapienza che viene da Dio dà la salvezza”, poiché “èpura, non ricerca i suoi interessi, ma gli interessi di Gesù Cristo, in modo che ciascuno non faccia lapropria volontà, ma consideri quale sia la volontà di Dio”. Da qui l’evidenza di come, proprio pertutto questo, il Bambinello, pur piccolo, non ci abbia donato poco. E ci abbia insegnato la discrezio-ne.Nel proprio Vangelo, san Luca evidenzia un dato importante: il fatto che i pastori vegliassero. In loro– evidenzia Benedetto XVI nella citata omelia – “il senso di Dio e della Sua vicinanza era vivo”,

non si rassegnavano cioè “all’apparente lontananza da Lui nella vita di ogni giorno”. Cosa accadead un cuore vigilante? Ad esso “può essere rivolto il messaggio della grande gioia: in questa notte ènato per voi il Salvatore. Solo il cuore vigilante è capace di credere al messaggio”. Anche perché,fatto non secondario, “la venuta di Dio a Betlemme fu silenziosa”. O il cuore tende l’orecchio o nonse ne rende conto. Nessun clamore, infatti, né ovazioni, né applausi, nessun ingresso teatrale, nessuncolpo di scena: l’Altissimo, l’Onnipotente non si fece annunciare. “Soltanto i pastori che vegliava-no – incalza il Sommo Pontefice – furono per un momento avvolti nello splendore luminoso del Suo

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arrivo e poterono ascoltare una parte di quel canto nuovo, che era nato dalla meraviglia e dallagioia degli angeli per la venuta di Dio”. Ciò accadde allora, ciò accade ancora oggi: “Questo veniresilenzioso della gloria di Dio continua attraverso i secoli. Là dove c’è la fede, dove la Sua Parolaviene annunciata ed ascoltata, Dio raduna gli uomini e si dona loro nel Suo Corpo, li trasforma nelSuo Corpo. Egli ‘viene’. E così si desta il cuore degli uomini”. Ieri come oggi. Ecco perché è cosìimportante tutto questo. Perché “solo se cambiano gli uomini, cambia il mondo”. E, per cambiare“gli uomini hanno bisogno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così inaspettatoè entrata nella nostra notte” grazie al Bambino. Anche più avanti e sino all’Orto degli Ulivi, ripetu-tamente il testo sacro ci invita a questa vigilanza reale, concreta, a restare svegli per accorgerci dellavenuta del Signore ed esservi di conseguenza preparati. Sempre. In ogni tempo.Contemplare incantati il Mistero immenso dell’Incarnazione, la Bellezza del Mistero di Dio, che sirivela come “Dio con noi”: è questo ciò che rivive nelle celebrazioni liturgiche del Tempo di Natale,in particolare nella Santa Messa della Notte, la cui nota tipica, dominante, è quella dello stupore. Delresto, “possiamo non stupire?”, si chiede san Bernardo nei “Discorsi”. Ed incalza: “Potremo maiessere abbastanza stupefatti? Con Gesù è la Salvezza a venirci incontro”. Da qui sgorga la gratitudi-ne e sovrabbonda la gioia.La gioia non è una dimensione da sottovalutare. Oggi da più parti si tende a rimarcare la fatica delcredere, del dubbio, della fragilità. Che pur non mancano, specie in certi momenti della vita o difronte a particolari prove; ma è sbagliato ed estremamente pericoloso attardarsi su tali aspetti, ancheperché – come dice la Sacra Scrittura – “Dio ama chi dà con gioia” (2Cor 9,7). Commentò sanLeone Magno Papa: “Rallegriamoci, non vi può essere spazio per la tristezza, là dove sono le radicidella vita, là dove nasce la vita eterna ed imperitura”. Solo “alla luce del Verbo eternamente proce-dente dal Padre e fattosi uomo per la nostra salvezza, noi riscopriamo la grandezza della nostraumanità”. Allora, esortava san Leone Magno, “agnosce, Christiane, tuam dignitatem”, riconosci, oCristiano, la tua dignità! Da qui, l’esclamazione di Atanasio: “Sono cose grandi!”, poiché realmenteci sottraggono, tutti noi creature ed in ogni tempo, al peccato ed alla morte. Niente meno.Affermò Padre Tyn nella citata omelia: “Certo, se siamo animaletti più o meno evoluti, come vorreb-be farci credere una certa pseudoscienza, è chiaro che la nostra responsabilità morale è poca cosa.E no! Il Verbo venne in mezzo a noi, il Verbo si fece carne! Perché? Perché il Verbo voleva ricondur-re l’uomo alla dignità della sua condizione originale, alla santità della sua prima origine divina”.Ed ancora: “La salvezza dell’uomo è una restaurazione dell’uomo! Per essere ricreati, secondo ilprogetto originario architettonico del Re. Voler essere generati significa ricevere vita da Dio, nientemeno che questo, ricevere vita eterna da Dio! Ecco, cari fratelli, qual è la nostra dignità, qual è lanostra responsabilità”. Allora, l’invito che nei citati “Discorsi” ci fa san Bernardo è a “diventare” noistessi “un’altra Betlemme di Giuda”, affinché il Signore non disdegni di “essere vostro ospite”: “Nona Gerusalemme, la città dei Re della Giudea, nasce Gesù – spiega – ma a Betlemme, il più piccolodei capoluoghi di Giuda. Piccola Betlemme, ormai esaltata dal Signore: l’Altissimo si è fatto minimoin te”. Essere un’altra Betlemme significa allora “nutrirsi del Pane della Parola divina”, per quantose ne sia indegni; significa vivere “mediante la fede” e lasciar che da essa sgorghi di conseguenza lagiustizia, anche quando lasci “a desiderare la vostra testimonianza di vita. Che la Giudea sia illuogo della vostra testimonianza; rivestitevi di fede e di bellezza”. Solo “allora potrete accoglieresenza paura Colui che nasce a Betlemme di Giuda, Gesù Cristo, Figlio di Dio”.Dove poter svolgere tutto questo? Quali gli ambiti? Questi ci vengono indicati con chiarezza da sanDomenico di Guzman, il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, che aveva individuato due enormi

