2009-04

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLII - n. 4 - IV trimestre Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia” 4/2009 speciale presepe

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Transcript of 2009-04

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ROSARIUMPubblicazione trimestrale del

Movimento Domenicano del Rosario

Proprietà:Provincia Domenicana S. Domenico in Italia

via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano

Autorizzazione al Tribunale di Bolognan. 3309 del 5/12/1967

Direttore responsabile:fr. Mauro Persici o.p.

Rivista fuori commercio

LLee ssppeessee ddii ssttaammppaa ee ssppeeddiizziioonnee ssoonnoo ssoosstteennuuttee ddaaii bbeenneeffaattttoorrii

Anno 42°- n. 4

stampa:Tipolitografia Angelo Gazzaniga s.a.s.

Milano - via P. della Francesca 38

Movimento Domenicano del RosarioVia IV Novembre 19/E

43012 Fontanellato (PR)Tel. 0521822899Fax 0521824056Cell. 3355938327

e-mail [email protected]

CCP. 22977409

Dio si è fatto l’Emmanuele il “Dio con noi”Card. Giacomo Biffi 3

Intervista: P. Barile: il Rosario una preghiera tanto attuale 6Mauro Faverzani

speciale: “Presepe”Il presepe? “Elemento di cultura, di arte e, soprattutto, di fede”, 10parola di PapaMauro Faverzani

Il presepe nell’arte e nella tradizione italiana 12Giacomo de Antonellis

Testimonianze 21

Catechismo per tutti: Colori liturgici 28

SOMMARIO

Manoscritti e fotografie, anche se nonpubblicati, non vengono restituiti.

L’invio delle fotografie include il consensoper una eventuale pubblicazione.

Pag. 3 e seguenti:GIOVANNI BELLINI, Madonna col Bambino,Galleria Borghese, RomaPag 6 e seguenti:ARTISTA LOMBARDO, inizio XVI sec., PadreEterno tra gli Evangelisti e angeli, part.Monastero di S. Maurizio, Milano

Comitato di redazione:Mauro Faverzani

Angelo GazzanigaIlaria Giannarelli

In copertina: Gerusalemme in una fotonatalizia scattata da Paolo Gavina

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Sono riconoscente e lieto per l’invito, che mi è stato cortesemente rivolto, di presiedere questacelebrazione in un luogo come questo: un luogo di eccezionale rilevanza umana e sociale. Oggi èinnegabile che l’importanza di una città si misura anche dalle potenzialità e dalla funzionalità delsuo aeroporto, dal volume di collegamenti rapidi che può assicurarsi quali solo le vie del cielo sonoin grado di offrire, dalla sua «vicinanza», in termini non spaziali ma temporali, con le diverse aree ei grandi centri dell’Europa e del mondo.E poiché noi, che amiamo Bologna, auspichiamo tutti che essa abbia un avvenire degno della suanobiltà e della sua storia, è facile capire come le vicende, le sorti, i successi di questo aeroporto

Dio si è fatto l’Emmanueleil “Dio con noi”

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siano seguiti con attenzione e con interesse dai veri petroniani; tra i quali c’è ov-viamente anche l’arcivescovo che, come successore di san Petronio, è il bolo-gnese per qualche aspetto più incontestabile e più antico.

Verso una umanità sempre più unitaLa gratitudine e il piacere di questo incontro è in me accresciuto dal significatoche assume l’iniziativa di questa celebrazione, presa concordemente da tutte lecomponenti della vostra complessa organizzazione. Il desiderio di avere qui, nelcontesto del vostro quotidiano lavoro, il rito cristiano più alto e più sacro, e lavostra stessa partecipazione, lasciano trasparire il convincimento che il senso diDio non può rimanere estraneo a nessuna realtà di fatica, di impegno, di relazio-ne, né può venirne estromessa, se l’uomo vuole conservare chiara la visione deifini ultimi del suo operare e se vuole essere adeguatamente sorretto nel loro la-borioso e non sempre facile raggiungimento.Una struttura come quella dell’aeroporto è un microcosmo che coinvolge e con-nette una moltitudine di persone dalle qualifiche e dalle competenze più varie,in un lavoro organico che non può non avere come sua legge essenziale e comesuo orientamento lo spirito di collaborazione sincera e fattiva, la volontà di rag-giungere con gli apporti di tutti un unico scopo comune, la capacità di comporrei propri diritti con quelli altrui, l’abitudine ad accordare senza prevaricazioni ilgiusto soddisfacimento delle proprie esigenze con il dovere di rispettare gli u-tenti e di non deluderli nelle loro attese.Ciò che qui si fa è evidentemente al servizio di un ravvicinamento tra i singoliindividui e tra le genti: è, si direbbe, finalizzato a costruire una umanità più rav-vicinata, più interdipendente e, in definitiva, più fraterna. È allora naturale chequanti si adoperano a realizzare questi ideali siano essi stessi attenti alla recipro-ca «prossimità», sempre alla ricerca di più efficaci sinergie, sempre megliodisposti all’aiuto vicendevole e alla vicendevole comprensione.E appunto questa è la grazia che vogliamo particolarmente chiedere con questasuggestiva liturgia. Tanto più che il rito eucaristico porta iscritto nel suo stessosimbolismo, e dunque nella sua operatività spirituale, la vocazione a raccoglieretutti nella solidarietà, nella cooperazione, nell’unità. Come scrive san Paolo aproposito di questo ineffabile sacramento: Poiché c’è un solo pane, noi, puressendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane (1Cor 10,17).

Si riaccende la speranza per un’umanità sempre più smarritaLa festa della Madonna di Loreto – patrona della gente dell’aria – col ricordodella Santa Casa dove il Figlio di Dio iniziò la sua avventura umana nel grembodella Vergine, ci richiama l’evento della Incarnazione.Comincia così provvidenzialmente a disporre i nostri animi alla solennità delNatale, alla quale oggi abbiamo la fortuna di prepararci meditando sulla paginadi Vangelo – quella dell’annunciazione – che qui è stata proclamata.

Troviamo in questa scena un angelo che viene a dare all’umanità, personificatain Maria, una straordinaria notizia. La notizia è questa: abbiamo trovato graziapresso Dio (cf. Lc 1,30). Vale a dire: Dio ha pensato a noi e ha deciso di interve-nire nella nostra storia.Agli uomini, deboli e disanimati di fronte alle forze del male, questo interventodall’alto significa concreta possibilità di salvezza. Il tempo della paura e delloscoraggiamento è finito: non temere (ib.), sussurra alla fanciulla la voce dellacreatura celeste.Ha preso avvìo finalmente la stagione della gioia, perché il Signore è con noi:Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te (Lc 1,28). Quel Dio, che talvoltaci appare così remoto e quasi distratto di fronte alle nostre ansie e alle nostrepene, è invece saldamente insediato nel cuore della vicenda umana, per impre-ziosirla, per difenderla dagli sbandamenti, per illuminarla con le ragioni del suoamore, per guidarla al suo giusto fine.Dall’umile casa di Nazaret – oscura dimora di un borgo fin’allora sconosciuto –è dunque cominciato a sbocciare il fiore della speranza.L’uomo dei nostri tempi ha saputo dare all’uomo tante cose sorprendenti, più omeno utili, più o meno vantaggiose. Ha saputo dare per esempio la velocità de-gli spostamenti, la diffusione domiciliare delle notizie, nuove sorgenti di suoni edi frastuoni, nuove inesauste fabbriche di sogni.La sola cosa che l’uomo non ha saputo dare all’uomo è proprio la speranza, cheanzi è andata affievolendosi nel mondo. La speranza è merce che si va facendosempre più rara sul mercato dei valori umani.Ma per fortuna la speranza si attinge qui, da ciò che è avvenuto nella poveradimora di Nazaret. La speranza – cioè la fiduciosa certezza che c’è sempre pertutti noi, se non lo rifiutiamo, un aiuto contro tutte le difficoltà e tutte le insidie;che ci sarà per tutti noi, se lo vogliamo, un lieto fine e un approdo di pace dopoquesta corsa inquieta che è l’esistenza – ci è data dall’annuncio che Dio si èfatto l’Emmanuele, cioè il «Dio con noi». La speranza si è riaccesa nell’umanitàalla notizia che lo Spirito Santo è sceso a rendere feconda la nostra sterile vita,perché nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37).Come si vede, la Vergine Maria, contemplata nella sua annunciazione, ci fa oggilei gli auguri di Natale più sostanziosi e più veri. Alla sua intercessione affidia-mo la grande famiglia che vive e opera all’aeroporto, il suffragio per i compagnidi lavoro che non sono più visibilmente tra noi, il nostro futuro perché sia sem-pre laborioso e concorde, il vero bene di quanti siamo qui oggi convenuti.

