2_Living planet report 2010

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                                                                                    cultura e natura L ’ottava edizione del Living Planet Report ri- porta all’attenzio- ne mondiale le at- tuali condizioni del nostro pianeta e proietta, spie- tatamente, scenari futuri raccapric- cianti. Entro il 2030 avremo esaurito le risorse del pianeta e ci sarà bisogno di un altra Terra per poter sostenere l’attuale sistema di sviluppo. Le catastrofi che attualmente vengono rappresentate nei film di fantascienza, si realizzeranno nell’arco di un solo ventennio, o poco più. Per darci un’idea concreta della devastazione della nostra civiltà, il WWF ha calcolato che per produrre le risorse necessarie ai nostri consumi del 2007 la Terra avrebbe avuto bi- sogno di un anno mezzo. Ben presto nell’arco di qualche decennio, analogamente alla recente catastrofica bolla finanziaria, dovremmo affrontare una bolla ambientale a cui nessuna nazione potrà sfuggire, poiché il pianeta, al pari dell’economia, risponde in maniera globale. Infatti, la proiezione futura degli effetti del depauperamento terrestre ci indica una situazione paradossale del nostro modelli di sviluppo. L’aggravio maggiore del’inquinamento e dello sfrut- tamento illimitato da parte delle nazioni ricche pesa soprattutto sulle popolazioni a basso reddito, con bassi consumi e con una impronta ecologica moderata. I risultati dell’analisi del WWF, si basano sul moni- toraggio dello stato della biodiversità negli ultimi de- cenni. Uno degli indicatori più importanti è l’Indice globale del pianeta vivente LPI che, dal 1970 al 2007, ha un trend del 30% costantemente negativo: Un’ulteriore analisi evidenzia una forbice nella perdita della biodiversità terrestre tra la zona tropicale (+ 60%) e la zona moderata del pianeta – 29%: La stessa sorte segue l’ecosistema marino con una perdita globale del 24% delle specie, con picchi del 60% nelle zone tropicali: Living Planet, Report 2010 CN n. 2 2010 23 “La protezione della biodiversità e degli ecosistemi deve rappresentare una priorità nei no- stri tentativi di costruire un’economia mondiale più forte, equa e pulita.” Angel Gurría, Se- gretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico

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cultura e natura

L’ot t a v aedizionedel Living

Planet Report ri­porta all’attenzio­ne mondiale le at­tuali condizionidel nostro pianetae proietta, spie­tatamente, scenarifuturi  raccapric­cianti. Entro il2030 avremoesaurito le risorsedel  pianeta  e  cisarà bisogno di un altra Terra per poter sostenere l’attuale sistema di sviluppo. Le catastrofi che attualmente vengono rappresentatenei film di fantascienza, si realizzeranno nell’arco diun solo ventennio, o poco più. Per darci un’ideaconcreta  della  devastazione  della  nostra  civiltà,  ilWWF ha calcolato che per produrre le risorse necessarieai nostri consumi del 2007 la Terra avrebbe avuto bi­sogno di un anno mezzo. Ben presto nell’arco di qualche decennio, analogamentealla recente catastrofica bolla finanziaria, dovremmoaffrontare una bolla ambientale a cui nessuna nazionepotrà sfuggire, poiché il pianeta, al pari dell’economia,risponde  in  maniera  globale.  Infatti,  la  proiezionefutura  degli  effetti  del  depauperamento  terrestre  ciindica una situazione paradossale del nostro modellidi sviluppo. L’aggravio maggiore del’inquinamento e dello sfrut­tamento illimitato da parte delle nazioni ricche pesasoprattutto sulle popolazioni a basso reddito, conbassi consumi e con una impronta ecologica moderata. 

