Orwell.10.11.2012

Post on 04-Apr-2018

214 views 0 download

Transcript of Orwell.10.11.2012

  • 7/30/2019 Orwell.10.11.2012

    1/4

    I LI L FF U T U RU T U R OO H AH A R A DR A D I CI C II A N T I C H EA N T I C H E

    www.pubblicogiornale.it SABATO 10 NOVEMBRE 20 1 2DIRETTORE LUCA TELESE - A CURA DI CHRISTIAN RAIMO

    diALESSANDRO LEOGRANDE

    All'indomani delle elezioni siciliane che hanno sancito un clamo roso successo delMovimento 5 stelle anche a Sud, e un ecatombe di voti per tutti gli altri partiti, Bep-pe Grillo consigliava sul suo sito la lettura di un vecchio testo di Simone Weil, Mani -

    festo per la soppression e dei partiti politici, recentemente riedito da Castelvecchi.Cosa c'entrano Grillo e Casaleggio con questa solitaria pensatrice radical e,scomparsa giovanissima nel 1943? Probabilmente niente, eppure curiosoche in coda al po st in cui si prontame nte affrettato a definire dall'alto le re-gole della selezione dei futuri candidati del Movimen to 5 stelle al Parlamen to ,auto-nominandosi allo stesso tempo capo politico e garante, capace diessere a garanzia di controllare, vedere chi entra..., il guru trionfante abbiarimandato a questo saggio della Weil, il cui rinato successo editoriale (dovu toa un titolo percepito immediatamente come a nti -casta) direttamenteproporzionale al suo fraintendimento. Basta rileggere le poche de cine di pagi -ne della Weil (e i testi di Andr Breton e Alain che le accompagnano nella edi-zione Castelvecchi) per scoprire immediatamente il bluff.Simone Weil criticava aspramente il p artito giacobino-staliniano (e il model -larsi su quella forma anche dei partiti nati in un so lco culturale e politico diver -so). Criticava l'asservimento dei singoli militanti al volere del Capo, il sacrifi-care la capacit di discernimento di og ni singolo eletto sull'altare di quella che invece la volont che discende dall'alto dei gruppi parlamentari o del comi-tato centrale o del sommo leader. Il pensare par titico, nel momento in cuisostituisce a ogni criterio di Giustizia e Verit, cio di pensiero autonomo e di-sinteressato, quello del successo del partito med esimo (contro tutti gli al t ripartiti) conduce in un vicolo cieco. E produce disastri. Simone W eil ci va gipesante: Si tratta di una lebbra che ha avuto origine negli amb ienti politici, esi espansa, attraverso tutto il Paese, alla quasi totalit del pensiero.Andando al cuore d i questo Manifesto apparentemente antipolitico, si cogliein maniera lampante un dettaglio: la cosa che Simone Weil pi temeva (anco-ra pi d ell'organizzazione militaredella lotta politica) il fuoco della dema-gogia, cio la capacit di alcune forze politiche (soprattutto di quelle che vo-

    gliano abbattere tutto, per po i edificare una nuova era) di essere straordin arimoltiplicatori di torbide passioni collettive. Come? Con un uso sap iente dellapropaganda e della persuasione, che sono diametralmente oppo ste alla co-municazione reale tra persone, al discernimento dei p roblemi concreti.

    SEGUE A PAGINA IV

    GRILLO E SIMONE WEIL

    Limpolitico elantipolitica nonsono la stessa cosa

    IL PUNTO DI DAMASIO

    E la coscienza?

    di PAOLO PECERE

    La ricerca in neuroscienze sta attraversando un periododi grande sviluppo e popolarit e, ormai da una trentina

    di anni, molti scienziati hanno affrontato quello che ilmaggiore trattato della disciplina, i Principles of NeuralScience di Erich Kandel, chiama la frontiera della di-sciplina: la spiegazione della coscienza. Come ricordaAntonio Damasio allinizio del suo nuovo libro Il s vienealla mente (appena tradotto da Adelphi), non tutti gliscienziati concordano sul fatto che i tempi siano maturiper affrontare questo problema.

    SEGUE A PAGINA III

    T HO M PS O N /W A L L A C E

    El e t to r a m a

    di ALBERTO PICCININI

    So che le campagne politiche possono sembrare una

    piccola cosa, anche stupida. E che forniscono un sac-

    co di materiale ai cinici quando ci spiegano che la po-litica niente pi che uno scontro tra ego, o il domi-

    nio di interessi particolari. Cos Barack Obama, la

    notte della vittoria. Le sue parole ci proiettano diritti

    al cuore del problema. Come si pu credere ai politici,

    specie in tempo di elezioni? Come si pu pensare cheessi agiscano nel nostro interesse, invece che nel pro-

    prio?

    SEGUE A PAGINA II

    Stefano Graziani , Pappag allo , da Under the Volcano and Other Stories, galleria Mazzoli 2009, c-print, dimensioni variabili

    othUqx5/N/ehgDFz8uFPRnUVFuN3FNFgyDMp dBLuVHc86YNkB6zwMyZx1fDcMA+KMwcm4GZYu/oK9TKsYOEe =

  • 7/30/2019 Orwell.10.11.2012

    2/4

    IIS A B AT O

    10 NOVEMBRE 2012

    DA HUNTER S. THOMPSON A DAVID FOSTER WALLACE

    Gli scrittori americani

    vanno alle elezioni

    LEGGIAMO AUDRE LORDE?