L’intervento è stato tenuto durante la Festa della Madonna di Loreto, martedì 10 dicembre 1996,Aeroporto di Bologna. Pubblicata in BAB, LXXXVII, 11/1996, 312-314.

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Gli articoli sono tratti dal libro ““LLaa ddoonnnnaa iiddeeaallee”” del Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo emerito di Bologna.

Il libro è in vendita presso Edizioni Studio Domenicano via Dell’Osservanza, 72 40136 Bologna Tel. 051/582034 Fax 051/331583 - [email protected]

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Papa Benedetto XVI, in occasione della visita al Pontificio Santuario di Pompei, circa unanno fa, dopo aver pregato dinanzi all’urna del Beato Bartolo Longo, si è detto convinto dipoter individuare nel santo Rosario “un mezzo spirituale prezioso, per crescere nell’intimitàcon Gesù e per imparare, alla scuola della Vergine Santa, a compiere sempre la divinavolontà”. Tutto questo può apparire strano o addirittura incomprensibile a quanti, viceversa,“soffrano” la ripetitività propria di questa forma di preghiera...È vero, la ripetitività è un problema e il Rosario l’accentua. Non bisogna tuttavia farne unproblema legato unicamente al Rosario. La preghiera dei cristiani orientali e che fa uso delnome di Gesù è più ripetitiva del Rosario e anche la liturgia è ripetitiva proprio perché ilrito come tale è ripetitivo. La soluzione profonda è entrare in questo mondo di ripetitivitàche continuamente riplasma la vita di fede; a un livello più tecnico una certa monotonia delRosario, almeno come lo si conosce abitualmente, può essere quasi eliminata con l’inseri-mento della “clausola”, cioè una proposizione relativa unita al nome di Gesù che anchenelle parola differenzia una decina dall’altra.

A proposito della “ripetitività”, prima evidenziata... Il Sommo Pontefice invita a “fare espe-rienza in prima persona della bellezza e della profondità di questa preghiera, semplice edaccessibile a tutti”. Tuttavia, essa può presentarsi difficile all’uomo contemporaneo anche

Padre Barile:il Rosario una preghieratanto attuale

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Intervista rilasciata in esclusiva a Rosarium da PadreRiccardo Barile op, rieletto in luglio per un altro qua-driennio Priore Provinciale.

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perché – come pure ha evidenziato ilSanto Padre – è “scuola di contemplazio-ne e di silenzio” in un contesto, quellocontemporaneo, che la contemplazionenon sa che cosa sia e che “uccide” il silen-zio, opponendovi la presenza costante,quasi assillante di rumori, suoni, chiasso...Veramente l’uomo contemporaneo, abi-tuato alla rapidissima successione delleimmagini della TV e dei film, è in diffi-coltà a guardare seriamente un quadro(che non si muove!), ad andare a teatro, aleggere un libro per intero eccetera.Analoghe considerazioni valgono per ilvero ascolto della musica, subissato dalla musica troppo rumorosa o semplicemente di sottofondonei supermercati. A fronte di ciò la comunità cristiana offre alcuni comportamenti e strumenti incontrotendenza – il Rosario è uno di questi – i quali, pur indirizzati primariamente ad incontrare ilSignore Gesù, in realtà sono un aiuto per acquisire esperienze di più profonda umanità. Credo chegli inviti di Benedetto XVI siano da intendere in questo senso.

Il Papa ammonisce: fate attenzione che le vostre voci “non coprano quella di Dio, il quale parlasempre attraverso il silenzio”... Come evitare tale rischio? Come “ascoltare” il silenzio di Dio?Qui c’è bisogno di un chiarimento: oggi va molto di moda parlare di silenzio a cominciare dal si-lenzio in liturgia – veramente le fonti antiche non ne parlano mai... –, ma il Rosario non è una pre-ghiera di silenzio: il Rosario è una preghiera che medita ripetendo parole, ovviamente con calma esenza precipitazione, ed è per questo che va valutata, e non come modo di stare in silenzio. Il Ro-sario non è una “orazione mentale”: ciò va affermato con tutta chiarezza, altrimenti si entra in unainfinità di equivoci.La rivelazione di Dio poi, più che con il silenzio, avviene «con eventi e parole intimamente connes-si tra loro» come insegna il n. 2 della Costituzione dogmatica della Dei Verbum del Vaticano II.Ciò precisato, la preghiera del Rosario, proponendo al cuore e alla bocca di ritornare quasi inces-santemente ai più decisivi eventi di salvezza che si sono compiuti nel Signore Gesù con la coopera-zione della Vergine Maria, produce in noi un orientamento verso di essi che è anche una scelta disobrietà verso i rumori e le vanità del mondo e così facendo cresce in noi la capacità di veramenteascoltare parole che illuminano e salvano.

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Papa Benedetto XVI parla anche di una“dimensione apostolica del Rosario”...Può spiegarci meglio, può aiutarci a capi-re? Com’è possibile giungere dalla pre-ghiera alle “opere di carità e di promo-zione umana e sociale”?Spesso la liturgia, con qualche variazio-ne, ci fa rivolgere a Dio più o meno sem-pre la stessa richiesta: attuare nella vitaciò che abbiamo ricevuto nella fede.Ecco: tale richiesta e tale movimentoriguardano ogni forma di preghiera,Rosario compreso. Se con l’aiuto diMaria la meditazione di misteri di Gesù

ha alimentato la nostra fede, questa fede va testimoniata. Se abbiamo condiviso la preghiera conaltri, con altri dobbiamo condividere i beni di questo mondo eccetera.

Una domanda banale: come mai Papa Giovanni Paolo II decise di aggiungere i Misteri della Luceal S. Rosario? Può un Pontefice modificarne la struttura originaria?Giovanni Paolo II ha aggiunto i misteri “della luce” poiché da tempo si stava parlando di un am-pliamento del Rosario quanto ai contenuti e, non trattandosi di una preghiera istituita da Gesù Cri-sto, il Pontefice poteva modificarla, come ogni fedele può recitare il Rosario a suo piacimento connuovi misteri, salvo il problema delle indulgenze e di una certa disciplina ecclesiale anche in que-sta materia. Tuttavia Giovanni Paolo II non ha introdotto una innovazione “di rottura” e ciò perdue ragioni: 1) in antico – e lo stesso san Pio V nella famosa bolla Consueverunt – si parlava dimeditazioni di “tutta” la vita di Cristo; 2) la struttura originaria non è stata modificata perché ilRosario resta a tre serie di misteri e quelli “della luce” sono una «opportuna integrazione... lascia-ta alla libera valorizzazione dei singoli e delle comunità... senza pregiudicare nessun aspetto essen-ziale dell’assetto tradizionale» (RVM 19).