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sfide per la Chiesa: l’esistenza di popoli non ancora evangelizzati e la lacerazione religiosa, che inde-boliva la vita cristiana. Commentò Benedetto XVI nella catechesi dell’udienza generale del 3 feb-braio 2010, svoltasi in Aula Paolo VI e dedicata proprio a san Domenico: “L’azione missionariaverso chi non conosce la luce del Vangelo e l’opera di rievangelizzazione delle comunità cristianedivennero così le mete apostoliche che Domenico si propose di perseguire”. E che nulla han perso intermini di attualità: pensiamo quanto siano concrete come prospettive anche ai nostri giorni insocietà dilaniate dal relativismo, ferite dal positivismo, aggredite dalla secolarizzazione. Come riu-scire in tale compito, certamente impegnativo? Il Santo Padre ci dice: con lo studio. “Domenico, conun gesto coraggioso – richiama Benedetto XVI – volle che i suoi seguaci acquisissero una solida for-mazione teologica e non esitò ad inviarli nelle Università del tempo”. Le Costituzioni dell’Ordine,

del resto, “danno molta importanza allo studio come preparazione all’apostolato. Esorto dunquetutti, pastori e laici – invita il regnante Pontefice – a coltivare questa ‘dimensione culturale’ dellafede, affinché la bellezza della Verità cristiana possa essere meglio compresa e la fede possa essereveramente nutrita, rafforzata ed anche difesa”.Per questo, san Domenico offre anche due mezzi indispensabili, due armi formidabili, perché taleimprobo compito abbia pieno successo ad maiorem Dei gloriam: la devozione mariana, “che eglicoltivò con tenerezza – ricorda il Papa – e che lasciò come eredità preziosa ai suoi figli spirituali, iquali nella storia della Chiesa hanno avuto il grande merito di diffondere la preghiera del santoRosario, così cara al popolo cristiano e così ricca di valori evangelici, una vera scuola di fede e dipietà”; inoltre, altro strumento utile indicatoci da san Domenico per la Buona Battaglia cui san Paoloci chiama, la preghiera di intercessione per il successo del lavoro apostolico. Con tali difese, impossi-bile fallire. Si può, in quanto creature soggette al peccato, inciampare, si può cadere, ma poi ci si rial-za e si riprende il nostro cammino spirituale.Allora, non solo durante la santa Messa di Natale, bensì ad ogni celebrazione liturgica si tenga pre-sente come proprio lì, nell’Eucaristia, non vi sia un punto d’arrivo, come lì non finisca tutto, bensìtutto abbia realmente inizio. Proseguiamo il nostro cammino. Con gioia.