    La centralit del

    femminismo nero

    di FRANCESCA COIN

    Un giorno nel 1967 Audre Lorde portava la figlia di due anni sul carrel-lo della spesa nel supermercato di Easterchester, e una piccola bim-ba bianca ad alta voce disse a sua madre Oh look, Mommy, a babymai d!, oh mamma guarda, una piccola badante. La madre, imba-razzata, le dice di stare buona, di stare in silenzio, non la corregge.Quindici anni dopo, scrive Audre Lorde, potete trovare che questastoria sia divertente, ma il vostro riso tradisce terrore e malattia. E ionon posso nascondere la rabbia per risparmiarti la colpa, n possoferirti o rispondere solo rabbia, perch annullerei i miei sforzi. Perchla colpa non una risposta [...] Colpa solo un'altra parola per impo-

    tenza, la protezione che distrugge la comunicazione, lo sturmentoche protegge l'ignoranza (Uses of anger).Si divincolano in questo piccolo spazio gli scritti oltraggiati e intensi diAudre Lorde, nello spazio tra la colpa indifferente e le sofferenze chequella provoca, tra la retorica e la poesia.Madre scioglimi la lingua, scriveva Audre Lorde. Perch Rosa Par-ks e Fannie Lou Hamer/Assata Shakur e Yaa Asantewaa/mia madree Winnie Mandela cantano/nella mia gola (Call).Audre Lorde, si sa, sempre stata l'altra. Nera, lesbica, femminista,guerriera, poeta, madre, come amava definirsi, a fatica uscita daHarlem facendo l'infermiera e l'operaia, a fatica stata accettata nelmondo del femminismo bianco e nero, troppo nera lesbica accusa-toria, arrabbiata e isolata, dicevano. Cos a fatica oggi tradotta inItalia, quando, dopo aver ispirato bell hooks, Judith Butler e BarbaraSmith, ci che di lei stato tradotto dono delle donne che l'hannoamata. Perch Audre Lorde non ha maschere n veli. Sono un palli-do eroismo di parole che rifiutano di essere sepolte vive con i bugiar-di (About our dead).La colpa, l'indifferenza, l'autocompiacimento: il canto viscerale diAudre Lorde nasce sempre qui, nello spazio che separa la vita intesaalla maniera occidentale, solo come un problema da risolvere, eparole che scorrono come sangue caldo dalla stessa fonte del dolo-

    re (For each of you). Tra l'autonegazione [...] che cos spesso sem-bra essere la sola alternativa nella nostra societ, e l'erotico, la nu-trice della nostra pi profonda coscienza. Tra l'indifferenza, l'auto-cancellazione, la paura del si; e la poesia, vita che abbraccia le suevoglie pi profonde (The uses of the erotic).Madre scioglimi la lingua, o adornami di un peso pi leggero, scrive-va Audre Lorde (Call).Oggi per tante ragioni ha senso parlare di Audre Lorde. Per il docu-mentario su di lei presentato di recente alla Berlinale -The Berlinyears, 1984-1992. Per il ritardo del femminismo nero in Italia. Perch,come ha detto Barbara Smith, una poeta indispensabile. Perchmentre pensavo a Audre Lorde volevo arrivare a un punto: al fattoche l'Europa non pu uscire dal cunicolo in cui s' cacciata se non ac-coglie il femminismo nero. Perch L'Europa indifendibile, scrive-va Aim Csaire nel 1950.La prova che sono le popolazioni indige-ne dell'Africa che chiedono scuole, e l'Europa che le nega. l'Africache chiede strade e porti, e l'Europa che li nega. L'Africa vuole pro-gredire, e l'Europa la trattiene indietro (Discorso sul colonialismo).Cos oggi il mondo bianco che chiede scuole, e l'Europa che le nega. il mondo bianco che chiede tutele, e l'Europa che le nega. Sono lepopolazioni d'Europa che chiedono diritti, e l'Europa che li nega.

    Oggi come ieri l'Europa indifendibile. Ma in questo tendenziale livel-lamento, questa sorta di ironia storica che dissolve la retorica dellacivilt europea, questa barbarie che Keynes chiamava mezzogiorni-ficaz io n e ovvero terzomondializzazione, Audre Lorde spicca, anchenella sua assenza, come un avvertimento. Perch Audre Lorde il ri-mosso, l'oblio della storia. lespressione di stupore di una signorainglese che si trova nella zuppiera il cranio di un o ttentotto ( Csai r e,Diario del ritorno al paese natale). E' il nero totale/che parla/dalventre della terra, quel luogo oscuro antico e profondo, ove vivo-no le antiche madri e la nostra coscienza. storia che riaffiora comela verit, il rimosso che strilla di proteggere l'esistenza (Co al). qui, forse, il cuore del lavoro della Lorde. qui, quantomeno, cheAudre Lorde spiazza, ubriaca, nausea talvolta, tanto intensa. Quan-do accoglie le viscere della terra n el suo ventre, il nostro futuro nellasua parola, quasi la storia avvenisse nel suo corpo. Quando colloca ilfulcro della sua potenza nel cuneo della sua sofferenza, quasi so-pravvivere gli abissi fosse il suo pi ardito eroismo. Quando scrive al-la sua amante in guerra cerco la tua dolcezza/ma il silenzio mi lasciaesplodere in faccia/come un ventre incinto/un vomito di mai (Si-sters in arms), quasi la lotta avesse ingoiato l'amore. Per poi tornaresempre a la madre Nera in ciascuna di noi -la poeta- che sussurra

    nei nostri sogni: sento, dunque posso essere libera

    , chiedendo allapoesia di adempiere alla sua libert (Uses of the erotic). Perchquando il sole sorge e temiamo che non rimanga/quando tramontae temiamo che non sorga pi [..] quando siamo amate e temiamoche svanir/quando siamo sole e temiamo che l'amore non torni/quando parliamo e temiamo di non essere ascoltate o gradite/quando siamo in silenzio e abbiamo ancora paura/allora meglioprendere la parola/e ricordare/che non siamo mai state concepite/per sopravvivere (Litany for survival).