Circa un anno fa a Bologna avete celebrato anche un importante Convegno, interamente dedicato alSanto Rosario. Quali i frutti, quali i contenuti, che desidera condividere con i nostri lettori?Il convegno è stato tendenzialmente “di studio” e, oltre all’esame approfondito delle nuove o rinno-vate prospettive offerte da Giovanni Paolo II nella lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, si èapprofondito il senso della preghiera ripetitiva presso i cristiani ortodossi e nella tradizione islami-ca, nonché gli intrecci tra Rosario, arti figurative, letteratura e anche attività sociale e politica.

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Da piccolo ho frequentato le elementari presso una scuola pubblica statale. Ogni mattina si reci-tavano tutti insieme le preghiere, guidate dalla signorina maestra, a Natale si cantavano i brani pro-posti dalla Tradizione – passando dal “Tu scendi dalle stelle” all’“Astro del Ciel”, finanche al benpiù impegnativo “Adeste fideles”– e, soprattutto, si preparava il Presepe. Momenti e gesti, che sonrimasti nel mio immaginario – o nel mio vissuto, come oggi si dice –, che cioè hanno inciso condecisione nella mia formazione umana, prima ancora che cristiana. E, come me, penso sia accadutoaltrettanto anche a tutti gli altri miei compagni di classe. Nemmeno un genitore che avesse alcunchéda eccepire in merito, che trovasse tutto questo strano o addirittura riprovevole. Intere generazioni sisono formate in questo stesso modo.Ciò accadeva circa quarant’anni fa. Oggi sembra che nelle aule si sia scatenato l’inferno (non solocome modo di dire…). Dai giornali e dall’esperienza personale è facile apprendere di insegnanti,papà e mamme pronti a stracciarsi le vesti e ad inviare lettere “urlate” ai giornali ogni qual voltaspunti in aula una statuetta di Gesù Bambino o qualcuno si azzardi anche solo a fischiettare“Bianco Natal” o “Andiamo incontro al Signore”. Cosa è cambiato? I costumi, la didattica, la scuo-la, la famiglia?Niente di tutto questo. A far capire con chiarezza quale sia, invece, la posta in gioco, ha provvedutoil 9 dicembre del 2004 l’allora Vescovo di Como, mons. Alessandro Maggiolini, che puntò l’indicedritto dritto contro i “senza-Dio” ed affermò: “Non si può togliere qualsiasi riferimento religioso alNatale, cominciando dal Presepe, perché in questo modo si rischia di arrivare a una forma di scet-ticismo o di ateismo di Stato”.Solo il giorno prima, al Tg1, un’altra voce decisamente autorevole ovvero l’allora Presidente dellaConferenza Episcopale Italiana, Card. Camillo Ruini, lanciò una sorta di appello agli italiani, affin-ché continuassero tranquillamente ad allestire i presepi nelle scuole, senza lasciarsi intimidire daisoliti ‘benpensanti’: “Solo in Cristo – disse – ci è dato il verso senso della vita umana. La nostra èuna tradizione di bene”.

Le statuine della Sacra Famiglia, dell’Angelo, dei Magi, dei pastorelli rappresentano non solo lapienezza di senso di tale festività, bensì la stessa identità cristiana, una sfida lanciata al relativismorampante ed imperante. Affermò Papa Giovanni Paolo II nel Messaggio Urbi et Orbi del 2003:“Nel Presepe contempliamo Colui che si è spogliato della gloria divina per farsi povero, spinto dal-l’amore per l’uomo. Accanto al Presepe l’albero di Natale, con lo sfolgorio delle sue luci, ci ricor-da che con la nascita di Gesù rifiorisce l’albero della vita nel deserto dell’umanità. Il presepe el’albero: simboli preziosi, che tramandano nel tempo il senso vero del Natale!”. Concetto sostan-

A non volerlo non sono i musulmani.

La menzogna di un falso“dialogo” tra le religioni…

Il presepe?“Elemento di cultura, di arte e, soprattutto, di fede”, parola di Papa

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zialmente ribadito l’anno successivo, il 12 dicembre, poco prima della preghiera mariana, allorchédisse: “Il presepe costituisce una familiare e quanto mai espressiva rappresentazione del Natale. Èun elemento della nostra cultura e dell’arte, ma soprattutto un segno di fede in Dio, che aBetlemme è venuto ‘ad abitare in mezzo a noi’ (Gv 1,14)”. Ed ancora, all’udienza alla CuriaRomana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, ha precisato ulteriormente come il

divino Bambino del Presepe sia “l’Emmanuele, il Dio con noi realmente presente nel sacramentodell’Altare. L’ammirabile scambio – “mirabile commercium” – che si realizza a Betlemme tra Dioe l’umanità si rende costantemente attuale nel Sacramento eucaristico che, per questo, è la sorgen-te della vita e della santità della Chiesa”.Occorre allora smascherare e chiamare col loro vero nome i ‘nemici’ del presepio. Qui il rispettodelle altre religioni non c’entra proprio un bel niente. E ben lo chiarì tre anni fa il vicedirettore del“Corriere della Sera”, Magdi Allam, all’epoca ancora musulmano, a fronte delle notizie di cantinatalizi vietati in una scuola di Bolzano e di polemiche circa l’esposizione di simboli natalizi neiluoghi pubblici: “Noi musulmani – scrisse – diciamo sì al presepe. Il Natale unisce cristiani emusulmani. Per l’Islam la figura di Gesù e quella di Maria sono importantissime e più volte ricor-date dal Corano stesso. Quindi, non vedo perché i bimbi musulmani non possano cantare i cantinatalizi. Non strumentalizziamo perciò la presenza islamica in Italia per una battaglia laicista, chenon ci riguarda e ci danneggia”. Lo stesso giorno, Luca Collodi per Radiovaticana intervistò inmerito Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, il quale sostanzialmente con-fermò tale interpretazione della questione: “Io credo che sia chiaro che si tratti di un pretesto –affermò – Si dice che è per non offendere gli islamici, ma in realtà è perché un certo laicismo nonvuole questi segni”. Più chiaro di così.Allora, non diamo retta, anzi contrastiamo con cristiana fierezza gli inutili, demagogici ed ideologi-ci luoghi comuni. E cantiamo tutti in coro “Adeste fideles laeti triumphantes…”.