Mauro Faverzani

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A Cana: Maria, Israele e la ChiesaIl quarto evangelista introduce Maria sulla scena della vita pubblica di Gesù pro-prio quando questi opera il primo dei «segni» a Cana di Galilea, segno rivelatoredella sua gloria divina, che porta in sé la forza di condurre alla fede in lui. Gesùinaugura il tempo della nuova alleanza e comunica in pienezza i beni salvifici,simboleggiati con efficacia dal denso simbolismo nuziale e dalla trasformazionedell’acqua in vino (Gv 2,1-12).Gesù compie il miracolo dietro la sollecitazione premurosa e discreta della madre,la quale lo aveva avvertito: «Non hanno vino» (Gv 2,3). «Mossa a compassione,ottenne con la sua intercessione che il Messia Gesù desse inizio ai suoi miracoli».Se Gesù acconsente alla richiesta, lo fa – non mi sembra fuori luogo affermarlo –anche perché ha saputo guardare alla necessità improvvisa in cui si erano venuti atrovare gli sposi con la sensibilità, tipicamente femminile e materna, di colei chenon vuole rinunciare al proposito di provvedere a un bisogno, di colmare un«vuoto» che, altrimenti, nessuno avrebbe potuto colmare. Resta comunque accer-tato che con la risposta data inizialmente: «Donna, che vuoi da me? Non è ancoragiunta la mia ora» (Gv 2,4), Gesù ha inteso spostare l’attenzione della madre dalpiano materiale – la «mancanza » del vino – al piano spirituale/salvifico, cioè alsolo «dono» che può colmare la vera «indigenza» in cui si trovano gli sposi e gliinvitati. Si tratta del dono messianico ed escatologico del Vangelo, della parola diverità e di vita eterna in cui trova compimento la Legge di Mosè, simboleggiatadall’acqua che i servi avevano versato nelle sei anfore. «La Legge fu data permezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» (Gv 1,17).L’indigenza che il Messia Salvatore viene a colmare coincide, in sostanza, con ilpassaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza, con l’inizio della nuova creazione edel nuovo popolo dei credenti. In questo «inizio» si trova coinvolta, come protago-nista, anche sua madre. Lei – che raffigura qui Israele, il popolo dell’Alleanza,come si evince dall’appellativo «donna» con cui era stata interpellata dal Figlio –si colloca in via definitiva sul piano della fede, disponendosi ad obbedire in tutto e

contemplati alla scuola della B. Vergine Maria

III e ultima parte

I misteri della vita pubblica di Gesù:a Cana e presso la croce

I misteri della vita di Cristo

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per tutto. Perciò invita i servi a fare altrettanto, indirizzando loro un’esortazione incui riecheggia la formula con la quale Israele aveva accolto e ratificato l’Alleanza aipiedi del Sinai: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Alla luce di queste parole– che sono le ultime pronunciate da Maria nel racconto del quarto evangelista – sicomprende bene che lei comincia a svolgere la sua mediazione materna ponendosiall’interno del gruppo di quanti credono in Gesù e formando un’unica comunitàinsieme a loro. Così può testimoniare che il fare la volontà di Dio coincide ormai,in via definitiva, con il seguire, amare e servire Gesù Cristo.

