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a a p pa ag gi in na a 2 2 9 771827 881004 90418 alle pagine 4 e 5 QUOTIDIANO • DIRETTORE RESPONSABILE: RENZO FOA DIRETTORE DA WASHINGTON: MICHAEL NOVAK Grazie Cia Grazie Cia s se er rv vi iz zi i a al ll le e p pa ag gi in ne e 2 2 e e 3 3 a a p pa ag gi in na a 7 7 a a p pa ag gi in na a 6 6 cronache di di Ferdinando Adornato di Ferdinando Adornato SABATO 18 APRILE 2009 • EURO 1,00 (10,00 CON I QUADERNI) • ANNO XIV • NUMERO 78 • WWW.LIBERAL.IT • CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19.30 Il presidente ribadisce il suo no alla tortura ma, a sorpresa, annuncia che non perseguirà gli agenti che hanno fatto ricorso a tecniche brutali durante gli interrogatori. E in America è polemica Il presidente ribadisce il suo no alla tortura ma, a sorpresa, annuncia che non perseguirà gli agenti che hanno fatto ricorso a tecniche brutali durante gli interrogatori. E in America è polemica ultima idea – giunta dall’inter- no del Popolo della libertà – è stata quella di rinviare di un an- no lo svolgimento del referen- dum elettorale: cioè non accontentare Mario Segni e il professor Giovanni Guz- zetta. Gli unici, o quasi, a insistere per la coincidenza con le elezioni europee del 7 giugno assicurandosi così il raggiungi- mento del quorum (per la serie: ti piace vincere facile). Senza così scontentare completamente la Lega. L ul referendum, delle due l’una: o Berlusconi ha detto una bugia per mascherare il suo piegarsi al- la volontà della Lega, e allora il problema è che siamo di fronte a un premier e a un Pdl che non sono distin- guibili dall’alleato minoritario, oppure è vero che i leghisti hanno minacciato la crisi, e allora il problema è che siamo di fronte ad un governo di larghissima maggioranza che dopo solo un anno di vita è costretto a cedere al ricatto poli- tico per sopravvivere. S ROMA. Occorre porre un freno ai cosiddet- ti “decreti-omnibus”, quei provvedimenti urgenti varati dal governo che poi in Parla- mento si ampliano fino a contenere nume- rose altre norme rispetto a quelle approva- te in Consiglio dei ministri e, soprattutto, molte maggiori spese. È questo il richiamo che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha rivolto con una lettera, data- ta 9 aprile, al presidente del Consiglio Sil- vio Berlusconi, ai presidenti delle Camere Renato Schifani e Gianfranco Fini e al mi- nistro dell’Economia Giulio Tremonti. Solo ieri, però, il testo è stato reso pubblico. Il ri- ferimento del capo dello Stato, in ogni ca- so, è al cosiddetto decreto “incentivi”, ap- provato in via definitiva dal Parlamento l’8 aprile scorso, con una doppia fiducia alla Camera e al Senato. allo spreco all’inciucio: il refe- rendum non fa bene alla politica italiana. Dopo la rivelazione del ricatto, dopo la decisione di spre- care 400 milioni di euro per fare un favo- re alla Lega, ieri è arrivato l’accordo, ta- cito, di spostare di un anno la consulta- zione. Il Pd ha detto subito di sì: si illude di ottenere, in dodici mesi, una nuova legge elettorale in Parlamento. Senza premio di maggioranza. D CITTÀ DEL V ATICANO. Le parole di Bene- detto XVI sull’uso dei preservativi e sul- l’Aids, pronunciate alcune settimane fa du- rante il volo verso l’Africa, sono state usa- te «da alcuni gruppi con un chiaro intento intimidatorio» nell’ambito di una «campa- gna mediatica senza precedenti». L’affer- mazione, durissima, è della Segreteria di Stato vaticana in un comunicato di rispo- sta alla risoluzione del Parlamento del Bel- gio che condannava come «inaccettabili» quelle dichiarazioni del pontefice. Nel co- municato, dai toni insolitamente aspri, la Segreteria di Stato vaticana «prende atto con rammarico» della risoluzione del Par- lamento belga e della conseguente prote- sta ufficiale dell’Ambasciatore belga pres- so la Santa Sede, mercoledì scorso. OBAMA IN VERSIONE BUSH Viaggio tra le biblioteche dell’Aquila che, nonostante diffuse lesioni, hanno retto all’urto “sopravvivendo” a tutte le scosse di terremoto. Terremoto, L’Aquila risorge dai libri di A An nd dr re ea a C Ca ap pa ac cc ci io on ni i a pagina 18 Non è solo una questione di “sprechi” Attenti, è in gioco il futuro dell’Italia Si profila una soluzione “fuori legge”: Pdl e Pd d’accordo per votare nel 2010 Referendum, il pessimo inciucio del rinvio Dura lettera del Capo dello Stato aBerlusconi, Fini e Schifani Napolitano: «Camere e governo oltre i loro poteri» di Renzo Foa a a p pa ag gi in na a 3 3 Chi mente tra i due, il premier o Bossi? Il decisionismo degli indecisi di Enrico Cisnetto di Francesco Capozza «Campagna intimidatoria contro il Papa» Il Vaticano dichiara guerra al Belgio di Gaia Miani L a violenza può avere un effetto sulle nature servili, certamente non sugli spiriti indipendenti Benjamin Jonson

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L a violenza può avere un effetto sulle nature servili, certamente non sugli spiriti indipendenti Chi mente tra i due, il premier o Bossi? QUOTIDIANO • DIRETTORE RESPONSABILE: RENZO FOA DIRETTORE DA WASHINGTON: MICHAEL NOVAK «Campagna intimidatoria contro il Papa» Dura lettera del Capo dello Stato aBerlusconi, Fini e Schifani Si profila una soluzione “fuori legge”: Pdl e Pd d’accordo per votare nel 2010 Non è solo una questione di “sprechi” di Francesco Capozza di Renzo Foa

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ISSN 1827-8817

alle pagine 4 e 5

QUOTIDIANO • DIRETTORE RESPONSABILE: RENZO FOA DIRETTORE DA WASHINGTON: MICHAEL NOVAK

Grazie Cia

Grazie Cia

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cronache di

di Ferdinando Adornatodi Ferdinando Adornato

SABATO 18 APRILE 2009 • EURO 1,00 (10,00 CON I QUADERNI) • ANNO XIV • NUMERO 78 • WWW.LIBERAL.IT • CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19.30

Il presidente ribadisce il suo no alla tortura ma, a sorpresa,

annuncia che non perseguirà gli agentiche hanno fatto ricorso a tecniche brutali durante gli interrogatori.

E in America è polemica

Il presidente ribadisce il suo no alla tortura ma, a sorpresa,

annuncia che non perseguirà gli agentiche hanno fatto ricorso a tecniche brutali durante gli interrogatori.

E in America è polemica

ultima idea – giunta dall’inter-no del Popolo della libertà – èstata quella di rinviare di un an-no lo svolgimento del referen-

dum elettorale: cioè non accontentareMario Segni e il professor Giovanni Guz-zetta. Gli unici, o quasi, a insistere per lacoincidenza con le elezioni europee del 7giugno assicurandosi così il raggiungi-mento del quorum (per la serie: ti piacevincere facile). Senza così scontentarecompletamente la Lega.

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ul referendum, delle due l’una: oBerlusconi ha detto una bugiaper mascherare il suo piegarsi al-la volontà della Lega, e allora il

problema è che siamo di fronte a unpremier e a un Pdl che non sono distin-guibili dall’alleato minoritario, oppureè vero che i leghisti hanno minacciatola crisi, e allora il problema è che siamodi fronte ad un governo di larghissimamaggioranza che dopo solo un anno divita è costretto a cedere al ricatto poli-tico per sopravvivere.

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ROMA. Occorre porre un freno ai cosiddet-ti “decreti-omnibus”, quei provvedimentiurgenti varati dal governo che poi in Parla-mento si ampliano fino a contenere nume-rose altre norme rispetto a quelle approva-te in Consiglio dei ministri e, soprattutto,molte maggiori spese. È questo il richiamoche il presidente della Repubblica GiorgioNapolitano ha rivolto con una lettera, data-ta 9 aprile, al presidente del Consiglio Sil-vio Berlusconi, ai presidenti delle CamereRenato Schifani e Gianfranco Fini e al mi-nistro dell’Economia Giulio Tremonti. Soloieri, però, il testo è stato reso pubblico. Il ri-ferimento del capo dello Stato, in ogni ca-so, è al cosiddetto decreto “incentivi”, ap-provato in via definitiva dal Parlamento l’8aprile scorso, con una doppia fiducia allaCamera e al Senato.

allo spreco all’inciucio: il refe-rendum non fa bene alla politicaitaliana. Dopo la rivelazione delricatto, dopo la decisione di spre-

care 400 milioni di euro per fare un favo-re alla Lega, ieri è arrivato l’accordo, ta-cito, di spostare di un anno la consulta-zione. Il Pd ha detto subito di sì: si illudedi ottenere, in dodici mesi, una nuovalegge elettorale in Parlamento. Senzapremio di maggioranza.

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CITTÀ DEL VATICANO. Le parole di Bene-detto XVI sull’uso dei preservativi e sul-l’Aids, pronunciate alcune settimane fa du-rante il volo verso l’Africa, sono state usa-te «da alcuni gruppi con un chiaro intentointimidatorio» nell’ambito di una «campa-gna mediatica senza precedenti». L’affer-mazione, durissima, è della Segreteria diStato vaticana in un comunicato di rispo-sta alla risoluzione del Parlamento del Bel-gio che condannava come «inaccettabili»quelle dichiarazioni del pontefice. Nel co-municato, dai toni insolitamente aspri, laSegreteria di Stato vaticana «prende attocon rammarico» della risoluzione del Par-lamento belga e della conseguente prote-sta ufficiale dell’Ambasciatore belga pres-so la Santa Sede, mercoledì scorso.

OBAMA IN VERSIONE BUSH

Viaggio tra le biblioteche dell’Aquilache, nonostante diffuse lesioni,

hanno retto all’urto “sopravvivendo”a tutte le scosse di terremoto.

Terremoto, L’Aquilarisorge dai libri

di AAnnddrreeaa CCaappaacccciioonnii a pagina 18

Non è solo una questione di “sprechi”

Attenti, è in giocoil futuro dell’Italia

Si profila una soluzione “fuori legge”:Pdl e Pd d’accordo per votare nel 2010

Referendum,il pessimoinciucio

del rinvio

Dura lettera del Capo dello Stato a Berlusconi, Fini e Schifani

Napolitano:«Camere e governooltre i loro poteri»

di Renzo Foa

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Chi mente tra i due, il premier o Bossi?

Il decisionismodegli indecisi

di Enrico Cisnetto

di Francesco Capozza

«Campagna intimidatoria contro il Papa»

Il Vaticanodichiara guerra

al Belgiodi Gaia Miani

La violenza può avere un effetto sulle nature servili,certamente non sugli spiritiindipendenti

Benjamin Jonson

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pagina 2 • 18 aprile 2009 politicaAzzardi. Dopo la «rivelazione» del ricatto di Bossi, la maggioranza ritrova unità per una soluzione forzata al nodo elettorale

Un inciucio fuori leggeVoto nel 2010: Maroni incaricato di trattare con il Pd (che dice di sì).Ma rinviare il referendum di un anno è una violenza istituzionale

di Franco Insardà

ROMA. Dopo il ricatto e l’alibiarriva l’inciucio. Il Carroccioincassa il no all’election day e ilministro dell’Interno, il leghistaRoberto Maroni, riceve l’incari-co, dopo un vertice di maggio-ranza a Palazzo Grazioli, ditrattare con l’opposizione perrinviare di un anno la data delreferendum. Sarà una trattati-va molto facile a giudicare dal-le dichiarazioni di molti espo-nenti del Pd. Alle iniziali aper-ture di Massimo D’Alema ePierluigi Castagnetti si sonoaggiunte quelle di Vannino Chi-ti, Franco Marini, Ermete Rea-lacci e Linda Lanzillotta. Lagiustificazione è più o meno lastessa: «Il rinvio - ha detto D’A-lema - consente di fare unacampagna per il referendum, eci lascia anche il tempo per lariforma elettorale che il refe-rendum auspica e che forse sipotrebbe fare nel corso di que-st’anno. Resta comunque il ma-le minore, poiché quello che ilgoverno ha fatto, subendo il ri-catto della Lega, è molto gra-ve». Il segretario del Pd, DarioFranceschini, però, al terminedi un incontro con i dirigentiabruzzesi del suo partito, hadetto: «Non commento ipotesie indiscrezioni. Se ci verrà fattauna proposta su questo temanoi risponderemo».

SSuullllee bbaarrrriiccaattee, come eraprevedibile, il vicepresidentedel Senato, Emma Bonino cheparla addirittura di ”propostaeversiva”: «Da Radicali soste-niamo e documenteremo chein Italia è in vigore (e non da

D’Alema e Chiti si illudono di arrivare a una riforma bipartisan

LL’’eennnneessiimmoo ((ggrraavvee)) eerrrroorree ddeell PPddultima idea – giunta dall’interno delPdl – è quella di rinviare di un annolo svolgimento del referendum elet-torale: cioè non accontentare Mario

Segni e Giovanni Guzzetta, gli unici, o quasi,a insistere per la coincidenza con le elezionieuropee del 7 giugno assicurandosi così ilraggiungimento del quorum (per la serie: tipiace vincere facile). Senza così scontentarecompletamente la Lega, convinta invece del-l’utilità della coincidenza con i ballottaggi, il21 giugno, quando si recherà alle urne un elet-torato scarso, stanco e accaldato con una buo-na se non ottima possibilità di mancare lamaggioranza assoluta. E scommettendo sututte le incognite che possono aprirsi in dodi-ci mesi. Per farlo, tuttavia, occorre cambiarela legge elettorale, che prevede il rinvio del re-ferendum nel solo caso di una coincidenzacon il voto politico. Intendiamoci, un decretoper spostare il voto al 21 giugno (i termini dilegge prevedono di celebrare il referendumentro il 15 giugno) è anche possibile, ma spo-stare il voto di un anno è una violazione pale-se della legge senza alcuna ragione. E stupi-sce che anche il Pd corra dietro a questa solu-zione così evidentemente illegale. E per qualefine, poi? Davvero Vannino Chiti crede a quel-lo che ha dichiarato, immaginando che da quial 2010 «il Parlamento con il consenso dellamaggioranza e dell’opposizione approvi unanuova legge elettorale che cancelli l’anomaliitaliana del premio di maggioranza»? Ma inquale paese vive?

IInn aallttrrii tteerrmmiinnii, con la piena complicità deidemocratici, si corre il rischio di ritrovarsi an-cora una volta in una situazione di totale con-fusione, con Silvio Berlusconi costretto ad as-

sumere decisioni solitarie, anche forzando irapporti esistenti nella maggioranza. Parechiaro che qui non si gioca solo al risparmiodi alcune centinaia di milioni di euro: in di-scussione c’è molto altro. Non a caso Massi-mo D’Alema ha colto al volo l’occasione diiniziare a discutere in Parlamento una rifor-ma complessiva della legge elettorale, vistoche – come non ha mancato di dire subito – iltesto presentato da Segni e da Guzzetta è giàdi per sé peggiorativo del «Porcellum» consi-derato al momento il peggior modo di votaree di eleggere le Camere in cui si siano mai im-battuti gli elettori italiani. Si era parlato delreferendum Segni-Guzzetta come dello stru-mento destinato a costruire il bipartitismo inItalia dopo il logoramento del bipolarismo.Ma si era anche detto che con il voto di un an-no fa erano stati gli elettori a scegliere quel si-stema, fondato su due grandi soggetti, uno al-lora guidato da Veltroni e l’altro (tuttora) daBerlusconi.

IIoo nnoonn ssaarreeii ccoossìì certo che la convinzione,certamente maggioritaria nell’aprile scorso, losia ancora oggi. Anzi è probabile che molti ab-biano già cambiato idea dopo aver visto il Pde il Pdl alla prova e, soprattutto, dopo aver vi-sto alla prova gli assetti rappresentati dall’al-leanza Pdl-Lega. Per questo la discussone suicosti del funzionamento della consultazionereferendaria, secondo me, dovrebbe passarein secondo piano rispetto a una discussione,che è necessaria, su quello che accadrebbe sevincessero i «sì» o se prevalessero i «no». Civorrebbero il tempo e lo spazio per farla. Ladiscussione non dovrebbe essere confinatanella semplice contabilità del terremoto, vistoche investe direttamente il futuro dell’Italia.

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oggi) un regime per il quale,da destra a sinistra, l’illegalitàe la negazione di leggi, obbli-ghi e scadenze costituzionali,sono diventati pratica quoti-diana per tutta la classe politi-ca.Tutto, ma proprio tutto, vie-ne piegato e subordinato alleconvenienze tattiche di un’oli-garchia autoreferenziale, sic-ché pare passare per ”norma-le” proposta l’idea, letteral-mente eversiva, che si possarinviare il referendum di unanno solo perché oggi sarebbescomodo sia per la destra cheper la sinistra. In questo modosi calpestano la Costituzione,le leggi, i diritti dei cittadini,del comitato promotore e deifirmatari».

AAnncchhee ll’’UUddcc ddeennuunncciiaa la vio-lazione dei tempi che la leggestabilisce per lo svolgimentodei referendum. «Noi dell’U-nione di centro eravamo e sia-mo - dice Ferdinando Adornato- contrari al merito del quesitoreferendario che, se approvato,restringerebbe ulteriormentegli spazi del pluralismo politi-co. Ma non eravamo e non sia-mo contrari, in ragione del ri-sparmio di risorse pubbliche,all’ipotesi dell’election day. Oraperò guardiamo con estremapreoccupazione alla inutiledrammatizzazione che Berlu-sconi e Bossi stanno facendodella questione, evocando addi-rittura una crisi di governo.Una cosa è per noi semplice echiara: l’esecutivo deve inter-rompere questo balletto di in-certezze e decidere al più pre-sto una data del mese di giu-gno, assumendosi le proprie re-

di Renzo Foa

ROMA. La data più probabile è il 21 giu-gno, ma anche il rinvio di un anno è unaproposta da prendere in considerazione.Un nodo che, almeno stando alle paroledi Berlusconi, ha rischiato di far cadere ilgoverno sotto l’ostracismo della Lega.Oggi, però, è il momento dell’acqua sulfuoco. «Non ho bisogno di mettere Berlu-sconi con le spalle al muro: i nostri rap-porti sono troppo cordiali per cose del ge-nere. A Berlusconi basta chiedere - diceBossi sul sito de La Prealpina - ha dettoquelle cose a uso interno, per tenere l’e-

quilibrio nel Pdl tra Forza Italia e An. Io eSilvio ci intendiamo sempre». Per sbro-gliare la matassa il Pdl ha deciso di daremandato al premier, ai tre coordinatoridel partito (La Russa, Bondi,Verdini) e aElio Vito, ministro per i Rapporti con ilParlamento, di consultare i gruppi del-l’opposizione per valutare l’ipotesi di rin-viare il referendum di un anno o di tene-re la consultazione il 21 giugno. Ieri Mas-simo D’Alema si è detto favorevole alloslittamento al 2010. «E in questa ridda divoci che si inseguono e producono una

di Francesco Capozza

Così Mario Segni a proposito del mancato accorpamento con le Europee

«A Berlusconi è mancato il coraggio»cortina fumogena, noi ribadiamo che nonesistono ragioni per negare l’electionday» è la posizione del presidente del co-mitato promotore del referendum, Gio-vanni Guzzetta.

Onorevole Segni, cosa ne pensalei, che è uno dei “padri” del comi-tato promotore del referendum, ditutta questa bagarre rispetto alquesito sulla legge elettorale davoi proposto?

Per il comitato c’è una sola soluzione ra-gionevole, nell’interesse delle leggi e de-

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18 aprile 2009 • pagina 3politica

al decisionismo. Un decisionismoche sfavilla nelle emergenze (spaz-zatura a Napoli, salvataggio Alita-lia, terremoto d’Abruzzo) e che hala sua nuova liturgia nei “fast Cdm”,i Consigli dei ministri da cinque mi-nuti.

TTuuttttaavviiaa,, aa ffrroonnttee di questo impo-nente apparato “soft”, non è corri-sposto finora un adeguato contrap-passo “hard”. Ogni volta, cioè, che siè trattato di mettere mano non all’e-mergenza ma alle riforme struttura-li, a Palazzo Chigi la luce è rimastaspenta. Pensiamo solo alla questio-ne pensioni, estremamente rappre-sentativa della situazione: riforma

improcrastinabile,come ci viene più epiù volte segnalatoda tutte le autoritàinternazionalipossibili, dall’Fmialla Ue, all’Ocse.Eppure, è stata an-cora una voltamessa nel casset-to. Con un Pdlcompatto sul con-servatorismo me-no coraggioso, econ aperture rifor-

miste, invece, di forze minoritariecome quella dell’Udc di Casini e deiRadicali, e schegge riformiste comeLetta del Pd.Anche in questo caso, come in quel-lo del referendum, si è scelto di nonrischiare. Ma è chiaro che così nonsi può andare avanti: se vuole vera-mente porsi come “statista”, e sevuole seriamente imboccare la stra-da che lo porterà verso la prima ca-rica dello Stato, il premier deve oggismarcarsi e porsi in una posizionedi non-ricattabilità da forze che so-no comunque minoritarie. Ma, so-prattutto, deve necessariamenteaprirsi alle istanze più riformiste delPaese. Solo così ci sarà la quella ve-ra rupture”di cui c’è bisogno. Appli-cando cioè quello spirito costituenteevocato più volte, per esempio, dalpresidente della Camera, Gianfran-co Fini. E smentendo, invece, il pre-sidente francese Sarkozy, che se-condo le indiscrezioni di Libérationavrebbe una grande ammirazioneper Silvio solo perché “ha capito chel’unica cosa che conta è vincere leelezioni”. Non sappiamo se la frasesia vera, ma sappiamo che la veritàè proprio l’opposto. Le elezioni pas-sano, le emergenze finiscono: ma unGoverno degno di questo nome simisura sulle riforme che restano. Ilresto sono solo chiacchiere. Magarielettoralmente paganti, ma pursempre chiacchiere.