Mauro Faverzani

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Nella tradizione cristiana l’idea di onorare ilBambino Gesù attraverso la ricostruzione del-l’ambiente ove nacque (in latino praesepium si-gnifica “mangiatoia”) viene attribuita a sanFrancesco, che ricorse a personaggi viventi perinventarsi questo spettacolo nel paesino diGreccio in Umbria. L’idea prese subito piedediffondendosi in tante contrade della penisola. Eper oltre un secolo si andò avanti così prima cheprevalesse la stanchezza o venissero meno leforze: forse il decadimento dell’usanza fu impostoda difficoltà di reperimento dei personaggi oppuredalla pesantezza dei costi allestitivi. Non si puòparlare di scenografia perché la tecnica era deltutto sconosciuta nei paesi, a quei tempi. Co-munque il germe era stato gettato e ben presto ri-prese a fruttificare sotto forme statiche benché ri-levanti dal punto di vista artistico. Per impulso di

Il presepenell’artee nellatradizioneitaliana

Giacomo de Antonellis

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grandi scultori. L’esempio più rilevante, e più an-tico, ce l’ha offerto Arnolfo di Cambio con ilgruppo marmoreo che possiamo ammirare inSanta Maria Maggiore di Roma ove si conservapure una reliquia di culla che la leggenda attribui-sce alla Sacra Famiglia: altre testimonianze si tro-vano in chiese di Napoli (San Giovanni a Carbo-nara), Scicli in Sicilia (san Bartolomeo), Varallo eVarese (Sacri Monti). Gruppi statuari bellissimi, ma pesanti e chiara-mente inamovibili, che si facevano ammirare sol-tanto dai frequentatori di quei monumenti. In-tervenne allora la fantasia italiana che puntò allariduzione delle sagome rendendole facilmente tra-sportabili e godibili agli occhi di tutti. Artigiani li-guri, lucani, pugliesi, romani, campani, calabresi esiciliani cominciarono a sviluppare, con tecnichespecifiche e materiali originali, un genere produt-tivo che tutto il mondo ci avrebbe invidiato.Il Settecento costituì il periodo d’oro dell’arte pre-sepiale, ed è facile spiegarne il motivo. Era l’epo-ca dell’esaltazione coreografica sia in tema di ab-bigliamento che di arredamento. Era l’epoca dellegrandi famiglie patrizie che potevano investire apiacimento notevoli somme di denaro. Era l’epocadelle rivalità nello sfarzo e nel lusso. Era anchel’epoca – fattore determinante – di una religiositàdiffusa e popolare che nell’adempimento dei ritiriusciva a collegare assieme tutti quei ceti socialitanto distanti nella quotidianità della vita. Napolie Genova ben presto prevalsero con proprie“scuole” produttive nelle quali si impegnavanovalenti operatori, coadiuvati da semplici quantoottimi operai. Al Nord, dalla Liguria al Trentino, era diffuso l’u-tilizzo della cera e del legno. Al Centro si predili-gevano ceramiche e stucchi. In Sicilia si lavoravail rame con il corallo. A Napoli, dove il presepio diventava ben presto di“consumo” famigliare, in tempo natalizio presente

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in ogni casa e in ogni chiesa (e ben conservatoper il resto dell’anno) si inventavano le tipichefigurine con parti del corpo in terracotta, affustidi paglia, e panni sartoriali. Non solo, ma siandò espandendo anche la consuetudine di porrele figurine in ambienti assai simili a quelli reali:di qui la realizzazione di fondali dipinti e stellependenti, colline di sughero e cartapesta, casecon luci ed osterie affollate, ruscelli con greggiall’abbeveratoio, ponticelli, commercianti eviaggiatori, cavalli e animali da cortile. Un mon-do autenticamente vivo a corona di quell’umilestalla con un asino e un bue, la Madonna e Giu-seppe in adorazione del Figlio. E, attorno, perso-naggi d’ogni tipo, contadini, donne e soldati,servi negri e suonatori ambulanti, frati e scugniz-zi, per finire con il corteo cammellato dei Magi.Tutti immancabilmente denominati, secondo unaradicata tradizione, con l’appellativo popolare di“pastori”. A forgiarli, schiere di artigiani che ri-spettavano tratti e forme su disegni da artisti fa-mosi – Bottiglieri, Celebrano, Gori, Ingaldi, Mo-sca, Policoro, Sammartino, Somma, Vaccaro,Viva – alle cui opere si guarda con ammirazionee stupore. Oggi le grandi collezioni sono diventate rare. Aparte poche (e inesplorate) raccolte private, gli e-sempi più belli risaltano in Palazzo Rosso a Ge-nova e nella Reggia borbonica di Caserta. Lamostra più esaltante e completa viene offerta dalPresepio Cuciniello (prende nome da un eccen-trico patriota, letterato e drammaturgo che a fineOttocento si dette alla parossistica passione pergli allestimenti napoletani) che si trova nel Mu-seo di San Martino a Napoli: la scena primariaoccupa un grande salone con centinaia di figuree ambientazioni, tra monti e colline che danno lasensazione di spazi immensi e di realismo espo-sitivo; originalmente, il nucleo del cosiddettoMistero non è posto in una grotta, ma in un Foro

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romano che fissa il passaggio dall’antica allanuova religione. In altre sale del museo sono e-sposti altri importanti lasciti come il Ricciardi e ilSartorius oltre a teche con gruppi minori, gli arre-di, gli animali, le suppellettili, i mendicanti, gliincredibili pastori deformi della collezione Car-rara. Tutto ciò costituisce senza dubbio la te-stimonianza più alta ed affascinante sulla produ-zione di “pastori” nel Settecento. Tra i tanti perso-naggi spiccano i Re che vengono dall’Oriente cherappresentano il viaggio del sole che sorge astro-nomico dal buio per rendere omaggio al sole divi-no del Natale: gli stessi colori degli addobbi ser-vono a sottolineare le fasi della luce emergente: ilbianco per l’aurora, il rosso per il mezzogiorno eil nero per la notte. Non è questione di folclore,ma di sguardo sulla storia. Nel cammino dei no-stri astrologi spicca la cometa, grande stella, cheguida i passi di tutti coloro che vanno alla ricercadella verità. Ovviamente, in tema di presepi, ogni parte delmondo cristiano presenta le sue molteplici inter-pretazioni sia in fatto di materiali, sia come inter-pretazione etnica sotto il profilo della fabbricazio-ne. Ce ne sono di bellissimi provenienti dalle A-meriche, dalle terre calde dell’Africa e dell’Asia,dalle terre del Nord e del ghiaccio perenne. Da qualche tempo i centri missionari si prodiganonel presentare lavori che vengono da lontano, e celi fanno conoscere attraverso mostre d’arte e ven-dite promozionali a sostegno delle popolazioniche si industriano in tale attività. E la varietà deimanufatti non finisce mai di stupire, facendosioccasione di gioia per i piccoli e diventandomomento di riflessione per i grandi. In fondo ilpresepio serve anche ad elevare il senso religiosoin ciascuno di noi. La Natività è simbolo di splendore creativo e mi-racoloso che si contrappone alla freddezza moralee fisica (siamo in dicembre) dell’ambiente ester-

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no. E nel presepio sentiamo unirsi in un soloafflato tanti elementi spirituali e tanti elementimateriali. Comunque, davanti a questa magicagrotta, gli uomini e donne del ventunesimosecolo costantemente distratti dal consumismo edalle preoccupazioni personali dovrebbero chie-dersi che cosa fare per rendersi utili nell’odiernasocietà. Quel silenzioso Bambino, nato inpovertà, ma ricco di forza morale, ci risponde-rebbe con semplici parole che basta mettere daparte ogni ansia secolare per vivere bene ilnostro breve tempo. In spirito di pace, come ilNatale insegna.

Ancora oggi a Napoli esistono piccoli artigiani che costruiscono erestaurano presepi perpetuando una tradizione secolare.Queste botteghe si concentrano soprattutto nelle vie del centro storicoe in particolare in via S. Gregorio Armeno e in via S. Biagio dei Librai,ove si possono ancora vedere esposizioni all’aria aperta.