Presso la croce di Gesù: la compassione e la maternità spirituale di MariaIl cammino di sequela percorso da Maria raggiunge il culmine «presso la croce diGesù» insieme ad altre tre donne e al discepolo che Gesù amava, stando strettamen-te unita al Figlio crocifisso (cf. Gv 19,25). Lei, la donna veramente sapiente, oracomunica al Figlio tutto il suo amore straziato dal dolore; nessuna creatura umanasaprà mai avere «compassione» di lui come l’ha avuta lei.Lei ha condiviso l’incommensurabile dolore redentore e salvifico patito da Gesùper amore del genere umano, e questa esperienza fuori dell’ordinario è stata per leicome un «martirio», in cui viene a sfociare e a concludersi la sua peregrinazionenella fede; un martirio che l’ha legata ancora di più a lui, grazie allo Spirito Santo.Nello stesso tempo, Gesù morente sulla croce sperimenta e fa suo il dolore provatodalla madre, come pure il dolore provato dalle altre donne e dal discepolo predilet-to, mentre, sostenuto dallo Spirito Santo, sta consumando l’offerta sacrificale edamorosa di sé al Padre per la salvezza del mondo (cf. Eb 9,14). Il supremo attoredentore e salvifico che sta compiendo genera la vita: in un primo momento affidaalla Madre il compito della maternità spirituale nei confronti di tutti gli uomini,specialmente dei suoi discepoli, e al discepolo amato quello di accogliere Mariacon amore filiale (Gv 19,26-27); successivamente, dal suo fianco trapassato dallalancia del soldato escono sangue e acqua, che simboleggiano l’Eucaristia e ilBattesimo, l’inizio e la crescita della Chiesa (Gv 19,34).Richiamando l’attenzione sull’importanza teologica della connessione esistente traquesti due episodi che evidenziano la fecondità salvifica inerente alla morte diGesù, propongo ora qualche considerazione sul primo. La nuova maternità diMaria, generata dalla fede, «è frutto del “nuovo” amore, che maturò in lei definiti-vamente ai piedi della Croce, mediante la sua partecipazione all’amore redentivodel Figlio». A sua volta, il discepolo prediletto – che si trova in una posizione benprofilata, segnata da una prossimità fisica e amorosa allo stesso tempo: strettamenteunito a Gesù e «accanto» a Maria – riceve il dono di una nuova relazione con lamadre di Gesù. La accoglie «con sé». L’espressione non si riferisce solo a una casamateriale. C’è molto di più. Maria è entrata a far parte, definitivamente, della suaidentità, dei suoi beni preziosi, della sua missione.Per amore di Gesù, per la fede che ha in lui, il discepolo prediletto si dispone adamare Maria come «sua» madre, a stabilire con lei un rapporto di comunione stabi-le, di tipo filiale; certamente, si dispone ad amarla con l’intenzione di imitare anche

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in questo il suo Signore e Maestro, di attingere dall’amore con il quale è da luiamato e di testimoniarlo a colei che è diventata sua madre spirituale.

ConclusioneIl percorso contemplativo sin qui tracciato dovrebbe intraprendere ora la direzio-ne segnata dalla via pulchritudinis. La prima strofa del celebre inno mariano –composta da un versetto del Cantico dei Cantici (Ct 4,1) – invita a contemplareuna bellezza che raffigura, plasticamente, la condizione di donna Piena di grazia eTutta Santa; la donna vestita di sole evocata dal libro dell’Apocalisse (Ap 12,1)che riflette, in modo singolare, la santità di Dio Uno-Trino.La bellezza ineffabile della beata Vergine Maria riveste la forma e la forza diattrazione che provengono dalla sua maternità divina, unitamente al suo «senti-re» materno e alla sua santità. Va pensata sia come effetto della partecipazione,per opera dello Spirito Santo, alla grazia e alla bellezza del suo Figlio GesùCristo, sia nell’ottica della piena armonia morale e spirituale che ne qualifica lapersonalità.È raffigurata soprattutto dal «pellegrinaggio di fede» che lei ha percorso durantela vita terrena; assume i tratti delle sue virtù solide, evangeliche; è stata compene-trata dalla compassione struggente provata per le sofferenze patite dal Figlio, cul-minate nella morte di croce, come pure dalla compassione amorosa e solidale perle necessità dell’umanità e della Chiesa, per le quali intercede continuamentepresso Dio. Questa bellezza è ormai perfettamente trasfigurata dalla partecipazio-ne alla gloria del Figlio Risorto e Asceso alla destra del Padre per il dono dell’as-sunzione in cielo. Glorificata in corpo ed anima, è immagine e primizia dellachiesa che sarà portata a compimento nel futuro, ma nel frattempo brilla quaggiùcome segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in cammino,fino a quando arriverà il giorno del Signore (cf. 2 Pt 3,10).