I risultati dell’analisi del WWF, si basano sul  moni­toraggio dello stato della biodiversità negli ultimi de­cenni. Uno degli indicatori più importanti è l’Indiceglobale del pianeta vivente LPI che, dal 1970 al 2007,ha  un trend del 30% costantemente negativo:

Un’ulteriore analisi evidenzia una forbice nella perditadella  biodiversità  terrestre  tra  la  zona  tropicale  (+60%) e la zona moderata del pianeta – 29%:

La  stessa  sorte  segue  l’ecosistema marino  con  unaperdita globale del 24% delle specie, con picchi del60% nelle zone tropicali:

living planet, report 2010

CN n. 2 201023

“La protezione della biodiversità e degli ecosistemi deve rappresentare una priorità nei no-stri tentativi di costruire un’economia mondiale più forte, equa e pulita.” Angel Gurría, Se-gretario Generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico

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24CN n. 2 2010

I motivi dello stato degenerativo del pianeta sono in­dicati chiaramente dal Direttore Generale del WWFJ.P. Leape:  “La spinta senza precedenti alla ricchezza e al be-nessere degli ultimi 40 anni sta esercitando una pres-sione insostenibile sul nostro pianeta. L’Impronta  ecologica indica che dagli anni ‘60 lepressioni antropiche sulla natura sono raddoppiate,mentre l’Indice del pianeta vivente rileva una dimi-nuzione del 30% dello stato di salute di quelle specieche sono alla base dei servizi ecosistemici da cui di-pendiamo…Le nazioni ricche devono trovare un modo per viveresulla Terra in maniera più sostenibile,riducendo dra-sticamente la propria impronta, soprattutto per quantoriguarda l’utilizzo dei combustibili fossili. Anche le economie in rapida ascesa devono individuareun nuovo modello di sviluppo, che consenta loro dicontinuare ad accrescere il livello di benessere deiloro abitanti in maniera sostenibile per il pianeta. È necessario trovare nuovi modi per ricavare sempredi più da meno risorse. Continuare a consumare le risorse della Terra piùrapidamente di quanto essa riesca a rigenerarle si-gnifica distruggere i sistemi dai quali dipendiamo.Dobbiamo imparare a gestire le risorse in maniera equantità compatibili con la natura.”

Per poter fare quello che auspica J.P. Leape, diventaimportante misurare con maggiore dettaglio  la per­formance del nostro pianeta. Tant’è  che  il  WWF,  per  la  prima  volta,  introducealcune novità riguardo l’adozione di diversi parametridi misurazione sullo stato del pianeta. Ad esempio, per quanto riguarda l’impronta ecologica,viene presa in considerazione anche l’arco temporaledello sfruttamento delle risorse e le regioni geo­poli­tiche, evidenziando così un enorme differenziazionetra le nazioni in base al loro livello di sviluppo.

cultura e natura

Impronta ecologica 

è un indice statistico utilizzato per misurare larichiesta umana nei confronti della natura. Essamette in relazione il consumo umano di risorsenaturali con la capacità della Terra di rigenerarle.

tratto da Wikipedia

Il ciclo terrestre del carbonio

Lo stoccaggio del carbonio è riparito tra suolo e vegetazione.Globalmente i suoli contengono più del 75% delle riserve terrestridi carbonio, benché il loro contributo al totale subisca variazionicon la laitudine e con lo sfrutamento dei terreni.

Le foreste e le praterie alberate, come le savane, sono di granlunga i maggiori serbatoi di carbonio, cosituendo, rispeivamente,circa il 47% e il 25% del totale globale. Altri ecosistemi tendonoa immagazzinare relaivamente poco carbonio in superficie, conriserve al suolo che variano tra 100 e 225 PgC.

Negli ecosistemi forestali il carbonio si accumula grazie all’as-sorbimento del CO2 atmosferico e alla sua assimilazione nellabiomassa. Il risultato è uno stoccaggio che avviene a livellidiversi: nella biomassa dei diversi strai del suolo che comprendetronchi, rami, foglie e radici; e nella necromassa, che comprendele leiera, i residui vegetali e la materia organica.