    di SEGUE DALLA COPERTINA

    Tra un grande leader e un grande piazzista rifletteva DavidFoster Wallace nel 2000 esiste una differenza (): se com-priamo quello che lui vende, il piazzista ci guadagna.() Que-sta consapevolezza dolorosa.E un grande oratore. Un populista in senso classico, avreb-be detto 8 anni dopo di Obama. Infine: se dietro la n ti - r e tori cae lanti-politica, lappello dei leader alla verit e alla passionedei propri militanti, si nascondesse un pi raffinato trucco da

    piazzisti? Con queste domande in testa

    e una dieta di

    car-toni animati del sabato mattina che gli avevano aperto datempo gli occhi sulla devastante onnipresenza del marketingnella vita moderna tra il 7 e il 13 febbraio del 2000, Wallacesegu la campagna di John McCain per le primarie repubblica-ne, inviato del quindicinale rock Rolling Stone.Aveva scritto in bella mostra nel suo curriculum: Non sonoun giornalista politico. Lo ricorder nellintroduzione alla ver-sione integrale del pezzo (delle 80 cartelle scritte in tre setti-mane, aveva dovuto tagliare pi della met), intitolataFo rz aSimba!, pubblicata di l a poco e successivamente inclusa inConsidera lar agos t a. Con la politica aveva un rapporto labile,in sintonia coi lettori della rivista. Non gli riusc difficile, nep-pure quella volta, usare la chiave narrativa di quello che eracapitato l per caso. Confesso che mi sono fatto imprestareda un mio amico una vecchia giacca di pelle nera consunta() per poter meglio proiettare quel genere di vibrazione tesae vagamente pericolosa che pensavo dovesse avere un gior-nalista di Rolling Stone, aggiunse, a completare il senso di di-splacement dellintera impresa.La curiosa storia del rapporto tra Rolling Stone e la grandepolitica americana risaliva in effetti ad almeno trentanni pri-

    ma. La politica sar il rocknroll degli anni 70 p ro c l a m allepoca lambizioso fondatore Jann Wenner. E sfidando imugugni dei caporedattori, sped due inviati a seguire le pri-marie democratiche del 1972 che avrebbero spinto il pacifistaGeorge McGovern nelle fauci del cattivo dei cattivi RichardNixon: Hunter S. Thompson, il re del Gonzo journalism, e TimCrouse, un ex critico musicale che avrebbe dovuto fargli daangelo custode.Crouse usc da quellesperienza scrivendo un libro che ancoroggi si studia nelle scuole di giornalismo: The Boy in the Bus,etnografia del gruppo di reporter che seguivano la campagna.Hunter S. Thompson ne faceva parte, ed era una vera roc-kstar, un marziano atterrato nel mezzo del pi solenne ritopolitico americano. Munito di un primitivo fax, scriveva i suoireportage allanfetamina spesso in forma di scarabocchi,persino di nastri magnetici neppure sbobinati, e li spedivaquasi sempre mentre il giornale era gi in macchina. I suoimomenti pi folli (mai gratuiti, per) sono al limite della per-formance: lintervista a McGovern nei cessi di un autogrill, lachiacchierata con Richard Nixon sul football americano, e co-s via.

    Ma il vero fascino delle 500 fitte pagine di Fear and loathing inCampaign Trail(gli articoli uscirono in volume lanno succes-sivo senza celare salti, cesure, materiali incompiuti), sta nelladisperata moralit che infiamma di passione la scassata enarcisa prosa rocknroll. Scrive Thompson: Che fantasticomonumento ai migliori istinti della razza umana avrebbe po-tuto essere questa nazione se avessimo potuto toglierla dallemani di avidi piccoli puttanieri come Richard Nixon Ges !Dove andremo a finire? Quando in basso puoi scendere inquesto paese per diventare presidente?Quelle elezioni dissiparono limpegno di unintera generazio-ne, cresciuta nelle universit occupate e nelle mobilitazionipacifiste, sacrificata dal partito democratico in nome dellaeterna ricerca del centro. Forse quel fantasma si agitava an-cora nellironica giacca di pelle nera di David Foster Wallace,non-giornalista politico e inviato dilettante di Rolling Stone.Vi forniscono ogni motivazione psicologica perch il giornodelle primarie ve ne stiate a casa a farvi i cilum davanti aMtv, metteva in guardia i suoi lettori. Sollevando a tratti losguardo dal grande circo elettorale, traduceva la disperatamoralit di Thompson in unautocoscienza almeno appassio-

    nata:

    Non votare impossibile. Si pu votare votando oppu-re standosene a casa, e raddoppiando tacitamente il valoredel voto di un irriducibile.Il repubblicano McCain sfidava Bush figlio e l es tabl ishm e n tdel partito presentandosi come outsider in cerca di una no-mina che otterr solo 8 anni dopo, nella sfida persa controObama. Reduce del Vietnam, ex pilota abbattuto in combat-timento, era stato prigioniero per cinque anni in una cellagrande come una scatola. Per un poco fu la cosa nuova dellapolitica americana. Uno ha la sensazione di sapere, come

    fatto dimostrato, che lui ha la capacit di consacrarsi a qual-

    cosa di diverso dellinteresse personale, not Wallace ricor-dando affascinato quella vicenda. Non fu il solo. Le mie ideepolitiche erano a circa 179 posizioni di distanza da lui, precispoi in unintervista. Otto anni dopo furono gli attuali reporterpolitici di Rolling Stone Matt Taibbi e Tim Dickinson (una cop-pia per molti versi simile a quella del sulfureo Thompson edellordinato Crouse), a svelare i molti buchi neri di quella leg-genda di guerra. Ma questa unaltra storia.Come Thompson e Crouse prima di lui, Wallace punt lob-biettivo sulla cerchia dei reporter (Le Dodici Scimmie) e deitecnici che raccontavano la campagna al pubblico americano.Lo interessava particolarmente il sistema di scatole cinesiche s pi e g av a passando attraverso gli elettori, gli uominidei media e quelli dello staff elettorale aveva al suo centro lascatola imperscrutabile di McCain: narratore e narrato altempo stesso. Chiunque abbia seguito una carovana eletto-rale sa che la serialit degli eventi che vi si svolgono ha un ef-fetto micidiale sulla loro pretesa sincerit. Wallace cronome-tr la durata standard dei discorsi pubblici di McCain: 22,5 mi-nuti. Trov un tormentone sicuro nella loro stentorea chiusa:Vi dir. Sempre. La verit. Us ogni possibilit comica.