(www.enricocisnetto.it)

di Enrico Cisnetto

Le conseguenze delle contraddizioni del premier

Il decisionismodegli indecisi

sponsabilità. Ciò che non appa-re invece pensabile è un rinviodella consultazione al 2010».

IIll CCoommiittaattoo pprroommoottoorree delreferendum mantiene il punto eil costituzionalista GiovanniGuzzetta non usa mezzi termi-ni: «Il referendum non è come ilprezzemolo che si può mettere,togliere o spostare con tuttaquesta leggerezza. Il Comitatopromotore in questo momentoè un potere dello Stato e aspet-tiamo di essere ricevuti dal pre-sidente del Consiglio. È scadutoil termine per l’abbinamento aEuropee e Amministrative sen-za dover modificare la legge invigore. Ora qualsiasi sia la data

scelta sarà necessario un ritoc-co alle norme».Insomma la Bossi tax da 400milioni di euro che agita la mag-gioranza è diventata un’armanelle mani di Berlusconi per te-nere sulla corda i suoi o un ali-bi? Il Carroccio smentisce il Ca-valiere e nega il diktat all’elec-tion day. «La Lega non ha maiminacciato la caduta del gover-no - ha detto Umberto Bossi inun’intervista al quotidiano diVarese la Prealpina -. Silvio hadetto quelle cose ad uso interno,per tenere l’equilibrio nel Pdltra Forza Italia e An. Io e Silvioci intendiamo sempre». Ma ilproblema della data resta: 21giugno o rinvio al 2010?

gli italiani: accorpare il referendum conAmministrative ed Europee. Questa è lasoluzione adottata da tutti i Paesi civilidel mondo, Usa in testa.

Sul tavolo ci sono anche delle alter-native, tra cui la data del 21 giugno,giorno dei ballottaggi.

Qualsiasi altra ipotesi non ha giustifica-zione, l’unica soluzione logica è quelladel 6 e del 7 giugno.

Che idea si è fatto delle parole diBerlusconi, che ha adombrato lapossibilità di una crisi di governocausata dalla Lega?

Quando iniziammo la battaglia referen-daria c’era un governo che ci chiese dinon fare la raccolta delle firme, ma noi lafacemmo. Ci sono cose che vanno fattenell’interesse del Paese.

Berlusconi dice: «Sono d’accordocon l’accorpamento, ma non ho po-

tuto farlo». Come risponde?Forse non ha avuto il coraggio.

E sulla polemica riguardante i costidel referendum e il grosso risparmioche apporterebbe l’accorpamento?

La Lega può dare tutti i numeri che vuo-le, ma i dati sono stati diffusi da Lavoce.info e sono dati mai smentiti,nemmeno da ministero degli Interni.

E cosa pensa del sostegno primaconcesso e poi negato da alcuni au-torevoli esponenti di tutti i partiti?Tra gli altri, il sindaco di Roma Ale-manno e il vicecapogruppo alla Ca-mera, Bocchino...

Siamo abituati a chi cambia idea conti-nuamente. Ma devo dire che, tra le altre,c’è una persona che è stata vicino alla no-stra iniziativa fin dal primo giorno: il pre-sidente della Camera Gianfranco Fini. Enoi, per questo, lo ringraziamo.

Il leader della LegaUmberto Bossi

insieme al premierBerlusconi:

puntano al rinviodel referendum

elettorale al 2010.Sotto, Mario Segni,

del comitato che ha promosso la consultazione

ul referendum, delle due l’u-na: o Berlusconi ha detto unabugia per mascherare il suopiegarsi alla volontà della Le-

ga – come suggerisce lo stesso Bos-si, quando sostiene di non aver maidato alcun aut-aut – e allora il pro-blema è che siamo di fronte a unpremier e a un Pdl che non sono di-stinguibili dall’alleato minoritario,oppure è vero che i leghisti hannominacciato la crisi se si fossero ac-corpate le elezioni europee con ilvoto sulla legge elettorale, e allora ilproblema è che siamo di fronte a ungoverno di larghissima maggioran-za che dopo solo un anno di vita ècostretto a cedere al ricatto politicoper sopravvivere.

NNeellll’’uunnoo ccoommee nell’altro caso,non si tratta di unabella prospettiva.A conferma diquanto scrivevo suquesto giornalesolo qualche gior-no fa: Berlusconimerita la patentedi “nuovo premier”– cioè di statistache sa decidere intermini strategici e non solo diistrionico fronteggiatore di emer-genze – solo se dimostra non solo diessere diverso da Bossi, ma anche esoprattutto se riesce a prescinderne.Il che significa aprire il gioco politi-co in direzione dell’Udc e di quellaparte del Pd che è considerabile unaffidabile interlocutore (penso a En-rico Letta, in primis), mettendo sultavolo il contro-ricatto berlusconia-no alla Lega: «o si fa come dico io ocostruisco una maggioranza senzadi voi». Fantapolitica? Sulla basedella vicenda referendum, bisognadire sì: Berlusconi, che abbia detto omeno la bugia della «crisi di gover-no minacciata», continua a calarsi ipantaloni al cospetto della Lega. Mapotrebbe essere che proprio questopassaggio, avendo fatto chiaramen-te emergere il filo logorato del rap-porto con la Lega, induca il Cavalie-re a riconsiderare le cose. Del resto,non è solo un problema di equilibriinterni alla maggioranza. Anzi, sipuò dire che la “rupture” all’internodella compagine Pdl-Lega è feno-meno residuale di fronte a quelloche è, invece, il grande gap di que-sto Governo, quello di esprime ca-pacità decisionale in termini strut-turali. Soprattutto perché questoesecutivo, uscito dalle urne con unadelle maggioranze più solide delDopoguerra, è stato percepito e diconseguenza premiato dagli elettoriper via di una declamata vocazione

S

Ogni volta che si è trattato di metteremano non all’emergenzama alle riformestrutturali di cui questoPaese ha estremobisogno, a Palazzo Chigila luce è rimasta spenta

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Obama sembra BushObama sembra BushPer la Casa Bianca la Cia e i suoi agenti hanno

agito «in buona fede» e in difesa della democraziadi Pierre Chiartano

memorandum sulla “tortu-ra” sono stati resi pubblici,ma Obama non perseguiràgli agenti Cia coinvolti. I

metodi d’interrogatorio duri,contro i sospetti terroristi, di-ventano così un capitolo chiusodella storia americana. «Un ca-pitolo oscuro e doloroso». Maipiù in futuro, ma nessun pro-cesso per lavare la coscienzadella nazione. La Casa Biancadifende gli uomini che, in buo-na sostanza, hanno agito in di-fesa delle istituzioni. Magaricalcando la mano, in momentiin cui la ricerca d’informazioniera vitale, per evitare tragediecome quella dell’11 settembre2001. Il dipartimento della Giu-stizia americano ha deciso direndere pubblico il documentoche descrive le tecniche d’inter-rogatorio utilizzate da Langley,mentre il presidente era inviaggio in America latina. Larisposta della Casa Bianca nonsi è fatta attendere.

OObbaammaa ha dichiarato che ifunzionari della Cia non saran-no perseguiti per avere usato ilcosiddetto «waterboarding» ealtri metodi di interrogatorio«non convenzionale» contropresunti terroristi, durantel’amministrazione Bush. L’at-tuale presidente Usa, che appe-na entrato in carica aveva vie-tato questi metodi – criticati alivello nazionale e internazio-nale – ha affermato in un co-municato: «È nostra inten-zione assicurare a coloroche hanno svolto il loro do-vere in buona fede e secon-do l’avviso legale del di-partimento della Giusti-zia, che non saranno sog-getti a processo». Tra letecniche utilizzate c’eraanche quella di tenere iprigionieri appesi inpiccole gabbie, privarlidel sonno e sbatterli conviolenza contro le paretidelle celle. Nella prigio-ne di Guantanamo, chesta per essere chiusa,sempre per volontà diObama, secondo un rap-porto «confidenziale»della Croce Rossa – poidiffuso dalla stampa – agliinterrogatori erano pre-senti dei medici. Servivanoa garantire che le tecnicheutilizzate non portassero alla

Imorte del detenuto. «Obama hasolo usato il buon senso. Nonpoteva disconoscere l’azionedell’amministrazione prece-dente, anche perché certe deci-sioni sono state prese col con-senso del dipartimento dellaGiustizia e sull’onda di una ve-ra emergenza nazionale», haspiegato a liberal, il generaleCarlo Jean, esperto di relazioniinternazionali. In Italia mancauna cultura diffusa su cosa si-gnifichi la difesa dello Stato.Quando si parla di certi argo-menti scattano dei meccanismiche appartengo al passato. «È ilconcetto di segretezza e di ope-razioni coperte che è nella na-tura del lavoro di tutti i servizisegreti», ha sottolineato Jean,ciò che spesso non si compren-de. Come nel caso degli interro-gatori non ortodossi che qual-cuno ha definito come “tortu-re”. Ricordiamo, fra questi, an-che il candidato re-pubblicano allepresidenzialiJohn McCain.È un nuovobanco diprova per te-stare il rap-porto tra sicu-

rezza, diritti civili e libertà, inepoca di terrorismo globale.Oppure come nel caso delle rendition, la cattura all’estero

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on è stata una sorpresa che il presi-dente Obama abbia deciso di schier-arsi dalla parte degli avvocati di sin-istra del suo Dipartimento della Gius-

tizia e di pubblicare, a dispetto delleobiezioni mosse al riguardo dai vertici del-l’intelligence, quattro memorandum dell’Of-fice of Legal Counsel (Olc, Ufficio per i PareriLegali) che asseriscono la liceità di certe tec-niche utilizzate negli ultimi anni dagli agentidella Cia durante gli interrogatori nei con-fronti dei terroristi di al Qaeda. Né tan-tomeno è sorprendente vedere quanto ladichiarazione presidenziale rilasciata dallaCasa Bianca risulti essere un miscuglio dimoralismo autocelebrativo e di falsità, parteanch’esse della strategia difensiva del Presi-dente.

LLaa ccoossaa ppiiùù interessante è senza dubbio ladichiarazione con la quale Dennis Blair, di-rettore dell’intelligence nazionale, tenta digiustificare l’operato di Obama – o almeno diinquadrarlo nella «giusta prospettiva». La

prospettiva, il contesto, indica che neimesi successivi agli attentati al

World Trade Center «non ave-vamo compreso chiaramentela natura del nemico con ilquale eravamo chiamati amisurarci, e tutti i nostrisforzi erano rivolti alla pre-venzione contro nuovi attac-

chi che sarebbero costati lavita ad altri cittadini amer-icani. Ed è proprio nel cor-

so di quei mesi che laCia, nel quadro di unagenerale intensifi-cazione dei propri

sforzi al fine di ottenereinformazioni decisive dai

leader di al Qaeda catturati,richiese il permesso di fare uso

di metodi più duri nel corso degliinterrogatori. I memorandum pub-

blicati stabiliscono con assolutachiarezza che i legali dell’Olc avval-larono l’inasprimento dei metodiutilizzati durante gli interrogatori.Blair continua: «Tali pratiche, seprese in esame in un luminoso, so-leggiato e tranquillo giorno d’apriledel 2009, appaiono crude ed inqui-etanti. Come il Presidente ha

chiaramente affermato, e come sia il diret-tore della Cia Panetta che il sottoscritto han-no dichiarato, noi non faremo uso di similitecniche nel futuro. Ma difenderemo in tutti imodi coloro che hanno fatto affidamento suquei memorandum e su quelle linee guida».Dunque: un tempo eravamo in pericolo. Oraal contrario possiamo goderci «un luminoso,soleggiato e tranquillo giorno d’aprile del2009». E proprio ora, aprile 2009, il direttoredell’intelligence nominato da Obama sembradirci che «siamo sicuri».Buone notizie, se fossero vere. E tutto ciò rap-presenterebbe uno straordinario omaggio re-so agli sforzi compiuti dalla precedente am-ministrazione nell’ambito della lotta al ter-rorismo – sforzi che secondo quanto dettoper anni dai Democratici ci avrebbero resomeno sicuri. A ben vedere, sembra che lepolitiche della precedente amministrazioneabbiano funzionato. La minaccia portata daal Qaeda si è dissolta. Ora possiamo permet-terci il lusso della «riflessione», come l’hadefinita il Presidente Obama nella suadichiarazione, il lusso di discutere e deplo-rare quanto abbiamo fatto in quei brutti, vec-chi tempi, in cui vi era una guerra da combat-tere. Dopo tutto «abbiamo vissuto un capitobuio e doloroso della nostra storia». Lasci-amo perderere quanto buio e doloroso quelcapitolo sia effettivamente stato. La doman-da da porsi è diversa: è tutto finito? Il capito-lo in cui dovevamo concentrarci sulla preven-zione contro nuovi attacchi si è realmentechiuso? La guerra contro i jihadisti non èforse ancora in corso?

NNaattuurraallmmeennttee,, Blair ed altri esponenti dispicco dell’amministrazione Obama hannochiarito in ogni occasione che la minacciaterroristica rimane ancora reale e di estremaurgenza. Perché altrimenti il mantenimentoin vigore il programma di sorveglianza del-l’era Bush? Perché altrimenti la decisione diinviare più truppe in Afghanistan e di dispie-gare più ricognitori Predator nel Pakistan?Ma possiamo permetterci un atteggiamentoda «buio e doloroso capitolo» come quello diObama, esemplificato dalle suddette tecniched’interrogatorio nel presente e nel futuro, edil suo esporre e deplorare quanto è stato real-izzato in passato? Possiamo permetterci undirettore dell’intelligence che tenta di giusti-ficare il suo capo dicendoci che siamo sicuri?Siamo in guerra o meno?

N

Il direttore del “Weekly Standard”: «Sarebbero buone notizie, se fossero vere»

SSiiaammoo aannccoorraa iinn gguueerrrraa oo nnoo??di William Kristol

Terrorismo. Resi pubblici dal dipartimento di Giustizia i memorandum di Langley sui metodi d’interrogatorio dei detenuti

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18 aprile 2009 • pagina 5prima pagina

di sospetti terroristi, con il lorotrasferimento in carceri di Pae-si amici, come l’Egitto, dove imetodi d’interrogatorio sonotutt’altro che amichevoli. «Pub-blicando questi documenti in-tendiamo assicurare che gliagenti, che hanno agito in buo-na fede basandosi sul consigliolegale del Dipartimento dellaGiustizia, non saranno messisotto inchiesta», ha sottolineatoObama, spiegando che questo èun momento di «riflessione»,non di «vendetta». Nessunacondanna dunque nonostantel’ammissione della tortura. Idocumenti sono stati resi pub-blici, dopo un intenso dibattitointerno e con alcune censurecriticate dalle associazioni per idiritti umani.

CCoonntteemmppoorraanneeoo anche il di-battito sul piano per la cybersi-curezza, anche questo stilato ri-prendendo le linee guida giaimpostate dall’amministrazioneBush. Dove La National secu-rity agency è stata autorizzata adifendere i sistemi informaticidel governo e del Paese. Un’in-chiesta del New York Times ave-va evidenziato alcune carenzenei metodi d’intercettazione.Una invasione di campo, secon-do molti difensori delle libertàindividuali, cui l’amministrazio-ne ha risposto con un più stret-to coordinamento tra “toghe”americane e agenzie per la si-curezza. Una cifra per capire inuovi confini, sempre più labili,tra law enforcement e intelli-gence. Anche il segretario allaGiustizia, Eric H. Holder haconfermato che «sarebbe ingiu-

a posizione di Obama sulla guerra al terrorismo? Peggioredi quella di Bush». Il titolo che campeggia sulla home pagedel sito della Electronic Frontier Foundation non lasciaspazio a dubbi: la sinistra americana - soprattutto quella

impegnata nella difesa dei “diritti civili” - non ha affatto apprezzato leultime mosse dell’amministrazione Obama sulla war on terror. E lapresa di posizione che, di fatto, assolve l’utilizzo di alcune tecniche di“tortura” durante l’interrogatorio dei prigionieri, è soltanto l’ultimo“strappo”. Forse il più doloroso.«Perché - si chiedono i blogger di Gun Touting Liberal - dovremmo esseresorpresi che Obama si stia comportando così? Non si tratta forse dellostesso personaggio che, da senatore, si era unito al resto dei politici corrot-ti per assicurare l’immunità alle società telefoniche che avevano illegal-mente cooperato con l’amministrazione Bush per distruggere il quartoemendamento?». Il “quarto emendamento”della Costituzione americana èquello che difende il cittadino da «perquisizioni, arresti e confische irragio-nevoli». Ed è il cavallo di battaglia della Aclu (American Civil LibertiesUnion), l’organizzazione della sinistra liberal che più si è battuta contro imetodi utilizzati dall’amministrazione Bush nella war on terror. E che haspinto per rendere pubblici i memorandum sulla “tortura”che ieri hannoacceso il dibattito politico statunitense. Gli organi d’informazione vicini al-la destra non sembrano particolarmente colpiti dalle “rivelazioni”contenu-te nei documenti; e giudicano positivamente la scelta obamiana di non pro-cedere legalmente contro gli «agenti, che hanno agito in buona fede basan-dosi sul consiglio legale del Dipartimento della Giustizia».

SSii ttrraattttaa,, più o meno, della stessa posi-zione tenuta dai media “neutrali” (o pre-sunti tali), che però si concentrano anchesulla decisione del presidente di inter-rompere queste pratiche. Secondo il Wa-shington Post, «l’amministrazione Oba-ma ha agito coraggiosamente e saggia-mente con la sua doppia azione sulla po-litica degli interrogatori. Questa doppiadecisione, che da un lato perdona di fattogli agenti del governo e dall’altra segnalache questi atti non dovranno ripetersi,toccano esattamente le corde giuste». Il Wall Street Journal è d’accordo,

ma solo a metà: «Era certamente diritto del presidente sospende-re queste tecniche, ma la pubblicazione dei documenti (e dunquedelle tecniche stesse) assicura ai terroristi la conoscenza dei limi-ti che il governo americano si è imposto nel cercare di ottenere daloro informazioni,potendo in questo modo calibrare il proprio ad-destramento alla resistenza. E diminuendo, in questo modo, l’effi-cacia di queste tecniche».

MMaa qquueessttee ddiiffffeerreennzzee di opinione sono soltanto sfumature, secomparate alla decisione con cui - da sinistra - si è perso ogniimbarazzo negli attacchi a Barack H. Obama. Uno dei più duri èarrivato da un’icona liberal del piccolo schermo: il conduttore te-levisivo della Msnbc, Keith Olbermann, che si è sempre distintocome una delle voci più critiche (e sguaiate) nei confronti del-l’amministrazione Bush. «Durante la sua corsa alla presidenza -ha detto Olbermann nell’ultima puntata del suo talk show - Oba-ma, che ha insegnato diritto costituzionale all’università di Chi-cago, si era opposto con forza alla concezione dell’autorità ese-cutiva dell’amministrazione Bush, soprattutto nel campo delleintercettazioni illegali delle conversazioni private di cittadiniamericani. Questo era allora. Mentre adesso si comporta così...Benvenuti nell’era del “cambiamento”in cui non è possibile cre-dere». E la posizione di Olbermann non è affatto isolata, vistoche al coro delle critiche si sono presto uniti obamiani di ferrocome l’ex conservatore Andrew Sullivan e Glenn Greenwald

che, su Salon, scrive: «La decisione di Obama rappresenta la stessa for-ma mentis che ha distrutto lo stato di diritto in America e permesso laproliferazione incontrollata della criminalità nella nostra classe dirigen-te. Punire le responsabilità per i crimini commessi dai leader politici nonè “vendetta”, ma semplicemente la legge».

Greenwald:«Punire i criminicommessi dai leaderpolitici non è vendetta,ma solo rispettoper lo stato di diritto»

di Andrea Mancia

La furia della sinistra contro la decisione del presidente

«Ma Barackconosce il Quartoemendamento?»

Nella paginaa fianco,

il presidenteBarack H. Obama.

Sopra, l’expresidente GeorgeW. Bush con il suoprimo segretario

della Difesa,Donald Rumsfeld.

Qui sotto,il generaleCarlo Jean

sto accusare uomini e donnedediti a proteggere l’America,per una condotta che è stata au-torizzata dallo stesso diparti-mento della Giustizia».Nei quattro memorandum resipubblici, si descrivono le tecni-che di interrogatorio che sonostate utilizzate su più di unadozzina di detenuti, consideratifonti di intelligence particolar-mente «elevate», a seguito degliattentati dell’11 settembre del2001. Scritti tra il 2002 e il 2005sono stati la base legale su cuil’amministrazione Bush ha au-torizzato i metodi nonconvenzionali per “far par-lare” i sospetti terroristi.Numerose le reazioni ne-gative delle associazioniper i diritti civili. «È unpessimo segnale per il ri-spetto dei diritti umani, so-prattutto nei Paesi del Ter-zo mondo» è il commento,ripreso da Ap, di MoazzanBegg, cittadino britannicoe ospite per un bienniodella prigione di Gitmo.Della stessa opinione an-che Hafez Abu Saad, del-l’Organization for HumanRights al Cairo. Sull’altrofronte, Michael Hayden al-lora direttore della Com-pany a Langley, non si èdimostrato entusiasta del-l’inizitiva della Casa Bian-ca: «Ora i servizi segretidei Paesi alleati sarannoriluttanti a condividere infor-mazioni con noi».Hayden ha poi sottolineato co-me il lavoro di spionaggio siasempre un’attività che corre«lungo il confine della legge».