Approssimaivamente il 50% della biomassa secca degli alberi ècosituita da carbonio. Qualsiasi aività che interferisce con laquanità di biomassa nella vegetazione e nel suolo ha la capacitàdi sequestrare carbonio dall’atmosfera, o di rilasciarlo in essa.Complessivamente le foreste boreali contengono più carboniodi qualunque altro ecosistema terrestre (26%), mentre le forestetropicali e temperate ne contengono, rispeivamente, il 20% eil 7%. Esistono tutavia notevoli variazioni tra i diversi ipi diforesta in cui il carbonio si accumula. Fino al 90% del carboniodegli ecosistemi boreali è immagazzinato nel suolo, mentrenelle foreste tropicali il totale è diviso quasi equamente trasuolo e sotosuolo. Il fatore primario che determina questadifferenza è la temperatura, che ad alte laitudini limita la de-composizione della materia organica al suolo e il riciclo dei nu-trieni, mentre a basse laitudini quesi processi vengono favorii.Nelle zone umide il carbonio contenuto nella biomassa vegetaleè una piccola parte di quello complessivo: il lento tasso di de-composizione dei suoli bagnai, come quelli di torba, ha deter-minato l’alta densità di carbonio che caraterizza quesiambieni.Una percentuale compresa tra il 30 e il 50% dellaquanità totale di carbonio assorbito dalla vegetazione (produzioneprimaria lorda, PPL) viene uilizzata per sostenere i processimetabolici delle piante ed è rilasciata di nuovo nell’atmosferacome prodoto secondario della respirazione. Il carboniorimanente viene fissato come materia organica a vari livelli delsuolo ed è definito produzione primaria neta (PPN). I ipi di ve-getazione variano nella loro PPN a seconda del clima, del ipo disuolo e della composizione in specie. Benché le foreste temperatea laifoglie siano altamente produive per parte dell’anno, lastagionalità limita la loro PPN: ciò rappresenta l’effeto avveritopiù intensamente alle maggiori laitudini. È evidente che i variipi di vegetazione trasformano il carbonio a un tasso differente.Questo valore, espresso come tempo medio di residenza delcarbonio assimilato (t, in anni), può essere simato come rapportotra il carbonio totale immagazzinato e la PPN. Il risultato variacon il ipo di suolo e di vegetazione. Nel caso della biomassadelle piante non c’è una relazione forte tra PPN e t, dal momentoche t varia (nelle piante non colivate) tra 3 e 22 anni. Talerelazione esiste tutavia nel suolo: nelle foreste tropicali, in cuila PPN è elevata, il tempo di residenza nel suolo è relaivamentecorto (circa 10 anni), mentre in ambieni più freddi, dove la PPNpuò raggiungere valori molto più bassi, i tempi di residenzasono molto più lunghi (200-300 anni). Se ci si concentra soltantosulla biomassa vegetale, la capacita di stoccare carbonio didiffereni ipi di vegetazione è proporzionale al prodoto tra laPPN e il tempo di residenza, che risulta a sua volta proporzionaleagli stock di carbonio nella biomassa (…).

È stato descrito lo stato di quasi equilibrio del ciclo globale delcarbonio che è prevalso durante tuto l’Olocene e per granparte della storia umana. Nei secoli receni, tutavia, la crescitadella popolazione umana e delle aività economiche ha subitoun’accelerazione enorme. Anche se a livello locale queste aivitàhanno prodoto effei notevoli sull’ambiente, come l’inquinamentourbano e industriale, fino a qualche tempo fa la Terra venivacomplessivamente percepita come una gigantesca riserva ./.

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il 

te            e 

                       

                  

E’ analizzata anche l’Impronta idrica, che rileva unasofferenza per la reintegrazione dell’ acqua utilizzatain 71 paesi. 

