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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLIII - n. 1 - I trimestre Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia” 1/2010 vivere e pregare ... speciale santi domenicani: san Tommaso d’Aquino

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speciale santi domenicani:san Tommaso d’Aquino

ROSARIUMPubblicazione trimestrale del

Movimento Domenicano del Rosario

Proprietà:Provincia Domenicana S. Domenico in Italia

via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano

Autorizzazione al Tribunale di Bolognan. 3309 del 5/12/1967

Direttore responsabile:fr. Mauro Persici o.p.

Rivista fuori commercio

LLee ssppeessee ddii ssttaammppaa ee ssppeeddiizziioonnee ssoonnoo ssoosstteennuuttee ddaaii bbeenneeffaattttoorrii

Anno 43°- n. 1

stampa: Grafiche Lusar srlNovate - via Vialba 75

Movimento Domenicano del RosarioVia IV Novembre 19/E

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VIAGGI DOMENICANIDomenicani in Albania 30 aprile - 1° maggio 2010

Il promotore della famiglia domenicana, fra Raffaele Previato, propone alla famiglia domenicana ea quanti ne sono interessati un viaggio in Albania da venerdì 30 aprile a sabato 1° maggio 2010.

Sulle orme di san Domenico 14 - 25 giugno 2010È un pellegrinaggio, quello che la comunità di Agognate e fra Raffele Previato propongono alla fami-glia domenicana. Un viaggio in pullman perché offre l’opportunità di trattare, nei percorsi più lun-ghi, la figura di san Domenico, del suo tempo, della nascita dell’Ordine. Le tappe saranno: Avignone,Barcellona, Saragozza, Burgos, Palencia, San Domingo de Silos, Osma e Caleruega. Sulla via del ritor-no una sosta a Lourdes dopo avere visitato la casa di sant’Ignazio di Loyola. E poi Tolosa, Carcasson-ne, Prouilhe e Fanjeaux, Narbonne e Nîmes, Nizza e il ritorno al punto di partenza, Agognate.

Per informazioni: Fra Raffaele Previato, Via Valsesia Agognate, 1, 28100 NOVARA.Telefono 0321.623337 - fax 0321.398579 oppure via mail: [email protected]

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In questo sabato già per se stesso consacrato alla beata e gloriosa Vergine Maria abbiamo la gioiadi poter festeggiare la festa dell’undici febbraio, la festa dedicata all’apparizione della beata VergineMaria a S. Bernadetta Soubiroux in quel luogo di grazia che è la città di Lourdes.Cari fratelli, come è bello il luogo ed il tempo scelto dalla beata Vergine! Il luogo, la città diLourdes, una città bellissima; quel fiume che c’è vicino alla città invita con il suo silenzio, con ilsuo taciturno mormorare, quel fiume invita l’anima alla preghiera. Dinanzi a quella grotta l’animaumana si sente quasi estasiata, sente il bisogno di innalzare il cuore, di innalzare la mente a Dio.

La Beata Vergine di Lourdes(parte I)

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Vedete, cari fratelli, la grazia della beata Vergine, la grazia del suo Cuore imma-colato, la grazia della preghiera. Il destino dell’uomo, la felicità dell’uomo nonpuò compiersi se non in Dio e la Vergine Santa, la nostra avvocata, la nostraregina, la nostra madre celeste che intercede per noi presso Dio per implorarcisoprattutto questa grazia, la grazia della preghiera, la grazia dell’unica vera bea-titudine umana, della beatitudine del nostro essere in Dio, la beatitudine di Dioche prende dimora nell’anima degli uomini. Dice appunto S. Giovanni, l’apo-stolo, l’evangelista della carità: chi ama dimora in Dio e Dio in lui.Così, cari fratelli, la preghiera, la più sublime, la più perfetta, la più congenialeespressione della virtù teologale della carità, quella virtù teologale che, comedice S. Tommaso d’Aquino, è la suprema virtù teologale, perché ha per oggettoDio in modo più perfetto delle altre due virtù, più perfettamente della fede edella speranza, perché mentre la fede considera Dio come si rivela a noi nellasua verità, la speranza trova in Dio il nostro sostegno in questo pellegrinaggioterreno verso la patria del cielo, la carità invece non riceve qualche cosa da Dio,né la sua rivelazione, non il suo sostegno ed aiuto, ma si slancia verso Dio, cosìcome è Egli in se stesso sommamente buono e sommamente amabile, al disopra di ogni altro essere.Ecco, cari fratelli, come l’efficienza fondamentale di quella carità che è il costi-tutivo formale della nostra santità, S. Paolo chiama i cristiani santi perché dotatidella virtù della carità e lo Spirito Santo di Dio che è amore del Padre e delFiglio si dà all’uomo per mezzo della carità che è infusa nei nostri cuori. Comedice S. Paolo nel V capitolo della lettera ai Romani, la carità è infusa nei nostricuori e ci dà il pegno dello Spirito Santo, quindi Iddio che è amore, lo SpiritoSanto che è amore, dimora in noi per mezzo di quell’amore soprannaturale diDio che è la carità e lo Spirito Santo, ci dice S. Paolo, intercede per noi congemiti ineffabili, lo Spirito Santo dimorante in noi, l’amore di Dio che dimorain noi per virtù della carità si fa preghiera.Ecco, cari fratelli, come la nostra salvezza dipende dalla nostra esistenza spiri-tuale. Quindi la città di Lourdes è stata scelta dalla Vergine per indicare anzitut-to le armi della preghiera. Che bella esperienza, fratelli cari, i pellegrinaggi aLourdes, purtroppo non ho molte occasioni di andare in questo luogo di grazie,ma mi rimase proprio impressa la circostanza del luogo, il fatto che in quelluogo, anche se a qualcuno capita di essere mal disposto, come capita anche ame di essere distratto e poco disposto a pregare, ebbene mi ricordo questa bellaesperienza, anche con l’animo tutto arido, tutto indisposto, tutto distratto, dinan-zi a quella grotta di Lourdes non potevo fare a meno di pregare. Lì veramente sisperimentava come la preghiera sia veramente grazia di Dio. Se non fosse donodi Dio scaturirebbe spontaneamente la mia scelta libera, invece no, ho cercato diapplicarmi alla preghiera, non ci sono riuscito, poi dinanzi a quella grotta nonpotevo fare a meno di cadere in ginocchio e di adorare il mio Creatore, Re-dentore e Santificatore.Che bella cosa! Vedete come la Vergine si è compiaciuta di scendere in un