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ROMA. Continua il trend negativo perfatturato e ordinativi dell’industriaitaliana, anche se l’Istat rileva un lie-ve rallentamento rispetto a gennaio,quando la diminuzione tendenzialedel fatturato era stata del 25,5%. Indettaglio, il fatturato è calato del3,1% rispetto a gennaio e del 24,6%su base annua. In particolare, segnalaancora l’Istat, il fatturato è diminuitodel 3% sul mercato interno e del 3,5%su quello estero,mentre gli ordinati-vi hanno registratoun calo dell’1,5%su base mensile edel 32,7% tenden-ziale, con una fles-sione del 4,1% per quelli nazionali eun aumento del 3,5% per quelli esteri.Nel confronto degli ultimi tre mesi(dicembre-febbraio) con quelli imme-diatamente precedenti (settembre-no-vembre), la variazione congiunturaleè stata pari a meno 10,7%, con l’indi-ce del fatturato corretto per gli effetti

di calendario che ha registrato unadiminuzione tendenziale del 23,9%,mentre nel raffronto tendenziale rela-tivo al periodo gennaio-febbraio, l’in-dice del fatturato ha segnato una va-riazione negativa del 22,1%.

GGllii iinnddiiccii ddeessttaaggiioonnaalliizzzzaattii del fat-turato per raggruppamenti principalidi industrie hanno segnato variazionicongiunturali negative del 5,3% per

l’energia, del 4,2% per i beni interme-di, del 2% per i beni strumentali e del2,4% per i beni di consumo. Insom-ma, il panorama è negativo un po’ intutti i fronti della spesa in questo pe-riodo di difficoltà generali. Infatti, perquanto riguarda le diminuzioni ten-denziali, a febbraio i beni intermedi

registrano un 32,6%, l’energia il31,6%, i beni strumentali il 24% e ibeni di consumo il 9,7%.

RRiissppeettttoo aa ffeebbbbrraaiioo del 2008, prose-gue l’Istat, l’indice del fatturato corret-to per gli effetti di calendario, le dimi-nuzioni più significative si notano nelsettore della metallurgia e della fab-bricazione di prodotti in metallo,esclusi macchine e impianti (-37,2%) edella fabbricazione di coke e prodottipetroliferi raffinati (-32,5%). Le varia-zioni negative più marcate dell’indicegrezzo degli ordinativi hanno riguar-dato la fabbricazione di mezzi di tra-sporto, con un meno 57,9%, e la metal-lurgia e la fabbricazione di prodotti inmetallo, eccetto esclusi macchine eimpianti (-40,7%). Infine, il fatturatodell’industria dell’auto è calato a feb-braio del 34,2% per la componente na-zionale e del 43,9% per quella estera,mentre per gli ordinativi a livello na-zionale il calo è stato del 29,6% e in-ternazionale del 25,4%.

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CITTÀ DEL VATICANO. Le paroledi papa Benedetto XVI sull’uso

dei preservativi e sull’Aids,pronunciate alcune settima-ne fa durante il volo che loavrebbe portato in Africa,

sono state usate «da alcu-ni gruppi con un chiarointento intimidatorio»nell’ambito di una«campagna mediaticasenza precedenti». Lo

afferma la Segreteria diStato vaticana, in un co-

municato di risposta alla riso-luzione del Parlamento del Belgioche condannava come «inaccettabi-li» quelle dichiarazioni del pontefi-

ce. Nel comunicato, dai toni insoli-tamente aspri, la Segreteria diStato vaticana «prende atto conrammarico» della risoluzione delParlamento belga e della conse-guente protesta ufficiale del-l’Ambasciatore belga presso laSanta Sede, avvenuta duranteun incontro dello scorso 15 apri-le. Quello della protesta, secon-do il comunicato, è un passo «in-consueto nelle relazioni diplo-matiche tra la Santa Sede e ilRegno del Belgio».

LLaa SSeeggrreetteerriiaa ddii SSttaattoo vati-cana, quindi, «deplora che unaAssemblea Parlamentare ab-bia creduto opportuno di criti-care il Santo Padre, sulla basedi un estratto d’intervista tron-cato e isolato dal contesto, cheè stato usato da alcuni gruppi

con un chiaro intento intimidatorio, quasia dissuadere il Papa dall’esprimersi inmerito ad alcuni temi, la cui rilevanza mo-rale è ovvia, e di insegnare la dottrina del-la Chiesa». Inoltre, il Vaticano ribadisceche proprio mentre «in alcuni Paesi d’Eu-ropa, si scatenava una campagna mediati-ca senza precedenti sul valore preponde-rante, per non dire esclusivo, del profilat-tico nella lotta contro l’Aids, è confortan-te costatare che le considerazioni di ordi-ne morale sviluppate dal Santo Padre so-no state capite e apprezzate, in particola-re dagli africani e dai veri amici dell’Afri-ca, nonché da alcuni membri della comu-

nità scientifica». A questo proposito, lanota vaticana cita una recente dichiara-zione della Conferenza Episcopale Regio-nale dell’Africa dell’Ovest (Cerao), che af-ferma: «Siamo grati per il messaggio disperanza che [il Santo Padre] è venuto adaffidarci in Camerun e in Angola. È venu-to a incoraggiarci a vivere uniti, riconci-liati nella giustizia e la pace, affinché laChiesa in Africa sia lei stessa una fiammaardente di speranza per la vita di tutto ilcontinente. E lo ringraziamo per aver ri-proposto a tutti, con sfumatura, chiarezzae acume, l’insegnamento comune dellaChiesa in materia di pastorale dei malatidi Aids». Sulla stessa lunghezza d’onda,anche il cardinale africano Francis Arinzeche era nel seguito di Benedetto XVI inCamerun e Angola, che ha denunciato co-

me «contro il Papa durante il suo recenteviaggio in Africa è stata scatenata una in-degna gazzarra mediatica alla quale si so-no associati alcuni Paesi europei. Un fattodisgustoso poco rispettoso dell’africa edel Pontefice». Il porporato, per altro, haredatto una sorta di viaggio per il mensilecattolico «30Giorni» diretto da Giulio An-dreotti. «Durante il volo il Papa, come èconsuetudine - scrive Arinze al principiodel suo resoconto - si concede ai giornali-sti. Una sua frase sul cosiddetto preserva-tivo verrà presa a pretesto per inscenareuna gazzarra mediatica a cui si assoce-ranno anche alcuni governi europei. Uno

spettacolo indegno. Ma ilviaggio del Papa è un’al-tra cosa». Ancora il cardi-nale africano torna sul-l’argomento nella parteconclusiva del suo diario.«Purtroppo nella stra-

grande maggioranza dei media occiden-tali è stato rappresentato un altro viaggiorispetto a quello vissuto. Un fato disgusto-so. Poco rispettoso del Papa e poco rispet-toso dell’Africa, che merita tutt’altro trat-tamento».

PPeerr llaa SSaannttaa SSeeddee, infine, BenedettoXVI, con la sua risposta ha voluto mostra-re come la soluzione alla questione del-l’Aids sia da ricercare in due direzioni:«Da una parte nell’umanizzazione dellasessualità e, dall’altra, in una autenticaamicizia e disponibilità nei confronti dellepersone sofferenti, sottolineando anchel’impegno della Chiesa in ambedue gli am-biti». «Senza tale dimensione morale ededucativa - afferma la Segreteria di Stato -la battaglia contro l’Aids non sarà vinta».

di Andrea Ottieri

Gli affari complessivi del settore auto sonocalati del 34,2%, in attesa del prevedibileboom di marzo dovuto alla rottamazione

L’Istat rende noti i numeri di febbraio: il fatturato è calato del 3,1% rispetto a gennaio e del 24,6% su base annua

Sempre in discesa i dati dell’industria italiana

La polemica riguarda ancora le affermazionifatte in Africa da Benedetto XVI sui preservativi e sulla prevenzione

Aids, scontro tra Vaticano e BelgioLa Santa sede denuncia una «campagna intimidatoria contro il Papa»

di Gaia Miani

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18 aprile 2009 • pagina 7diarioBettini dice di no a FranceschiniL’Udc presenta Vittorio Sgarbi

Caos nel Pdper le

candidaturealle Europee

ROMA. Riguardo alla lettera di richiamo data-ta 9 aprile che il presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano, ha indirizzato al presi-dente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ai pre-sidenti delle Camere, Renato Schifani e Gian-franco Fini, e al ministro dell’Economia GiulioTremonti, il capo dello Stato ha ricordato chenon si tratta del primo caso del genere e anzirammenta di essere intervenuto egli stesso inpassato sulla delicata questione della emenda-bilità dei decreti legge.Il richiamo del Presidente della Repubblica èai rigorosi limiti imposti dalla Costituzione. Ilcentro della questione posta è che la scelta disottoporre per la promulgazione al presidentedella Repubblica un decreto in prossimità del-la scadenza, soprattutto se si tratta di un prov-vedimento modificato in modo sostanziale,non consente l’esercizio dei poteri di garanziache la Costituzio-ne ha previstoper la prima cari-ca dello Stato.Napolitano nellamissiva ha ricor-dato che è sem-pre a lui che la carta costituzionale affida ilcompito di verificare i requisiti di necessità eurgenza, così come di valutare se intervenga-no oneri aggiuntivi.

LL’’iinnvviittoo èè dduunnqquuee quello a non far manca-re la preventiva determinazione dei contenu-ti della manovra nel testo originariamenteapprovato dal governo, perché questo espo-ne a una dilatazione della facoltà di emenda-mento ben al di là del criterio dell’attinenzadell’oggetto del decreto. Fra le conseguenze,elenca Napolitano, quello dell’allungamentodei tempi dell’esame e dell’approvazione eun difficile vaglio del governo per quanto ri-guarda il contenuto degli emendamenti, apartire dal loro impatto finanziario. L’ultimoappello di Napolitano, rivolto a premier, go-verno e presidenti delle Camere, è quello dicollaborare per garantire nel modo più effi-cace il funzionamento delle istituzioni. Unadoccia fredda per il presidente del Consiglio,arrivata proprio nelle ore in cui, dopo aver ri-schiato la crisi con la Lega sul referendum, il

governo si appresta a far slittare di un annola data di convocazione dei comizi sul quesi-to referendario. Un boccone amaro, dunque,che non è però una novità nei rapporti tral’inquilino di palazzo Chigi e il presidentedella Repubblica. Lo stesso Napolitano, co-me ricordato, ha precisato nella missiva pre-sidenziale che già in passato era stata suapremura richiamare l’esecutivo sul tasto do-lente dei decreti legge.

NNoonn ppuuòò nnoonn tornare alla memoria la violen-ta polemica tra il colle e Berlusconi sul cosid-detto “decreto salva-Eluana”. Allora si era sfio-rato il vero e proprio conflitto tra le due altecariche dello stato. Solo l’intercessione del fi-dato Gianni Letta (con la complicità del segre-tario generale del Quirinale, Donato Marra)aveva consentito il rientro alla normalità nei

rapporti tra pre-mier e capo delloStato. C’è da giu-rare che in unmomento comequesto, in cui Sil-vio Berlusconi si

sta giocando il suo futuro e, come dicono alcu-ni «la sua pagina nei libri di storia» sulla rico-struzione de L’Aquila, un richiamo così severodalla più alta carica dello Stato non può cheessere lesivo della su immagine. Ma c’è un al-tro particolare che a Berlusconi deve aver da-to particolare fastidio, e cioè il fatto che la let-tera non sia stata indirizzata solo a lui ( e,eventualmente al titolare del dicastero dell’E-conomia Tremonti), ma anche ai presidenti deidue rami del parlamento.

DDaa RReennaattoo SScchhiiffaannii il premier può certa-mente aspettarsi appoggio, ma così certa-mente non è da Gianfranco Fini. Le cronacherecenti, infatti, sono piene di tirate d’orec-chio fatte dal titolare del più alto scranno diMontecitorio al capo del governo e, c’è dacredere, anche quest’occasione sarà ghiottaper Fini per far vibrare la sua voce super par-tes a difesa delle prerogative parlamentari.Dopo una Pasqua di resurrezione, una pente-coste di passione sembra attendere il presi-dente del Consiglio.

ROMA. Le candidature per leprossime elezioni europee agi-tano le acque nel Pd. In primis,con l’auto-esclusione di Goffre-do Bettini che ha commentato:«Avremo il modo, dopo le proveelettorali, di discutere e con-frontarci in modo sereno maschietto. Come prevede lo statu-to, infatti, a ottobre si svolgerà ilnostro congresso nazionale».Bettini fa poi i suoi «migliori au-guri al bravo David Sassoli cheguiderà nella circoscrizionecentro la nostra lista». Il giorna-lista del Tg1 ha infatti accettatola proposta di Dario Franceschi-ni di correre per un seggio alparlamento europeo. Decisionesalutata positivamente ancheda Giorgio Merlo: «La candida-tura di David Sassoli alle euro-

pee è utile e positiva». Sempreper il Pd, è in forse la candidatu-ra di Enzo Bianco mentre po-trebbe essere Rita Borsellino, lasorella del magistrato uccisodalla mafia, a correre come ca-polista in Sicilia. Oggi, comun-que, Franceschini incontrerà icandidati del Pd alle Ammini-strative e gli amministratori lo-cali del partito aprendo a Cine-città la campagna elettorale.Sempre oggi, l’Italia dei Valoriaprirà a Roma la campagnaelettorale per le elezioni ammi-nistrative ed europee con i can-didati già presentati nelle scorsesettimane, come Luigi De Ma-giastris, Sonia Alfano e GianniVattimo. Ieri, invece, VittorioSgrabi ha annunciato che sicandiderà con l’Udc. «C’è statoun dialogo per questa candida-tura, ritenuta giusta e non in-coerente con le mie e con le loroposizioni politiche».

Lunedì via alla conferenza: nonci sarà neanche la Germania

Frattini insiste«Niente

Durban 2 per l’Italia»

ROMA. L’Italia mantiene la suadecisione (già annunciata alcu-ne settimane fa) di non parteci-pare al negoziato in vista dellaConferenza sul razzismo e laxenofobia che si aprirà lunedì aGinevra. Per il ministro degliEsteri, Franco Frattini, a tregiorni dall’inizio della «Durban2», il governo ritiene che «nonvi siano le condizioni per rien-trare nel negoziato». Ieri, nelcorso di una conferenza stam-pa a Roma sulla minaccia dellaproliferazione nucleare, Fratti-ni ha spiegato di averne parlatocon i colleghi di Gran Breta-gna, Francia, Germania, Dani-marca e Olanda e di aver tenu-to fermo il punto sulle «conclu-sioni inaccettabili» di Durban1, soprattutto in riferimento al-l’Olocausto e alla «libertà diespressione, che non è suffi-cientemente garantita». Il capodella diplomazia italiana ha as-sicurato che resta «impegnatocon i colleghi europei fino al-l’ultima ora per possibili modi-fiche» nella bozza di Durban 2,ma ha aggiunto che «non vi so-no ad oggi le condizioni perrientrare nel negoziato».

DDaall ccaannttoo pprroopprriioo, neancheil governo tedesco parteciperàalla conferenza internazionalesul razzismo. Così, almeno, hatitolato ieri il quotidiano «dieWelt» citando fonti ufficiose

vicine al governo, aggiungen-do che «anche altri Paesi Uedecideranno di boicottare laconferenza». Sarebbe la primavolta che Berlino disdice lasua presenza a una conferen-za delle Nazioni Unite. Unportavoce del ministero degliEsteri, precisa la Welt, ha spie-gato che la decisione ufficialedeve ancora essere presa. Maè certo che «senza il rispettodelle cosiddette linee rosseuna partecipazione non saràpossibile». Per «linee rosse» ilministero degli Esteri tedescointende una presa di posizioneunilaterale contro Israele el’Occidente, così come era sta-ta stata rappresentata dallaconferenza del 2001 a Durban,in Sudafrica.

Napolitano attacca:governo, troppi decreti

Lettera a Berlusconi e ai presidenti delle Cameredi Francesco Capozza

Il Quirinale fa riferimento al testo sugli incentivi che prevede norme e spese diverse da quelle decise dal cdm

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pagina 8 • 18 aprile 2009 economia

di Francesco Pacifico

ROMA. Sembra sempre più prossimo l’ac-cordo tra Fiat e Chrysler. Lo si comprendeanche dalle notizie e dalla pressioni che sifanno in America verso i due maggioriostacoli a questo deal: le banche e i sinda-cati che, rispettivamente, reclamano credi-ti per 6,9 e 10,6 miliardi di euro.Come per le banche, Chrysler e l’ammini-strazione americana sarebbero pronte afar entrare anche i sindacati nella futuracompagine azionaria.A quanto pare non cisarebbe altra strada per dare garanzie allaUaw sui 10,6 miliardi di crediti per l’assi-stenza sanitaria. Il tutto, va da sé, con ilplacet di Sergio Marchionne.

LLoo sscceennaarriioo descritto da Automotivenews piace al mercato: ieri il titolo Fiat hatoccato quota 7,6 euro ed è salito del 7,18per cento. Ma la notizia che fa sperare èun’altra: in una mail ai propri dipendentiBob Nardelli, attuale Ceo di Chrysler, hafatto sapere che il suo successore «saràselezionato dal nuovo board, dal gover-no e dalla Fiat». E che sia Marchion-ne o un altro, sembra secondario.Nardelli ha poi aggiunto che nelprossimo Cda «la maggioranzadei consiglieri sarà indipen-dente»: schema che raffred-da i timori sul peso delLingotto e che si appli-ca perfettamente allerealtà con capitalediffuso.Banche, sindacatie i due costrutto-ri uniti in unoschema socie-tario che rical-ca il capitali-smo renano,pur di salva-re la terzasorella di

Multinazionali. La continua girandola di voci sull’accordo e il sì del governo americano fa volare in alto in Borsa il titolo del Lingotto

L’asse Torino-DetroitIl Cda della nuova Chrysler sarà deciso insieme

dalla Fiat e dall’amministrazione di Washington

Detroit. E di mettere le mani sui 6 miliardiventilati dalla Casa Bianca. Qualcosa inpiù si capirà la prossima settimana, vistoche lunedì riprendono i tavoli sindacalicon le rappresentanze dei lavoratori inAmerica e in Canada. Ai quali Marchionnechiedi sacrifici in termine di orari e salari.L’unica certezza è l’azzeramento delle quo-te in Chrysler del fondo Cerberus e diDaimler. Anche perché tornano in gioco lemacchine per il movimento per la terra e aiveicoli commerciali. Si potrebbe tornare aparlare anche di questi asset, qualora spin-gessero il governo americano ad aumenta-re gli aiuti all’azienda di Detroit.Difficile pare previsioni anche sui tempi:se tra 48 ore riaprono i tavoli sindacali,mercoledì il management Fiat presenta aTorino la prima trimestrale del 2009, gio-vedì incontra i sindacati italiani, preoccu-pati dalle ipotesi di delocalizzazione. Nona caso ieri Luca Cordero di Montezemoloha dichiarato: «L’unica cosa da dire adessoè di lasciar lavorare Marchionne e i suoicollaboratori per vedere se c’è la possibi-lità di arrivare a una soluzione entro la fi-ne del mese». Cioè entro il termine del 30aprile concesso a Chrysler da Obama.Che la trattativa sia sempre più dura e chele opzioni cambino a velocità vorticosa, lodimostra una precisazione del presidenteFiat sul ruolo del sindacato e sulle ipotesidi cogestione in Italia come all’estero: «Secome metodo di lavoro si intende il dialogotra banche, sindacato e imprese, come staavvenendo sul caso Chrysler, lo auspico.Ma non ho mai parlato di presenza del sin-dacato nell’azionariato».Seppure si avvia alla soluzione il nodo sin-dacati, sulla strada dello sbarco della Fiat aDetroit si frappongono sempre le banchecreditrici della casa americana. Che conti-nuano a non voler fare sconti al governosulle pendenze dell’azienda.La prossima settimana il pool di istituti ca-peggiato da JPMorgan, Citigroup, MorganStanley e Goldman Sachs renderanno no-to il loro piano per la ristrutturazione del

on sono trascorsi moltianni da quando la Fiatera considerata un’a-zienda con le ore conta-

te. La dinastia degli Agnelli sene era andata senza lasciareeredi. Il gruppo torinese era fini-to nelle mani dei manager, mastentava a risollevarsi. Nei talk

show, mute vocianti di sin-dacalisti, inferociti perchéimpotenti, infierivano sul-

la crisi con l’obiettivo,spesso reso esplicito, di na-

zionalizzare l’industriadell’auto, il cui manage-

ment era considerato inca-pace di pilotare il gruppo fuoridelle difficoltà. Anche il piùscalcinato capolega di Mirafiori,intervistato dal cronista di unbollettino parrocchiale, si senti-va autorizzato ad irridere ai«nuovi prodotti» che la Fiat in-tendeva immettere sul mercato,perché ritenuti troppo simili aivecchi. Decine di analisti di poli-tiche industriali (gli stessi cheadesso non sono in grado dispiegarne il successo) eranopronti a commentare i tanti er-rori dell’azienda.

OOggggii –– ccoonn uunn mmiixx di sorpresa,interesse e curiosità – assistia-mo ad un evento che nessunoavrebbe mai osato immaginare:se l’industria dell’auto statuni-tense (quella che negli anni ’80Reagan salvò dall’aggressionegiapponese) avrà un futuro, laFiat giocherà un ruolo decisivo.L’Amministrazione Usa vede dibuon occhio la joint venture trail gruppo di Torino e la Chryslere intende affidare a Sergio Mar-chionne (l’uomo della Provvi-denza?) un compito primarionella governance della nuovacorporation. Per portare a termi-ne l’operazione si è in attesa del-la conclusione del confronto conle organizzazioni sindacali

d’Oltreatlantico a cui èstata richiesta unariduzione del costo

del lavoro in cambio di unamaggiore quota di azioni dete-nute dai lavoratori, allo scopo dicointeressarli al buon esito del-l’affare. Come può – si doman-dano in molti – un’azienda co-me la Fiat accollarsi un’impresatanto impegnativa da essereportata avanti tra grandi colossiin grave difficoltà? Pare che lascelta di Barack Obama sia sta-ta dettata da un altro fatto digrande rilievo: la Fiat è, al mon-do, una delle imprese più quali-ficate nella ricerca e nella co-struzione dell’auto pulita (che èpoi un elemento essenziale dellastrategia ecologista di Obama).