    Impegnato comera nella difficile impresa di infiltrarsi in ungruppo consolidato senza mai smarrire linnocenza dellosguardo, Wallace probabilmente esager a bella posta la si-tuazione. I partecipanti a quella campagna spiegarono adesempio che il suo travestimento da giornalista di RollingSt o n e non ebbe mai e poi mai un aspetto vagamente perico-loso. John Dickerson di Time una delle Dodici Scimmie lorimprover di aver fatto dellesilio una virt. Eppure,nellepoca di twitter ha notato la rivista online Salon le in-terazioni banali e la noia sono diventati il pane quotidiano deireporter politici. Un recente reportage della corrispondentepolitica del New York Times cronometrava la stretta di manodi Obama durante gli incontri coi suoi sostenitori: meno di unsecondo.In dieci secondi capace di salutare almeno settep e rs o n e.Si pu smontare ulteriormente il reportage di Foster Wallacefino a sottolineare il paradossale status del racconto di un os-servatore travestito da giornalista di Rolling Stone che osser-va attori travestiti da politici, giornalisti, addetti alla comuni-cazione. E smarriti nel gioco di scatole cinesi della politica (edella vita) chiedersi infine se si possa cercare ancora, da

    qualche parte, un pallido riflesso della realt.

    Un vero leaderprov a rispondere lo scrittore uno che sa aiutarci a su-perare i limiti individuali della pigrizia e dellegoismo e delladebolezza e della paura, riuscendo a fare cose migliori e pidifficili, quelle che riusciremmo a fare da soli. Per questo ilgrado di realt di un politico, conclude, dipende meno daquello che c nel suo cuore che da ci che c nel vostro. Cer-cate di rimanere svegli.

    ALBERTO PICCININI

    Stefano Graziani , Sci mm ia , da Under the Volcano and Other

    Stories, galleria Mazzoli 2009, c-print, dimensioni variabili

    othUqx5/N/ehgDFz8uFPRnUVFuN3FNFgyDMp dBLuVHc86YNkB6zwMyZx1fDcMA+KMwcm4GZYu/OuhbYgBwg90=

  • 7/30/2019 Orwell.10.11.2012

    3/4

    IIIS A B AT O

    10 NOVEMBRE 2012

    DAMASIO FA IL PUNTO SULLE NEUROSCIENZE

    Continuare a stupirsi dicosa fa la coscienza

    LEX DE LA IGLESIA

    Fare esplodereil cinemadella memoriadi NICOLA LAGIOIA

    Immaginatevi uno dei tanti film italiani sul terrorismo scomodi invia istituzionale e dunque esteticamente di regime, a un certo pun-to del quale, la mattina del 9 maggio 1978, dopo il ritrovamento delcadavere di Moro, un clown pluriomicida con il volto ustionato ac-costi casualmente un'utilitaria con dentro Morucci, Moretti, Galli-nari e la Faranda, li guardi catatonico e domandi: "E voi, di qualecirco fate parte?"

    Impossibile immaginarlo, e infatti non siamo in I talia, cos comel'oggetto dell'attentato non Aldo Moro ma Carrero Blanco, capodel governo spagnolo sotto il franchismo, fatto esplodere dai se-paratisti dell'ETA il 20 dicembre 1973 mentre tornava in auto dallamessa. Il film in questione si intitola Balada Triste de Trompeta(dall'omonima canzone di Raphael), lo firma il post-almodovarianolex de la Iglesia e, pur avendo vinto il Leone D'Argento due annifa, esce nel nostro paese solo ora sotto un'intestazione sanreme-se: Ballata dell'odio e dell'amore.Si tratta di un'opera eccessiva, barocca, sanguinolenta, sovrab-bondante di allegorie pesantissime, capace di non retrocedere da-vanti alla tentazione di cremare sconsideratamente la potenza diGoya, il geniale opportunismo di Dal, la sommit di Cervantes, l'o-maggio alla Catalogna ridotto ante tempo a kitsch di stato da Gau-d e poi purificato da Orwell pur di restituire all'incubo di un paeseinfetto da franchismo e clericofascismo un trauma artistico di pariportata. Si tratta, vale a dire, del film nel quale nessun regista ita-liano (Giordana con Piazza Fontana, Vicari con la Diaz, persino l'o-nirismo senza fase rem di Bellocchio con Mor o) ha osato avventu-rarsi, preferendo il suicidio sull'altare della ricostruzione dei fatti alsospetto che un Kurtz perso nella jungla a citare Rimbaud dica laverit sul Vietnam meglio di chiunque.

    Ci vuole un Orson Welles per immaginare Charles Foster Kane,mentre un citizen Berlusconi ha solo bisogno della buona volontdi un archivista. Ma veniamo alla Balada. In un circo molto fellinia-no ci sono due clown perfettamente speculari. Il clown allegro violento e semialcolizzato, venera i bambini e picchia la trapezistache lo ricambia di un amore perverso e tumefatto. Il clown triste un ragazzone impacciato, timido con le donne, segretamente orri-pilato dai bambini che pure dovrebbe intrattenere. Suo padre per,anch'egli un clown (qui il colpo di genio antiretorico di de la Iglesia)era un repubblicano perseguitato dai franchisti il quale, senza che ilfiglio quasi se ne accorga, riesce a trasmettergli il seme di un odioe una vendetta che esploderanno quando anche lui (il clown triste)si innamorer della stessa trapezista, tirando fuori un mostro checova sin dai giorni della presa di Madrid.In questo modo, un conflitto amoroso da Cime tempestose si tra-sforma in un viaggio allucinante negli anni della dittatura, con i dueclown che si affrontano a colpi sempre pi duri e meschini, e arri-vano perfino a sfigurarsi fisicamente sostituendo la provvisorietdi una maschera con il definitivo segno dello sfregio, di pari passocon un paese in grado di sovrapporre al volto del regime quellodella societ dello spettacolo giunta nel frattempo in Spagna (so-