luogo particolare per legare ad esso la sua particolare materna intercessione.Vedete come è sbagliata la tendenza protestanteggiante così diffusa al giorno dioggi, che dice: non c’è bisogno di un tempio, non c’è bisogno di una chiesa,Iddio abita da per tutto. Non c’è bisogno di santuari, non c’è bisogno di pelle-grinaggi, l’abbiamo sentito, lo sentiamo tuttora. Sono eresie vere e propriesmentite da questa realtà di Lourdes. Vedete, il santuario scelto dalla beataVergine per essere meta di pellegrinaggio, non volontà degli uomini ma volontàdi Dio, si esprime in questo legare ad un luogo particolare le grazie della beataVergine celeste.Perché questo, cari fratelli? Perché l’uomo di oggi con il suo orgoglio e con lasua superbia rifiuta i limiti della sua corporeità. L’uomo di oggi vuole viverecome un angelo e poi finisce per vivere in modo ancora meno perfetto dei bruti.È una cosa che vediamo ogni giorno. Ora dobbiamo accettare con umiltà ilposto che Dio ci ha assegnato nell’ordine della creazione. Iddio non ci ha creatocome gli Angeli disincarnati, il Signore ci ha dato anche la nostra corporeità. Ciha dato spiritualità, intellettualità, ragione, volontà, ma tutto questo legato allasensitività, quindi come dice S. Tommaso ogni nostra conoscenza cominciadalle nostre impressioni sensitive. Il Signore che è al di sopra di ogni luogo, aldi sopra di ogni tempo, il Signore istituisce, a dispetto di tutti i protestanti, deisacramenti.Come dice S. Agostino il sacramento è un segno umile, sensibile di una realtàsacra. Vedete la sacralità in senso stretto del settenario sacramentale, in sensopiù vasto in un santuario; il Signore vuole che noi costruiamo per lui dei tempiconsacrati alla gloria del suo nome. Questi tempi, questi santuari come aLourdes ove la Madonna indicava alla beata Bernadette: io voglio che la gentevenga qui in pellegrinaggio, voglio che i miei sacerdoti costruiscano qui unacappella e poi anche una chiesa.Vedete, cari fratelli, è volontà di Dio che le nostre povere mani umane costrui-scano non a Lui, che non ne ha bisogno, ma per noi che invece ne abbiamobisogno come esseri umani, costruiscano dei santuari consacrati al nome santis-simo del Signore. Come dice il salmo: alla tua casa Signore si addice la bellez-za. Noi che abbiamo la liturgia tradizionale, noi sappiamo quanto è bella, è verocari fratelli? Come è bella la liturgia della tradizione! Non voglio fare confrontiche sono sempre odiosi, ma la liturgia che è cresciuta nella tradizione è unacosa stupenda, bellissima; alla tua casa, Signore, si addice la bellezza per tuttala durata dei giorni della nostra vita. Adorare il Signore, anche nella bellezzasensibile, il rifiuto gnostico della sensibilità, della bellezza, della corporeitàdella esteriorità porta al pervertimento interiore.Una cosa strana è questa: si comincia ad insuperbirsi nello spirito e si finirà percadere dal punto di vista della temperanza, sotto il dominio delle passioni. Orbenela beata Vergine invita in quel luogo santo alla preghiera ed invita altresì alla peni-tenza. Dice la beata Vergine che l’umanità deve pregare, cioè avvicinarsi di più alsuo Creatore e Redentore, ma ha anche bisogno di purificarsi maggiormente.

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Ecco un tema che ci guida anche verso la quaresima veramente pentecostale. Come celebrare que-sta festa proprio all’inizio della Quaresima, l’invito alla penitenza. L’umanità di oggi in questa suasuperbia pseudoangelica, in questo fare da superuomini, non si volge alla penitenza. Si parla oggi diconversione, metanoia, bisogna convertirci. Tutte cose vere, ma i nostri antichi dicevano con moltosenso di concretezza: bisogna fare penitenza. La parola penitenza è un’espressione che dà fastidioall’uomo di oggi. Dice S. Tommaso: paenitentia est tamquam poenam tenere, è quasi caricarsi dellapena che sentiamo. L’umanità di oggi è un’umanità volgarmente ottimista: l’uomo è perfetto, l’uo-mo è l’idolo dei nostri tempi, tutti si prostrano dinanzi ai diritti dell’uomo, ma la vita dell’uomo inquesto mondo è la vita di un peccatore giustamente punito, espulso dal paradiso terrestre dal suocreatore. Tutta la ribellione di oggi in fondo è una ribellione contro questa condizione di espulsi dalparadiso, cioè noi neghiamo il peccato per negare anche la pena. Beata la morte, cari fratelli, voi vistupirete che io dica: beata la morte – S. Francesco diceva sorella morte – se non altro la morte ci dàil beneficio del realismo, cari fratelli, perché tutti i vaneggiamenti gnostici finiscono lì, dinanzi allarealtà di dover morire. Suprema paenitentia è la morte, il premio, la logica conseguenza del peccatoè la morte. Vedete, cari fratelli come la morte ci insegna questa santa, umile realtà del nostro pecca-to e della penitenza che dobbiamo fare per il peccato, sia dei progenitori sia dei tanti, innumerevolipeccati che abbiamo fatto nella nostra vita personale.Così la via della penitenza è sempre attuale e soprattutto in un’epoca che ha disimparato a rinnegarese stessa, a dimenticare se stessa, l’invito alla penitenza è più pressante che mai. Ricordatevelo sem-pre, cari fratelli, con quel buon realismo della tradizione, una penitenza che non fa male, senza esa-gerare, una penitenza interiore che non dà un taglio in qualche modo alla nostra vita quotidiana, unapenitenza così è priva di valore davanti a Dio, semplicemente non è una penitenza, è una presa ingiro. Invito alla penitenza, a subire le conseguenze del peccato incaricandoci del nostro dolore invista dell’espiazione.

Questa omelia, tenuta da P. TomasTyn, è tratta dal libro “La Beatasempre Vergine Maria Madre diDio” (edito dall’Associazione FigliSpirituali di Padre Tomas Tyn) di cuipubblichiamo la copertina.

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Tommaso, della famiglia dei conti d’Aquino,nacque a Roccasecca nel 1225. Il padre Lan-dolfo, di origine longobarda e vedovo con trefigli, aveva sposato in seconde nozze Teodora,napoletana di origine normanna; dalla loro unio-ne nacquero nove figli, quattro maschi e cinquefemmine, dei quali Tommaso era l’ultimo deimaschi. All’età di cinque anni iniziò il suo percorso for-mativo presso il monastero di Montecassino, do-ve venne mandato dai genitori per avviare il fi-glio alla vita monastica, ma con la segreta spe-ranza che potesse diventare abate e accrescerecosì la potenza della casata. L’educazione bene-dettina, semplice ma aristocratica ed austera,segna la personalità di Tommaso temprandolo alsilenzio contemplativo, all’amore per lo studio eal dominio di sé.Tommaso, invece, dopo qualche anno tornò infamiglia e proseguì gli studi all’Università diNapoli, dove frequentò il corso delle Arti libera-

li, ed incominciò ad avvicinarsi e ad apprezzaregli scritti di Aristotele, allora proibiti nelle Fa-coltà ecclesiastiche. Durante i suoi studi a Napoli frequentò il con-vento di San Domenico, rimase affascinato dallostile di vita e dalla profonda fede dei frati Pre-dicatori e all’età di circa 20 anni prese la decisio-ne di entrare nell’Ordine Domenicano. Quandocomunicò tale vocazione alla sua famiglia si tro-vò ad affrontare una forte resistenza. I suoi con-fratelli di Napoli cercarono dunque di allontanar-lo il prima possibile dalla sfera di influenza dellasua famiglia e dell’Imperatore (poiché gli OrdiniMendicanti furono subito sospettati di stare conil Papa contro l’Imperatore) inviandolo a Parigiper completare i suoi studi. Proprio mentre Tom-maso era in viaggio venne raggiunto e fermatodai suoi fratelli con l’intento di riportarlo a casae rinchiuso in un castello del padre.Il suo sequestro durò circa un anno durante ilquale i familiari cercarono in tutti i modi di farlodesistere da quella scelta, ritenuta non consonaalla dignità della casata. La nobile famiglia sa-rebbe stata disposta a vederlo religioso, ma alseguito dei potenti Benedettini e non di un Or-dine Mendicante.Le biografie narrano che egli venne anche tenta-to nella sua castità attraverso una bella ragazzaappositamente mandata nella sua cella, ma fer-mamente respinta da Tommaso stesso.La castità di Tommaso del resto era nota, inseguito gli fu attribuito infatti il titolo di “DottoreAngelico”. Nel 1245, ormai maggiorenne, fu rilasciato, libe-ro di seguire la propria strada e proseguì la pro-pria formazione a Parigi e a Colonia, sotto laguida di sant’Alberto Magno, domenicano, filo-sofo e teologo, vero iniziatore dell’aristotelismomedioevale nel mondo latino e uomo di vastacultura. A Colonia Tommaso frequentò i corsi diTeologia per la preparazione immediata al sacer-