Per fare un esempio, l’improntaidrica di una tazza di caf­fè, tanto cara a noi Ita­liani, è di 140 litri, per­chè  si  calcola  l’acquautilizzata per coltiva­re la pianta del caffè,

la raccolta, la raffinatura,il  trasporto  e  il  confeziona­

mento dei  chicchi,  la  vendita  e  la  preparazione delsingolo caffè (Chapagain e Hoekstra, 2007).Nella rilevazione sono introdotti ulteriori indici qualilo  stoccaggio  terreste del  carbonio e  la  fornitura diacqua potabile. L’insieme dei dati raccolti viene postoin relazione con lo sviluppo umano e consente di in­dividuare una via di uscita per l’uomo e l’ambienteche comporta però un grande sforzo da parte nostra.Innanzitutto, si  tratta di pensare in modo diverso al

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nostro benessere.dati dimostrano che a differenza di quanto ritenuto,l’aumento dei consumi oltre una determinata soglianon aumenta il livello del benessere, mentre affossale riserve e le risorse naturali. oi, occorre avviare un nuovo processo dell’economiache  prenda  in  considerazione  non  solo  il  PIL maanche altri fattori quali: l’indice di sviluppo umano,coefficiente di Gini  (indice di disuguaglianza del

reddito),  l’indice  del  pianeta  vivente,  gli  indici  deiservizi ecosistemici e l’Impronta ecologica.Serve anche un nuovo punto di partenza per la nostraidea di progresso, che inizi con la quantificazione inrmini economici della biodiversità e degli ecosistemicontinui con la tutela del pianeta e preveda investi­menti nella Green­Economy. Tra gli interventi più urgenti, il WWF segnala l’inter­ruzione della deforestazione, l’efficientamento della

cultura e natura

di materie prime e nello stesso tempo come un’enormediscarica di rifiui.

Questa prospeiva ha cominciato a mutare verso la fine delXX secolo, sull’onda della possibilità di esprimere l’alterazioneumana dei cicli biogeochimici atraverso un indice. L’indice inquesione è la concentrazione atmosferica di CO2 misurata findal 1958 presso Mauna Loa, nelle Isole Hawaii.

I dai mostrano che le concentrazioni di CO2 nell’aria sonosalite inesorabilmente, con alcune variazioni stagionali e inte-rannuali, e indicano che lo stato di quasi equilibrio del ciclodel carbonio dell’Olocene sta cambiando. Questa alterazioneha rappresentato uno dei primi segnali del fato che i cicli bio-geochimici stavano per essere modificai su scala globale.

Trato da: C02 e biodiversità Un approccio integrato a favoredel clima e del patrimonio naturale Edizioni Ambiente, 2004

htp://www.reteambiente.it/sostenibilita/6767/il-ciclo-terre-stre-del-carbonio/

gestione dell’acqua dolce, la limitazione del sovra­sfruttamento ittico e l’investimento nella bio­capacità  (quantità  di  terreno  produttivo  procapite). E’ una grande sfida per l’umanità, che comedimostra il Living Planet Report, può esserevinta e può addirittura aprirci delle nuovefrontiere per molti  settori,  anche quellipiù stagnanti, come ad esempio l’economiao l’occupazione, o quelli più “recalcitranti”,

come la politica, la finanza o la tecnologia.Insomma, ci aspetta un nuovo decennio che si pro­spetta  decisivo  per  i  prossimi  secoli  di  vita  sullaTerra e non c’è un attimo da perdere.

rIferImentI bIblIografIcI:

Living Planet. Report 2010, WWF http://www.reteambiente.ithttp://www.vocedellanautra.it

http://www.il sole24ore.com 

CN n. 2 2010

CALCOLATORE DELL’IMPRONTA DI CARBONIO

ll sito del WWF Italia, che anche nel 2010 siconferma come miglior sito No Profit dedicatoall’ambiente, consente di misurare i propriconsumi annui in base al proprio stile divita.

Mette adisposizione dell’utente un calcolatore virtualeche permette agli utenti di dare un primo sguardo allapropria impronta di carbonioe quindi attivarsi per ridurla.

http://www.improntawwf.it/