    no pur sempre gli anni Settanta nell'Europa occidentale) coi pan-taloni a zampa d'elefante, le discoteche e le canzoni pop di Marisol.Se Almodovar poteva illudersi che la fine del franchismo liberassein modo permanente un'energia salvifica, il suo allievo individua inun interminabile 1973 l'anno stregato, il centro propulsivo di unmaleficio che non cessa di sortire effetti. La maledizione che gravasu un paese di solito cosa troppo antica e vasta per finire in unqualunque d-day, e solo chi aveva dieci anni quando Franco fu se-polto nell'assurda Valle de los Cados pu oggi capirlo forse cos inprofondit da regalargli la lente deformante che merita. Tanto perdire: a un certo punto del film, il clown triste si ritrova a lavorarecome cane da riporto nelle battute di caccia organizzate daglisgherri del generalissimo, davanti a cui compare nudo tenendo inbocca una poiana.Pur non toccando le vette del capolavoro, un film come quello dide la Iglesia un prezioso insegnamento per almeno due motivi.Primo. Al pari della Spagna, il nostro un paese in cui i mali storiciritornano in forme sempre pi tristi e spaventose, e sempre piambigue di quanto vorremmo. Secondo. Con la scusa del ritorno alrealismo, nell'Italia dell'ultimo decennio si creduto che l'arte po-tesse o addirittura dovesse fare a meno dell'invenzione in nome

    dell'ansia documentaristica. Quando Pasolini scrive "io so, ma nonho le prove, e lo so perch sono un poeta", non sta auspicando ilpossesso di chiss quale materiale da produrre in giudizio, ma ri-vendica i superiori poteri grazie a cui l'arte penetra il velo del reale.Nei cieli percorsi dal volo dei corvi delle poesie di Trakl si intravedegi il nazismo. L'arcipelago Gulag popola i sogni di Kafka. E allostesso Pasolini sarebbe bastata una Dr aq u ilarepubblichina pernon fare ci che invece gli riusc stupendamente, spaventosa-mente con Sal o le 120 giornate di Sodoma.

    SEGUE DALLA COPERTINA

    Ma chi lo affronta (come hanno fatto premi Nobe l del calibro diFrancis Crick, Gerald Edelman, e lo stesso Kande l) concorda suquale sia lobiettivo: comprendere, attraverso la conoscenzadellattivit cerebrale, come si produca quel fenomeno perva-sivo ma sfuggente in cui consiste la nostra esperienza so gget-tiva.La precisione delle tecniche di osservazione del cervello mol-to migliorata negli ultimi decenni, ma ancora non permette di

    valutare quel che accade nei milioni di miliardi di connessionitra i neuroni senza avventurarsi nel campo delle congetture. Leipotesi in campo sono molto diverse, da chi (come Damasio)tende a localizzare in una o pi aree specifich e del cervello lasede della coscienza, a chi (come Edelman) invece a ttribui-sce la produzione della coscienza all attivit distribuita di gruppidi neuroni che variano ad ogni frazione di secondo in corrispon-denza con il diverso contenuto dell attivit mentale. Ci si trovain una fase di sviluppo tumultuoso di un a scienza che non haancora trovato il suo Newton: vi si percepisce l entusiasmo diricercatori che sono consapevoli di toccare un tema antico delpensiero filosofico, con la certezza di possedere gli elementiper conoscere qualcosa di nuovo.Eppure in una frase molto diffusa nel gergo neuroscientifico,che anche Damasio occasionalmente usa il cervello fa lamente risuona leco di vecchi equivoci. Nella riflessione sulrapporto tra mente e corpo, lintero XX secolo stato dominatoda una contrapposizione tra riduzionisti e anti-riduzionisti: i pri-mi, in nome della scienza o di una filosofia scien ti fi ca, soste-nevano la necessit di eliminare la so ggettivit dalla descrizio-ne della mente, di tradurre il contenuto della coscienza in ter-mini fisici, trattandola come la propriet di una macchina mo lto

    complessa; gli altri hanno difeso l irriducibilit di contenuti e va-lori soggettivi, contestando la possibilit di questo programmae le sue possibili implicazioni disumanizzanti. Di fatto entrambiquesti orientamenti hanno finito col lasciare fuo ri gioco lag-giornamento sui dati empirici, quasi si trattasse dell opposizio-ne di gusti letterari tra amanti della science fiction e esistenzia-listi inguaribili. Oggi questo tipo di opposizione si ritrova conestremi quasi schizoidi nella letteratura divulgativa, disorien-tando un lettore curioso che vuole sapere di pi su di s. Un pocome le mappe frenologiche che an davano di moda nellOtto-cento, in cui la conformazione del cranio in formava sullo svilup-po delle diverse capacit umane, oggi le animazioni del neuroi -magin gsu cui si osserva in tempo reale l attivit elettrica deineu ro ni finiscono spesso col fungere da oroscopo, su cui l uo-mo leggerebbe le sue fortune e i suoi progressi. Sugli scaf falidelle librerie riprogrammazioni neurali (PNL e affini) e umani-smi New Age si fronteggiano, e patteggiano finanche most ruo-se alleanze (come nel caso di Scientolo gy, non a caso linven-zione di uno scadente psicologo e scrittore di fantascienzaam eric a no ).Se per si considera lo stato attuale delle neu roscienze lintera