SanTommasod’Aquino

la vita

dozio. In questi anni, a causa del suo atteggia-mento schivo, fatto di discrezione e di silenzio,fu soprannominato dai suoi confratelli “il buemuto”, riferendosi anche alla sua corporaturarobusta. Si dice che il Maestro davanti a tuttiesclamò: “Noi lo chiamiamo bue muto, ma eglicon la sua dottrina emetterà un muggito cherisuonerà in tutto il mondo”. Per l’insistenza di Alberto, nel 1252 Tommasotornò all’Università di Parigi per completare glistudi superiori e diventare dottore in teologia.Nel 1255 fu coinvolto nella lotta fra i maestri se-colari e quelli appartenenti agli Ordini Men-dicanti, accusati dai primi come falsi apostoli dicui si chiedeva l’esclusione dall’insegnamento.Tommaso, che scrive a favore dei Mendicanti,diventa all’età di ventisette anni professore diTeologia nell’Università dove anni prima avevastudiato, nonostante la vivace opposizione direttanon contro la sua persona, ma contro l’influenzasempre crescente degli Ordini Mendicanti. Tom-maso era afflitto pesantemente da queste dispute.Il Papa stesso interverrà in appoggio dei Men-dicanti obbligando l’Università a togliere il boi-cottaggio nei suoi confronti.Tommaso venne subito apprezzato dagli studen-ti; gli storici ci narrano delle novità nell’insegna-mento di Tommaso; professore in Sacra Scrit-tura, organizzava in modo insolito l’argomentocon nuovi metodi di prova, nuovi esempi per ar-rivare alla conclusione; egli era uno spirito aper-to e libero, fedele alla dottrina della Chiesa e in-novatore allo stesso tempo.Dopo tre anni di insegnamento presso l’U-niversità di Parigi, Tommaso tornò in Italia pri-ma a Napoli poi a Orvieto, a Roma e a Viterbocontinuando a insegnare a predicare. Per alcunianni lavorerà, chiamato dal Papa Urbano IV,presso la sua corte di Orvieto. A Roma gli fu af-fidato l’incarico di seguire e organizzare corsi diteologia per gli studenti della Provincia Romana

dei Domenicani. Durante i suoi numerosi viaggiTommaso d’Aquino venne accompagnato da fraReginaldo da Piperno che, oltre ad essere sacer-dote e lettore in teologia, gli sarà vicino nellavita quotidiana ascoltandolo, consigliandolo,confessandolo e servendogli la Messa: i duedomenicani costituirono, a loro modo, una pic-cola comunità in cui si aiutavano vicendevol-mente.Nella sua giornata Tommaso alternava momentidi preghiera a momenti di studio, teneva lezioni,scriveva e pregava fino a notte fonda in manierasempre molto discreta, cercando di non disturba-re i suoi confratelli.Nel 1269 era di nuovo a Parigi per un nuovo ci-

clo di insegnamento. Qui venne aspramente criti-cato da più parti per le sue posizioni di difesadella filosofia aristotelica, al punto che ancora u-na volta Tommaso fu costretto a lasciare la Fran-cia e a ritornare a Napoli nel convento in cui erasbocciata la sua vocazione.Un giorno del dicembre 1273, durante la celebra-

zione della Messa, fu sconvolto da un pensieroche gli cambiò radicalmente il ritmo di vita.Senza dare alcuna spiegazione decise che non a-vrebbe più continuato a scrivere. In seguito egliconfiderà a padre Reginaldo: “Reginaldo, nonposso, perché tutto quello che ho scritto è comepaglia per me, in confronto a ciò che ora mi èstato rivelato”, aggiungendo: “L’unica cosa cheora desidero, è che Dio dopo aver posto fine allamia opera di scrittore, possa presto porre termineanche alla mia vita”. Nel 1274, nonostante le sue precarie condizioni

di salute, venne chiamato dal Papa a partecipareal Concilio di Lione; Tommaso volle ancora unavolta obbedire, ma durante il viaggio fu colto dagrave malore e trovò ricovero presso l’abbaziacistercense di Fossanova. Nonostante le cure pre-state amorevolmente dai cistercensi il 7 marzo1274 Tommaso morì. Tre giorni prima della sua morte volle riceveregli ultimi sacramenti e ai monaci e agli amici chelo circondavano espresse ancora alcuni concetti

sulla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, con-cludendo: “Ho molto scritto ed insegnato su que-sto Corpo Sacratissimo e sugli altri sacramenti,secondo la mia fede in Cristo e nella Santa Ro-mana Chiesa, al cui giudizio sottopongo tutta lamia dottrina”. Gli scritti di Tommaso sono numerosi e com-prendono commenti alle Sacre Scritture, com-menti ad Aristotele e ad altri autori antichi emedioevali, “Questiones disputatae” su temidiversi come la verità, la fede, la virtù, l’anima,numerosi opuscoli e due vastissime “Summe”.I suoi scritti, rivolti direttamente agli studenti ofrutto di interventi nel corso di polemiche o di-battiti, sono generalmente chiari. Tommaso se-gue un discorso organico e completo cercando dieliminare il più possibile ogni ambiguità e, rifa-cendosi esplicitamente ad Aristotele, evitando illinguaggio eccessivamente simbolico, metafori-co e allusivo dei platonici.Nonostante il suo intento di chiarezza e di tra-sparenza alcune sue tesi furono considerate peri-colose (probabilmente perché decisamente inno-vatrici) e vennero condannate sia a Parigi che aOxford. L’Ordine Domenicano si impegnò nelladifesa del suo più grande maestro e nel 1278dichiarò il “Tomismo” dottrina ufficiale del-l’Ordine.Il 18 luglio 1323 venne proclamato santo, dueanni dopo furono abrogate tutte le condanne neiconfronti delle sue tesi, nel 1576 fu proclamatoDottore della Chiesa e il 4 agosto 1880, patronodelle scuole e università cattoliche. Le sue reliquie sono state smembrate nel tempoe venerate in vari luoghi: a Fossanova, nel Duo-mo della vicina Priverno, nella chiesa di Saint-Sermain a Tolosa in Francia; a Salerno; nell’anti-co convento dei Domenicani di Napoli e nelDuomo della città.

L.C.