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Intornoal Presepe

Padre Claudio Truzzi ocd

Guido e il NataleGuido aveva 12 anni e frequentava la prima me-dia. Era già stato bocciato due volte. Era un ra-gazzo grande e goffo, lento di riflessi e di com-prendonio, ma benvoluto dai compagni. Sempreservizievole, volenteroso e sorridente, era diven-tato il protettore naturale dei bambini più piccoli.L’avvenimento più importante della scuola, ognianno, era la recita natalizia. A Guido sarebbe piaciuto fare il pastore con ilflauto, ma la maestra gli diede una parte più im-pegnativa: quella del locandiere. Comportava po-che battute e il fisico di Guido avrebbe dato piùforza al suo rifiuto di accogliere Giuseppe e Ma-ria. La sera della rappresentazione c’era un foltopubblico di genitori e parenti. Nessuno viveva lamagia della santa notte più intensamente diGuido.

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E venne il momento dell’entrata in scena di Giuseppe, che avanzò piano verso la porta della locan-da sorreggendo teneramente Maria. Giuseppe bussò forte alla porta di legno inserita nello scena-rio dipinto. Guido il locandiere era là, in attesa. “Che cosa volete?” – chiese Guido, aprendo bruscamente la porta. “Cerchiamo un alloggio”.“Cercatelo altrove. La locanda è al completo”. La recitazione di Guido era forse un po’ statica, mail suo tono era molto deciso. “Signore, abbiamo chiesto ovunque invano. Viaggiamo da molto tem-po e siamo stanchi morti”. “Non c’è posto per voi in questa locanda” – replicò Guido con facciaburbera. “La prego, buon locandiere, mia moglie Maria, qui, aspetta un bambino e ha bisogno diun luogo per riposare. Sono certo che riuscirete a trovarle un angolino. Non ne può più!”. A questopunto, per la prima volta, il locandiere parve addolcirsi e guardò verso Maria. Seguì una lungapausa, lunga abbastanza da far serpeggiare un filo d’imbarazzo tra il pubblico. “No! Andate via!” – sussurrò il suggeritore da dietro le quinte. “No!” – ripeté Guido automatica-mente. “Andate via!”. Rattristato, Giuseppe strinse a sé Maria, che gli appoggiò sconsolatamentela testa sulla spalla, e cominciò ad allontanarsi con lei. Invece di richiudere la porta, però, Guido illocandiere rimase sulla soglia con lo sguardo fisso sulla miseranda coppia. Aveva la bocca aperta, la fronte solcata da rughe di preoccupazione, e i suoi occhi si stavano riem-piendo di lacrime. Tutt’a un tratto, quella recita divenne differente da tutte le altre. “Non andar via,Giuseppe!” – gridò Guido. “Riporta qui Maria!”.E, con il volto illuminato da un grande sorriso, aggiunse: “Potete prendere la mia stanza!”.Secondo alcuni, quel rimbambito di Guido aveva mandato a pallino la rappresentazione. Ma per gli altri, per la maggior parte, fu la più natalizia di tutte le rappresentazioni natalizie cheavessero mai visto...Gesù bussa alla porta del tuo cuore. Lo farai entrare? Buon Natale!

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Che cosa è il NataleMancavano pochi giorni a Natale e tutti gli animali del creato fecero una riunione. La volpe chieseallo scoiattolo: “Che cos’è per te Natale?”. Lo scoiattolo rispose: “Per me è un bell’albero contante luci e tanti dolci da sgranocchiare appesi ai rami!”. La volpe continuò: “Per me naturalmen-te è un fragrante arrosto d’oca. Se non c’è un bell’arrosto d’oca non c’è Natale!”. L’orso l’inter-ruppe: “Panettone! Per me Natale è un enorme profumato panettone!”. La gazza intervenne: “Iodirei gioielli sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale è una cosa brillante!”. Poi fu il turno delghiro: “Dormire, riposarsi! Per me il Natale è il momento del dolce far niente!” “Ma va là! – dissela formica – È una festa come le altre! Natale o no per me l’importante è lavorare!” “Di-vertimento! – disse la cicala. Per me il Natale è il momento di divertirsi e di viaggiare!”.I miei pulcini! – ribadì la chioccia. Il Natale per me è stare con tutti i miei pulcini!” Anche il buevolle dire la sua: “È lo spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie”.L’asino prese la parola con foga: “Ma siete tutti impazziti? Bue, sei impazzito? È il Bambino Gesùla cosa più importante del Natale! Te lo sei dimenticato?”.Vergognandosi, il bue abbassò la grossa testa e disse: “Ma…, ma questo gli uomini lo sanno?”.Per quale motivo festeggi il Natale?

Due asini a BetlemmeUn contadino stava ritornando a casa. L’aspettava Betlemme. Era tardi, e dato il suo

carattere rozzo e prepotente, continuava ad incitare due asini carichi... come somari, conparolacce e bastonate. Il silenzio della notte s’interruppe improvvisamente: un coro diAngeli ed un bagliore sulla collina dirimpetto lo fecero fermare all’improvviso. Si dimenticòpersino di bastonare i due asini. Che cosa stava succedendo? Il coro celeste svanì, ma il

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bagliore continuava. E nell’oscurità egli intravvide molte ombre che si dirigevano verso lafonte di quella luce.

La curiosità fu più forte della titubanza, e con due randellate sulla groppa dei due pove-ri asini indicò la nuova strada. Dovevano dirigersi anche loro verso quelle ombre.

Ne raggiunse alcune e sentì la straordinaria notizia: era nato il Messia, il Re dei Re,colui che avrebbe portato sulla terra la pace e la gioia. Là si recavano per onorarlo. Chissàse non avrebbe esaudito qualche loro desiderio...

Anche i due asini udirono quelle parole e, senza aver bisogno di altre legnate, accelera-rono il passo. Si ritrovarono dinanzi alla grotta: una mamma, un papà ed un bambino.S’inchinarono anche loro, e se ne stettero per un po’ estasiati dinnazi alla scena. Il piccoloregalò loro un sorriso.

Ma un paio di imprecazioni del padrone li riportarono alla realtà. Si voltarono ed ini-ziarono la discesa, sotto il carico che spezzava loro la schiena.

Il primo asino era triste: camminava stentando ed a testa bassa. Il secondo, invece, glitrotterellava dietro sereno.

Ad un certo punto il secondo asino chiese al primo: “Perché sei così triste?”.“Il fatto è che non è vero niente di ciò che si diceva sul Messia: che era buono, che

sarebbe stato generoso con chi gli avesse espresso un desiderio...”.“Perché dici questo?”.“Gli avevo chiesto di liberarmi da questo padrone, o almeno di rendermi leggera questa

soma che mi sta sfiancando la schiena. Ma invece è tutto come prima, se non peggio! Ma tu,mi sembri più contento: ti ha esaudito? Che cosa gli hai chiesto?”.

“Oh, io gli ho solo chiesto di darmi la forza di portare il tutto!”.

Nel servizio sono utilizzate foto di presepi moderni e foto del presepe settecentesco Cucinielloconservato presso il Museo del Presepe della Certosa di San Martino, Napoli.