    opposizione appare datata. Proprio Damasio, che con Il S vie-ne alla mente ripensa trentanni di ricerche, tra i neuroscien-ziati pi attenti a chiarire che la sempre pi evidente comples-sit del sistema nervoso, se per un verso im pedisce di immagi-nare una futura descrizione biologico-molecolare anche solo diun singolo stato mentale, rende per l altro verso plausibile sta-bilire lidentit tra stati fisici e stati mentali, senza con ci con-dannare questi ultimi alla semplificazion e e alla perdita di sen-so. Si tratta semmai di denunciare l eccessiva semplicit di tuttigli schemi esplicativi che hanno guidato il riduzionismo del pas-sato. Il cervello non si pu separare dal corpo e dall ambiente, eil suo funzionamento talmente complesso che come scrive-va pochi anni fa anche Edelman in libri come Un universo di co-scien z ae Seconda natura la coscienza quale la viviamo in tut-te le sue sfumature e trasformazioni (elevate a poten za dal lin-guaggio con il suo meccanismo metaforico) una rappresenta-zione adeguata dellattivit mentale, non gi un fenomeno co-me larcobaleno, di cui spieghi meccanicisticamente che nonesiste perch in realt un complesso di gocciolin e dacqua eraggi luminosi. La coscienza, quella con cui vediamo l arcobale-no colorato, si sarebbe sviluppata e affermata evolutivamen te

    proprio perch permette agli organismi un controllo di lungotermine sulle proprie vite, che non sia ostacolato dallo sforzo dielaborare in pochi istanti una complessit inestricabile di pro-cessi fisici e neurali. La coscienza ha dunque u na efficace fun-zione omeostatica (cio di conservazione dellequilibrio tra or-ganismo e ambiente) e come tale si spiega perfettamente sulpiano dellevoluzione biologica. Damasio non esita a congettu-rare, riabilitando con spregiudicatezza vecchie ipotesi specula-tive, che conoscenza e sentimenti si radichino in caratteristichedelle stesse cellule che compongono il corpo umano. Ma que-

    sto punto di vista rigorosamente biologico non mette in dubbio

    il libero arbitrio e le capacit creative delluomo. Damasio rilevapiuttosto una fondamentale continuit tra processi biolo gici eprocessi culturali: tracce della funzione omeostatica si possonoritrovare allorigine dello sviluppo di capacit culturali elevate,come larte o la morale, e, d altra parte, lo sviluppo dei mezzi dicomunicazione e conservazione della memoria modifichi lostesso corredo biologico delle facolt cognitive e emotive.Il s viene alla mente costituisce cos un ambizioso inquadra-mento delle neuroscienze della coscienza, che ne ritrae fedel-mente caratteristiche divenute negli ultimi anni sempre pievidenti: la coscienza appare irriducibile nel suo complesso a unprocesso materiale non intelligente, e tendenzialmente nes-suno scienziato di oggi vuole togliere a nessuno il proprio mon-do vissuto di sogni, angosce e entusiasmi estetici; eppure la de-scrizione scientifica pu aiutare a comprenderne sempre me-glio il contenuto, se solo si prendes se atto come avvienesempre pi spesso di essere di fronte a un compito ai suoi inizie che il sistema nervoso, nelluomo e negli altri animali, forseloggetto pi complesso delluniverso. Proprio Spinoza (lalterego filosofico che Damasio ha scelto qualche anno fa nel bellis-simo Alla ricerca di Spinoza) fu tra i primi e pi profondi sosteni-

    tori dellidentit sostanziale tra mente e corpo, e scrisse i n pro-posito delle parole di grande attualit: Finora nessuno ha co-nosciuto tanto accuratamente la struttura del corpo da poter-ne spiegare tutte le funzioni, per non dire che negli animali siosservano moltissime cose che superano di gran lunga lintelli -genza umana e che i sonnambuli, nel sonno, compiono un infi-nit di cose che da svegli non oserebbero fare; e qu esto dimo-stra a sufficienza che lo stesso corpo, in base all e sole leggi del-la sua natura, pu molte cose di cui la sua st essa mente si me-r avi g l i a.

    PAOLO PECERE

    Stefano Graziani, Taxo no mies,a+mbookstore Milano, c-

    print dimensioni variabili, 2006 .

    CHI SIAMO E CHI CI COMANDA

    Le fotografie di questo numero sono di Stefano Graziani. Lui del 1973, vive e lavora a Trieste, ha pubblicato tra l altro i volumimonografici Taxonomies ( A + M Bo o ks to r e), Under the Volca-

    noand OtherStories (GalleriaMazzoli),Lisola (Galleria Maz-zo l i ), Memory Talks ( A + M Bo o ks tore ).

    Anche per questo numero va ringraziata tutta la redazione, inparticolare Carolina Cutolo per la sua disponibilit, Jumpin-sharkche coordinala presenzadi Orwell sui socialnetwork,Carlo Mazza Galanti e GabrieleIarusso che curano l impagi -nazione. Potete seguire Orwell anche il rete, sul sito di Pubbli-cogiornale.it. Oppure su facebook, dove ci chiam iamo RivistaOrwell; oppure su twitter: il nostro account @orwellp

    othUqx5/N/ehgDFz8uFPRnUVFuN3FNFgyDMp dBLuVHc86YNkB6zwMyZx1fDcMA+KMwcm4GZYu/ZK9hKEfE3s=

  • 7/30/2019 Orwell.10.11.2012

    4/4

    IVS A B AT O

    10 NOVEMBRE 2012

    COME PARLARE DI TEATRO E DANZA OGGI IN ITALIA

    Ancora con sta storiadella sperimentazione?