IInnssoommmmaa,, llaa nnoottiizziiaa c’è: spe-riamo che le cose vadano avanticorrettamente perché la Fiat nonè più un gruppo italiano, ma unagrande holding multinazionale,con stabilimenti in Europa e nelMondo. Anche su questi assetti,negli anni scorsi, si è fatta tantaironia a buon mercato. Si è dettoe scritto che era fallito il tentati-vo di esportare in America Lati-na il modello italiano impostatosulle utilitarie a basso costo, perscoprire invece che è proprioquesto il segmento (lo si vedeanche da come gli utenti hannoreagito agli incentivi introdottidal decreto sui settori in crisi danoi) che è in grado di assicurarela conquista di nuovi ambiti dimercato, mentre le cilindrate piùimportanti sono destinate a co-prire zone comunque di nicchia.In sostanza, una multinazionalecon salde radici italiane ed euro-pee sbarca in America e tenta diassumere la guida dell’interosettore verso un cambio di stra-tegie e di prodotti. E i sindacati ?Quelli americani negoziano;sanno di dover chiedere dei sa-crifici ai lavoratori ma lo faran-no. I nostri balbettano. I leaderitaliani non riescono a vedere ol-tre quello che si può osservaredalle finestre del proprio ufficio.«Lamerica» è lontana.

Ndi Giuliano Cazzola

Che cosa diranno, adesso, i professionisti italiani del no?

Dal Sudamerica a «Lamerica»

L’asse Torino-Detroit

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18 aprile 2009 • pagina 9economia

di Vincenzo Bacarani

Qui sopra, Sergio Marchionne.

A sinistra, l’ad di Chrysler Bob Nardelli. Nella pagina

a fianco Barack Obama

che sponsorizza l’accordo con Fiat

Fismic, Fiom e Uilm bocciano la proposta-Marchionne

Sindacati azionisti?In Italia coro di “no”TORINO. Sindacati azionisti nelnuovo gigante mondiale dell’auto,Fiat-Chrysler? La proposta della ca-sa del Lingotto che mira a respon-sabilizzare i rappresentanti dei la-voratori - ma soprattutto a ridurrein maniera sostanziosa l’elevato co-sto del lavoro - ha spiazzato la po-tente organizzazione statunitensedei metalmeccanici, la UnitedWorkers Association, che tuttaviaappare propensa ad accettare l’inu-suale proposta dell’amministratoredelegato della Fiat, Sergio Mar-chionne.

LLaa ttaattttiiccaa spregiudicata e innova-tiva del responsabile del Lingotto ri-sponde tuttavia a precisi criteri ma-nageriali. Gli operai americani han-no costi molto elevati per le aziende,tanto che la loro paga individualegiornaliera è superiore di 25 dollaririspetto, ad esempio, a quella di undipendente della Toyota americana.Tuttavia, a differenza di quanto ac-cade in Italia, l’elevato costo del la-voro non è dovuto alle tasse, quantoai cosiddetti “be-nefits” o agevola-zioni che il Cippu-ti made in Usa ri-ceve: pensione,assicurazioneinfortuni, assi-stenza sanitariainfatti sono tutte a carico dell’azien-da di cui l’operaio è dipendente. Ilcoinvolgimento dei sindacati nellagestione concreta del capitale, se-condo l’azienda torinese, è l’unicamossa possibile al momento perevitare drammatici tagli occupazio-nali nell’operazione Fiat-Chrysler eper garantire in futuro una più ocu-lata gestione dei “benefits”con con-seguenti risparmi.Ma si tratta di un modello che nonpiace affatto ai sindacalisti italiani,nemmeno a quelli meno radicali.Per Roberto Di Maulo, segretariogenerale dell’organizzazione auto-noma Fismic (di grande peso inFiat), si tratta di un modello non im-portabile nel nostro Paese. «Sonopiù propenso – afferma il leader del-la Fismic – a un sistema di co-parte-cipazione dei lavoratori alla vitadell’azienda, come avviene in Ger-mania. Non credo a una via ameri-cana per il nostro sindacato». Se-condo Di Maulo, in Italia bastereb-be applicare la Costituzione, cheparla di un concreto coinvolgimen-to dei lavoratori nelle aziende. «Unaforma di partecipazione soprattuttonegli organismi di controllo, manon una partecipazione al capita-le». Per quest’ultima, aggiunge Ro-berto Di Maulo con vena polemica,«abbiamo avuto in passato e abbia-

mo tutt’ora il modello Emilia-Ro-magna (cooperative, banche ecc.ndr) e quello basta».

LLaa FFiioomm bboocccciiaa senza mezzi ter-mini l’ipotesi. «I sindacati non devo-no sedere nel consiglio d’ammini-strazione di un’azienda»,dice a libe-ral Fausto Durante, segretario na-zionale responsabile della compo-nentistica auto dell’organizzazionedella Cgil. «Ci sarebbe un contrastodi interessi. Penso piuttosto a mec-canismi che consentano alle orga-nizzazioni dei lavoratori di averepoteri di indirizzo sulle scelte strate-giche. Questo sarebbe il modo mi-gliore di affrontare le crisi senzamescolare le carte in tavola».Antonino Regazzi, segretario gene-rale della Uilm, ritiene che il proble-ma effettivo statunitense sia proprioil costo del lavoro. «Un operaio diun’industria americana negli Usacosta di più rispetto a un americanodipendente di un’azienda non statu-nitense e questo per vari motivi le-gati al modello di società che c’è ol-

tre oceano. Ma direi che, al momen-to, la proposta di Marchionne nonsia importabile in Italia almeno fin-ché non vengano emanate nuovenorme che diano certezze sulle mo-dalità con cui viene regolato il credi-to». Quindi non un “no” assoluto, aprescindere, da parte della Uilm,ma certamente un potente colpo difreno all’ipotesi. «Finché non ci sa-ranno – conclude Regazzi – regoleche diano precise garanzie e, al mo-mento, non ci sono. Dunque, sì a co-partecipazione, ma fermiamoci qui.Il nostro costo del lavoro è dovutoalla pressione fiscale e non al sala-rio dell’operaio».

Le parti sociali concordano però su un punto: partecipare alla vita e alle scelte strategichedell’azienda, senza entrare nel capitale

debito. Va da sé chesarà molto differen-te da quello presen-tato dalla CasaBianca e che preve-deva un rimborso diun miliardo sui 6,9totali.L’amministrazioneUsa basa la sua mo-ral suasion sui fondiaccordati nel pianoTarp (Troubled As-set Relief Program). Ma se sarà troppo tira-ta la corda in questo gioco di ricatti, gli isti-tuti potrebbero anche restituire gli aiuti fi-nora ricevuti.Con un fallimento pilotato le banche, an-che se in tempi lunghi, potrebbero recupe-rare buona parte dei finanziamenti conces-si negli anni a Chrysler. Ma in questo sce-nario il governo americano si troverebbecon 180mila disoccupati in più sulle spalle,

tra l’altro in uno Stato che nelle ultime pre-sidenziali ha votato per Obama.Serve quindi un compromesso, anche per-ché di fronte a un muro contro muro il neopresidente americano potrebbe sempreampliare i paletti sulle garanzie nell’emis-sione di bond disposti a febbraio dallaFdic, l’agenzia federale di assicurazionesui depositi: e le banche creditrici di Chry-sler, oltre a 90 miliardi di dollari di aiutistatali, hanno emesso obbligazioni per 95miliardi di dollari.Anche in questo caso la soluzione passaper un ingresso degli istituti nel capitale diChrysler: non è escluso che nel contropia-no da presentare nella prossima settimanaci sia la richiesta di una quota superiore al

10 per cento, in grado di garantire almenol’80 per cento dei crediti vantati.

LL’’iinncceerrtteezzzzaa aammeerriiccaannaa arriva decupli-cata in Italia. E non soltanto per i timoridelle nostre Tute blu per un Fiat con la te-sta in Italia e il corpo definitivamente all’e-stero. Il ministro dello Sviluppo ClaudioScajola, auspica che il deal tra Torino e De-troit «non sia chiuso in stesso».

In più ci sono gli ef-fetti per il crollo del-le immatricolazioniregistrato a inizio2009 e interrottosoltanto a marzo.Sono in molti a te-mere che sarà com-

plesso recuperare il terreno perso. A feb-braio il settore degli autoveicoli ha regi-strato un crollo del fatturato pari al 38,9per cento e un calo degli ordini del 27,7.Numeri che si riflettono soprattutto sullafiliera, che lamenta ritardi nei pagamenticome nell’erogazione del credito.Al riguardo Paolo Sestini, presidente dellaBanca di Anghiari e Stia (e che oggi discu-terà con Giuseppe Roma del Censis delruolo delle banche locali) spiega: «Dopo lerottamazioni abbiamo avuto un primo sen-tore di miglioramento. Ma se le banche dicredito cooperativo hanno aumentato gliimpieghi del 10 per cento, le piccole azien-de continuano a vedere respinte le richie-ste di credito dai grandi istituti».

Le parti sono sempre più vicine a concordarel’ingresso dei sindacati nell’azionariato della casa Usa. Si spera di ripetere lo stesso schema con le banche, vero ostacolo all’operazione

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pagina 10 • 18 aprile 2009 panorama

ndro Monta-nelli si è con-vertito pocoprima di mori-

re. La notizia la dàCesare Romitiche aggiunge:«Ho testimonian-ze molto attendi-bili che mi con-sentono di esser-ne certo». Non c’èdunque nessunaragione per noncredergli. Perchémai, infatti, dovreb-be inventarsi unaconversione rimastasegreta per tanti an-ni? Il dubbio comun-que – se qualcuno cel’ha – è destinato a re-stare tale.

MMoonnttaanneellllii eerraa certa-mente un toscanaccio

mangiapreti, ma duran-te la sua lunga vita nonaveva mai esibito il suoateismo. Anzi, avevavissuto la mancanza diDio come una privazio-ne. Spesso si eraespresso più o menocosì: la fede è un dono,un dono che io purtrop-

Ipo non ho ricevuto. E non so-lo: il grande Indro di non averincontrato Dio spesso si eralamentato e aveva dichiaratoche, dopo morto, se l’avessevisto, gli avrebbe chiesto per-ché si era dimenticato di lui.Insomma, Montanelli avevacercato senza trovare.Questoè quello che sapevamo sin qui

di lui. Ora Romiti rivela che«in punto di morte fu toccatodalla fede e se ne andò cosìpiù serenamente». Dispiaceche non sia stato Indro inpersona a raccontarci, da parsuo, l’incontro con Dio. Nesarebbe scaturito un articoloo un libro indimenticabile.Peccato.

LLaa ssuuaa ccoonnvveerrssiioonnee però ri-porta alla mente quella di unaltro toscano, ateo e mangia-preti, che ad un certo puntodella vita diventò un cristianofervente. Si tratta di GiovanniPapini. Un grande intellettua-le, purtroppo dimenticato,

che raccontò invece in modomagistrale la sua scoperta diDio. Una scoperta che si for-tificò in anni e anni di dolore,causato da una malattia de-generativa che, giorno dopogiorno, gli toglieva un pezzodella vita e delle sue bellezze.Papini, nonostante tutto ciò,non si stancò di cantare in

prosa e in versi l’inno alla vi-ta e al suo creatore. E un’altratoscanaccia, atea e mangia-preti, giunta al termine dellapropria esistenza, pur nonconvertendosi, si avvicinò al-la cristianesimo. Si tratta diOriana Fallaci che volle cono-scere Papa Benedetto sedice-simo e passò gli ultimi giorniparlando con un suo grandeamico, monsignor Rino Fisi-chella. Di quelle lunghe con-versazioni non abbiamo al-cun racconto. La strada scel-ta fu quella della discrezionee del silenzio. I funerali dellaFallaci furono laici e nessuno,tantomeno la chiesa, ha mai

rotto il velo del silenzio. Ed èquesta la scelta migliore inmorte di qualcuno.

AA ppeennssaarrccii bbeennee, le dichia-razioni di Romiti non suona-no strane perché ci dannouna notizia del tutto inaspet-tata. Indro Montanelli infatti- come già detto - in tutta lasua vita si era dispiaciuto dinon aver incontrato la fede.Non era un senza Dio spen-sierato e aggressivo stile Odi-freddi. In realtà quello chesolleva dubbi e interrogativiè che a rivelarne la conver-sione sia Cesare Romiti, unapersona venutane a cono-scenza grazie alla testimo-nianza di altri.

ÈÈ ccoommee ssee ci fosse un vulnusalla discrezione che un’ago-nia dolorosa e pensosa do-vrebbe imporre. Insomma,perché parlare di un fattotanto importante, a distanzadi tanti anni (Montanelli èmorto nel 2001)? Perché an-nunciare una conversione dicui il protagonista non ha vo-luto lasciare traccia? E per-ché chi sa molte più cose diquante ne sappia Romiti hainvece preferito tacere?

Per tutta la vita il popolare Indro non aveva maiesibito il suo ateismo, ma aveva vissuto la mancanza di fede come una vera privazione

ice Jean-Claude Blanc, ammini-stratore delegato della Juven-tus: «Abbiamo il dovere di bat-tere l’Inter, ora e sempre». Dice

Mourinho, il Mago dell’Inter: «Con laJuve io voglio vincere, anche se noi pos-siamo scendere in campo per due risul-tati». Il derby d’Italia - un po’ di retoricafa sempre bene - è già iniziato. Nessunovuole perdere e questa è la condizionesenza la quale non si fa un buon derby.Blanc è francese, Mourinho è portoghe-se. Ma la partita è tutta italiana e gli ju-ventini e gli interisti ci tengono a vince-re, al di là del bene e del male della lot-ta per il campionato. Che se non è asse-gnato poco ci manca. Dipende anchedall’anticipo di oggi. Il Mago farà anco-ra la magia?

IIll MMaaggoo ddii ooggggii ha qualcosa in comu-ne con il Mago di ieri: HH, ossia HelenioHerrera, il Mago, appunto. In comunehanno la superbia. Non è poca cosa.Herrera pensava semplicemente di es-sere il migliore. Il suo calcio era il piùavanzato, il più moderno o il vero cal-cio. Perché, in fondo, in ogni allenatoredi calcio c’è un uomo che ritiene di capi-re ciò che gli altri non capiscono. HHera superbo e i risultati gli hanno dato

Dragione. La Grande Inter è rimasta nel-la storia del calcio internazionale, oltreche nella memoria e negli occhi degli in-teristi con un bel po’ di anni sulle spalle,come un paradigma. Un mo-dello a cui ispirarsi. JoséMourinho non ha mainascosto di esserevenuto a Milanoper continuare avincere e ali-mentare il mi-to di se stesso.Quanto a ma-gie ne ha fattenon poche.Fortunato èfortunato, nonci piove. Ma an-che la fortuna bi-sogna imparare acercarla e ad afferrar-la. La fortuna è femmina- non c’è bisogno di citareMachiavelli - e si fa possedere piùdai giovani e dagli audaci, da chi ci pro-va, da chi ha energie e un temperamen-to. Non è un caso che l’allenatore interi-sta - ma ci avete fatto caso che questaparola, allenatore, non si usa quasi piùormai - riscuota grande simpatia, e an-

che qualcosa in più, tra il pubblico fem-minile. La strafottenza paga. È semprestato così. Forse, a ben vedere, è questooggi il vero limite della Signora Juven-

tus: non è più strafottente daquando ha perso il più

strafottente di tutti,Lucianone Moggi, e

anche l’allenatore- riecco questaparola desueta- Ranieri èsempre cosìmisurato, maisopra le righebianconere. Ilmassimo che

ha detto alla vi-gilia del derby è

stato «dobbiamoaccorciare le di-

stanze». Capirai.L’Inter ha un vantaggio:

non gioca Adriano. Non sisa che fine abbia fatto, anche se

tutti immaginano cosa stia combinan-do. Ci ha pensato Fragolina a rivelare ilsegreto di Pulcinella. Chi è Fragolina?Ellen Cardoso, in arte Fragolina, è unaballerina e modella brasiliana che ha ri-solto più di un problema di organico a

Mourinho. Fragolina ha ammesso algiornale brasiliano Meia Hora di starecon Adriano e di essere felice. Le sue fo-to sono dappertutto e anche lei oraconferma la storia d’amore con l’Impe-ratore senza impero e ormai senzasquadra: «Abbiamo una relazione manon voglio fare della mia vita sentimen-tale un evento».

AAnncchhee llaa eexx ddii AAddrriiaannoo,, Joana Maca-do, è contenta: «Se Fragolina lo fa feli-ce, così sia». Anche storie come questefanno parte di un derby. Il Mago, quellodella Grande Inter, era severo con i gio-catori che non rispettavano la sua di-sciplina dei sentimenti e dell’ars amato-ria. Ma sapeva anche chiudere un oc-chio, come ogni Mago che si rispetti.Sembra che Mourinho adotti la stessastrategia, anche se i tempi sono tal-mente cambiati che nessuno riesce aimmaginare quale diversa strategia po-trebbe adottare Mourinho per contra-stare il potere delle veline del calcio. Apensarci bene, se al derby odierno si tol-gono la superbia di Mourinho, la difesadi bandiera di Blanc e soprattutto leconfessioni della bella Fragolina, checosa mai rimane? Non c’è mica HelenioHerrera in panchina.

Eppure l’allenatore dell’Inter, stasera, ha più possibilità di vincere il derby contro la Juve

Il mago Mourinho non è il mago HerreraIL PROVINCIALE di Giancristiano Desiderio

Segreti. Cesare Romiti, dopo molti anni, rivela la conversione finale del grande giornalista

Davvero Montanelli trovò Dio?di Gabriella Mecucci

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18 aprile 2009 • pagina 11panorama

ROMA. Alla chetichella, tregiorni dopo il terremoto abruz-zese, l’assai dibattuto risiko deicoordinatori regionali e provin-ciali del Pdl ha trovato sistema-zione grazie ad uno scarno co-municato inviato alle agenzieda Silvio Berlusconi. Era il 9aprile e in pochi minuti, semprevia nota stampa, si sono acco-modati al loro posto anche i re-sponsabili dei dipartimenti te-matici.Tutto finito, quindi. Anzino: la Sicilia resta ancora senzaguida, con il partitone spaccatoa metà – com’era già Forza Ita-lia – tra i seguaci di GianfrancoMiccichè e quelli del duo Rena-to Schifani-Angelino Alfano. Inomi «saranno resi noti neiprossimi giorni», sostiene il co-municato. Ci torneremo, intan-to partiamo dalle caselle già oc-cupate. Gli ex di An si accapar-rano, come previsto, sei regio-ni, divise al loro interno avendoun occhio di riguardo alle vec-chie correnti: l’alemannianoVincenzo Piso ascende alla gui-da del Lazio, il sottosegretarioall’Economia Alberto Giorgettisi prende il Veneto, il senatorefiniano Mariano Delogu la Sar-degna, il presidente della com-missione Giustizia del SenatoFilippo Berselli l’Emilia Roma-

gna, Giuseppe Scopelliti -emergente sindaco di ReggioCalabria vicino a Maurizio Ga-sparri - la Calabria e il senatoreFrancesco Amoruso la Puglia.

QQuuaallcchhee ffaattttoo rriilleevvaannttee an-che per gli incarichi nazionali.Maurizio Lupi, ad esempio, vi-cepresidente della Camera e

luogotenente formigoniano aRoma, ha strappato alla con-correnza la poltrona più ambi-ta, quella dell’Organizzazione(il suo vice è il finiano MarcoMartinelli). La sottosegretarioMaria Vittoria Brambilla, i cuiclub sono stati inglobati dalpartito, viene ricompensata conla guida di un settore dai com-

piti poco chiari, quello delle“Iniziative movimentiste”, men-tre un’altra delusa dall’assettofinale del governo, la piemonte-se Laura Ravetto, gestirà “Co-municazione, immagine e pro-paganda”. Dopo lungo penare,conserva il ruolo Daniele Ca-pezzone, nominato portavocedel Pdl, ma dietro di lui scalpitagià il futuro: Anna Maria Berni-ni, deputata, professore asso-ciato di diritto, ma soprattuttosveglia, donna e pure di bellapresenza, cioè l’esatto identikitche Silvio Berlusconi ha sem-pre immaginato per l’immagi-ne pubblica del partito. La mi-nistro Giorgia Meloni diventapresidente del movimento gio-vanile del Pdl, ma avrà accantoun coordinatore, l’ex azzurroFrancesco Pasquali.

RReessttaa ddaa sscciioogglliieerree, come an-ticipato, il nodo Sicilia. Da an-ni, nell’isola, si assiste ad unaguerra ora sorda, ora con tonida pescivendola, tra le due ani-me – per così dire - del partito.Motivo: dio solo lo sa. A guar-dare dal continente, infatti, nonsi vedono ragioni di scontroche non siano le legittime aspi-razioni personali dei capi e deiloro clientes. Una semplice rie-

ROMA. «Mercoledì 15 aprile 2009 scambiper 135 milioni di azioni range prezzo0,295 di massima e 0,196 di minima; gio-vedì, scambi per 85 milioni di azioni rangedi prezzo 0,248 di massima e 0,21 di mini-ma. Con 41 milioni di azioni in circolazio-ne e la metà in mano a fondi con lock up, èevidente che qualche furbastro ha vendutoazioni che in teoria avrebbero dovute esse-re disponibili per tut-ti a partire dal 20aprile...». Ieri si èchiuso l’aumento dicapitale di Seat Pagi-ne Gialle, ma già dagiorni i forum di fi-nanza su internet erano pieni di protestedel genere. E a Piazza Affari nel frattemposono arrivate sospensioni e riammissionicontinue, con tracolli delle azioni anchenell’ordine del 38%.