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Da dove parte l’indagine filosofica di S. Tommaso? Per capire il contributo di Tommaso bisogna immergersi nella cultura medioevale: la religione è allabase di tutto, la teologia cerca di indagare sulle ragioni della fede avvalendosi spesso del contributodella filosofia. Essa diventa uno strumento per sostenere le verità di fede. Questo è l’obiettivo prin-cipale della filosofia scolastica, una filosofia con una forte valenza pedagogica che deve portarel’uomo alla comprensione delle verità rivelate escludendo qualsiasi indagine critica ed autonomadella ragione rispetto alla tradizione e alle Sacre Scritture. Il senso della verità è sempre e senz’altroDio. La verità è Dio vivente, una verità profana appare come qualcosa di contraddittorio.

Che contributo ha dato alla filosofia?In questo contesto Tommaso sottolinea l’importanza della ragione umana vista come dono di Dioche permette all’uomo di raggiungere quelle verità razionali che possono essere spiegate e dimo-strate in modo sufficiente dalla ragione naturale indipendentemente dalla fede. Esistono poi delleverità di fede, che riguardano per esempio l’essenza, cioè la natura più profonda del divino e Diostesso, che la ragione naturale da sola non può spiegare e che sono frutto della rivelazione divina.

Esistono quindi per Tommaso due verità diverse?No, filosofia e teologia sono scienze autonome ma non separate; ragione e fede non sono in contra-sto tra loro, perché entrambe derivano da Dio e conseguentemente la verità sarà sempre e solo una.Ciò che cambia è il modo per arrivare a tale verità: la filosofia conduce una ricerca autonoma rispet-to alla fede e attraverso l’uso della ragione indaga la realtà fisica, l’uomo e la totalità dell’essere; lateologia si basa sulla rivelazione divina necessaria per la piena comprensione della verità stessa eper la realizzazione dell’uomo.

San Tommaso:un filosofod’attualità

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Intervista rilasciata in esclusiva a Rosariumda Laura Crisafulli, docente di filosofia.

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Filosofia e teologia hanno in comune dunque la ricer-ca della medesima verità seppur in modo diverso.Tommaso diceva: “La Grazia non danneggia la natu-ra, ma la perfeziona.” L’intervento divino aiuta cioèl’uomo a comprendere ciò che da sola la ragioneumana non sarebbe stata in grado di capire.

Che valore ha la fede per Tommaso?La fede, così come la ragione, è un grande dono divi-no. L’uomo, partendo dalla rivelazione, si deve met-tere in ascolto della parola di Dio perché questa puòguidare e illuminare il suo cammino. La fede non vamai disgiunta dalla ragione che aiuta l’uomo a com-prendere l’esistenza di Dio e attraverso similitudini eanalogie a descriverne alcune caratteristiche. Laragione può supportare la fede nelle dispute contro ladottrina cristiana. La fede quindi diventa sempre piùforte se collabora con la ragione e se da essa vienecontinuamente stimolata.

Tommaso ha introdotto novità nella filosofia del tempo?Tommaso rappresenta l’esponente più significativo della filosofia scolastica del tempo, ponendo alcentro il problema di Dio e in particolare cercando una conciliazione tra ragione e fede, ma il modoin cui procede è innovativo. Tocco, il suo primo biografo, sottolinea la straordinaria originalità diTommaso in tutto ciò che faceva: proponeva nelle sue lezioni problemi nuovi, scopriva nuovi meto-di, impiegava nuove concatenazioni di prove, presentava una nuova dottrina con nuovi argomenti.Un’altra caratteristica importante del metodo di Tommaso è quella di arrivare a Dio attraverso unprocedimento a posteriori, cioè partendo dall’esperienza. È possibile dimostrare l’esistenza di Diopartendo da ciò che è noto, dal mondo e dalle sue caratteristiche. In questo tipo di procedimentoTommaso si rifà soprattutto al modello aristotelico.

Che ruolo ha avuto la filosofia di Aristotele nello sviluppo del pensiero di Tommaso?Aristotele è stato sicuramente il punto di riferimento teorico di tutta l’opera di Tommaso. Non èfacile sintetizzare in poche parole il suo apporto. Diciamo che, stimolato dal suo maestro AlbertoMagno, egli non si fa condizionare dalle paure e dalle diffidenze che molti nutrivano nei confrontidi ciò che sembrava una verità profana. Le opere di Aristotele si erano diffuse in quell’epoca graziealle traduzioni arabe ed ebraiche e rappresentavano una filosofia pagana portata avanti dagli infede-li. Tommaso invece, studiando attentamente tali opere e sfidando la cultura del tempo e le opposi-zioni presenti anche all’interno del suo stesso ordine, ritenne che la tradizione cristiana potesseessere arricchita con l’apporto della filosofia aristotelica. Egli quindi cercò di “cristianizzare”Aristotele mostrando una possibile armonia tra il pensiero greco, arabo ed ebreo e soprattutto evi-

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denziando la possibilità di un accordo tra ragione natura-le e fede. Come si è già detto, Tommaso è assolutamentesicuro dell’unicità della verità e per questo ritiene neces-sario non tanto sottolineare le differenze e i contrasti chepossono nascere da un confronto tra ragione e fede, quan-to il modo per valorizzarle entrambe, riconoscendo ilcontributo positivo che esse danno all’uomo stesso. DaAristotele, inoltre, ricava il concetto di scienza che deveessere posto a fondamento della teologia stessa. La teolo-gia deve usare gli strumenti e i ragionamenti della logicaper diventare essa stessa scienza.

È stato facile per Tommaso sostenere queste teorie?No, Tommaso è stato oggetto di critica da più fronti.Viene criticato dai tradizionalisti, spesso legati alla scuolafrancescana (tra questi ricordiamo san Bonaventura) chevolevano escludere ogni tipo di autonomia della ragioneche doveva rimanere sempre sottoposta al controllo eall’autorità delle Sacre Scritture. Sarà criticato dai soste-nitori dell’aristotelismo radicale che sottolineavano ilcarattere radicalmente laico e razionale del filosofare e che insegnavano la filosofia in una prospetti-va unicamente aristotelica mantenendola completamente separata rispetto alla dottrina cristiana.Infine emergono contrasti anche con i cosiddetti averroisti sostenitori della dottrina della doppiaverità: verità di fede e verità di ragione come diverse, separate e inconciliabili tra loro. In realtàAverroè, che era il principale pensatore arabo-andaluso del XII secolo e che ha cercato di interpre-tare l’autentico pensiero di Aristotele liberandolo da ogni elemento neoplatonico, non ha sostenutopropriamente tale posizione. Secondo lui esiste una sola verità che Dio ha comunicato a tutti gliuomini attraverso il Corano che viene poi riletta e interpretata in modi diversi. Tommaso fu piùvolte costretto a difendere in prima persona il proprio aristotelismo. Venne direttamente coinvoltonelle polemiche, condannato dal vescovo Tempier e poi assolto grazie all’intervento del suo mae-stro Alberto Magno. Queste polemiche continuarono anche dopo la sua morte, la Chiesa stemperòle sue posizioni a seguito della canonizzazione ottenuta dopo decenni di lotta da parte dei domeni-cani nel 1323.