    LETTERA AL DIRETTORE

    diLISA NUR SULTAN

    Gentile Direttore, noto con stupore che siamo al numero otto e ancora non so-

    no comparse interviste con domande fisse. A 'sto punto qualcosa di pi di una

    semplice dimenticanza. Certa di farla rientrare da questa assurda posizione, mi

    sono perm essa di stilare una serie di doman de di indubbio interes se, che lei po -

    tr sottoporre a chiunque abbia qualcosa da promuovere in settimana.Cosa mangi il mercoled?Cosa c' nel tuo mobiletto brutto?Primo ricordo legato a un bufalo?Come vivi la tua contemporaneit, esofagite da reflusso o attacchi dip a nico ?Pandoro o panettone?La qualit che ami di pi in un commercialista?Sudoku: da 1 a 9 quanto conta veramente?Entri in una stanza piena di gente sconosciuta, perch lo fai?Ultimo film che hai pensato gli venisse un colpo a lui, a lei, al regista, allosceneggiatore, al produttore e via via a tutti fino all'omino dei popcorn?Voterai alle primarie?Altre perversioni?

    Il tuo rapporto con fumo, alcool e cerini?

    Se sei donna e ti reincarnassi in un u omo, cosa vorresti sperimentarecome prima cosa?A parte la differenza di stipendio, intendo.Non ti stupisce che la maggior parte delle intervistate risponda fare pi-p in piedi?E' un problema di pochezza di immaginario o di igiene dei bagni?Tolti amore-soldi-amicizia-sesso-felicit, cosa conta per te nella vita?Tolta anche la salute, cosa conta?Leva pure quella, cosa conta?Se non fossi uno (scrittore/attore/musicista) con qualcosa in promo-zione, perch dovremmo interessarci a cosa c' nel tuo frigo?Metti che muori a met questionario, chi vorresti che finisse di rispon-dere al posto tuo?Ti scoccerebbe molto se finissi io?

    di SERGIO LO GATTO

    Nell'ultimo Festival Internazionale di Teatro della Biennaledi Venezia figurava un programma speciale di realt nazio-nali dal titolo Young Italian Brunch: Brunch perch gli spet-tacoli si tenevano all'ora di pranzo; e Young. Giovane. Unasorta di mani avanti semantico appoggiato l a specifica-re l'et degli artisti coinvolti. Una postilla a met tra l'o-stentazione del bambino prodigio come se poi l'et ana-grafica coincidesse con quella professionale e qualcosache suona come: sono giovani, non prendeteli troppo sulserio. Certe volte, insomma, sp ecificare pu essere sino-nimo di limitare. E questo non vero soltanto in termini dianalisi estetica, ma molto di pi in rapporto alle sceltestrategiche delle politiche (culturali e non) che una certadefinizione va a significare.Quando si parla di arte, giov an e, nuovo, addirittura co n tem -por an eo sono termini problematici, funzionali solo se tratta-ti in maniera critica, considerando elemento dopo elementoper riscoprirne le propriet organiche. Nel concreto, organi-co quello spazio di espressione in cui i segnali di una corag-giosa variet siano tenuti insieme da una funzione comune,quella di produrre pensiero. Allora il festival Ammutinamenti

    di Ravenna pu permettersi di includere un sottoinsieme daltitolo Giovane Danza d'Autore perch si inserisce in un la-voro preciso condotto sul territorio, perch l'offerta di cultu-ra innanzitutto un'opera di radicamento; al contrario, i nu-merosi bandi e premi che, dall'alto di schemi istituzionali e dicircuito, invitano le giovani realt a esprimersi senza crea-re per loro un sistema dinamico in grado poi di diffonderli efarli crescere minano l'accessibilit invece di agevolarla.Nel programma del Romaeuropa Festival, uno dei maggiorieventi di arti performative in Italia, si inserisce la tre giorni diDNA Danza Nazionale Autoriale, una selezione decisa aschivare le categorie convenzionali. Lavori brevi, materiali informa di studio e debutti, presentati senza mai aver bisognodi classificare gli artisti. Sufficiente la specifica sul caratte-re originale delle creazioni e sulla provenienza d'originech alcuni di loro in Italia ci sono solo nati. Addirittura il ter-mine danza, andando oltre la semplice indicazione di un ge-nere, viene coraggiosamente sporcato, in scena, da linguaggiche finalmente sono ibridi fin dalla nascita. La persona-lissima auto-grafia di Giorgia Nardin nel suo primo solo da"danzautrice",Dolly, era accanto al Fo lk-s di Alessandro

    Sciarroni, che usava i balli tradizionali tirolesi per comporreuna performance di gruppo in cui, in maniera inedita, facevaparte anche lo spettatore.Nel vedere accadere quei linguaggi e nel considerarne il va-lore culturale si dovrebbe fluidificare il discorso, andando aeliminare, dove possibile, una divisione per categorie; cate-gorie che suonano ormai come altri di quei dogmi anacroni-stici di cui il nostro paese compulsivamente si ciba. A carat-terizzare il sistema di produzione e distribuzione delle artisceniche (e non solo quello) in Italia una sempre pi grave

    bulimia: una forsennata digestione di materiale che si reputadavan gu ardiasolo perch prodotto da giov anig ene razion i

    con nuove tecnologie rischia di calciare via l'unica categoriache un mezzo come il teatro dovrebbe reputare primaria,quella della rilevanza culturale. Se certe punte dell'offertaculturale di una citt o di un paese non riescono a emergerenon tanto perch non sia stato pensato per loro uno spa-zio adeguato, ma al contrario perch i muri di definizione chedelimitano quello spazio sono talmente alti da scavalcareche anche la pi vivace creativit ne esce omologata. Inquesto sistematico appiattimento di linguaggi e codici den-tro nicchie polverose si annulla anche la capacit critica delpubblico, che dovrebbe invece essere l'elemento di chiusuradel cerchio. Molte realt che monopolizzano quell'offertaculturale lo fanno allora attraverso il perfezionamento di unmodello, l'aguzzarsi di un ingegno che ancora una voltaper necessit, quasi per darwiniana intelligenza d'istinto le posiziona al meglio nel perimetro di comode categorie.Il caso di Romaeuropa, fortunatamente non isolato, divienevirtuoso nel momento in cui espone certe creativit in un'a-rea delimitata e per non protetta da recinzioni e teche mu-seali. Ne prova anche la sezione Digitalife, che apre a Ro-ma il 15 novembre e fino al 16 dicembre mette una accanto