EEppppuurree SSeeaatt,, società attiva nell’editoria,di proprietà di Telecom prima di finire inmano ai fondi d’investimento, ha storia etradizioni alle spalle, ma che negli ultimianni ha incontrato moltissime difficoltà.Per questo, appare quantomeno originaleche Luca Majocchi, il manager che l’haguidata negli ultimi sei anni, abbia difeso

le retribuzioni dei manager italiani, dichia-rando che non sono troppo alte per quelloche valgono. Proprio lui è la dimostrazioneche le retribuzioni dei manager non sonouna variabile della bontà del proprio lavo-ro. Quando prese in mano le redini di SeatPg nel 2003 doveva traghettare la societàdal business vecchio degli elenchi a quellodelle informazioni su Internet. In più, dove-

va farlo senza impiegare troppo denaro vi-sto che i suoi datori di lavoro hanno estrat-to 3 miliardi di euro di extra dividendi perrimpinguare i loro portafogli. Un esborsoche non avrebbe tarpato il rilancio dellasocietà perché Seat sarebbe diventata piùsnella, più produttiva, più digitale. I nume-ri ci dicono che il fatturato 2003 era di 1,45miliardi di euro, dopo cinque anno è scesoa 1,375. Non è andata meglio sul fronte del-la redditività (il Mol è sceso da 673 a 658milioni), né sul fronte della produttività vi-sto che un minor fatturato è realizzato damille dipendenti in più (5450 contro 6421).

Ma di fronte a questo peggioramento, ilcda ha dato a Majocchi 1,5 milioni per averrispettato gli obiettivi di budget 2008.Obiettivi che non tengono conto del fattoche il margine lordo si trasforma in unaperdita netta per gli enormi interessi suldebito (l’indebitamento sotto l’attualegestione è passato da 428 milioni a3,1 miliardi).

NNoonn ssoolloo,, MMaajjoocccchhii ottiene 5milioni perché gli azionisti vo-gliono assicurarsi che non va-da a «migliorare» i conti qual-che concorrente (un rischioche si poteva correre, standoai numeri). Dopo cinque annidi gestione, l’ad lascia la so-cietà in stato prefallimentare:la capitalizzazione di borsaè scesa da 2,4 miliardi a400 milioni e Seat ha lan-ciato un aumento di capi-tale da 200 milioni di euroche ha l’unico scopo di da-re alla società più tempoper rinegoziare il debitocon le banche. Superazien-de (e supermanager) consuperproblemi.

Nel 2003, il fatturato della società che si occupa di informazione su internt era di 1,45 miliardi di euro: e invece dopo cinque anni è sceso a 1,375

di Marco Palombi

di Alessandro D’Amato

Poltroncine. Il Cavaliere, senza far troppo rumore, ha sistemato le caselle del Pdl. Con qualche dubbio e un risarcimento

E alla fine la Brambilla tornò in movimento

Premi. Per l’ad Luca Majocchi, retribuzioni faraoniche a fronte di bilanci in bilico

Seat, supermanager e superproblemi

dizione in salsa politica del vec-chio detto contadino secondocui quando sono troppi i galli acantare, non si fa mai giorno. Igalli, in questo caso, sono ap-punto Gianfranco Miccichè eAngelino Alfano. Il primo èl’uomo del 61 a 0 del Polo in Si-cilia e dalla vita pubblica (e dalCavaliere) si aspettava sicura-mente di più: oggi amministrail suo residuo potere locale gra-zie anche all’alleanza di ferrocol governatore Raffaele Lom-bardo. L’altro - ministro dellaGiustizia e neonominato delfi-no dal premier - nella sua re-gione è ancora costretto a fareil gestore della corrente di Re-nato Schifani (il vero nemico diMiccichè: i due non si parlanonemmeno). Dunque ancoraniente coordinatore, si aspettasenza particolari affanni uncompromesso a tempo: si fan-no i nomi del senatore Dore Mi-suraca, vicino al duo Alfano-Schifani, del deputato EnzoGarofalo, zona Guardasigilli, epure del presidente della pro-vincia di Catania, Giuseppe Ca-stiglione, che ha il difetto di es-sere insieme benvoluto dal pre-sidente del Senato e parecchioantipatico a Lombardo. Potreb-bero restare così decenni.

Decisi col bilancino anche gli incarichi regionali,ma resta scoperta la casella siciliana: non c’è accordo fra Micciché e Schifani, come al solito

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cazione destinata all’Italia daYalta e poi ratificata dagli eletto-ri il 18 aprile 1948. Cesare Pave-se ne ha fissato il clima in un ca-pitolo de La luna e i falò (1950),dove il parroco, la maestra, ildottore, l’opinione moderata inun paesino delle Langhe stru-mentalizzano contro le sinistre ei partigiani (definiti a gran voce«assassini») il ritrovamento didue morti repubblichini, duesconosciuti per cui viene monta-to polemicamente un gran fune-rale. Mentre per amnistia usci-vano i fascisti, continuavano asubire lunghe carcerazioni ipartigiani, lamentava AchilleBattaglia in Dieci anni dopo (La-terza 1955); e Giorgio Bocca nel-la biografia di Togliatti ricorderàla scarsa considerazione chepersino il capo del Pci aveva perla Resistenza. Alla tardiva con-sacrazione degli anni ’70 conl’“arco costituzionale”, da cuierano esclusi i missini invece in-cludendovi i comunisti, s’ag-giunse l’elezione del capo parti-giano Pertini a presidente della

Persino durante il governo ciel-lenista di Ferruccio Parri, ricor-da Enzo Piscitelli (Da Parri a DeGasperi, Feltrinelli 1975, p. 168),«i partigiani avevano provatoamarezze e umiliazioni, subìtococenti delusioni. E molti parti-giani accusati di rapine, grassa-zioni, omicidi e crimini di ognigenere, commessi nel periodoimmediatamente successivo allaliberazione o anche durante laguerra, erano stati incriminati e

gettati in carcere. Per chiari mo-tivi d’ordine politico aveva cosìavuto inizio un processo alla Re-sistenza». La destra in quei mesinon era ancora missina e nonsolo qualunquista, ma liberale,cattolica, moderata: il nerbo delnuovo sistema secondo la collo-

Repubblica, ma il primo capoprovvisorio dello Stato (De Ni-cola) e il primo presidente (Ei-naudi) furono dei monarchici.Insomma, nonostante qualcheatto plateale come la legge Scel-ba contro il neofascismo e il re-lativo divieto del congresso mis-sino di Bari, negli anni ’50 lecondizioni di emarginazione fu-rono assai più dure a sinistra, sucui infierirono i caroselli e lemanganellate della polizia, chea destra.

LLoo ssii rriiccaavvaa dalla contabilitàdei caduti. I missini onoraronoin poco meno di cinquant’anni24 caduti, quasi tutti uccisi daestremisti di sinistra e per lamaggior parte negli anni dipiombo. A essi andrebbe ag-giunta un’altra decina di mili-tanti nei gruppi della destra ex-traparlamentare e solo fra que-sti prevalgono i caduti per manodella polizia. Ma già al VII con-gresso del Pci (1951) Togliattiriassumeva le cifre dei morti,delle carcerazioni e delle penesubite dai lavoratori negli ultimitre anni: 62 lavoratori morti, dicui 48 comunisti; 3126 feriti dicui 2367 comunisti; 92.169 arre-sti di cui 73.870 comunisti;19.306 condannati di cui 15.429comunisti; 8441 anni di carceredi cui 7598 inflitti ai comunisti.Dal giugno 1946 al gennaio 1971si sono contati 133 manifestantidi sinistra morti in scontri con le

i irritano quei colleghidi destra che indulgo-no alla tentazione dimostrare cicatrici e

presentare la lista dei torti subi-ti. Certo: si poteva immaginareuna vita più comoda che stareall’opposizione quasi metà seco-lo durante la prima Repubblica;ma a quei cinquemila che primadi noi s’erano opposti al regimefascista finendo in prigione o alconfino le cose andarono anco-ra peggio. La storia ha dei costie qualcuno li deve pagare: ovvioche capiti anzitutto a chi ci simette in mezzo. Con ciò si intro-duce il ricordo di una partitocra-zia al tempo stesso schierata adifesa della libertà e intolleran-te, che non prevedeva ricambio.Quindi per alcuni aspetti para-gonabile al Fascismo. Abbiamocampato in una democrazia, in-compiuta e scaltra, dove i partitidi governo consideravano, nondel tutto a torto, pericolosa l’ipo-tesi che gli opposti estremismipotessero andare a loro volta algoverno. Quando poi uno degliestremismi, quello di destra, algoverno ci è andato per settemesi con Berlusconi, non avràofferto prestazioni particolar-mente brillanti, ma non ha nem-meno messo a rischio la libertà ei beni di nessuno. Lo stesso esitonon drammatico siamo autoriz-zati a prevederlo da una vittoriadella sinistra. Siamo stati presiin giro, oppure l’attesa che le op-posizioni sbollissero ebbrezzeideologiche e storici rancori eranecessaria? Siccome ciascunoha veramente temuto dell’altro,non rimaneva che aspettare, de-mocraticamente, lo svuotamen-to dei partiti il cui consenso siraccoglieva, tra altri motivi, sul-la garanzia antifascista e antico-munista.

IIll sseerrvviizziioo di libertà vigilata, du-rato a lungo, si è finalmenteesaurito su entrambi i versanti.L’aspetto più grottesco della conventio ad excludendum pra-ticata per decenni dalla Dc nonstava solo e tanto nella conve-nienza per lei così evidente aprolungarne le garanzie e i rela-tivi vantaggi, quanto nell’acca-nimento autolesionistico con cuile vittime ne hanno sostenuta lalogica. È vero che la prima Re-pubblica ha avuto figli e figlia-stri, ma è anche vero che non èquasi mai venuto in mente aquesti ultimi di coalizzarsi perrivendicare parità di diritti, pie-nezza di cittadinanza.A destra ea sinistra i due poli esclusi han-no gareggiato tra loro per rag-giungere un rapporto preferen-

M

ziale con la Dc, e per rafforzarele delegittimazione dell’altro. Inquesta gara aveva inizialmenteprevalso la destra. Nel luglio1960 la svolta: la sinistra, che ri-schiava di restare sola nel ruolodi pericolo per la democraziaoccidentale, è riuscita con motidi piazza e soprassalti d’orgo-glio non a sdoganare completa-mente se stessa, ma almeno aghettizzare per tre decenni ladestra. Ciò avvenne in nome del-

la Resistenza, che solo alloragiunse ad affermarsi come valo-re fondante della Repubblica.Laretorica celebrativa ha finito coltempo per sommergere la me-moria delle difficoltà incontratedalla Resistenza a farsi accetta-re nei primi quindici anni.

A sinistra primeggiava la fretta nel dimenticare i torti ricevuti per riassumere la facciata del condomino nell’“arco costituzionale”.In pratica, un perbenismo quasi patetico

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Un saggio di Giano Accame, pubblicato da liberal il 22 marzodel 1995, mette in luce la sua capacità di leggere la storia

di Giano Accame

Qui di seguito, un saggio diGiano Accame, il grande intel-lettuale della destra «eretica»scomparso mercoledì 15 apri-le, che liberal pubblicò il 22marzo 1995. L’articolo, il cuititolo originario era “Destra,finalmente liberi dall’astio de-gli esclusi”, mette in luce lasua straordinaria capacità dileggere la storia.

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forze di polizia: un martirologioassai più consistente di quelloche alle istituzioni della primaRepubblica può rimproverare ladestra. Una destra che per tuttigli anni ’50 ha goduto di condi-zioni ambientali al confronto in-vidiabili: rapporti abbastanzabuoni con le strutture dello Sta-to ancora piene di funzionari, uf-ficiali, magistrati e professori fi-lofascisti e con la Confindustria;una capacità di mobilitazionenelle università e nelle scuolecon cortei di migliaia di ragazzi

sul tema di Trieste, per cui si puòdire che la prima contestazioneal sistema fu nera; un pullularedi settimanali e riviste, con unprimato nella satira del costumepassato dal Candido di Guare-schi al Borghese di Longanesi.

Eppure già allora a destra si col-tivava l’autocommiserazione,che a proposito dei fascisti nel-l’Italia repubblicana ha fatto co-niare a Marco Tarchi la catego-ria degli Esuli in patria (Guanda1995). Ho letto il libro di Tarchi

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cenni di pace. Nessun altroobiettivo oltre il calcio e la contadelle medaglie olimpiche riusci-va a ristabilire l’unità nazionale.Non se ne può attribuire la colpaa una parte sola: se i vincitorihanno mancato di generosità,d’apertura, con demonizzazioniche sono andate crescendo anzi-ché placarsi man mano che ai ri-cordi reali si sovrapponevanoquelli eccitati dalla propaganda,anche i gestori della fedeltà mis-sina, in una psicosi da minoran-za etnico-religiosa perseguitata,hanno trovato una rendita venu-ta meno solo con la fine del si-stema proporzionale.

LLaa lluunnggaa eeppooccaa della mitoma-nia e del rancore si è chiusa ap-pena è intervenuto col maggiori-tario un diverso calcolo delle uti-lità elettorali. Ma non sarebbestato così facile a Fini e ai suoicolonnelli sbarazzarsi della vec-chia bottega delle coerenze edelle memorie se il suo compitonon fosse già in via d’esauri-mento. Lo diceva Randolfo Pac-ciardi chiamando trent’anni orsono anche giovani dell’ultrade-stra a raccolta nell’“Unione de-mocratica per la nuova Repub-blica”: non si può continuare adaddossare alle generazioni delDuemila problemi e rancori delfascismo e dell’antifascismo,che risalgono alla prima metàdel secolo. Qui occorre natural-mente aggiungere anche le di-scriminanti anticomuniste, lacui ragione è caduta insieme alMuro. Ma l’accenno a Pacciardirichiama un’autentica infamiadella prima Repubblica, perchéla chiusura decretata dalla parti-tocrazia nei confronti suoi e de-gli antifascisti (da Vinciguerra aBraccialarghe a Cadorna) che loseguirono fu molto più dura e fa-ziosa (posso dirlo per averne fat-to la doppia esperienza) di quel-la contro i missini. Fu la rivoltadei padri fondatori della Repub-blica ad una Tangentopoli già vi-sibile trent’anni fa, ma non ot-tenne neppure un’inchiesta suigrandi giornali per interrogarli.Il muro del silenzio venne estesoalle rievocazioni televisive sullaguerra di Spagna e sulla nascitadella Repubblica: Pacciardi, cheera stato il capo del Partito re-pubblicano all’epoca della sceltareferendaria tra monarchia e re-pubblica, vice presidente delConsiglio con De Gasperi, rico-struttore delle forze armate de-mocratiche, e il leggendario co-mandante del battaglione Gari-baldi alla guerra di Spagna, nonvenne più nemmeno citato. An-che perciò s’attende dal rinnova-mento della Repubblica che al-meno la curiosità intellettuale cirenda più attenti ai sentimenti ealle proposte dell’altro e già soloper questo più liberi.

insieme alle lettere tra Petruc-cioli e Berlusconi e mi ha im-pressionato la rivendicazioneorgogliosa del compagno Pe-truccioli: «Non eravamo meteci,cittadini di serie b». I cameratiinvece l’orgoglio lo mettevanoproprio nel sentirsi cittadini diserie b e nell’eleggere dei rap-presentanti strutturalmente in-capaci di portare a buon esitouna raccomandazione. Si tengapur conto che, per motivi gene-razionali, l’esperienza politica diPetruccioli e di Tarchi ha coinci-so con gli anni in cui la condizio-ne dell’appestato si aggravava adestra e migliorava a sinistra.Ma una differenza sostanzialedi atteggiamenti resta.A sinistrala fretta nel dimenticare i torti ri-cevuti per riassumere la facciatadel condomino nell’“arco costi-tuzionale”: un perbenismo quasipatetico. A destra un’estraneitàdi natura storica partiva dal didentro, dai traumi della guerracivile, ed enfatizzava le discrimi-nazioni subite più per trarneun’astiosa conferma alla propriadissociazione, che per sollecita-re eguali diritti di cittadinanza.Almirante era il custode d’unghetto nostalgico chiuso anzi-tutto, anche se non soltanto, dal-l’interno e dal quale si tendeva anon riconoscere nulla alla Re-pubblica partitocratrica: nem-meno i vistosi progressi econo-mico-sociali, il nazionalismoenergetico di Enrico Mattei, i de-

A destra un’estraneità di natura storicapartiva dal di dentro, dai traumi della guerra civile,ed enfatizzava le discriminazioni subite per trarneun’astiosa conferma alla propria dissociazione

A fianco, Benito Mussoliniinsieme con i gerarchi fascisti. In basso,repubblichini a Salò.Nella pagina a fianco, Sandro Pertini, RandolfoPacciardi e Alcide De Gasperi

il paginone

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di Mauro Frasca

a una parte ci sono ipirati somali, che mi-nacciano la rotta delCanale di Suez e ob-

bligano sempre più compa-gnie di navigazione a deviareper il Capo di Buona Speranzamentre sfidano le maggioriflotte del pianeta. Dall’altra, imanifestanti francesi che perprotesta contro l’Unione euro-pea stanno bloccando Calais,Boulogne-sur-Mer e Dunker-que: i tre porti sulla Manica dacui partono i traghetti per l’In-ghilterra. “Sos: si affonda”, èscritto sui cartelli posti dai co-mitati di agitazione. Che c’è in

comune tra di loro, oltre ov-viamente il fatto di compro-mettere la navigazione, sia pu-re in modo diverso? Risposta:gli uni e gli altri sono pescato-ri arrabbiati. Inferociti, addi-rittura. La rappresentante delsindacato filo-socialista Cfdt,Stephane Pinto, sfida il gover-no di Parigi: «Manteniamo ilblocco dei porti: abbiamo ac-colto l’invito del governo a di-scutere ma per togliere il bloc-co vogliamo solo che ci lasci-no sbarcare il pescato». Men-tre Patrick Haezebrouck,membro della comunista Cgt evicepresidente del comitatodei pescatori di Dunkerque,aggiunge: «Vogliamo sempli-cemente una nuova gestionedella pesca, una quota nazio-nale o locale che ci permettadi vivere, non questa gestioneper quote per la piccola pescaartigianale che non è più so-stenibile. Vogliamo cose con-crete per continuare questo ti-po di pesca».

HHaaeezzeebbrroouucckk hhaa rriiffiiuuttaattooinoltre un incontro con il mini-stro dell’Agricoltura e PescaMichel Bernier «perché lui nonmette in discussione le quote eperché vuole dare degli aiuti.Noi non abbiamo bisogno diaiuti». La battaglia è su merluz-zo e sogliole. Secondo Bernier,le quote sono state già aumen-tate del 25 per cento nel 2008 e

Ddel 30 per cento l’anno dopo:dunque, non sono ulteriormen-te negoziabili. Il ministro, daparte sua, cerca di spiegare leragioni dell’Eliseo: «Lasciar pe-scare fuori quota condurrebbea rendere fragile lo stato dellarisorsa e, a medio termine, aminacciare la sopravvivenzadelle imprese di pesca». A brut-to muso, i pescatori lanciano ilnuovo slogan “La Francia ci stavendendo”.

LL’’iiddeeaa ddii mmoollttii ppeessccaattoorrii èinfatti che il governo di Parigiceda a Bruxelles sulle quote pe-sca in cambio di sostanziose

concessioni a favore degli agri-coltori, da loro accusati di esse-re i veri favoriti del regime.Dall’altra parte del mondo, leragioni dei pirati - per moltiversi simili - sono state spiega-te a dicembre da uno di loro inun’intervista rilasciata dopo lacattura. «Noi - ha detto il 32en-ne Farah Ismail - sia-mo pescatori». Con3025 chilometri dicoste, la pesca im-piegava in Somaliaalmeno l’1 per cen-to della popolazio-ne. Nel 1985 tonno,sgombro, sardine ecrostacei costituiva-no il 10,7 per centodell’export naziona-le. C’erano stabili-menti che produce-vano farina e olio dipesce. E il regime diSiad Barre fin daglianni Settanta avevacercato non soltantodi organizzare i pe-scatori in cooperati-ve, ma anche di ricon-vertire alla pesca variemigliaia di pastori nomadi pro-venienti da aeree colpite dallasiccità. Ismail ricorda: «Duran-te la stagione di sei mesi pote-vamo guadagnare il denarosufficiente per il resto dell’annoe anche costruisci una casa. Mala Somalia è sparita nel 1991 ele nostre acque si sono riempi-

te di barche straniere. Avevanoreti enormi che spazzavano ilmare. Allora la pesca è finita esono cominciati i debiti. I piratisono pescatori arrabbiati. Gen-te che è restata senza pesci e hacambiato il suo stile di lavoro.Continuiamo a pescare, ma orai pesci sono le navi straniere».All’inizio, tra 1993 e 1996, i pe-scherecci «di Francia, Italia,Kenya…». Ma furono gli stessiSignori della Guerra che aveva-no dato agli stranieri il permes-so di pescare a difenderli of-frendo loro anche uomini ar-mati e mitragliatrici.