Che cosa ci ha lasciato in eredità il pensiero di Tommaso oggi? Innanzitutto il suo pensiero è diventato una vera e propria corrente filosofica: il tomismo. Nel XVIsecolo il papa Pio V proclamò Tommaso “dottore della Chiesa”; la sua filosofia venne da alloraconsiderata come uno dei più validi sostegni del dogma cattolico. Nel 1907 con l’enciclicaPascendi, Pio X sosterrà ulteriormente il valore del tomismo definendola “filosofia perenne”.Ma al di là di ogni valutazione formale è importante soffermarsi sulla figura di Tommaso comeuomo. Una persona semplice, riservata, meticolosa e preparata. Un uomo di fede che crede profon-

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damente in Dio e per questo Lo cerca e Lo studia in continuazione. Si narra che quando era ancorafanciullo nel convento benedettino, girando fra i chiostri, chiedesse ai monaci che incontrava:“Ditemi, chi è Dio?”.Tommaso è un uomo di cultura. La sua preparazione, frutto di anni di studio, è notevole, ma questoè dovuto soprattutto al fatto che egli ha grande fiducia nell’uomo e nelle possibilità che Dio gli haconcesso. Dio ha dotato l’uomo di ragione per poter indagare e comprendere meglio la verità. Perfare questo bisogna essere pronti ad aprirsi alle diverse realtà che ci circondano. Tommaso è unesempio di coraggio e di apertura: non è rimasto imbrigliato nella cultura tradizionale del tempo, havoluto leggere e capire direttamente quei testi e quegli autori (Aristotele in particolare) che veniva-no considerati inadatti per un cristiano. Tommaso è passato attraverso autori considerati infedelicome gli arabi Avicenna e Averroè e ha capito che, nonostante le diversità culturali e tradizionali, laragione poteva essere uno strumento comune per la ricerca della verità, che è sempre e solo una. Ritengo che tale insegnamento e tale modello di vita sia molto attuale. In una cultura e in unasocietà multietnica, in cui si fa fatica ad accogliere e a comprendere l’altro, l’esempio di Tommasoè particolarmente significativo: anche oggi sarebbe opportuno non soffermarsi solo sulle differenzema cercare di comprendere ciò che ci accomuna. Come? In maniera semplice, partendo dalla vitaquotidiana, dalle cose concrete, dall’esperienza (così come procedeva Tommaso col suo metodoinnovativo di ispirazione aristotelica) cercando di combattere quella cultura del relativismo chespinge gli uomini a credere che ci siano diverse verità e/o, peggio ancora, che ognuno di noi possacostruirsi la propria verità.Tommaso non è solo un grande filosofo e teologo, è sicuramente un mistico che ha saputo accoglie-re la ragione all’interno della fede permettendole di far crescere semi di verità presenti nelle diverseculture sotto “la guida di Cristo e di Santa Romana Chiesa” come lui stesso afferma in punto dimorte.

Tommaso:Il nome deriva dall’aramaico e significa “gemello”Patrono:di accademici, librai, scolari, studenti, teologiDevozioni particolari:invocato contro la folgore e come protettore della castitàFestività:28 gennaioIconografia:frate domenicano molto robusto. I suoi attributi sono: il sole sul petto simbolodel suo amore ardente e della sacra erudizione, la penna, la colomba dell’ispira-zione, talvolta il bue, per il soprannome “bue muto”.

Le immagini del servizio speciale sono tratte da: pag 7 GUERCINO, San Tommaso d’Aquino scrivesull’Eucarestia, Bologna, San Domenico; pag 8-14 FRANCESCO ZURBARAN, San Tommaso d’Aquino fra iPadri della Chiesa, Siviglia, Museo provinciale; pag 16-17 ANDREA MANTEGNA, Pala di san Zeno, Verona

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Riproposti “carità intellettuale” e “fervore missiona-rio”. Evidenziate anche le “armi” dell’“azione aposto-lica”: la “devozione mariana, specie attraverso ilRosario” e “la preghiera di intercessione”.

San Tommaso non è finito nel XIII secolo, l’epoca in cui nacque, in cui visse ed in cui morì.Checché ne dicano certi soloni della cultura contemporanea, certi maîtres-à-penser abituati a ponti-ficare dalle loro cattedre (non solo e non sempre necessariamente da quelle “laiche” o “laiciste”, dacui certi ragionamenti te li aspetteresti…), il pensiero e la dottrina del Doctor Angelicus sono anco-ra vivi, vivaci ed attuali. Più che mai. A dirlo non è uno qualunque, ma Papa Benedetto XVI.Lo ha fatto recentemente, lo scorso 28 gennaio ovvero proprio nel giorno della memoria liturgica disan Tommaso, durante l’udienza concessa ai membri delle Pontificie Accademie. Indicandonell’Aquinate un “modello sempre attuale, cui ispirare l’azione e il dialogo con le diverse culture”,evidenziando la sua “originalità pedagogica”, nonché esaltandone il pensiero e la testimonianza,che “suggeriscono di studiare con grande attenzione i problemi emergenti, per offrire risposte ade-guate e creative”. Un invito, quindi, ad essere nell’oggi, a vivere nell’oggi, non con teorie ed astra-zioni intellettualoidi, bensì secondo i Valori di sempre, declinati nel linguaggio richiesto dai tempi.Concetto, questo, ribadito dal prof. Günther Pöltner, docente presso l’Istituto di Filosofia dell’U-niversità di Vienna, vicepresidente della Commissione di Bioetica presso la Cancelleria Federale,membro dell’Accademia papale di san Tommaso d’Aquino e presidente dell’Associazione diMusica e Filosofia. Anch’egli nota la profonda attualità di san Tommaso e la individua nel suo ten-tativo – peraltro perfettamente riuscito – di spiegare come compito della filosofia sia anche quellodi “riflettere sulle nostre esperienze di vita pratica”. Il che comporta per l’uomo, quale conseguen-za e filiazione diretta di tale concetto, la necessità di “ritrovare se stesso nella sua riflessione”. Mac’è un altro aspetto estremamente attuale ed estremamente moderno del pensiero tomistico: l’“evi-dente confutazione del materialismo”, rintracciabile con chiarezza nel suo Commento alla Me-tafisica Aristotelica. Quel materialismo che spinge l’uomo a bramare carriera, potere, soldi…Tutte “sirene”, cui l’Ordine Domenicano seppe dire “no” in modo forte e chiaro. Non a caso, sem-pre Papa Benedetto XVI, all’udienza generale dello scorso 3 febbraio, citò espressamente san Do-menico di Guzman in virtù del suo servizio alla Chiesa, svolto “con dedizione ed umiltà”, in con-trapposizione con le tante “tentazioni, da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolodi animazione e di governo nella Chiesa”.Il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, inoltre, seppe “aprire” i monasteri al mondo, instillando

Addirittura per tre voltein tre settimane il Papaha parlato espressamentedi san Domenico, san Tommasoe dell’Ordine: non a caso…