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A Porzus

Cristianofobia, una triste realtàC’erano tiepido sole, clima dolce e aria traspa-rente, quel sabato 19 settembre, sulla verde do-lina di Porzus presso Udine ove si svolgeva ilRaduno regionale del Rosario animato comesempre da padre Mauro. Un gioioso novero dicredenti aveva raggiunto questa terra di fede edi lavoro che ci ricorda due eventi di portatastorica: l’apparizione della Madonna (detta “deSesule”) alla pastorella Teresa Dush l’8 settem-bre 1855, e l’eccidio di diciannove partigianicristiani della Osoppo-Friuli per mano dei co-munisti della Garibaldi-Natisone sottomessi a-gli ordini degli sloveni il 7 febbraio 1945.La cronaca della giornata può esprimersi, consintesi estrema, in questi termini: alla manife-stazione, scandita da diversi momenti rituali enon, hanno preso parte oltre sessanta personeriunite per la recita del Rosario commentato,prima di affrontare un tema di attualità come la“cristianofobia” e seguire con simpatia il reci-tal di canti e di suoni realizzato dal “Mater Mi-sericordiae Music” di Macerata. Tema prescel-to quale centro di interesse per il dibattito, dun-que, la crescente preoccupazione per gli attac-

testimonianze

chi alla religione cattolica sia in termini di vio-lenze dirette sui praticanti sia, in modo più sub-dolo, in chiave politica. E forse si dovrebbedire con determinazione ideologica, visto che iltriste fenomeno caratterizza non soltanto i pae-si tradizionalmente ostili alla fede di Cristo, marisulta in crescendo con episodi di intolleranzadi ogni genere anche nei paesi di democraziaoccidentale.Questa preoccupazione deriva in particolare –ha spiegato il relatore Giacomo de Antonellis,entrando nel vivo del problema – dall’offensivalaicista e secolarista che la società contempora-nea va imponendo attraverso gli strumenti dellacomunicazione tecnologica e della prevarica-zione ideologica. Un esempio, per tutti: la do-menica, giorno del Signore, che per secoli erariservata al riposo e alla meditazione religiosa,oggi appare mutuata in un’occasione per com-merci e distrazioni quale antitesi alla concezio-

ne cristiana della festività. E lo stravolgimentodei costumi comporta la parallela perdita delsenso religioso nell’ambito della vita, e di con-seguenza il distacco dalla Chiesa e dai suoiinsegnamenti. La “cristianofobia” è un neologismo che si stafacendo strada: questo termine è stato introdot-to per la prima volta in un documento delle Na-zioni Unite nel 2003, collegato ai concetti poli-

Raduni regionali del Rosario

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ta di atti e parole che colpiscono direttamente icristiani”. Ed ha poi aggiunto con amarezzache in larghi strati della Chiesa cattolica apparetroppo scarsa la sensibilità su questo pianoquando arrivano notizie su attacchi e persecu-zioni che colpiscono i fedeli in molti regimi dicui pullula il mondo.La “cristianofobia”, dunque, costituisce una

triste realtà, certamente un problema da nonsottovalutare, nonostante la nostra visione reli-giosa ci imponga di guardare l’avvenire conottimismo, fiduciosi nella profezia del Cristo:“Io sono con voi sino alla fine del mondo” (Mt.28,20). Il cristiano di oggi deve vegliare come sentinel-la. L’ha sempre fatto: come i neofiti dei primisecoli, come i crociati alla conquista del SantoSepolcro, come i cattolici della Riforma, comei missionari in luoghi selvaggi, come i conver-titi del nostro tempo, sia in località sperdute sianella casa del vicino. Dal sangue dei martiriscaturiscono sempre germi rigogliosi di ripre-sa. È sempre stato così. Viviamo in serenità erendiamoci consapevoli in pienezza che – Be-nedetto XVI docet (nella recente enciclicaCaritas in veritate, n. 78) – “senza Dio l’uomonon sa dove andare e non riesce nemmeno acomprendere chi egli sia”.

Giacomo de Antonellis

tically correct di “antisemitismo” e di “islamo-fobia” con la differenza che il vertice politicomondiale tiene scarso conto del sangue versatoin numerose parti del mondo. L’ONU promuove missioni militari più o menodi pace in tanti angoli dei cinque continenti sol-tanto per ristabilire confini o per sedare rivolte,mai e poi mai per tutelare le minoranze religio-se. Ed è facile spiegarne il motivo, in quantoquasi sempre questi casi riguardano l’oppressio-ne di cristiani che vivono in paesi a conduzionemussulmana (mai viceversa), i cui governi nonammettono interferenze al proprio interno (men-tre sono pronti a reclamare in casa altrui: ricor-diamo bene la fatwa contro lo scrittore SalmanRushdie e le proteste organizzate per le vignettesatiriche su Maometto). In sostanza il vertice diNew York (l’attuale segretario generale è BanKi-Moon, coreano del Sud) si dimostra fortecon i deboli e debole con i forti. Si tratta allora di una preoccupazione fondata?Certamente – ha ribadito il Segretario vaticanoper i rapporti con gli Stati, monsignor Do-minique Mamberti all’ultimo Meeting di Ri-mini – facendo riferimento alle cronache cheprovengono da ogni parte del mondo: “Ci sonoreazioni forti, talvolta nervose, quando ci sonoatti che feriscono la sensibilità di mussulmanied ebrei, non altrettanto avviene quando si trat-

cuore, dando un profondo senso di pace.Interessante è stato il discorso tenuto dal giorna-lista su un tema così importante ed urgente, co-me la testimonianza che è chiamato a dare ognicristiano; senza paura e con fermezza ed ardoreper mantenere salda la nostra identità di cristianie favorire il realizzarsi del regno di Dio nelmondo.La Chiesa sta soffrendo sotto la pesante crocedella persecuzione in molte nazioni e noi tuttidovremmo lottare, uniti insieme, con le armi

della luce: preghiera, sacrificio, Eucaristia etanto amore, poiché la nostra non è una lotta“contro creature fatte di carne e di sangue” comedice san Paolo, ma “contro gli spiriti dell’aria”,ossia il male. Deciso e forte è stato pure il mes-saggio lanciato da Padre Mauro nell’omelia te-nuta in chiesa (d’altronde lo suggeriva la Parolastessa del giorno) a proposito dell’attenzione chedobbiamo avere nel non lasciarci togliere la pacedi Cristo in noi e tra di noi, a non cedere alla ten-tazione del giudizio e delle mormorazioni che avolte riescono a distruggere ciò che Dio ha semi-nato, ciò che attraverso Maria si è costruito.A volte, basta lasciare un piccolo varco al demo-nio, perché si insinui e semini discordia, zizza-nia e diffonda l’errore, anche tra i più devoti ezelanti uomini di fede.

Tanta e autentica fede traspariva dalle parole di

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Non lasciarci togliere la pace

Rivedo il paesello di Porzus, la sua chiesinacon il suo bellissimo Tabernacolo e la splendi-da statua della Vergine con Gesù bambino inbraccio e la devozione semplice e genuina del-la gente del luogo.Risento ancora i profumi e i colori di quei prativerdi tempestati di fiorellini e di antichi pa-gliai, come si facevano una volta.Il sapore di quell’accoglienza, piena di entusia-smo e calore delle piccole Suore; dico piccoleperché è così che sono le figlie di Maria: umili,gioiose, spontanee e piene di Spirito Santo.Ricordo il sorriso gioioso e tenero del parrocoVittorino, mentre accompagnava i canti, bat-tendo le mani come un bambino davanti ad unospettacolo meraviglioso.E che dire della “Cappellina delle apparizioni”,con la sua bellissima statua rappresentante laMadonna con il falcetto in mano, tolto alla pic-cola Teresa Dush!? Ah! Che meraviglia, quellapreghiera silenziosa e profumata in un’atmo-sfera raccolta, rispettosa, direi quasi contem-plativa!Era così bello stare lì assorti, mentre in ognidove si respirava la presenza di Maria. Presenza forte che si percepiva nell’aria e nel

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P. Mauro che, per l’amore nato dalla sua fedeschietta e sincera, senza formalismi diplomaticima con forte convinzione, esortava i suoi figlispirituali a non accontentarsi di “sterili” pre-ghiere ma a coinvolgersi in pienezza con tuttoil loro essere verso un cammino di perfezione edi santità.“Siate santi, come Io sono Santo” dice Gesù,che rigetta i tiepidi, e lo ripete anche oggi esempre attraverso i suoi fedeli ministri.Ringraziamo P. Mauro, sempre pronto anche adare una sonora “sculacciata” quando è neces-sario, come fa un vero padre, per correggere isuoi figli, pagando anche di persona a volte,pur di portarli tutti dritti, dritti, in Paradiso!Concludo con un enorme grazie a tutti quanti esoprattutto a Gesù e Maria, i veri artefici diogni nostro bene.