««LLaa nnoossttrraa vveennddeettttaa è questa:ora attacchiamo qualunque al-tra nave senza armi a bordo».Di qui la minaccia: «Il mondosta cercando soluzioni per la pi-rateria ma o riescono a porre fi-ne alla pesca illegale o conti-nueranno a soffrire». Il proble-ma posto, però, sembra di diffi-cile - se non impossibile - solu-zione. Tra 1994 e 2003 la quan-tità di pescato al mondo si è ri-dotta del 13 per cento, ma se-condo la Fao, più del 75 per cen-to del pesce che mangiamo è pe-scato illegalmente: cioè, oltre la

quota stabilita dalle convenzio-ni internazionali. Meno pessi-mista, l’Unione Europea parlacomunque di un valore mondia-le pari ad almeno 10 miliardi dieuro all’anno. In confronto, ilvalore degli sbarchi legali effet-tuati dalla flotta comunitaria èstato nel 2004 di 6,8 miliardi di

Gli esecutivi e gli ambientalisti difendono le norme, pensato per impedire l’estizione totaledi numerose specie a rischio nel Mediterraneo.I marinai rispondono: colpa della mafia russa

Scontri. La pirateria somala nasce proprio dalla riduzione delle quote sul pescato che oggi vengono imposte alle flotte da Parigi e Madrid

La rivolta dei pescatoriImbarcazioni francesi e spagnole ferme

per protesta contro la “gestione del mare”

euro. In proporzione, sarebbe il19 per cento del valore riportatodelle prede mondiali: con punteche in certi Paesi dell’AfricaSub-shariana oltrepasserebbe-ro il 50 per cento. Imprese notecome Findus, Pichenpack, Fro-

sta, Fjord Seafood, Västkustfilée Royal Greenland sono stateaccusate di commercializzareprodotti di frodo, e la Unilevercome proprietaria dei marchi Birds Eye e Igloo è arrivata per-sino ad ammetterlo: «Non sap-piamo mai con certezza se qual-cuno ha aggirato la legge». NelBaltico, nel Mare del Nord, nel

Mar Bianco e nel Mar di Ba-rents c’è un vero e proprio racket sul merluzzo gestito dal-la mafia russa, che dagli anniNovanta si è impadronita dellaex-flotta mercantile sovietica.

Gli esperti valutano chealcuni pescherecci astrascico russi peschi-no il 50 per cento inpiù di merluzzi bian-chi rispetto alla quotaconcessa. Secondo lestime del Consigliointernazionale perl’esplorazione delmare (Ices), nel Maredi Barents ogni annofiniscono nelle retidei pescatori tra le90mila e le 115milatonnellate di merluz-zo bianco che nonrientrano in nessu-na statistica ufficia-le, ma che corri-spondono al 20 percento del quantitati-vo pescato legal-

mente. Sempre neglianni Novanta è invece la mafiacinese che si è stabilita in Suda-frica per controllare a monte lapesca di frodo delle pinne disqualo e in Australia quella deicavallucci di mare: materie pri-me per una famosa zuppa e perun afrodisiaco. Le pinne di pe-scecane e di razza sono pure unobiettivo della già citata pesca

La rivolta dei pescatori

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illegale nelle acque somale: as-sieme a tonno, aragosta, gambe-retto e pesce bianco in genere.

MMaa aanncchhee sseennzzaa essere ma-fiosi veri e propri ci sono flottepescherecci con bandiere di co-modo spesso coincidenti con levarie liste esistenti di paradisifiscali, ma provenienti in realtàda Giappone, Cina, Taiwan eCorea che per rifornire la modadel sushi stanno portando all’e-stinzione il tonno rosso del Me-diterraneo e il merluzzo dellaPatagonia. Il tonno rosso delMediterraneo, noto anche co-me tonno pinna azzurra, rag-giunge una proporzione di pe-scato illegale pari ad almenoun terzo. Spesso il pesce vienelavorato direttamente a bordo ecaricato su grandi navi frigo,che portano le prede al di fuoridel Mediterraneo verso il Giap-pone o altre destinazioni ex-traeuropee, senza che il caricoillegale passi per un porto del-l’Ue per essere scaricato e regi-strato. L’allarme sul tonno ros-so nel Mediterraneo è appenastato ribadito nel modo più al-larmato da un rapporto delWwf, in occasione dell’apertu-ra della nuova stagione di pe-sca. Quella del 2008, va ricorda-to, fu chiusa dall’Unione Euro-pea in anticipo, provocando ul-teriori proteste dei pescatori.Ma per gli ambientalisti non si

Pescherecci al lavoro nel Mediterraneo.Sotto, un tonno “pinna gialla”.

A destra, le proteste dei pescatori che hanno bloccato i porti francesi

tratta che di un inutile palliati-vo. La loro tesi è la seguente: ola pesca cessa del tutto, o que-sta specie simbolo sarà com-pletamente scomparsa entro il2012, quando gli ultimi esem-plari sessualmente adulti sa-ranno stati catturati.

SSeeccoonnddoo ii lloorroo ssttuuddii, infatti,nel 2007 gli esemplari di alme-no quattro anni e con un pesosuperiore ai 35 chili erano ri-dotti ad appena un quarto del-la popolazione esistente mez-zo secolo prima, mentre la ta-glia degli esemplari adulti sisarebbe letteralmente dimez-zata dal 1990 a oggi. Il pesomedio dei tonni rossi catturatial largo della Libia, ad esem-pio, è passato dai 124 chilo-grammi del 2001 ai 65 del2008. E la situazione sarebbeun po’ la stessa per tutto il ba-cino del Mediterraneo. Da ri-cordare anche che prima deldiffondersi della pesca indu-striale su larga scala un tonnopoteva arrivare perfino ai 900chili di peso. Sarebbe propriola scomparsa di questi tonnigiganti a più alta capacità ri-

produttiva, a rendere semprepiù alto il rischio di estinzionedella specie. Situazione graveanche nell’Atlantico, dove l’80per cento delle specie sarebbesfruttato in maniera eccessiva.Mentre a livello mondiale lasituazione complessiva purcertamente migliore vede uneccessivo sfruttamento di al-meno un terzo degli stock.

EE qquueessttoo,, llaasscciiaannddoo da parteogni conseguenza ecologica eoccupazionale, significa anchemettere a repentaglio l’appro-vigionamento proteico quoti-diano di almeno un miliardo dipersone. Dal 1983 l’Ue ha dun-que cercato di regolare il mer-cato attraverso una politica diquote. Ma queste vengono ri-

spettate semplicemente col ri-buttare in mare ciò che eccedeil consentito: vivo o morto. Nelsolo Mare del Nord, ad esem-pio, ogni anno vengono pesca-te 47mila tonnellate di merluz-zo: 24mila finiscono poi sulmercato, mentre 23mila sonoributtate in mare. Dopo anni diproteste degli ambientalisti, ilConsiglio dei Ministri europeoè infine stato costretto a farequalcosa per impedirlo: lo haimposto la Norvegia, in cam-bio dell’accordo con cui haconcesso un aumento del 30per cento nelle quote dei pe-scatori di area Ue.

AA ddiicceemmbbrree llaa qquuaannttiittàà dipesce prelevabile è stata cosìridotta del 25 per cento, nellostesso tempo in cui venivanoimposti nuovi tipi di rete enuovi criteri generali.Va ricor-dato anche che l’Unione euro-pea cerca di mettere a puntoun sistema di certificazionedelle prede e obbliga gli Statimembri a perquisire almeno il5 per cento dei carichi. Ma ipescatori inglesi e scozzesinelle interviste parlano con to-

ni analoghi a quelli dei lorocolleghi somali, salvo il nonpotersi rimettere a fare i pirati.E i francesi sono ora scesi allevie di fatto. Sull’altro fronte,Greenpeace sostiene inveceche le quote siano già esagera-te, e che la flotta pescherecciaeuropea «dovrebbe ridursi dialmeno la metà» per essereecologicamente compatibile.In mezzo c’è la propostadell’“ecologia di mercato”:quella di distribuire ai pescato-ri quote individuali trasferibili(Itq) di pesca a lungo termine,in modo da trasformare il pa-trimonio ittico in “proprietà”che tutti sarebbero incentivatia tutelare. Ma per il momentoè un mero esercizio di teoriaeconomica.

Calais, Boulogne-sur-Mer e Dunkerque sono i porti in cui è nato il dissenso francese, che accusal’Eliseo di aiutare la campagna a danno del mare.E blocca l’accesso al pescato delle flotte europee

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pagina 16 • 18 aprile 2009 quadrante

suo tempo, il Vertice europeo di Co-penhagen non si era voluto esprimeresull’accettazione della Turchia nell’U-nione, e la questione aveva avuto stra-

scichi anche in Italia. Si era solamente riusciti adecidere che sarebbe stato compito della Com-missione formulare il proprio parere al Consi-glio, il quale, a sua volta, non si sarebbe dovutoesprimere sulla data dell’adesione della Turchia,bensì sulla data di inizio delle consultazioni di

rito. Il Consiglio lo ha fatto, con il parere favo-revole dell’Italia, ma a tutt’oggi la situa-

zione è in stallo. Intanto, di lun-gaggine in lungaggine, dipretesto in pretesto, il desi-derio di aderire si sta af-

fievolendo. A Praga, direcente, Obama ha gio-cato una carta pesan-te e si è espresso con

parere inequivoca-bilmente positi-vo. Apriti cielo!

In verità, non èla prima voltache gli StatiUniti pren-

dono posi-zione in fa-vore delle

ragioni del-la Turchia.

LLoo aavveevvaa ggiiàà ffaatt--ttoo George Bush ai

tempi di Copenhagen -dove venivano proposte

promozioni e liste d’attesaper nuovi ingressi nell’Unione -

e, successivamente, anche Con-doleezza Rice. Ora Barack Oba-

ma, pur pago dei successi nei tre Vertici, non haesitato a rischiare una prevedibile rispostaccia,subito regolarmente incassata. Perché? Se è ve-ro che la Turchia è uno dei più fedeli alleati nel-la Nato, è anche vero che le relazioni con oltreAtlantico non sempre sono state idilliache. GliUsa non hanno certo scordato il danno subitoquando, nella seconda guerra irachena, i turchiavevano negato sorvolo dello spazio aereo e tra-sferimento di truppe attraverso il territorio. Ilfatto è che la Turchia è strategica, e gli america-ni non possono rimanere osservatori passivi diuna deriva che la allontana dall’Occidente.Qualche avvisaglia di questo c’è, e alcune re-sponsabilità vanno ascritte alle delusioni indot-

te da alcuni Stati dell’Unione. La Turchia confi-na a oriente con Georgia, Armenia, Azerbagiane Iran, e a sud con Iraq e Siria. A nord, sullasponda del Mar Nero, ci sono Russia e Ucraina.

PPeerr ggllii aammeerriiccaannii bbaassttaa e ne avanza. Sullageostrategicità del territorio turco non ci sareb-be nulla da aggiungere: è ovvio che se è impor-tante per l’America, lo è anche per la Russia.Ma, stranamente, non sembrerebbe essere cosìper l’Europa. Erdogan, pur nel suo credo islami-co, è un europeista convinto, e sarebbe davveroun peccato se ulteriori delusioni e la pressionedelle masse rurali dovessero orientarlo in mododiverso. Come capacità di colloquio e come por-tavoce dell’Occidente e dell’islam moderato,uno “Stato di mezzo”come la Turchia non è so-stituibile. Di rilievo la mediazione non ancoraconclusa tra la Siria, il Libano e Israele, unica

propaggine occidentale nel Medioriente. È evi-dente che tutto lo spazio politico che riesce aguadagnare la Turchia non è occupato né dallaRussia né dall’Iran. Questo gli Stati Uniti lo san-no e - non importa se con Bush o con Obama -non trascureranno mai il proprio interesse na-zionale e la propria sicurezza. Resterebbero vo-lentieri con l’Europa, ma, se questa rimane sor-da, non esiteranno a emarginarla e a procederein ogni caso.

TTrraa ll’’aallttrroo iill fflluussssoo del rifornimento energeti-co ha nella Turchia i terminali più efficienti e si-curi. L’iniziativa di Erdogan dopo la guerra inGeorgia era per un Patto di Stabilità e Coopera-

zione nel Caucaso (Cscp) tra Arme-nia, Azerbagian, Georgia, Russia eTurchia, con cui salvaguardare igasdotti del Caucaso e del Mar Ca-spio, dialogando cautamente conMosca per non danneggiare i rap-porti con gli Usa e i partner cauca-

sici. È una neutralità che, con il viaggio in Tur-chia e i meriti acquisiti a Praga, Obama tenta disbilanciare a favore proprio e dell’Occidente.L’Europa sembra non capire, ripiegandosi su unparalizzante asse franco-tedesco. I greci sonoconsenzienti, gli inglesi stanno alla finestra, inordici nicchiani, Italia, Spagna e Portogallo so-no favorevoli, la Francia è contraria da sempre,come la Germania, che pur deve parte del suobenessere anche a qualche centinaio di migliaiadi lavoratori turchi. Idem Benelux. Contrariaanche l’Austria, che forse ha il ricordo ancestra-le di quando il principe Eugenio di Savoia, allatesta degli ussari polacchi, riusciva a sconfigge-re i turchi che assediavano Vienna. Il pericolo èche l’islamico Erdogan, e magari anche i laicifedeli di Ataturk, possano cominciare a pensareche «gli esami non finiscono mai» e decidere dicambiare partita.

A

Il rischio è che Erdogan (e i suoi elettori)possano decidere che gli esami di Bruxellesnon finiscono mai. Cambiando partita

Il peso specifico di Ankara e l’UnioneLo spazio politico della Turchia aiuterebbe a “calmare” le ambizioni di Russia e Iran

di Mario Arpino

a iniziato la sua carriera sui tavoli da pingpong, nel miglior stile maoista, quando erauna bambina. Da allora, da quando a cinqueanni il padre la portò per la prima volta in pa-

lestra, non si è più fermata. Deng Yaping è uno degliorgogli del mondo sportivo cinese: ha vinto quattro oriolimpici e praticamente tutte le altre competizioni -nazionali e non - che riuniscono i migliori atleti deltennis da tavolo. Dalla scorsa settimana, però, la suarotta si è invertita: irretita dalle sirene della politica, haaccettato la nomina a vice segretario della Lega comu-nista giovanile, sezione di Pechino. Nata il 5 febbraiodel 1973 a Zhengzhou, nella provincia orientale del-l’Henan, Ding è considerata una delle più grandi spor-tive della Cina moderna. A cinque anni prende in ma-no la sua prima racchetta, e quattro anni dopo vince ilcampionato giovanile provinciale. A tredici arriva laprima vittoria nazionale, che però non le apre le portedella Nazionale. Il problema è l’altezza - ferma a unmetro e mezzo - che non le consente gli allunghi ne-cessari al grande campione. Tuttavia, il suo talentocontinua a fare faville e a guadagnarsi le prime pagi-ne dei quotidiani cinesi, che ne chiedono a gran vocela convocazione. Nel 1988 la squadra olimpica le aprele porte, e lei la ripaga vincendo quattro ori consecuti-vi: Barcellona 1992 (singolo e doppio) e Atlanta 1996

(altra doppietta). Nel frattempo vince diciotto campio-nati mondiali di categoria, rimanendo al numero 1 delranking mondiale dal 1990 al 1997.

NNeell 22000033 vviieennee nnoommiinnaattaa “atleta cinese del secolo”.Dopo il suo ritiro dall’agonismo, Deng è stata nomina-ta membro delle Commissioni etica e atletica dellaCommissione olimpica internazionale. Nello stessotempo, entra ad honorem nella Conferenza consultivadel popolo cinese, la commissione incaricata di prepa-rare i lavori dell’Assemblea nazionale, il Parlamentodi Pechino che si riunisce una volta l’anno. Il ruolo tut-tavia è puramente onorario, mentre Deng sente fortela chiamata alla politica attiva. D’altra parte, il tennisda tavolo ha giocato nei libri di storia dell’Impero diMezzo un ruolo da leone. È proprio grazie a questosport, infatti, che Washington e Pechino riescono ascongelare i loro rapporti alla fine degli anni Settanta.Sono le rappresentative di ping pong dei due Paesi, in-fatti, le prime delegazioni semi-ufficiali a incontrarsi:è così che gli Usa riconoscono de facto il regime diMao. E la conferma della sua vice presidenza della Le-ga comunista - un ruolo ricoperto prima di lei dall’at-tuale presidente Hu Jintao - è il segnale che dopo il di-sgelo con gli Stati Uniti di Nixon, il ping pong conti-nua a formare i leader della Cina popolare.

H

Dopo quattro ori olimpici e numerosicampionati del mondo vinti di misura, èstata nominata “Atleta cinese del secolo”

di Vincenzo Faccioli Pintozzi

Deng Yaping. Tennistavolista con un palmares di tutto rispetto, la campionessa olimpica è diventata un quadro del Partito comunista

Dalla diplomazia alla politica del ping pongIL PERSONAGGIO

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18 aprile 2009 • pagina 17quadranteL’epicentro è stato localizzatonella provincia di Nangarhar

Terremoto in Afghanistan:

due scossee 22 vittime

embro dell’Accademia Boliviana dellaLingua, il 64enne Manfredo KempffSuárez ha da poco visto pubblicare initaliano il suo romanzo San Diablo,

definito dalla critica «una risposta boliviana alrealismo magico». Prima di dedicarsi a tempopieno alla letteratura è stato però diplomatico, ein due occasioni anche ministro. In questo mo-mento, sente appunto forte il bisogno di tornarea occuparsi di politica: «C’è la smania di presi-denti come Chávez e Morales per perpetuarsi; cisono attacchi alla democrazia; c’è una tremendaproliferazione del narcotraffico. Chávez ha det-to di aspettare Obama al Vertice di Trinidad “conuna buona artiglieria”».

Che si aspetta a proposito del ventilatoreinserimento di Cuba nell’Osa?

Per la verità, lo stesso governo cubano ha mani-festato in varie occasioni che non ha interesse arientrare nell’Or-ganizzazione.Piuttosto, gli inte-ressa la fine del-l’embargo, ma èuna prospettivache per ora misembra ancora prematura.

C’è pure aspettativa che il carisma del “pri-mo presidente nero”possa migliorare la re-lazione tra Stati Uniti e America Latina…

Certamente. Ma non è probabile che la politicaestera statunitense dia un giro totale. Gli StatiUniti hanno politiche di Stato a lungo termine enon è facile per un Mandatario determinarecambi bruschi.

Generalmente nella sinistra latinoameri-cana di governo viene distinta una lineaChávez da una linea Lula, e di Bush si èdetto che ha tentato di dividere i lulisti daichavisti…

Non so se davvero Bush ha lavorato per separa-re i chavisti dai lulisti, ma so che tra Chávez eLula esiste una distanza molto grande. Chávezdesidera affannosamente che gli si riconoscauna leadership. Nel caso di Lula la leadershipdel Brasile già c’è senza necessità di reclamarla,per il semplice peso specifico del Paese.

In questo momento c’è un pericolo per lademocrazia in Bolivia?

La democrazia boliviana è sempre stata molto

fragile anche prima di Morales, che per contosuo è un caudillo più che un capo politico.Vuolerestare al potere anche a sangue e fuoco, benchéla sua gestione di governo sia molto povera enon abbia dato soluzione a nessuno dei proble-mi più boliviani. Si è dedicato a viaggiare in tut-to il Paese a distribuire denaro del Venezuela, in-viato da Chávez. Nulla più.

Adesso c’è stata anche la denuncia di uncomplotto per ucciderlo…

La polizia a Santa Cruz ha ucciso un boliviano,un irlandese e un ungherese che si dice volesse-ro attentare contro il Presidente e il suo vice. Fi-nora non ci sono maggiori informazioni, e pro-babilmente bisognerà aspettare le dichiarazionidei due membri del gruppo che sono stati arre-stati. Gli attentati con bombe sono stati frequen-ti negli ultimi mesi di cui non si conoscono gliautori.

Diplomatico, poli-tico, scrittore.Spesso queste co-se in America La-tina sono andateassieme. Qual è lasua relazione con

questi tre aspetti della sua personalità? Equal è il ruolo dell’intellettuale in un mo-mento come quello che l’America Latinasta affrontando ora?

Effettivamente, la diplomazia e la politica so-no molto compatibili con la letteratura. Direipiù ancora la diplomazia. Pablo Neruda eAlejo Carpentier furono diplomatici. MarioVargas Llosa è stato un politico che è quasi ar-rivato alla presidenza del suo Paese. Io ho ini-ziato molto giovane nella diplomazia e daun’età molto precoce ho iniziato a scriverenarrativa, anche senza pubblicarla. Essendodiplomatico, come ambasciatore, ho scritto imiei primi quattro romanzi. Però quando poifui in politica non scrissi nulla. In Bolivia so-no stati molto frequenti questi diplomaticiscrittori e credo che siano stati i migliori. Perlo meno in passato. Noi intellettuali dobbiamosalvaguardare la nostra indipendenza dal po-tere politico. Non sottometterci. Essere re-sponsabili nelle nostre critiche, essere positivi,costruttivi, ma non cedere quando si mette arischio la nazione.

M

KABUL. Due scosse (registratedall’’Istituto geologico statuni-tense) di magnitudo rispettiva-mente 5,5 e 5,1 si sono verifica-te nella notte fra giovedì e ve-nerdì nella provincia afghanadi Nangarhar, provocando al-meno 22 vittime. Lo hanno resonoto le autorità locali. Secondotestimoni locali il bilancio dellevittime potrebbe aggravarsi. Ilsisma ha colpito prima dell’al-ba il distretto di Khogyani nel-la provincia di Nangarhar, vici-no alla frontiera con il Paki-stan. «Quattro villaggi sonostati gravemente danneggiatida due scosse - ha detto alla France Presse il governatoredel distretto, Haji Said Rahman-. In totale, 22 persone sono ri-maste uccise e 30 ferite. Più di200 case sono state distrutte».Ahmad Shekib Hamraz, re-sponsabile dell’unità di crisi,spiega che «l’epicentro è statolocalizzato a circa 45 km dal di-stretto di Sherzad».

FFoonnttii llooccaallii del villaggio diMir Gadkhel riferiscono di per-sone che scavano a mani nudefra le macerie delle case crolla-te in cerca di corpi. ShahMohammad Khan, abitante diun villaggio di Sherzad, parlainvece di 40 morti e 60 feriti; lecifre non sono ancora state con-fermate dai funzionari di gover-no. «Centinaia di abitazioni -

racconta l’uomo - sono andatedistrutte». Le forze statunitensidi stanza nella regione si sonodette disponibili ad assistere ivolontari della mezzaluna ros-sa nelle operazioni di soccorso,se Kabul darà il via libera all’in-tervento. La regione si trova inun’area remota del Paese; lalontananza rende ancora piùcomplicate le operazioni dellesquadre della protezione civile.Nel recente passato l’area alconfine fra Pakistan e Afghani-stan è stata spesso teatro di fe-nomeni sismici, alcuni dei qualidi forte intensità. Nell’ottobredel 2005, nel Pakistan nord-oc-cidentale, un terremoto di ma-gnitudo 7,6 ha ucciso 74milapersone; 3,5 milioni circa glisfollati a causa del sisma.