Il Papa rilancia convigore la spiritualitàdomenicana

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ardente “fuoco missionario”, che “spinge incessantemente a portare il primo annuncio del Vangeloe, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione. È Cristo, infatti – spiega il Sommo Pontefice –,il Bene più prezioso, che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto diconoscere e di amare”. Da qui l’invito, molto concreto, rivolto a tutti, “pastori e laici” a coltivare“una «dimensione culturale», della fede, affinché la bellezza della Verità cristiana possa esseremeglio compresa e la fede possa essere veramente nutrita, rafforzata ed anche difesa”.Ma il Santo Padre non si ferma qui. Indica anche con chiarezza le modalità attraverso le quali con-

seguire l’obiettivo: sono “due i mezzi indispensabili”, affinché “l’azione apostolica sia incisiva”: ilprimo è “la devozione mariana, specie attraverso il Rosario”, mentre il secondo è “la preghiera diintercessione”.È singolare notare come questi stessi concetti siano stati sostanzialmente anticipati nella loro essen-za già durante l’udienza generale, tenuta da Benedetto XVI lo scorso 13 gennaio, allorché, parlandodegli Ordini Mendicanti in generale, evidenziò l’esempio e “la forza della testimonianza” lasciaticida san Domenico, caratterizzati “proprio dall’intima comunione con la Chiesa e con il Papato”. Fu“testimone – osservò ancora – ma anche maestro. Infatti, un’esigenza diffusa nella sua epoca eraquella dell’istruzione religiosa. Non pochi fedeli laici, che abitavano nelle città in via di grandeespansione, desideravano praticare una vita cristiana spiritualmente intensa. Cercavano dunque diapprofondire la conoscenza della fede e di essere guidati nell’arduo, ma entusiasmante camminodella santità”.Con quali argomenti san Domenico attirava l’attenzione della gente? “Venivano trattati argomentivicini alla vita della gente – afferma il Sommo Pontefice – soprattutto la pratica delle virtù teolo-gali e morali, con esempi concreti, facilmente comprensibili. Non sorprende allora che fosseronumerosi i fedeli, donne ed uomini, che sceglievano di farsi accompagnare nel cammino cristiano

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da frati Domenicani, direttori spirituali e confessori ricercati ed apprezzati”: sorse così ilTerz’Ordine – espressamente citato dal Santo Padre –, ispirato alla spiritualità del Fondatore, ovvia-mente “adattata al loro stato di vita”, una proposta di “santità laicale”, che “conquistò molte perso-ne”. Ma Papa Ratzinger trae da qui spunto anche per sottolineare nuovamente la “scelta del tuttoinnovativa”, compiuta da san Domenico, che – abbandonato “il principio di stabilità, classico delmonachesimo antico” – iniziò a viaggiare “da un luogo all’altro, con fervore missionario”.Sono almeno due gli aspetti significativi, degni di attenzione. Il primo: in poco più di tre settimane,

Benedetto XVI ha riproposto per tre volte la spiritualità domenicana, o parlando del suo Fondatoreo parlando di san Tommaso o parlando dell’Ordine in generale. Difficile pensare ad una semplicecoincidenza. Il secondo, che ne è la conseguenza diretta: ne ha sottolineato sempre l’apostolato cul-turale e la dimensione missionaria, intesi quale servizio alla Chiesa. Perché?Che vi sia un’urgenza dettata dall’attualità, non è un mistero. Anzi, è lo stesso Santo Padre a dirloespressamente: “Anche oggi c’è una «carità della e nella verità», una carità intellettuale, da eserci-tare, per illuminare le intelligenze e coniugare la fede con la cultura. L’impegno profuso dai Do-menicani è un invito, cari fedeli, a rendersi presenti nei luoghi di elaborazione del sapere, per pro-porre, con rispetto e convinzione, la luce del Vangelo sulle questioni fondamentali, che interessanol’uomo, la sua dignità, il suo destino eterno”. Da qui l’invocazione del Sommo Pontefice alloSpirito santo, affinché “faccia sentire ad ognuno l’urgenza di offrire una testimonianza coerente ecoraggiosa del Vangelo”.Ecco dove si pone il vero terreno di sfida, il vero campo della buona battaglia per la Cristianità, og-gi. Tutto si gioca sulla dimensione culturale, oggi messa a dura prova dai nuovi idoli, dalle mode,dal relativismo e dal materialismo dilaganti. Saremo pronti?

Mauro Faverzani

Ripubblicando alcune delle innumerevolifotografie di cui per amicizia ci ha gratuita-mente fatto dono, ancora senza parolevogliamo ricordare Paolo Gavina grati alSignore per gli anni in cui lo ha lasciato inmezzo a noi.

PaoloGavina

Signore, non si inorgoglisce il mio cuoree non si leva con superbia il mio sguardo;non vado in cerca di cose grandi,superiori alle mie forze.Io sono tranquillo e serenocome bimbo svezzato in braccio a sua madre,come un bimbo svezzato è l’anima mia.Speri Israele nel Signore,ora e sempre.

Salmo 131

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Ma inizia un nuovopercorso anche in noi!Vergine Santissima, Maria, Madre nostra,Regina del santo rosario e Regina della fami-glia, oggi viviamo la gioia di raccogliere iprimi frutti del “passaggio” della Tua immagi-ne in mezzo e nel cuore delle nostre famiglie diquesta piccola comunità parrocchiale.Si conclude, con la visita di padre Mauro, que-st’anno di “peregrinatio”, ma inizia un nuovopercorso in cui anche noi, da Te condotti, cifacciamo “missionari” d’amore. L’esperienza della presenza della Tua immagi-ne nelle nostre famiglie la riceviamo in eredità,come missione, portandola di porta in porta,diffondendo il Vangelo di Gesù Cristo TuoFiglio, attraverso il santo rosario.Assistici, Maria, Te ne preghiamo! Grazie per idoni che hai portato nelle nostre vite! Tu ilprimo dono; Tuo Figlio; le grazie spirituali e lebenedizioni. Tu nostra compagna per una rin-novata effusione dello Spirito Santo!Benedici, o Vergine Madre, questa comunitàcristiana; benedici il nostro paese di Masi SanGiacomo ed il piccolo “Borgo Sant’Anna”. Be-nedici il Movimento Domenicano del Rosarioe la sua opera.Benedetto il tuo SS. Nome ed il Tuo CuoreImmacolato! Benedetta la Trinità SS.ma!

Don Emanuele Zappaterra, parroco

testimonianze

Al Piratello

Momenti di “ristoro”che rigeneranoPartecipare agli appuntamenti religiosi è unmodo per vivere la propria fede attivamente,essere presenti testimonia che stiamo seguendoun cammino in compagnia per non perdere lastrada.Per chi accoglie il divino dono della Fede biso-gna poi coltivarlo ogni giorno in modo chepossiamo, anche, affrontare con perseveranzale difficoltà di un percorso irto e scosceso...sopportarne il peso risulta essere più lieve seviene allietato da momenti di “ristoro” che ri-generano l’anima risultando importantissimiper la crescita spirituale.Uno di questi momenti è per noi l’incontro alsantuario della Beata Vergine del Piratello doveda un anno ci ritroviamo puntualmente la seradel 3° giovedì di ogni mese per la meditazionedel santo rosario guidato da padre Mauro... ar-rivando, non solo da Fontanellato ma da tantialtri luoghi in cui si reca a promuovere il santorosario, ci sostiene offrendo sempre nella me-ditazione dei misteri spunti di riflessione chesono per noi una luce dalla quale farsi guidarein quel continuo esame per correggere il “tiro”da atteggiamenti a volte distorti e per rimettereordine con discernimento.Il luogo che mensilmente ci ospita è il santua-rio della Beata Vergine del Piratello che i fran-cescani cappuccini del Terzo Ordine Regolaremettono sempre e con grande disponibilità anostra disposizione.Meditare i misteri del rosario nella “casa” dellaMadre di Dio vuol dire essere pervasi dal suo“clima” fatto di sacralità, bellezza, silenzio...tutto aiuta ad attingere ed essere permeati dallaGrazia dell’incontro che la Madre ci permettedi avere con Gesù dal quale vogliamo lasciarciguidare: quest’incontro ci rende docili all’azio-ne dello Spirito Santo.