A Imola

Sapevo che Maria volevadirmi qualcosa

Ad Imola, il 26 novembre, nella cappella dedi-cata alla Beata Vergine delle Grazie e nell’a-diacente convento dei Frati Minori con annessa

chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo, si ètenuto il Raduno Regionale del Rosario, ideatoe guidato da padre Mauro Persici.L’accoglienza calorosa del parroco don EmilioMoretti, la sacralità del luogo, l’importanzastorica del complesso religioso e l’incontro conpadre Mauro hanno reso questo giorno merite-vole di essere testimoniato.Le parole pronunciate durante la meditazionedel Santo Rosario sono state illuminanti per ilnostro cammino di fede. Ci hanno orientato auna corretta devozione mariana. Ci hanno fattoapprezzare un modo più autentico e radicale divivere la nostra vita se fossimo disposti a do-narci con umiltà, svuotati del nostro io. Infatti, bisogna riconoscere la limitatezza delnostro pensare, fatto dalle nostre idee, convintiche siano le sole a contenere la ragione, per cuinon siamo disposti ad accettare gli arricchi-menti che possono scaturire dall’ascolto e daldialogo. In particolare, in ogni momento dellanostra vita dovremmo farci orientare, con fedee obbedienza, dall’insegnamento della Chiesa,che è lo Spirito Santo in azione e che solo puòsopperire alla nostra pochezza: la Chiesa è l’u-nica dispensatrice dei frammenti di quella ve-rità che conosceremo in pienezza soltanto nel-l’eternità. Per quanto riguarda la preghiera, essa è un dia-logo fra la creatura e il suo Creatore, tra il

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Mauro, anche quest’ultimo è stato da me moltoatteso, perché essi mi permettono di crescerecome cristiana. La preghiera a Maria è comeun filo invisibile che ci fa sentire tutti vicini an-che se siamo lontani. Inoltre, attraverso le testi-monianze di Annamaria e Giovanni, ho potutocapire l’importanza delle adozioni a distanza dibambini mancanti del necessario per sopravvi-vere: è sufficiente un gesto di solidarietà daparte nostra perché si sentano amati e possanocrescere con dignità”.

A Falconara

La militanza cattolica: pregare e agire

Ho avuto il grande piacere di partecipare ad u-na giornata organizzata da Padre Mauro Persi-ci, presso l’Oratorio della Chiesa del Rosario aFalconara Marittima. Ho trovato molto signifi-cativo il programma composto dalla recita delSanto Rosario, da un convegno con dibattito supaesi come la Cina e il Brasile, i cui problemiattuali toccano anche le nostre vite, pranzo alsacco, un concerto e, per concludere, la SantaMessa. In tale atmosfera ho ritrovato lo stimolo

figlio bisognoso di aiuto e il Padre Celeste; ilRosario è un utile strumento per stabilire que-sto dialogo e ottenere le grazie che ci sono ne-cessarie per fare la volontà di Dio.Daria: “Il mio istinto sarebbe stato quello dinon venire a questo incontro, perché non misentivo coinvolta. Però sapevo che Maria vole-va dirmi qualcosa. Poi un’amica mi ha convin-ta a partecipare. Morale della favola: lo SpiritoSanto, attraverso Maria, ha parlato al mio cuo-re facendomi comprendere la necessità di unacontinua formazione nella fede”.Antonella: “Si è avvalorata in me l’importanzadi recitare il Santo Rosario, che non è una pre-ghiera semplicemente vocale, ma un incontrointimo con Gesù e Maria, un modo diretto perattingere amore e donarlo”.Miria: “La successione delle Ave Maria nellarecita del Rosario ci fornisce il tempo necessarioaffinché lo Spirito Santo possa agire in noi. Me-diante l’ascolto, la docilità e l’esempio di Mariapossiamo così comprendere il messaggio tra-smesso dal Mistero che stiamo contemplando efare in modo che il Suo amore materno ci con-duca a Gesù. Più tempo trascorriamo a interpel-lare la trascendenza di Cristo, più Cristo ci indi-cherà la via per vivere da veri cristiani. Come iltralcio attaccato alla vite dà frutti, così noi, attac-cati a Cristo, porteremo frutto”.Patrizia: “Come tutti gli incontri con padre

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bombardamenti, oppure nei lager, nei gulag,nei laogai o, semplicemente, assassinati negliuteri delle madri. Credo, tuttavia, che oggi vi-viamo un momento storico particolare dove siarealmente possibile iniziare un cammino perristabilire la predominanza dei valori religiosi,morali e etici su tutte le altre considerazioni dicarattere materialistico ed edonistico. Noi cat-tolici non possiamo essere timidi nell’espres-sione della nostra Fede. Dobbiamo comprende-re e vivere concetti come l’uso della ricchezza,il giusto mezzo, il concetto di “sufficienza” ilbene comune, eccetera, e magari leggere laRerum Novarum e la Caritas in veritateTutti noi possiamo fare qualcosa ogni giorno!In questo contesto le iniziative di Padre Maurosono splendide poiché la meditazione, la pre-ghiera ed il pranzo al sacco, collegati a dibattitisu argomenti reali e concreti, tendono a creareuna particolare e profonda atmosfera di comu-nione. Mi prendo anzi la libertà di consigliare a PadreMauro di aumentare ed allargare i temi deiconvegni cercando anche di coinvolgere giova-ni e studenti delle scuole cattoliche. Non di-mentichiamo che siamo un esercito di 700 mi-lioni di persone nel mondo intero ed abbiamoun compito da assolvere.

Antonello Brandi

ad approfondire la Fede ed anche un incentivoall’azione .Tutti i grandi Papi hanno sempre sollecitato lapreghiera e la spada, ossia la Fede e l’azione. Non è sufficiente dire e pensare “Dio vede eprovvede”. È solo mediante la Fede e l’azioneche possiamo salvare le nostre anime ed aiutaregli altri. Con l’inerzia permettiamo alle forzedel male di avanzare e contribuiamo a danneg-giare la Chiesa. Quindi, sia spiritualmente chematerialmente, danneggiamo noi, le nostre ani-me ed il mondo. I cattolici devono essere in

prima linea quando si trattano problemi socialie morali.Durante la giornata del 3 ottobre sono statomolto colpito dalla descrizione della situazionedel Brasile dove il 20% della popolazionesfrutta il restante 80%, esattamente come nellaCina Popolare. Tragico è il traffico degli organiumani dei bambini e giovani brasiliani. Dome-nica 18 ottobre sarà presentato un documenta-rio al Festival Internazionale del Cinema“H.O.T. Human Organs Traffic” nel quale è de-nunciato questo satanico traffico internazionaleche concerne principalmente la Cina ed altripaesi come il Brasile. Dobbiamo e possiamo agire. Non possiamo ti-rarci indietro. In questi ultimi duecento anni sisono verificate tante tragedie e ci sono staticentinaia di milioni di morti per le guerre, i