In tutto il Paese sono 380mila gli adoratori della Forza

In Scoziaotto poliziottisi dichiaranocavalieri Jedi

GLASGOW. La Forza scorrepossente tra le fila dalla poliziascozzese. Otto agenti dellaStrathclyde Police e due mem-bri del suo staff si sono infattidichiarati seguaci della fede deiJedi: i custodi dell’ordine e del-la pace nell’universo di GuerreStellari, la saga creata dallafantasia di George Lucas. È sta-ta la rivista Jane’s Police Re-view a effettuare la singolarescoperta. Che ha ottenuto leinformazioni grazie al Freedomof Information Act, la legge cheobbliga gli organismi statalibritannici a rendere disponibilii dati in loro possesso in segui-to ad apposita richiesta. «Inve-ce di vivere tanto tempo fa inuna galassia lontana lontana -ha detto Chris Herbert, il diret-

tore di Jane’s Police Review -alcuni membri del nobile ordi-ne dei Jedi hanno scelto Gla-sgow e le sue strade come la lo-ro casa. La Forza sembra dun-que scorrere possente nellaStrathclyde Police». Circostan-za confermata da un portavocedella polizia stessa. Che dice:«Al momento della richiesta 10persone, otto agenti e duemembri dello staff, si sono di-chiarate seguaci della religioneancestrale dei cavalieri Jedi».

II ppoolliizziioottttii ssccoozzzzeessii non sonoperò gli unici a seguire gli inse-gnamenti del maestro Yoda. Nelcensimento del 2001, infatti, inGalles e Inghilterra ben 390mi-la persone si sono dette segua-ci della religione dei Jedi. Diqueste, oltre 14mila sono resi-denti in Scozia.L’Office for Na-tional Statistics ha però decisodi inserire i Jedi britannici nel-la categoria degli atei, rifiutan-do loro lo status di religione.Poco male. I fratelli Barney eDaniel Jones hanno decisol’anno passato di rimediare ehanno fondato la United King-dom Church of the Jedi, la chie-sa britannica dei cavalieri stel-lari adoratori della misteriosaForza. Tra le attività della chie-sa figurano sermoni sulla sco-nosciuta fonte di potere cosmi-co, tecniche di meditazione elezioni di spada laser.

«Chávez e Morales vogliono l’eternità»

L’opinione dell’ex ministro boliviano Kempff Suárezdi Maurizio Stefanini

Il rientro di Cuba nel vertice dell’Americadel sud «non è in agenda. Loro speranoche Obama ponga fine all’embargo»

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L’Aquila risorge sui libriL’Aquila risorge sui libriViaggio tra le biblioteche della città

“sopravvissute” a tutte le scosse di terremotodi Andrea Capaccioni

L’AQUILA. Fino a po-chi giorni fa in via delCollegio Romano, sededel ministero per i Benie le Attività culturali,circolavano voci insi-stenti su un’imminentepartenza del ministro.Bondi, chiamato a piùgravosi impegni di par-tito, non se la sarebbesentita di proseguire eavrebbe lasciato il di-castero al sottosegreta-rio Paolo Bonaiuti. Ilterremoto abruzzeseha però cambiato loscenario. Berlusconi,già contrario a metterein pericolo delicatiequilibri, ha fatto capi-re che con un’emer-genza in atto il governodeve apparire compat-to. Il ministero per i Be-ni culturali ha ora biso-gno di una guida sicuraperché chiamato in pri-ma fila a occuparsi del-la ricostruzione. Anchelo Scudo blu, la Crocerossa internazionaledei beni culturali, si èpronunciata sui dannigravi subiti da chiese, palazzi,edifici storici, biblioteche e ar-chivi. Così il ministro ha lan-ciato proprio in questi giorni,nel corso di una trasmissioneradio, un messaggio chiaro: sirecherà ogni settimana all’A-quila da dove coordinerà unaparte del suo lavoro per la rico-struzione del patrimonio arti-stico abruzzese.

LLaa ssiittuuaazziioonnee delle bibliote-che dopo il 6 aprile è critica. LaBiblioteca provinciale “Salvato-re Tommasi”dell’Aquila è senzadubbio una delle più importan-ti della Regione. Aperta al pub-blico dal 1848, ma costituitasigià alcuni decenni prima, è unadi quelle istituzioni che hanno

cambiato il corso dellastoria delle bi-blioteche abruz-zesi. La

sua inaugurazione aveva inter-rotto il fenomeno della disper-sione di documenti e libri versocittà come Roma e Napoli, dovemigravano i più importanti in-tellettuali locali. Per la sua im-portanza la biblioteca è collo-cata in piazza Palazzo nel cen-tro della città (con una sezionedistaccata nell’Abbazia di Col-

lemaggio). Nelprimo sopralluogopost terremoto, il

direttore della biblio-teca e i vigili del fuocohanno constatato ilcrollo delle volte dellascalinata affrescatenei primi del ’900 dalpittore e decoratoreaquilano Carlo Patri-gnani. Dopo aversgomberato le vie diaccesso è stato possi-bile effettuare un altrosopralluogo che hamesso in evidenza chevi sono gravi lesioniinterne ma la struttu-ra ha tenuto e la co-pertura della bibliote-ca è integra, per cuinon sembrano essercipericoli immediati peri manoscritti, gli incu-naboli, le cinquecenti-ne (ca. 3.500) e i fondimoderni. La situazio-ne è naturalmente inevoluzione e può es-ser seguita dalla pagi-na speciale che l’As-sociazione italiana bi-blioteche (Aib) hacreato per l’occasione(www.aib.it). Anche laricca biblioteca del-

l’Archivio di Stato - l’istitutopiange la scomparsa di una suafunzionaria - è in pericolo. Lavalutazione dei danni subiti daicirca 14mila volumi è in corso.Da un primo comunicato delministero i documenti e i librisembrano «raggiungibili equindi asportabili e il perdura-re delle scosse sismiche consi-glia di effettuare le operazionidi trasferimento ad altra sedenel più breve tempo possibile,data l’assoluta precarietà dellestrutture già gravemente com-promesse». Il materiale saràper il momento portato nelnuovo Archivio di Stato di Sul-mona. Non ci sono ancora noti-zie sulla Biblioteca della Depu-tazione di storia patria “A. L.Antinori” (Abbazia di Colle-maggio) edella Bi-bliotecadella mon-tagna del

CAI L’Aquila. Per quanto ri-guarda l’Università de L’Aquilarisultano gravemente danneg-giate le Facoltà di Lettere,Scienze della Formazione eScienze Motorie situate nelcentro storico. Il preside dellaFacoltà di Lettere Giannino DiTommaso nel confermare, conun messaggio toccante rivoltoa docenti e studenti, lo stato didistruzione pressoché totaledelle strutture della facoltà hafatto sapere che «la Bibliotecaè salva» e che «il significatosimbolico dei libri salvati ac-quista una carica speciale: daluogo di custodia della culturae del sapere conquistato e ac-cresciuto nei secoli, essa diven-ta per noi, ora, la base, il puntodi partenza e il centro della vi-ta e della ricostruzione della

Facoltà». Le Facoltà e le biblio-teche di Medicina e Scienze (lo-calità Coppito), così come le bi-blioteche delle Facoltà di Inge-gneria e di Economia (Roio) so-no ospitate in edifici solo par-zialmente danneggiati. Le atti-vità universitarie non sono so-spese: sono garantiti gli esamie le lauree (già pronti gli elen-chi dei laureandi), i primi con-sigli di facoltà si sono svoltinelle sedi agibili. L’Universitàha riattivato in pochi giorni ilsito internet, oggi completa-mente ristrutturato, e apertodei blog per comunicare constudenti e docenti. Non si han-no ancora notizie certe sulle bi-blioteche ecclesiastiche e pri-vate.

CChhee ffaarree?? La biblioteca pub-blica svolge un’importante fun-zione sociale, anche nei mo-menti di emergenza. Può aiuta-re a migliorare la qualità dellavita nelle aree di ricovero. Ilministero per i Beni e le atti-vità culturali potrebbe alle-

In queste pagine, alcune

drammticheimmagini

del devastanteterremoto

che lo scorso 6 aprile ha messo

in ginocchioL’Abruzzo.

Alcuni edifici però sembrano

aver retto al violentissimo

urto: sono diversebibliotechepubbliche

e universitarie, che nonostante le diffuse lesioni

sono rimaste in piedi

L’inchiesta. Nonostante diffuse lesioni, la maggior parte delle strutture pubblichee universitarie ha retto all’urto. Intanto, si moltiplicano bibliobus e bibliotende

Il preside della Facoltà di Lettere:«Il significato simbolicodei volumi salvatiacquista una caricaspeciale: il punto da cui ripartire»

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stire due o tre bibliotende,grandi biblioteche da campocon libri e spazi di lettura e stu-dio, con collegamenti internet ecomputer (forniti gratuitamen-te da gestori di telefonia e dittecostruttrici). I

bbiibblliiootteeccaarrii aquilani e abruz-zesi sono pronti a tornare al la-voro (qualcuno lo ha già fatto),così come la soprintendenza aiBeni librari (Regione) e la se-zione Abruzzo dell’Aib, che stavalutando l’ipotesi con le altresezioni e il comitato nazionaledi allestire un biblobus. Anche Fahrenheit, la trasmissione diRadio 3 che si occupa di libri,ha promosso una raccolta di li-bri che saranno collocati in unpullman, messo a disposizionedall’Azienda mobilità aquilana,

che girerà nei diversi campi al-lestiti in Abruzzo. I libri per lebibliotende (ma anche per le al-tre iniziative) potrebbero esse-re messi a disposizione dal“Centro per il libro e la lettura”,uno dei nuovi istituti del Mini-stero, che fungerebbe anche dacoordinamento per donazionida parte di editori, librerie, pri-vati, enti. La scelta dei nuovi li-bri andrebbe affidata a comita-ti composti da cittadini interes-sati all’iniziativa e da bibliote-cari. In questa prima fase unaparte del personale delle biblio-teche cittadine, per ora chiuse,potrebbe svolgere il proprio la-voro nelle bibliotende affianca-to da studenti universitari e davolontari. Andrebbe istituitoanche il servizio di catalogazio-ne e riconsegna dei libri recu-

perati. Man mano che le mace-rie vengono sgombrate e che glioggetti personali vengono rac-colti, i libri potranno essere di-rottati verso le nuove strutture,censiti e messi a disposizionedei proprietari. La sera le bi-bliotende possono ospitarespettacoli, presentazioni di li-bri, spazi comuni per collegar-

si a internet, ecc.Quando giungerà ilmomento in cui ai

bibliotecari saràchiesto di concen-

trare gli sforzi sul recupero e lasistemazione delle raccolteconservate nelle bibliotechecolpite, saranno i volontari agarantire la continuità dei ser-vizi. Per le biblioteche universi-tarie il problema sembra piùcomplesso. Didattica e consul-tazione del materiale librariosono strettamente collegati. LaCalifornia StateUniversity,Northridge(25 mila stu-denti) fu col-

pita nel gennaio del 1994 da unforte terremoto (6.7 grado dellascala Richter) che provocò gra-vi danni all’intero campus, maper fortuna solo pochi feriti. Ilservizio bibliotecario fu riatti-vato in emergenza già in pri-mavera. Parte delle attività fu-rono dirottate verso altre bi-blioteche universitarie delloStato. Per facilitare gli studentifu predisposto un servizio di as-sistenza (punti di informazione,depliant, bus) e i bibliotecaridella Csun andarono ad affian-care i colleghi delle universitàospitanti. La California StateUniversity intanto si era orga-nizzata per ripristinare in unasede provvisoria alcuni serviziessenziali come il prestito di li-bri e la fornitura di documenti.

LL’’uunniivveerrssiittàà dell’Aquila dovràfissare delle priorità. Mentre laricerca - per le facoltà le cuistrutture risultano più danneg-giate - subirà dei ritardi, la di-dattica non può fermarsi. Latecnologia indica una stradapercorribile. Si possono mette-re in rete le dispense delle le-zioni e perfino i libri di testo inmodo che sia possibile per tuttiscaricarli e poterli studiare. An-che le lezioni possono esseremesse on line in modo sempliceed economico. Basta attivareun programma su uno dei ca-nali universitari di “YouTubeEdu” o “iTunes U”, sistemareuna telecamera digitale in aulae riprendere la lezione del do-cente. Gli studenti fuori sede, inparticolare quelli residenti fuo-ri regione, potrebbero seguirele lezioni del secondo semestresenza i disagi di uno sposta-mento in zone in emergenza fa-vorendo così anche l’organiz-zazione dei soccorsi. Nel blogattivato dall’Università sonomolti gli studenti che chiedonoquesto tipo di interventi. Unadelle bibliotende potrebbe poiessere gestita dall’Universitàdell’Aquila - con i contributidel ministero dell’Università -per le proprie esigenze: salastudio, punto internet, serviziodi download, stampa e fotoco-piatura gratuiti. Le sedi ancoraagibili potrebbero ospitare lelezioni mentre andrebbero in-dividuate delle strutture tem-poranee dove trasportare i libriordinarli e renderli fruibili.Nella gestione della ricostru-zione, e in particolare in quellafase che gli specialisti defini-scono di post-disaster, le bi-blioteche ricoprono senza dub-bio un ruolo importante comedimostrano le iniziative che inquesti giorni si stanno moltipli-cando e che ora sarà utile col-legare e coordinare.

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utti felici e contenti dopo il G20 diLondra, democrazie e non-demo-crazie unite in una visione pro-gressiva delle fortune economi-

che mondiali: l’importante è che le eco-nomie emergenti continuino ad acqui-stare titoli del Tesoro americano oppureche si impegnino un minimo alla cresci-ta della domanda, tutto il resto passa insecondo piano, le porte del Fondo Mo-netario Internazionale sono aperte atutti, proprio tutti.Per quel pensiero di filo-sofia politica che fati-ca anche a pronun-ciare il suo “–ismo”di-venta difficile trovareuna collocazione ra-zionale a quanto, a se-guito della crisi econo-mica, sta accadendo. Illiberalismo apparesempre un pensieroispiratore irrinunciabilese lo si pone a confrontocon le altre forme di go-verno che oggi vanno af-fermandosi nel mondo: ilcomunismo politico cine-se, il populismo venezue-lano, la teocrazia iraniana,l’autoritarismo del presi-denzialismo russo; ma è indubbio chesotto il velo della ragion di Stato sistemidi governo alternativi alle democrazieliberali stiano trovando una nuova legit-timazione.

AAllaann WWoollffee con The Future of Liberali-sm (Knops, 2009, pagg. 352) propone l’i-dea che siano maturi i tempi per una ri-composizione della frattura interna alpensiero liberale, la debolezza del libe-ralismo di oggi sarebbe tutta nella divi-sione tra i suoi sostenitori che i liberali

Tdi destra (leggi libertarian) hanno pro-vocato con la loro interpretazione delruolo dello Stato di diritto o del gover-no, della libertà personale o di quelladei mercati. Il professore del BostonCollege, nel suo pregevole lavoro di ri-costruzione dell’intera storia del libera-lismo, sostiene che la crescita di questavisione della politica e dello Stato, lasua presa transnazionale su vaste plateecittadine a partire dagli anni ’70, sia so-

stanzialmente immoti-vata e sotto il profilo

intellettuale in-coerente giacchéfacendo propriala presunzionedei libertarian

che la libertà del singolo importi allostesso modo della libertà di ognuno,verrebbe sovvertito il presupposto “de-mocratico”su cui si basa l’essenza stes-sa del liberalismo.

SSeeccoonnddoo WWoollffee il liberale nel suo pun-to di vista è orientato ad interessarsi alvalore della vita umana e questa tradi-zione di pensiero ha le sue basi nell’au-tonomia morale ed intellettuale teoriz-zata da Kant, nella battaglia per la dife-sa dall’arbitrio professata da BenjaminConstant, nella promozione dell’indivi-

dualismo di John Stuart Mill. Per Wolfele libertà contemporanee sono spesso li-mitate dall’irrompere nel gioco dellacooperazione volontaria tra gli indivi-dui di forze al di là del controllo dell’in-dividuo stesso, l’autorità e la necessitàdi uno Stato ben presente nella societànasce proprio dalla necessità di assicu-rare al corpo sociale una azione di con-tro-bilanciamento capace di contrastaregli abusi di tali forze. E qui Wolfe toccail punto, infatti i liberta-rian si sono da sempre

opposti ad una visio-ne di un governo cheintervenga o si inter-ponga non solo neirapporti economicidei cittadini, ma che ne limiti in qualun-que modo la discrezionalità anche se innome dell’uguaglianza, per essi spessole forze contro cui per Wolfe è necessa-rio l’intervento dello Stato diventano ca-paci di interferire nella cooperazionevolontaria degli individui proprio graziealla connivenza o al fiancheggiamentodei governi e degli apparati statali.

AAll lleettttoorree iinntteerreessssaattoo alla querelle sioffre la lettura incrociata della ristampadel classico datato 1971 di John Ho-spers, Libertarianism (502 pagg,

Authors Choice Press), un testo divenu-to un manifesto per questa parte dimondo liberale, un libro scritto un annoprima del tentativo di questi di correrecontro Jimmy Carter per il LibertarianParty, il terzo partito americano, un li-bro che lanciò un idea di governo percui la felicità dei cittadini importa piùdel rigore economico e più del patriotti-smo e che ai vari Kant, Constant e Milloppose la tradizione dell’inefficienza

dell’azione statale di Bastiat, lacritica al pensiero di

Keynes di Hazlitt, lascuola degli econo-misti austriaci di vonMises e il neo aristo-telismo di Ayn Rand.

IIll lliibbrroo ddii WWoollffee è an-dato in stampa primadella salita alla CasaBianca di Barack Oba-ma, ma benché taleevento sia senz’altrostato il segnale di unarinascita dell’opzione li-beral negli States, a giu-dicare dalle recenti divi-sioni – non solo politiche- in merito all’approva-zione del budget o ai vari

piani di salvataggio finanziari, diventadifficile ipotizzare uno svuotamentodelle ragioni di una separazione con l’a-la dei libertarian.I lavori di Wolfe e Hospers restano unimportante contributo sulla strada dellaricerca di un autentico spirito liberale intempi in cui conservatorismi a vario ti-tolo - consapevolmente o meno - sullascia della crisi giocano a minarne l’au-torità, dimenticando pericolosamente ilcarattere delle alternative che bussanodietro la porta.

Diaspore. Un libro di Alan Wolfe tenta (senza riuscirci troppo) di ricomporre la divisione tra liberal di sinistra e libertarian di destra

Liberalismi al tempo della crisidi Giampiero Ricci

La scuolaaustriaca

dell’economia,di cui Ludwig

von Mises(nella foto)è uno deimassimi

rappresentanti,ha esercitato

una fortissimainfluenza

sullo sviluppodel pensierolibertarian

negli Stati Uniti

È uscita la ristampa del classico “Libertarianism”di Hospers, nel quale a Mill,Rousseau e Keynes vengonocontrapposti Bastiat, von Mises e l’oggettivismo di Ayn Rand

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Libri. Scene di vita inedite (o scomparse) in un nuovo volume corredato di dvd

Quel Luigi Tencoche non t’aspetti

di Matteo Poddi

uigi Tenco chi? È proprioper evitare una doman-da simile che è nato ilprogetto, libro più dvd,

intitolato Luigi Tenco, per la te-sta grandi idee di Enrico de An-gelis, uno degli organizzatoristorici del premio Tenco, e Ma-rio Dentone scrittore nonchécollaboratore letterario dell’U-niversità di Genova. Quest’ope-ra vede la luce grazie alla colla-borazione tra Radiofandango,la Rai, la Fondazione Gaber e lafamiglia Tenco. Si tratta di unlavoro esaustivo costituito daun libro a colori di 124 pagine eda un dvd che raccoglie tutti idocumenti video riguardantil’artista rimasti nelle teche Raie non solo. Ma perché un libroe un dvd incentrati proprio suTenco? Forse perché si sentival’esigenza di far conoscere l’ar-tista, scomparso drammatica-mente nel 1967 a Sanremo, at-traverso un collage di episodipersonali piuttosto che attra-verso le solite disquisizioni tec-niche o critiche.