Chi volesse approfondire le tematiche affrontate in questo libro da VincenzoBattaglia, frate minore, professore ordinario di Cristologia alla PontificiaUniversità Anto nia num, decano della Facoltà di Teologia della medesimaUniversità e Pre sidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale puòacquistare il volume presso ESD:via dell’Osservanza 72, 40136 Bolognatel. 051582034 e-mail:[email protected]

oppure ordinarlo direttamente a P. Mauro Persicicell. 335 5938327mail [email protected]

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Il Documento è del 1569, firmato da sanPio V ed è, a ragione, definito il primotesto papale ufficiale che parla del Rosario,che – oseremo dire – lo raccomanda; chene fa una bellissima presentazione...Vogliamo affidarlo alla vostra attenzioneperché anche voi possiate poi farlo cono-scere ad altri...

Questi suggerimenti del Papa sonodavvero preziosi, oltre che urgenti.Non sprechiamo questa occasione,impariamo a conoscere davvero laBibbia ed offriamola al Prossimoperchè, come ci rammenta Gesù:non di solo pane vive l'uomo, madi ogni parola che esce dallabocca di Dio. Grazie Santo Padre!!

I video presentati in queste pagine li potete trovare su:

http://www.sulrosario.org/libreria/video-gallery/video-sul-rosario.htmlhttp://www.sulrosario.org/libreria/video-gallery/video-interessanti.htmlhttp://www.sulrosario.org/libreria/video-gallery/video-misteri-del-rosario.html

Il Papa invita alla lettura della Bibbia

usare bene internet

Consueverunt

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“Terzo mistero gaudioso”: la nascita di Gesù.Che cosa è il Natale per noi? Dedichiamodavvero il nostro tempo a questo Dio che pernoi si è fatto Bambino? Le belle immaginiche raffigurano le scene del Natale non devo-no rimanere semplicemente “appese” ai muri,piuttosto devono prendere vita dentro il nostrocuore con la stessa premura che ebbe laMadre nel prendersi cura di quel Bam bi no!

Terzo mistero gaudioso

“Liturgia e Preghiera - San Do me ni co”: Ogni buon cuococonosce l’arte di riutilizzare gli avanzi e ciò che vedete e sentitesono gli avanzi utilizzati e non utilizzati per un video/filmato inargomento, che qui viene riproposto nella sua prima parte, marielaborato e aumentato nei contenuti e nelle immagini, anchese ovviamente non si utilizzano filmati. In questa prima partesarà possibile vedere i quattordici modi di pregare di sanDomenico con le immagini tratte da un codice manoscrittoconservato nel Convento Patriarcale di San Domenico inBologna. Si tratta di un inedito e di una prima assoluta.

Liturgia e preghiera: San Domenico

“Rosa bianca ai sacerdoti”: Vi offriamo unaserie di 4 video attraverso i quali avvicinarsi congioia alla Corona benedetta, sfogliando alcunepagine del "Segreto ammirabile del santoRosario" di san Luigi Maria Grignon de Mont -fort. Dalla stessa Presentazione del Santo, infat-ti, abbiamo sbriciolato per voi il dono delle 4Rose: il primo video che qui già potete visionareè dedicato alla Rosa Bianca per i Sacerdoti.