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Santa Cruz do Rio Pardo, 09/11/2009

Caro padre Mauro,

sappiamo bene che non sarebbe possibile cambiare la nostra realtà socialecon iniziative isolate. Ma se uniamo i nostri sforzi, potremo garantire con certezzaun destino migliore ai bambini/adolescenti che bisognosi del nostro aiuto aspettanouna risposta. Il progetto delle “adozioni a distanza” rappresenta realmente una diqueste risposte concrete che per loro daranno buoni frutti.

Ci teniamo a sottolineare quanto é importante il suo lavoro che, nonostante ladistanza, produce notevoli risultati rendendo possibile il sorriso e un camminoconcreto di crescita per molti bambini e per le loro famiglie. Viviamo in un mondoin cui condividere e donare è cosa sempre più difficile e rara. La solidarietà deiPadrini e delle Madrine, di cui Lei è referente, segue una logica diversa eparticolarmente meritoria.

Ci stiamo impegnando a migliorare il nostro sistema di comunicazione conVoi cercando di correggere le inefficienze del passato. A volte si tratta di difficoltà elimiti legati alla problematica realtà umana e sociale in cui stiamo operando perciòcontiamo sempre sulla Vostra benevola comprensione.

In nome di tutta la Direzione del Centro e dei nostri bambini/adolescenti Leesprimiamo la più viva riconoscenza, e La preghiamo di trasmettere questi nostrisentimenti a tutti i Padrini/Madrine e Amici che ci stanno aiutando con la lorogenerosa solidarietà. Cogliamo anche l’occasione per esprimere a Lei e a tutti inostri auguri di un buon Natale e felice Anno Nuovo.

una testimonianza dal BrasileSolo ora ci è giunta questa lettera ufficiale dei nostri Missionari

in Brasile che ringraziano per la campagna di adozioni a distanza

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La mano dell’uomo è un capolavoro, pur nell’apparente semplicità. Stretta a pugno, diventa mar-tello; stretta ed incurvata, assume la forma di scodella; allargata, le dita diventano sostegno al paridi chiodi... La mano: prende, tiene, tira, strappa, liscia, spalma, modella. Diventa arma di difesa e d’offesa.Grazie alla mano, l’uomo è potuto diventare homo faber, l’uomo della tecnica.Ma anche sul piano dell’interiorità la mano è rivelatrice per la sensibilità di cui è dotata e per gliatteggiamenti che assume nei confronti degli altri. Le mani accarezzano le persone, stringono unaod entrambe le altre mani in segno d’amicizia; si protendono con le braccia per accogliere le perso-ne, ma anche respingono e schiaffeggiano... La mano parla da sola, ed insieme rafforza e dona con-sistenza alle parole.

Gesti religiosiSul piano religioso la mano diventa espressiva e con atteggiamenti del tutto originali. Potremmoqualificarli come tipicamente religiosi, giacché non usa strumenti, né s’esprime in gesti di contattofisico con le persone, salvo che per il “segno di pace”.Imponendo le mani, Gesù guarisce i malati (Mc 6,5) e benedice i bambini (Mc 10,16). In nome suogli Apostoli compiranno gli stessi gesti (Mc 16,18; At 5,12; At 14,3). Ancor di più, è mediantel’imposizione delle mani da parte degli Apostoli che è donato lo Spirito santo (At 8,17-19; At 13,3).La Lettera agli Ebrei pone l’imposizione delle mani tra gli “articoli fondamentali” del suo insegna-mento (Ebr 6,2). La Chiesa ha conservato questo segno dell’effusione dello Spirito santo nelle epìclesi (invocazioni)sacramentali.L’atteggiamento religioso della mano è rivolto a Dio trascendente ed invisibile, eppure è quanto mainaturale ed espressivo.La Liturgia e la pietà li conoscono bene.* Mani giunte – Palmo contro palmo, in atteggiamento umile, riverente, raccolto.* Dita incrociate le une nelle altre, ad indicare struggimento interiore, grande dolore.* Mani raccolte sul petto, nel raccoglimento con se stessi. Mani raccolte l’una nell’altra.* Mani alzate con le palme parallele, in segno di lode e d’esultanza, o protese in segno d’invocazio-

ne. (Così pregava Mosè, ed a sua imitazione i primi cristiani, alla maniera cara agli Orientali).* Mano chiusa che batte il petto, in segno di dolore e di pentimento.* Mani benedicenti, con gesto solenne, ampio che raggiunge tutti in tutte le direzioni.

Braccia e mani

catechismo per tutti

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* Mani che afferrano per mano, per donare comunione, pace, amicizia.* Mani imposte sulle Offerte (Messa), per implorare la potenza trasformante dello Spirito santo, o

sulle persone (Ordinazione) a richiamo della grazia santificante del medesimo Spirito.I fedeli conservano per lo più l’uso delle mani giunte, del battersi il petto e dello stringersi la mano.Si va inoltre diffondendo, nei gruppi, il ricorso alle mani alzate. I giovani, nelle liturgie a loro riservate, con i nuovi canti, introducono il battere le mani. L’uso sapiente delle mani, fatto con lentezza, ritmo, sincerità e naturalezza invita alla preghiera, lasostiene, fa germinare sentimenti rispondenti al suo contenuto.

Le braccia dell’oranteNella celebrazione eucaristica, frequentemente – dal saluto iniziale alla benedizione finale –, ilsacerdote allarga le braccia, alza le mani e prega con le braccia aperte.Pregare in piedi a braccia aperte è il gesto di preghiera più naturale ed antico, ed esprime un cuoreche aspetta o riceve l’aiuto dall’Alto. Così pregava Davide: «Signore, ascolta la voce della mia sup-plica, quando ti grido aiuto, quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio» (Sal 27, 2); e consimile gesto Salomone elevò la sua preghiera per la dedicazione del tempio: «Si pose davanti all’al-tare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele, e stese le mani verso il cielo» (IRe 8, 22). I cristiani s’appropriarono di tale gesto, seguendo anche una loro convinzione di fede, bene espressada un’esortazione di Paolo: «Voglio che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielomani pure, senz’ira e senza contese» (lTm 2, 8).I Padri della Chiesa approfondirono il significato di questo gesto collegandolo con le braccia diCristo distese sulla croce; e nel rito bizantino, ogni sera, la Chiesa canta: «Come incenso salga a tela mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera» (Sal 140, 2). È quindi un gesto veramente carico di significato antropologico e spirituale, dalla cui struttura sipuò dedurre qualche sobrio e puntuale suggerimento per la preghiera personale e la partecipazioneattiva alla celebrazione eucaristica.