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cristiani che troviamo assolutamente chiari nel-le parole di Gesù Cristo che sono arrivate finoa noi attraverso il Vangelo e le altre Scritture. Equi ognuno, noi per primi, può e deve fare ilsuo esame di coscienza. Quel poco che faccia-mo, sia nella preghiera come nello sforzo divivere secondo i valori del Vangelo, lo dobbia-mo all’insegnamento e all’amicizia di alcunepersone, uomini di Chiesa e laici, che la Prov-videnza ci ha fatto incontrare sul nostro cam-mino. Da qui il nostro impegno e la nostra e-

sperienza che tu hai voluto che portassimo aituoi “raduni”.Nella nostra fuggevole condivisione delle gior-nate di Imola e Falconara (che volentieri possia-mo ripetere in futuro) abbiamo potuto comun-que constatare che i tuoi “raduni” non si ferma-no alla sola recita del Rosario, ma si integrano esi concretizzano con una meditazione ed un ap-profondimento sul mondo che ci circonda chepropone in termini concreti alcuni modi per far seguire alla preghiera le opere, senza le quali,come dice chiaramente il Vangelo, la prima nonha alcun valore. E questo ci ha fatto sentire, noipoco assidui al Rosario, a nostro pieno agio e viabbiamo partecipato con gioia.Ancora un grazie e un caro saluto.

Anna Maria e Giovanni

Imola, Falconara e la nostra preghiera… in realtà sia a Imola che a Falconara nonabbiamo avuto occasione di partecipare, se nonmarginalmente, ai momenti di preghiera, con-centrando la nostra presenza e il nostro inter-vento ai momenti di meditazione, o meglio di“concretizzazione” della preghiera.Dobbiamo anche francamente confessarti chenella nostra ormai lunga storia personale cheabbiamo alle spalle, il Rosario non è mai entra-to nelle nostre abitudini di preghiera, preferen-do una preghiera più intima e personale, o, secomunitaria, meno rituale, come la lettura e lameditazione comune sui Testi Evangelici, o laproclamazione o il canto dei Salmi, le più belle preghiere, a parere nostro, che la Bibbia ci hadonato.Ciò non toglie che rispettiamo e comprendiamochi invece trova nel Rosario l’espressione dipreghiera più consona alle sue particolari esi-genze e stati d’animo, tanto più che, ne siamoconvinti, non è la forma che conta nella pre-ghiera, ma la sincerità e l’intima convinzione dichi la recita.Ma in tutti i casi, Rosario o Salmi, è indispen-sabile non fermarsi alla sola recita delle pre-ghiere, ma vivere ogni giorno secondo i valori

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Non solo le cose ed i gesti esprimono un senso, possono essere portatrici di un messaggio.Anche una delle realtà più belle della creazione: il colore.Possono variare i significati che, secondo le culture, si danno a questo o a quel colore, ma l’uomoreagisce in modo sorprendente a queste realtà. I colori sono stati da sempre il veicolo per eccellenzadei sentimenti umani. La Chiesa ha fatto sua, nella liturgia, tale ricchezza dell’animo umano, elevandola a mezzo di pre-ghiera. Considerati nel loro genuino significato, i colori concorrono con tutti gli altri elementi a lodare Dioper le meraviglie compiute in favore del suo popolo, ed a rendere più spontanea e sentita la preghie-ra d’intercessione per i bisogni spirituali della Chiesa.Ecco allora le vesti liturgiche di vario colore; e la Chiesa ne ha capito a tal punto l’importanza dastabilire quando usare una o l’altra. La varietà dei colori ha un doppio significato: - rendere onore a Dio che li ha creati, così come si fa con i fiori, la luce e gli altri prodotti della

creazione; - richiamare la realtà ed alimentare la devozione. «La differenza dei colori nelle vesti sacre ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, lacaratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati, e il senso della vita cristianain cammino lungo il corso dell’anno liturgico» [Messale romano]. I colori riguardano la stola, la pianeta o càsula, il conopèo ed il piviale.

«Riguardo al colore delle sacre vesti, si mantenga l’uso tradizionale», recita il Messale.* Il colore bianco indica innocenza, felicità. Ecco allora il sacerdote rivestirsi di bianco per indicare

la “gioia” per l’Incarnazione del Verbo, nel tempo Natalizio, per la sua Risurrezione nel tempoPasquale, e per ricordare i santi: «Il colore bianco... si usa inoltre... nelle feste e nelle “memorie”della beata Vergine, degli angeli, dei santi martiri, nella festa di tutti i santi (1° novembre)...».

* Il rosso, simbolo di fuoco, ardore, amore, richiama nella liturgia il “fuoco” santificante delloSpirito Santo, il sangue di Gesù e dei martiri, la regalità di Cristo.Eccolo allora apparire «nella domenica di Passione (o delle Palme) e nel Venerdì santo, nelladomenica di Pentecoste, nelle feste degli Apostoli e degli Evangelisti e nelle celebrazioni deiMartiri».

Colori liturgici

catechismo per tutti

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* Il verde suggerisce la speranza. È il colore del cosiddetto “Tempo Ordinario” (le settimane cheintercorrono tra i tempi “forti”: Avvento, Quaresima, Pasqua). Sono le settimane dedicate al cam-mino della Chiesa verso il Regno futuro, e perciò tempo d’esercizio di fede di speranza.

* Il violaceo è il colore che richiama sentimenti di conversione e di penitenza. La liturgia lo sceglieper i tempi d’Avvento e di Quaresima: tempi propriamente d’attesa del Messia e di purificazionein preparazione alla Pasqua.

* Il nero è riservato alla Liturgia dei defunti, ma può essere sostituito (e l’uso è sempre più frequen-te) dal violaceo. Quest’ultimo colore si addice maggiormente per i defunti, poiché presumibil-mente in stato di “purificazione” in Purgatorio.Per gli Occidentali il nero esprime dolore, perdita definitiva, lutto. Tali sentimenti, tuttavia, nelmondo redento non hanno più senso; la morte è stata vinta dalla risurrezione di Cristo. Per i bambini battezzati e morti prima dell’uso della ragione si adotta però il bianco, perché anco-ra innocenti e quindi entrati nel numero dei Santi.

* Esiste pure il colore rosaceo, che si può usare rispettivamente nelle domeniche “Gaudete” (IIId’avvento) e “Laetare” (IV di quaresima). Sono domeniche di tempo di penitenza, che cadendo ametà di detti periodi, sono improntate ad una temperata letizia per gli avvenimenti gioiosi che sistanno avvicinando.

Altre disposizioni:* «Nei giorni più solenni si possono usare vesti sacre più preziose, anche se non sono del colore del

giorno» [Mess. Rom.]. * Le Messe “per varie necessità” si celebrano con il colore proprio del giorno o del tempo, oppure

con colore violaceo se rivestono carattere penitenziale (ad esempio le Messe “in tempo di guerrao di disordini, in tempo di fame, per la remissione dei peccati”).

* Le messe votive (alla Madonna, al Sacro Cuore, ad un Santo...) adottano il colore appropriato allaMessa che si celebra o anche il colore proprio del giorno o del tempo».

E si termina con una nota di saggezza:«Siccome usi e costumi diversi possono legare ai colori significati differenti «le Conferenze episco-pali possono stabilire e proporre... adattamenti conformi alle necessità e cultura dei singoli popoli»(Mess. Rom.).