Una Rosa Bianca ai Sacerdoti

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La Domenica 25 settembre 2011, oltre alla gioiacristiana di ogni domenica, ha portato con sé lafesta per il XXV di ordinazione sacerdotale di P.Mauro Persici.Il clima di via vai festivo è iniziato alla mattina,ma per ragioni tecniche l’Eucaristia del XXV èstata celebrata al pomeriggio, con il santuario diFontanellato gremito di parenti, amici e frequen-tatori stessi del santuario che da tempo hannopotuto conoscere e apprezzare P. Mauro.Nell’omelia il priore provinciale ha ricordatol’esigenza e la bellezza del ministero della predicazione per portare i credenti ad avere in se stessigli stessi sentimenti di Cristo (seconda lettura: Fil 2,1-11), ma ancora per convertirsi continuamentea seguito di una parola chiaramente proclamata e che tocca la nostra vita (prima lettura: Ez 18,25-28). Il sacerdote poi rende vera e completa tale conversione attraverso il sacramento della peniten-za, rimettendo i peccati, e di questo deve rendere grazie in ogni anniversario e anzi ogni giorno. Aldi sopra di tutto la celebrazione dell’Eucaristia feriale, ma soprattutto festiva, permette ogni volta diprendere veramente parte all’abbassamento e alla glorificazione del Signore attraverso la sua pas-sione, morte e risurrezione. E sono venticinque anni che P. Mauro ha il ministero e il dono di predi-care, assolvere i peccati, presiedere l’Eucaristia. E la sua gioia e il suo grazie sono la gioia e il gra-zie di tutti.Il ministero sacerdotale di P. Mauro, sia per disposizione dei superiori sia per sua corrispondenza econvinzione, è stato sempre più caratterizzato dalla dimensione mariana attraverso la promozionedel Rosario. Non si tratta di fare qualcosa di diverso da quanto sopra, ma di farlo in unione aMaria, dal suo “punto di vista” e con il suo aiuto. Anche questo è un dono del quale rendere grazie.Come da tradizione, all’Eucaristia è seguito un abbondante rinfresco o spuntino pomeridiano, alle-stito da amici e collaboratori. Poiché, ringraziando i presenti, P. Mauro ha spiegato che quella diFontanellato è una comunità “fantastica”, il “fantastico” si è materializzato in una filastrocca contanto di chitarra da parte di fra Vincenzo Della Pietra che, a suon di rime e con qualche amabilestecca propria delle piacevoli cose fatte in casa, ha ripercorso la vita e l’attività di P. Mauro.E tutti si sono associati al coro augurando che la filastrocca possa crescere negli anni a venire, conla benedizione del Signore.

Eli Rab

XXV di P. MauroFontanellato, 25 settembre 2011

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Un pensiero di ringraziamento a Maria Santissimaper aver messo Padre Mauro al mio fiancoCaro Padre Mauro, come dicevo a Loreto in occasione delraduno regionale del Rosario, ringrazio la Madonna che miha preso per mano e ti ha messo al mio fianco. Ho iniziato arecitare una decina del S. Rosario, iscrivendomi alMovimento Domenicano. Col passare del tempo ho sentitonascere dentro di me il desiderio di recitare il S. Rosario perintero, piano piano ho iniziato ad amare questa preghiera,ogni giorno sempre di più, e ad indossare al polso un rosa-rio, perché ormai fa parte di me. Mi sono accorta che nelmio cuore è entrato Gesù, di provare una gioia immensaquando penso a Lui e, che la mia vita è cambiata tanto.Sono cambiata in famiglia, al lavoro, e con la persone cheincontro. Vorrei tanto che tutti potessero fare la mia stessaesperienza, per questo dico di lasciarsi guidare da Mariasantissima per arrivare a Gesù. Grazie, Signore, del dono diPadre Mauro, un abbraccio per i tuoi 25 anni di sacerdozio,il Signore ti protegga sempre.

Alessandra

"Fratelli, cercate di rendere sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi"

(II Pietro 1,10)

Bologna, 20 settembre 1986Fontanellato, 25 settembre 2011

Un ringraziamento e una preghiera

25°Ordinazione sacerdotale

fra Mauro Persici o.p.

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In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del contoper la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

Il Movimento del Rosarioe la sua rivista ROSARIUMvivono della divina Provvidenzache passa attraverso la carità dei fedeli più sensibili

Auguri!