IInn sseeccoonnddoo lluuooggoo è interes-sante, specie in un’epoca in cuila musica appare totalmenteasservita alla logica della tele-visione, analizzare un perso-naggio che non è stato mai con-siderato molto “televisivo” eche, tuttavia, è ancora oggi ilsimbolo della canzone d’autoreitaliana. Diciamo che tra Tencoe la tv non c’è mai stato molto feeling. La diffidenza era reci-proca.Tenco non rispecchiava icanoni televisivi: era troppomalinconico e tenebroso e sipresentava al grande pubblicocon canzoni difficili e comples-se. Non a caso sono poche le te-stimonianze visive della suacarriera. Ma proprio per questoquelle rimaste, e raccolte neldvd, costituiscono un vero teso-ro da mettere al riparo. Tantopiù che il rischio di una danna-tio memoriae c’è eccome se sipensa che la sua ultima appari-zione televisiva è stata cancel-lata dai nastri della Rai, comel’intero Festival di Sanremo 1967. Per quanto molti abili ri-cercatori si siano cimentati nel-l’impresa di recuperare ulterio-ri frammenti, di quell’edizionedel festival ci è rimasto solo unbrevissimo spezzone delle pro-ve pomeridiane che lo ritrae disguincio. Dopodiché l’oblio. Laleggenda vuole che la registra-zione sia stata sequestrata dal-la magistratura per le indaginirelative alla sua morte, attribui-ta generalmente a suicidio ep-pure ancora avvolta da un velodi mistero. Il suo corpo venneritrovato in una dependancedell’Hotel Savoy da Dailda cheper prima ebbe modo di legge-re il biglietto vergato a mano,dallo stesso Tenco, che recitava: «Io ho voluto bene al pubblicoitaliano e gli ho dedicato inutil-mente cinque anni della miavita. Faccio questo nonperché sono stancodella vita

L

(tutt’altro) ma come atto di pro-testa contro un pubblico chemanda Io tu e le rose in finale ead una commissione che sele-ziona La rivoluzione. Speroche serva a chiarire leidee a qualcuno.Ciao. Luigi». Ma lamorte dell’artista,lungi dal chiarire leidee a qualcuno o amolti, non ha fatto al-tro che alimentare idubbi e le illazioni sullasua fine. Per anni. La posi-zione degli autori di questoprogetto è chiara. Sulla scom-parsa di Luigi Tenco non furo-no svolte indagini serie. E ilpunto sul quale intendono

far luce è che, a parte l’edizionedel ’67 del Festival di Sanremo,mancano all’appello nelle te-che Rai alcune sue partecipa-

zioni a cominciare da quel-la a un Concerto di

Giampiero Boneschi (ex vicedirettore del-la Ricordi nonché ar-rangiatore di molte

sue canzoni) tra-smesso il 23

gennaio 1963 per poi prosegui-re con le 8 puntate della serie La comare andate in onda dal16 febbraio al 5 aprile 1954. Ildvd però non contiene solo leperle di una tv d’altri tempi, maanche le tracce degli esordi ci-nematografici di Tenco che in-terpretò per la prima volta unacanzone, non sua ma dell’ami-co Fabrizio De André, nel film La cuccagna di Luciano Salce(1962). È solo nel 1964, con ilpassaggio discografico dallaRicordi alla Saar, che i suoi di-schi cominciano ad essere pro-mossi in video. E non solo. Inquello stesso anno infatti erastato commercializzato il Cine-box ovvero il videojukebox ita-liano.Veri e propri predecesso-ri degli attuali videoclip in heavy rotation in tutte le emit-tenti musicali i video prodottiper il Cinebox, girati in pellico-la, venivano spesso utilizzatianche per la tv o il cinema. Avalorizzare veramente LuigiTenco in tv fu, invece, GiorgioGaber. In due delle sue storichee anticonformiste serie televisi-ve (Questo & quello e Le nostreserate) Gaber ospita l’amicocon cui aveva condiviso i primirock’n’roll ed è subito successo.

IIll 11996666 èè ll’’aannnnoo di un ulteriorepassaggio per Tenco: quellodalla Saar alla Rca che puntasull’intensificazione della pro-mozione televisiva dei suoi di-schi. Così nel ’66 Tenco si ritro-va sul piccolo schermo per untempo complessivo superiore atutti gli anni precedenti messiinsieme. In Scala reale PeppinoDe Filippo, affiancato da Wal-ter Chiari, lo introduce in Lon-tano lontano senza alcunaconsapevolezza del fatto che,di lì a poco, quella canzone sa-rebbe diventata un capolavoroannoverato tra i classici dellacanzone italiana. E il 13 no-vembre, nemmeno tre mesi pri-ma della morte, la Rai gli dedi-

ca un intero special, In-contro con Luigi Tenco.Questi, a grandi linee, icontenuti del dvd. Quan-to al libro c’è da dire chenon è stato pensato co-me l’ennesima biografiadell’artista bensì comeun vero e proprio rac-conto incentrato sulmeccanismo, tipicamen-te pirandelliano, che siviene a creare dall’inte-razione tra persona epersonaggio. Erano glianni in cui, infatti, ognicantante, per sfondare,aveva bisogno di cucirsiaddosso un personag-gio: per Gianni Morandiquello dell’eterno ragaz-zino, per Rita Pavonequello di Giamburrascae così via. Forse Tenco siritrovò a pagare il prez-zo, salatissimo, della suascelta controcorrente:quella di non permetterea nessuno di trasformar-lo in un personaggio.

La posizionedegli autori di questoprogetto è chiara:«Sulla sua tragica e drammatica morte non furono svolteindagini serie»

In alto e a sinistra, due fotodi Luigi Tenco. Qui sopra, la

copertina del libro, corredato di dvd,“Per la testa grandi idee” di Enricode Angelis, uno degli organizzatori

storici del premio Tenco, e MarioDentone dell’Università di Genova

18 aprile 2009 • pagina 21spettacoli

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LL’’OOCCCCHHIIOO DDEELL MMOONNDDOO -- LLee ooppiinniioonnii ddeellllaa ssttaammppaa iinntteerrnnaazziioonnaallee

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Il grande orecchio di Obamal lavoro l’aveva cominciato già George W. Bush.Aveva chiesto alla National security agency, l’istitu-zione che si occupa di spionaggio elettronico, di po-ter utilizzare i sistemi di protezione delle reti digita-

li militari anche per difendere i computer governatividagli attacchi informatici. I funzionari della Nsa dati inprestito all’Homeland security ad un certo punto tenta-rono di velocizzare le procedure usando un softwareclassificato. Questo bug anti intrusione veniva liberatonella rete e doveva bloccare gli attacchi cybernetici pri-ma che arrivassero alla soglia d’entrata dei sistemiinformatici. Ora l’amministrazione Obama sta cercan-do di dare un’occhiata al piano Bush per la difesa infor-matica, come indicazione per la revisione del progettosicurezza cybernetica che da un paio di mesi sta met-tendo a punto e che ieri è stato ultimato. Da alcunecommissioni congressuali sono stati sollevati dei dubbiper le possibili ripercussioni in termini di costrizionedelle libertà civili e sul diritto alla privacy che questenuove tecnologie potrebbero inficiare.

SSii cchhiiaammaa Comprehensive national cybersecurityinitiative, quella messa in campo da Bush, in gran par-te è ancora classificata, ed quella che ha generato tan-te ansietà per la capacità di mettere il naso nelle e-mail, nei pc e nelle conversazioni telefoniche dei citta-dini statunitensi. Le preoccupazioni nascono dallapossibilità che le informazioni così catalogate, venga-no usate in modo illegittimo a detrimento delle libertàdemocratiche. È questo uno dei temi più spinosi chedovrà affrontare Barack Obama. Dare in appalto allaNsa la gestione della sicurezza informatica di tuttol’apparato governativo, senza ingenerare sospetti esfiducia negli americani.Visto anche l’attivismo degli

Ihacker nel continuo tentativo di violare non solo lereti militari, ma anche quelle che controllano l’ener-gia, il mondo delle banche e quello delle telecomuni-cazioni. I difensori dell’Agenzia affermano che sial’unica istituzione in grado di garantire un certo li-vello di sicurezza, combattendo gli attacchi cyberne-tici e potendo realizzare una complessa strategia disalvaguardia delle reti di connessione. I problemi diordine giuridico nascono sull’opportunità che si oc-cupi anche della protezione dei sistemi civili, com-merciali e privati. C’è chi è convinto che neanchel’Nsa abbia tutte le competenze del caso; altri inve-ce affermano che «sono loro a poter mettere in attotutte le azioni necessarie», come l’esperto del Csis,James S. Lewis. Il punto è: come sarà possibile sor-vegliare un privato cittadino senza il mandato di unmagistrato? Sono nate anche delle polemiche suidettagli di attribuzione che hanno coinvolto ancheJanet Napoletano, segretario all’Homeland security.L’idea di molti è quella di usare le capacità spionisti-che per individuare le minacce e quelle difensive percontrastarle. È questa l’opinione del direttore dell’N-sa, Keith B. Alexander, espressa poco tempo fa pub-blicamente. L’obiettivo sarebbe quello di creare unsistema early warning, di allarme avanzato, che per-metta d’intervenire con la velocità che in questo set-tore è già parte della soluzione. Intanto i rappresen-tanti degli organi del Congresso preposti al control-lo delle attività d’intelligence hanno affermato checontinueranno con la verifica di ciò che è stato rive-lato da un’inchiesta del New York Times. Cioè chel’Nsa, durante l’attività di sorveglianza di gruppistranieri, abbia intercettato anche le conversazionidi privati cittadini americani. Comunque in numero-

si breafing condotti con esperti del dipartimento diGiustizia, sarebbero state messe a punto delle proce-dure per salvaguardare la privacy di questi soggetti.

UUnnaa ddiimmoossttrraazziioonnee dell’intenso lavoro di coordi-namento tra intelligence e magistratura, che daqualche anno è diventata la cifra per capire la nuo-va frontiera del diritto e della sicurezza e quelli chesaranno i cambiamenti in futuro. In termini di ga-ranzie individuali e di protezione contro il terrori-smo informatico. Anche l’ammiraglio Dennis C.Blair, il Director of national intelligence che con-trolla tutte le agenzie americane – compreso l’Nsa– aveva ammesso alcune mancanze, ma «del tuttoinvolontarie» nelle procedure d’intercettazione. In-somma, senza il grande orecchio ci sarebbe benpoco da fare, se non arrendersi al nemico.

di Ellen Nakashima

dal ”Washington Post” del 17/04/2009

Cosa c’è di meglio di una bella coppa di gelato? L’aspetto non sarà dei più invitanti, ma il contenuto è delizioso! Parola di Modern Toilet, una catena di ristoranti di Taiwan dal tema a dir poco insolito:

la toilette. Non solo dessert, qui si può gustare una cena servita in “eleganti” scodelle a forma di wc. E per pulirsi la bocca un pratico rotolo di carta igienica da condividere con gli amici

Coppa a sorpresa

BARACK COME PROSPERODopo aver piazzato missili sulpianerottolo di casa Putin ci sipuò aspettare che Ivan ci inviti alsuo samovar dove gli domandere-mo una “raccomandazione” versoSiria e Iran, indispensabile pre-messa ad una soluzione del pro-blema palestinese e propedeuticaad evitare un pericolosissimo lo-gico attacco israeliano ai siti nu-cleari iraniani? Prima di riprecipi-tare il mondo verso una instabilitàdagli sbocchi imprevedibili, valela pena provare ad essere aperti anuovi teatri. Non mi illudo certoche Obama sia, come nella Tem-pesta, un Prospero con il suoAriel, ma vedremo quello che sa-prà costruire, sapendo che solochi è forte davvero può permetter-si di ”agire”come uomo di pace.

DDiinnoo MMaazzzzoolleennii

LA CGIL VUOLE RAPPRESENTARELA SINISTRA CHE NON C’ÈLa Cgil vuole il referendum, manel meandro delle contraddizionidella sinistra, scorda che i Ds furo-no i primi a criticare l’istituto refe-rendario, quando parecchi anni fa,si votò contemporaneamente supiù quesiti. Molti di questi caldeg-giati anche dalla destra, come laresponsabilità dei giudici, le disci-pline sindacali ed altre questioni.Solo ora qualcuno si accorge chela Cgil vuole rappresentare la sini-stra che non c’è, ma occorre ricor-dare sempre che la linearità è laprima dote di un modulo politicodestinato a durare nel tempo.

BB..RR..

ERRORI LESSICALIPotrà anche essere opportuna lanascita di un grande partito di cen-

tro, come professa Pier Ferdinan-do Casini, ma indipendentementedalla valenza che esso possa avereall’interno del sistema bipartitico,resta il fatto che nel nome “Partitodella Nazione” sembra che si rubiqualcosa di lessicale a destra, per-ché si è sforati in un campo moltoparticolare se si parla di “Nazione”.Anche il Pd potrebbe dirsi discre-

pante in tal senso,perché la Demo-crazia non è un patrimonio di po-chi, soprattutto se parliamo deglieredi della sinistra.

BBrruunnaa RRoossssoo

FIOCCO ROSA A LIBERALÈ nata Livia Novi, la primogenitadi Annalisa ed Errico. Ai neoge-nitori vanno gli affettuosissimi

auguri di tutta la redazione.“’A criatura p’ ’o’ pate addeventapazza, ’o pate p’ ’a criatura adde-venta fesso”.“A vera ricchezza d’’a casa songo’e figlie”.“’E figlie so’ piezze ’e còre”.“Mazza e panella fanno ’e figliebell; panella senza mazza fanno’e figlie pazze”.

C’è un silenzio generale sulla concausa madre delle sventure umane: l’e-splosione demografica mondiale.Tale fenomeno accentua la scarsità procapite di natura incontaminata, beni e servizi. Il crescente sovraffolla-mento cementifica, deforesta, riduce lo spazio vitale per ogni persona.Inoltre, concausa fame, inquinamento,guerra,crimine,aggressività e mi-grazioni sradicanti. La legittima crescita dei bisogni, pretese e consumid’ogni singolo essere umano evidenzia la gravità dei predetti inconve-nienti. Il miglioramento della qualità della vita non si concilia con l’au-mento strutturale della popolazione. Conviene stabilizzare l’attuale po-polazione e insegnare l’educazione alla procreazione responsabile e laprogrammazione familiare. Nella procreazione, l’istinto va subordinatoalla ragione, onde generare vite destinate alla serenità, non alla sofferen-za. L’uomo non è stallone; la donna non è fattrice. L’amore fra la donnae l’uomo è l’obiettivo del matrimonio, che può riuscire anche senza figli.

GGiiaannffrraannccoo NNììbbaallee

LL’’IIMMMMAAGGIINNEEStabilizziamo la popolazione e insegnamol’educazione alla procreazione responsabile

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IL VECCHIO VIZIO DELLA CENSURA E “ANNOZERO”

Sulla vicenda Santoro-Anno Zero di queste ore mipare che in Rai si stia superando veramente il limi-te della decenza. Sono abituato a pensare che nonesistano trasmissioni oggettive e quindi a non pren-dere come verità assolute le informazioni che esco-no dai media: le trasmissioni di Santoro non fannonaturalmente eccezione.Per questo mi pare difficile da accettare, come cit-tadini liberi, che si imponga ad “Annozero” di fareuna trasmissione “riparatrice” di fronte a quantodetto nel corso dell’ultima puntata riguardante ilterremoto in Abruzzo. Anche perché, se in trasmis-sione vengono dette falsità c’è sempre la magistra-tura che può intervenire.Di più, si è arrivati a sospendere il vignettista Vau-ro che in quella trasmissione rappresenta la satira,che da sempre dovrebbe essere lo strumento più al-to di libertà. E se la vignetta è stata di cattivo gu-sto, la gente è capace di giudicare da sola: lasciamostare le sospensioni da regime.E invece il nuovodirettore genera-le della Rai, Mau-ro Masi, è arriva-to in solo settegiorni a metteresotto inchiesta“Annozero”, a so-spendere Vauro ead inviare al co-mitato etico del-l’azienda unapuntata di “Re-port” che non sa-rebbe piaciuta alministro Tremon-ti: come ha dettoqualcuno, l’inqui-sitore Torquema-da sarebbe statopiù cauto… Dopodiché, come successo in passatoper molti altri giornalisti televisivi “scomodi”, adesempio Antonio Socci, la dirigenza Rai può esserelibera in futuro di decidere di non fare più “Annoze-ro” e dare spazio ad altri giornalisti. Ma lasciamostare le trasmissioni “riparatrici” e le sospensioni dicomici e vignettisti come Vauro, perché allora si ri-schia veramente uno scivolamento dei diritti mini-mi di libertà. Con il risultato peraltro di trovarcinuovamente Michele Santoro come il martire delnuovo millennio.Insopportabile questa Italia che su ciò che è pubbli-co, inteso come proprietà dello Stato, mette le ma-ni come una piovra, attraverso i vari partiti. E pri-ma o seconda Repubblica nulla è cambiato.E allora veramente dovremmo ribellarci e fare ungrande appello per liberare la Rai, privatizzandola!

CCaarrlloo LLaazzzzeerroonnii PPRREESSIIDDEENNTTEE CCIIRRCCOOLLOO LLIIBBEERRAALL PPIISSAA

dai circoli liberalMio caro e buon amico Kormann, un piccolo saluto da questa grande città. Io gi-ro per molte, troppe strade e Westerbork mi accompagna. È strano che ci sipossa legare tanto in fretta a un luogo e ai suoi abitanti. Ritornerò volen-tieri da voi, anche se faccio molta fatica a separarmi da persone così fa-miliari. Ma in qualche modo mi sento attratta da quel pezzetto di terrain mezzo alla brughiera, su cui sono stati scaraventati tanti destini ma-ni. Non sono ancora in grado di spiegarmi questo sentimento, forse locapirò col tempo, in ogni caso ritornerò. La persona a me più vicina de-ve ristabilirsi adagio e con pazienza, c’è qualcosa che non funzionanei suoi polmoni e sarà una convalescenza lunga e difficile. Qui ècurato bene e con affetto, non c’è nulla che io possa fare per lui ecosì potrò star via per qualche settimana con la coscienza tran-quilla. Domani cercherò di procurarmi un permesso di viaggioper far visita ai miei genitori a Deventer, sono già impazienti divedermi. La prego, non mi accusi di infedeltà. E prepari di nuovoun budino al mio ritorno, cercherò di avere lo stomaco a posto.Ora sono le otto e sto seduta alla mia scrivania, dove spero ditrovare una lunga e tranquilla serata a sistemare o a liquida-re tante faccende.

Etty Hillesum a Osias Kormann

AAttttrraattttaa ddaa qquueell ppeezzzzeettttoo ddii tteerrrraa iinn mmeezzzzoo aallllaa bbrruugghhiieerraa

LLEETTTTEERRAA DDAALLLLAA SSTTOORRIIAA

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cronache di

cronache di

di Ferdinando Adornato

PACCIARDI FU UOMO D’AZIONE,LA MALFA DI MEDIAZIONELa domenica La Voce Repubblicananon esce. Un paio di volte ha fatto unostrappo alla regola: la prima l’8 feb-braio scorso, commemorando i cento-dieci anni della nascita del grandecombattente e politico repubblicanoRandolfo Pacciardi e domenica 29marzo, commemorando il trentennaledella morte con un numero monografi-co sul leader del Pri, Ugo La Malfa. So-no regali piacevoli, specie per chi vuolconoscere meglio queste due figurequasi per nulla considerate dalla “cul-tura dominante”: cattocomunista ieri egrandefratellista oggi. Mettendo a con-fronto i due personaggi citati possia-mo osservarne le grandi differenze,messe brevemente in risalto anche dal-l’economista Oscar Giannino. Pacciar-di fu uomo d’azione. La Malfa di me-diazione. Il primo fu comandante ecombattente partigiano, mazziniano,anticomunista viscerale da sempre,teorico del presidenzialismo alla DeGaulle e per nulla simpatizzante deigoverni di centrosinistra, preferendodi gran lunga il centrismo degasperia-no. Il secondo fu membro del Partitod’Azione, bancario e dunque economi-sta, parlamentarista ed anti-presiden-zialista, grande sostenitore del centro-sinistra e dell’apertura a sinistra e me-diatore con il Pci ai tempi dei governidi unità nazionale. Due personalitàdello stesso partito destinate a scon-trarsi spesso. Al punto che Pacciardi fufinanche espulso e bollato come fasci-sta. Questo fece assai male al PRI di al-

lora e tali questioni andrebbero meglioapprofondite, rivalutando la figura diRandolfo Pacciardi, senza il quale oggiil nostro Paese sarebbe assai meno de-mocratico. E va dunque recuperato ciòche c’era di buono in entrambi i leader.Il rigore economico di La Malfa, capa-ce di vedere e prevedere in anticipo iguasti dell’economia italiana retta dagoverni alquanto spreconi e da un ca-pitalismo straccione. La passione delPacciardi, discepolo indefesso di Maz-zini sin da giovane, teorico di un presi-denzialismo in tempi in cui c’erano deiveri politici di razza. E poi, da buonirepubblicani, sia Pacciardi che La Mal-fa avevano le idee ben chiare perquanto concerneva la collocazione in-ternazionale dell’Italia: nell’AlleanzaAtlantica, nella Nato, contro la dittatu-ra sovietica e i suoi satelliti. E dunqueper le libertà e per un’Europa unita edindipendente come la sognavano Maz-zini e Garibaldi. E dunque ecco perchéoggi – come Repubblicani - siamo an-cora vivi e non vogliamo lasciarci fa-gocitare da nessuno. Non abbiamo pa-drini o padroni alle spalle, ma solo pa-dri nobili dei quali possiamo solo van-tarci. Non abbiamo dalla nostra le tele-visioni o i grandi organi di stampa, mauna testata storica che esiste dal 1921e che è sopravvissuta anche in clande-stinità durante il fascismo. Non abbia-mo fumo o slogan da vendere sul piat-to della biliancia elettorale, ma soloprospettive serie e lungimiranti incampo economico, sociale e civile. Ècosì dal 1895. Se vi sembra poco...

LLuuccaa BBaaggaattiinn

ACCADDE OGGI18 aprile

1972 Giappone: viene fon-data ad Osaka la RolandCorporation 1974 Italia: il magistratoMario Sossi viene rapitodalle Brigate Rosse 1980 Nasce la repubblicadello Zimbabwe (l’ex Rho-desia) 1983 Un attentato suicidadistrugge l’AmbasciataUsa a Beirut1988 Golfo Persico: l’opera-zione Praying Mantis lan-ciata dagli Usa contro l’I-ran dà vita alla più grandebattaglia navale del dopo-guerra 1996 Oltre cento civili liba-nesi vengono uccisi nelmassacro di Qana, sud delLibano 2001 In Cabilia viene uccisodai gendarmi il giovaneMassinissa Guermah. Leproteste per la sua mortedaranno inizio alla prima-vera nera in cui oltre centogiovani verranno uccisi 2002 Milano, un aereo daturismo pilotato dall’italo-svizzero Gino Fasulo, 64anni, si schianta contro il26° piano del grattacielo Pi-relli, il palazzo più alto del-la città

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