Simbolo dell’orante a braccia aperteNell’iconografia cristiana, l’orante a braccia aperte compare all’inizio del III secolo sugli affreschidelle catacombe, per significare l’anima del defunto oppure per rappresentare personaggi veterotesta-mentari che, salvati da situazioni di morte, sono considerati, in un certo modo, prototipi del defunto:Noè nell’arca, Abramo ed Isacco, i tre giovani nella fornace, Daniele nella fossa dei leoni... Quindi il tema antico dell’orante, della donna velata con le mani alzate in atteggiamento di preghie-ra simbolo della pietas, dell’anima del defunto, del fedele che si rivolge a Cristo, attraverso lenti

Braccia e mani

passaggi si costituisce come tipo di preghiera, utilizzato dalla Liturgia con varie sfumature di signi-ficato, che possono riferirsi alla vita, all’abbraccio ed alla supplica.* Il tema antico della vita è espresso dalla postura verticale, accentuata dalle braccia aperte; è certa-

mente la ragione principale per cui l’anima del defunto era rappresentata dall’immagine dell’o-rante: significava riconoscerlo e dichiararlo ancora vivo nonostante la morte. Nel contesto della Liturgia cristiana, è dominante il riferimento alla vita che ci è donata da Cristo.Perciò l’atteggiamento dell’orante, assunto dal sacerdote celebrante, significa inequivocabilmentela vittoria di Cristo sulla morte e il dono della vita eterna a tutti coloro che credono in lui.

* Il collegamento delle braccia aperte con il Cristo crocifisso ci fa transitare sulla simbolica d’unamore più forte della morte, che riesce ad affermarsi anche con il sacrificio di sé. SecondoBlondel, la speranza d’essere “abbracciati” da Cristo, d’essere avvolti dalla tenerezza del suoamore, ha il suo fondamento proprio sulla Croce; fondamento dato dalle braccia distese chemostrano quella capacità di soffrire che consente a Cristo d’amarci fino al dono totale di sé: «Eccoil mio Corpo dato per voi; ecco il calice del mio Sangue versato per voi!» (cf i Cor il, 23-26). Anche Giovanni ci presenta il mistero della passione e morte del Signore da quest’angolatura del-l’amore: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questomondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1); el’Eucaristia è esattamente la celebrazione e l’attuazione del mistero pasquale di Cristo.

* Il tema della supplica è il più frequente nei Salmi, ed esce dalle braccia distese quando le manitengono le palme rivolte al cielo: è il tipico gesto del chiedere che esprime indigenza, materiale espirituale; più biblicamente, la fame e la sete di giustizia. Difficile trascurare la promessa di Gesù:«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» (Mt 5,6).Significato spirituale: chiesa orante.Il gesto di pregare in piedi con le braccia aperte ci rende espressione viva non solo del Cristovivente, "Spirito datore di vita" (1 Cor 15,45), ma anche della Chiesa. Nelle catacombe la Chiesa è spesso raffigurata come una donna con le braccia spalancate, inatteggiamento orante. Come Cristo stese le braccia in croce, così per lui, con lui e in lui, la Chiesasi offre ed intercede per tutti gli uomini.Questo vale non solo per il celebrante – che più di tutti ripete questo gesto nell’azione liturgica –,ma anche per ogni fedele che voglia avere il respiro della Chiesa nella sua partecipazioneall’Eucaristia e nella sua preghiera personale. Oggi, nella proclamazione del “Padre Nostro”, spessoi fedeli allargano le braccia, con le palme delle mani rivolte verso il cielo. È un gesto molto espressi-vo, da valorizzare, perché da tutti sia invocato il Signore sull’intera assemblea e sull’umanità, e sicompia così il desiderio del Padre di vedere raccolti i suoi figli attorno al Figlio, divenuto, per il con-senso di Maria, il Primogenito di molti fratelli, che con lui s’orientano verso il Seno del Padre.

Braccia e mani

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18 aprile 2010Bologna

Gentilissimi lettori,quest'anno l'iniziativa è volta a sensibilizzare i fedeli che meditano i misteri del santorosario affinché la loro preghiera sgorghi anche da una percezione reale della situazio-ne dei nostri fratelli in Medio Oriente. Ne parleranno fra Jean-Marie Merigoux op, vissuto molti anni in Irak, e fra GuyTardivy op, superiore del convento di Santo Stefano a Gerusalemme; presiederà fraRiccardo Barile op, priore provinciale. Qui di seguito ecco alcuni passi della letterainviataci da fra Guy Tardivy.

La Segreteria del Convegno

Convegnodel Rosario

Vivere e pregare da cristiani in Medio Oriente

Cari amici,dopo un breve passaggio al Convento di Nizza, dopo parecchi anni di lavoro pastorale a Bordeauxed in Francia nell’apostolato del Rosario, delle Opere mariane, dell’organizzazione e dell’anima-zione dei pellegrinaggi a Lourdes, i miei confratelli domenicani del Convento Santo Stefano diGerusalemme mi hanno eletto priore del loro convento. Il convento di S. Stefano è un luogo santo,in esso nel quinto secolo è stato edificato un monastero ed una basilica in onore del protomartire S.Stefano, del quale gli Atti degli Apostoli narrano la testimonianza della sua morte eroica. IlConvento è anche la sede della famosa scuola biblica ed archeologica che ha prodotto tra l’altro laBibbia di Gerusalemme, uno dei frutti più noti al mondo del lavoro dei Padri Domenicani aGerusalemme.

Fin dal mio arrivo a Gerusalemme ed in Terra Santa, mi sono messo in contatto con le autoritàcivili e religiose di ogni confessione cristiana, e come ero solito fare in Francia, grazie all’aiuto deigiovani studenti cristiani della vecchia Città di Gerusalemme ho potuto conoscere le famiglie diGerusalemme e dintorni e mettermi a loro servizio. E...

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Mi sono trovato in un contesto simile a quello di Santa Bernadette Soubirous di Lourdes: famigliecristiane che abitano nel cuore della vecchia città di Gerusalemme, vicino al Santo Sepolcro e alquartiere Muristan, in condizioni simili a quelle di Bernadette adolescente: due o tre piccole stan-zette per una famiglia numerosa, senza un lavoro stabile che possa garantire una vita dignitosa.

A partire da alcuni giovani cristiani dei quartieri attorno al Santo Sepolcro e del Muristan, haavuto inizio nella città vecchia di Gerusalemme, la messa in atto di questo programma umile emodesto dell’associazione Tuus Totus international con lo scopo di sostenere in particolare i cri-stiani ma anche tutte le persone di buona volontà, senza distinzione di cultura o di religione, pro-muovendo valori e gesti semplici nella vita quotidiana così da cooperare alla realizzazione dellapace e del bene comune, in Terra Santa ed in tutti i paesi. Tutto ciò è riassunto nel detto ‘‘Let Lovebe now’’, ossia: ‘‘L’amore sia adesso’’.

Promuovere e favorire la culturadella comunione in tutte le occasio-ni della vita quotidiana, in umiltà esemplicità, non è forse favorire lagiustizia e il dialogo, elementi es-senziali per la cultura della pace?

fra Guy Tardivy op

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ore 09,30 Ritrovo in piazza San Domenicoore 09,45 Celebrazione “Ora Mariana” ore 11,00 Tavola rotonda di testimonianze sul tema

“Realtà delle comunità cristiane in Medio Oriente”ore 13,00 Pranzo al sacco in un locale del conventoore 14,15 Visita guidata al complesso di San Domenicoore 15,15 Testimonianze: “La preghiera nelle comunità cristiane del Medio Oriente” ore 16,30 S. Messa concelebrata in Basilica, presiede il Padre Priore Provinciale dei

Frati Domenicani del Nord Italiaore 17,15 Momento di Adorazione al SS. Sacramento con benedizione eucaristica.

In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del contoper la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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