    all'altra arti di diversa natura, in una sorta di percorso sele-zionato ma non selettivo. Se Club to Club a Torino (fino all'11novembre) basa tutto il programma sulle interazioni tra artie musica, diversi eventi, come Zoom Festival a Scandicci (fi-no al 12) si occupano di affiancare un tipo di fruizione all'al-tro, in modo che l'uditorio si frammenti. Sono tutti inizi da cuirip a rtir e.Di l dal puntare il dito contro un unico responsabile, possia-mo osservare questa geografia come il sintomo ulteriore diuna perdita di cultura. La tendenza a classificare le espres-sioni artistiche con il metodo dei concetti definiti (novit,giovinezza, valore politico, popolarit) e a concepire tra lororapporti di interdipendenza (giovane = nuovo; popolare =politico; testo = reazionario; movimento/performance = ri-voluzionario) finisce per fossilizzare a priori la libert disguardo che uno spettatore attivo dovrebbe difendere. For-se gioverebbe riportare dunque l'attenzione proprio su chiguarda. La scansione per generi e per fasce d'et provieneinfatti da un ragionamento a priori sul pubblico, al quale sitenta di proporre un p ro do t to confezionato. E tuttavia il ri-schio proprio quello di immaginare lo spettatore come en-

    nesimo elemento scenico da manipolare, quando invece lasua presenza attiva si offre a donare senso anche e soprat-tutto a quelle parti che l'opera lasci aperte, come analizzavail bel libro di Jacques Rancire Le spectateur mancip (LaFabrique, 2005), tradotto in inglese (Verso, 2009) e non inItalia.Finch si continuer a impostare l'offerta e la distribuzionedell'arte in base a una presunta forbice di interesse il destinodi certe forme di creativit rischier di essere quello del ciboingerito e digerito da un soggetto bulimico. Les pulsi on e .

    Stefano Graziani, Con titolo, stampa ink jet, dimensioni variabili, 2012

    Qual l'obiettivo reale di Beppe Grillo quando scrive, come ha scrittoqualche mese fa: Il Movimento 5 Stelle il cambiamento che non si puarrestare, il segno dei tempi. lavvento di una democrazia popolareche pretende di decidere, di controllare il destino del suo Paese, del suoComune, della sua vita? Controllare la vita di chi?La s op p ression e di cui parlava Simone Weil era una idea regolativaposta in maniera radicale. un ragionamento, il suo, che avrebbe volutocontribuire a un superamento della crisi della rappresentanza. Ovvioche questo discorso risorga dalla ceneri del Novecento nel momento incui, come avviene oggi in Italia, non solo una inte ra classe politica pro-fondamente screditata, ma la stessa forma-partito sembra cadere sot-to le mannaie del furore grillino.Eppure quel furore, anche se a volte si propaga nel vuoto lasciato dallapolitica, appare pi figlio delle passioni collettive (a loro volta alimen-tate dalla demagogia e dalla propaganda, smisuratamente lontane dal-l'interesse generale) che non da una min oritaria, ereticale ricerca diuna via di uscita. Soprattutto, lasciava intendere Simone Weil, bisognamassimamente diffidare da chi sostiene la n ecessit di sopprimere tuttii partiti politici meno uno, il proprio, con la scusa magari che il proprionon un partito, bens un m ovimento. proprio qui che si annida la logi-ca giacobina che Simone Weil vedeva ben formulata nelle parole di un

    vecchio sindacalista russo, Michail Tomskij: Un partito al potere e tuttigli altri in prigione.Arrivati a questo punto, evidente che occorre separare come il granodal loglio una ricca, per quanto misconosciuta, tradizione impolitica delpensiero novecentesco e la cosiddetta antipolitica, che oggi ha nel ma -schio alfa Grillo il suo principale campione. Q uella che definiamo spessoimpropriamente antipolitica mutua dalla politica le sue forme demago-giche peggiori. Al di l delle ciarle sulla rete orizzontale, non vuole co-struire un luogo altro dell'amministrazione o delle relazioni um ane, maoccupare lo stesso Palazzo a modo proprio. Ripete come un mantral'idea vetusta secondo cui la classe politica marcia mentre il paesereale (i suoi imprenditori, i suoi dirigenti, i suoi giudici, i suoi intellet tu al i )sarebbero lungimiranti e laboriosi, come se il degrado non riguardi tuttie non sia stato soprattutto causato da tutti. Non vuole riformareniente, ma distruggere tutto: creare una steppa in cui poter scorrazzarein lungo e in largo. Con quali forme? Esattamente quelle in dicate da Si-mone Weil. Oggi non solo abbiamo bisogno di separare la critica radica-le della politica da chi si erge in maniera diametralmente opposta, maspeculare, al sistema dei partiti. Questo nucleo originario (analizzato adesempio da Vittorio Giacopini in Scrittori contro la politica, Bollati Borin-ghieri 1999, o da Roberto Esposito nell antologia Oltre la politica. Antolo-

    gia del pensieroimpolit ico

    , B. Mondadori 1996) va apertamente dife-so, preservato dalle appropriazioni di Grillo & co. Simone Weil, Hannah

    Arendt, Karl Barth, Elias Canetti, Jan Patocka, George Orwell, Albert Ca-mus, Dwight Macdonald, Paul Goodman... sono un'altra cosa. Tra ilmantenimento dello status quo da una parte (l'agenda Monti, per inten-derci), e la demagogia dissolutrice dall'altra, si sta stringendo una tena-glia. Nel mezzo, rischia di scomparire la possibilit di una critica radicaledell'esistente che miri a costruire qui, ora qualcosa di nuovo.

    ALESSANDRO LEOGRANDE

    SEGUE DALLA COPERTINA